2005 Bollettino Medici 2

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2005 Bollettino Medici 2
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ARTICOLO SCIENTIFICO
LO SCREENING DEL CARCINOMA DELLA PROSTATA
Roberto Benelli#, Alessandro Fiorini^^, Andrea Gavazzi*, Michele Billia*, Marco
Alessandrini^^, Stefano Ciatti**
# già Direttore UO Urologia, ^^Urologia - Lilt, *Servizio di Urologia del Centro
Oncologico Fiorentino (CFO), **Responsabile del servizio di ecografia della Lega
Tumori sez. di Prato
centricità della neoplasia. Nella stessa
zona sono di comune osservazione focolai
di atrofia prostatica infiammatoria (PIA) e
di HGPIN (High Grade Prostatic Intraepithelial Neopla-sia) che rappresentano i
precursori tumorali.
Nella gran parte dei casi il tumore è asintomatico alla diagnosi. In età avanzata la
neoplasia progredisce in genere lentamente e solo in una minoranza dei casi la progressione avviene in modo rapido e talora
anche con manifestazioni sistemiche
senza il riscontro di una sintomatologia
urinaria.
Il carcinoma della prostata (CaP) è un
tumore maligno ad elevata prevalenza. In
Europa è al primo posto come incidenza
avendo superato il carcinoma del polmone
mentre la mortalità risulta in diminuzione.
La diagnosi di CaP incrementa con l'avanzare dell'età ed in Italia si registrano, ogni
anno, circa 33000 nuovi casi e 9000
decessi.
La maggior parte dei CaP origina dai dotti
periferici e dagli acini ghiandolari della
zona periferica della prostata dove frequente è il riscontro di molteplici focolai
tumorali che sono espressione della multi-
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Lo screening diagnostico del CaP sulla
popolazione maschile asintomatica non è
ancor oggi raccomandato dalle Società
Scientifiche tanto che viene generalmente
attuato solo in forma volontaria.
Può essere effettuato dopo i 50 anni ma
viene generalmente anticipato quando più
familiari di primo grado (padre, fratelli)
presentano una storia di carcinoma prostatico che rappresenta un elevato fattore di
rischio e di mortalità per la neoplasia
(Brandt et al. European Urology
2010;58:275-280). Gli esami per la rilevazione di un CaP in soggetti asintomatici
sono la esplorazione digitale della prostata (DRE) e il dosaggio dell' antigene
prostatico specifico (PSA) eventualmente
integrati da ecografia prostatica endorettale estesa a tutto l’addome. Quando sussiste un sospetto clinico si procede ad
agobiopsia prostatica per via endorettale
o perineale. È necessario informare correttamente i soggetti interessati all'esecuzione degli esami di screening sui vantaggi
ed i limiti delle procedure oggi disponibili. Circa 2/3 delle biopsie prostatiche che
vengono eseguite sulla indicazione delle
attuali metodiche diagnostiche hanno una
risposta istologica negativa. Occorre considerare infatti che un incremento del PSA
può essere dovuto anche ad iperplasia prostatica benigna (IPB), a prostatite e ad
altre condizioni. Vanno poi considerati i
falsi negativi alla biopsia che possono
dipendere dall'inadeguatezza della metodica agobioptica e dallo scarso numero dei
prelievi. C'è anche il rischio che l'esecuzione di agobiopsie, eventualmente ripetute, possa portare ad un eccesso di diagnosi
di tumori cosiddetti “indolenti” e condurre al sovratrattamento della neoplasia.
Per definire un CaP clinicamente insignificante o indolente si fa riferimento ai criteri di Epstein. Si tratta di tumori con
volume <0,2 ml, o tumori di minima
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entità (0,2-0,5 ml), confinati alla ghiandola prostatica e con Gleason score minore o
uguale a 6.
Per i tumori indolenti sta guadagnando
popolarità la “sorveglianza attiva” a cui
puo' far seguito il trattamento specifico
quando considerato necessario. Tornano a
proposito le parole del compianto Dr. Fair,
già direttore del Dipartimento di Urologia
del Memorial Sloan Kettering Cancer
Center di New York che, alla fine degli
anni ’80, soleva dire “oltre i 70 anni non
sono incline ad eseguire una prostatectomia radicale. In tale età il cancro della
prostata può essere infatti considerato
simile a molte altre malattie croniche in
cui il controllo e non la cura assume la
maggiore importanza”. A livello internazionale sembra oggi affermarsi la filosofia
del Dr Fair “find the tumor and control
it” al posto del “find the tumor and kill
it” quando il tumore è "indolente" e viene
diagnosticato nei soggetti anziani.
Una conferma viene anche da un recente
studio (Bill-Axelson et al. Radical
Prostatectomy versus Watchful Waiting in
Early Prostate Cancer. N Engl J Med
2011; 364:1708-1717.) da cui si evince
che la sorveglianza attiva può essere l'opzione di scelta nella gran parte dei soggetti anziani a cui sia stata posta diagnosi di
carcinoma prostatico di basso grado e di
piccolo volume.
Da quanto detto risulta necessario attuare
una selezione di quei casi nei quali è realmente necessario instaurare una terapia
aggressiva e, ad ogni modo, valutare le
opzioni possibili per non incorrere nel
sovratrattamento.
La recente introduzione nella pratica clinica della determinazione urinaria del
Prostate Cancer gene 3 (PCA3) e la
determinazione ematica del p2PSA e del
PHI (Prostate Health Index o Indice di
Salute Prostatica) appaiono migliorare
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notevolmente la specificità clinica per il
rilevamento del CaP e possono ridurre il
numero delle agobiopsie prostatiche non
necessarie o indirizzare alla ripetizione di
un agobiopsia (re-biopsia) in caso di positività di tali test.
ESAMI DIAGNOSTICI
PSA (Antigene Prostatico Specifico)
Il PSA è una proteasi serinica, appartenente alla famiglia delle callicreine, che è
prodotta dalle cellule prostatiche. Ha attività enzimatica tripsinica tanto da concorrere alla liquefazione dell'eiaculato ed
incrementare la motilità degli spermatozoi. Il PSA , una volta secreto dalle cellule
ghiandolari, viene riversato per la massima parte nel lume degli acini e quindi nei
dotti prostatici. In condizioni fisiologiche
solo una piccola percentuale del PSA
entra nel torrente ematico. L' antigene
prostatico, come attualmente misurato,
comprende sia le forme libere o non complessate (fPSA), che quelle legate in un
complesso con l’alpha-1-antichimotripsina denominate PSA complessato (cPSA),
che rappresenta il 70- 95% del PSA totale
(tPSA) misurabile nel siero.
Il PSA forma complessi anche con
l’alpha-2-macroglobulina, ma questa
forma non è rivelabile dagli immunodosaggi, perchè la proteina avvolge completamente il PSA, mascherando tutti i siti di
attacco per gli anticorpi monoclonali.
Le forme libere di PSA possono includere
PSA maturi, inattivi e varie forme di PSA
diversamente legati così come precursori
(proPSA).
In pazienti con tPSA moderatamente elevato con valori nell'intervallo tra 4 e 10
ng/mL (zona grigia) il rapporto percentuale tra il fPSA e il tPSA nel siero (f/tPSA)
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migliora sensibilmente la discriminazione
tra CaP e ipertrofia prostatica benigna
(IPB) tanto che i rapporti più elevati sono
generalmente correlati con un basso
rischio di CaP, mentre valori di f/tPSA al
di sotto del 10% sono piu’ frequentemente
associati al CaP.
I metodi comuni di determinazione del
PSA dosano insieme il PSA complessato
(cPSA) ed il PSA libero (fPSA) ottenendo
i valori del PSA totale (tPSA). Il PSA
libero risulta più basso nei casi di CaP
rispetto ai casi di iperplasia prostatica
benigna. Il dosaggio di fPSA risulta quindi la metodica più adottata insieme al
tPSA in quanto il rapporto fPSA-tPSA
tende a bassi valori in caso di CaP. È stato
comunque osservato che il 75% di agobiopsie eseguite in pazienti che presentano un
rapporto di PSA totale e libero alterato
risulta negativo.
L'esame del PSA, pur avendo indubbiamente rivoluzionato la diagnosi precoce
ed il trattamento del CaP, non è perfetto
potendo innalzarsi anche per cause diverse
dalla presenza di carcinoma.
Il PSA, di conseguenza, non è da considerare un marker tumorale, ma solo un marcatore d'organo potendo incrementare
nella prostatite, nella IPB, nel carcinoma
della prostata ed in altre condizioni. Dopo
i 50 anni i livelli mediani di PSA circolante tendono progressivamente ad aumentare per la comparsa di iperplasia prostatica
benigna. Nelle prostatiti acute il PSA puo'
assumere valori molto elevati anche fino a
80-90 ng/mL paragonabili a quelli che si
riscontrano nelle neoplasie avanzate e
metastatiche. È quindi necessario eseguire
la determinazione dopo un tempo ragionevole da un episodio acuto e sempre dopo
adeguato trattamento. Oltre ai possibili
falsi positivi esiste anche il rischio che
l’esame risulti negativo in presenza di una
neoplasia maligna. Numerosi studi dimo-
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strano infatti che individui con PSA fra
2,5 e 4 ng/ml hanno circa il 25% di possibilità di essere portatori di un CaP.
Se lo screening del CaP con PSA presenta
forti limitazioni ben diverso è il significato della determinazione del PSA dopo che
è stata posta diagnosi di CaP e nei casi
trattati con terapia con intento radicale o
in trattamento medico (ormono e chemioterapia). In questi casi la determinazione
del PSA serve a valutare l'effettiva radicalità o l'efficacia di una terapia. In rari casi
il PSA post operatorio non si azzera completamente oppure torna ad essere dosabile dopo un certo periodo di tempo senza
che sia dimostrabile una recidiva tumorale. Ciò è verosimilmente imputabile alla
presenza di piccole ghiandole prostatiche
rimaste in sede dopo l'intervento, giudicato radicale, che continuano o riprendono a
produrre PSA. Un marcato incremento del
PSA dopo un iniziale azzeramento manifestato dopo terapia radicale indica una
ripresa di malattia ("recidiva biochimica")
che può precedere, anche di un lungo
tempo (6-12 mesi) la comparsa di manifestazioni cliniche.
Una certa importanza riveste il tempo di
raddoppio del PSA (PSADT) sia in caso
di PSA basale elevato sia dopo aver attuato misure terapeutiche. È stato osservato
come minore è il tempo di raddoppio
minore è la sopravvivenza specifica. Nei
pazienti in blocco androgenico dopo una
iniziale risposta con abbattimeno del PSA
può accadere che i valori dell' antigene
prostatico risalgano. Due aumenti consecuivi del PSA in corso di terapia medica
associati a bassi valori della testosteronemia indicano l'evoluzione del CaP verso
l'ormonoindipendenza. Ciò avviene
mediamente dopo due anni dall'inizio del
trattamento ormonosoppressivo. Il PSA
potrà anche permettere la valutazione
della risposta terapeutica dopo una terapia
medica di seconda linea.
Un altro punto di interesse è il dosaggio
del PSA durante terapia ormonale intermittente per CAP che dà indicazioni sulla
ripresa del trattamento specifico che viene
in genere effettuato per valori di PSA fra 6
e 8 ng/mL.
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PCA3 (Prostate Cancer Gene 3)
Il PCA3 è un biomarker identificato nel
1999 e da pochi anni introdotto nella pratica clinica. Si tratta di un gene prostatico
specifico "noncoding prostate-specific
mRNA" altamente sovraespresso nel tessuto neoplastico maligno. Il test Progensa
PCA3 utilizza la tecnologia TMA
(Transcript Mediated Amplification) per
quantificare l'espressione del mRNA di
PCA3 e di PSA in cellule prostatiche raccolte nelle urine dopo massaggio prostatico con spremitura della ghiandola. Il massaggio disloca cellule prostatiche nell'uretra tanto che la raccolta di 20 ml di urina
subito dopo il massaggio è sufficiente alla
esecuzione del test. Il rapporto delle concentrazioni di mRNA di PCA3 e di PSA
permette di identificare il valore (score)
del PCA3 del paziente: [PCA3
mRNA/PSA mRNA] x1000. Un valore
soglia di 35 di PCA3 rappresenta la più
elevata accuratezza diagnostica nel prevedere il risultato della biopsia. L'esame si è
dimostrato altamente specifico per il
tumore della prostata, e contrariamente al
PSA, non aumenta in presenza di condizioni quali l'IPB e la prostatite. Non è
influenzato dall'età del paziente, dal volume prostatico e dai livelli di tPSA (Ficarra
V. et al. European Urology 2010; 58:482485.). Il PCA3 migliora l’accuratezza diagnostica nel caso in cui le altre indagini
forniscano risultati dubbi. Esiste una
significativa correlazione fra PCA3 e
volume tumorale come anche con il punteggio di Gleason infatti il PCA3 score
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incrementa con il volume totale tumorale
e con il Gleason. Il test può quindi essere
utilizzato insieme alla determinazone del
PSA e alla DRE allo scopo di migliorare
la diagnosi di tumore della prostata e fornisce indicazioni sull'opportunità di eseguire o meno un’agobiopsia prostatica
soprattutto nei pazienti con PSA fra 2,5 e
10 ng/ ml. Il PCA3 score può inoltre differenziare, in base al punteggio, soggetti ad
alto rischio, a rischio intermedio o basso
di CaP e selezionare i carcinomi insignificanti (indolenti). Il test può risultare utile
anche per valutare l'opportunità di una
rebiopsia qualora una o più biopsie, precedentemente eseguite, siano risultate negative. Secondo Roobol non abbiamo per il
momento una sicura spiegazione del perchè il PCA3 score possa essere eccessivamente elevato in presenza di agobiopsia
negativa. Solo un lungo periodo di follow
up potrà chiarire il fenomeno. Non sono
stati neppure studiati gli effetti di differenti tipi di trattamento endocrino ormonosoppressivo sul PCA3 score (Roobol MJ
et al. European Urology 2010;58: 475481.).
p2-PSA e PHI
È stato scoperto come precursori del PSA
libero, ricompresi nel termine proPSA,
sono associati al tessuto prostatico neoplastico ed i loro valori incrementano nel
siero dei pazienti con CaP.
Sono state identificate più forme di
proPSA costituite da peptidi nativi tronchi
che contengono 2, 4 o 5 aminoacidi identificati rispettivamente con i termini
[-2]proPSA, [-4]proPSA, e [-5]proPSA, e
il peptide nativo di 7 aminoacidi,
[-7]proPSA.
Una ulteriore isoforma del PSA libero,
denominata PSA benigno (benign-PSA,
BPSA), incrementa nel tessuto prostatico
della zona di transizione in cui si svilup-
pano noduli di IPB (Anelli MC. Beckman
Coulter Italia. 2010.).
Delle varie isoforme di PSA libero la
[-2]proPSA è quella che ha ricevuto le
maggiori attenzioni da parte degli studiosi
da quando è stata trovata in estratti tumorali. Questa isoforma inoltre mostra una
più intensa colorazione istologica nel CaP
rispetto al tessuto benigno.
Beckman Coulter Inc. ha sviluppato il
dosaggio Access Hybritech p2PSA
(p2PSA), per la misurazione del
[-2]proPSA nel siero.
Dai dati oggi a disposizione la determinazione di [-2] proPSA aumenta la specificità del tPSA ed è in grado di predire
l’aggressività di un tumore in quanto
incrementa con l’aumentare del Gleason
score tumorale.
Per migliorare sensibilmente la specificità
la determinazione del [-2]proPSA può
essere associata al calcolo dell’Indice di
Salute Prostatica, noto come PHI.
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PHI (Prostate Health Index)
L’esame ematologico si esegue determinando l’isoforma della porzione libera
del PSA, rappresentata dalla molecola [2] proPSA che risulta più specifica per il
carcinoma prostatico (Beckman Coulter
p2Psa) insieme ai dosaggi del PSA totale
e del PSA libero (PSA-Free=PSA
Libero). L’indice di salute prostatica (PHI)
viene calcolato utilizzando la formula phi
= (p2PSA/fPSA ) * √ tPSA.
Il PHI migliora sensibilmente la specificità clinica relativa del tPSA e del f/tPSA
per l’identificazione del CaP (Jansen FH.
European Urology 2010; 57: 921-927). La
determinazione di PHI[-2]proPSA è inoltre utile per la identificazione dei casi da
sottoporre ad agobiopsia (casi clinici 1 e
2). Permette di suddividere i soggetti di
età superiore a 50 anni, con valori di PSA
totale compresi tra 2 e 10ng/mL ed esplo-
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razione rettale “non sospetta”, in categorie
con probabilità bassa, media ed alta di
rilevare un carcinoma prostatico con agobiopsia. Il PHI (cut off = 28) identifica
con maggiore accuratezza i pazienti candidati ad agobiopsia prostatica e presenta un
maggiore incremento nei pazienti con
malattia piu’ aggressiva. La possibilità di
identificare con un semplice test ematologico forme neoplastiche che possono
diventare clinicamente significative, potrà
consentire la “personalizzazione” delle
cure e, al tempo stesso, evitare “sovradiagnosi” di tumori non significativi che
troppo spesso sono stati candidati a
“sovratrattamenti”. L’esame può essere
utile anche nei pazienti in “attiva sorveglianza” e nel follow-up della neoplasia
dopo trattamento radicale per l’accertamento di recidive o di metastasi.
ECOGRAFIA
L'ecografia prostatica endorettale riveste un basso valore predittivo nel paziente
asintomatico. La neoplasia può infatti
manifestarsi con aspetto isoecogeno e
quindi non riconoscibile, oppure con un
nodulo ipoecogeno non differenziabile da
lesioni benigne ed ancora puo’ essere multifocale, a microfocolai, e non rilevabile
con gli ultrasoni. L'ecografia endorettale è
comunque utile per lo studio volumetrico
e morfologico della ghiandola prostatica e
per guidare l’agobiopsia prostatica.
Recentemente l'ecografia prostatica tridimensionale (3DUS) computerizzata ha
dimostrato un miglioramento delle possibilità diagnostiche. È possibile, ad esempio, il calcolo del volume prostatico in
quanto consente la visualizzazione dei
vari piani scansione non visibili con ecografia bidimensionale come la scansione
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coronale. Il calcolo del volume con tecnica 3DUS ha un grado di attendibilità
superiore del 20 % rispetto a quello calcolato con ecografia bidimensionale in cui
viene preso come riferimento l'elissoide.
Questa differenza può essere trascurabile
in molti pazienti, tuttavia, non può essere
accettabile per calcolare la densità di PSA
e la pianificazione della gestione e il follow-up dei casi di CaP.
La moderna ecografia si avvale anche
della sonoelastografia. È una tecnica di
imaging a ultrasuoni a bassa ampiezza,
dove vibrazioni, a bassa frequenza si propagano attraverso gli organi interni.
L'imaging del pattern di vibrazione risultante permetterà l’identificazione di strutture (masse) dure o morbide rispetto al
tessuto circostante. Tutti gli studi pubblicati finora dimostrano che la tecnica di
SEG può aumentare la sensibilità e la specificità della diagnosi di carcinoma della
prostata mediante ecografia (foto a, b).
Il principale vantaggio della metodica è
che migliora i risultati dell'agobiopsia
quando questa è guidata dalla SEG.
Considerando che la biopsia a sestante
con guida ecografica solo per mirare i
sestanti rileva il 76,9% dei casi di cancro,
la biopsia SEG guidata ne rileva l’ 88,8%
o, in alcuni studi preliminari, anche il
93%. È evidente che la biopsia con guida
SEG migliora il rilevamento del cancro di
un fattore che va dal 2,9 al 4,7 rispetto a
quello con la biopsia sistematica. La sensibilità della SEG da sola per il rilevamento del CaP è del 60% , quella della RM
31%, quella dell’ecografia tradizionale del
15% risultando evidente che la SEG non
ha ancora un valore di sensibilità sufficiente per essere utilizzata nello screening
ma se usata per la guida delle biopsie ne
aumenta il tasso di positività diminuendo
il numero di biopsie ripetute.
L’ecografia, piu' in generale, è utile nelle
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- foto a, b a) ecografia prostatica transrettale normale (foto in basso)
b) con elastografia si evidenzia zona dura corrispondente a neoplasia altrimenti non visibile
(foto in alto).
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neoplasie avanzate potendo dimostrare
una evidente asimmetria della prostata, lo
sviluppo "a pera" della ghiandola,
l’invasione delle vesicole seminali, del
collo vescicale e degli sbocchi ureterali
con dilatazione, in genere asimmetrica,
delle vie escretrici urinarie. L'ecografia
puo' fornire indicazioni sulla patologia
associata (ipertrofia prostatica, sclerosi del
collo, litiasi vescicale, diverticoli, neoplasia vescicale, ecc) e sulla presenza di
ostruzione cervico-uretrale con residuo
vescicale post minzionale che richiede il
trattamento. L'ecografia è utile per la disostruzione endoscopica (TURP, Laser), nel
follow up dei pazienti operati radicalmente, trattati con radioterapia, oppure sottoposti ad intervento palliativo. L'esame
puo' essere impiegato anche nei pazienti
operati per iperplasia prostatica per un
monitoraggio periodico. Infine l'ecografia
viene utilizzata per il posizionamento di
semi radioattivi nel tessuto prostatico a
scopo terapeutico (brachiterapia) e per
attuare una nefrostomia minima in presenza di dilatazione ureteroidronefrotica da
infiltrazione degli sbocchi ureterali o da
compressione linfoghiandolare.
Conclusioni
I potenziali benefici dello screening di un
tumore maligno di interesse chirurgico
sono la precoce diagnosi e l'altrettanto
precoce trattamento che puo' portare a
riduzione della morbidità e della mortalità
dovuta a neoplasia. Quanto detto, tuttavia,
non vale per il cancro della prostata, alla
luce degli attuali esami standard disponibili (PSA e DRE), per i quali esiste l'inevitabile rischio di sovradiagnosi con la possibilità che alcuni pazienti possano essere
sottoposti ad un trattamento non necessario. Esistono infatti tumori "indolenti" per
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i quali è giustificata la sola sorveglianza
attiva soprattutto in età avanzata. Non esiste al momento, in base all'evidenza scientifica, indicazione all'esecuzione dello
screening di soggetti asintomatici mediante PSA.
L'introduzione nella pratica clinica del
PCA3, del PHI-p2-PSA apporta un contributo all' identificazione di tumori a maggior rischio incrementando la specificità e
la possibilità di rilevare tumori di maggior
volume e con un maggiore Gleason score.
I nuovi marker risultano infatti utili per
stabilire se:
1) è necessario eseguire un'agobiopsia
prostatica in individui con:
a)storia familiare positiva per CaP; b)
negatività del PSA e dell'esplorazione
digitale della prostata; c) positività del
PSA con valori fra 2,5 e 10 ng/mL;
2) è consigliabile la ripetizione dell'agobiopsia quando una precedente biopsia
è risultata negativa;
3) siamo in presenza di una neoplasia
aggressiva quando l'agobiopsia, già
effettuata, è positiva. Tanto più elevato
è il valore dei nuovi markers tanto più
elevata è la probabilità che il tumore sia
aggressivo e tale da indicare l'opportunità di procedere con un trattamento
attivo (chirurgia, radioterapia);
4) è utile adottare misure terapeutiche nei
soggetti in "attiva sorveglianza" in
quanto un innalzamento significativo
dello score dei biomarkers fa prevedere
la progressione della neoplasia.
Nei casi in sorveglianza attiva i test possono essere ripetuti ogni tre, sei mesi.
Nuovi marker tumorali sono attualmente
allo studio allo scopo di individuare quali
sono le forme tumorali che necessitano
realmente di un trattamento aggressivo.
L'alto costo delle nuove metodiche rappresenta attualmente un fattore limitante
per una loro vasta diffusione.
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CASI CLINICI
CASO 1 (Slide 1-2)
NM, 75a.
DRE = IPERPLASIA PROSTATICA
ECOGRAFIA ENDORETTALE = IPB (1)
PHI = 90.43
AGOBIOPSIA PROSTATICA = GLEASON 4 +5
RM SCAVO PELVICO (2)
- S1 -
- S2 33
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CASO 2 (Slide 3-4-5)
TR, 63a.
DRE = PROSTATITE CRONICA IN IPERPLASIA PROSTATICA
ECOGRAFIA ENDORETTALE = IPB (3)
ECOGRAFIA ENDORETTALE =C ONTROLLO DOPO SEI MESI (4)
PHI = 35.4
AGOBIOPSIA PROSTATICA = GLEASON 3+3
RM SCAVO PELVICO (5)
- S3 -
- S4 34
✑
- S5 -
******
Gli specialisti della Lega Italiana Tumori Sez. di Prato (LILT) sono a disposizione dei
medici di base e degli iscritti alla Lilt per lo screening del carcinoma prostatico e per
le informazioni sui nuovi marker.
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