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LE SOSTANZE CHIMICHE: RISCHIO PER L'AMBIENTE E LA
SICUREZZA
Ancona 16 maggio 2003
IL CHIMICO E LA SICUREZZA. COMPETENZE E PROSPETTIVE
Riccardo Sinigallia
Responsabile servizio Ambienti Vita e lavoro ARPAM
Consigliere Ordine Chimici delle Marche
Nell'immaginario collettivo il chimico è visto come uno sciamano in camice bianco, che
manipola provette, beute, pipette ecc.; qualche volta manovra apparecchiature strane con
tanti fumi, sempre avvolto da vapori variamente colorati, in una attività quindi
prevalentemente analitica.
Una ecologia demagogica che trova il suo brodo di coltura in una informazione distorta e
parziale, vede nella chimica la principale origine di tutte le emergenze ambientali dei nostri
tempi, dai tumori, al buco dell'ozono, all'inquinamento del mare, dell'aria, del suolo, del
sottosuolo; fortunatamente è intervenuto di recente a supportare la chimica come fonte
primaria di disgrazie l'inquinamento elettromagnetico, definito in maniera errata ed orribile
come elettrosmog.
I depositari della scienza chimica, che fino a prova contraria siamo noi chimici ed
orgogliosamente ripeto NOI CHIMICI, preferiscono stare in silenzio nei laboratori,
lavorando, invece di divulgare anche una corretta informazione ai cittadini.
Non viene ribadito a sufficienza che senza la scienza chimica il progresso e l'aumento di
benessere degli ultimi due secoli non ci sarebbe stato. Dovrebbe essere chiaro a tutti che
senza i prodotti di sintesi, principale colpa della chimica, la vita sarebbe completamente
diversa, la mortalità estremamente superiore e i tumori che la chimica produrrebbe, non
sarebbero rilevati in modo elevato, solo perché la gente morirebbe prima che questi si
sviluppassero.
I farmaci, o meglio i principi attivi, non vengono forse sintetizzati grazie alla scienza
chimica? I farmacisti non fanno altro che mescolarli per produrre il farmaco. I medici li
somministrano ai loro pazienti, ma non li
inventano. Tutto ciò però è sconosciuto al
grande pubblico.
Ma quando si tratta di un business, guarda caso tutti si scoprono chimici o meglio
ritengono di poter utilizzare la scienza chimica. Vediamo quindi ingegneri, biologi, medici.
geologi, periti chimici, che fanno analisi chimiche su tutte le matrici e per qualsiasi scopo,
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avendo avvalorata la loro attività da una giurisprudenza singolare e, secondo alcuni,
sospetta.
Sempre più frequentemente vediamo che attività per le quali la logica ed il buon senso
suggeriscono la necessità di una buona, se non ottima conoscenza della chimica,
vengono nei fatti svolte da professionisti che nel loro bagaglio culturale di base hanno si e
no un esametto di chimica generale; certamente per determinare la concentrazione di
solventi organici in aria, con le moderne tecnologie, conoscere l'equazione di Shroedinger,
incubo delle mie notti di qualche decennio fa, non è necessario, ma in questo caso
l'operatore non può che divenire un appendice, seppur pensante, della macchina, senza
avere quindi cognizione di quello che si fa e perché lo si sta facendo in quella maniera.
Ma tale occupazione selvaggia e appropriazione indebita delle conoscenze chimiche da
parte di chiunque abbia una preparazione cosiddetta scientifica o tecnica, è conseguenza
anche dall'abulia dei chimici che hanno sempre privilegiato l'attività analitica o della ricerca
di base rispetto a tutti gli altri settori e prospettive di intervento.
E' ora che i chimici escano dai loro laboratori e si propongano come professionisti che
hanno la preparazione di base per affrontare le sfide che il mondo moderno offre nel
campo della difesa dell'ambiente e della sicurezza in genere.
A dire il vero in occasione della partecipazione alle commissioni d'esame per l'esercizio
della professione di chimico, ho constatato che i nuovi laureati stanno prendendo sempre
più coscienza di queste realtà, grazie anche ad un nuovo modo di porsi con il mondo
produttivo delle Facoltà di chimica, ma ancora molto deve essere fatto, specialmente
nell'opera di sensibilizzazione del mondo produttivo, inteso in senso lato, circa la utilità, se
non proprio la convenienza, di avvalersi di professionisti che abbiano nel DNA della
preparazione culturale, approfondite conoscenze della scienza chimica.
In questa opera è indispensabile il coraggioso intervento dei Consigli degli Ordini, del
CNC, ma anche dei chimici che svolgono la loro attività come docenti, i quali molto spesso
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rinunciano al loro orgoglio di essere prima di tutto dei chimici, ottenendo come
conseguenza che la chimica può essere insegnata da tutti, mentre solo un chimico può
trasmettere le conoscenze specifiche in maniera didatticamente costruttiva.
La sicurezza, quindi, intesa come sicurezza ambientale e come sicurezza dei lavoratori,
rappresenta un settore dove l'opera del chimico non solo può espletarsi in maniera
competente, ma in alcuni casi con le caratteristiche della quasi esclusività, come
nell'applicazione del D.L.vo 25/2002, di cui oggi discutiamo.
Dalle relazioni tecniche finora svolte emerge chiaramente, che per affrontare alcune
problematiche la conoscenza delle sostanze e delle loro caratteristiche è essenziale per
una corretta opera di prevenzione; conoscenza che non deve limitarsi alla lettura delle
schede di sicurezza, che contengono nozioni elementari, necessarie all'utilizzazione
quotidiana delle stesse. A fianco di ciò però deve essere presente anche la conoscenza
del perché di certe indicazioni di sicurezza o dei consigli di prudenza e tale ulteriore
supporto lo può fornire solo chi possiede specifiche conoscenze della chimica e delle sue
leggi. Ad esempio tutti i chimici e forse anche i non chimici, hanno presente la nota
regoletta di laboratorio "non dar da bere all'acido solforico", ma credo che solo un chimico
ne conosca scientificamente il perché e le leggi che sottostanno a tale corretta pratica di
laboratorio.
A tal proposito voglio portare un esempio di quanto recentemente avvenuto in Provincia di
Macerata. Una autocisterna che trasportava acido solforico concentrato, ha avuto un
incidente, causando lo sversamento dell'acido sul terreno. Per fermare l'assorbimento sul
terreno si è subito pensato di procedere alla neutralizzazione con una base, tant'è che è
subito stato richiesto l'invio di una cisterna di soda. Fortuna ha voluto che un chimico,
telefonicamente, abbia bloccato tale operazione indicando di utilizzare carbonato e
suggerendo di fare preliminarmente una prova su una piccolissima porzione di terreno per
verificare gli eventuali effetti. Senza l'intervento del collega quindi, si avrebbe avuto lo
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sviluppo di una nube che, avrebbe ingigantito il pur limitato danno ambientale. Tale fatto
insegna che sebbene il concetto della necessità di neutralizzare un acido con una base sia
un concetto elementare diffuso, il concetto di forza di una base e di un acido e delle
conseguenze della loro interazione, è bagaglio culturale solo di chi ha una conoscenza
approfondita della chimica.
Non solo nel rischio chimico normato dal D.L.vo 25/2002, ma in ogni campo di
applicazione del D.L.vo 626/94 l'opera dei chimici
è importante ed il chimico può
assolvere la funzione di Responsabile del Servizio di prevenzione e Protezione, ma tale
affermazione sembra essere in contrasto con quanto a livello normativo si va delineando
nell'individuazione dei requisiti che deve avere il RSPP. Difatti in un decreto di prossima
emanazione sembra che un chimico possa svolgere tale funzione solo in presenza di
rischio chimico. Quindi mentre le altre categorie professionali, laureate o diplomate,
possono assolvere tale funzione in tutte le attività e quindi anche in presenza di sostanze
chimiche, il chimico è limitato solo dalla propria materia. E' come se venisse detto che
l'ingegnere meccanico può operare come RSPP, solo in un azienda meccanica, un
geometra solo in edilizia, un perito
agrario in agricoltrura e così via, ma sappiamo
benissimo che non è così. Solo per il chimico viene proposta una limitazione che non si
basa su alcun fondamento.
Tale fatto dimostra anche come il CNC, pur operando attivamente, non abbia sufficiente
peso politico rispetto ad altri Ordini e Collegi professionali.
La sicurezza ambientale è un settore nel quale il chimico può apportare le proprie
conoscenze in maniera ottimale sia nella fase di prevenzione che in quella di gestione ed
in quella della bonifica e del risanamento di siti inquinati.
Terzo settore che voglio prendere in considerazione per lo sviluppo occupazionale del
chimico è quello della qualità.
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E' ineludibilmente in atto, in campo internazionale, una progressiva integrazione tra i
sistemi di gestione della qualità, della sicurezza e dell'ambiente, in ogni settore produttivo.
In tale ambito la preparazione di base del chimico consente di affrontare le problematiche
in maniera completa. Sin dai primi corsi di analisi qualitativa, che non so se rimangono nei
nuovi ordinamenti universitari, gli studenti sono abituati ad operare in qualità; non credo
che una ricerca o una analisi possa essere effettuata senza seguire procedure
qualitativamente corrette, che tengono conto anche della buona prassi da laboratorio,
consistente sia nella sicurezza della persone che dell'ambiente. Tale abitudine viene
accresciuta continuamente in ogni passaggio successivo dei corsi. Conseguentemente ai
chimici alcune procedure presenti nei vari manuali della qualità, che ho avuto modo di
esaminare, appaiono superflui, perché connaturati con il bagaglio professionale specifico.
Ma ciò consente al chimico un approccio alle problematiche di un sistema integrato qualità
ambiente e sicurezza, molto più agevole, immediato e completo rispetto ad altri operatori.
Anche le Facoltà di chimica si stanno movendo in questo settore, introducendo nei corsi lo
studio di queste problematiche.
Appare evidente che le affermazioni e le considerazione fatte dai chimici in un convegno,
non sono sufficienti al mondo produttivo per privilegiare la scelta di un chimico per
occuparsi di sicurezza, qualità e ambiente, bisogna dimostrarlo con i fatti.
In tal senso è indispensabile che gli Organismi rappresentativi dei chimici, Ordini e
Consiglio Nazionale, in sinergia con le Facoltà di chimica, instaurino un intenso rapporto
anche divulgativo, ad esempio con Federchimica, al fine non di imporre i chimici, ma
almeno di provarli, in modo che sulla base della esperienza concreta possa venire
apprezzata la opera e la preparazione dei chimici.
Diceva un vecchio spot pubblicitario "provare per credere", ebbene voglio concludere
questo mio intervento, auspicando che sarebbe ora che le aziende cominciassero
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veramente a provare i chimici, convinto come sono che dopo non potranno più farne a
meno.
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