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Il Malpensante.com
Alberto Di Vita
06/07/2016
Kevin Durant ha firmato ufficialmente per i Golden State Warriors e ha già parlato per la prima volta
da appartenente alla Dub Nation.
Presentazione di Kevin Durant con Steve Kerr
Chi era presente ha parlato di un Kevin Durant sorridente come mai accaduto in passato, scherzoso
e brillante (“Non pensavo che Thompson avesse un telefono”): probabilmente la fine di un incubo per
una persona come Durant che ama stare lontano dai riflettori e che ha passato certamente settimane
complicate dal punto di vista emotivo.
Alla squadra che negli ultimi due anni ha strapazzato la NBA, chiudendo la regular season con uno
strabiliante 73-9 (nuovo record NBA, battutti i Bulls di Michael Jordan), si aggiunge uno dei più
straordinari giocatori della NBA, che ha dispensato 9 anni di delizie sui campi di tutti gli Stati Uniti:
7 all star consecutivi, 4 finali di conference, una finale NBA (persa contro i Miami di Lebron James,
in cui ha dispianato numeri da spavento: 30,6 punti di media, 54,8% dal campo, 6 rimbalzi, 2,2
assist, 1,4 rubate, 1 stoppata a partita), 4 volte top scorer dal 2009 a oggi (gli altri: Curry,
Westbrook e Carmelo Anthony, con Durant un anno fermo per un lungo infortunio. Fatta eccezione
per gli inarrivabili Jordan e Chamberlain, ci sono tre giocatori a 4 titoli: gli altri due sono George
Gervin, Spurs, e Allen Iverson, 76ers).
Per non parlare delle medie:
Globali: 27.4 punti, 7.0 rimbalzi, 3.7 assist, 1.21 rubate, 1.00 stoppate in 37.8 minuti di media
per 641 partite, tutte da titolare e tutte per Oklahoma City Thunder. Negli ultimi 4 anni ha
sempre realizzato con media sopra il 50% da 2.
Stagione 2015-2016: 28.2 punti, 8.2 rimbalzi (record di carriera), 5.0 assist, 1.18 stoppate
giocando 35.8 minuti per 72 partite.
Playoff 2016: 28.4 punti (leader NBA della postseason) 7.1 rimbalzi e 3.3 assist per 40.3 e 18
partite.
Rookie of the Year nel 2007-2008 e MVP nel 2013-2014
Durant, l’anno scorso, è stato il
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primo giocatore a realizzare più di 28 punti di media, 8 rimbalzi e 5 assist dal 1988-1989: l’ultimo è
stato Michael Jordan.
Sembrano numeri di un ultratrentenne, e invece parliamo di un 27enne che ancora deve raggiungere
l’apice delle sue potenzialità. Numeri che si aggiungono a quelli già da urlo dei Warriors e del bestshooting-duo nella storia della NBA: Steph Curry e Klay Thompson. Nessun dubbio che i tre formino
il terzetto più letale dal punto di vista della pura realizzazione e, con Green e Iguodala, il quintetto
più immarcabile e potenzialmente più devastante.
La grafica a sinistra racconta meglio di cento parole:
I migliori record come percentuale effettiva di tiro (true shooting percentage)?
PLAYER YEAR PPG MPG SHOTS TS%
Jordan
1987 37.1 40
Jordan
1988 35
Jordan
1989 32.5 40.2 26.5
.614
Jordan
1990 33.6 39
27.7
.606
Kobe
2006 35.4 41
31.7
.559
Durant 2014 32
38.5 25.1
.635
Steph
34.3 22.9
.700
2016 32
33
.562
40.4 29
.603
LE RAGIONI
Analizzare le ragioni per cui Durant abbia deciso di voltare pagina probabilmente impiegherebbe
una eccessiva quantità di tempo. Parlando di sport, c’è chi sottolinea la semplice voglia di vincere o
la consapevolezza che OKC non sarebbe stata in grado di percorrere di nuovo tutto il cammino verso
le Finals e vincerle; c’è chi parla di affari e di interessi verso la Silicon Valley, così come di pressioni
della Nike che riesce a inserire un suo giocatore in un team che veste sostanzialmente Under
Armour.
Ma cosa può spingere un giocatore che ha speso 9 anni della sua vita sportiva, investendo
moltissimo in termini di immagine e di vittorie su una squadra soltanto? Soprattutto se pensiamo che
questa OKC è una squadra molto giovane, con un futuro Hall of Famers, giocatori giovani e di
talento (oltre a Steven Adams e Kanter, è arrivato Oladipo, c’era già Payne…)?
Credo che ci sia soprattutto una ragione principale e che è diventata poi fondamentale solo per il
verificarsi di una serie incredibili di eventi (con OKC in finale a Warriors battuti, o con Golden State
che prevale su Cleveland, Durant sarebbe rimasto).
E questa ha un nome e cognome: Russel Westbrook. Negli USA sono molte le notizie riguardanti il
disagio di KD nei confronti dell’ex compagno di squadra, nonostante all’apparenza non fosse così e
nonostante abbiamo dimostrato di essere spesso formidabili in due (124 partite con più di 25 punti a
testa: meglio di loro solo Elgin Baylor e Jerry West).
Giocatore dalle doti straordinarie, ma altrettanto straordinariamente caotico e con sul groppone una
quantità industriale di palle perse, un atteggiamento oltre i limiti dell’arroganza sia in campo che
fuori (da non dimenticare la risata di scherno sulle qualità difensive di Curry). Non solo: Durant ha
più volte chiesto prima al coach Scott Brooks e poi al coach Billy Donovan (straordinari playoffs per
lui) un gioco fatto meno di hero-ball e isolamenti, più ispirato agli Spurs e soprattutto a GS. Cosa che
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non si è verificata, anzi: la quantità di tiri contestati che Durant è stato costretto a prendere è
aumentata, così come quelli di Westbrook. Se vogliamo, il paradosso vuole che Durant, in alcuni
aspetti del suo tiro, sia stato più efficace quando contestato.
A causa di questo esagerato ricorrere all’isolamento, Oklahoma ha perso ben 13 partite in cui era
avanti all’inizio del 4° quarto (basketball-reference.com):
La seconda peggiore? Philadelphia, ed è tutto dire.
Qui il margine per quarti.
E non è un caso che la partita più importante l’abbiano persa al 4° quarto , con ben 4 palle perse da
Westbrook negli ultimi 90 secondi.
Un’analisi della gara 6 di Westbrook potete trovarla qui
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Qui invece il riepilogo degli ultimi 5 minuti, con l’errore clamoroso in rimessa da parte di Westbrook
al minuto 8.25 (da notare a destra Ibaka liberissimo con Green che lo aveva perso)
E l’unica squadra che gli avrebbe consentito di risolvere i due suoi grandi crucci era Golden State:
palla in movimento sempre, difesa mobile (Durant mostrerà quanto straordinario sia come
difensore). Lo immaginate un pick and roll Curry-Durant (quale che sia lo screener)?
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