20111027_ilmessaggero pdf

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-MSGR - 20 CITTA - 35 - 27/10/11-N:
35
CULTURA 35
& SPETTACOLI 35
IL MESSAGGERO
GIOVEDÌ
27 OTTOBRE 2011
Le «Crociate»
in un monologo
P
ICCOLO ELISEO, lo spettacolo è «Crociate». Liberamente ispirato a «Nathan il saggio», poema drammatico di Gotthold Ephraim
Lessing del 1779, tratta il tema della tolleranza
religiosa e della possibile convivenza pacifica
tra popoli di fede differente. Siamo a Gerusalemme, al tempo in cui sulle mura della città
santa sventola la bandiera con la Mezzaluna e
detta legge il Saladino. L’ebreo Nathan ha una
figlia adottiva (nata cristiana ma cresciuta nella
religione di Israele) che fa innamorare perdutamente di sé un cavaliere templare...
Materia in abbondanza, nei cinque atti
dell’opera. Gabriele Vacis, adattatore e regista,
riesce ad aggiungervi parti di remoti poemi mediorientali, qualcosa della «Gerusalemme liberata»del Tassoe persino«Il mondosalvato dai ragazzini» di Elsa Morante,miscelando teosofia e concretezza, pensiero alto e
semplicità quotidiana, voli pindarici ed economia
domestica.
Valerio Binasco, unico interprete, è impegnato a narrare, a diValerio Binasco
vulgare.
Meno
propenso del solito alla farneticazione visionaria, si lascia comunque avvolgere dall’ambiente creato in scena fin dall’inizio: una proiezione gioca con il
corpo dell’attore dentro un pulviscolo d’oro,
rubato ai momenti migliori di un tramonto. E
basta un grande telo a far da bastione, da
palazzo, da sipario, da tempio, da velario,
creando e disfacendo i contesti senza alcun
altro ausilio tridimensionale (allestimento e
scenofonia di Roberto Tarasco).
Quale, il vantaggio effettivo dello spettatore
che assiste? Portarsi a casa un bagaglio di suoni,
voci e colori differenti, alcuni così antichi da
apparire ancestrali, altri segnati dalla parola
profetica dell’Antico Testamento, altri ancora
legati alla contemporaneità, ad esempio quella,
davvero singolare, di Zvi Kolitz, l’ebreo, a
lungo anonimo, autore del finto salmo che
Thomas Mann definì «scrittura sacra».
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In scena all’India
il testo di Schiller
regista il direttore
dello Stabile
Venti giovani attori
il ribellismo
romantico
e le sue disperazioni
di RITA SALA
U
NA spianata di terra rossa ferita da pali scuri, a
metà tra quelli per la lap dance
e i tubi Innocenti. Tutt’attorno, pannelli di graffiti eseguiti
da ottima mano, temi dominanti il teschio, le ali, il sangue.
Luci (di Simone De Angelis)
sistemate lungo il lato minore
esui duemaggiori del rettangolo la cui
quarta direttrice idealmenteimmette nell’azione
le gradinate dell’India, stipate
di pubblico.
Questo il campo di battaglia dei «Masnadieri» di Gabriele Lavia. Che ha rimesso in
scena, a distanza di trent’anni,
il bellissimo testo di Friedrich
Schiller, così pieno d’impeto
romantico, di coraggio, di slancio giovanile, d’amore e di dolore da essere a buona ragione
considerato uno dei manifesti
dello Sturm und Drang.
Le scene di Alessandro Camera risultano quantomai
omogenee con la lettura del
regista, al pari dei costumi di
Andrea Viotti: riassumono in
qualcosa di volutamente ibrido le stimmate del ribellismo
dei giovani, dal Sessantotto di
mitica memoria ad oggi. Addosso ai venti attori che compongono la masnada capitanata da Karl ci sono le chitarre
dei figli dei fiori, le catene e il
cuoio dei punk, l’aggressività
metallara, il poetico baracconismo degli indignados della
Puerta del Sol. Addestrati come atleti, «raccontano» la storia anche (o soprattutto) fisicamente. Sussurrano ed urlano i
perché della efferatezza di
Karl, il più brigante dei briganti. Dicono, al di là delle battute, la sua disperazione d’essere
privo del vecchio padre, dal
quale, per le trame losche del
fratello deforme Franz, è stato
ripudiato; dicono la rabbia di
chi, amando Amalia riamato,
dal gruppo, scientificamente
dominante.
C’èpiù ironia o più compartecipazione, nelle mosse del
regista? Rispondono al quesito, forse, le musiche di Franco
Mussida, evocative, azzeccatissime, a metà tra le nenie alla
marijuana di Sausalito cantate
da qualche epigono della Beat
Generation e
certe produzionietnoetechno dei tempi del web,
suonate però
con strumenti acustici. E
Schiller? La sua intatta energia
non arriva, questa volta, sui
binari della bellezza, bensì a
cavallo delle disillusioni dei
ragazzi di generazioni vicine,
tuttora sanguinanti. Non riedita le tempeste estetiche del
Romanticismi tedesco, bensì
propone gli universi coloratissimi, sconquassati e ardenti
dei graffitari delle nostre periferie metropolitane. Non coglie i brividi delle foreste alsaziane, ma l’anima dark con la
quale è nato il terzo millennio.
Lavia, i Masnadieri dark
è costretto a vivere alla macchia, lontano da lei; dicono la
voglia di scardinare il mondo
ingiusto in cui i potenti e i
ricchi opprimono chi non ha
protezioni e chi non possiede
pecunia.
L’apporto di interpreti più
maturi (Gianni Giuliano nei
panni di Moor), o semplicemente più in primo piano (Simone Toni come Karl, Francesco Bonomo nel ruolo di
Franz, Cristina Pasino che fa
Amalia), servesolo a confermare il tratto distintivo dettato
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AUDITORIUM CONCILIAZIONE
Brachetti superstar: con «Ciak si gira!» uno show
dedicato al cinema, ai suoi divi, ai personaggi
L
In alto, una scena
dei «Masnadieri»
di Schiller all’India
Sopra
Arturo Brachetti
in una delle sue
mille mutazioni
O spettacolo ha un titolo nuovo, «Ciak si gira!», ma
mette in luce sempre e soltanto lui, Arturo, l’uomo dalle
mille identità, il trasformista che ha rieditato il mito di
Fregoli e viene ormai definito «l’artista senza tempo». Un
creatore, Brachetti, cui la Francia in particolare dedica
amore,successo, attenzione. Lo show(all’Auditorium Conciliazione da domani e fino al 12 novembre) è però partito il 18
ottobre da Varese, dopo mesi di «tutto esaurito» alle Folies
Bergère di Parigi, dove l’hanno visto ben 120.000 spettatori.
Con la regia di Serge Denoncourt, ben ottanta sono le
trasformazioni di Arturo, tutte dedicate al grande cinema,
da Zorro a Mary Poppins, da Maciste a Crudelia De Mon,
dalle figure di Fellini alla Hollywood di Charlie Chaplin,
Gene Kelly, King Kong, Liza Minnelli, Carmen Miranda,
Judy Garland, Jack Sparrow e Biancaneve. Un inno alla
fantasia pura, fanciullesca, nutrita dagli spunti che offrono la
letteratura, la lirica, il cinema, i cartoni animati. Da vedere.
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Il piacere dell’onestà
secondoPirandello
L
EO Gullotta torna meritatamente a Roma
con uno spettacolo da non perdere: «Il
piacere dell’onestà», di Luigi Pirandello, per la
regia di Fabio Grossi. L’allestimento, che tanta
fortuna di pubblico ha avuto dall’ottobre del
2008 (quando debuttò all’Eliseo di via Nazionale) ad oggi, è in scena all’Ambra Jovinelli fino al
6 novembre.
Il testo (consideriamolo del 1905: è di quell’anno la novella «Tirocinio» dalla quale la
commedia, che anche troppo la cita e la conserva, fu tratta una dozzina d’anni più tardi) può
definirsi verboso, iperargomentato, poco recitabile. In realtà, si tratta forse di un copione cui
serve il grimaldello capace di scardinarlo, di
tradurlo in viva,
vibrante evidenza
teatrale. L’arnese
da scasso, in questo caso, è proprio
Gullotta. Protagonista esemplare
nei panni di Angelo Baldovino, in
un crescendo dilucidità e di titanica
voglia d’imporre
alla platea il sapore di una virtù difficile,riescedavvero a rappresentare
l’onestà, ieri come
oggi oltraggiata
senza ritegno.
Il regista esalta
il momento interpretativo isolan- Leo Gullotta (Angelo Baldovino)
do il mondo conformista in una casetta trasparente, dentro il
bosco dell’inconscio, regno della Natura e delle
sue manifestazioni. Lascia così a Baldovino,
persona eticamente disinvolta fino al momento
di sposare una donna messa incinta dall’ammogliato marchese Colli, la possibilità di esplodere
nella selva come l’uragano, cioè «naturalmente». E l’ometto, accettando di farsi garante
dell’Onestà, esplode al pari della tempesta fra
gli ipocriti e i maneggioni, li tortura, li incalza
con la furia e la precisione dei neofiti. Mentre
essi faticano a camminare sul tappeto erboso,
come respinti dal ferro rovente della probità,
esperisce fino in fondo quel valore disatteso,
ricevendone lavacro spirituale, rispetto, prospettive di futuro.
Nel cast anche Martino Duane, Paolo Lorimer, Mirella Mazzeranghi, Marta Richeldi,
tutti bene a posto.
R.S.
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