RECENTI STUDI SU IGNAZIO SILONE
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RECENTI STUDI SU IGNAZIO SILONE
R E C E N T I S T U D I SU I G N A Z I O S I L O N E La bibliografia siloniana si è recentemente arricchita di tre monografie dal notevole spessore sul piano della indagine critica: Ignazio Silone (Foggia: Bastogi, 1990), di Carmelo Aliberti; Ignazio Silone ο della ricerca del permanente (Catanzaro: Carello Editore, 1991), di Ferdinando Alfonsi; Simbolismo e ironia nella narrativa di Silone (L'Aquila: Regione Abruzzo, 1992), di Maria Nicolai Paynter. Carmelo Aliberti, poeta e critico siciliano, autore di numerose opere insignite di premi in campo nazionale, si era già cimentato su Silone col bel saggio Come leggere Fontamara (Mursia, 1989). Nel nuovo lavoro conduce un'analisi complessiva della figura e dell'opera dello scrittore abruzzese: per capitoli distinti, secondo una tradizione metodologica che non scade mai d'attualità, ripercorre dapprima l'itinerario travagliatissimo dell'uomo e poi fa una rassegna ragionata di tutte le opere, da Fontamara a Severina. Ne risulta un profilo completo, dai lineamenti nettamente definiti, ma anche dai tratti qua e là chiaroscurali, che hanno il loro fascino in una personalità così complessa e, in apparenza, anche contraddittoria come quella di Silone. Ci sembra molto stimolante, anche se può riuscire alquanto riduttivo, l'assunto principale di Aliberti e cioè che l'opera di Silone, in fondo, è "come un senofontiano viaggio verso il comunismo e ritorno, come quello di altri intellettuali del nostro tempo, ma del comunismo in cui sopravvivano le istanze umanitarie che, nelle pagine siloniane, convivono con l'insegnamento e l'esempio di Cristo e ne sostanziano la lacerante voce della coscienza." Per il resto, Aliberti è convinto — d'accordo con molti altri studiosi — che l'originalità maggiore di Silone stia nella sua costante aspirazione a quello che si può dire, e da più parli si è detto, un "socialismo cristiano." Facendo sua questa tesi, Aliberti la rafforza suffragandola 150 con l'attesa del "terzo regno," di matrice gioachimita, che egli trova disseminata con equilibrio, fatta più viva ed operante, in tutta la produzione siloniana, come una forza ora segreta ora palese, che circola liberamente dalla speculazione saggistica al più interno del tessuto narrativo, fino a costituire il "sugo." per dirla col Manzoni, di tutte le "storie." Il lavoro di Carmelo Aliberti si chiude con acute osservazioni sui rapporti tra realismo e simbolismo, sia nella struttura che nel linguaggio dell'opera siloniana, e con una breve rassegna di giudizi critici intesa a rintracciare i termini polemici della contrastata fortuna dello scrittore abruzzese. Tutta articolata per nuclei tematici, invece, è l'indagina di Ferdinando Alfonsi, docente di letteratura italiana alla Fordham University di New York. Con al suo attivo numerose pubblicazioni, in gran parte rivolte a ricostruire una possibile storia della letteratura italoamericana, da circa un ventennio si occupa di Silone con dei saggi apparsi su riviste, che recentemente ha pensato bene di riunire in volume, aggiungendovene anche degli inediti. Nonostante la varietà degli argomenti e dei problemi trattati, gli studi dell'Alfonsi trovano un fondamento unitario nella ferma sua convinzione che fa di Silone uno scrittore sempre "alla ricerca del permanente," ossia d'un insieme di valori "che, non soggetti alle fluttuazioni degli eventi ο alle fortune delle ideologie, rimangono, per quanto possibile, sempre gli stessi, unica misura di giudizio e sola base delle azioni dell'uomo." Testimone e interprete di questi valori è soltanto la coscienza, che viene assunta a forza e voce libera della dignità della persona. Dice Silone, per bocca di Pietro Spina: "L'uomo che pensa con la propria lesta e conserva il suo cuore incorrotto, è libero. L'uomo che lotta per ciò che egli ritiene giusto, è libero. [...] Ah, come è miserabile un'intelligenza che non serve che a fabbricare alibi per far tacere la coscienza!" (cfr. Pane e vino). E Alfonsi commenta: "Chi segue la coscienza non vive di opportunismi, non si lascia dominare dai meschini interessi di ogni giorno, non si accoda ciecamente a questo ο a quel partilo, perche essa è, in un certo senso, al di fuori delle vicissitudini del tempo, pura essenza della natura umana." Per la salvaguardia della propria coscienza l'uomo non può non porsi in conflitto con le istituzioni, sia sul piano politico che sul piano religioso: Berardo Viola, Pietro Spina, Rocco De Donatis, giù fino a 151 Celestino V, le ligure più esemplari del mondo siloniano, ciascuna a suo modo, preservano ed esaltano la libertà di pensale e di agire, rifiutando condizionamenti compromettenti. Accanto a questi, vi sono anche dei personaggi negativi, addirittura dei preti (ad es. don Piccirilli, don Marco, don Timoteo, ecc.), che scelgono la via più comoda del servilismo, dimentichi degli insegnamenti di Cristo. Un significativo esempio di fedeltà alla coscienza, secondo Alfonsi, Silone indica in alcune figure di Ebrei e la ragione sta nel fatto che la storia del popolo ebraico, dai tempi antichi fino ai nostri giorni, è stata un susseguirsi di persecuzioni e di eccidi, ma anche di tenace resistenza e di incrollabile fede nelle proprie radici. Queste convinzioni di Silone, naturalmente, trovano il loro fondamento nella sua visione profondamente religiosa della vita, tutta sostanziata di prelievi biblici e innervata di lievito messianico. Attraverso una fitta ricognizione di riscontri testuali, l'Alfonsi riesce a dimostrare, tra l'altro, resistenza di molte analogie tra i Vangeli e Il segreto di Luca. Se ne potrebbe desumere addirittura un Vangelo secondo Silone, che s'incarna di volta in volta in figure di "ribelli," cui viene affidato — in forme e circostanze diverse — il messaggio cristiano della redenzione. A conclusione delle sue indagini, l'Alfonsi riprende il discorso sulla simbologia siloniana avviato da Douglas Radcliff-Umslead e Franz Schneider per Pane e vino: fatta la distinzione tra simboli "connessi con l'immobilità" del mondo rappresentato, suggeriti soprattutto dalla natura animale (asini, capre, galline, ecc.), e simboli "indicanti elementi di vita, di liberazione, di ribellione e di fermento" (pane, vino elementi biblicocristologia), ritiene che questi ultimi siano "segno di comunione e di amicizia" e quindi "di vita," per cui conferiscono all'opera siloniana "il carattere della perennità." Allargando l'analisi a Il seme sotto la neve, l'Alfonsi trova che questo carattere, oltre che nei richiami biblici, è presente anche in altri elementi, come la selva, la tromba, i topi e la "pillola perpetua" di cui parla Simone La Faina, un ricco decaduto che diventa amico di Pietro Spina. A giudizio dell'Alfonsi, questi simboli "gettano ancora più luce sulla visione esistenziale" di Silone, in quanto rafforzano la persuasione che la coscienza ha la sua ragion d'essere non nelle istituzioni, ma nella natura "che determina un legame comunitario" all'insegna delle esigenze più genuine dell'uomo. Sulla essenza e la natura del simbolismo nella narrativa siloniana, 152 sia pure congiunto con un altro tema fondamentale, quello dell'ironia, scarsamente illustrato dalla critica, s'incentra il lavoro di Maria Nicolai Paynter, italo-americana, docente di letteratura italiana alla City University of New York. Lo studio, già presentato per il conseguimento del dottorato all'Università di Toronto e come tale pubblicata col titolo Symbolism and Irony in Silone s Narrative Works (Toronto, 1989), ha ottenuto il Premio internazionale "I. Silone" riservato appunto a tesi di laurea ed è apparso nella collana della Regione Abruzzo nel 1992. Si tratta, indubbiamente, di un'indagine originale, intesa a scorgere nel simbolismo e nell'ironia non un supporto marginale, ma degli elementi strutturali della intera esperienza narrativa di Silone (con la sola esclusione di Severina, il "romanzetto" lasciato frammentario e incompiuto). Richiamandosi particolarmente alle definizioni di Fromm e di Frye, la Paynter ritiene che la caratteristica predominante del simbolismo siloniano "è di natura archetipica, evoca echi biblici e suggerisce alternative morali"; mentre l'ironia, meno diffusa, corrisponde al bisogno di "sottolineare l'assurdo e il demonico" ed ha il potere di produrre un "sollievo comico," che viene "ben presto smorzato dalla dolorosa consapevolezza della tragica realtà." Alla luce di queste verità, a parere di Maria Nicolai Paynter, Fontamara si configura fin dall'inizio come una "selva oscula," immersa nel caos e rischiarata solo dal sacrificio finale di Berardo Viola; Vino e pane, strutturato sui Vangeli, ci appare frutto di una tensione dialettica tra uomini "riuniti nello spirito di fratellanza" e uomini dominati dall'egoismo; Il seme sono la neve contrassegna il cammino della verità nel passaggio da "Pietrasecca" ad "Acquaviva" e sottolinea l'eterno dilemma dell'uomo che "può scegliere se farsi spina nella carne ο spina del pesce." Proseguendo nella sua interpretazione simbolica, la Paynter ci presenta Il segreto di Luca come una discesa nel "mistero" di Luca ed un'ascesa alla verità da parte di Andrea, La volpe e le camelie come esaltazione dell'amore e della solidarietà al di sopra dello spirito di parte. Una manciata di more come ennesima proposta del tema del sacrificio di se per amore degli altri. Come si può constatare, Calmelo Aliberti, Ferdinando Alfonsi e Maria Nicolai Paynter, percorrendo vie diverse, tentano un diverso approccio al mondo spirituale e artistico di Ignazio Silone. Ma bisogna riconoscere che, pur nella diversità delle loro metodologie, tutti e tre sono riusciti a ribadire la straordinaria complessità della figura e 153 dell'opera dello scrittore marsicano, disvelandoci nuove profondità dei suoi temi essenziali e insospettabili variazioni di linguaggio e di stile. VITTORIANO ESPOSITO Centro di Ricerche Letterarie "V. De Bartholomaeis," Avezzano 154