IL PAPA GIOVANNI PAOLO II Karol Wojtyla è nato il 18 maggio
Transcript
IL PAPA GIOVANNI PAOLO II Karol Wojtyla è nato il 18 maggio
IL PAPA GIOVANNI PAOLO II Karol Wojtyla è nato il 18 maggio 1920 a Wadowice, una piccola città del sud della Polonia. Il padre Karol, sottufficiale dell’esercito absburgico, divenne ufficiale del nuovo esercito polacco quando la Polonia tornò indipendente alla fine della Prima guerra mondiale. Egli possedeva in grado eminente le qualità richieste a un vero militare di altri tempi: onestà, vita esemplare, ordine, sollecitudine per gli inferiori, obbedienza ai superiori. Insegnò al figlio la lingua tedesca col particolare accento austriaco che il Papa ha sempre conservato. La madre, Emilia Koczorowska, ebbe sempre scarsa salute. Apparteneva a una famiglia di sarti e fu ottima ricamatrice. I sarti di altri tempi erano spesso anche maestri elementari con notevole sensibilità e rispetto per la cultura da trasmettere ai bambini. Il giovane Karol ebbe un fratello maggiore, Edmund, un medico morto all’età di ventisei anni, per una scarlattina contratta in ospedale. Una sorella morì poco dopo la nascita. Anche la madre morì presto, quando Karol aveva nove anni. L’intenso amore per la Madonna, sempre dimostrato dal Papa, può aver origine dall’averla scelta come madre vicaria. Si può supporre che anche la profonda comprensione della psicologia femminile dimostrata dal Papa abbia questa origine. Il miracolo della Vistola Nel 1919, il governo polacco insoddisfatto della frontiera orientale (la Linea Curzon) assegnata dai trattati di pace di Versailles, dichiarò guerra alla Russia travagliata dalla guerra civile. I polacchi si attestarono nell’Ucraina occidentale che fino a metà del XVII secolo era appartenuta al regno di Polonia. Una successiva offensiva dell’Armata rossa sovietica, nell’agosto del 1920, quando Karol aveva poco meno di due mesi, arrivò fino nei pressi di Varsavia. Il comandante supremo Joseph Pilsudski, quando tutto sembrava perduto e l’Armata rossa poteva dilagare in Germania arrivando fino all’Atlantico, seppe individuare il punto debole dello schieramento avversario (il punto di sutura tra due armate russe) e gettò nel varco tutte le riserve che sfondarono, obbligando i sovietici all’armistizio. In quell’occasione non solo la Polonia fu salva. Da allora si cominciò a parlare di un “miracolo della Vistola”. Gli studi Dotato di intelligenza vivissima, di memoria tenace, di capacità di concentrazione, il giovane Wojtyla compì senza fatica e con ottimo profitto gli studi elementari e medi, appassionandosi alla letteratura polacca e alla filologia slava. La letteratura polacca ha sempre svolto una particolare funzione nei confronti della patria. Infatti, per tutto il periodo di occupazione della Polonia da parte di Prussia, Austria e Russia, la letteratura fu l’unica patria per i polacchi, in particolare il teatro. Il giovane Wojtyla fu attore dilettante molto apprezzato. La decisione di proseguire gli studi presso l’Università Jagellonica di Cracovia, nella facoltà di filologia slava, avvenne nell’autunno del 1938 e comportò il trasferimento di padre e figlio nella città del Wawel. Lo studio, tuttavia, fu regolare solo per la durata del primo anno di corso, perché il 1° settembre iniziò il calvario della Polonia e la Seconda guerra mondiale. Il teatro rapsodico L’Università Jagellonica fu chiusa, i professori internati in campi di concentramento, i giovani obbligati al lavoro manuale perché il Terzo Reich aveva bisogno di schiavi, non di intellettuali. Karol Wojtyla fu assunto dallo stabilimento Solvay che produceva soda caustica, con la mansione di cavatore di pietre. Solo più tardi poté avere una mansione meno onerosa per merito dei rudi cavatori di pietra che compresero il valore del giovane intellettuale e presero a proteggerlo. Il padre morì all’improvviso nel febbraio 1941 lasciando solo il figlio. La resistenza all’occupazione tedesca fu sviluppata anche dalla creazione del “teatro rapsodico” di Mieczyslaw Kotlarczyk, un regista appassionato che credeva nella funzione catartica del teatro che permette una più approfondita comprensione della parola. Furono organizzate rappresentazioni clandestine di drammi patriottici, senza costumi e senza scene, nelle abitazioni private, spostandosi spesso per evitare irruzioni della polizia. Credo che si debba sottolineare questa forma di resistenza, ben più efficace, a lungo termine, degli attentati alle persone fisiche o alle installazioni militari. Il sacerdozio La resistenza polacca si sviluppò in molte direzioni. Poiché quasi metà del clero e dei religiosi polacchi era stata internata in campi di concentramento, l’arcivescovo di Cracovia Adam Sapieha organizzò in casa sua una specie di seminario clandestino. Anche Wojtyla vi entrò, convinto che in futuro ci sarebbe stato bisogno di sacerdoti. Si trattò di una decisione generosa perché si metteva da parte il teatro, la filologia slava, la letteratura. Di necessità gli studi ecclesiastici realizzati in quelle condizioni risultarono sommari. Nel giorno di Ognissanti del 1946, Wojtyla fu ordinato sacerdote e subito dopo inviato a Roma per completare gli studi nell’Università pontificia del Laterano. Qui, per due anni, Wojtyla poté studiare a fondo la teologia e la filosofia scolastica guidato da un grande maestro, il padre domenicano Réginald Garrigou-Lagrange. Preparò una tesi sulla teologia della fede in san Giovanni della Croce, il riformatore dell’Ordine del Carmelo, sperimentando il desiderio intenso di diventare a sua volta carmelitano. Provvide il card. Sapieha a farlo recedere. Nel 1948, dopo un ampio giro di studio a Parigi e Bruxelles, Wojtyla tornò in Polonia dove nel frattempo il Partito comunista operaio polacco aveva assunto tutti i poteri. Sapieha lo inviò per otto mesi in una piccola parrocchia rurale, forse perché almeno lì c’erano patate per far rimpolpare quel giovane prete che, anche in Italia, aveva avuto ben poco da mangiare. Fin da questa prima esperienza pastorale Wojtyla dimostrò di saper affrontare le cose in grande: ai contadini che volevano riverniciare la chiesa del villaggio consigliò di costruirne una nuova. Gli studenti di Cracovia L’incarico pastorale adatto a Wojtyla era la cappellania di San Floriano a favore degli studenti dell’Università Jagellonica. Fin dall’età antica anche i pagani ammiravano le modalità seguite per le nomine alle cariche ecclesiastiche, avendo compreso che esse dipendevano non tanto dalle aderenze famigliari o dall’ambizione soggettiva, quanto dalle reali qualità possedute dal candidato. Il giovane prete strinse una nobile amicizia con migliaia di studenti. Per la teoria dei grandi numeri, alcuni di quegli studenti erano geniali nel loro campo di ricerca e divennero gli interlocutori, i consulenti scientifici per Wojtyla nei campi in cui non aveva specifiche competenze. Tra quei giovani nacque una grande solidarietà e si formarono famiglie compatte, sorrette da grandi ideali. In questo modo, senza fare politica furono strette relazioni durature in grado di neutralizzare la cupa oppressione di un regime che aveva di mira l’isolamento degli individui per meglio dominarli. Srodowisko La parola polacca per indicare questa situazione è Srodowisko di difficile traduzione (forse milieu o cerchia). Specialmente a Natale, il cappellano amava riunire gruppi di giovani per vivere una tradizione molto suggestiva: i canti natalizi e la suddivisione di una schiacciatina di pane tra tutti i presenti, per ribadire un’amicizia nobile sul piano umano e feconda sul piano soprannaturale. Il dottorato in filosofia Le autorità ecclesiastiche vollero per Wojtyla il coronamento degli studi filosofici con un dottorato valido anche per lo Stato polacco e perciò concessero due anni sabbatici al cappellano perché scrivesse una tesi sul pensiero morale di Max Scheler, un geniale filosofo tedesco che aveva frequentato Husserl ed Edith Stein. Wojtyla, per meglio comprenderlo, tradusse in polacco una parte dell’opera di Scheler, superando brillantemente l’esame di dottorato. In seguito fu nominato professore di filosofia morale presso l’Università cattolica di Lublino, l’unica del genere esistente al di là della Cortina di ferro. Il giovane professore si sottoponeva a duri viaggi notturni da Cracovia a Lublino e ritorno, tra il mercoledì e il venerdì, per essere presente a Cracovia nelle giornate di più intenso lavoro sacerdotale. I corsi svolti a Lublino risultarono memorabili per la retta comprensione del corpo quando si tratta di valutare gli atti umani, al riparo da ogni dualismo, di origine platonica o manichea, tra corpo e anima. Vescovo ausiliare Una delle ultime nomine episcopali firmate dal papa Pio XII fu quella di Karol Wojtyla. La convocazione a Varsavia da parte del nunzio lo raggiunse mentre era in vacanza con la 2 canoa nella regione dei Laghi Masuri. Lasciò gli amici e in treno raggiunse Varsavia, parlò col nunzio e attese la sera pregando nella cappella di un convento di monache. Poi prese il treno per tornare al nord, dagli amici, nel timore che il giorno dopo, festivo, non avessero la possibilità di assistere alla Messa. Qualche anno dopo, nel 1964, fu nominato arcivescovo titolare di Cracovia. Le autorità comuniste non capirono la ricchezza intellettuale del giovane vescovo, non seppero cogliere attraverso la sua prosa, indubbiamente difficile, il pericolo che correva il regime e non fecero obiezioni. Peraltro, il cardinal Wyszynski, fin dal 1957 aveva indetto una novena di anni in preparazione del 1966, quando sarebbe stato celebrato l’anniversario del millennio cristiano della Polonia, a ricordo della conversione del re Miezco I. Nelle case private e dovunque ci fosse un poco di posto furono organizzati corsi di storia polacca (vietati dai comunisti), di teologia, di filosofia scolastica, di catechismo creando nel paese un’attesa per l’evento che la propaganda ufficiale non riusciva a scalfire: le misure adottate per contrastare quelle celebrazioni risultarono goffe e ridicole. Il Concilio Vaticano II Nel 1962 iniziarono le sessioni del Concilio ecumenico Vaticano II. Uno dei risultati, certamente tra i più importanti, fu la reciproca conoscenza dei vescovi di tutto il mondo che erano a capo di situazioni diversissime tra loro sul piano politico, culturale, sociologico per non parlare di quello economico che appariva il più evidente. Fu una scuola importante per tutti i partecipanti. Apparve evidente la difficoltà di controllo di un’assemblea di circa 2.200 vescovi e perciò la prima sessione apparve povera di risultati. La Curia romana aveva predisposto gli schemi dei vari documenti da approvare. Tali schemi furono trovati insufficienti e perciò respinti. Il 3 giugno 1963, il papa Giovanni XXIII morì e il successore, Paolo VI, ritenne necessario restringere il campo di studio concentrando le energie del Concilio sulla Chiesa alle prese col mondo contemporaneo, con la secolarizzazione. In seguito si è compreso che gli interventi di Wojtyla furono molto importanti, specialmente per la redazione della Costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo e per la Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae sulla libertà religiosa. Un filo rosso lega i due documenti: il mondo contemporaneo frastornato dalle ideologie e dai molti feticci che sono stati innalzati in luogo di Dio, non è in grado di apprezzare una Chiesa che si presenta come detentrice dell’unica verità che salva. Occorre una più vasta comprensione dell’uomo posto nella situazione attuale e quindi un’antropologia più sensibile al tema della libertà personale che ha conosciuto una crescita ipertrofica. Si era pensato da sempre che la libertà è fondamentale per la valutazione morale degli atti umani. Infatti, se non sono libero, i miei atti non sono meritori; se non sono libero, non sono neppure responsabile delle azioni che compio. La libertà, tuttavia, aveva ricevuto un diverso trattamento nel mondo contemporaneo. Nelle democrazie occidentali la libertà di fare tutto quello che mi pare era limitata solo da alcune regole del gioco (nella Costituzione italiana è possibile sottoporre a referendum abrogativo tutti gli atti del Parlamento, tranne le leggi finanziarie e fiscali); mentre nei regimi marxisti la libertà era riservata al partito unico, con esclusione delle “libertà borghesi” ritenute segno di decadenza. Il Concilio approvò la DichiarazioneDignitatis humanae secondo cui ogni uomo ha diritto al rispetto della sua libertà di coscienza, in primo luogo la libertà religiosa e poi anche la libertà di non aver alcuna religione, col diritto di non poter essere discriminato a causa delle sue scelte. In pratica, questo mutamento non tanto di dottrina, quanto di prospettiva, per tempi lunghi ha avuto enorme importanza. Tutti sanno che nel corso del Concilio i contrasti tra il personale di Curia (i cosiddetti conservatori) e i rappresentanti della teologia più avanzata sono stati molto acuti. I cardinali di Curia sapevano che l’accoglienza dei nuovi metodi pastorali avrebbe provocato guasti terribili (tra il 1965 e il 1975 circa 25.000 sacerdoti e religiosi lasciarono il ministero) e perciò non erano ottusi difensori del potere centralizzato; anche i cosiddetti novatori non erano bambini capricciosi pronti a rompere il giocattolo di cui si erano impadroniti. Tuttavia il contrasto esisteva. In questa situazione un vescovo come Wojtyla risultò gradito sia agli uni sia agli altri perché ritenuto in grado di operare il trapasso da una situazione di stallo a una dinamica, permettendo alla Chiesa di presentarsi come interlocutrice affidabile all’uomo d’oggi. 3 Cardinale di Cracovia Nel 1967 Wojtyla fu creato cardinale. Evidentemente il papa conosceva bene le qualità del neoeletto, investito subito di responsabilità nel governo della Chiesa, specie per quanto riguarda il sinodo dei vescovi che ogni biennio si riunisce in Roma. Anche questa circostanza favorì numerosi inviti del cardinale Wojtyla in ogni parte del mondo, ufficialmente per visitare le comunità di polacchi all’estero in Australia, in Canada, negli Stati Uniti, ma ufficiosamente anche per far conoscere il volto e le caratteristiche del marxismo reale al potere in Polonia. È opportuno ricordare che la persecuzione religiosa non cessò dopo la morte di Stalin nel 1953; anzi si accrebbe nell’età di Krusciov e non si attenuò nell’età di Breznev. Qualche attenuazione fu notata dopo il 1975, quando le clausole del rispetto dei diritti umani furono introdotte nelle trattative tra est ed ovest, in seguito agli esiti del dissenso sovietico al tempo di Sacharov e Solzenicyn. Detto in altri termini, lo sviluppo impetuoso dei mezzi di comunicazione sociale impediva di tenere nascosta la repressione della libertà nei paesi del blocco sovietico. Al contrario, Wojtyla possiede una naturale predisposizione ad avvalersi dei mezzi di comunicazione: è dotato di simpatia, di humour, parla un numero impressionante di lingue, è un ottimo ascoltatore, libero da schemi pregiudiziali. Nowa Huta Come è stato accennato, nel 1966, al tempo delle celebrazioni del Millennio della Polonia cristiana, le autorità locali si coprirono di ridicolo nel tentativo di trasformare un evento religioso in occasione di propaganda politica. La sfida religiosa a un regime impagliato, privo di seguito popolare, divenne clamorosa quando Wojtyla riuscì a far costruire la chiesa di Nowa Huta, un quartiere industriale costruito intorno al maggior complesso siderurgico del paese che non doveva avere, nelle intenzioni del regime, alcuna presenza religiosa (100.000 abitanti e nessuna chiesa). A forza di petizioni popolari e di celebrazioni all’aperto (anche la Messa di Natale con 25° sotto zero), finalmente fu consentita la costruzione di una chiesa sostenuta da contributi volontari e da lavoro gratuito. Wojtyla venne spesso in Italia anche per scuotere l’episcopato italiano che, con 12 milioni di votanti per il Partito comunista, sembrava orientato ad accettare la prospettiva dei comunisti al potere, ma senza conoscere nei fatti quali sviluppi ci sarebbero stati (stranamente, la vicenda della Cecoslovacchia nel 1968 non aveva interrotto l’aumento dei consensi elettorali al Partito comunista italiano). Nel 1976 il cardinal Wojtyla fu invitato dal papa Paolo VI a predicare il ritiro spirituale di Quaresima alla Curia romana, un fatto importante anche se non molto commentato dai giornali. Wyszynski e i due conclavi del 1978 La morte di Paolo VI nell’agosto del 1978 e poi di Giovanni Paolo I alla fine di settembre, radunò i cardinali del mondo intero a Roma nel giro di pochi giorni. Nel corso del primo conclave certamente la candidatura di Wojtyla fu sostenuta dal primate di Polonia, il cardinal Wyszynski, che meglio di ogni altro conosceva le doti del collega di Cracovia. Molti pensavano che egli fosse troppo giovane e fu scelto il cardinal Luciani che cadde, letteralmente, dalle nuvole. La sua morte prematura tolse ogni motivo per ritardare l’elezione del cardinal Wojtyla. Non abbiate paura Fin dal discorso di inaugurazione del suo pontificato il Papa fece comprendere di che tempra fosse. Affermò con forza il dovere di non avere paura, di spalancare le porte a Cristo. A partire da quel momento il mondo comprese che la Chiesa non avrebbe più giocato di rimessa, sopportando l’iniziativa di ideologie che non possedevano la verità sull’uomo e sul suo destino eterno. I leader politici si scoprirono rimpiccioliti e il possesso di divisioni o di armi nucleari non determinò da solo la politica mondiale. Il nuovo papa appariva dotato di meravigliosa capacità di lavoro, di attitudine all’ascolto e alla comprensione di ciò che udiva, di doti di comando dopo aver tutto considerato alla luce della verità di Cristo. Egli possedeva anche la percezione del kairos, ossia del momento giusto per proclamare anche le verità scomode, come dimostrò ampiamente nel corso dei primi due viaggi pastorali. 4 Viaggi in Messico e in Polonia Nel gennaio 1979 il Papa si recò in Messico per presiedere l’Assemblea del CELAM, la Conferenza episcopale latino americana che si celebrava a Puebla. I mezzi di comunicazione fecero conoscere a tutto il mondo una serie impressionante di immagini festose, in un paese ufficialmente laico che ha una legislazione anticlericale, anche se non l’applica. L’evento fu importante anche per ricondurre nell’alveo dell’ortodossia la cosiddetta teologia della liberazione che minacciava una deriva in senso marxista. Le parole del Papa apparvero più credibili perché tutti sapevano da dove veniva. Alla sua partenza, il Papa fu salutato da migliaia di specchi che riflettevano la luce del sole sul suo aereo. Nel giugno successivo, per dieci giorni, il Papa fu ricevuto in Polonia. Fu salutato da milioni di polacchi in tutte le città toccate, travolgendo tutti i tentativi compiuti dalle autorità per togliere ogni significato a quel viaggio. Bastavano quelle immagini per sapere da che parte stava la reale volontà popolare. Le premesse della caduta del muro di Berlino vanno cercate in quel viaggio. Solidarnosc Si formò un sindacato libero che ben presto ebbe l’adesione di circa dieci milioni di polacchi, un dato inaudito e inaccettabile per quel regime. L’anno dopo, gli scioperi dei cantieri Lenin a Danzica, con Lech Walesa indicarono un leader per il movimento popolare capace di non ricorrere a metodi violenti, evitando così di offrire il destro alla repressione o all’intervento armato dell’URSS. L’attentato Il 13 maggio 1981, verso le diciassette del pomeriggio, a Roma durante un’affollata udienza in Piazza San Pietro, un attentatore turco molto esperto, che ancora si chiede che cosa ha impedito la morte del Papa, esplose alcuni colpi di pistola. I medici costatarono che solo tre centimetri mancavano perché l’arteria femorale fosse recisa. Il Papa fu sottoposto a intervento lungo e pericoloso e in seguito affermò di dover la vita alla protezione della Madonna di Fatima di cui in quel giorno si festeggiava l’anniversario dell’apparizione ai tre pastorelli di Cova da Iria. Molto più tardi il Papa ha reso noto che il cosiddetto terzo mistero di Fatima si riferiva a lui. Tutti in Polonia ritennero di sapere chi era il mandante dell’attentato. Nel dicembre successivo, il colpo di Stato del generale Jaruzelski imbavagliò il movimento di Solidarnosc, rimandando di alcuni anni la caduta di un regime ormai decotto. Le encicliche Il successivo lavoro del Papa per la pace nel mondo, per l’attuazione dei decreti del Concilio Vaticano II, per la riforma della Curia romana, per l’evangelizzazione, per l’ecumenismo ossia il ritorno dei cristiani all’unità, appare letteralmente incredibile. Possiamo ricordare solo alcune encicliche. Laborem exercens e Centesimus annus hanno avuto il merito di riprendere la dottrina sociale della Chiesa ossia l’insegnamento papale sul significato del lavoro per la vita umana, iniziato con la pubblicazione dell’enciclica di Leone XIII Rerum novarum, probabilmente la più famosa tra le encicliche, pubblicata nel 1891 e commentata ogni dieci anni da tutti i papi, a partire dal 1931, quando Pio XI pubblicò la sua enciclica Quadragesimo anno. Le due encicliche di Giovanni Paolo II, del 1981 e del 1991, hanno ricevuto favorevole accoglienza da tutti, avendo chiarito che il progresso umano si deve a quella fondamentale attività che è il lavoro, compreso quello dei manager. Essi devono sapientemente organizzarlo per non avvilire la dignità umana dei lavoratori e per non far fallire le aziende che devono remunerare il capitale, permettendo al processo lavorativo di continuare. L’enciclica Veritatis splendor è la stupenda riaffermazione della necessità di proseguire la ricerca della verità, al riparo di ideologie che negano la possibilità di conoscere la verità, suggerendo surrogati che si ritorcono contro l’uomo. Infine l’enciclica Fides et ratio. Essa ripropone la conciliazione tra fede e ragione, che sono come le due ali che permettono allo spirito umano di accostarsi alla verità. Questo intervento di mirabile bellezza chiude la parabola del razionalismo, iniziata tre secoli fa con l’avvento 5 dell’Illuminismo. Questa superba affermazione dell’autonomia umana ha esaurito la sua carica eversiva, approdando al pensiero debole, una forma di scetticismo o di eutanasia della filosofia che pure rimane la più splendida manifestazione della cultura occidentale. È un segno dei tempi che sia stato proprio un papa a dover ricordare all’Europa questa importante sorgente della sua grandezza. I viaggi I centodue viaggi finora compiuti dal Papa in ogni parte del mondo hanno davvero spalancato le porte a Cristo e nessuno può affermare di non conoscere il papa e il suo insegnamento. Nel corso di quelle visite è accaduto di tutto: attentati, contestazioni, proteste, censure, ma alla fine ha trionfato la verità. Regimi potenti che si definivano progressisti sono caduti; secolari diffidenze o incomprensioni nei confronti del cattolicesimo si sono sciolte; accuse di collusioni coi potenti di questo mondo si sono rovesciate; le folle sono state conquistate dall’entusiasmo, sperimentando attimi di felicità perché si sentivano comprese e amate. Alcuni problemi più o meno correttamente impostati dai nemici della Chiesa cattolica, di fronte alla richiesta di perdono per i peccati compiuti dai cristiani delle epoche passate, nel corso dell’anno santo dell’anno 2000, hanno avuto la possibilità di esser affrontati su un terreno sgomberato dai risentimenti. Rimane la tragica incomprensione da parte dei vertici della Chiesa ortodossa russa che si oppone all’incontro col primo papa slavo, riuscendo a impedire un viaggio in Russia che potrebbe avere splendidi risultati anche per quella Chiesa. Il rifiuto della Cina si spiega col timore del regime al potere di essere travolto. Le canonizzazioni Giovanni Paolo II ha sempre sostenuto che la Chiesa è stata edificata dai santi. La decisione di abbreviare l’iter giuridico accelerando le cause di canonizzazione ha accorciato i tempi tecnici, permettendo la proclamazione della santità di molti uomini e donne del nostro tempo. Esemplari in questo senso le canonizzazioni di Massimiliano Kolbe, di Edith Stein, dei martiri della rivoluzione spagnola, di Pio IX, anche perché il Papa ha dovuto affrontare sottili problemi di opportunità politica, peraltro risolti con la coraggiosa riaffermazione dei diritti della verità. Al contrario, la proclamazione della santità di Madre Teresa di Calcutta incontrerà il plauso di tutti. Il Concilio Vaticano II L’obiettivo fondamentale di Giovanni Paolo II è stato di realizzare le Costituzioni, i Decreti e le Dichiarazioni del Concilio Vaticano II, riuscendo a trascinare coloro che frenavano e a richiamare coloro che rischiavano la fuga in avanti. Ciò è stato possibile mediante un’attività di magistero attivo che è al di là di ogni immaginazione. Credo che in questa sede basti accennare al nuovo Codice di Diritto canonico e al Catechismo della Chiesa cattolica. Com’era già avvenuto al termine del Concilio di Trento, anche al termine del Concilio Vaticano II si sentì il bisogno di condensare in un unico testo i dati essenziali della religione cattolica, ponendo in opportuno rilievo gli elementi introdotti dalla recente assise conciliare. Ci furono alcuni tentativi troppo affrettati, per esempio il noto Catechismo olandese che passava sotto silenzio alcune verità cattoliche, col pericolo che andassero smarrite. Alcuni sostenevano che il progresso teologico non poteva essere imbrigliato da un catechismo; altri ritenevano che fosse impresa inattuabile condurre a termine un lavoro che esigeva l’accordo di posizioni molto lontane tra loro. Al termine del sinodo straordinario del 1985, a celebrazione dei primi vent’anni dopo il Concilio, Giovanni Paolo II annunciò l’insediamento di una Commissione incaricata della redazione del nuovo Catechismo. Dopo sette anni, nel 1992, fu pubblicato il Catechismo della Chiesa cattolica con generale soddisfazione. Ancora più difficile sembrava l’aggiornamento del Codice di Diritto canonico, anche perché nel corso del Concilio e poi negli anni successivi si era diffusa una specie di disaffezione nei confronti di un supposto “giuridicismo”, un epiteto ingiusto affibbiato alla Curia romana, come se davvero un’organizzazione complessa come quella della Chiesa potesse fare a meno di un codice di leggi chiaramente espresse. Il Papa poté promulgare nel 1983 il nuovo Codice dopo un’ampia consultazione dell’episcopato mondiale che permise l’intervento di tutti coloro che avevano qualcosa da dire o da obiettare. 6 Il culto mariano Il Papa ha un suo personale debito di gratitudine nei confronti della Madonna e ha inteso pagarlo. A partire dalla scelta di Totus tuus come lemma dello scudo papale, Giovanni Paolo II ha chiarito che la Madonna, quando tiene in braccio il Bambino, va intesa come trono di Dio e che tutti gli omaggi riferiti al trono sono doppiamente riferiti al re che siede sul trono, senza pericolo di confusione. L’antica affermazione di Lutero Solus Christus, senza angeli, senza Madonna e senza santi, si traduce in reale impoverimento di Cristo che è perfetto Dio e perfetto uomo. 7