Auto-passioni Apri 2009

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L’altra metà
della velocità
di
Alessandro Mastroluca
LE DONNE SONO ENTRATE A MARCE INGRANATE
NEL MONDO DELLE CORSE CONQUISTANDO
SUCCESSI SENZA DIMENTICARE IL LATO GLAMOUR
U
n bello e orribile mostro che manda il
suo grido come di turbine. L’auto, simbolo della modernità, è stata pensata
come la via verso le magnifiche sorti e
progressive o come un Leviatano che opprime. Visioni
che il cinema, che con l’auto condivide il principio
della sua esistenza, il movimento, ha saputo rendere
entrambe le interpretazioni. Dai film “on the road” a
Duel, in cui il camion guidato da un’autista mai inquadrato diventa il simbolo del male, la macchina ha
travalicato il suo essere veicolo. Con Scorsese diventa
personaggio, in “Taxi driver” o “Quei bravi ragazzi”.
Ritrova però il suo essere mezzo, il suo fascino bello
e dannato nella saga di “Fast and Furious” che spinge
alla massima velocità le suggestioni che furono
già di James Dean. Auto belle e dannate come
le donne protagoniste della serie, di cui è in
uscita il quarto episodio, che ritrova i personaggi femminili della prima puntata, Michelle
Rodriguez e Jordana Brewster, sorella di Dominic Toretto, il duro con il volto e i muscoli di Vin
Diesel. Donne che non sono più solo corredo
estetico, spezia di contorno per intrappolare lo
sguardo ma intervengono in prima persona mostrando il loro lato più hard-boiled. Donne che entrano di forza, e a velocità massima, in un mondo
di uomini, fatto di corse, olio e del profumo dell’asfalto, ci restano e spesso vincono.
Una delle protagoniste di Fast
& Furious posa con una delle
vetture del film
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perché credevano che non sarei durata molto. Ma a me quel lavoro
piaceva davvero e volevo farlo bene. C’erano piloti con un carisma
straordinario. Senna, per esempio, se non gli garbava la domanda
o non era precisa ti riprendeva, ribatteva se non era d'accordo. Ho
imparato molto dai piloti, soprattutto l'importanza della disciplina”. Alla fine dell’esperienza in Formula 1 arriva il passaggio
in Rai, in una struttura diversa e con compiti diversi. “Ci occupiamo di prodotto, mostriamo pregi e difetti di un’auto senza dare
consigli. Per me ogni auto ha un'anima e un equilibrio e bisogna
scoprirli. Perché se non si conosce a fondo la propria auto si corrono inutili rischi, ad esempio ci si può lanciare in un sorpasso
senza sapere se si ha la potenza necessaria per effettuarlo”.
STELLE E STRISCE
Lustrini e paillettes accompagnano tradizionalmente le corse statunitensi. Non fanno certo eccezione Danica Patrick e Milka Duno,
simboli delle donne di successo nel regno della velocità su quattro ruote. La Patrick potrebbe presto passare alla Formula 1: sarebbe la candidata principale per uno dei due posti nella nuova
Usf1, scuderia tutta americana diretta da Ken Anderson. La ragazza del Wisconsin, 27 anni il 25 marzo, è la prima donna ad aver
Maria Leitner, dalle corse alla tv e accanto
Milka Duno, pilota venezuelana dell’Indy Racing League
Prisca Taruffi, figlia dell’indimenticato Piero
LE TANTE FACCE DI PRISCA
Un cognome importante, un’anima ribelle e la velocità nel Dna.
“Si dice che le passioni si trasmettano col sangue, e nel mio caso
è vero” racconta Prisca Taruffi, nata quando il padre, Piero, vincitore alla Mille Miglia del 1957 con la Ferrari 350 S, aveva smesso
di correre. “È stato lui ad insegnarmi a guidare, anche se non voleva che io e mio fratello ci avvicinassimo alle gare” spiega Prisca.
Ma non l’ha tenuta lontana per molto. “Per un certo verso, almeno
all’inizio, essere donna poteva dare un vantaggio, perché venivamo
viste come uno strumento di pubblicità. Io però ho costruito la mia
credibilità con i risultati. Ho battuto anche tanti uomini, e alcuni
per questo non mi potevano sopportare”. Tra le passioni di Prisca
ci sono i viaggi, che abbina all’hobby del golf e alla partecipazione
a rally raid. “Dà emozioni che nessun altra gara riesce a dare.
Ti senti davvero un tutt’uno con la tua auto” rivela. L’intensità con
cui ha vissuto da protagonista il mondo delle corse si traduce nella
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profondità di analisi con cui lo riesce a commentare come giornalista. “Essere spettatrice è un po’ uno sdoppiamento della personalità. Ma essendo stata pilota spesso riesco ad interpretare situazioni
e sensazioni che magari lo spettatore non riesce a cogliere”. Da diversi anni Prisca mette la sua esperienza anche al servizio dei giovani, nei corsi di guida sicura: “È una sensazione bellissima riuscire
a trasmettere tutto questo agli altri”. Centrale per lei il rapporto tra
i giovani e la guida, soprattutto in relazione alle cosiddette stragi del
sabato sera. “Bisogna impegnarsi nell’educare al bere responsabilmente, le politiche punitive non bastano”.
IL VOLTO DEI MOTORI
La pensa così anche Maria Leitner, che cura la rubrica Tg2 Motori.
“Vorrei avere più spazio per parlare di sicurezza” rivela, “è un tema
sociale fondamentale. È importante che tutti riconoscano il valore
di certi comportamenti. La sicurezza non si impone, si insegna”.
E lei, friulana, conosce bene fascino e rischi della guida.
“La macchina mi ha sempre dato un gran senso di libertà”
racconta la giornalista, cresciuta tra piloti e meccanici.
“Vivevo vicino Piancavallo, lì passava un rally valido per
il Campionato Europeo. C'era la Lancia con Cesare Fiorio, la Peugeot con Jean Todt, piloti come Biasion, Vattanen,
Allen. Io ero piccola, mi divertivo a vedere queste squadre
che provavano, restavo con i meccanici a chiacchierare”. Il
passaggio dal guardare al “toccare” è stato naturale. “Siccome conoscevo bene molti piloti (Biasion, unico italiano
due volte campione del mondo di rally, è di Bassano, ndi),
qualche volta mi hanno chiesto di partecipare, come copilota:
a Monza abbiamo vinto; a San Remo, rally valido per la Coppa
del Mondo, siamo arrivati ventesimi assoluti e primi della nostra classe”. Suo padre non voleva che lei corresse, per non sottrarre troppo tempo allo studio. Maria nel 1989 approda a Tmc
per raccontare dai box la Formula 1. “È stata l’esperienza professionale più bella della mia vita. All’inizio tutti erano gentili,
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vinto una gara dell’IndyCar Series (a Motegi, l’anno
scorso). La sua avvenenza l’ha portata spesso sulle copertine dei magazine patinati. Le sue apparizioni su
Sports Illustrated, le pubblicità, le partecipazioni a videoclip le avevano attirato qualche critica di chi la paragonava alla bella quanto sportivamente inconcludente
Anna Kournikova. Ma i suoi successivi risultati in pista
hanno dimostrato che l’estetica e il marketing possono
andare di pari passo, e con successo, con l’agonismo. La
supposta lentezza dell’avversaria l’ha portata ad affrontare a muso duro, durante una gara, l’altra pilota della
serie, la venezuelana Milka Duno, che non ha ancora
vinto (anzi, in due anni di Indy non è mai andata oltre
l’undicesimo posto) ma è arrivata seconda alla 24 ore di
Daytona del 2007, il miglior risultato per una donna nella
storia della gara. I suoi inizi sono inusuali. Ex modella, ha
scelto la strada universitaria ottenendo una laurea in biologia marina e architettura navale; più tardo il suo amore
per le corse, sbocciato a 24 anni. Un amore che ha portato anche al cinema. I fratelli Wachowski l’hanno scelta
per interpretare Gearbox, una pilota, in “Speed Racer”.
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A TUTTA MOTO
Paola, insieme alla pugliese Eliana Pezzilli (foto a dx) è una delle punte più luccicanti dell’iceberg delle
motocicliste. Una passione, quella per le due ruote e la velocità che attira 200 mila donne, con un aumento
di 20 mila l’anno, e che guadagna spazio e consensi. Dal 1998 è attiva “Motocicliste” (www.motocicliste.it),
associazione e motoclub FMI che organizza il campionato italiano ed europeo femminile di motociclismo.
Eventi che vedono una nutrita partecipazione di pilote, anche straniere, e sono cresciuti anche grazie all’ingresso di team ufficiali delle case più prestigiose. L’associazione ha anche una community online, cui sono
iscritti migliaia di uomini, che fornisce informazioni, curiosità e organizza viaggi e raduni. Quest’estate si
svolgerà il nono “Meeting delle Motocicliste”, il più grande evento del genere in Europa, che convoglierà in
un unico luogo tutte le appassionate e gli appassionati delle due ruote per un lungo week-end rombante.
VELOCITÀ MASSIMA
Presa sul serio, presa per gioco. Il rapporto tra la vicentina Paola Cazzola e il motociclismo è un curioso
incrocio di destini, un amore improvviso fatto di pause
lunghe e intensi ritorni di fiamma. “Mio fratello era appassionato di motocross, è grazie a lui se sono salita su
una moto la prima volta”. Viene notata da una squadra
di motocross femminile e accetta di farne parte.
“Ho partecipato al campionato dal 1993 al 1999, con risultati sempre migliori, poi sono andata 6-7 mesi in
America. Ma lì ho avuto un incidente che mi ha tolto la
voglia di gareggiare e mi sono presa 3-4 anni sabbatici.
Poi ho fatto qualche gara di motard, ho avuto un incidente nel 2003 e successivamente è iniziata l’avventura nel Campionato Italiano Femminile. Il primo anno
ho gareggiato con un team privato, poi con l’ufficiale
Ducati”. Vince due campionati italiani (2005 e 2006) e
quello europeo nel 2006, passando poi alla 4 cilindri,
1000 cc, con una moto Yamaha. “Ho vinto altri due titoli italiani nel 2007 e 2008, quando sono arrivata seconda all’Europeo, e ho partecipato al Trofeo Yamaha
R1. Dall’anno prossimo torno alla 600, che sarà l’unica
cilindrata del campionato femminile”. Paola è ambiziosa e testarda al punto giusto.
“Se vuoi emergere a certi livelli devi certamente avere
grinta. È uno sport dove c’è contatto, devi stare sempre
al limite, non è facile. Ci vuole cattiveria, caparbietà e
un limite della paura spostato piuttosto in avanti”. Doti
che la vicentina possiede in quantità, data anche la
sua passione per gli sport estremi. “Mi piacciono tutti
gli sport adrenalinici, ora faccio molto snowboard,
ma anche il cross, il jet-ski (moto d’acqua), il motard, la mountain bike d’estate, che uso anche per allenarmi”. Resta un sogno nel cassetto: “Un giorno
vorrei correre un rally”.
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Due immagini di Paola Cazzola, campionessa italiana di motociclismo classe 1000
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