IS« SA Il giovane Mazzolari di fronte alla Grande guerra G
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IS« SA Il giovane Mazzolari di fronte alla Grande guerra G
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2008 32 Dialogo fra le culture, sfida attuale APPUNTAMENTI LA BISANZIO «ERETICA» ◆ Oggi e domani il Pontificio istituto Orientale di Roma opiterà, presso la sua sede di piazza S. Maria Maggiore, 7, la due giorni «Ortodossia ed eresia a Bisanzio (IX-XII secolo), nona giornata di studi dell’Associazione italiana di Studi bizantini. Gli incontri si apriranno con la prolusione di Antonio Garzya, presidente dell’Associazione, e proseguiranno con gli interventi, tra gli altri, di Vera von Falkenhausen, Andrea Paribeni, Maria Andaloro, Fabrizio Conca, Gioacchino Strano, Antonio Iacobini, Danilo Ceccarelli Morolli, Oksana Luka, Chiara Faraggiana di Sarzana, Vincenzo Ruggieri, Frederick Lauritzen, Norman Tanner, Antonio Rigo, Gianfranco Fiaccadori, Cesare Pasini e Luca Pieralli. Roma «Cristiani per fede» e «cristiani per cultura» a confronto in occasione della presentazione del nuovo libro di Marcello Pera, "recensito" da Camillo Ruini e Massimo D’Alema DIBATTITO DA ROMA ono stato costretto intellettualmente a misurarmi, da laico e liberale, con una domanda rivoltami da Benedetto XVI: "Come possiamo insieme difendere quei valori comuni che anche tu ritieni fondamentali per la tua formazione e come possiamo collaborare per difenderli?"». La domanda che continua a interrogare Marcello Pera è diventata un libro, che già nel titolo (Perché dobbiamo dirci cristiani, Mondadori) ricalca e corregge Benedetto Croce. Il volume ha avuto ieri due recensori d’eccezione nel cardinale Camillo Ruini e in Massimo D’Alema. Un parterre di tutto rispetto nel gremitissimo salone di palazzo Wedekind, in piazza Colonna, per questo incontro moderato da Roberto Fontolan. In prima fila, fra gli altri, il presidente del Senato Renato Schifani, la vice, la leghista Rosy Mauro, Gianni Letta con accanto padre Georg Genswein, segretario personale del Papa, Giulio Andreotti, Pier Ferdinando Casini, monsignor Rino Fisichella e i cardinali Re, Law e Rylko. A tema le radici cristiane e il multiculturalismo. Ma il dialogo interreligioso, per il cardinale Ruini, «in senso tecnico e stretto non esiste, perché presupporrebbe interlocutori disponibili alla revisione e al rifiuto delle verità». Nella lettura che Pera fa, però, «diventa centrale la distinzione fra "cristiani per fede" e "cristiani per cultura"». Una categoria, quest’ultima, in cui possono riconoscersi anche i non credenti. E, nota Ruini, «Pera individua la ragione «S la recensione I mille volti del pensiero indiano riletti da Arena DI FRANCESCO TOMATIS n quattrocento pagine un’esposizione del pensiero indiano nella sua complessività: dai Veda a Krishnamurti, passando per le Upanishad e lo Yoga, Buddha e il giainismo, l’epica e Lokayata, le correnti buddhiste e induiste attuali, Gandhi incluso, e tanto altro ancora. Il ricchissimo volume di Leonardo Vittorio Arena non è una delle tante storie del pensiero indiano, documentata e storicizzante, né tantomeno una delle infinite divulgazioni occidentalizzanti che rendono tradizioni e pensieri profondi un balbettio edulcorato eppure nauseante. In poche pagine Arena riesce sempre a delineare i tratti essenziali e sondare in profondità i differenti testi indiani, ricorrendo a nuove traduzioni e interpretazioni dei termini originali più significativi. Il tutto in un ripercorrimento espositivo risultante semplice, leggibilissimo, pur non rinunciando alle sottigliezze interpretative. Probabilmente un tale felice risultato è dovuto al peculiare profilo intellettuale dell’autore, che approfondisce con altrettanta dimestichezza i classici di ogni filosofia. Da sottolineare, innanzitutto, il fatto che sin nelle più raffinate riflessioni logiche e definizioni il pensiero indiano non risulta solo intellettualistico, ma si unisce invece sempre a tecniche meditative, respiratorie, corporee, contemplando anche costantemente il silenzio rispetto a cui sempre la parola emerge e verso il quale si perfeziona, sino all’eventuale annullamento individuale. Inoltre Arena richiama una categoria diffusa nel pensiero indiano, quella di identità-nella-differenza. Ciò permette tra l’altro di capire il complesso sistema delle divinità indiane, a torto interpretato riduttivamente come politeista, quando piuttosto comporta una concezione unitaria del divino, manifestantesi in molteplici forme e riti. Oppure di comprenderne la traduzione nel complesso sistema sociale indiano diviso in caste, più modi di vita che tipi umani. Infine quella del sé brahmanico, personale e impersonale assieme, pare davvero finemente ricostruita e interpretata, con buona pace di tante psicologie occidentali incapaci di una visione non individualista del superamento della coscienza desiderante. Un pensiero, dunque, capace di rivitalizzare anche il pensiero occidentale, in un’ottica di confronto fecondo se impostata su di uno sfondo comune di ascolto del silenzio e dell’Uno supremo: trascendente ogni pensiero o pratica di ciascuna differente tradizione culturale. I Leonardo Vittorio Arena IL PENSIERO INDIANO Mondadori. Pagine 408. Euro 11,00 ANGELO PICARIELLO Pubblichiamo alcuni stralci dell’intervento tenuto ieri dal cardinale Camillo Ruini in occasione della presentazione del volume di Marcello Pera. In questa parte conclusiva del suo intervento, Ruini si sofferma sul tema del dialogo interculturale tra le religioni, tranedo spunto dalla lettera di Benedetto XVI all’autore pubblicata in apertura del volume. DI CAMILLO RUINI u questa problematica indubbiamente delicata Benedetto XVI, nella sua lettera, si sofferma un poco più a lungo, prendendo ancora una volta una posizione netta e consonante. Egli scrive: «Particolarmente significativa è per me anche la Sua analisi dei concetti di dialogo interreligioso e interculturale. Ella spiega con grande chiarezza che un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile… senza mettere tra parentesi la propria fede». Urge invece «tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali della decisione religiosa di fondo». Occorre pertanto affrontare tali conseguenze «nel confronto pubbli- S chiave delle difficoltà del processo di unificazione proprio nel rifiuto di riconoscere il ruolo svolto dal cristianesimo nella formazione dell’Europa». «Condivido anch’io che presentare la religione come fatto privato è insostenibile in una società come la nostra, dove il cristianesimo ha avuto un ruolo così importante», dice D’Alema. «Il nostro Paese, tuttavia, ha bisogno dell’apporto dei cristiani, ma non del fatto che ciascuno di noi si dichiari cristiano», dice l’ex ministro degli Esteri. Che accetta la lettura crociana, e non fa passi avanti. «In Europa c’è la tendenza ad emarginare il cristianesimo dalla vita pubblica», sostiene invece Ruini, rivolgendosi proprio a D’Alema. «Quella che ha caratterizzato la storia del Continente è la religione dell’amore universale, e come tale non può essere esclusivista. Paventarlo sarebbe incoerente, si sarebbe smentiti dalla vita delle persone». «La civiltà e la cultura di cui facciamo parte ha una forte impronta cristiana individuabile nella centralità dei diritti della persona», concede D’Alema. «Ma – insiste – non è esclusiva. Altre componenti hanno avuto un ruolo». Cita il liberalismo, il socialismo. E definisce il multiculturalismo la «sfida più attuale», con la capacità di «trovare un metodo per valori condivisi. Ecco perché – aggiunge – considero possibile l’ingresso della Turchia in Europa». Invece «fra integralismi opposti lo scontro di civiltà diventa inevitabile». D’Alema definisce il libro di Pera «appassionato e polemico». «Direi critico», lo corregge l’autore, al quale va stretta anche la definizione dalemiana di «neocon». Il tutto, va detto, in un clima di amicizia, persino di rievocata consuetudine familiare (in quel di Pisa) con l’esponente diessino, che lo stesso Pera ha voluto nella scomoda veste di contraddittore. Ma la distanza resta tutta. «Di fronte al problema dell’integralismo islamico io mi pongo il problema: "Chi sono io?". Altrimenti non so come difendermi e cosa insegnare», dice l’ex presidente del Senato. Che ricorda come «lo stesso concetto di persona, i cui diritti sono al centro di tutte le costituzioni europee, è mutuato dalla concezione cristiana. Si è persona in quanto creatura di Dio». Occorre quindi, – per Pera – identità e coraggio». E la Turchia, è giusto che entri? «In un supermercato sarebbe facile. Ma entrare in che cosa, se non sappiamo chi siamo?». In alto, da sinistra, Camillo Ruini e Massimo d’Alema sia per il vigore e la nettezza con cui sono formulate, degli sviluppi o chiarimenti assai significativi che contribuiranno non poco al dibattito in corso sui rapporti tra il cristianesimo e il mondo contemporaneo. Quanto all’Autore di questo libro, oltre ad esprimergli fondamento cristiano-liberale personale gratitudine per la dell’Europa. Le altre quattro forte e fortemente argomentata prese di posizione, sul affermazione dell’importanza radicamento del liberalismo di dirsi cristiani oggi, vorrei nell’immagine cristiana di Dio, pormi in dialogo con gli sulla multiculturalità, sul interrogativi che egli solleva dialogo interculturale piuttosto nelle ultime pagine, per dire che interreligioso e infine sul che l’invito di Benedetto XVI ad «allargare i confini della ragione» è «Quella di essere cristiani, o almeno certamente – come di comportarsi da cristiani, rimane egli osserva – un piuttosto che una scelta libera, ma proprio per questo appello, una soluzione già è urgente quella sincera e crescente teoreticamente disponibile, e che in collaborazione tra cattolici e laici che ogni caso quella di Benedetto XVI ha più volte auspicato» essere cristiani, o almeno di comportarsi da rapporto tra il liberalismo e la cristiani, rimane una scelta dottrina cristiana del bene, si libera, ma proprio per questo è collocano certamente ben necessaria e urgente quella dentro alla linea di pensiero sincera e crescente che Joseph Ratzingercollaborazione tra cattolici e Benedetto XVI ha espresso ed laici che Benedetto XVI ha più approfondito in tante volte auspicato e di cui questo occasioni, ma costituiscono pur libro, insieme alla lettera del sempre, sia per i loro contenuti Papa, è un ottimo esempio. l’intervento Ruini: «Raccogliamo l’appello del Papa ad allargare i confini della ragione, anche nel confronto tra le fedi» co… Qui il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari». Il Portavoce della Sala Stampa vaticana, Padre Federico Lombardi, ha osservato a giustissimo titolo che Benedetto XVI è personalmente assai impegnato nel dialogo tra le religioni, come mostrano tra l’altro le sue visite alle sinagoghe e ad una moschea. Rimane vero al tempo stesso che le parole da lui scritte al Presidente Pera rappresentano un chiarimento importante, e a mio avviso prezioso, circa la natura e le finalità di questo dialogo, nella linea che il Cardinale Ratzinger e poi Benedetto XVI aveva già più volte indicato e che ha un suo fondamentale aggancio nella Dichiarazione Dominus Iesus pubblicata nel 2000 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ugualmente indispensabile, anche al fine di una corretta interpretazione dei vari documenti ecclesiastici, è tener conto del senso più preciso e più stretto, o invece più ampio e comprensivo, che assume via via la parola "dialogo" [...]. chi mi chiedesse un giudizio personale su questo libro potrei rispondere semplicemente rimandando alla lettera di Benedetto XVI, dato che ne condivido i contenuti, non solo perché è scritta dal Papa, ma perché questi sono anche i convincimenti che ho maturato con crescente chiarezza. Preferisco però aggiungere brevemente qualcosa di mio, anzitutto riguardo alla lettera del Papa. Delle cinque prese di posizione in cui essa si articola, soltanto quella riguardante il rapporto tra Europa e cristianesimo può considerarsi la riaffermazione di una linea ben nota della Chiesa e dei Pontefici, sebbene anche qui suoni nuovo il parlare, da parte di un Pontefice, del A Il giovane Mazzolari di fronte alla Grande guerra Primo Mazzolari (1890-1959) DI GIORGIO CAMPANINI li studi su Primo Mazzolari si sono andati da alcuni anni a questa parte moltiplicando (minore attenzione, invece, dopo il convegno nazionale degli anni ’70, è stata invece riservata a Cacciaguerra), ma devono essere ancora ade- G guatamente approfonditi gli anni giovanili. Sotto questo aspetto il volume La stola e il garofano. Mazzolari, Cacciaguerra e la rivista «L’azione» (1912-1917) (Morcelliana, pagine 180, euro 13,00), curato da Giovanni Maroni e corredato di una ricca introduzione che è quasi una monografia, colma un vuoto della storiografia del primo Novecento, perché illumina non solo i rapporti fra queste due importanti personalità del cattolicesimo ma anche il contesto nel quale operarono, con particolare riferimento al problema dell’interventismo. Dopo l’ampia citata introduzione del curatore, che ripercorre il cammino tanto di Cacciaguerra quanto di Mazzolari negli anni della prima Democrazia cristiana e dopo la sconfessione di Romolo Murri, si susseguono le altre due parti di cui consta il volume: l’insieme delle lettere che è stato possibile reperire negli archivi dei due corrispondenti, e che gettano viva luce sulla qualità di un intenso rapporto di amicizia; il complesso degli scritti mazzolariani apparsi sulla rivista cesenate L’azione (Maroni ha potuto, attraverso un paziente lavoro, identificare, attribuendoli a Mazzolari, anche alcuni scritti anonimi). Sia il carteggio sia gli scritti appaiono di particolare importanza per ricostruire non solo l’atteggiamento di Cacciaguerra e di Mazzolari nei confronti della crisi della prima Democrazia cri- stiana, ma anche e soprattutto per cogliere il senso del loro particolare "interventismo": non dipendente da un esasperato nazionalismo e dalla "volontà di potenza" della giovane nazione italiana, né legato ad una sorta di "mistica della guerra" (insieme politica e religiosa) non infrequente in quel tempo, ma concepita come necessaria opposizione ad una cultura, quella degli Imperi centrali, che appariva loro come antitetica all’autentico "spirito europeo" e pertanto richiedeva anche, dolorosamente, l’intervento armato e la perdita di vite umane. Né mancano (soprattutto in Mazzolari, dopo la morte in battaglia del fratello Giuseppe) segnali di inquietudini e di ripen- samenti, anticipatrice della "svolta pacifista" che si manifesterà con chiarezza, quasi alla vigilia della morte, nelle pagine di Tu non uccidere. Prevale, in conclusione, una visione dell’intervento in guerra come un doloroso ma necessario passaggio in vista della costruzione di una più alta civiltà europea: sogno, questo, cui sarebbe ben presto sopravvenuto un amaro disincanto. Attraverso gli scambi epistolari fra i due si possono cogliere – anche al di là degli scritti apparsi su L’azione – i sentimenti dei due corrispondenti su quei tragici anni di guerra e, sullo sfondo, le inquietudini di una generazione che le vicende belliche avrebbero falcidiato. A cinquant’anni dalla morte di Mazzolari (1890-1959) queste pagine concorrono ad illuminare gli inizi del suo percorso intellettuale e nello stesso tempo attestano la finezza spirituale e il profondo senso di fede di Cacciaguerra. Vi è da augurarsi che le ricerche sull’esponente democratico-cristiano (le quali molto devono allo stesso Maroni) continuino, soprattutto con un’edizione in reprint della vivace rivista L’azione – praticamente ormai irreperibile nella sua interezza – importante documento del travaglio politico e spirituale dei giovani della Romagna (e non solo di essa) che nella scia di Romolo Murri avevano tentato l’avventura della prima Democrazia cristiana.