1 Beni in leasing Plusvalenze da sale and lease back Partecipazioni

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1 Beni in leasing Plusvalenze da sale and lease back Partecipazioni
RISULTATO DELL’ESERCIZIO ANTE IMPOSTE
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VARIAZIONI IN AUMENTO
Negli esercizi dal 2005 al 2008 sono state realizzate plusvalenze o altri proventi
“rateizzati”?
In base all'art. 86 del TUIR è ammessa la rateazione delle plusvalenze, le
stesse quindi possono concorrere alla formazione del reddito, nell’esercizio
in cui sono realizzate o in quote costanti nell’esercizio di realizzazione e
dei 4 successivi. Per poter ripartire la plusvalenza, la stessa si deve riferire
a beni posseduti da almeno tre anni. Le istruzioni per i beni diversi dalle
attività finanziarie, precisano che:
- il computo dei tre anni è effettuato in base all'articolo 2963 del Codice
Civile: si confronta, quindi, la data dell'acquisto con quella di vendita e
non quella di chiusura dei relativi esercizi;
- per i beni detenuti in locazione finanziaria il triennio decorre dalla data
del riscatto.
Beni in leasing
In relazione a tale ultima ipotesi, è bene segnalare che, ai fini della
verifica del possesso triennale, rileva anche il periodo il cui il bene è detenuto
in locazione finanziaria. Tale computo, secondo la R.M. 17.12.2007, n.379/E, è
giustificato dalla necessità di assicurare un trattamento omogeneo con la
fattispecie di acquisto del bene in proprietà (criterio di equivalenza).
Plusvalenze da sale and lease back
Il lease back prevede che un’impresa proceda alla vendita di un bene
ammortizzabile ad una società di leasing, con la quale viene stipulato un
contratto di locazione finanziaria. Conseguentemente, il soggetto che
realizza tale contratto non perde mai la disponibilità fisica del bene. Dal
punto di vista civilistico, l’art. 2425-bis, c.c., prevede che “le plusvalenze
derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono
ripartite in funzione della durata del contratto di locazione”. In forza di tale
disposizione, si producono i seguenti effetti (OIC):
・ la plusvalenza derivante dalle vendita del bene alla società di leasing va
contabilizzata nel conto economico dell’impresa cedente;
・ la plusvalenza deve essere “spalmata” lungo la durata del contratto di
locazione finanziaria, iscrivendo un risconto passivo per imputare a ciascun
esercizio la quota parte di plusvalenza di competenza dello stesso.
Fiscalmente, mancando una precisa disposizione normativa, si applicano le
ordinarie disposizioni di cui all’art. 86 del TUIR, con conseguente
possibilità di operare la rateizzazione della plusvalenza in un massimo di
cinque periodi d’imposta, e non lungo la durata del contratto di locazione
finanziaria.
Partecipazioni
Per le attività finanziarie occorre invece che siano iscritte nel bilancio,
come immobilizzazioni per almeno tre esercizi (si considerano cedute per
prime le ultime acquisite). Ricordiamo che in bilancio, la plusvalenza deve
essere imputata per competenza, integralmente nell'esercizio di realizzazione,
di conseguenza la ripartizione nei vari esercizi dovrà essere attuata extra
contabilmente in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi con
opportune variazioni in aumento e in diminuzione.
Imposte differite ed anticipate
In caso di ripartizione in più periodi della plusvalenza imponibile, si pone
1 anche la necessità di stanziare la fiscalità differita. In particolare,
nell’esercizio di conseguimento della plusvalenza, la variazione in
diminuzione operata determina una differenza temporanea che richiede lo
stanziamento di un fondo imposte differite commisurato all’Ires dovuta
sulle future quote di plusvalenza imponibile. Successivamente, negli
esercizi in cui si hanno le riprese a tassazione delle quote di plusvalenza
imponibile, è necessari stornare il fondo imposte differite per “prelevare”
la quota di imposte dovute sulla ripresa fiscale stessa.
Se in uno o più periodi precedenti, compresi tra il 2005 e il 2008, il
contribuente si è avvalso della predetta possibilità di rateizzazione fiscale
in cinque periodi d’imposta, nel 2009 è necessario effettuare la relativa
variazione in aumento, pari al 20% delle voci a suo tempo contabilizzate tra
i componenti positivi di Conto economico, in ipotesi di coincidenza tra
costo fiscale e contabile del bene. Si ricorda che, oltre che per le
plusvalenze, tale facoltà di rateizzazione può essere esperita dal contribuente
con riferimento ai seguenti proventi:
・ alle sopravvenienze attive derivanti da risarcimento, anche in forma
assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni (diversi da quelli
produttivi di ricavi), conseguite per un ammontare superiore a quello che
ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi (art.88 co. 2 del
TUIR);
・ alle sopravvenienze attive derivanti da c.d. “contributi in conto capitale”
e dalle liberalità ricevute (art. 88 co. 3 lett. b) del TUIR).
L’impresa ha assegnato un bene ai soci o ha destinato un bene a finalità
estranee all’impresa?
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In questi casi, l’impresa realizza un componente positivo di reddito da
calcolare avendo riguardo al valore normale del bene (da determinare
secondo i criteri di cui all’art. 9 del TUIR). Se il bene rientra tra quelli alla
cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (art. 85 del
TUIR), il ricavo è pari all’intero valore normale del bene (fermo restando
che la sua fuoriuscita comporta una minor valorizzazione finale delle
rimanenze).
Se il bene non rientra tra quelli di cui sopra (art. 86 del TUIR), la
plusvalenza è pari alla differenza tra il valore normale del bene ed il suo
costo fiscalmente riconosciuto. In questo secondo caso, ove dalla
contrapposizione tra valore normale e costo fiscalmente riconosciuto del
bene emerga non una plusvalenza, bensì una minusvalenza, si ricorda che
tale minusvalenza non è deducibile dal reddito di impresa.
Il co. 18 dell’art. 36 del DL 223/2006 ha, infatti, modificato, con
decorrenza dal periodo di imposta in corso al 04.07.2006, il disposto
dell’art. 101 del TUIR, al fine di escludere le minusvalenze realizzate per
effetto di operazioni di assegnazione (o di destinazione a finalità estranee
all’impresa) dal novero delle minusvalenze deducibili.
Tutto ciò premesso, nel caso in cui si proceda all’assegnazione di un bene
ai soci o comunque alla sua destinazione a finalità estranee all’impresa, la
variazione in aumento che deve essere apportata all’utile civilistico ante
imposte è la seguente:
・ se il bene è uno di quelli alla cui produzione o scambio è diretta l’attività
dell’impresa (art. 85 del TUIR), la variazione in aumento è pari al valore
normale del bene medesimo;
・ se il bene è diverso da quelli di cui al punto precedente e, per effetto
dell’operazione, si genera una plusvalenza imponibile (art. 86), la variazione
in aumento è pari alla somma della plusvalenza imponibile realizzata e
2 dell’eventuale
componente
negativo
contabilizzato
a
fronte
dell’eliminazione del bene dell’attivo patrimoniale (circostanza che si
verifica quando quest’ultimo non risulta già interamente ammortizzato sul
piano contabile);
・ se il bene è diverso da quelli di cui al punto precedente e, per effetto
dell’operazione, si genera una minusvalenza indeducibile (art. 101), la
variazione in aumento è pari all’eventuale componente negativo
contabilizzato a fronte dell’eliminazione del bene dell’attivo patrimoniale
(circostanza che si verifica quando quest’ultimo non risulta già
interamente ammortizzato sul piano contabile).
Tra gli immobili relativi all’impresa vi sono immobili c.d. “patrimoniali”?
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Gli immobili cd. “patrimonio”, o non strumentali, sono gli immobili destinati
a civile abitazione (categoria da A/1 ad A/9), con esclusione dei seguenti:
・ quelli “merce”, ossia posseduti da imprese di costruzione o
compravendita immobiliare;
・ quelli “strumentali per destinazione”, ossia utilizzati direttamente
dall’impresa per lo svolgimento dell’attività (ad esempio, l’immobile
abitativo utilizzato quale sede legale o amministrativa).
Con decorrenza dal periodo d'imposta in corso alla data del 04.10.2005
l’art. 7 del Decreto Legge n. 203 del 30.09.2005 convertito nella legge n.
248/2005 ha modificato l’articolo 90 del TUIR relativo al reddito degli
immobili non strumentali e che non costituiscono rimanenze finali,
posseduti dall’impresa. Mentre gli immobili strumentali e quelli merce
concorrono alla formazione del reddito d’impresa sulla base di costi e ricavi,
quelli non strumentali concorrono a formare il reddito secondo le regole
dell’articolo 90. Prima delle norme in commento il reddito dei fabbricati non
strumentali affittati era determinato applicando al canone d’affitto un
abbattimento forfetario per spese pari al 15% del canone stesso e
neutralizzando con variazioni in aumento o diminuzione, i costi e ricavi
effettivamente rilevati in contabilità. Le nuove regole prevedono invece
l’abrogazione dell’abbattimento forfetario del 15% del canone di affitto e
introducono la possibilità di dedurre le spese effettivamente sostenute per
manutenzione ordinaria (art. 3 c. 1 lett. a) DPR. n. 380/2001), dette
spese di manutenzione saranno comunque deducibili entro il limite pari al
15% del canone di locazione.
Esemplificando, un affitto annuo di 10.000 euro sarà tassato sul totale se
non ci sono spese di manutenzione ordinaria, oppure sarà tassato su
10.000 meno le spese di manutenzione ordinaria sostenute ma fino a un
massimo di 1.500 delle stesse. Quindi se le spese sono 2.000 la
tassazione sarà su 8.500 mentre se le spese sono 1.000 la tassazione sarà
su 9.000.
Resta, inoltre, confermato l’obbligo a dichiarare il reddito catastale nel
caso in cui quest’ultimo risulti superiore all’affitto percepito ridotto fino al
15% per spese di manutenzione.
Le regole sopraindicate si applicano anche agli enti non commerciali per i
redditi derivanti da immobili locati non relativi all'impresa.
Pertanto, si deve distinguere a seconda del fatto che:
・ l’immobile patrimoniale non sia locato, nel qual caso si deve procedere
alle seguenti variazioni in aumento dell’utile civilistico: variazione in
aumento pari ai componenti negativi afferenti detti immobili e
contabilizzati tra i costi dell’esercizio sulla base del presupposto che le
spese di manutenzione ordinaria dell’immobile risultino pari al 15% del
3 canone di locazione.
 variazione in aumento pari al reddito fondiario;
・ l’immobile patrimoniale sia locato, nel qual caso si deve procedere alle
seguenti variazioni dell’utile civilistico sempre sulla base del presupposto
che le spese di manutenzione ordinaria dell’immobile risultino pari al 15%
del canone di locazione:
 variazione in aumento pari ai componenti negativi afferenti detti
immobili e contabilizzati tra i costi dell’esercizio, esclusi gli interessi di
finanziamento che, per effetto della norma di interpretazione autentica di
cui all’art. 1 co. 35 della L. 244/2007, sono deducibili dal reddito
d’impresa;
 variazione in diminuzione pari all’ammontare dei canoni di locazione;
 variazione in aumento pari al reddito fondiario.
Sono stati contabilizzati ammortamenti su beni materiali in misura eccedente
rispetto a quelli deducibili ai fini fiscali?
+
+
L’ammontare deducibile degli ammortamenti relativi ai beni materiali
dell’esercizio contabilizzati tra i componenti negativi di Conto economico
deve essere valutato alla luce del disposto dell’art. 102 del TUIR,
utilizzando i coefficienti di ammortamento fiscale previsti dal DM 31.12.88
in funzione della tipologia di bene e del settore di attività dell’impresa.
Gli eventuali ammortamenti contabilizzati in misura eccedente alla soglia
massima deducibile devono essere oggetto di variazione in aumento dell’utile
contabile.
Rivalutazione dei beni immobili
Le imprese che hanno proceduto alla rivalutazione dei beni immobili,
secondo le disposizioni del D.L. 185/2008, devono procedere alla
variazione in aumento in relazione alla differenza tra:
・ quota di ammortamento civilistico, stanziata sul valore rivalutato;
・ quota di ammortamento fiscale, dedotta in funzione del costo del bene
ante-rivalutazione.
Tale variazione si rende necessaria, in quanto gli effetti fiscali della
rivalutazione si producono solamente a decorrere al periodo d’imposta 2013.
L’impresa possiede
ammortizzati?
fabbricati
strumentali
non
ancora
interamente
Il D.L. 4.7.2006, n. 223, come successivamente modificato dal collegato
alla Finanziaria 2007, D.L. n. 262/96, ha previsto che nel calcolo degli
ammortamenti dei fabbricati, non si considera il valore del terreno
occupato dalla costruzione e del terreno che ne costituisce pertinenza. Nel
calcolare gli ammortamenti dal periodo d’imposta in corso al 04.07.2006 e
successivi si deve, pertanto, scorporare il valore del terreno. Il valore del
terreno è così determinato:
1. se acquistato separatamente, vale il costo di acquisto;
2. se non acquistato separatamente, si deve considerare il maggior valore
fra il valore esposto in bilancio nell’anno di acquisto, o per i fabbricati già
posseduti il valore esposto nell’ultimo bilancio approvato prima del
4.7.2006 ed il 20% (o 30% se fabbricato industriale) del costo totale del
fabbricato.
Secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate, nella C.M. 16.2.2007,
n. 11/E, le disposizioni relative allo scorporo del valore del terreno si
applicano a tutti gli immobili strumentali. In particolare, rientrano:
・ i fabbricati “cielo-terra”, ossia quelli che occupano tutto lo spazio
4 edificabile con un’unica unità immobiliare, come nel caso del capannone
industriale);
・ i fabbricati non “cielo-terra”, ossia quelli che non occupano tutto lo
spazio edificabile con un’unica unità immobiliare, come ad esempio gli
uffici inseriti all’interno di un complesso immobiliare.
Nella tabella che segue, sono riepilogati i fabbricati soggetti alla disciplina
in esame, come indicato nella citata C.M. n. 11/E/2007.gia di fabbricato
Obbligo discorp
ti Tipologia di fabbricato
Obbligo
di
scorporo
Immobili situati nel territorio dello Stato, che sono o devono
essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto edilizio
urbano
Immobili situati fuori del territorio dello Stato, che sono o
devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto
edilizio urbano
Impianti e macchinari infissi al suolo che realizzano un’unità
immobiliare iscrivibile nel catasto edilizio urbano
SI
Impianti e macchinari infissi al suolo che non realizzano
un’unità immobiliare iscrivibile nel catasto edilizio urbano
NO
Impianti e macchinari non infissi al suolo
Singole unità immobiliari presenti all’interno di un immobile
“cielo-terra”
Fabbricati non “cielo-terra”, per le aree sulle quali insiste un
fabbricato, nei confronti di tutti i soggetti per i quali tali aree
costituiscono un bene relativo all’impresa
NO
SI
SI
SI
SI
Con la circolare n. 34/E del 21/11/2006 punto 3.4 è stato chiarito che per
fabbricato industriale si intende quello destinato alla produzione o
trasformazione di beni indipendentemente dalla classificazione catastale.
Sempre in merito alla natura industriale del fabbricato, si deve tener conto
dei seguenti chiarimenti:
・ in caso di aree utilizzate indistintamente sia per un’attività industriale, sia
per un’attività diversa, l’intero immobile può considerarsi industriale
qualora gli spazi utilizzati per lo svolgimento di un’attività produttiva siano
prevalenti rispetto a quelli utilizzati per altri scopi (C.M. n. 1/E/2007);
・ per i fabbricati già di proprietà dell’impresa prima del 4 luglio 2006 (data di
entrata in vigore delle nuove disposizioni), assume rilievo il loro utilizzo
nel periodo d’imposta precedente a quello in corso al 4 luglio 2006 (C.M.
n. 1/E/2007);
・ per gli immobili concessi in locazione, anche finanziaria, o comodato, il
proprietario deve tener conto dell’utilizzo effettuato dall’impresa
conduttrice (C.M. n. 11/E/2007).
Inoltre il calcolo del 20 o 30% deve essere effettuato senza considerare
eventuali costi incrementativi capitalizzati o eventuali rivalutazioni. La
precisazione contenuta nella stessa circolare con la quale si prevedeva che
gli ammortamenti già dedotti dovevano essere imputati totalmente al
fabbricato e non in quota al valore del terreno è stata finalmente superata
legislativamente dalla finanziaria 2008 (art. 1 c. 81) con una norma
interpretativa (quindi applicabile fin dall’origine) con la quale si riconosce
che “per ciascun immobile strumentale le quote di ammortamento dedotte nei periodi
di imposta precedenti al periodo di imposta in corso al 4 luglio 2006 calcolate sul
5 costo complessivo sono riferite proporzionalmente al costo dell’area e al costo
del fabbricato1”.
La R.M. 5.7.2007, n. 157/E, ha precisato che lo scorporo del valore del
terreno non deve essere effettuato per l’eventuale diritto di superficie da
favore del superficiario. Tale conclusione, tuttavia, non può essere accolta
nel caso in cui l’acquisizione di detto diritto avvenga a tempo
indeterminato, nel qual caso è necessario procedere allo scorporo.
In sede di modello UNICO, occorre recuperare a tassazione la quota
dell’ammortamento stanziato a Conto economico eventualmente indeducibile.
L’impresa conduce in leasing fabbricati strumentali?
+
+
Le nuove regole sulla indeducibilità del costo del terreno si applicano
anche con riguardo alla quota capitale dei canoni leasing dei fabbricati. In
particolare, la rata leasing è teoricamente divisa in tre parti:
1. la quota capitale riferita al fabbricato deducibile;
2. la quota capitale riferita al terreno indeducibile;
3. la quota interessi totalmente deducibile dal reddito (non naturalmente
ai fini Irap).
In sede di modello UNICO, occorre recuperare a tassazione la quota capitale
dei canoni indeducibile, ossia quella riferita al valore del terreno.
L’impresa ha iscritto in bilancio, tra le immobilizzazioni immateriali, una voce a
titolo di “avviamento”?
Fino al 1997 il costo dell’avviamento era ripartibile in 5 esercizi, mentre
dall’esercizio in corso al 01.01.1998 fino all’esercizio chiuso al 02.12.2005
il costo dell’avviamento anche se acquisito in precedenza era fiscalmente
deducibile in 10 esercizi. A decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data
del 3 dicembre 2005 l’ammortamento dell’AVVIAMENTO iscritto in bilancio è
deducibile in quote non superiori al 5,56% anziché al 10% come prima
previsto (legge finanziaria 2006 comma 521). La deducibilità compete
nella stessa misura anche alle imprese IAS/IFRS, indipendentemente
dall’imputazione a Conto economico. La nuova disposizione si applica
anche
con
riferimento
alle
residue
quote di ammortamento
dell’avviamento iscritto in periodi di imposta precedenti. (Art. 103, comma
3, del TUIR).
Se dal punto di vista fiscale l’avviamento può ora essere ammortizzato in
un periodo minimo di 18 anni, la norma civilistica art. 2426 cc. Stabilisce
che:
・ l’avviamento può essere iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale (nei
limiti del costo sostenuto) previo consenso del Collegio sindacale e a patto
che sia stato acquisito a titolo oneroso (pagamento, conferimento,
permuta, acquisto di partecipazione a un prezzo più elevato della
corrispondente frazione del patrimonio netto);
・ l’ammortamento deve avvenire in un periodo non superiore ai 5 anni;
・ l’ammortamento può essere effettuato in via sistematica per un periodo
superiore, purché non superi la durata di utilizzazione e ne sia data
adeguata informazione in Nota integrativa.
1
Per effetto di questa norma di interpretazione autentica di cui all’art.1 co.81 e 82 della L.244/2007, per ciascun immobile strumentale, le quote di ammortamento dedotte fino al periodo d’imposta 2005, calcolate sul costo complessivo (fabbricato+terreno), sono riferite proporzionalmente al costo dell’area e al costo del fabbricato. 6 Le eventuali differenze fra ammortamento fiscale e civilistico
dell’avviamento obbligano alla rilevazione della fiscalità differita.
Se dunque l’impresa ha contabilizzato un ammortamento dell’avviamento
di ammontare superiore alla soglia massima deducibile, l’eccedenza di
ammortamento operato sul piano contabile deve essere “neutralizzata”
mediante un’apposita variazione in aumento dell’utile civilistico.
L’impresa ha iscritto in bilancio, tra le immobilizzazioni immateriali, una voce a
titolo di costo sostenuto per l’utilizzazione di opere dell’ingegno, brevetti
industriali e simili?
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I diritti di utilizzo di opere dell’ingegno, di Brevetti, di Processi, Formule,
Informazioni ed Esperienze erano deducibili in misura non superiore a 1/3
del costo (3 esercizi), dal 2006 la deducibilità è passata al 50% (due esercizi).
Norma in vigore dal (2006) periodo d’imposta di entrata in vigore del DL.
223/06 anche per gli ammortamenti relativi ai costi sostenuti in periodi
d’imposta precedenti. Per i brevetti industriali, la nuova quota di
ammortamento si applica ai brevetti registrati dai cinque anni precedenti il
4 luglio 2006.
Perciò l’accorciamento del periodo minimo di ammortamento da 3 a 2 anni
trova applicazione limitatamente ai costi sostenuti e capitalizzati in
relazione a brevetti industriali che siano stati registrati successivamente al
04.07.2001 (per quelli relativi a brevetti registrati ante 04.07.2001 resta
invece ferma l’ammortizzabilità fiscale su almeno 3 periodi di imposta).
Se l’impresa ha contabilizzato un ammortamento del valore di bilancio dei
predetti beni per un ammontare superiore alla soglia massima deducibile,
l’eccedenza di ammortamento operato sul piano contabile deve essere
“neutralizzata” mediante un’apposita variazione in aumento dell’utile
civilistico.
L’impresa ha iscritto in bilancio, tra le immobilizzazioni immateriali, una voce a
titolo di “marchio”?
Marchi: dall’esercizio in corso al 01.01.98 il costo dei marchi anche se
acquistati in precedenza era deducibile annualmente, in misura non
superiore a 1/10 del costo in precedenza il costo era ripartibile in 3
esercizi. Dal 2006 il costo è passato da 1/10 a 1/18 quindi per i marchi
d’impresa l’aliquota è del 5,56%. La deducibilità compete nella stessa
misura anche alle imprese IAS/IFRS, indipendentemente dall’imputazione
a Conto economico. Norma in vigore dal (2006) periodo d’imposta di
entrata in vigore del DL. 223/06 anche per gli ammortamenti relativi ai
costi sostenuti in periodi d’imposta precedenti.
Se l’impresa ha contabilizzato un ammortamento del valore di bilancio dei
predetti beni per un ammontare superiore alla soglia massima deducibile,
l’eccedenza di ammortamento operato sul piano contabile deve essere
“neutralizzata” mediante un’apposita variazione in aumento dell’utile
civilistico.
È stata stanziata in bilancio una svalutazione dei crediti iscritti nell’attivo
circolante in misura superiore a quella ammessa in deduzione ai fini fiscali?
Contabilizzare la svalutazione dei crediti e l’accantonamento per rischi su
crediti, la misura fiscalmente consentita è pari allo 0,5% dell'ammontare
complessivo di tutti i crediti derivanti da: cessioni di beni e prestazioni di
servizi oggetto dell'attività. In particolare, la percentuale citata è
7 computata sui seguenti crediti:
・ derivanti dal conseguimento dei ricavi, di cui all’art. 85, co. 1, del TUIR.
Sono quindi esclusi da detto computo i crediti derivanti dall’alienazione dei
cespiti o di beni che determinano plusvalenze/minusvalenze, di cui agli
artt. 86 e 101 del TUIR;
・ iscritti in bilancio alla chiusura dell’esercizio. Sono iscrivibili in bilancio,
secondo il documento OIC 15, i crediti che effettivamente rappresentano
un’obbligazione verso l’impresa (rientrano quindi anche i crediti per i quali
sono state rilasciate cambiale ovvero ricevute bancarie);
・ non coperti da garanzia assicurativa. Se gli stessi sono, al contrario,
coperti da garanzia assicurativa, mancando il rischio di insolvenza, non è
possibile computarli nel “monte” crediti su cui determinare la svalutazione
deducibile.
N.B. l’eventuale svalutazione civilistica potrebbe non coincidere con le
regole fiscali.
Gli effetti presentati all'incasso o SBF e non ancora scaduti, concorrono a
determinare l'importo su cui calcolare lo 0,5% (sono esclusi, come detto,
gli effetti scontati, come pure sono esclusi i crediti coperti da garanzia
assicurativa).
N.B.: Il fondo accantonamento per rischi su crediti, fiscalmente non può
superare il 5% del totale dei crediti come sopra calcolati.
Controllare se nel corso dell'esercizio è stato utilizzato correttamente il
Fondo Svalutazione Crediti in sede di rilevazione contabile di una perdita
definitiva.
Se risulta contabilizzata tra i costi dell’esercizio una svalutazione dei crediti
commerciali in misura eccedente il predetto limite, è necessario effettuare la
relativa variazione in aumento.
Sono state stanziate in bilancio svalutazioni di partecipazioni e “titoli
assimilati”?
+
Per effetto del combinato disposto degli artt. 94 e 101 del TUIR, le
svalutazioni operate su partecipazioni e su “titoli assimilati” sono sempre
indeducibili ai fini fiscali, a prescindere dalla classificazione di bilancio tra
le immobilizzazioni finanziarie o nell’attivo circolante (fatta eccezione per i
soggetti IAS/IFRS, per i quali le svalutazioni civilistiche delle
partecipazioni non costituenti immobilizzazioni finanziarie – cui non si
applichi la participation exemption – assumono rilievo anche ai fini fiscali).
Se dunque l’impresa ha iscritto a Conto economico una svalutazione sui
predetti beni, è necessario operare una corrispondente variazione in
aumento dell’utile civilistico.
Giova ricordare che i titoli assimilati, ai fini fiscali, alle azioni sono:
・ i c.d. “strumenti finanziari partecipativi”;
・ gli strumenti finanziari emessi in relazione ai c.d. “patrimoni destinati” o
in relazione a “specifici affari”;
・ gli altri strumenti finanziari, comunque denominati, che risultano
“ancorati” all’andamento economico della società emittente;
・ rendimenti dei titoli e degli strumenti finanziari emessi da soggetti non
residenti, la cui remunerazione risulta totalmente indeducibile nella
determinazione del reddito di impresa nello Stato estero di residenza del
8 soggetto emittente (tale indeducibilità “estera” deve risultare da una
dichiarazione dell’emittente stesso o da altri elementi certi e precisi).
Sono state stanziate in bilancio svalutazioni di obbligazioni e “titoli
assimilati”?
+
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Per effetto del combinato disposto degli artt. 94 e 101 del TUIR, le
svalutazioni operate su obbligazioni e su “titoli assimilati” sono deducibili
ai fini fiscali. Tuttavia la deducibilità della svalutazione viene ammessa nel
limite della riduzione del costo fiscalmente riconosciuto dei predetti beni
fino a concorrenza della “soglia minima” individuata dal co. 4 dell’art. 94 e
dal co. 2 dell’art. 101 del TUIR (fatta eccezione per i soggetti IAS/IFRS,
per i quali le svalutazioni civilistiche dei titoli in esame assumono rilievo
anche ai fini fiscali). In altre parole:
・ le svalutazioni, operate su titoli negoziati in mercati regolamentati ed
iscritti dall’impresa nell’attivo circolante, sono deducibili in misura non
superiore alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto ante
svalutazione e il valore risultante dai prezzi rilevati nell’ultimo giorno
dell’esercizio, oppure dalla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo
mese;
・ le svalutazioni, operate su titoli negoziati in mercati regolamentati ed
iscritti dall’impresa tra le immobilizzazioni finanziarie, sono deducibili in
misura non superiore alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto
ante svalutazione e il valore risultante dalla media aritmetica dei prezzi
rilevati nell’ultimo semestre;
・ le svalutazioni operate su titoli diversi dai precedenti (ossia non
quotati), sono deducibili in misura non superiore alla differenza tra il costo
fiscalmente riconosciuto ante svalutazione e il valore risultante dalla
comparazione con il valore normale di titoli negoziati in mercati
regolamentati italiani o esteri, aventi caratteristiche analoghe a quelle dei
titoli non quotati oggetto di valutazione, oppure da altri elementi
determinabili in modo obiettivo, ove la predetta comparazione non risulti
praticabile.
Se dunque l’impresa ha iscritto a Conto economico una svalutazione sui
predetti beni per un ammontare superiore a quello ammesso in deduzione ai
fini fiscali, è necessario operare una variazione in aumento dell’utile civilistico
in misura pari a tale “eccedenza”.
Si ricorda che i titoli assimilati, ai fini fiscali, alle obbligazioni sono:
・ i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di
autoveicoli, autorizzate ai sensi dell’art. 29 del RDL 15.3.27 n. 436,
convertito nella L. 510/28;
・ i titoli di massa che contengono l’obbligazione incondizionata di pagare
alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o
senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai
possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione
dell’impresa emittente o dell’affare in relazione al quale siano stati emessi,
né di controllo sulla gestione stessa.
L’impresa ha iscritto nel proprio bilancio partecipazioni che vengono valutate
secondo il “metodo del patrimonio netto”, di cui al n. 4 dell’art. 2426 del codice
civile?
Ai sensi del co. 3 dell’art. 101 del TUIR, per le immobilizzazioni finanziarie
costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate, valutate ai
9 fini del bilancio sulla base del c.d. “metodo del patrimonio netto” della
partecipata, la parte di costo di acquisto della partecipazione,
eventualmente eccedente il valore corrispondente alla frazione di
patrimonio netto della partecipata, non è deducibile dal reddito di impresa
(neppure a titolo di ammortamento).
Se dunque l’impresa ha iscritto a Conto economico il componente negativo
rappresentato dalla predetta eccedenza di costo o l’ammortamento operato
pro rata temporis sulla predetta eccedenza iscritta nell’attivo patrimoniale,
deve essere operata una variazione in aumento dell’utile civilistico in misura
corrispondente.
L’impresa ha effettuato versamenti a fondo perduto o in conto capitale a favore
di proprie partecipate (anche sotto forma di rinuncia a un credito)?
+
+
Ai sensi del co. 7 dell’art. 101 del TUIR, i versamenti in denaro o in natura
fatti a fondo perduto o in conto capitale, da parte dei soci, a favore delle
proprie partecipate, non sono ammessi in deduzione dal reddito di impresa
del socio (ivi compreso il caso di versamento effettuato nella forma di
rinuncia a un precedente credito).
Se dunque l’impresa ha iscritto a Conto economico un componente
negativo, a fronte del versamento o dalla rinuncia al credito, deve essere
operata una variazione in aumento dell’utile civilistico in misura
corrispondente. Si osservi che la predetta indeducibilità sussiste anche con
riferimento ai c.d. “versamenti sottozero”, ossia quella parte di versamenti
a fondo perduto o in conto capitale che serve non già ad incrementare il
patrimonio netto della partecipata, quanto piuttosto a riportare detto
patrimonio ad un valore pari a zero, coprendo dunque quella parte di
perdite di esercizio che lo hanno portato ad un valore addirittura negativo
(“sottozero”, appunto). Si ricorda che, ai sensi del medesimo co. 7
dell’art. 101 del TUIR, i predetti versamenti e rinunce a crediti, ancorché
indeducibili, vanno ad incrementare il costo fiscalmente riconosciuto della
partecipazione.
L’impresa possiede o comunque utilizza mezzi di trasporto “a deducibilità
limitata”?
Per l’Amministrazione Finanziaria costituiscono bene strumentale
nell’attività d’impresa solamente quei veicoli senza i quali non si può
esercitare l’attività quali quelli utilizzati dai noleggiatori, dai taxisti, ecc.
Regole automezzi per il 2009
Con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 27 giugno 2007 la
normativa può essere riepilogata come segue.
Ai fini delle II.DD. i veicoli vengono divisi in due categorie, quelli la cui
deducibilità rimane totale e quelli la cui deducibilità è limitata.
Sono confermati i limiti massimi di valore sul quale calcolare le quote di
ammortamento o un limite di valore per la deducibilità dei canoni leasing o
di noleggio.
Negli schemi che seguono riassumiamo le regole:
VEICOLI A DEDUCIBILITA’ TOTALE
TIPOLOGIA VEICOLO
CONDIZIONE
Aeromobili da turismo
Utilizzati
esclusivamente
come
beni
Navi e imbarcazioni da
strumentali nell’attività propria d’impresa
diporto
vale a dire quei veicoli senza i quali
Autovetture
l’attività non può essere esercitata (es.
Autocaravan
veicoli per le imprese che li noleggiano)
Ciclomotori e motocicli
10 Veicoli
adibiti ad
uso
pubblico (taxi)
Altri veicoli:
Veicoli per trasporto merci
Autoveicoli per trasporto
promiscuo persone cose
(1)
Autoveicoli per trasporti
specifici
Uso pubblico
Il loro utilizzo
all’attività svolta
deve
essere
inerente
1)Il Ministero riconosce la piena deducibilità purché inerenti all’attività d'impresa o alla
professione svolta, ma considerato che qualsiasi veicolo poteva essere immatricolato ad uso
promiscuo, il Ministero ha posto dei vincoli non previsti dalla legge, veniva chiesto infatti che,
oltre all'immatricolazione ad uso promiscuo, il veicolo disponga abitualmente, per almeno la
metà della superficie dell'abitacolo, di un piano destinato al trasporto di cose. Per i veicoli
immatricolati dall’1.10.1998 il problema non si pone perché col recepimento della Direttiva
CEE in materia di omologazioni è scomparsa la categoria “autoveicoli per trasporto promiscuo.
VEICOLI A DEDUCIBILITA’ LIMITATA (impresa/professionisti)
Valore max per calcolo
%
deducibilità
Mezzo
II.DD.
Amm.to/leasing Locazione/noleggio
Autovetture
18.075,99
3.615,19
Autocaravan
18.075,99
3.615,19
40% impresa
Ciclomotori
2.065,82
413,16
Motocicli
4.131,65
774,68
N.B. I leasing stipulati dal 08.08.2006 devono avere una durata minima di
48 mesi.
Veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per più della metà del
periodo d’imposta: la quota deducibile è pari al 90% di tutti i costi
sostenuti mentre ammortamenti leasing e noleggio non sono soggetti a
limiti di valore del veicolo. Relativamente al noleggio, di contrario avviso,
la Risoluzione 231/E del 22.08.2007. È opportuno documentare l'uso
promiscuo al dipendente, prevedendolo nel contratto di lavoro.
Naturalmente la possibilità di utilizzo del veicolo aziendale costituisce un
fringe benefit (compenso in natura) per il dipendente, detto compenso in
natura è ora determinato convenzionalmente in misura pari al 30% del
costo annuo del veicolo per una percorrenza media di 15.000 Km. (detto
importo è stabilito annualmente dal ministero sulla base delle tariffe ACI).
La misura del compenso in natura è ridotta, nel caso l’azienda abbia
stipulato un accordo con il dipendente prevedendo un addebito per
l’utilizzo dell’auto, a fronte del quale sarà emessa fattura imponibile I.V.A
Ammortamento automezzi: il valore totale dell’ammortamento massimo
per un’auto sarà, pertanto, pari a 7.230,40 euro per le imprese e per i
professionisti (40% di 18.075,99) ed a Euro 20.658,27 (80% di
25.822,84) per agenti e rappresentanti. L’ammortamento anticipato non è
più ammesso.
Spese automezzi: tutte le spese relative agli automezzi (impiego,
custodia, manutenzione, riparazione, ecc.) sono deducibili nella stessa
misura prevista nella colonna deducibilità della tabella sopra riportata (40
o 80% oppure 100% per i veicoli a deducibilità totale).
Leasing automezzi: L’art. 36 cc. 6-bis e 6-ter del DL. 223/06 ha previsto
che i canoni leasing per le autovetture, autocaravan, ciclomotori e
motocicli, che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali
nell’attività propria sono deducibili a condizione che il relativo contratto
abbia una durata pari al periodo di ammortamento (in precedenza si
prevedeva la metà) quindi essendo in generale l’aliquota di
11 ammortamento del 25% la durata del contatto di leasing deve essere di
almeno 4 anni. Norma in vigore dai contratti stipulati dal 12 agosto 2006.
Nei casi ammessi i canoni leasing sono quindi deducibili nel limite
corrispondente ai valori previsti, es. 18.075,99 per le autovetture. Così ad
esempio, nel caso di stipula di un contratto di Leasing da parte un’impresa
o di un professionista in data 1° luglio, della durata di 48 mesi (1460 gg.)
in cui, il costo del mezzo sostenuto dalla società di leasing, (aumentato
dell’ I.V.A. teorica non detraibile), sia di 30.987,41 euro contro i
18.075,99 euro ammessi fiscalmente e che l'ammontare complessivo dei
canoni (interessi compresi) sia pari a 36.151,98 euro, avremo che: la
percentuale di deducibilità dei canoni leasing sarà del 23,333%, pari cioè a:
・ (18.075,99 : 30.987,41 x 100) x 40% = 23,333.
Il primo anno la deduzione dovrà però essere rapportata al periodo di
durata del contratto, pertanto, il costo deducibile sarà pari a 1.063,08
Euro così determinato:
・ 36.151,98 x 23,333% = 8.435,34 costo tot. leasing x % netta di
deducibilità
・ 8.435,34: 1.460 x 184 = 1.063,08 tot. costo deducibile : durata
contratto x gg. contratto nell’esercizio
Locazione e noleggio: i limiti di valore relativi ai contratti di locazione o
noleggio vanno ragguagliati ad anno. Pertanto, il costo giornaliero
deducibile della locazione o noleggio di una autovettura posseduta da una
normale impresa o un professionista sarà pari a: 3.615,20 : 365gg. x 40%
= 3,961 euro
Noleggio “Full service”: La circolare n. 48/1998 dispone che nei contratti
di noleggio “Full Service” dove il canone di noleggio complessivo è
comprensivo anche dei corrispettivi per prestazioni accessorie
(manutenzione ordinaria, assicurazione e tassa di circolazione). Nel calcolo
del costo massimo deducibile il canone di noleggio deve essere
considerato al netto dei costi riferibili alle prestazioni accessorie. Nel
contratto, però, deve essere specificatamente indicata la quota della
tariffa di noleggio depurata delle spese per i servizi accessori di cui si
fruisce.
ESEMPIO
costo noleggio “full service” € 10.329,14
durata del contratto 1 anno solare
quota del “full service” riferibile al solo noleggio € 5.500,00
differenza per prestazioni accessorie € 4.829,14
Il costo complessivamente deducibile è determinato secondo il seguente
calcolo:(€ 3.615,20 x 40%) + (€ 4.829,14 x 40%) = 1.446,08 + 1.931,65
Importo complessivo deducibile : € 3.377,73.
Ditte individuali: non ci sono limiti al numero di veicoli, così come per le
società di persone o di capitali.
Professionisti: sono deducibili i costi di un solo veicolo o nel caso di studi
associati o società semplici la deducibilità è ammessa nella misura di un
veicolo per ogni professionista socio o associato.
Agenti di commercio: Secondo il Ministero l'elevazione a 25.822,84 euro
del limite di valore opera solo per le autovetture, ancorché la legge parli di
"autoveicoli", definiti dal Codice della strada come "veicoli a motore con
almeno quattro ruote".
Se dunque l’impresa ha iscritto a Conto economico un componente negativo
rappresentato da una delle fattispecie sopra evidenziate a deducibilità limitata
deve essere operata una variazione in aumento dell’utile civilistico in misura
corrispondente alla quota indeducibile fiscalmente.
12 L’impresa ha ceduto mezzi di trasporto “a deducibilità limitata”?
+
+
Nel caso di successiva rivendita dei veicoli a deducibilità limitata, la
relativa plusvalenza o minusvalenza concorrerà al reddito d’impresa nella
stessa proporzione fra il costo del mezzo e il valore su cui è riconosciuto
l’ammortamento fiscale.
Così ad esempio potremo avere:
Nell'ipotesi di rivendita con una plusvalenza civilistica pari a 2.324,06
Euro, detta plusvalenza rileverà ai fini fiscali nella seguente proporzione:
11.620,28 : 3.389,25 = 2.324,06 : X dove X è uguale a 677,85 Euro.
Laddove necessario, dunque, a fronte delle minusvalenze contabilizzate tra i
costi dell’esercizio, è necessario effettuare una variazione in aumento in
misura pari alla frazione non deducibile.
L’impresa possiede o comunque utilizza impianti di telefonia fissa o mobile?
Le quote d’ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di
noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature
terminali (si intende i telefoni sia fissi che cellulari) per servizi di
comunicazione elettronica ad uso pubblico di cui alla lettera gg) del
comma 1 dell’articolo 1 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui
al D.Lgs. 1º agosto 2003, n. 259, sotto riportata, sono deducibili (dal
reddito d’impresa) nella misura dell’80 per cento.
gg) servizio di comunicazione elettronica: i servizi, forniti di norma a pagamento,
consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti
di comunicazione elettronica, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di
trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, ad
esclusione dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di
comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti;
sono inoltre esclusi i servizi della società dell'informazione di cui all'articolo 2,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, non consistenti
interamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di
comunicazione elettronica;
Tra le spese telefoniche deducibili all’80% rientrano anche quelle sostenute per
l’acquisto di modem; router e software specifici per la telefonia, mentre i costi
dei computer saranno dedotti secondo i criteri generali che sovrintendono
alla formazione del reddito (normale ammortamento) risoluzione.
17.05.07 n. 104. Circa le schede telefoniche prepagate, la Direzione
Regionale delle Entrate del Veneto, con la risoluzione Prot. N. 90734177/2004, ha dato parere favorevole alla deducibilità (50% ora 80%)
delle schede in parola, purché siano inerenti all’attività e effettivamente
documentate.
Autotrasportatori
La percentuale di cui al precedente periodo è elevata al 100 per cento per
gli oneri relativi ad impianti di telefonia dei veicoli utilizzati per il trasporto
di merci da parte di imprese di autotrasporto limitatamente ad un solo
impianto per ciascun veicolo. Ricordiamo che già con decorrenza dal
01.01.2002, l’art. 15 della legge finanziaria 2002 prevede la totale
deducibilità dei costi e la totale detraibilità dell’IVA riferiti alle spese per
ammortamento locazione noleggio impiego e manutenzione relative ai
telefoni cellulari dei veicoli utilizzati per il trasporto di merci da parte delle
imprese di autotrasporto.
Professionisti
Anche per tali soggetti, si prevede che le quote d’ammortamento, i canoni
13 di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e
manutenzione relativi alle apparecchiature telefoniche, sia fisse che
mobili, sono deducibili nella misura dell’80 per cento.
N.B. Si ricorda che la finanziaria 2008 ha inciso solamente sulla detraibilità
IVA che fino al 2007 limitava la detrazione IVA al 50% su acquisto
importazione e spese di utilizzo dei telefoni cellulari. Norma che è stata
abrogata e di conseguenza la detrazione IVA diventa piena, salvo la
verifica dell’inerenza; a questo fine una particolare attenzione del fisco
sarà riservata al controllo di chi nel periodo 2008-2012 ha detratto
l’imposta relativa alla telefonia mobile in misura superiore al 50%.
Se risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio componenti negativi di
reddito afferenti l’acquisto o l’utilizzo dei predetti impianti, è dunque
necessario effettuare la relativa variazione in aumento in misura pari al 20%
dell’onere complessivamente imputato a Conto economico.
Sono stati operati ammortamenti su altri beni per i quali il valore contabile non
è allineato al valore fiscale?
+
+
A mero titolo esemplificativo, il disallineamento tra valori contabili e fiscali
può determinarsi con riferimento ai seguenti beni:
・ beni relativamente ai quali siano stati operati ammortamenti anticipati
ai fini fiscali fino al periodo d’imposta 2007 (utilizzando l’apposito quadro
EC nel modello UNICO) e per i quali il disallineamento non è ancora stato
riassorbito in modo naturale o avvalendosi dell’affrancamento di cui all’art.
1 co. 48 della L. 244/2007 (si veda oltre);
・ beni o fondi relativamente ai quali sono state operate altre deduzioni in
via extracontabile fino al periodo d’imposta 2007 (utilizzando l’apposito
quadro EC nel modello UNICO) e per i quali il disallineamento non è
ancora stato riassorbito in modo naturale o avvalendosi dell’affrancamento
di cui all’art. 1 co. 48 della L. 244/2007 (si veda oltre);
・ beni ricevuti a seguito di operazioni di fusione o di scissione, per effetto
delle quali, in capo alla società avente causa, si è evidenziato un disavanzo
di fusione o di scissione nell’ipotesi in cui il contribuente non si sia avvalso
di uno dei regimi che permettono il riallineamento tra i valori contabili e
fiscali previsti dall’art. 1 co. 46 della L. 244/2007 e dall’art. 15 co. 10 12-bis del DL 29.11.2008 n. 185 (conv. L. 2/2009);
・ beni ricevuti a seguito di operazioni di conferimento d’azienda effettuate
in regime di neutralità fiscale, ai sensi dell’art. 176 del TUIR nell’ipotesi in
cui il contribuente non si sia avvalso di uno dei regimi che permettono il
riallineamento tra i valori contabili e fiscali previsti dall’art. 1 co. 46 della
L. 244/2007 e dall’art. 15 co. 10 - 12-bis del DL 29.11.2008 n. 185 (conv.
L. 2/2009).
In tutti i casi in cui il valore contabile risulti superiore al valore fiscale,
l’effettuazione di ammortamenti sui predetti beni può determinare la necessità
di effettuare una variazione in aumento dell’utile contabile in misura pari agli
ammortamenti effettuati in bilancio “eccedenti” gli ammortamenti
effettuabili sul valore fiscalmente riconosciuto del bene.
Sono stati ceduti altri beni per i quali il valore contabile è superiore al valore
fiscale?
Il disallineamento tra valori contabili e fiscali (con valore contabile
superiore a quello fiscale) può determinarsi nei casi individuati nel
riquadro sopra esposto. Pertanto, in tutti i casi in cui il valore contabile
14 risulti superiore al valore fiscale, la cessione dei predetti beni può
determinare la necessità di effettuare una variazione in aumento dell’utile
contabile (per rilevare la maggiore plusvalenza o la minore minusvalenza),
in misura pari alla differenza tra il valore “di carico” contabile e il valore
“di carico” fiscalmente riconosciuto del bene alienato.
Sono state sostenute spese di rappresentanza?
+
Ai sensi dell’art. 108 co. 2 del TUIR, le spese di rappresentanza sono
ammesse in deduzione nel periodo d’imposta di sostenimento se
rispondenti ai requisiti di congruità ed inerenza. Tale disciplina è
applicabile alle spese sostenute dal periodo d’imposta 2008 (soggetti
“solari”). In base al previgente regime, le stesse erano deducibili nel limite
di un terzo del loro ammontare, in quote costanti per cinque esercizi a
partire da quello di sostenimento. Secondo l’art. 1 co. 1 del DM
19.11.2008 (attuativo del citato art. 108 co. 2 del TUIR), le spese di
rappresentanza inerenti (e quindi deducibili nei limiti oltre evidenziati)
sono le spese per erogazioni di beni e servizi:
・ a titolo gratuito;
・ effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
・ il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione
all’obiettivo di generare benefici economici per l’impresa ovvero sia
coerente con pratiche commerciali di settore.
L’art. 2 co. 2 del DM 19.11.2008 individua il parametro atto a valutare la
congruità delle spese di rappresentanza. In particolare, le spese di
rappresentanza sono commisurate all’ammontare dei ricavi e dei proventi
della gestione caratteristica dell’impresa, risultanti dalla dichiarazione dei
redditi relativa al periodo d’imposta in cui le stesse sono sostenute, in
misura pari:
・ all’1,3% dei ricavi e proventi fino a 10.000.000,00 euro;
・ allo 0,5% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente
10.000.000,00 euro e fino a 50.000.000,00 euro:
・ allo 0,1% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i
50.000.000,00 euro.
Sono in ogni caso deducibili le spese relative a beni distribuiti
gratuitamente di valore unitario non superiore a 50,00 euro (art. 108 co.
2 del TUIR).
Pertanto, nel caso in cui vengano imputate in Conto economico spese di
rappresentanza in misura superiore al plafond di deducibilità individuato dal
decreto sopra citato, è necessario effettuare una variazione in aumento
dell’utile contabile in misura pari alla parte di spese indeducibili. Nel modello
UNICO occorre indicare, tra le variazioni in aumento, l’intero ammontare
delle spese di rappresentanza sostenute e, tra le variazioni in diminuzione,
l’importo deducibile delle medesime. L’effetto “netto” è una variazione in
aumento pari all’importo eventualmente indeducibile.
Imprese neo-costituite
L’art. 1, co. 3, del D.M. 19.11.2008, dispone che “per le imprese di nuova
costituzione, le spese sostenute nei periodi d’imposta anteriori a quello in cui sono
conseguiti i primi ricavi, possono essere portati in deduzione dal reddito dello stesso
periodo e di quello successivo se e nella misura in cui le spese sostenute in tali
periodi siano inferiori all’importo deducibile”.
Per tali imprese, quindi, è necessario procedere come segue:
15 ・ variazione in aumento delle spese sostenute nel periodo d’imposta in cui
non sono stati conseguiti i primi ricavi, per l’intero importo delle spese
sostenute;
・ variazione in diminuzione per lo stesso importo nel periodo d’imposta
successivo, subordinatamente al fatto che in tale periodo tali spese trovino
capienza nel plafond di deducibilità che si determina in rapporto ai ricavi
conseguiti in tale periodo.
Sono state sostenute spese per prestazioni alberghiere o somministrazioni di
alimenti e bevande?
+
+
Ai sensi dell’art. 109 co. 5 del TUIR, le spese relative a prestazioni
alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle
di cui al comma 3 dell’articolo 95 (si tratta delle spese di vitto e alloggio
sostenute dalle imprese per le trasferte effettuate fuori dal territorio
comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa), sono deducibili nella misura del
75%. Il limite del 75% non deroga agli ordinari criteri di inerenza che
presiedono alla determinazione del reddito d’impresa, ma rappresenta il
limite massimo di deducibilità delle spese in esame (circ. Agenzia delle
Entrate 05.09.2008 n. 53).
La circ. Agenzia delle Entrate 03.03.2009 n. 6 (§ 6, 7 e 8) ha precisato
che non sono soggette al limite di deducibilità del 75%:
・ le spese sostenute dall’impresa per la gestione diretta del servizio di
mensa aziendale;
・ le spese sostenute a fronte del servizio mensa gestito da terzi;
・ le spese relative alla fornitura di un servizio di mensa esterna in seguito
alla stipula di apposita convenzione con un pubblico esercizio;
・ le spese per l’acquisto di ticket restaurant.
Pertanto, nel caso in cui vengano imputate in Conto economico spese di
vitto e alloggio in misura superiore al limite di deducibilità del 75%, è
necessario effettuare una variazione in aumento dell’utile contabile in
misura pari alla parte di spese indeducibili. L’Agenzia delle Entrate, con le
circ. 53/2008 e 34/2009, ha chiarito che la limitazione di cui all’art. 109
co. 5 del TUIR opera anche in relazione alle spese di vitto e alloggio che
ricadono nell’alveo delle spese di rappresentanza, sempreché le stesse
siano deducibili, secondo quanto previsto dall’art. 108 co. 2 del TUIR.
In altri termini, le spese di vitto e alloggio qualificabili come “spese di
rappresentanza” devono essere assoggettate:
・ in via preliminare, al limite del 75% di cui all’art. 109 co. 5 del TUIR;
・ successivamente, ai limiti di congruità di cui all’art. 108 co. 2 del TUIR e
di cui al DM 19.11.2008.
In tal caso, occorre indicare le spese di vitto e alloggio indeducibili quale
variazione in aumento dell’utile contabile.
Sono state sostenute spese di manutenzione e riparazione ordinarie su beni
propri?
Controllare se l'importo delle manutenzioni e riparazioni eccede il 5% del
costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta
16 all'inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili, aumentato del
valore degli acquisti di cespiti e diminuito delle vendite degli stessi
avvenuti in corso d'anno e proporzionati al periodo di possesso (non si
computano i beni oggetto di contratto di assistenza i cui canoni sono
integralmente deducibili senza limite). Il limite del 5% è elevato al: - 15%
per le industrie minerarie - 25% per le imprese di trasporto conto terzi;
(solo per manutenzioni effettuate sui beni tipici dell'attività) per queste
ultime, inoltre, la deduzione dell'eccedenza è prevista in 3 esercizi - 11%
per le industrie siderurgiche e fonderie di 2° fusione.
Le manutenzioni Straordinarie comportano un aumento significativo della
produttività del bene o della qualità dei beni prodotti o della durata del
cespite, in questi casi i costi della manutenzione straordinaria si possono
capitalizzare.
Alle manutenzioni e riparazioni ordinarie relative a beni non di proprietà, il
limite di deducibilità del 5% non si applica. Il costo delle stesse è
integralmente deducibile nell'esercizio.
Il costo per le manutenzioni e riparazioni straordinarie su beni di terzi va
ripartito sulla base della durata stabilita nel contratto ed in mancanza di
quest'ultima, si ripartisce in 5 anni.
Se, dunque, le spese di manutenzione su beni propri contabilizzate tra i costi
dell’esercizio eccedono il limite massimo deducibile, è necessario effettuare la
relativa variazione in aumento.
Scorporo del valore del terreno
Si ricorda che, come chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007
n.1 (§ 7.3), i fabbricati posseduti dall’impresa concorrono a formare il c.d.
“monte cespiti” solo per la parte di costo fiscalmente riconosciuto che
risulta ammortizzabile nel rispetto delle novità introdotte dal co. 7 dell’art.
36 del DL 223/2006 (concernente l’obbligo di scorporo della quota parte
afferente il costo fiscalmente riconosciuto delle aree su cui insistono i
fabbricati medesimi).
Immobili rivalutati
Come visto per la deduzione delle quote di ammortamento, è necessario
prestare attenzione anche al valore dei fabbricati oggetto di rivalutazione
ex D.L. 185/2008. Per gli stessi, infatti, poiché il riconoscimento fiscale
opera a decorrere dal 2013, il valore del fabbricato da tenere in
considerazione per il calcolo del “monte cespiti” del 5% è quello risultante
prima della rivalutazione (ossia lo stesso che rileva ai fini del calcolo della
quota di ammortamento deducibile).
Sono stati contabilizzati per competenza compensi spettanti agli
amministratori che tuttavia non sono stati in tutto o in parte pagati nel corso
dell’esercizio?
+
Compensi Amministratori:
・ contabilizzare per competenza economica i compensi degli
amministratori non ancora corrisposti nel corso dell'anno, ma già
maturati;
・ il compenso degli amministratori è fiscalmente deducibile per cassa (al
momento del pagamento) art. 95 c. 5 nuovo TUIR; per gli amministratori
in rapporto di Collaborazione Coordinata e Continuativa con la società, si
applicherà il criterio di cassa “allargato” vale a dire che i compensi si
considerano corrisposti e parimenti percepiti nel periodo d’imposta, anche
17 se materialmente pagati entro il 12 gennaio dell’anno successivo;
・ verificare se lo statuto della società prevede la possibilità di attribuire
agli amministratori una partecipazione agli utili in misura percentuale,
verificare se il tutto è stato confermato con verbale dell'assemblea dei
soci. Se viene attribuita tale partecipazione anche questo costo sarà
fiscalmente deducibile nell'esercizio di effettivo pagamento (deduzione per
cassa) ancorché non imputati a conto economico.
Sono stati effettuati accantonamenti a fronte dell’effettuazione di operazioni o
concorsi a premio?
+
+
+
+
Ai sensi dell’art. 107 co. 3 del TUIR, gli accantonamenti a fronte di oneri
derivanti da:
・ operazioni a premio sono deducibili in misura non superiore al 30%
degli impegni assunti nell’esercizio;
・ concorsi a premio sono deducibili in misura non superiore al 70% degli
impegni assunti nell’esercizio.
Se, dunque, risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio accantonamenti in
misura eccedente i predetti limiti, è necessario effettuare la relativa variazione
in aumento.
Sono stati effettuati accantonamenti per rischi e oneri?
Ai sensi dell’art. 107 co. 4 non sono ammessi in deduzione dal reddito di
impresa gli accantonamenti effettuati a fondi per rischi e oneri diversi da
quelli tassativamente previsti dalle norme recate dal capo II del titolo II
del TUIR. Se, dunque, risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio
accantonamenti non rientranti tra le predette previsioni normative, è
necessario effettuare la relativa variazione in aumento.
Sono state sostenute volontariamente spese per la generalità dei
dipendenti?
Ai sensi dell’art. 100 co. 1 del TUIR, le spese relative ad opere o servizi
utilizzabili dalla generalità dei dipendenti (o categorie di dipendenti)
volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione,
ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un
ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle
spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione
dei redditi. Se risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio componenti
negativi di reddito in misura eccedente il predetto limite, è necessario
effettuare la relativa variazione in aumento.
Sono stati corrisposti rimborsi per spese di trasferta?
Ai sensi dell’art. 95 co. 3 del TUIR, le spese di vitto e alloggio sostenute
per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori
dipendenti e dai collaboratori coordinati e continuativi sono ammesse in
deduzione per un ammontare giornaliero non superiore a:
・ 180,76 euro, per le giornate di trasferta in Italia;
・ 258,23 euro, per le giornate di trasferta all’estero.
Se risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio componenti negativi di
reddito in misura eccedente i predetti limiti, è necessario effettuare la relativa
variazione in aumento.
18 L’impresa possiede o utilizza c.d. “strutture recettive”?
+
+
Premesso che per strutture recettive si intende quella tipologia di immobili
che vengono messi a disposizione dei dipendenti o di terzi ma che non
rientrano nel processo produttivo (quali ad esempio i circoli sportivi e
culturali costituiti in sede aziendale), l’art. 95 co. 2 primo periodo del TUIR
prevede una generale indeducibilità dei componenti negativi di reddito
afferenti a tali strutture (con l’eccezione di quelle destinate a servizi di
mensa o ad alloggio per i dipendenti in trasferta temporanea). Tale
indeducibilità è, peraltro, parzialmente mitigata dal disposto dell’art. 100
co. 1 del TUIR.
Se l’impresa possiede o utilizza le predette strutture, è necessario effettuare
una variazione in aumento in misura pari ai componenti negativi di reddito
contabilizzati tra i costi dell’esercizio.
Sono state pagate imposte o tasse non deducibili ai fini delle imposte sui
redditi?
Esistono diverse imposte per le quali è stata espressamente prevista
l’indeducibilità fiscale. Le più importanti sono l'ICI, le imposte pagate per
usufruire di condoni, concordati, sanatoria irregolarità formali l'IRPEF,
l'IRES e l'IRAP. Con la tabella che segue riepiloghiamo la situazione.
DEDUCIBILITA’ IMPOSTE E TASSE
Descrizione
DA
IRES
NO
NO
NO
SI
SI
NO
SI
NO
NO
NO
NO
SI
SI
DA
IRAP
NO
NO
NO
SI
SI
SI*
SI
NO
NO
NO
NO
SI
SI
IRES
IRPEF
IRAP
REGISTRO
INVIM
ICI
CONCESSIONI GOVERNATIVE
IMPOSTA RIVALUTAZIONE L.342/2000
IMPOSTE CONDONI O SANATORIE
INTERESSI PASSIVI PER SANZIONI
RAVVEDIMENTO OPEROSO
DIRITTO ANNUALE CCIAA
TASSA RIFIUTI
* L’art. 50, comma 3 della Legge n. 244 del 14/12/2007 (finanziaria 2008) non
prevede più, dall’anno 2008, la deducibilità dell’ICI dall’IRAP.
Ricordiamo che ai sensi dell’art. 99 1° c. del TUIR le imposte deducibili
vanno fiscalmente imputate nell’esercizio in cui avviene il pagamento
(criterio di cassa).
Rivalsa Iva
In merito al novero delle imposte per le quali è esercitabile la rivalsa, di
cui all’art. 99, co. 1, del TUIR, si annovera senza dubbio l’imposta sul
valore aggiunto. Tale imposta può infatti influenzare la determinazione del
reddito d’impresa nelle seguenti ipotesi:
・ indetraibilità oggettiva, di cui all’art. 19-bis1, del DPR 633/72: in tal
caso, trattandosi di ipotesi di acquisti di beni e servizi non inerenti, in
tutto o in parte, l’Iva indetraibile concorre alla formazione del costo del
bene o del servizio cui afferisce, con conseguente deduzione dal reddito
con le medesime regole previste per il bene o servizio sottostante;
19 ・ indetraibilità soggettiva, di cui all’art. 19, co. 5, e 19-bis, del DPR
633/72, che deriva dall’effettuazione di attività esenti: in tal caso, poiché
trattasi di un’indetraibilità che si genera in relazione alla tipologia di
attività esercitata dal soggetto (cd. “pro-rata”), la quota parte di Iva non
detraibile non va “capitalizzata” sul costo del bene o servizio, ma
costituisce una spesa “generale”, deducibile dal reddito d’impresa con le
ordinarie regole.
E’, dunque, necessario effettuare una variazione in aumento delle imposte o
tasse non deducibili contabilizzate tra i costi dell’esercizio.
Sono state effettuate erogazioni liberali?
+
+
+
Come principio generale, le erogazioni liberali non sono deducibili dal
reddito di impresa, in quanto costituiscono componenti negativi di reddito
sprovvisti del requisito dell’inerenza all’attività svolta, di cui all’art. 109 del
TUIR. Tuttavia, le erogazioni liberali che rientrano in una delle fattispecie
di cui all’art. 100 co. 2 del TUIR sono deducibili, seppur nei limiti ivi
previsti. Altre ipotesi di deducibilità parziale dal reddito di impresa delle
erogazioni liberali sono previste da apposite disposizioni aventi natura
agevolativa. A seconda dei casi, dunque, in presenza di erogazioni liberali
contabilizzate tra i costi dell’esercizio si rende necessario effettuare delle
variazioni in aumento:
・ per l’intero ammontare (erogazioni liberali che non rientrano nell’ambito
dell’art. 100 co. 2 del TUIR);
・ per la sola quota eventualmente eccedente il limite deducibile
(erogazioni liberali che rientrano nell’ambito dell’art. 100 co. 2 del TUIR o
di altre disposizioni che ammettono espressamente tale possibilità di
parziale deduzione).
Sono stati effettuati accantonamenti al fondo TFR per adeguamenti normativi?
Ai sensi dell’art. 105 del TUIR gli accantonamenti effettuati al fondo TFR
sono deducibili per intero nel periodo di imposta in cui matura il relativo
diritto. L’eventuale maggiore accantonamento effettuato nell’esercizio per
adeguare il fondo TFR a sopravvenute modificazioni normative e
retributive è anch’esso interamente deducibile, ma può essere dedotto, a
scelta del contribuente, per quote costanti nell’esercizio di competenza e
nei due successivi. Qualora il contribuente opti per tale soluzione di
“deducibilità frazionata”, è necessario effettuare la variazione in aumento
pari ai 2/3 del maggiore accantonamento effettuato, la cui deducibilità si è
scelto di rinviare nel 2010 e nel 2011.
Gli importi contabilizzati come sopravvenienze passive sono deducibili?
Nella nozione fiscale di “sopravvenienza passiva” risultano compresi i
seguenti componenti negativi di reddito (art. 101 co. 4 del TUIR):
・ mancato conseguimento di ricavi o altri proventi che hanno concorso a
formare il reddito in precedenti esercizi;
・ sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi
che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi;
・ sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti
esercizi.
Quando il componente negativo contabilizzato tra i costi sotto la voce
20 “sopravvenienze passive” è riconducibile ad una delle tre predette
fattispecie, esso risulta deducibile dal reddito di impresa (a meno che
sussistano cause oggettive di indeducibilità) e non deve dunque essere
effettuata alcuna variazione in aumento.
Quando, viceversa, il componente negativo contabilizzato tra i costi sotto
la voce “sopravvenienze passive” non è riconducibile ad una delle tre
predette fattispecie, esso risulta indeducibile dal reddito di impresa e deve
dunque essere effettuata la relativa variazione in aumento. Un esempio
tipico di queste sopravvenienze passive non deducibili è rappresentato
dalla contabilizzazione nell’esercizio di costi che in realtà sono di
competenza di esercizi precedenti, ma che sono stati “tralasciati” nella
predisposizione dei relativi bilanci, nonostante al momento della loro
redazione tali componenti negativi di reddito fossero già certi
nell’esistenza e determinabili in modo obiettivo nell’ammontare (art. 109
co. 1 del TUIR).
Sono state effettuate operazioni con l’estero?
+
+
+
Se sono state effettuate operazioni con l’estero, bisogna verificare se in
relazione a tutte o alcune di esse ricorrono gli estremi per l’applicazione
della disciplina:
・ del c.d. “transfer pricing”, di cui all’art. 110 co. 7 del TUIR (ai sensi del
quale i valori di transazione devono essere determinati sulla base del
valore normale dei beni e servizi, anziché sulla base dei corrispettivi
pattuiti);
・ sull’indeducibilità dei costi nelle operazioni con l’estero, di cui ai co. 10 e
seguenti dell’art. 110 del TUIR.
Nel caso, infatti, trovino applicazione le predette disposizioni normative
relativamente a una o più fattispecie, potrebbero rendersi necessarie
alcune variazioni in aumento all’utile “contabile”.
A tale proposito, si ricorda che l’art. 1 co. 6 del DL 262/2006 ha inserito
nel testo dell’art. 110 del TUIR il nuovo co. 12-bis, ai sensi del quale il
regime di indeducibilità dei costi previsto nei precedenti commi 10 e 11 si
applica anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in
Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali
privilegiati. La risoluzione Agenzia delle Entrate 29.09.2008 n. 363 ha
chiarito che il regime di indeducibilità per le prestazioni rese dai
professionisti domiciliati in paradisi fiscali si applica esclusivamente per gli
incarichi conferiti a partire dal 3.10.2006, a condizione che tale
circostanza risulti da elementi obiettivamente riscontrabili.
L’impresa è socia di società di persone in nome collettivo o in accomandita
semplice?
Posto che tali soggetti imputano per trasparenza il proprio reddito
imponibile ai soci che vi partecipano, se la società di persone partecipata
ha chiuso il proprio periodo di imposta 2009 con un reddito imponibile, la
quota parte di spettanza di quest’ultimo deve essere portata in aumento
dell’utile civilistico dell’impresa partecipante.
L’impresa è socia di società di capitali che ha optato per la trasparenza fiscale
in capo ai soci?
Ai sensi degli artt. 115 e 116 del TUIR, esercitando apposita opzione
congiunta, soci partecipanti e società partecipata possono scegliere di
21 attribuire il reddito imponibile di quest’ultima direttamente in capo ai soci,
a prescindere dall’effettiva distribuzione degli utili, analogamente a quanto
avviene per i redditi prodotti dalle società di persone.
Se la società “trasparente” partecipata dall’impresa ha chiuso il proprio
periodo di imposta 2009 con un reddito imponibile, la quota parte di
quest’ultimo deve essere portata in aumento dell’utile civilistico
dell’impresa partecipante.
Sono stati percepiti dividendi già contabilizzati per competenza in esercizi
precedenti?
+
+
+
Ai sensi dell’art. 89 co. 2 del TUIR, gli utili derivanti dalla partecipazione in
società ed enti soggetti all’IRES concorrono a formare il reddito
dell’esercizio in cui sono percepiti (principio di cassa). Se, dunque, i
predetti dividendi percepiti nel 2009 sono stati, tuttavia, contabilizzati in
un esercizio precedente nel quale è maturato il relativo diritto (in ossequio
al principio di competenza di redazione del bilancio), si rende necessario
effettuare una variazione in aumento dell’utile pari al 5% (nel presupposto
che il dividendo sia incassato da una società di capitali).
Si ricorda, peraltro, che se il dividendo incassato (e contabilizzato in
precedenti esercizi) proviene da una partecipata localizzata in uno Stato o
territorio a fiscalità privilegiata l’ammontare imponibile del dividendo è
pari al 100% del medesimo (con quel che ne consegue sul piano
dell’entità della variazione in aumento da effettuare), fermo restando però
che, ove si tratti di dividendo relativo a partecipata estera per la quale ha
trovato applicazione la tassazione per trasparenza, ai sensi della c.d.
“disciplina CFC”, di cui agli artt. 167 e 168 del TUIR, l’integrale
imponibilità del dividendo riguarda esclusivamente l’eventuale eccedenza
del medesimo rispetto al reddito che ha già trovato tassazione per
trasparenza in capo all’impresa residente.
Si osservi, inoltre, che, per effetto delle modifiche introdotte al co. 3
dell’art. 89 del TUIR dal co. 4-bis dell’art. 36 del DL 223/2006 (conv. L.
4.8.2006 n. 248), a decorrere dal periodo di imposta in corso al
04.07.2006, l’integrale imponibilità che caratterizza i dividendi percepiti in
relazione a partecipazioni in soggetti localizzati in paradisi fiscali colpisce
non solo i dividendi che provengono direttamente dal soggetto localizzato
in paradisi fiscali, ma anche quelli che provengono indirettamente da esso,
ossia per il tramite di distribuzione di dividendi da parte di società estera
non localizzata in paradisi fiscali che a sua volta ha percepito dividendi da
soggetto localizzato in paradisi fiscali.
Sono state effettuate cessioni di partecipazioni da cui sono derivate
minusvalenze?
Ai sensi dell’art. 101 del TUIR, le minusvalenze realizzate su
partecipazioni, con i requisiti previsti dal co. 1 dell’art. 87 e dal co. 1-bis
dell’art. 101 del TUIR, sono integralmente indeducibili. Ne consegue che,
sussistendone le condizioni, deve essere operata una variazione in aumento
dell’utile contabile per l’intero ammontare della minusvalenza contabilizzata.
Una società ha sostenuto interessi passivi nel corso del 2009?
Ai sensi dell’art. 96 del TUIR, per i soggetti IRES, gli interessi passivi sono
deducibili in ciascun periodo d’imposta fino a concorrenza degli interessi
attivi e, per l’eccedenza, nel limite del 30% del risultato operativo lordo
della gestione caratteristica. A seguito di tale meccanismo si possono
realizzare le seguenti ipotesi:
22 ・ gli interessi passivi, al netto di quelli attivi, sono inferiori al 30% del
ROL: gli stessi sono interamente deducibili;
・ gli interessi passivi, al netto di quelli attivi, sono superiori al 30% del
ROL: l’eccedenza costituisce un costo indeducibile.
Nel primo caso non deve essere effettuata alcuna variazione in aumento
dell’utile. Nel secondo caso, è, invece, necessario apportare una
variazione in aumento dell’utile ed è, inoltre, possibile:
・ riportare l’eccedenza non dedotta ai periodi d’imposta successivi, senza
limiti di tempo;
・ previa opzione per il consolidato fiscale nazionale, utilizzare tale
eccedenza ai fini della riduzione dell’imponibile di gruppo, nel caso in cui
altre società del gruppo presentino eccedenze di ROL (art. 96 co. 7 del
TUIR).
Per i soggetti IRPEF imprenditori, ai sensi dell’art. 61 del TUIR, gli
interessi passivi sono deducibili:
・ se inerenti all’esercizio d’impresa;
・ nei limiti del rapporto tra i ricavi e proventi che concorrono a formare il
reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare
complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Sono stati incassati interessi attivi di mora che erano stati contabilizzati per
competenza in esercizi precedenti?
+
+
+
Il nuovo art. 109 c. 7 del TUIR prevede che gli interessi di mora (sia attivi
che passivi) concorrono a formare il reddito secondo il criterio di cassa,
vale a dire nell’esercizio in cui sono incassati o pagati. Se dunque nel
corso del 2009 l’impresa ha incassato interessi attivi di mora che, in
ossequio al principio di competenza, erano stati imputati a Conto
economico in esercizi precedenti, si deve operare una variazione in
aumento dell’utile civilistico del 2009 in misura corrispondente agli
interessi incassati.
Sono stati imputati per competenza a Conto economico interessi passivi di
mora non pagati nell’esercizio?
Ai sensi del co. 7 dell’art. 109 del TUIR, gli interessi di mora concorrono a
formare il reddito di impresa nel periodo in cui vengono incassati o pagati
(ossia per cassa, anziché per competenza).
Se dunque nel Conto economico del 2009 l’impresa ha contabilizzato per
competenza il componente negativo rappresentato dagli interessi passivi
di mora maturati (ma non pagati), deve essere operata la variazione in
aumento dell’utile civilistico in misura corrispondente.
Sono state distribuite ai soci riserve o fondi in sospensione di imposta?
La distribuzione ai soci di riserve o fondi in sospensione di imposta
determina il venir meno dello stato di sospensione del provento a suo
tempo accantonato a riserva, con conseguente insorgenza di reddito in
capo all’impresa erogante. Se, dunque, nel corso del periodo di imposta sono
state distribuite ai soci riserve in sospensione di imposta, l’impresa deve
procedere alla corrispondente ripresa in aumento dell’utile contabile.
Riserva di rivalutazione
Per
il
periodo
d’imposta
2009,
è
necessario
tener
conto
altresì
23 dell’eventuale distribuzione della riserva di rivalutazione che si è formata a
seguito della rivalutazione eseguita in bilancio al 31.12.2008. I riflessi
fiscali conseguenti alla distribuzione della riserva di rivalutazione, da parte
delle società, dipendono essenzialmente dai seguenti fattori:
・ modalità di effettuazione della rivalutazione, ossia con pagamento
dell’imposta sostitutiva, ovvero con effetti solo civilistici;
・ affrancamento del saldo attivo di rivalutazione, se la stessa è stata
effettuata anche con effetti fiscali.
Rivalutazione senza effetti fiscali
Nel primo caso, ossia laddove la rivalutazione effettuata dalla società
abbia esclusiva rilevanza civilistica, l’Agenzia delle Entrate, dapprima nella
C.M. 19.3.2009, n. 11/E, e successivamente nella C.M. 6.5.2009, n. 22/E,
ha confermato che tale riserva costituisce un’ordinaria riserva di utili e, come
tale, se distribuita:
・ da parte di società di capitali, è tassata solo in capo al socio (come
dividendo);
・ da parte di società di persone, non costituisce reddito tassabile né in capo
alla società, né in capo ai soci.
Tale conclusione appare senz’altro condivisibile, in quanto il
disallineamento tra valore civile e fiscale dell’immobile rivalutato è
“permanente”, nel senso che nel tempo viene riassorbito naturalmente per
effetto della procedura di ammortamento, ovvero a seguito
dell’alienazione del bene.
In entrambi i casi, quindi, per effetto delle riprese a tassazione effettuate
dalla società (progressivamente per le singole quote di ammortamento, in
unica soluzione in caso di vendita del bene), il valore fiscale del bene è
riallineato a quello civile. Dal che deriva che la distribuzione della
corrispondente riserva di rivalutazione è “neutra” sia in termini di maggior
imponibile in capo alla società, sia in relazione alle vicende del bene
rivalutato, per il quale permane il citato disallineamento.
E’ appena il caso di precisare che, se la rivalutazione è stata eseguita da
una società di capitali che ha optato per la trasparenza, trova applicazione,
come precisato anche nella C.M. 22/E/2009, l’art. 8 del D.M. 23.4.2004,
“secondo cui le riserve di utili formatesi nei periodi in cui ha efficacia l’opzione, ove
distribuite, non concorrono a formare il reddito dei soci anche nel caso in cui le
predette distribuzioni avvengano successivamente ai periodi di efficacia
dell’opzione”.
In buona sostanza, nel caso di trasparenza fiscale, la distribuzione della
riserva assume un carattere di neutralità fiscale a 360° gradi, nel senso
che tale neutralità si estende anche in capo si osci percettori, in virtù
dell’applicazione del regime di trasparenza fiscale.
Rivalutazione con effetti fiscali
Nel caso in cui la società abbia voluto riconoscere effetti fiscali, sia pure
differiti, alla rivalutazione dei ben immobili, la distribuzione del relativo
saldo attivo determina, per un corrispondente importo, e al lordo dell’imposta
sostitutiva, il concorso alla formazione del reddito della società, sia pure
rilevante ai soli fini Ires,o Irpef, e non anche Irap. Come correttamente
sottolineato da Assonime, nella Circolare n. 30/2009, in ossequio all’art. 4,
co. 3, del D.M. n. 86/2002, la distribuzione del saldo comporta un
corrispondente anticipo degli effetti fiscali della rivalutazione del bene.
Tale effetto è del tutto naturale, ed è funzionale ad evitare una doppia
imposizione che si verificherebbe laddove, a fronte della distribuzione del
saldo, si procedesse altresì alla vendita del bene rivalutato prima del
riconoscimento fiscale (2013 nel caso di specie), con conseguente
24 tassazione della plusvalenza fiscale, determinata partendo dal costo fiscale
del bene ante rivalutazione. In altre parole, il riconoscimento fiscale
anticipato degli effetti della rivalutazione costituisce una sorta di rimedio
per evitare una penalizzazione non voluta dal sistema.
Fino al 2007 l’impresa ha effettuato deduzioni extra-contabili?
+
La L. 244/2007 ha abolito la possibilità di operare deduzioni extracontabili di ammortamenti, accantonamenti e altre rettifiche di valore a
decorrere dal periodo d’imposta 2008 (soggetti “solari”). Ai sensi della
previgente lett. b) del co. 4 dell’art. 109 del TUIR, per poter procedere alla
deduzione extra-contabile dei componenti negativi (utilizzando a tale fine
l’apposito quadro EC in sede di dichiarazione dei redditi), sul patrimonio
netto dell’impresa si doveva instaurare un vincolo di sospensione di
imposta pari all’ammontare delle deduzioni operate in via extra-contabile,
al netto del fondo imposte differite correlativamente stanziato in bilancio.
Il disallineamento in esame (e il conseguente vincolo patrimoniale) è
destinato a riassorbirsi nei periodi d’imposta successivi a quello di
originaria effettuazione delle deduzioni extracontabili. A tal fine, in via
transitoria, resta ferma l’applicazione delle disposizioni dell’art. 109 co. 4
lett. b) del TUIR, terzo, quarto e quinto periodo. In particolare, in base
alle citate disposizioni, il riassorbimento dell’eccedenza in sospensione
d’imposta può avvenire:
・ in modo “ordinario” in occasione del concorso alla formazione del
reddito;
・ degli ammortamenti imputati a Conto economico non più deducibili per
effetto del completamento dell’ammortamento fiscale;
・ delle maggiori plusvalenze o delle minori minusvalenze fiscali rispetto a
quelle imputate in bilancio derivanti dal realizzo dei beni oggetto di
deduzione extra-contabile;
・ dei costi imputati in Conto economico riferibili agli accantonamenti
dedotti extra-contabilmente in conseguenza del verificarsi dell’evento alla
cui prevenzione era preordinato il riconoscimento degli accantonamenti
stessi.
・ in modo “straordinario” per effetto della distribuzione di riserve e di utili
soggetti al vincolo di indisponibilità sopra esposto.
Le suddette modalità di riassorbimento comportano, in entrambi i casi, la
necessità di apportare una variazione in aumento dell’utile civilistico in
misura pari all’ammontare recuperato a tassazione. Anziché attendere il
riassorbimento secondo quanto stabilito dalle suddette disposizioni, si
ricorda che la L. 244/2007 ha previsto la possibilità di procedere:
・ all’affrancamento del vincolo fiscale sulle riserve, creatosi per via delle
deduzioni extracontabili;
・ all’affrancamento dei disallineamenti tra valori civili e fiscali, creatisi per
via delle deduzioni extracontabili.
Relativamente all’ultimo punto, l’art. 1 co. 48 della L. 244/2007 consente
di affrancare l’eccedenza dedotta extra-contabilmente optando per
l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRES/IRPEF e dell’IRAP, con
aliquota:
・ del 12%, sulla parte dei maggiori valori ricompresi ne limite di
5.000.000,00 euro;
・ del 14%, sulla parte dei maggiori valori che eccede i 5.000.000,00 euro
e fino a 10.000.000,00 euro;
25 ・ del 16%, sulla base dei maggiori valori che eccede i 10.000.000,00
euro.
L’applicazione dell’imposta sostitutiva può essere anche parziale e, in tal
caso, deve essere richiesta per classi omogenee di deduzioni
extracontabili.
In ogni caso, nell’ipotesi di totale eliminazione del disallineamento,
verrebbe integralmente meno il connesso vincolo fiscale di indisponibilità
sugli utili e sulle riserve, nell’ipotesi in cui non si sia già provveduto
all’affrancamento di quest’ultimo avvalendosi della possibilità di pagare
l’imposta sostituiva di cui all’art. 1 co. 34 della L. 244/2007.
Appare utile ricordare che quest’ultima disposizione consentiva – entro il
termine di versamento delle imposte dirette relative al periodo d’imposta
in corso al 31.12.2007 – di eliminare il vincolo di indisponibilità gravante
sulle riserve in sospensione – senza alcun effetto sui valori fiscali dei beni
e degli altri elementi – assoggettandole in tutto o in parte a imposta
sostitutiva con aliquota dell’1%.
VARIAZIONI IN DIMINUZIONE -
-
-
-
-
Sono stati contabilizzati dividendi anche se non effettivamente percepiti
nell’esercizio?
Ai sensi dell’art. 89 co. 2 del TUIR, gli utili derivanti dalla partecipazione in
società ed enti soggetti all’IRES concorrono a formare il reddito
dell’esercizio in cui sono percepiti (principio di cassa). Se dunque nel 2009
vengono contabilizzati per competenza i dividendi di cui al co. 2 del citato
art. 89, senza che tuttavia ne avvenga l’incasso, si rende necessario
effettuare una corrispondente variazione in diminuzione dell’utile
“contabile”.
Nel corso dell’esercizio sono stati percepiti (e contestualmente contabilizzati)
dividendi?
I dividendi percepiti dalle società per partecipazioni in società di capitali
italiane o estere (no black list) sono tassati sul 5% del relativo ammontare
senza diritto ad alcun credito d’imposta, quindi il 95% costituisce
variazione in diminuzione dal reddito. Se il dividendo proviene da una
società partecipata relativamente alla quale è stata esercitata l’opzione
per la trasparenza fiscale (di cui agli artt. 115 e 116 del TUIR), qualora
tale dividendo sia relativo a utili prodotti in esercizi “trasparenti” l’intero
ammontare percepito non concorre a formare il reddito di impresa (e,
conseguentemente, la variazione in diminuzione dell’utile “contabile”
diviene pari all’intero dividendo percepito e contabilizzato).
Si ricorda infine che, se il dividendo proviene da una controllata estera
localizzata in un Stato a fiscalità privilegiata, il dividendo resta imponibile
per l’intero ammontare (ragione per cui, in questo particolare caso,
nessuna variazione in diminuzione deve essere operata).
Nel corso dell’esercizio sono stati percepiti (e contestualmente contabilizzati)
dividendi da parte di una società che applica i principi contabili internazionali?
Nel caso in cui nel 2009 siano stati contabilizzati e percepiti dividendi da
parte di una società che adotta gli IAS/IFRS è necessario effettuare una
distinzione a seconda che i dividendi siano percepiti in relazione a
partecipazioni immobilizzate o a partecipazioni detenute per la
negoziazione. Infatti:
26 ・ nel primo caso deve essere apportata una variazione in diminuzione
dell’utile civilistico del 95% dei dividendi percepiti e contabilizzati;
・ nel secondo caso non deve essere operata alcuna variazione dell’utile,
in quanto i dividendi concorrono alla formazione del reddito per l’intero
ammontare (art. 89 co. 2-bis del TUIR).
Sono state effettuate cessioni di partecipazioni da cui sono derivate
plusvalenze?
-
-
Ai sensi dell’art. 87 del TUIR, le plusvalenze realizzate su partecipazioni,
con i requisiti previsti dal medesimo art. 87 del TUIR, sono esenti da
imposta:
・ nella misura del 100% se realizzate in una data compresa tra l’1.1.2004
e il 3.10.2005;
・ nella misura del 95%, se realizzate decorrere dal 4.10.2005 al
2.12.2005;
・ nella misura del 91% se realizzate in una data compresa tra il 3.12.2005
e il 31.12.2006;
・ nella misura dell’84%, se realizzate in una data compresa tra l’1.1.2007
e il 31.12.2007;
・ nella misura del 95% se la plusvalenza è realizzata a decorrere
dall’1.1.2008.
Si ricorda, inoltre, che la L. 244/2007 ha apportato alcune modifiche ai
requisiti necessari per l’applicazione dell’istituto della participation exemption.
Tali requisiti – come modificati – sono:
・ l’ininterrotto possesso della partecipazione dal primo giorno del
dodicesimo mese precedente a quello dell’avvenuta cessione;
・ l’iscrizione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie nel
primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
・ dall’inizio del terzo periodo di imposta antecedente a quello di realizzo
della partecipazione, residenza fiscale della società partecipata in stati
diversi da quelli a fiscalità privilegiata;
・ dall’inizio del terzo periodo di imposta antecedente a quello di realizzo
della partecipazione, esercizio di una attività commerciale o industriale da
parte della società partecipata. Su tale ultimo aspetto, si ricorda che la
R.M. 9.11.2007, n. 323/E, ha precisato che non basta la mera costituzione
della società, ma è necessario lo svolgimento di un’effettiva attività
d’impresa.
Ne consegue che, sussistendone le condizioni, deve essere operata una
variazione in diminuzione dell’utile contabile 2009 in misura pari al 95%
della plusvalenza (in ipotesi di soggetti “solari”).
Il regime transitorio, previsto dall’art. 1 co. 34 della L. 244/2007,
stabilisce che resta ferma l’esenzione nella misura dell’84%, in luogo del
95%, per le plusvalenze realizzate dal periodo d’imposta successivo a
quello in corso al 31.12.2007 (2008 per i soggetti “solari”), fino a
concorrenza delle svalutazioni dedotte ai fini fiscali nei periodi d’imposta
anteriori a quello in corso all’1.1.2004.
Sono stati ceduti beni per i quali il valore contabile è inferiore al valore fiscale?
Il disallineamento tra valori contabili e fiscali (con valore contabile
inferiore a quello fiscale) può determinarsi nei seguenti casi:
27 ・ beni relativamente ai quali siano stati contabilizzati ammortamenti
superiori a quelli deducibili fiscalmente;
・ beni relativamente ai quali sono state operate svalutazioni non
riconosciute ai fini fiscali.
In tutti i casi in cui il valore contabile risulti inferiore al valore fiscale, la
cessione dei predetti beni può determinare la necessità di effettuare una
variazione in diminuzione dell’utile contabile (per rilevare la minore
plusvalenza o la maggiore minusvalenza fiscale), in misura pari alla
differenza tra il valore “di carico” contabile e il valore “di carico”
fiscalmente riconosciuto del bene alienato.
Sono state realizzate plusvalenze o altri proventi imponibili, ma “rateizzabili”?
-
Ai sensi dell’art. 86 co. 4 del TUIR, le plusvalenze realizzate mediante la
cessione di cespiti posseduti da più di tre anni (un anno per le società
sportive professionistiche) possono concorrere a formare il reddito di
impresa, anziché per l’intero nel periodo di imposta di competenza, in un
massimo di cinque quote costanti nel periodo di imposta di competenza e
nei successivi. Se, dunque, il contribuente intende optare per la predetta
rateizzazione fiscale, è necessario effettuare la relativa variazione in
diminuzione (pari ai 4/5 della plusvalenza imputata a conto economico, se
si intende rateizzare la stessa in cinque esercizi).
In merito alla rateizzazione, è bene precisare che il periodo quinquennale
costituisce l’intervallo massimo di rateizzazione, ben potendo il
contribuente optare per un periodo di rateizzazione inferiore.
In ogni caso:
・ la scelta di rateizzare deve avvenire nella dichiarazione dei redditi;
・ la rate prescelte sono uguali e costanti;
・ la modalità di rateazione non può essere modificata “in corsa”, in
quanto il periodo temporale prescelto è vincolante per tutta la durata del
periodo di rateazione stesso.
Oltre che per le plusvalenze, tale facoltà (e la conseguente variazione in
diminuzione) può essere esperita dal contribuente con riferimento ai
seguenti proventi:
・ alle sopravvenienze attive derivanti da risarcimento, anche in forma
assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni, conseguite per un
ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in
precedenti esercizi (art. 88 co. 2 del TUIR);
・ alle sopravvenienze attive derivanti da c.d. “contributi in conto capitale” e
dalle liberalità ricevute (art. 88 co. 3 lett. b del TUIR).
Cessione d’azienda
Nell’ambito della realizzazione delle plusvalenze, l’art. 86, co. 2, del TUIR,
ricomprende anche quelle derivanti dalla cessione a titolo oneroso di
aziende o complessi aziendali, sia che riguardino l’intera azienda, sia che
l’oggetto della cessione si riferisca ad un ramo della stessa.
Sul punto, è opportuno ricordare alcuni aspetti:
・ nell’ambito applicativo dell’art. 86, co. 2, rientrano solamente le cessioni
a titolo oneroso, e non anche quelle gratuite (C.M. 19.12.1997, n. 320/E). Per
quest’ultime, si ricorda che è possibile, in presenza di determinate
condizioni, fruire di una neutralità fiscale (art. 58, co. 1, del TUIR);
・ il conferimento dell’azienda, pur essendo un’operazione assimilata alla
cessione dell’azienda (art. 9, co. 5, del TUIR), non rientra nell’ambito
28 applicativo dell’art. 86, co. 2, del TUIR, in quanto trova la propria
disciplina nell’art. 176 del TUIR, secondo cui il conferimento dell’azienda è
soggetto ad un regime di neutralità fiscale;
・ rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 86, co. 2, del TUIR, solamente
gli atti che comportano un realizzo a titolo definitivo dell’azienda, e non anche
quelli che comportano la costituzione o il trasferimento di un diritto reale
di godimento quali, ad esempio, l’affitto e l’usufrutto (C.M. 19.12.1997, n.
320/E);
・ rientrano nella nozione di cessione d’azienda anche le ipotesi di
assegnazione e permuta dell’azienda.
Inoltre, per quanto riguarda le cessioni d’azienda effettuate dall’impresa
individuale, occorre ricordare quanto segue:
・ non può fruire della rateizzazione della plusvalenza, ai sensi dell’art. 86
del TUIR, la cessione dell’unica azienda da parte dell’imprenditore
individuale;
・ l’affitto e la concessione in usufrutto dell’unica azienda non si considerano
fatti nell’esercizio d’impresa, ma in caso di successiva vendita totale o
parziale, la plusvalenza realizzata concorre alla formare il reddito del
cedente quale reddito diverso, ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. h), del
TUIR;
・ le plusvalenze realizzate, in caso di successiva cessione, anche parziale,
delle aziende acquisite per successione o donazione, ai sensi dell’art. 58 del
TUIR, costituiscono redditi diversi, ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. h-bis),
del TUIR (ovviamente nell’ipotesi in cui l’avente causa non abbia
proseguito l’attività d’impresa);
・ le plusvalenze, compreso il valore di avviamento, realizzate mediante
cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni, nonché i
redditi conseguiti in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, di
imprese commerciali esercitate da più di cinque anni, sono soggette a
tassazione separata (art. 17, co. 1, lett. g), del TUIR).
Ammortamento infrannuale
L’art. 86, co. 2, del TUIR, dispone che la plusvalenza imponibile è pari alla
seguente differenza:
CORRISPETTIVO CONSEGUITO (-) COSTO FISCALE RESIDUO DEL BENE
Per la determinazione di tale ultimo parametro, si pone la questione se sia
corretto tener conto dell’ammortamento maturato nella frazione del
periodo d’imposta in cui il bene è oggetto di cessione (calcolato pro rata
temporis).
Sul
punto,
risultano
due
orientamenti
da
parte
dell’Amministrazione Finanziaria:
・ il primo, più “restrittivo”, con la C.M. 17.5.2000, n. 98/E, con il quale è
stato stabilito che l’ammortamento deve essere dedotto solamente per i
beni posseduti al termine del periodo d’imposta. Da ciò deriverebbe che
per i beni alienati nel corso del periodo d’imposta, la plusvalenza deve
essere determinata tenendo conto del costo fiscale residuo del bene,
risultante al termine del periodo d’imposta precedente;
・ il secondo, più “liberale”, con la R.M. 12.2.2002, n. 41/E, secondo cui per i
cespiti ceduti in corso d’anno, possibile optare tra le seguenti due
alternative:
- dedurre la quota di ammortamento rapportata alla frazione d’anno
anteriore alla cessione (dall’inizio dell’esercizio alla data di
cessione), determinata rapportando l’ammortamento annuale sulla
29 -
base del periodo di possesso;
non dedurre la quota di ammortamento dei cespiti dismessi nel corso
del periodo d’imposta.
Nota bene: nel lasciare libertà al contribuente di optare per uno dei due
suddetti comportamenti, nella R.M. 41/E/2002, l’Agenzia raccomanda di
adottare il metodo prescelto con riferimento a tutti i cespiti oggetto di
alienazione o dismissione.
Tra gli immobili relativi all’impresa vi sono immobili c.d. “patrimoniali”?
-
-
-
Ai sensi dell’art. 90 del TUIR, gli immobili diversi da quelli strumentali e da
quelli che costituiscono beni merce concorrono a formare il reddito di
impresa secondo le modalità proprie dei redditi fondiari, anziché sulla base
dell’analitica contrapposizione tra ricavi e costi (per i quali è prevista
l’indeducibilità) ( si veda quanto già sopra riportato). Se dunque tra gli
immobili relativi all’impresa vi è uno o più immobili patrimoniali, è
necessario effettuare una variazione in diminuzione all’utile contabile ante
imposte in misura pari ai componenti positivi di reddito afferenti detti immobili
che sono stati contabilizzati in Conto economico.
Sono stati conseguiti ricavi o altri proventi assoggettati a ritenuta alla fonte a
titolo di imposta o a imposta sostitutiva?
Ai sensi dell’art. 91 co. 1 lett. b) del TUIR, i proventi soggetti a ritenuta
alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva non concorrono a
formare il reddito di impresa. Se nel corso del 2009 sono stati contabilizzati
ricavi o altri proventi assoggettati a tassazione nei predetti modi, è necessario
effettuare la relativa variazione in diminuzione.
L’impresa ha ceduto mezzi di trasporto “a deducibilità limitata”?
L’art. 164 del TUIR stabilisce una serie di limitazioni alla deducibilità dei
componenti negativi di reddito afferenti alcune tipologie di autoveicoli e
motoveicoli ( si veda quanto sopra già indicato). I predetti limiti di
deducibilità rilevano anche ai fini del calcolo della minusvalenza deducibile
o della plusvalenza imponibile, nel caso in cui l’impresa abbia ceduto uno
o più dei mezzi di trasporto che rientrano nell’ambito di applicazione del
citato art. 164, posto che il co. 2 stabilisce che minusvalenze e
plusvalenze rilevano ai fini fiscali nella stessa proporzione esistente tra
l’ammontare
dell’ammortamento
fiscalmente
dedotto
e
quello
complessivamente effettuato. Laddove necessario, dunque, a fronte delle
plusvalenze contabilizzate tra i proventi dell’esercizio è necessario effettuare
una variazione in diminuzione in misura pari alla frazione non imponibile.
Riscatto da leasing – C.M. 18.6.2008, n. 47/E
L’Agenzia delle Entrate, per la determinazione della plusvalenza
imponibile, distingue le due seguenti fattispecie:
・ la cessione avviene nello stesso periodo d’imposta in cui avviene il riscatto;
・ la cessione avviene in un periodo d’imposta successivo rispetto a quello in
cui è avvenuto il riscatto.
Nel primo caso, nonostante la formulazione letterale dell’art. 164, co. 2,
del TUIR, si riferisca espressamente al rapporto tra ammortamenti dedotti
ed ammortamenti totali per la determinazione della plusvalenza
imponibile, e quindi non contempli l’ipotesi dell’automezzo proveniente dal
riscatto leasing, l’Agenzia delle Entrate ha correttamente precisato che la
plusvalenza
realizzata
assume
rilevanza
fiscale
nella
misura
30 corrispondente al rapporto tra:
・ canoni di leasing dedotti;
・ canoni di leasing dovuti.
Nel secondo caso, poiché l’autovettura è stata oggetto di ammortamento
(sul prezzo di riscatto), l’Agenzia delle Entrate ritiene che per il calcolo della
plusvalenza imponibile si debba tener conto del rapporto tra ammortamenti
dedotti e ammortamenti totali. In altre parole, non rilevano in alcun modo i
canoni dedotti durante il contratto, in quanto l’automezzo è stato
ammortizzato (anche se per un solo periodo d’imposta).
Tale interpretazione comporta un’errata applicazione del principio di
simmetria previsto dal co. 2 dell’art. 164 del TUIR, il cui obiettivo è di
rendere imponibile un componente positivo (plusvalenza) in ragione degli
ammortamenti effettivamente dedotti in precedenza. Infatti, rendendo
irrilevante il periodo di detenzione del mezzo tramite contratto di leasing,
non si tiene conto dell’effettivo importo dedotto nei periodi d’imposta
precedenti, soprattutto considerando le differenti percentuali di
deducibilità previste nei diversi periodi d’imposta.
Coerentemente, nel caso in esame, sarebbe stato più corretto procedere
al conteggio della plusvalenza imponibile, procedendo alla determinazione
del rapporto come segue:
・ al numeratore, la sommatoria dei canoni di locazione e degli
ammortamenti dedotti;
・ al denominatore, la sommatoria dei canoni di locazione e degli
ammortamenti complessivamente effettuati.
In tal modo, più correttamente, la plusvalenza imponibile tiene conto
dell’intera “storia” del mezzo, e quindi dell’effettivo importo di canoni e di
ammortamenti dedotti.
Sono state sostenute spese per prestazioni alberghiere o somministrazioni di
alimenti e bevande?
-
-
Ai sensi dell’art. 109 co. 5 del TUIR, le spese relative a prestazioni
alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle
di cui al comma 3 dell’articolo 95, sono deducibili nella misura del 75% (si
veda quanto già sopra riportato). Il limite del 75% non deroga agli ordinari
criteri di inerenza che presiedono alla determinazione del reddito
d’impresa, ma rappresenta il limite massimo di deducibilità delle spese in
esame (circ. Agenzia delle Entrate 5.9.2008 n. 53). Tanto premesso,
occorre indicare le spese di vitto e alloggio deducibili nel limite del 75%
quale variazione in diminuzione dell’utile contabile. L’Agenzia delle
Entrate, con la circ. 53/2008, ha chiarito che la limitazione di cui all’art.
109 co. 5 del TUIR opera anche in relazione alle spese di vitto e alloggio
che ricadono nell’alveo delle di rappresentanza, sempreché le stesse siano
deducibili, secondo quanto previsto dall’art. 108 co. 2 del TUIR.
In altri termini, le spese di vitto e alloggio qualificabili come “spese di
rappresentanza” devono essere assoggettate:
・ in via preliminare, al limite del 75% di cui all’art. 109 co. 5 del TUIR;
・ successivamente, ai limiti di congruità di cui all’art. 108 co. 2 del TUIR e
di cui al DM 19.11.2008.
In tal caso, occorre indicare le spese di vitto e alloggio deducibili nel
rispetto dei suddetti limiti quale variazione in diminuzione dell’utile
contabile.
Negli esercizi dal 2005 al 2007 sono state sostenute spese di rappresentanza?
31 La disciplina delle spese di rappresenta (art. 108 co. 2 del TUIR) è stata
modificata dalla L. 244/2007; per effetto di tali modifiche, le spese
sostenute a partire dal periodo d’imposta 2008 (soggetti “solari”) sono
ammesse in deduzione nel periodo d’imposta di sostenimento solo se
rispondenti ai requisiti di congruità ed inerenza definiti dal DM 19.11.2008
( si veda quanto sopra già indicato). E’ quindi ipotizzabile che sia necessario
apportare una variazione in diminuzione dell’utile civilistico in ragione della
disciplina previgente, la quale permetteva di dedurre le spese di
rappresentanza nel limite di un terzo del loro ammontare e per quote
costanti nell’esercizio di competenza e nei quattro successivi.
In altre parole la deducibilità delle spese di rappresentanza dal reddito di
impresa avveniva:
・ per 1/15 nell’esercizio di competenza;
・ per 4/15 in quote costanti nei quattro esercizi successivi.
I residui 10/15 erano, invece, “definitivamente” indeducibili.
Pertanto, nel caso in cui l’impresa, negli esercizi dal 2005 al 2007, abbia
contabilizzato i predetti componenti negativi in ossequio al principio di
competenza, è necessario apportare una variazione in diminuzione
dell’utile civilistico in misura pari al “quinto” delle spese deducibile
nell’esercizio 2009.
Negli esercizi dal 2004 al 2008 sono state sostenute spese di manutenzione
ordinaria su beni propri?
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Salvo che ricorrano cause di integrale o parziale indeducibilità oggettiva
(come, ad esempio, nel caso di manutenzioni effettuate su impianti di
telefonia), le spese di manutenzione su beni propri contabilizzate tra i costi
dell’esercizio sono sempre integralmente deducibili (si veda quanto già sopra
riportato); tuttavia, tale integrale deducibilità può essere in parte rinviata
per quote costanti nei cinque esercizi successivi nella misura in cui eccede
il limite fissato dall’art. 102 co. 6 del TUIR.
Se, dunque, in uno o più negli esercizi dal 2004 al 2008, tra i costi sono
stati contabilizzati componenti negativi di reddito a titolo di spese per
manutenzioni su beni propri in misura eccedente l’ammontare deducibile
nell’esercizio di competenza, è necessario effettuare una variazione in
diminuzione in misura pari alla quota (1/5) delle predette spese che può
essere portata in deduzione nel periodo di imposta 2009.
Sono stati pagati nel corso dell’esercizio compensi spettanti
amministratori che erano tuttavia di competenza di esercizi precedenti?
agli
Ai sensi dell’art. 95 co. 5 del TUIR i compensi spettanti agli amministratori
sono deducibili nel periodo di imposta in cui sono effettivamente
corrisposti (principio di cassa)( si veda quanto sopra già argomentato). Posto
che, in ossequio al principio di competenza, i predetti compensi devono
essere contabilizzati nell’esercizio in cui maturano, se nel corso del 2009
sono stati pagati compensi agli amministratori di competenza di esercizi
precedenti, è necessario effettuare la relativa variazione in diminuzione.
È stato utilizzato nel corso dell’esercizio a copertura dei costi un fondo per
rischi e oneri “tassato”?
Se nel corso del 2009 è stato utilizzato a copertura dei costi sopravvenuti
un fondo per rischi e oneri per il quale gli accantonamenti effettuati nei
precedenti esercizi non erano risultati in tutto o in parte deducibili, ne
consegue che il componente negativo di reddito “neutralizzato” mediante
l’utilizzo del fondo non transita tra i costi di Conto economico e,
32 conseguentemente, non concorre a formare l’utile contabile post
integrazioni e rettifiche. Se tale componente negativo di reddito divenuto
certo nell’an e nel quantum nel corso del 2009 ha natura oggettivamente
deducibile, è necessario effettuare la relativa variazione in diminuzione.
Negli esercizi 2007 e/o 2008 sono stati effettuati accantonamenti al fondo TFR
per adeguamenti normativi?
-
-
-
-
-
Ai sensi dell’art. 105 del TUIR, gli accantonamenti effettuati al fondo TFR
sono deducibili per intero nel periodo di imposta in cui matura il relativo
diritto (si veda quanto sopra già argomentato). L’eventuale maggiore
accantonamento effettuato nell’esercizio per adeguare il fondo TFR a
sopravvenute modificazioni normative e retributive è anch’esso
interamente deducibile, ma può essere dedotto a scelta del contribuente
per quote costanti nell’esercizio di competenza e nei due successivi.
Qualora il contribuente abbia optato per tale soluzione di “deducibilità
frazionata”, è necessario effettuare la variazione in diminuzione pari ai 1/3
del maggiore accantonamento effettuato nei precedenti esercizi 2007 e/o
2008, la cui deducibilità è stata rinviata al 2009.
Sono stati pagati interessi passivi di mora che erano stati contabilizzati per
competenza in esercizi precedenti?
Ai sensi del co. 7 dell’art. 109 del TUIR, gli interessi di mora concorrono a
formare il reddito di impresa nel periodo in cui vengono incassati o pagati
(ossia per cassa, anziché per competenza) ( si veda quanto sopra già
argomentato).
Se nel corso del 2009 l’impresa ha pagato interessi passivi di mora che, in
ossequio al principio di competenza, erano stati imputati a Conto
economico in esercizi precedenti, si deve operare una variazione in
diminuzione dell’utile civilistico del 2009 in misura corrispondente agli
interessi pagati.
Sono stati imputati per competenza a Conto economico interessi attivi di mora
non incassati nell’esercizio?
Ai sensi del co. 7 dell’art. 109 del TUIR, gli interessi di mora concorrono a
formare il reddito di impresa nel periodo in cui vengono incassati o pagati
(ossia per cassa, anziché per competenza). Se nel Conto economico del
2009 l’impresa ha contabilizzato per competenza il componente positivo
rappresentato dagli interessi attivi di mora maturati (ma non incassati),
deve essere operata la variazione in diminuzione dell’utile civilistico in
misura corrispondente.
L’impresa è socia di società di capitali che ha optato per la trasparenza fiscale
in capo ai soci?
Ai sensi degli artt. 115 e 116 del TUIR, esercitando apposita opzione
congiunta, soci partecipanti e società partecipata possono scegliere di
attribuire il reddito imponibile di quest’ultima direttamente in capo ai soci,
a prescindere dall’effettiva distribuzione degli utili, analogamente a quanto
avviene per i redditi prodotti dalle società di persone. Se la società
“trasparente” partecipata dall’impresa ha chiuso il proprio periodo di
imposta 2009 con una perdita fiscale, la quota parte di quest’ultima deve
essere portata in diminuzione dell’utile civilistico dell’impresa partecipante.
Sono stati acquistati nuovi macchinari e attrezzature (nel periodo 1.7.2009 31.12.2009) agevolabili ai fini della Tremonti-ter?
33 L’art. 5 co. 1 - 3-bis del DL 78/2009 (conv. L. 102/2009) ha escluso dal reddito
d’impresa il 50% del valore degli investimenti effettuati, nel periodo
1.7.2009 - 30.6.2010, in macchinari ed apparecchiature compresi nella
divisione 28 della Tabella ATECO 2007. L’agevolazione, che contabilmente
impatta sull’onere tributario dell’esercizio e sul correlato debito, si
concretizza in una variazione in diminuzione dell’utile civilistico pari al
50% del valore degli investimenti agevolati.
Sono stati effettuati aumenti di capitale nel periodo 05.08.2009-31.12.2009
agevolabili mediante il “bonus capitalizzazioni”?
-
-
L’art. 5 co. 3-ter del DL 78/2009 (conv. L. 102/2009) ha introdotto
un’agevolazione per gli aumenti di capitale sociale di società di capitali e di
persone effettuati da persone fisiche, nel periodo 5.8.2009 - 5.2.2010. In
particolare, è previsto il riconoscimento di un rendimento del 3% annuo
dell’aumento di capitale (con tetto massimo pari a 500.000,00 euro)
escluso da imposizione fiscale per cinque periodi d’imposta a partire da
quello in cui viene perfezionato l’aumento di capitale.
Al fine di recepire in dichiarazione l’agevolazione, occorre operare una
variazione in diminuzione dell’utile civilistico pari al 3% dell’ammontare
agevolabile, ossia dell’aumento di capitale che costituisce un permanente
incremento del patrimonio netto rispetto all’ammontare esistente al
4.8.2009.
Analoga variazione in diminuzione deve essere apportata all’imponibile
IRAP.
L’impresa che redige il bilancio secondo i principi contabili internazionali ha
rilevato una voce a titolo di “marchio” o “avviamento”?
Per le imprese che redigono il bilancio secondo i principi IAS/IFRS, le
quote di ammortamento del costo dell’avviamento e dei marchi d’impresa
sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo
(corrispondente ad un’aliquota massima di ammortamento del 5,56%), a
prescindere dall’imputazione al Conto economico ( si veda quanto sopra
già argomentato). E’ necessario, pertanto, operare una variazione in
diminuzione dell’utile civilistico pari alla quota di ammortamento
deducibile.
L’impresa ha versato l’IRAP nel 2009?
L’art. 6 del DL 185/2008, riconosce, a partire dal 2008, la deducibilità
dalle imposte dirette di una quota pari al 10% dell’IRAP.
Detta quota è forfettariamente riferita all’imposta dovuta sulla quota
imponibile:
・ degli interessi passivi e oneri assimilati, al netto degli interessi attivi e
dei proventi assimilati;
・ ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato, al netto
delle deduzioni di legge.
L’’impresa ha la possibilità di dedurre dal reddito d’impresa un importo
pari al 10% dell’IRAP versata nel 2009, apportando un’apposita variazione
in diminuzione in sede di modello UNICO.A
=
REDDITO (O PERDITA) D’IMPRESA
=
34