ANNO 2 - n° 2 IN EVIDENZA SU QUESTO NUMERO Se papà si

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ANNO 2 - n° 2 IN EVIDENZA SU QUESTO NUMERO Se papà si
ANNO 2 - n° 2
Bollettino web trimestrale dell’associazione culturale “LABORATORIO DEI SOGNI” sul Teatro di Figura e non solo
IN EVIDENZA SU QUESTO NUMERO
VIAGGIARE,
viaggiare nello spazio e nel tempo attraverso le esperienze e le
emozioni della gente. E’ quello che capita tutte le volte che si
legge un buon libro, grazie a quello straordinario strumento di
comunicazione che è il linguaggio scritto.
Sebbene spesso, personalmente, mi sembri un mezzo che tende a complicare la trasmissione del pensiero, quasi capace ad
ostacolarlo piuttosto che a diffonderlo, in quanto suscettibile
di troppe variabili d’interpretazione, alle volte tristemente strumentali da parte di chi lo riceve.
Ebbene nel nostro piccolo - tornando al viaggio - penso che con
questo numero ci siamo riusciti egregiamente!
Ciò mi da’ molta soddisfazione, l’obiettivo è raggiunto.
In questo numero si viaggia dal nord al sud d’Italia, si viaggia
dalla tradizione all’innovazione, si viaggia nella memoria: da
quella intima e individuale a quella collettiva.
E si viaggia grazie alla volontà di coloro che hanno collaborato alla redazione del notiziario di condividere le esperienze,
di esprimere i loro pensieri e di trasmettere le loro emozioni.
Forse per qualcuno sono pleonastica in ciò che dico, ma correrò
il rischio d’esssere giudicata tale, perchè non lo considero così
scontato - nella vita d’oggi - il desiderio di comunicare e lasciare che le informazioni circolino liberamente.
Buon viaggio,
Se papà si traveste
per la rubrica “Amarcord televisivo”
a cura di Eva Alciati
Alla ricerca di un burattinaio... fantasma
Giorgio Unterveger
un burattinaio trentino di fine ‘800
di Adriana Mazzola
Intervista “a quattro mani”
Gaspare Nasuto e Luca Ronga si raccontano
a cura di Ilene Alciati
“Diversi da chi?”
momenti del convegno di Langhirano
a cura di Simona Gollini
Premio Teatro Silvano 2009
a cura di Alciati/Casaroli
“La Voce di Yuri”
bollettino in formato digitale
a diffusione gratuita
sul teatro di figura e non solo
ANNO II - n° 2
finito di redigere il 15 giugno 2010
hanno collaborato a questo numero:
Eva Alciati
Ilene Alciati
Armando Casaroli
Simona Gollini
Alessia Massucco
Adriana Mazzola
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per la rubrica “AMARCORD TELEVISIVO”
a cura di Eva Alciati
Se papà si traveste
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A volte provo a immaginare un bambino delle elementari che, alla classica domanda “Che
lavoro fa tuo papà” si trovi a dover rispondere:
“Mio papà è uno dei Teletubbies”.
Sono sicura che col tempo, se il bambino è furbo, imparerà a rispondere in modo generico:
“Mio papà lavora per la televisione dei ragazzi”,
perché temo sia difficile, con tutto il rispetto per
il lavoro degli altri, essere orgogliosi di un padre
che impersona uno dei Teletubbies.
Credo che tutti voi abbiate visto almeno un pezzetto di un episodio di questa serie. E’ un programma di produzione inglese rivolto ai bambini
molto piccoli. E’ realizzato in modo da avere dei
riferimenti semplici e precisi, i personaggi sono
facilmente identificabili dal colore e dalla forma
dell’antenna che hanno sulla testa. I dialoghi e i
testi sono semplificati e ci sono delle espressioni ripetute, che costituiscono un tormentone ma
sono una sicurezza per un bambino piccolo.
E’ interessante come è stata progettata l’ambientazione: ridente, primaverile, colorata, tondeggiante e con alcuni effetti televisivi, come il
viso di neonato inserito al centro del sole. La
serie comprende in totale 365 episodi, prodotti
dalla Ragdoll Productions tra il 1997 e il 2001
per la BBC, i personaggi sono stati creati da
Anne Wood, mentre i testi e l’ideazione è di Andrew Davenport, non a caso psicologo cognitivo.
Presso i bambini piccoli i Teletubbies riscuotono un discreto successo, mentre per un adulto
sono mediamente insopportabili.
Tornando al discorso iniziale, ben diverso sarebbe per un bambino degli anni ‘60/’70 trovarsi a rispondere: “Mio papà è uno dei Bananas
split”, quelli erano pupazzi che suonavano musica rock e si poteva esserne orgogliosi.
bozzetto originale del
“Big Bird” (in Italia
chiamato Petronio)
di Jim Henson
Elton John e nel finale veniva circondato da tutti
i muppet, grandi e colorati, ma lui aveva un costume talmente vistoso da confondersi perfettamente.
Ve li ricordate i Bananas split?
Era un gruppo musicale fittizio composto da cinque elementi: Swingo (cane chitarrista), Bingo
(gorilla batterista), Drooper (leone chitarrista),
Snorky (elefante tastierista) a cui era affidato
l’omonimo show che alternava brani musicali con scenette comiche, prodotto da Hanna &
Barbera (quindi USA, invece che UK) per due
stagioni: nel 1968 e poi nel 1971/1972.
Dunque l’idea di realizzare pupazzi con attori
vestiti con un costume risale almeno agli anni ‘60.
D’altronde in America è molto diffusa la mascotte sportiva, che é appunto un attore o un
saltimbanco con addosso un costume, di solito
molto colorato, che rappresenta l’animale simbolo della squadra. C’è poi Disneyland, dove,
con il travestimento, vengono rappresentati tutti
i personaggi di Walt Disney.
Anche il geniale Jim Henson ha talvolta utilizzato questo sistema per realizzare i suoi personaggi di dimensioni maggiori. Penso al film
Labyrinth (del 1986 con David Bowie e Jennifer
Connelly) nel quale molti personaggi erano di
dimensioni umane, ma ricordo anche una puntata del Muppet show (1977) dove era ospite
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Sono numerosi i casi di utilizzo cinematografico
di attori travestiti per interpretare una “creatura”, soprattutto nei film di fantascienza e di orrore. Si va dal cugino “It” della famiglia Addams
a Chewbecca di Guerre Stellari, se vogliamo
restare tra le creature pelose.
Tornando alle trasmissioni per ragazzi, ci tengo
a ricordare altre due produzioni recenti:
“Bear nella grande casa blu” programma
nato nel 1997 dalla Jim Henson Television per
la regia di Chuck Vinson “I Fimbles”, 3 strani esseri a strisce di vari colori che vivono in
una valle e scoprono qualcosa di nuovo ad ogni
puntata. I Fimbles sono nati nel 2002 e sono
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stati realizzati 200 episodi, prodotti dalla Novel
Enterprise per la BBC, l’ideazione grafica è di
Sarah Hayes e i soggetti sono di Lucinda Whiteley.
Infine vorrei spendere due parole per le creature
nostrane, ricordando i tre personaggi che facevano da “spalla” a Marco Dané nel programma
“Il paese di Giocagiò” e cioè: Coccodrillo, Coniglio e Pagliaccio. Mentre qualcuno più giovane
ricorderà senz’altro il Tenerone impersonato da
Gianfranco D’Angelo ai tempi del Drive In.
Ebbene sì, sono in molti a non resistere alla
tentazione di travestirsi in grandi pupazzoni
rosa.
INTERVISTA “A QUATTRO MANI”
Gaspare Nasuto e Luca Ronga si raccontano
Sabato 22 maggio scorso si è svolta a Torino, presso
la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, la consueta
kermesse notturna di teatro di figura intitolata “FIGURE DI NOTTE”, che Unoteatro organizza e
propone ogni anno nel mese di maggio.
Questa edizione si è caratterizzata per il gemellaggio con la nota compagnia “Arrivano dal mare” di
Cervia, che il 15 maggio ha organizzato iniziativa
similare al Teatro Petrella di Longiano.
Questo il programma della nottata torinese:
ore 21.00
Le due e un quarto in SENZA DENTI,
ore 22.00
Gaspare Nasuto e Luca Ronga in PULCINELLA A
QUATTRO MANI.
ore 23.00
Zachès Teatro in IL FASCINO DELL’IDIOZIA
ore 00,00
Dottor Bostik in ACQUA
ore1,00
Arrivano dal mare! in EHI TU!
Tra uno spettacolo e l’altro, nel Foyer, Marco Grilli
GIANDUJA, VARIAZIONI SUL TEMA.
Come il bon ton mi impone - e chi mi conosce sa
bene quanto sia faticoso ed innaturale per me fare
questo - ometterò le mie opinioni relativamente gli
spettacoli che sono risultati a me sgraditi e citerò solamente quelli che ho apprezzato in maniera particolare.
Piacevole e divertente la performance delle “Due e
un quarto” primo nucleo dello spettacolo “Senza
Denti” che sarà presentato in anteprima al festival
MIRABILIA di Fossano (CN), che lo ha pure coprodotto. Apprezzabile soprattutto per il linguaggio
mimico e gestuale delle due artiste - Silvia Laniado
e Martina Soragna - personalmente ho trovato più
efficace e meno scontato l’iniziale intervento di improvvisazione e di interazione col pubblico, piuttosto che i seguenti numeri con regia.
Ho considerato assolutamente pregevole e di qualità
superiore il lavoro di Gaspare Nasuto e di Luca
Ronga nel loro “Pulcinella a quattro mani”.
Lo spettacolo ha vinto il premio Eolo Awards 2009,
con la seguente motivazione:
“creazione originale che reinventa la tradizione
unendo insieme due giovani burattinai di diversa
tradizione. Il napoletanissimo Gaspare Nasuto e il
bolognese trapiantato a Cervia Luca Ronga, creano un perfetto gioco scenico agito in due baracche
diverse , vissuto in un continuo interscambio dove
Pulcinella , muovendosi tra uno spazio e l’altro, crea
una specie di stordimento nello spettatore, incantato
dal ritmo dei due guarratellai che non concede mai
soste all’emozione.”
“Pulcinella a quattro mani” è un classico spettacolo
di guarrattelle, i personaggi e le situazioni si attengono alla tradizione, senonché qui invece di una baracca, ne abbiamo due affiancate e l’azione passa da
una all’altra, con una fluidità che solo una perfetta
sincronia tra i due burattinai rende possibile.
Personalmente ho apprezzato in particolare modo
la ritmicità di Gaspare; espressa non solo attraverso
i colpi delle bastonate e delle testate dei burattini
- caratteristica questa tipica della guarrattella - e
battendo il tempo col piede (cosa che mi ha curiosamente evocato i cunti e i pupi siciliani) ma anche
nella recitazione scandita, resa più incisiva da un
uso sapiente delle pause e delle ripetizioni.
Di Luca ho goduto di una animazione varia e raffinata, capace di simulare una tale naturalezza dei
movimenti da far dimenticare allo spettatore che
al di sotto del burattino esiste un animatore e questo per me è il massimo livello a cui un burattinaio, un marionettista, un animatore in genere possa
aspirare. Questa piacevole magia si è riconfermata
nell’animazione dell’ultimo spettacolo della serata,
dove “Ehi Tu”- un tenerissimo pulcinella nero con
gambette - sembrava potesse andarsene dalla scena
per conto proprio.
Ben fatti anche i burattini e i fondali - addirittura
iperrealista quello di Nasuto e un po’ naif quello di
Ronga - i burattini invece nel caso di Nasuto sono
scolpiti da lui medesimo, mentre quelli di Ronga
sono opera di Brina Babini.
A Gaspare Nasuto e a Luca Ronga ho posto le seguenti domande, ottenendo ovviamente una “intervista a quattro mani” (di televisiva memoria...)
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D: Qual’è il vostro primo ricordo legato alla figura
di Pulcinella?
D: Quanto pensate sia importante essere d’origine
napoletana per dare vita a Pulcinella?
Ronga: Non ho ricordi particolari legati alla maschera di Pulcinella, l’unica testimonianza che
posso portare è che i burattini li detestavo, mi
annoiavano, oggi capisco cosa mi annoiava dei
burattini, il burattinaio.
RONGA: Sinceramente non mi sono mai preoccupato di questo, sia io che Gaspare siamo più
concentrati a trasmettere un codice, una struttura ritmica uno schema. Quando abbiamo insegnato alla scuola di Cervia la preoccupazione
non è stata mai se avevamo allievi di origine napoletana, e poi mi viene da dire questo: se è di
origine napoletana ( cioè di Napoli) va bene e s’è
di provincia? Che succede? Se uno è di Salerno o
di Caserta o di Pozzuoli? La tradizione va rispettata non monopolizzata.
Nasuto: Sono nato a venti minuti di distanza da
Napoli, quando ero piccolo credevo che il teatro
con le maschere fosse il Teatro, l’unico Teatro. Poi
sono cresciuto e ho scoperto che quel Teatro era
la commedia dell’Arte e non era l’unico; allora
ho deciso di restare piccolo e continuare a giocare
con le maschere e così Pulcinella, da venti anni, è
il mio socio inseparabile in giro per il mondo.
D: ...ed ora ci raccontate il vostro primo approccio
con Pulcinella in baracca?
RONGA: Mi viene da ridere…… Il primo intervento lo ricordo molto bene ed è molto comico,
impegnato alle varie cose da fare in baracca (parlare con la pivetta, muovere i burattini, levarseli,
metterli) ho fatto entrare in scena il coccodrillo
( che usavo in sostituzione al cane, che ancora non
avevo) al contrario, cioè a testa in giù, l’effetto è
stato molto comico, sembrava quasi voluto.
NASUTO: Ho una foto che mi ritrae a nove anni
ad una festa quando chiuso in uno scatolo usato
come teatrino facevo spettacolo con dei burattini
di carta, fu il mio primo cachet.
D: Qual’è secondo voi l’elemento che distingue e
caratterizza il vostro lavoro individuale da quello
degli altri guarattellari?
RONGA: Che è appunto un percorso individuale,
ben venga la differenza, sicuro i repertori danno
una personalità al mestiere, così anche la scultura
dei burattini, il teatrino e le scene e perché no la
presenza scenica e l’uso differente delle voci, questi elementi ci distinguono è inevitabile se non ci
fossero, ci sarebbe solo la brutta copia dei maestri.
NASUTO:Non mi interessa finire in categorie,
sono un artista contemporaneo che si esprime
con materiali antichi, il mondo è cambiato e anche Napoli è cambiata. Ho allestito tanti spettacoli in vent’anni di carriera, forse le differenze si
trovano lì, nel repertorio.
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NASUTO: Per dare vita a Pulcinella puoi essere
anche eschimese, le guarattelle invece sono napoletane, hanno un codice da comprendere, segreti
che vengono passati da burattinaio a burattinaio,
per “fare” le guarattelle devi entrare in contatto
con un maestro napoletano, frequentare, carpire e capire, rispettare secoli di storia napoletana
nell’arte dei burattini che non si può né cancellare, né ignorare, in una parola cento insegnamenti
in cento parole una sola bugia. Un discorso che
meriterebbe un approfondimento maggiore.
D: E’ di vostro interesse inserire elementi di innovazione e di ricerca o accorgimenti che attualizzino
uno spettacolo di tradizione come la Guarrattella? E
se sì, in cosa “Pulcinella a quattro mani” è innovativo?
RONGA: Ciò che più mi diverte, è contaminare e lasciarmi contaminare, mi piace pensare
alle guarattelle come percorso singolo, a quattro
mani, con un narratore fuori o solo con un musicista, con altri burattinai in baracca o vedermi
nelle mani i burattini tradizionali emiliani o dover fare il burattinaio in uno spettacolo di prosa o
in una operetta di Roberto de Simone o legate al
teatro corporeo, tutto questo è per me linfa, che si
riversa inevitabilmente negli spettacoli. Ciò che
mi interessa è mantenere alto il linguaggio dei
burattini.
NASUTO:A volte si pensa che l’innovazione sia
nel movimento, nelle gag per capirci. Credo invece sia un problema di drammaturgia e di pensiero. Sono andato in scena con spettacoli come
Un Faust per guarattelle, Aspetta Aspetta tratto
da Aspettando Godot di Beckett, Se77e tratto dal
Settimo sigillo di Bergman, Pulcinella soldato
semplice incentrato sui temi del militarismo, tanto per citare qualcosa. Pulcinella a quattro mani
per me rappresenta la conoscenza del codice, la
padronanza assoluta del repertorio, l’essenza totale di Pulcinella. Siamo stati i primi e gli unici a
fare una operazione simile sul repertorio antico,
l’innovazione sta in questo. Rappresenta anche
un invito a riflettere su chi vuole le cose sempre
uguali, basta mettersi sottosopra e tutto appare
diverso.
D: Come vi siete conosciuti e com’è nata l’idea di
realizzare uno spettacolo a doppia baracca?
RONGA: La prima volta in Sicilia, da Francesco
Fazio qualche scambio freddo, poi dopo parecchi
anni, abbiamo avuto una bella chiacchierata al
festival organizzato dal Cta, nelle valli del natisone, fino a tarda notte, il tema: le guarattelle e
pulcinella, poi ci siamo rivisti a Cervia, il festival Arrivano dal Mare! ci chiese di fare qualche
minuto assieme per chiudere una lunga notte dei
burattini, 15 minuti esplosivi, così li ricordo.
NASUTO: Come ho conosciuto Luca non lo ricordo, ci eravamo visti forse un paio di volte in
giro, ognuno aveva l’altro nel mirino immagino
da bravi guarattellari, sai se non fai una rissa almeno una volta nella vita con quello del teatrino
affianco non c’è gusto. Alla fine abbiamo portato
in scena anche questo, la rivalità storica tra burattinai napoletani ed è stato divertente. Come è
nato lo spettacolo non lo dirò mai, ma posso dire
perché è nato, il festival arrivano dal mare ci aveva invitati per una serata, il direttore artistico ci
disse se potevamo stare sul palco insieme e fare
qualcosa per chiudere, insomma una bella fregatura. Allora, pensammo, il pubblico dopo 5 ore
di fila di burattini ha bisogno di qualcosa di rock
and roll!
D: La trovata dell’azione che passa da una baracca
all’altra è nata per il piacere di mettersi alla prova
attraverso un virtuosismo o c’è dell’altro?
N&R: Ovviamente c’è tanto altro, niente è per
caso quando sei in scena.
in Europa e in Italia, ci sono venute tante altre
belle idee… chissà forse ci faremo vedere ancora
assieme sulla scena.
NASUTO: Sarebbe bello, perché abbiamo tante
idee, ci stimiamo come artisti e siamo amici, anche se pensiamo che lo spettacolo non abbia smosso nessuno, nel senso che nonostante i premi e le
tournèe internazionali che abbiamo fatto, il pubblico sempre contento incontrato dentro e fuori
i confini di Europa, non abbiamo mai trovato
molto spazio nelle rassegne di teatro per ragazzi,
solo pochi in Italia ci hanno dato fiducia, penso ad
Adm di Cervia e Teatro di Roma per esempio.
D: Dove potremo incontrare quest’estate “Pulcinella a quattro mani”?
RONGA: A oggi non sappiamo.
NASUTO: Non lo sappiamo ancora se saremo in
qualche festival in estate ma è ferma volontà di
continuare ad esibirci all’estero, dove i direttori
dei teatri si preoccupano poco se sei un burattinaio.
D: Avete voglia di esporci i vostri prossimi lavori in
cantiere?
RONGA: Sto lavorando ad un nuovo spettacolo
sulle guarattelle, partirò per una regia all’estero
e sono parecchio impegnato all’organizzazione
di 5 workshop, organizzati dalla nostra associazione La Bagattella, dedicati alla costruzione per
il teatro e la figura, con artisti diversi che partiranno a Luglio all’Atelier della Luna, vi lascio
il sito di riferimento da poter cosi consultare la
programmazione www.atelierdellaluna.org un
saluto a tutti e buona estate!
NASUTO: In cantiere ci sono tre spettacoli nuovi, a Settembre debutto con la nuova produzione, gli altri due nei primi mesi del nuovo anno.
Tanti progetti all’estero tra insegnamento e regie
ma per scaramanzia non anticipo niente. Nun ve
scurdat so napulitano.
D: Pensate di ripetere l’esperienza di un progetto in
coppia?
RONGA: Mi piacerebbe molto, ho una stima alta
di Gaspare e del suo lavoro, nelle tournee fatte
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“Diversi da chi?”
Utilizzo del teatro di figura
in contesti educativi, riabilitativi e terapeutici
Momenti del Convegno di Langhirano 16-17 Aprile 2010
Venerdì 16 aprile 2010
mattinata
La mattinata del venerdì è stata dedicata alla rappresentazione di due spettacoli a cura di un
gruppo costituito da disabili, educatori e operatori sociali (le compagnie cosiddette “integrate”), pronti a lavorare insieme per un obiettivo comune: creare uno spettacolo di teatro di figura
grazie al quale ogni elemento è posto sullo stesso livello di parità e di dignità, per merito del
palcoscenico che rende tutti uguali.
“Orient Express” e “Uscita di Sicurezza” di Parma. Due spettacoli con l’utilizzo di una grande
baracca, dove dietro i ragazzi/burattinai potevano muovere agilmente le marottas, burattini a bastone tutti costruiti da loro.
Corrado Vecchi, psicologo e psicoterapeuta della Cooperativa “Le Mani Parlanti” e conduttore delle due compagnie sopra citate, ci svela che le storie sono state inventate dai ragazzi, partendo
dalla domanda: “Chi vorresti essere?”, dando così avvio al conseguente laboratorio di costruzione
e animazione.
Gli spettacoli sono stati presentati sia alle scuole dell’infanzia sia alle elementari di Langhirano. Ogni spettacolo è durato trenta minuti, con pubblico di bambini di classi diverse. Il ritmo
dei dialoghi (registrati) era spezzato da intervalli musicali e nonostante il ritmo un po’ lento,
mi ha sorpreso vedere i bambini, (abituati ai ritmi televisivi) rimanere seduti in silenzio ad
ascoltare.
pomeriggio
Spettacolo “Cecino, la formica e il grillo”
Uno spettacolo senza uso della baracca, un tavolo, stretto e lungo divide lo spazio scenico,
dietro la fila di ragazzi seduti, che a secondo della rappresentazione della storia si alzano ed
interagivano con i pupazzi.
Quando Stefano Giunchi, Direttore artistico di “Arrivano dal Mare!” e Presidente dell’ ATF/AGIS
(l’associazione dei Teatri di Figura), al termine dello spettacolo della compagnia integrata “Teatro in mano” di Cesena, tra gli applausi, ha presentato un ragazzo chiamandolo “Maestro burattinaio”, ho capito che ero testimone di un avvenimento importante. In quel preciso momento, quei bambini seduti per terra su dei cuscini colorati, che avevano riso e applaudito lo spettacolo, hanno
guardato, con occhi di ammirazione, quel ragazzo con lo sguardo perso e l’andatura incerta.
Il Maestro burattinaio, teneva in mano una grossa pera verde, con il gesto della mano ne apriva e
chiudeva la bocca mostrando il suo interno tutto rosso.
Mentre gli sguardi di quei bambini erano pieni di attenzione e curiosità, Stefano fece una domanda
insolita: “chi vuole provare la pera?”. Tutti risposero: “io!, Io!, Io!,....” e la pera passò di
mano in mano come fosse un oggetto prezioso e scoprire il suo segreto era un gioco divertente, un
segreto che solo il Maestro burattinaio ci poteva insegnare.
Sabato 17 aprile 2010
Giornata di studio, incentrata su “L’utilizzo del teatro di figura in contesti educativi, riabilitativi e terapeutici”. Coordina gli interventi Corrado Vecchi
L’intervento di Fabio Groppi, (psicologo e psicoterapeuta), aveva per titolo “Star bene in baracca, davanti e dentro”. Come disse un bambino: “Le mie avventure, so che non sono vere, ma le vivo
veramente!”. Il teatro di figura, come gioco di finzione, attraverso oggetti mediatori (burattini,
pupazzi, marionette, manufatti), è un gioco serio dove le emozioni che emergono sono autentiche.
Il gruppo ha modo di condividere insieme suggestioni forti: la paura di sbagliare, l’ansia da prestazione, il giocare sulla scena, far ridere il pubblico, aiutarsi a vicenda, sentirsi veramente
gruppo. Sperimentare che dagli errori possono nascere nuove idee.
Il momento dell’applauso è d’incontro con il pubblico, e oltre ad essere un riconoscimento, rappresenta per i ragazzi la condivisione dell’esperienza, vissuta da due punti di vista diversi e
permette di sistemare dentro di sé tutte le correnti emotive. Per il pubblico è un momento dove
si entra nel mondo immaginativo per lasciarci condurre per mano, in un viaggio di fantasia e là
giunti poter fare il tifo per quel personaggio o identificarsi in un altro più accattivante.
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Lo spazio scenico, il boccascena, è la finestra che si apre sull’immaginario ed anche il pubblico
come gli attori attraverso la finzione mettono in gioco sensazioni ed emozioni vere. Il gruppo
diventa un soggetto psicologico, è riconosciuto dal pubblico come portatore di benessere. I ragazzi diversamente abili, che sono abituati a essere sempre assistiti, in questo modo, provano
che sono loro a dare felicità agli altri, ed è un processo che ha una valenza molto terapeutica e
aggregante.
Mariano Dolci (burattinaio) nell’esporre il tema “Burattini ieri, burattini oggi”, ha riassunto
la propria vita da burattinaio municipale, come ama definirsi, seguita alla sua precedente collaborazione pluriennale con la compagnia di burattini e marionette del grande Otello Sarzi. Inoltre
ha raccontato di aver lavorato nei manicomi prima della legge Basaglia e la situazione era davvero
allucinante, senza conoscenze di nessun tipo ha iniziato quest’avventura ed ha sperimentato con
burattini e marionette molteplici materiali, procedimenti, modi di costruzione e di animazione
(che solo il teatro di figura permette) per adattarlo alle capacità di ognuno, agevolando la comunicazione e la socializzazione all’interno del gruppo.
Questi strumenti teatrali possono rivelare, a contatto con bambini e ragazzi o con persone affette
da problemi psichici, menomazioni sensoriali o motorie, insieme a molte altre potenzialità nascoste. E’ un viaggio all’interno del proprio mondo, entrare, ma anche uscire dallo spazio “baracca”,
delimita dei confini fisici e mentali molto chiari. Mariano Dolci ha accettato nel 1970 l’incarico
propostogli dal Comune di Reggio Emilia per tentare di far entrare i burattini a scuola, utilizzandoli come nuovo mezzo espressivo, come linguaggio messo a disposizione dei piccoli allievi. Mariano
Dolci ha aggiunto che la cosa più importante di Sarzi e dei suoi amici è stata quella d’andare nelle
scuole non solo per fare spettacoli, ma per insegnare ai bambini a fabbricarsi i loro burattini e
a muoverli autonomamente. Nelle Scuole dell’infanzia di Reggio Emilia, la baracca dei burattini è
presente come un mobile fisso. In qualsiasi momento, un bambino può nascondersi dentro, acchiappare
il burattino preferito e mettersi al lavoro, creandogli parola, movimento.
Stefano Giunchi, Direttore artistico di “Arrivano dal Mare!” e Presidente dell’ ATF/AGIS (l’associazione dei Teatri di Figura) “Mani burattini e neuroni specchio” A tal proposito, è utile citare
una famosa frase: “I neuroni specchio”, saranno per la psicologia quello che il dna è stato per
la biologia. » (Vilayanur S. Ramachandran)
Il grande fisico, matematico ed epistemologo, Henri Poincaré sosteneva (1913) che le coordinate
spaziali intorno al nostro corpo e quindi il nostro rapporto con gli oggetti e le persone che ci
circondano coinvolgevano le parti fondamentali del nostro sistema nervoso, per cui il coordinamento con il nostro “esterno” non sarebbe una conquista dell’individuo ma della specie. In particolare
vi sono state molte ricerche sulla loro evoluzione e sui loro rapporti con l’evoluzione del linguaggio, proprio perché nell’uomo i neuroni specchio sono stati localizzati vicino all’area di Broca.
Ormai è certo che tale sistema ha tutto il potenziale necessario per fornire un meccanismo di
comprensione delle azioni e per l’apprendimento attraverso l’imitazione e la simulazione del comportamento altrui.
Che centra il teatro di figura con i citati neuroni specchio? Lo spettatore che osserva il burattino che si muove, oppure vedere solo tre dita con una pallina sull’indice (testa), permette al
nostro cervello di associarlo alla figura umana. Grazie ai neuroni specchio, riconosciamo e ci
identifichiamo con il personaggio, leggiamo le azioni e le storie dando un senso compiuto. Ed è
per questo che è un processo archetipico, fa parte dell’uomo e forse spiega il perché Pulcinella
è conosciuto in tutto il mondo!?
Altri relatori si sono susseguiti al convegno: Sergio Diotti (Autore, fulesta, burattinaio) racconta l’esperienza di un laboratorio con l’utilizzo delle favole cumulative; altri educatori hanno
raccontato la loro esperienza, tra i quali la sottoscritta ha presentato il progetto teatrale con
i ragazzi della compagnia “Telovolevodire” con uso di pupazzi e siamo stati invitati al prossimo
convegno che si terrà a Longiano (Cesena) il 18-19 Giugno 2010.
Questo è solo il sunto di una giornata intensa e ricca di stimoli per chi lavora in questo ambito ed
invito gli interessati a partecipare alla prossima. S.G.
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POTLATCH
Il potlatch era un’antica cerimonia che si svolgeva tra alcune tribù di Nativi Americani, una festa in cui si
mangiava a crepapelle e agli invitati venivano distribuiti doni. Chi li riceveva a sua volta avrebbe organizzato,
per contraccambiare, un altro potlatch. Anche questa rubrica vuole essere un potlatch, un posto in cui tutti
portano qualcosa, opinioni, saperi, informazioni da condividere tutti insieme.
Ecco l’offerta proposta dal nostro potlatch in questo numero, cose semplici ma non troppo, speriamo…
LA PASTA DI LEGNO, QUESTA SCONOSCIUTA
Pasta di legno fatta in casa
(Ricetta di Damiano Giambelli)
Ingredienti:
Carta igienica stracciata (1 parte)
segatura tritata finemente e setacciata (2 parti)
vinavil q.b.
Impastare ottenendo una consistenza tipo creta.
(Ricetta della mamma di Ilene, sperimentata per il presepe)
Ingredienti:
300 gr. di farina
100 gr. di segatura fine setacciata
100 gr. di cemento bianco
3 cucchiai di Vinavil
1 cucchiaio di olio
acqua q.b.
Mescolare bene le polveri tra loro, sciogliere il vinavil e l’olio in un po’ di acqua calda.
Impastare bene ottenendo la consistenza della creta. Può esser conservato morbido per non più di
tre giorni, avvolgendo l’impasto in uno straccia umido e riposto in un sacchetto di plastica.
Pasta di legno già pronta
Efa Plast Light della Eberhard Faber
E’ una pasta che asciuga all’aria, è molto leggera ma ha comunque una elevata resistenza alla rottura e rigidità di forma (pacchetto da 125 gr). E’ facile da modellare però bisogna lavorare molto
rapidamente perché asciuga in fretta e poi non attacca più. Può essere bianca o colorata.
Efa Plast Holzy della Eberhard Faber
E’ una vera e propria pasta di legno pronta da modellare. L’asciugatura è meno rapida, ha un colore
bianco sporco, il panetto è da 250 gr.
Pate a Bois della Le Franc & Bourgeois
E’ in polvere, si aggiunge acqua (volendo anche Vinavil) e poi si lavora come una pasta per modellare. Fare attenzione a non diluire troppo altrimenti rimane molle e poco consistente.
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PREMIO TEATRO SILVANO
Si è svolta domenica 11 aprile 2010, presso il Teatro SOMS di Silvano d’Orba (AL), la selezione denominata “Premio Teatro Silvano”. Essa consiste nella
presentazione di uno spettacolo inedito di teatro di
figura - anzi, per l’esattezza, di una parte di esso
per la durata massima di 20 minuti - elaborato da
teatranti che hanno partecipato al percorso formativo “Sipario d’Orba” - seminari che si svolgono ogni
anno nei mesi di ottobre e novembre, appunto a Silvano d’Orba - allo scopo di decretarne il vincitore,
che verrà inserito nella programmazione estiva dei
festivals “Ai bravi burattinai d’Italia” di Silvano d’Orba e a quello di Sorrivoli.
I concorrenti in gara erano i seguenti:
- Caterina, Paola e William con “Fio”
- Comp. Paolo Sette con “ L’Anatra, la Morte
e il Tulipano”
- La Corte della Carta (Silvia Spagnoli e Alessandro Guglielmi) con “Solstizio d’Inverno”
- Teatro degli Amici (Enrico Rossi) con
“ Pierino e il tesoro dei pirati”
- Teatro dei Sentieri (Gianni Binelli e Simona
Gollini) con “L’arcobaleno nel cappello”
La giuria (orfana della presenza di Tinin Mantegazza,
decano dell’iniziativa) era così composta:
Elis Ferracini, Natale Panaro, Cristina Discacciati, Damiano Giambelli, Beppe Buonofiglio.
Sono stati riconosciuti vincitori ad ex aequo le compagnie: Paolo Sette e il Teatro dei Sentieri con le
seguenti motivazioni:
“Riconosciamo ad entrambe le Compagnie, data la
conoscenza e la frequentazione formativa ed artistica, una crescita interessante e meritevole del primo
premio a pari merito. Distinguendo, come di seguito, le due proposte: l’una - la proposta di Paolo
Sette - come già completa (buona la scelta del testo
così come la scrittura scenica, essenziale e preciso
l’allestimento, audace nell’affrontare il tema e risol-
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verlo poeticamente), ma che potrebbe patire, in
termini di diffusione, per la sua brevità; l’altra la proposta del Teatro dei Sentieri - per il gusto
nelle immagini, nell’uso semplice ed efficace delle ombre, per l’abilità nel rendere drammaturgia
le storie raccontate in alcune canzoni. Sottolineiamo inoltre del Teatro dei Sentieri la semplicità
di tecniche che diventano linguaggio espressivo
felicemente risolto; premiamo l’idea e le potenzialità che si colgono nella proposta, consigliando
sviluppo e precisazione dei temi e delle risoluzioni estetiche ancora “aperti”.
Da parte nostra vorremmo aggiungere
quanto segue:
“ L’Anatra, la Morte e il Tulipano”
“La lunga storia delle marionette prova che possono rappresentare qualsiasi
cosa, e che, fino a un certo punto, questi
esseri fittizi, mossi dalla volontà dell’uomo che li fa agire e parlare, divengono
degli esseri umani più o meno ispirati per
commuoverci o divertirci.” La frase è tratta da “Il Teatro dei Burattini di Nohant”
di George Sand, testo datato 1876 che
guarda caso è stato tradotto proprio dal
nostro Paolo Sette ed ha indubbiamente
molta affinità con la messa in scena dello spettacolo “L’anatra e la morte”. Solo
un anima sensibile come Paolo poteva
vincere questa scommessa, realizzare
uno spettacolo di burattini superando in
poeticità e delicatezza il difficile testo dal
quale prende corpo utilizzando sapientemente la potenza narrativa delle figure in
movimento. I due personaggi protagonisti
dello spettacolo sono molto simili a quelli
contenuti nell’illustrazione cartacea perché
non c’era bisogno di cambiarli per forza,
già funzionano così, piuttosto Paolo ha dato
loro vita e tridimensionalità. La semplicità
e la scorrevolezza con cui procede lo spettacolo non ci deve ingannare, dietro c’è un
lungo lavoro di messa in scena. Il testo di
partenza è “L’anatra, la morte e il tulipano”
di Wolf Erlbuch, un protagonista dell’illustrazione contemporanea, autore insignito
del prestigioso Premio Andersen e di tanti
altri riconoscimenti. Graficamente si tratta
di quel genere di libri che non sono i classici
libri per bambini, le immagini di alta qualità artistica sono realizzate con stile molto personale, in questo caso con colori per
niente vivaci e con citazioni pittoriche abbastanza esplicite verso la natura morta in
stile vanitas e danza macabra. E poi, come
si evince dal titolo, il tema principale è proprio la morte, anzi la morte è proprio uno
dei personaggi e il primo pensiero è stato:
ma è possibile parlare della morte ai bambini e soprattutto con il teatro dei burattini?
Erlbruch e Sette ci dicono di sì. La baracca è realizzata in stile guarrattelle, qui però
non ci sono mazzate, non c’è Pulcinella che
alla fine risolve tutto, non ci sono colpi di
scena ma solo una delicata narrazione per
immagini in movimento, certo, qualche gag
clownesca e battuta comica c’è e Paolo pare
un equilibrista che cammina sul filo, sempre
attento a non precipitare. I personaggi utilizzano pienamente lo spazio a loro disposizione, nuotano in uno stagno, salgono sopra un albero per contemplare le meraviglie
del mondo, si raccontano storie con voci,
movimenti, sguardi e silenzi direi perfetti. Pochi elementi scenografici genialmente
utilizzati aiutano la narrazione. La baracca
è molto semplice e spartana ed è realizzata
interamente in legno e ricoperta da tessuti
color pastello in cui domina il blu, un colore
che evoca serenità e pace. L’illuminazione
è anch’essa delicata, due lampade pendono
dall’alto ai lati della scena fornendo una luce
diffusa, intima e poco invadente. Tornando
alle parole della Sand, Paolo Sette ci ha di-
mostrato ampiamente che coi burattini
si può veramente “rappresentare qualsiasi cosa” e i suoi “esseri fittizi” sanno
commuoverci (davvero!) al punto giusto.
A.C.
“L’arcobaleno nel cappello”
Un padre e il suo bambino, un confronto
tra l’età matura e l’infanzia. Apparentemente sono due mondi distanti spesso in antitesi. Ciò che per l’adulto è un
dato di fatto, tanto scontato da essere
privo di interesse e che si esprime con
concetti stereotipati - il mostro non può
che essere cattivo, la donna cannone
non può che essere brutta, il nonno non
può che essere noioso - per il bambino è senz’altro qualcosa da conoscere
meglio, qualcosa che accrescerà le sue
esperienze.
Lo spettacolo di Simona Gollini e di Gianni Binelli è coinvolgente e commovente,
fa riflettere parlando direttamente al
cuore e lo fa con grande efficacia utilizzando non tanto le parole quanto le
immagini e la musica. Il racconto si sviluppa attraverso due dimensioni: quella
del vivere quotidiano, in cui il bambino si
relaziona col padre e con il mondo degli
adulti e dove le formule convenzionali
della parola prendono il sopravvento. E
quella del suo mondo interiore, espresso realizzando una sorta di video musicali dal vivo, dove il linguaggio delle
immagini - ombre, segni e colori proiettati con l’uso della lavagna luminosa - si
integra perfettamente alle belle canzoni
cantautorali scelte dalla compagnia:
”Il mostro” di Samuele Bersani, “La
donna cannone” di De Gregori, ”Il vecchio e il bambino” di Guccini.
Sullo schermo vediamo proiettata una
sola ombra umana reale: è quella del
papà, le altre figure sono sagome e disegni. Potrebbe disorientare, stridere
questa giustapposizione?
Niente affatto: è come se lo spettatore
stesse vedendo il mondo con gli occhi
del bambino protagonista ed il papà per
forza di cose è ad un altro livello, carico
dei misteri dell’età adulta.
I.A.
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ALLA RICERCA DI UN
BURATTINAIO…
FANTASMA.
di Adriana Mazzola
Per la mia tesi di laurea in drammaturgia al DAMS di Bologna nel 1997 avevo ricevuto l’invito del prof. Scabia, docente di Drammaturgia, e del prof. Remo Melloni, esperto di Teatro di Animazione, ad effettuare una
ricerca sul teatro di animazione in Trentino, considerato dagli esperti “zona scoperta”. In particolare dovevo
rintracciare un burattinaio trentino dal cognome “tedesco” che doveva essere Unterweger, forse Untervegher.
Mah? E il nome? No, non si sapeva… Di che epoca? Forse inizi ‘900… Con questo grande bagaglio di informazioni ma piena di entusiasmo, accettai l’incarico. E poi questo cognome l’avevo già sentito, si ero sicura
che avrei trovato qualche cosa.
Biblioteche, storici - musei, archivi, giornali, riviste: Unterveger? Grandi fotografi Trentini dell’800 dei quali
si è scritto e raccolto una quantità enorme di materiale, ma di un burattinaio? - Nemmeno l’ombra. Burattinai
in Trentino? Mai sentito…
Eppure per i miei professori questo burattinaio era importantissimo: i suoi burattini erano considerati di altissima qualità. Si potevano ammirare al Museo della Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano, e
poi c’era anche una collezione privata. Erano stati presentati anche in grosse mostre, con il cognome storpiato
e il famoso punto di domanda. Parte di essi provenivano da una donazione e si sapeva solo che era trentino.
Possibile che nella sua terra non avesse lasciato traccia, che nessuno ne avesse mai sentito parlare? - Dopo
una ricerca estenuante - quando ormai sto per “buttare la spugna”, scopro per strane vie che esiste ancora un
pronipote Unterveger. Contatto al telefono il signor Mario Unterveger, che pensa che la mia sia l’ennesima
tesi su uno dei fotografi tanto conosciuti. “No, io sto cercando un burattinaio”. Silenzio dall’altra parte del
filo. “Ma allora lei cerca Giorgio Unterveger”. Giorgio, Giorgio! - Finalmente sapevo il suo nome. Il fratello
di suo nonno! E si ricordava che il nonno lo portava a vedere i suoi spettacoli!! Ma allora era esistito, non era
un fantasma!
Con questa precisa identità il filo di Arianna ha cominciato a srotolarsi tra le mie mani curiose e fiduciose.
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Dopo settimane e settimane a guardare microfilm di documenti scritti a mano nell’800 presso la Curia Arcivescovile ho trovato la registrazione della nascita (24.12.1837) e quella della morte (26.11.1913) di Giorgio
Unterveger. Ma sono stati - i sei mesi all’Archivio di Stato di Trento a spulciare i permessi di polizia relativi
a tutto l’800 - che mi hanno dato la possibilità di ricostruire la presenza sul territorio trentino di Unterveger e
di altri numerosi burattinai locali minori, ma anche di grosse compagnie che si fermavano per alcuni periodi. I
severi e sistematici controlli dell’epoca, che obbligavano tutti gli artisti di strada (burattinai, musicanti, ballerini di corda, commedianti) a richiedere il relativo permesso nonché a pagare una tassa chiamata “steora” per
poter effettuare lo spettacolo, hanno il pregio di confermare la presenza degli artisti girovaghi. Da un nome,
un particolare insignificante partivo con la ricerca.
Giorgio Unterveger, che viene descritto in vari documenti oltre che come burattinaio anche come pittore e
decoratore, veniva da una famiglia numerosa e molto creativa. Personaggio stravagante e “rivoluzionario”: - si
pensi - solo al fatto - che fu il primo a presentare in una nota birreria dell’epoca, il Fonografo Edison in una
pubblica audizione, e che il suo spirito “irredentista” (Trento si trovava allora nel Tirolo Trentino) gli procurò
qualche problema con la giustizia.
Forse per questo motivo lasciò Trento e viaggiò per l’Italia, dove fu affascinato dal teatro popolare dei buratti-
ni. Le sue capacità di pittore e decoratore (disegnò anche fondali per alcuni teatri) lo aiutarono a creare burattini ma anche marionette che risultano straordinariamente originali. La perfezione e la qualità dei suoi lavori
fanno pensare ad un burattinaio del ‘900, non certo del secolo precedente. I suoi personaggi sono le maschere
della tradizione: Facanapa, Meneghino, Arlecchino, Pulcinella, Gioppino, Sandrone, Dottor Balanzone, Fagiolino, e ancora altri personaggi tra cui il Mago, il Diavolo, il Carabiniere, il Domatore, il Presentatore, il
Gentiluomo, il Capitano di nave e altre figure maschili. La caratteristica principale del lavoro di Unterveger
è la puntigliosità nel dare ad ogni burattino un connotato “fisico” ben specifico, spesso singolare, come ad
esempio particolari tic o movimenti di singole parti del viso (bocca mobile, naso estraibile, bocca aperta con
lingua mobile verso l’esterno) realizzati dopo uno studio attento dei vari congegni meccanici. In un burattino,
ad esempio, si possono osservare dei fori sulla testa e sulle guance, che in passato erano ricoperti da un foglio
di gomma, che permetteva, attraverso un tubicino che fuoriusciva da sotto, di gonfiare le gote e far apparire
un bernoccolo sulla testa. Per poter inserire i vari dispositivi tutte le teste sono state tagliate a metà: i due pezzi
sono tenuti insieme da due viti alla base della nuca. Un’altra caratteristica è il collo fissato su un tubo di metallo: ciò fa supporre che le teste fossero originariamente delle marionette, che tipicamente presentano un collo di
diametro minore. Naturalmente allargare il buco del collo per poterle usare come burattino, avrebbe significato
rompere il collo stesso, quindi ecco l’aggiunta del tubo di metallo che lo fissa; questa trasformazione di una
marionetta in burattino ha provocato un evidente impoverimento del pezzo, poiché queste modifiche hanno
costretto il burattinaio a sacrificare alcune caratteristiche, quali ad esempio la mobilità degli occhi.
Ma, la ricerca continua. Qualche anno fa ho ritrovato dei copioni degli spettacoli di Unterveger e di tanto in
tanto scopro altri “fili” da seguire.
Se questa storia vi ha incuriositi potrete saperne di più consultando il mio libro “ Lo specchio dell’uomo” Ed.
Curcu & Genovese – Trento (1998).
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Jamm'bell! E jamm' jà!!
Sulla strada di Pulcinella ... Ci sta un albero di guarattelle, come ogni albero se si ha cura di stimolarlo
opportunamente questo muterà in maniera vantaggiosa per sè e per chi ne cerca i frutti. Lo stesso albero
però, se non può giovare di interventi stimolanti, alla lunga muore, si fossilizza diventando un meraviglioso
pezzo da museo, ma privo di vita. Queste sono le guarattelle! Pulcinella ha bisogno di vivere nel suo teatrino, di urlarci la vita, di giocare, non di venirci esposto sterilmente.
Friggendo e mangiando! Guarattelle respirando!
Questo quanto trasmesso dai maestri Bruno Leone e Salvatore Gatto che mi perdoneranno per la mia interpretazione riassuntiva (chissà quanto un'aspirante guarattellara piemontese possa essere indicata per
svolgere il compito di scrivere su di un'iniziativa tanto napoletana...)
Pulcinella però, volenti o nolenti, ci riguarda tutti ovunque ci si trovi nel globo, l'identificazione è immediata,
spontanea, "spintanea" (come il contributo dopo lo spettacolo!)
Questo evento per Napoli non è stato soltanto accolto e
gradito, ma necessario!
"I napoletani hanno bisogno delle guarattelle come i
credenti della messa!" Bruno Leone
Infatti durante ogni spettacolo si respirava come un' aria
di raccoglimento religioso, ma fortemente appagato!
Consapevoli o meno apparteniamo tutti alla religione
del tutto e del contrario di tutto preponderante in questi
spettacoli!
Ciò che è fortemente auspicabile è che "jamm' bell" si
ripeta e si ripeta e si ripeta... nei secoli dei secoli amen!
Come in tutte quelle situazioni dove si è tutti parte di
una famiglia, le utopie sembrano realizzate.
Pulcinella? Quello? Cucù! Settè! Perepè! Quello dopo
aver faticato s'è riempito la panza e se n'è andato a cuccà! Che aggiungere su ogni spettacolo offerto da allievi
e maestri a Napoli? Quello migliore era sempre quello
che stava avendo vita! Devo citare però "La guarigione
di Pulcinella" nel quale pulcinella veniva convinto a
prendere la medicina proprio da Roberta: innovativo,
accattivante, tenero.
A.M.
ATELIER DELLA LUNA
In luglio e agosto 2010 si terranno, all'Atelier della Luna, cinque workshop di costruzione teatrale condotti da artisti di riconoscimento internazionale.
16-18 luglio
20-25 luglio
29-31 luglio
2-7 agosto
8-13 agosto
Costruire le ombre
Microscenografia e oggettistica di scena
Carta che cammina
La maschera in cuoio
I burattini di legno
di Giorgio Gabrielli
di Natale Panaro
di Riccardo Canestrari
di Giorgio de Marchi e Giulia Baldassari
di Brina Babini
i workshop sono rivolti sia a docenti di scuola primaria che secondaria, studenti dell'accademia e educatori che avranno la possibilità di
apprendere alcune tecniche di costruzione del teatro di figura, da poter utilizzare in percorsi didattici e performativi, che a professionisti desiderosi di ampliare le proprie conoscenze sulle tecniche di costruzione teatrale.
N.B. il termine di iscrizione è il 10 giugno 2010 i workshop sono a numero chiuso si consiglia di effettuare la preiscrizione il prima possibile
Per tutte le informazioni vedere il sito:
www.atelierdellaluna.org
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