Metodo della Trasformata di Laplace

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Metodo della Trasformata di Laplace
Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
Lezione n.17
Metodo della Trasformata di Laplace (mTL)
1.
2.
3.
4.
Introduzione
Richiami sulla trasformata di Laplace
2.1 Proprietà della trasformata
2.2 Regola di derivazione
2.3 Tabella di trasformate notevoli
Metodo della Trasformata di Laplace
3.1 Impedenze operatoriali
3.2 Funzione di trasferimento
3.3 Circuiti con condizioni iniziali non nulle
Antitrasformata e soluzione nel dominio del tempo
4.1 Relazione tra mTL e metodo dei Fasori
4.2 Esercizi
In questa lezione tratteremo il metodo della Trasformata di Laplace
(mTL) per circuiti lineari e tempo invarianti (LTI). Introdurremo la
funzione di trasferimento e le impedenze operatoriali.
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
1. Introduzione
In un sistema dinamico lineare e tempo invarianti (LTI) il legame ingresso-uscita è
costituito da un sistema di equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti. Tale
sistema per poter essere risolto si riformula in termini di una sola equazione
differenziale che, insieme alle condizioni iniziali, viene chiamato problema di
Cauchy.
Abbiamo detto che la soluzione del nostro problema di Cauchy consiste nella
sovrapposizione di due termini: l’evoluzione libera e l’evoluzione forzata. Questa
“scomposizione” in due termini non è l’unica, abbiamo visto, infatti, che la
soluzione può anche essere vista come la sovrapposizione del termine derivante dalla
soluzione dell’omogenea associata all’equazione differenziale e un termine che
abbiamo chiamato soluzione particolare. Nel caso in cui i generatori sono costanti o
sinusoidali abbiamo visto che risulta facile calcolare la soluzione particolare che
chiameremo soluzione di regime. Nel caso di generatori sinusoidali abbiamo usato,
ad esempio, il metodo dei fasori che ci ha consentito agevolmente di calcolare la
soluzione di regime sinusoidale. Tuttavia non sempre i generatori sono costanti o
sinusoidali. In questo caso esiste la possibilità di trovare la soluzione particolare
operando direttamente nella equazione differenziale nel caso in cui la funzione dei
generatori lo permette. E’ il caso ad esempio di funzioni di tipo esponenziale o
polinomiale. Ma in generale i generatori possono essere descritti da funzioni più
complicate. In questo caso sarà necessario calcolare la soluzione come
sovrapposizione di evoluzione libera e forzata e bisognerà calcolare quest’ultima
ricorrendo, in particolare, a due metodi. Questi sono il metodo della trasformata di
Laplace o il metodo dell’integrale di convoluzione. In questa lezione ci occuperemo
del primo e per brevità lo richiameremo brevemente con mTL.
2. Richiami sulla trasformata di Laplace
La trasformata di Laplace è un operatore che associa alla funzione x(t) una funzione
X(s) della variabile complessa s. Esistono due tipi diversi di operatori che vengono
scelti a seconda dei casi: la trasformata di Laplace bilatera e la trasformata di Laplace
monolatera.
La trasformata di Laplace bilatera di una funzione x(t) è definita nel modo seguente
+∞
X( s ) = ∫ x(t )e − st dt .
(1)
−∞
La trasformata di Laplace monolatera di una funzione x (t ) è definita invece nel modo
+∞
X( s ) = ∫ x(t )e − st dt .
(2)
0−
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2
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La (2) viene introdotta per lo studio di sistemi in cui si è interessati a determinare
funzioni per t>0 con condizioni iniziali eventualmente non nulle. Si fa notare che
come estremo inferiore di integrazione si è scelto lo 0- per tenere in conto di eventuali
impulsi presenti nello 0 nella funzione x(t). Osserviamo che se consideriamo funzioni
definite nulle per t<0 e con condizioni iniziali nulle le definizioni (1) e (2) sono
equivalenti.
Noi useremo sempre, per la soluzione dei nostri problemi, la definizione (2). Inoltre
sottolineiamo che useremo la trasformata di Laplace quando il nostro sistema è a
condizioni iniziali nulle oppure per calcolare solo la risposta forzata – calcolando
l’evoluzione libera direttamente nel dominio del tempo.
La trasformazione di Laplace non è definita per tutte le funzioni. Affinché una
funzione sia trasformabile secondo Laplace (o L-trasformabile) deve esistere
l’integrale (2) per almeno un valore di s. Quando questo avviene possiamo dire che
l’integrale (2) è definito su regioni del piano complesso della s (semipiani di
convergenza) del tipo:
Re{s} < β .
(3)
La variabile s si chiama pulsazione complessa. La β si chiama ascissa di
convergenza.
L’operatore di trasformata si indica con il simbolo L, quindi si ha che
X(s ) = L{x(t )}.
(4)
Per riportare una funzione definita nel dominio delle s nel dominio del tempo è
definito l’operatore inverso a L. La trasformazione inversa si definisce
antitrasformata e si indica con il simbolo L-1. Quindi
L−1 {X(s )} = x(t ) .
(5)
2.1 Proprietà della Trasformata di Laplace
Alcune proprietà della trasformata di Laplace sono:
Proprietà di unicità :
La trasformata di Laplace stabilisce una corrispondenza biunivoca tra le funzioni del
tempo x(t) e le funzioni di variabile complessa X(s).
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Proprietà di linearità :
L’operatore L è lineare
L{a1 x1 (t ) + a 2 x2 (t )} = a1 X1 (s ) + a2 X 2 (s ) .
(6)
Proprietà di traslazione:
L{x(t − t 0 )} = e − st X ( s )
0
e
L{e s t x(t )} = X ( s − s0 ) .
0
(7)
Proprietà del cambiamento di scala:
Si ha:
L{x(at )} =
1 s
X  .
a a
(8)
2.2 Regola di derivazione
Avendo a che fare con equazioni differenziali non possiamo non occuparci della
trasformata della derivata di una funzione.
Nell’ipotesi in cui la funzione x(t) sia trasformabile secondo Laplace possiamo
enunciare che la sua derivata “nel senso delle distribuzioni” sarà così derivabile:
 dx(t ) 
−
L
 = sX ( s ) − x(0 ) .
 dt 
(9)
e che:
dx(t )
 d 2 x(t )  2
−
L
.
 = s X( s ) − sx(0 ) −
2
dt
dt


t =0
(10)
−
Si osservi che si utilizza 0- poiché si vuole tenere in conto di eventuali impulsi
presenti nell’istante iniziale.
Come si vede dalla (9) e dalla (10) trasformando la derivata prima e seconda della
funzione “saltano fuori” le condizione iniziali della funzione stessa. Ma, come
vedremo nel seguito, noi utilizzeremo la trasformata di Laplace per determinare la
soluzione di un problema con condizioni iniziali nulle o per determinare l’evoluzione
forzata della soluzione (che non dipende dalle condizioni iniziali), e quindi avremo
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sempre a che fare con problemi con condizioni iniziali nulle. Noi utilizzeremo la (9) e
la (19) semplificate dei termini dipendenti da condizioni iniziali:
 d 2 x(t )  2
 dx(t ) 
L
 = sX ( s ) ; L 
 = s X( s)
2
 dt 
 dt 
(11)
Osserviamo una cosa molto importante: dalla proprietà di derivazione deduciamo che
il mTL “algebrizza” le equazioni differenziali al pari del metodo dei fasori. In realtà
faremo vedere tra poco che il metodo dei fasori è un “sottometodo” del mTL. In
conclusione la trasformata associa alle derivate la moltiplicazione per la variabile s ;
questo significa che, come vedremo tra breve, potremo trattare i circuiti dinamici alla
stregua dei circuiti stazionari o in regime sinusoidale.
2.3 Tabella di trasformate notevoli
In generale quando si vuole calcolare una trasformata di Laplace non si applica
sempre la definizione (1) o (2) ma la si “costruisce” utilizzando le proprietà e alcune
trasformate notevoli di funzioni note. Nel seguito diamo una tabella in cui sono
riportate alcune trasformate elementari che possono essere utili nell’ambito della
risoluzione di circuiti.
Funzione del tempo x(t )
Trasformata di
Laplace X( s )
δ (t )
1
u (t )
1
s
1
s−a
e at u (t )
δ (t − T )
e − st
cos(ω 0t )u (t )
s
s + ωo2
2
sin(ω 0t )u (t )
ω0
s + ω02
2
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3. Metodo della Trasformata di Laplace (mTL)
Vediamo ora operativamente come usare la trasformata di Laplace per risolvere il
nostro problema formulato nel dominio del tempo come problema di Cauchy o, prima
ancora, come sistema globale.
Schematizziamo il nostro problema come in Fig. 1. Per semplicità abbiamo supposto
di avere un solo generatore. Nel caso di più generatori basta, infatti, considerare la
sovrapposizione degli effetti.
generatore g(t)
Circuito LTI
x(t)=xl(t)+xf(t)
(qualsiasi tensione o corrente del
circuito)
condizioni iniziali
Fig. 1 – Sistema ingresso – uscita per un circuito lineare forzato da un generatore.
Innanzitutto ricordiamo il fatto che la trasformata di Laplace stabilisce una
corrispondenza biunivoca tra le funzioni del tempo x(t) e le funzioni di variabile
complessa X(s). Questa proprietà è fondamentale perchè consente di trasformare un
problema definito nel dominio del tempo in un problema definito nel dominio della
variabile s, di risolverlo nel dominio trasformato trovando la trasformata della
soluzione e di antitrasformare questa nel dominio di t ottenendo la soluzione cercata
(vedi lo schema in Fig. 2).
Problema
formulato
nel dominio
del tempo
Soluzione
nel dominio
di tempo
L
L-1
Problema
formulato
nel dominio
di Laplace
Soluzione
nel dominio
di Laplace
Fig. 2 – Schema di utilizzo del metodo della Trasformata di Laplace.
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Per risolvere un circuito tramite Laplace bisogna considerare la soluzione del
problema come somma dell’evoluzione libera e dell’evoluzione forzata. Il mTL si
applica unicamente alla ricerca della soluzione forzata. Se il circuito da risolvere è
inizialmente a riposo, ossia se le condizioni iniziali sono nulle, la soluzione
coinciderà con l’evoluzione forzata. Nel caso in cui le condizioni iniziali non
dovessero essere nulle sarà necessario aggiungere all’evoluzione forzata il termine di
evoluzione libera. L’evoluzione libera sarà calcolata tramite gli usuali sistemi di
risoluzione di un’equazione differenziale omogenea imponendo le condizioni iniziali
non nulle.
In conclusione possiamo affermare che il mTL è possibile utilizzarlo nelle seguente
ipotesi:
- il circuito è LTI
- le condizioni iniziali sono nulle – circuito a stato zero (calcoliamo x(t))
- le condizioni iniziali non sono nulle e allora calcoliamo la risposta forzata
(calcoliamo xf(t))
Nel paragrafo 3.4 faremo vedere come trattare il caso in cui vogliamo tenere in conto
delle condizioni iniziali non nulle utilizzando la Trasformata di Laplace.
Per utilizzare il mTL bisogna affrontare 3 problematiche:
1 – la trasformazione nel dominio di Laplace del problema di Cauchy
2 - la soluzione nel dominio di Laplace
3 - la antitrasformazione nel dominio del tempo
Introduciamo una alla volta queste problematiche:
1 – la trasformazione nel dominio di Laplace del problema di Cauchy
Avendo definito l’operatore di trasformazione e le sue proprietà, siamo in grado di
trasformare:
- il sistema globale
- l’equazione differenziale del problema di Cauchy
Nel primo caso otteniamo, nel dominio di Laplace, un sistema algebrico nella
variabile indipendente s che dovremo risolvere.
Nel secondo caso dobbiamo trasformare il problema (20) della Lezione n.9 che
riscriviamo:
&x&(t ) + 2α x& (t ) + ω 2 x(t ) = Y (t )


 x (t ) = X
10
 1 0
 x&1 t =t = DX 10

per t > t 0
(12)
+
0
Dove abbiamo posto x=x1 e G1=Y per semplicità.
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Del problema (12) consideriamo solo la risposta forzata.
&x&f (t ) + 2α x& f (t ) + ω 2 x f (t ) = Y (t )


 x (t ) = 0
 1 0
 x&1 t =t = 0

per t > t 0
(13)
+
0
Nel caso in cui le condizioni iniziali nella (12) sono nulle xf=x. Supponiamo per
semplicità di notazione che questo sia il caso e quindi consideriamo:
&x&(t ) + 2α x& (t ) + ω 2 x(t ) = Y (t )


 x (t ) = 0
 1 0
 x&1 t =t = 0

per t > t 0
(14)
+
0
Trasformando l’equazione differenziale troviamo:
X( s ) =
as + b
G ( s) ,
s + 2α s + ω 2
2
(15)
dove (as + b)G (s ) = L{Y (t )} e G (s ) = L{g (t )}.
E’ banale estendere il risultato della (15) ad un circuito del I ordine. In questo caso si
ha dalla (3) della Lezione n.8:
X ( s) =
a
G ( s) ,
s +1 τ
(16)
dove aG (s ) = L{Y (t )} . Il coefficiente a nella (16) dipende dal coefficiente che
moltiplica la funzione del generatore al secondo membro dell’equazione differenziale
(3).
La (15) e la (16) costituiscono l’espressione finale a cui si perviene, nel dominio di
Laplace, trasformando il sistema globale o direttamente l’equazione differenziale.
2 – la soluzione nel dominio di Laplace
La soluzione del nostro problema nel dominio di Laplace è rappresentata dalla (15) o
dalla (16) a secondo dell’ordine del sistema.
Ricordando il modo di operare con il metodo dei fasori o con i circuiti resistivi, ci
viene in mente che possiamo determinare la soluzione nel dominio di Laplace
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operando direttamente sul circuito. Come vedremo meglio nel prossimo paragrafo
possiamo, infatti, introdurre qualcosa di analogo alle impedenze o alle resistenze nel
dominio di Laplace. Si definiscono le impedenze operatoriali. Utilizzando quindi
partitori e impedenze operatoriali equivalenti possiamo giungere in modo diretto alla
(15) o alla (16). Comunque sia l’espressione della soluzione nel dominio di Laplace
avrà sempre un’espressione del tipo (15) o (16).
E’ chiaro che per potersi preparare ad una antitrasformazione della (15) o (16), che
mi restituisce la grandezza cercata nel dominio del tempo, dobbiamo conoscere la
funzione G(s). Pertanto, per usare il metodo mTL schematizzato in Fig. 1 è
fondamentale poter avere a disposizione la funzione G(s). La funzione g(t) deve
essere trasformabile secondo Laplace e devo riuscire a determinare la sua
trasformata.
Le espressioni (15) e (16) sono del tipo:
X ( s ) = H ( s )G ( s ) ,
(17)
dove abbiamo introdotto la funzione H(s) che chiamiamo funzione di trasferimento
del circuito rispetto alla grandezza scelta x. Il circuito può essere visto come sistema
ingresso-uscita e la funzione di trasferimento consente di ottenere l’uscita
moltiplicando la funzione stessa per la trasformata dell’ingresso.
G(s)
X(s)
H(s)
Fig. 3– Il circuito visto come sistema ingresso-uscita.
Come vedremo tra breve la funzione di trasferimento rappresenta la trasformata di
Laplace della risposta impulsiva del circuito per la variabile scelta x.
Diciamo subito che il mTL è utile anche nel caso in cui si voglia unicamente
determinare la funzione di trasferimento del circuito.
3 – la antitrasformata nel dominio del tempo
Una volta determinata la funzione G(s), dobbiamo antitrasformare funzioni come la
(15) o la (16). Come abbiamo detto ciò è possibile se:
- conosciamo la trasformata G(s)
- riusciamo ad antitrasformare il prodotto H(s)G(s).
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Quando questo non risulta accessibile allora conviene ricorrere al teorema della
convoluzione che brevemente enunciamo. Date due funzioni trasformabili secondo
Laplace si ha:
L{ f1 (t ) ∗ f 2 (t )} = F1 ( s )F2 ( s ) ;
(18)
dove abbiamo introdotto il prodotto di convoluzione:
t+
t+
0−
0−
f1 (t ) ∗ f 2 (t ) = ∫ f1 (τ ) f 2 (t − τ )dτ = ∫ f1 (t − τ ) f 2 (τ )dτ .
(19)
Nella Lezione n.19 parleremo più a lungo della convoluzione appena introdotta, qui
ci interessa sottolineare che nel nostro caso, quando l’antitrasformata della (17) non è
accessibile possiamo determinare la x(t) direttamente nel dominio del tempo con la
seguente espressione:
t+
x(t ) = L {H(s )G (s )} = ∫ g (τ )h(t − τ )dτ .
−1
(20)
0−
dove h(t ) = L−1{H(s )} rappresenta la risposta all’impulso relativa ad una grandezza
scelta come uscita. Si comprende allora l’importanza della determinazione della
funzione di trasferimento H(s) del circuito rispetto ad una funzione x cercata. Infatti
data la struttura matematica della funzione H(s) sarà semplicissimo, utilizzando la
scomposizione in fratti semplici, arrivare alla determinazione della risposta
all’impulso h(t).
3.1 Impedenze operatoriali
Al fine di definire qualcosa di analogo a resistenze (circuiti resistivi) o impedenze
(circuiti di fasori), possiamo trasformate le relazioni caratteristiche dei singoli bipoli
nel dominio di Laplace.
Grazie alla regola di derivazione (10) ed (11), le relazioni caratteristiche per il
condensatore e per l’induttore da differenziali diventeranno, nel dominio trasformato,
algebriche. Nella tabella seguente la sintesi delle relazioni caratteristiche nel dominio
di Laplace:
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Resistore
Condensatore
V ( s ) = RI ( s )
V( s ) =
1
I( s )
sC
Induttore
Generatori ideali
V ( s ) = sLI ( s )
V ( s) = E ( s)
I ( s) = J ( s)
E’ chiaro che nel dominio trasformato il legame tra tensione e corrente nei bipoli
passivi è sempre di tipo algebrico. Possiamo, allora, analogamente a quanto fatto nel
dominio dei fasori, introdurre una grandezza che rappresenta il rapporto tensionecorrente di un bipolo. Questa funzione la chiamiamo impedenza operatoriale e la
indichiamo con il simbolo
Z ( s) =
V (s )
.
I (s )
(21)
Possiamo ovviamente definire anche una ammettenza operatoriale
Y ( s ) = Z −1 ( s ) .
(22)
Le impedenze operatoriali per i bipoli che conosciamo sono:
Z(s)=R
Z(s)=1/sC
Z(s)=sL
L’aver introdotto le impedenze ed ammettenze operatoriali ci consente di operare,
come per il metodo dei fasori, sul circuito trasformato secondo Laplace alla stesso
modo di un circuito in regime stazionario. Parleremo, dunque, di circuiti di
impedenze operatoriali. In questo modo sarà semplicissimo calcolare una grandezza
voluta del circuito utilizzando impedenze operatoriali equivalenti e partitori.
Facciamo un esempio: consideriamo il circuito di Fig.4 già trasformato nel dominio
di Laplace, vogliamo calcolare la tensione Vc ( s ) ai capi del condensatore.
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R1
sL
1/sC
Vc(s)
E(s)
R2
Fig. 4 – Circuito nel dominio di Laplace.
Nel circuito di Fig.4 posso operare sulle impedenze operatoriali serie e parallelo
ottenendo il circuito semplificato di Fig. 5.
Z1(s)
Vc(s)
E(s)
Z2(s)
Fig. 5 – Circuito di Fig. 4 con impedenze equivalenti.
Nel circuito di Fig.5 abbiamo:
Z1 ( s ) = R + sL
(22)
e
Z 2 ( s) =
R2 / sC
R2
=
.
1 1 + sR2 C
R2 +
sC
(23)
A questo punto applicando il partitore di tensione si ottiene
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Vc ( s ) =
Z 2 (s)
E(s) =
Z1 ( s ) + Z 2 ( s )
=
R2
1 + sR2 C
R2
( R1 + sL) +
(1 + R2 Cs )
1
R sL
1+ 1 +
+ R1Cs + CLs 2
R2 R2
E(s) =
E( s) =
1
LC
=
E( s)




R
R
1
1
1 + 1 
s 2 + 
+ 1  s +
LC 
R2 
 R2 C L 
(24)
Come si vede la (24) ha la forma della (17). In particolare abbiamo che
1
LC
H (s ) =
.




R
R
1
1
1 + 1 
s 2 + 
+ 1  s +
LC 
R2 
 R2 C L 
(25)
3.2 Funzione di trasferimento
La funzione H(s) della (25) la chiamiamo funzione di trasferimento (FdT).
Vediamo che tipo di funzione matematica ci aspettiamo che sia la FdT. La FdT è una
funzione razionale fratta. E’ un rapporto di polinomi. Al denominatore avremo un
polinomio in s con i coefficienti uguali a quelli che troveremmo nella parte omogenea
dell’equazione differenziale; al numeratore avremo un polinomio, di grado sempre
inferiore a quello del denominatore, che dipenderà dal termine forzante
dell’equazione differenziale. Il fatto che il numeratore abbia grado sempre inferiore a
quello del denominatore lo possiamo verificare, ad esempio, in un circuito del II
ordine nel quale il termine forzante dipende al massimo (confronta la (14) e la (16)
della Lezione n. 9) dalla derivata prima del forzamento.
La FdT dipende unicamente dai parametri del circuito e dalla scelta della particolare
grandezza del circuito considerata uscita del sistema. Infatti a seconda della
grandezza scelta, cambia il numeratore, mentre il denominatore rimane invariato
perché dipende dall’equazione differenziale omogenea uguale per tutte le grandezze
scelte del circuito.
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
Fino ad ora abbiamo fatto l’ipotesi che vi sia un solo generatore nel circuito. Nel caso
ve ne fossero più di uno possiamo applicare il principio di sovrapposizione degli
effetti. Per ognuno varrà quanto detto sopra. Pertanto, nell’ipotesi di n generatori
otterremmo l’espressione seguente per la trasformata della risposta forzata:
X( s ) = H1 ( s )G 1 ( s ) + H 2 ( s )G 2 ( s ) + ...H n ( s )G n ( s ) .
(26)
Facciamo attenzione al fatto che la i-sima FdT, in particolare il suo numeratore, non
sarà uguale a quello degli altri.
Diamo ora una importante interpretazione alla FdT. Consideriamo come segnale
d’ingresso g (t ) l’impulso δ (t ) . Dalla tabella vediamo che la trasformata di δ (t ) è 1.
Quindi nel caso in cui il segnale d’ingresso è l’impulso di Dirac dalla (17) l’uscita
X(s) diventa coincidente con la H(s). Pertanto la funzione H(s) possiamo interpretarla
come la risposta del sistema ad un ingresso impulsivo. Nel dominio del tempo la
risposta all’impulso la si indica con la funzione h(t ) . La risposta all’impulso
rappresenta la soluzione, cioè la x(t)=h(t), quando il generatore g(t) = δ(t) è appunto
impulsivo.
Per calcolare H(s) si può procedere in due modi:
Si agisce direttamente sul circuito considerando le impedenze operatoriali e,
utilizzando le impedenze operatoriali equivalenti ed i partitori, si riesce a calcolare
X(s) in funzione di G(s); e quindi si riesce ad isolare, tramite la (17) la FdT.
Si scrive l’equazione differenziale associata alla scelta fatta della grandezza d’uscita e
la si trasforma nel dominio di Laplace.
Focalizziamoci su circuiti del II ordine.
Il primo metodo è quello che abbiamo utilizzato per il calcolo della (25).
Vediamo il secondo metodo: lo abbiamo applicato alla (14) per ottenere la (15). Per
analizzare come procedere per il calcolo del numeratore della H(s) facciamo un
esempio:
considerato il circuito RLC serie la cui equazione differenziale è data nel sistema (39)
della Lezione n. 9, che, nell’incognita la tensione del condensatore, riscriviamo
v&&C ( t ) +
v ( t ) e( t )
R
v&C ( t ) + C
=
L
LC
LC
(27)
E, nell’incongnita la corrente nell’induttore, riscriviamo:
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&i&L (t ) + R i&L (t ) + i L (t ) = 1 de(t ) .
L
LC L dt
(28)
Trasformando, ora, la (27) e la (28) abbiamo rispettivamente
VC ( s ) = H( s )E ( s ) =
I L ( s) = H( s)E( s ) =
1 LC
E( s) ,
R
1
2
s + s+
L
LC
s L
E( s) .
R
1
2
s + s+
L
LC
(29)
(30)
Dalle (29) e (30) verifichiamo che le funzioni di trasferimento trovate hanno lo stesso
denominatore e che questo corrisponde al polinomio caratteristico associato al
sistema.
Osserviamo che i poli della FdT sono corrispondenti alle frequenze naturali del
sistema. Quindi per un circuito del II ordine possiamo scrivere nel seguente modo la
funzione di trasferimento:
H( s ) =
as + b
,
(s − λ1 )(s − λ 2 )
(31)
dove λ1 e λ2 sono le frequenze naturali del circuito.
E’ chiaro che così come otteniamo la (17) trasformando l’equazione differenziale del
problema di Cauchy, così possiamo trovare l’equazione differenziale una volta nota
la funzione di trasferimento.
In conclusione è importante calcolare la funzione di trasferimento H(s) perché da essa
è possibile:
- Ricavare la h(t) (risposta all’impulso) antitrasformando la H(s).
- Risalire all’equazione differenziale nel dominio del tempo.
- Determinare la risposta forzata calcolando prima X(s) e poi antitrasformando.
3.3 Circuiti con condizioni iniziali non nulle
La TdL si può applicare anche al calcolo della soluzione di tutta la grandezza cercata
e non solo della risposta forzata. Per fare questo consideriamo un circuito del II
ordine e quindi trasformiamo il problema (12) nel dominio di Laplace. Dopo semplici
passaggi, applicando le regole di derivazione (9) e (10), otteniamo:
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
X(s ) =
(s + 2α )X 0 + DX 0 .
as + b
G
(
s
)
+
s 2 + 2α s + ω 2
s 2 + 2α s + ω 2
(32)
Abbiamo ottenuto un’espressione nella quale compare un termine aggiunto che
rappresenta la risposta in evoluzione libera. Questo termine, infatti, l’avremmo
aggiunto, nel dominio del tempo, alla risposta forzata per ottenere la soluzione del
problema.
L’evoluzione libera della soluzione rappresenta il termine che, a partire da condizioni
iniziali non nulle del circuito, evolve fino a scaricare l’energia contenuta negli
elementi dinamici grazie a condizioni iniziali non nulle. Si determina imponendo che
la soluzione omogenea al problema soddisfi le condizioni iniziali.
Ci domandiamo che relazione esiste tra l’evoluzione libera che abbiamo imparato a
calcolare come appena descritto e il secondo termine al secondo membro della (32)?
Cerchiamo di rispondere brevemente: nel paragrafo 3 della Lezione n. 7 abbiamo
visto come è possibile “simulare” con opportuni generatori impulsivi le condizioni
iniziali delle variabili di stato. Se un elemento dinamico ha una condizione iniziale
non nulla possiamo schematizzarla con un salto di discontinuità tra una condizione
nulla e la condizione a cui in realtà si trova. Cioè:
 x(0 - ) = 0
x(0 ) = X 0 →  +
.
 x(0 ) = X 0
(33)
Il salto di discontinuità (33) che ci è servito a modellare la condizione iniziale
possiamo immaginarlo prodotto da un generatore impulsivo come abbiamo fatto nel
paragrafo 3 della Lezione n.7. Allora possiamo intuire che il secondo termine al
secondo membro della (32) rappresenta la risposta (trasformata secondo Laplace) del
circuito nella grandezza x, all’ingresso costituito da due generatori impulsivi
opportunamente collocati nel circuito come abbiamo fatto nella Lezione n.7. Quindi
modellare le condizioni iniziali con generatori impulsivi vuol dire risolvere un
problema con condizioni inziali nulle a cui si sono aggiunti dei nuovi forzamenti (i
generatori impulsivi). Così facendo, la trasformata di Laplace della risposta
complessiva presenta una sovrapposizione degli effetti: la risposta al generatore g(t) e
la risposta ai generatori impulsivi che tengono conto delle condizioni inziali.
4. Antitrasformata e soluzione nel dominio del tempo
Riepiloghiamo brevemente quanto detto circa il modo operativo di procedere del
mTL.
1. Si costruisce il circuito d’impedenze operatoriali corrispondente al circuito
considerato.
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
2. Si risolve il circuito d’impedenze operatoriali applicando la sovrapposizione degli
effetti e le altre tecniche tipiche dei circuiti resistivi lineari (equivalenze serie e
parallelo, regole dei partitori, …) ottenendo la relazione (17) e quindi la funzione
di trasferimento H(s).
3. Si trasforma l’ingresso tramite la trasformata di Laplace (la G(s)).
4. Infine, per determinare le grandezze nel dominio del tempo, si scompone la
funzione H(s)G(s) in fratti semplici e si antitrasforma ogni singolo termine
(utilizzando le tabelle).
I punti 1 e 2 possono essere sostituiti dal metodo che usa l’equazione differenziale. Se
conosciamo tale equazione, trasformandola otteniamo la relazione (17).
La validità del mTL sopra sintetizzato si basa sulla possibilità di trasformate
agevolmente la funzione d’ingresso e di scomporre in fratti semplici il prodotto
H(s)G(s). Se questo risulta complicato si può utilizzare il metodo dell’integrale di
convoluzione come vedremo nella Lezione n. 19.
4.1 Relazione tra mTL e metodo dei Fasori
In questo paragrafo faremo vedere come il fasore di una grandezza da determinare in
un circuito in regime sinusoidale si può ottenere, per t → + ∞, dall’antitrasformata
della grandezza stessa determinata nel dominio di Laplace.
Consideriamo un circuito in regime sinusoidale. Consideriamo il suo forzamento che
ovviamente sarà sinusoidale:
g (t ) = GM sen(ωt + α g ).
(34)
Dalle (6) e (7) della Lezione n.13 sul regime sinusoidale possiamo dire che:
g (t ) = GM sen(ωt + α g ) = Im{GM cos(ωt + α g ) + jGM sen(ωt + α g )}.
(35)
Poi dalla (8) e dalla (10) sempre della Lezione n.13 possiamo anche scrivere:
{
}
g (t ) = GM sen(ωt + α g ) = Im Ĝe jωt ,
(36)
dove Ĝ rappresenta il fasore della funzione g(t). Possiamo anche scrivere:
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
g (t ) = GM sen(ωt + α g ) =
1
1
Ĝe jωt −
Ĝe jωt * .
2j
2j
(
)
(37)
Calcoliamo la trasformata di Laplace della (37):
G ( s) =
1  Ĝ
Ĝ * 

.
−
2 j  s - jω s + jω 
(38)
Ora noi siamo interessati alla risposta forzata della grandezza del circuito che
chiamiamo x(t). Questa la possiamo trovare nel dominio di Laplace assumendo nota
la funzione di trasferimento relativa ad x. Si ha:
X(s ) = H(s )G (s ) = H(s )
1  Ĝ
Ĝ * 

.
−
2 j  s - jω s + jω 
(39)
Ora vogliamo antitrasformare la (39). Per farlo dobbiamo dare una forma alla FdT.
Supponiamo per semplicità che questa abbia n poli semplici diciamoli pi. Pertanto
possiamo scrivere:
X (s ) =
 Ĝ
1 
N (s )
Ĝ * 
,


−
2 j  (s − p1 )...(s − p n )  s - jω s + jω 
(40)
dove abbiamo genericamente introdotto per il numeratore della FdT il polinomio
N(s). Possiamo anche scrivere:
X (s ) =
 Ĝ
 Ĝ *
1 
N (s )
1 
N (s )



− 
.
2 j  (s − p1 )...(s − p n )  s - jω 2 j  (s − p1 )...(s − p n )  s + jω
(41)
Antitrasformiamo uno alla volta i termini al secondo membro della (41). Cominciamo
con il primo. Indichiamo con ki i residui corrispondenti ai poli pi della FdT. Inoltre
valutiamo il residuo del polo jω. Osserviamo che questo polo sarà sempre diverso dai
poli pi essendo questi con parte reale negativa non nulla. Andiamo al calcolo del
residuo del polo jω:

1 Ĝ  1
(
)
(
)
lim
s
j
ω
H
s

 = H( jω )Ĝ .
s → jω
2
j
s
j
ω

 2j
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(42)
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
Ora dobbiamo antitrasformare la (41) utilizzando le tabelle e la proprietà di
traslazione e moltiplicazione per una costante. Cominciamo con il primo termine. Il
contributo del primo termine alla grandezza x(t) sarà:
n
1
∑ k i e p t + 2 j H( jω )Ĝe jωt
i
per t≥0.
(43)
i =1
Ora passando la (43) al limite per t→+∞, ricordando che i poli della FdT sono tutti
negativi:
1
H( jω )Ĝe jωt
2j
per t→+∞.
(44)
Applicando lo stesso ragionamento al secondo termine si ha che :
x(t ) =
1
1
H( jω )Ĝe jωt − H(− jω )Ĝ * e - jωt
2j
2j
(45)
per t→+∞.
La (45) possiamo riscriverla:
x(t ) =
1
1
H( jω )Ĝe jωt −
H( jω )Ĝe jωt * per t→+∞.
2j
2j
(
)
(46)
Quindi, in analogia alla (36) e (37), possiamo concludere che per t→+∞ otteniamo
una soluzione di regime data dall’espressione (47) e quindi dalla seguente:
{
x(t ) = Im H( jω )Ĝe jωt
}
per t→+∞.
(47)
La (47) è l’espressione che avremmo trovato con il metodo dei fasori. La funzione
H(jω), che dipenderà dalla frequenza del generatore, rappresenta la conclusione di
calcoli fatti lavorando direttamente sul circuito con impedenze equivalenti e partitori.
Quindi nel metodo dei fasori noi troviamo una funzione che chiamiamo funzione di
rete che denotiamo con H(jω) (confronta Lezione 13). E’ chiaro che:
X̂ = H( jω )Ĝ .
(48)
La funzione di rete si può ottenere dalla funzione di trasferimento calcolata per s=jω.
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
4.2 Esercizi
Vediamo come risolvere il circuito RC illustrato in Fig. 6 per t >0 e con condizioni
inziali vC (0) = V0
R
C
e(t)
vc(t)
Fig. 6 – Circuito RC.
L'equazione differenziale del circuito di Fig.6 (vedi la (21) della Lezione n. 8):
 dvC vC e(t )
+
=

τ
τ
 dt
vC (0) = V0

t >0,
(49)
con τ = RC. Nella (49) il segnale di ingresso è e(t ) , mentre vc (t ) è l'uscita del nostro
circuito. Possiamo scrivere la soluzione come somma di risposta in evoluzione libera
e forzata:
vC (t ) = vCl (t ) + vCf (t ) .
(50)
Come detto in precedenza possiamo applicare la trasformata di Laplace ad entrambi i
membri dell'equazione (49) supponendo condizioni iniziali nulle, ottenendo, così:
1
E(s)

,
 s + VCf ( s ) =
τ
τ


(51)
dove E(s ) e VCf (s ) sono rispettivamente la trasformata di e(t ) e di vCf (t ) .
La funzione di trasferimento, adesso, può essere facilmente ricavata dalla (51) tramite
alcuni semplici passaggi algebrici. Si ha infatti:
VCf ( s ) = H ( s )E( s ) =
1τ
E( s )
s +1 τ
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(52)
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
Osserviamo che il denominatore della H(s) è un polinomio nella variabile s avente
gli stessi coefficienti del polinomio caratteristico. Il numeratore della funzione di
trasferimento è un polinomio di grado minore del denominatore.
Riscriviamo la (52) nel modo seguente:
VCf ( s ) =
1
sC
1
+R
sC
(53)
E( s )
La (53) è la formula di un partitore di tensione. Questo conferma il fatto che
potevamo operare direttamente sul circuito per calcolare la funzione di trasferimento
usando un partitore di tensione.
−t
Considerando come ingresso e(t ) = e T u (t ) . Risolviamo il problema calcolando i due
termini della (50).
Cominciamo con l’evoluzione libera soluzione del problema:
1

v&cl (t ) + vcl (t ) = 0
τ

vc (0) = V0
(54)
che ha come soluzione l’integrale generale
−
t
vcl (t ) = ke .
τ
(55)
Imponendo le condizioni iniziali la (55) diventa
−
t
vcl (t ) = V0 e .
τ
(56)
Ora calcoliamo l’evoluzione forzata con il mTL. Nel nostro esempio la trasformata
dell’evoluzione forzata è stata già calcolata nella (52) nel dominio di Laplace.
t
−
1
Ricordando che L[e T u (t )] =
, possiamo sostituire E(s) nella (52):
s +1 T
VCf ( s ) =
1τ
1
.
(s + 1 τ ) (s + 1 T )
(57)
A questo punto dobbiamo utilizzare la scomposizione in fratti semplici. Si ha:
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Lezione 17 – Metodo della Trasformata di Laplace
VCf ( s ) =
A
B
+
,
(s + 1 τ ) (s + 1 T )
(58)
Dove possiamo determinare:
1τ
1τ
,
=
(s + 1 τ )(s + 1 T ) (1 T − 1 τ )
(59)
1τ
1τ
,
=−
(s + 1 τ )(s + 1 T ) (1 T − 1 τ )
(60)
A = lim (s + 1 τ )
s → −1 / τ
B = lim(s + 1 T )
s →− a
Dalla (58), con la (59) e (60) antitrasformando otteniamo la soluzione forzata:
t
t
−
−
1τ
1τ
τ
T
vCf (t ) =
e −
e ;
(1 T − 1 τ )
(1 T − 1 τ )
(61)
ed infine, la soluzione completa sarà:
vC (t ) = V0 e
−
t
τ
t
t
−
−
1τ
1τ
τ
T
+
e −
e .
(1 T − 1 τ )
(1 T − 1 τ )
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