Le accuse di Gaetano Romani

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Le accuse di Gaetano Romani
PRIMO PIANO
PRIMO PIANO
L’INCHIESTA/1
Il centro commerciale e
direzionale Parco Romani
Le parole di Romani:
«Gatto è il regista»
pis, ndr) a fronte
dell’intero piano del
centro commerciale
e 78 posti auto, per
un totale di 5.100.000
di euro, perdendo
così la somma di
1.800.000
euro».
Sempre nella stessa
giornata viene stipulata un’altra permuta
con il dirigente del
Comune Biagio Cantisani a cui vengono
cedute le quote dell’Immobiliare
Argento in cambio
dell’area su cui si sta
realizzando il parco
commerciale.
Le dichiarazioni che fanno tremare Catanzaro
Accuse all’ex presidente di Confindustria
e all’allora sindaco del capoluogo Rosario Olivo
«L’
intera operazione, di cui è stato il regista Giuseppe Gatto, ha di fatto distrutto il patrimonio
della mia famiglia. Insieme ai miei familiari abbiamo deciso di denunciare i fatti all’autorità
giudiziaria». Così l’ingegnere Gaetano Romani,
creatore dell’immenso e incompiuto parco
commerciale di Catanzaro, sintetizza il percorso che lo ha portato, alcuni mesi fa, davanti agli uomini del Nucleo tributario della
guardia di finanza. Sette pagine contengono le spontanee dichiarazioni rilasciate
al pm Carlo Villani il 3 luglio scorso, all’indomani delle perquisizioni disposte dalla
Procura di Catanzaro. Un verbale (depositato al Tribunale della libertà) monco. Alcune parti, infatti, sono coperte da omissis,
ma soprattutto il racconto di Romani parte
dal dicembre 2008 tralasciando, quindi, la
gran parte della intricata storia del Parco,
iniziata alla fine degli anni Novanta. Possibile, però, che quel decennio “oscurato”
nell’ultimo colloquio con il magistrato sia
stato al centro di precedenti interrogatori.
L’AFFONDO SU OLIVO
Il racconto dell’ingegnere inizia dal dicembre 2008, quando a Palazzo de Nobili siede
il sindaco Rosario Olivo. La società Romani
è in default, deve pagare al Comune oltre 3
milioni di euro per aver realizzato l’opera
su territorio di proprietà dell’amministrazione. L’imprenditore propone all’ente di
«permutare il debito con spazi immobiliari
del medesimo centro». La pratica quasi alla
fine dell’iter autorizzativo verrà bloccata a
seguito del parere del dirigente Pasquale
Costantino che, trovandosi all’estero, via fax
comunica agli uffici comunali che l’accoglimento della permuta avrebbe causato lo
sforamento del patto di stabilità. La proposta di Romani a quel punto verrà rigettata,
la successiva delibera numero 74 stabilirà
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CORRIERE della CALABRIA
che il debito potrà essere saldato «solo ed
esclusivamente mediante disponibilità finanziarie liquide». Ma per l’imprenditore
quel parere del dirigente è «un falso, in
quanto quella somma non era neanche
iscritta nel bilancio dell’ente comunale». È
a questo punto che Romani chiama in
causa l’ex sindaco Olivo: «Mi sono sempre
chiesto perché il funzionario comunale
abbia ostacolato la proposta di permuta;
non sono riuscito a darmi una risposta fino
a qualche mese fa, quando un noto avvocato catanzarese, che è stato anche assessore, mi ha aperto gli occhi, facendomi
riflettere sul fatto che solo un sindaco, ovvero Rosario Olivo, poteva aver avuto un’influenza così forte da indurre un funzionario
a emettere un parere del genere». Romani
fa comunque mettere a verbale che «a riguardo non ho alcun dato concreto».
IL RUOLO DI GATTO E SPEZIALI
Ai due ex presidenti di Confindustria, entrambi indagati, l’ingegnere riserva un trattamento
completamente
diverso:
durissimo con il costruttore Giuseppe
Gatto, più edulcorato con Giuseppe Speziali. Il racconto di Romani parte proprio da
quest’ultimo e dalla fornitura di materiale,
del valore di un milione di euro, che la
Calme (azienda del gruppo Speziali) aveva
fornito per la costruzione del centro. Speziali, stando a quanto contenuto nel verbale, non solo concesse una dilazione dei
pagamenti ma si fece promotore di un incontro con gli altri creditori di Romani per
concedere più tempo alla società dell’inge-
gnere. A questo punto entra in scena Gatto.
«Lo stesso Speziali mi chiese di visitare l’immobile del centro commerciale assieme a
un suo amico, un costruttore di Catanzaro,
che si rivelò successivamente Giuseppe
Gatto. Entrambi si resero disponibili per
progettare un piano di risanamento all’esito del quale il guadagno netto, per la
mia famiglia, doveva essere pari a 6 milioni
di euro (poco meno di 3 milioni liquidi, il
resto in proprietà immobiliari, ndr)». Il 24
novembre 2009 viene stipulata una scrittura privata, la gestione dell’affare passa
nelle mani di «Valerio Donato, Giovanni Parisi, Fabio e Giuseppe Gatto, Giuseppe e
Antonio Speziali». Ma, specifica Romani, «il
nostro interlocutore era solo Giuseppe
Gatto con il quale abbiamo avuto anche
un’accesa discussione allorquando pretese
che noi firmassimo un documento con cui
riconoscevamo un compenso di circa un
TRALASCIATO IL PERIODO
PRECEDENTE AL 2008.
LA PRESUNTA MINACCIA
AL MOMENTO DI SIGLARE
IL PIANO DI RISANAMENTO:
«O FIRMI, O FALLISCI»
milione e mezzo di euro per l’attività resa
per la redazione del piano di risanamento
da parte dei firmatari dello stesso». Non sarebbe stata l’unica lite. Ad aprile 2010, con
la delibera numero 4, il Comune accetta la
proposta di permuta avanzata da Gatto e
Speziali per coprire il debito della ditta Romani. Il 30 giugno del 2010, nello studio del
notaio Rocco Guglielmo, si ritrovano Gatto
e Romani. A questo punto l’ingegnere sarebbe stato informato dall’ex presidente
della Confindustria catanzarese che «il
piano di risanamento riportante le spettanze alla famiglia Romani non era da ritenersi più valido e me ne proponeva un
altro». Stando al racconto messo a verbale,
dai 6 milioni previsti si sarebbe passati ad
appena 1,4. «Gatto minacciò di far saltare
tutta l’operazione qualora non avessi accettato le nuove condizioni». Poche righe dopo
Romani chiarisce ancora meglio: «In particolare Giuseppe Gatto, alla presenza di mio
fratello Giovanni Battista Romani, mi disse
testualmente “o firmi, o fallisci”». Gaetano
Romani accetta. «Nel primo atto, che ho già
trovato predisposto e al quale non potevo
rifiutarmi di firmare, pena il fallimento, acquistavo da Gatto e Speziali, per intero, le
quote della società Immobiliare Argento
(costituita da una porzione del multipiano
di via Argento e un edificio in viale De Filip-
GLI EX CONSIGLIERI
Nel verbale del 3 luglio Romani ricostruisce
il ruolo avuto nella vicenda da due consiglieri della maggioranza che sosteneva il
sindaco Olivo, Francesco Lacava (indagato
dalla Procura) e Giulio Elia (consigliere comunale in carica, ma eletto nelle fila del
centrodestra con la Lista Scopelliti). Anche
in questo caso sarebbe stato Gatto a suggerire a Romani di creare una nuova società,
la Parco Romani srl, e di nominare amministratore Lacava. A dicembre del 2011 Romani viene a sapere che «il 24 marzo 2011
era stata approvata una delibera in cui si acconsentiva a che Lacava poteva agire in
nome e per conto della società parco commerciale Romani, anche per atti di straordinaria amministrazione». Per l’ingegnere
però la ricostruzione di quella seduta è falsa
in quanto tra i presenti viene riportato il
nome del fratello Giovanni che, invece, «si
CHIAMATI IN CAUSA ANCHE
DUE EX CONSIGLIERI COMUNALI
DELLA MAGGIORANZA
DI CENTROSINISTRA,
FRANCESCO LACAVA
E GIULIO ELIA
trovava alla veglia funebre» della sorella deceduta il 23 marzo. Gaetano Romani ricorda, poi, la vendita dei 2500 metri quadri
del parco alla Catanzaro servizi per realizzarvi l’Ente fiera. «Il 25 maggio 2011, in sede
di consiglio di amministrazione, sono venuto a conoscenza che il 2 maggio 2011 Lacava aveva riacquistato quanto ceduto a
Gatto e Speziali nel 2010 per 3.600.000 euro;
a fronte delle mie rimostranze, in quanto la
società non aveva le capacità finanziarie per
affrontare tale acquisto, lo stesso Lacava mi
fece presente che aveva provveduto a vendere alla “Catanzaro Servizi” un’ala del secondo piano dell’erigendo centro
commerciale per la somma di 5.700.000
euro in data 16 maggio 2011». Secondo
quanto riferisce Romani, Lacava gli «illustrò
l’operazione come un vero e proprio affare,
in quanto la cessione alla “Catanzaro servizi” prevedeva una minor superficie a
fronte di un maggior prezzo di vendita rispetto a quanto contrattato con Gatto e
Speziali». L’ingenere fa poi annotare che la
società partecipata del Comune è rappresentata da Giuseppe Grillo (anche lui destinatario di un avviso di garanzia) «già
responsabile, peraltro, del servizio di sicurezza del palazzo “Gatto” di via Pugliese, in
Catanzaro, oltre che dello stesso centro
commerciale».
Tornando all’ex consigliere comunale, Romani fa mettere a verbale che a «Lacava è
stato riconosciuto un compenso omnicomprensivo di 150mila euro per svolgere la sua
attività, più 2.600 euro al mese per le persone che lavorano nello studio del Lacava,
ovvero le figlie dello stesso». Altro politico
chiamato in causa da Romani è Giulio Elia,
consigliere di maggioranza con la giunta
Olivo e adesso con la Lista Scopelliti a sostegno di Abramo. Elia, stando a quanto dichiarato da Romani, si sarebbe reso
«disponibile ad aiutare la mia proposta di
permuta nel 2008». Ma il consigliere, attraverso sua figlia, sarebbe anche uno degli
oltre cento catanzaresi ad aver investito nel
Parco, acquistando un locale che Romani
valuta 220mila euro. Ai magistrati, però, l’ingegnere ha detto che «il locale è stato ceduto
a 200mila euro; Elia, tuttavia, mi chiese di
indicare nell’atto di compravendita 130mila
euro, per risparmiare sui costi connessi e di
saldare i restanti 70mila in nero. A seguito
del piano di risanamento, Elia ha negato di
dovermi i restanti 70mila euro». Accuse pesanti che Romani si dice certo di poter provare, ma è bene precisarlo al momento,
comunque, non risultano iniziative giudiziarie a carico del consigliere comunale.
G. M.
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