Ai “Vispa Teresa”* viene stabilito che, nell`ultimo periodo di attività

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Ai “Vispa Teresa”* viene stabilito che, nell`ultimo periodo di attività
Ai “Vispa Teresa”* viene stabilito che, nell’ultimo periodo di attività, due
gruppi di ragazzi preparino il percorso di musica e motoria, gli altri due quello
di arte e teatro. Per la serata aperta al pubblico, in cui verranno presentati i
lavori di questo progetto, decido di riprendere alcuni argomenti tra quelli che
più sono piaciuti negli incontri del laboratorio di teatro e trasformarli in
copione. I ragazzi si accorgono subito di quanto sia difficile trascrivere un
gestire e un parlare spontaneo e farlo diventare recitabile.
Ad esempio, le descrizioni del secchio e dell’odometro che hanno creato, al
momento dell’invenzione, attimi spassosissimi, ben difficilmente potranno
essere riprodotti davanti ad un pubblico.
Ma per recitare bisogna fingere, il teatro è finzione (chissà poi se è vero, ci
sono così tante definizioni di teatro…). Proviamo a ricordarci intonazioni,
espressioni, movimenti, proviamo a caratterizzare i personaggi recitando un
po’ sopra le righe. Certo, non è facile, sarebbe più semplice e sicuro, ad
esempio, leggere in maniera garbata testi di scrittori famosi, poesie di veri
poeti. Ma tutto questo è scartato a priori dai ragazzi. “No, no, solo cose fatte
da noi, è meglio.” Desiderio di qualcosa di diverso? Tornano in mente le frasi
di Julian Beck.
“… Desiderio di un teatro diverso, che valga ciò che siamo realmente,
speranza che il teatro cambierà, ma quel che vogliamo davvero è
cambiare noi stessi, cambiare tutti insieme, e che cambiando cambi il
mondo."
Beck, La vita del teatro.
I ragazzi non conoscono Beck e forse non vogliono dire nemmeno la stessa
cosa. Comunque, e questo è importante, tentano la sorte. Tentare la sorte
vuol dire in qualche modo cambiare il corso degli eventi, quindi cambiare un
po’ il mondo. Tutti insieme, tutti d’accordo. Faticosi, confusionari e teneri.
Ecco che allora la proposta al pubblico è formata da loro leggende sul Ponte
alle Grazie, loro definizioni, loro elucubrazioni e scenette.
Una spericolata spalletta, un imponente Ponte San Niccolò, un grazioso
Ponte alle Grazie (vecchie lenzuola dipinte ad Arte) diventano scenografie
mobili che i ragazzi reggerranno a turno travestiti da lampioni (pezzi e strisce
di cartone ritagliati e colorati) mentre un copricapo a forma di freccia, con la
scritta TUTTE LE DIREZIONI, continuerà a girare su se stesso. Tre
meravigliosi pezzi di fiume semi-rigidi, fatti in carta, vestagliette della mensa
usate e colla, completano la scena, mentre alcuni elementi raccattati un po’ in
qua un po’ in là, (qualche cappello, una maschera, due rametti, un secchio,
un odometro) concludono l’elenco degli oggetti di scena.
“L’obiettivo era sempre evitare di usare denaro, trasformare
objets-trouvés - qualunque cosa - in qualcosa di utile, perlomeno fino al
punto in cui divenissero elementi magici della scena.
J.Beck, La vita del teatro.
E così abbiamo cercato di fare.
Anna Lucheroni
* I gruppi espressivi del III e del IV biennio.
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Di ponte in ponte
A cura del Gruppo D
Mathias, Gregorio, Dafne, Irene, Aurora, Niccolò E., David,
Caterina, Cruciani, Angela, Clara Presciutti.
Cinque ragazze, (Caterina Cruciani, Dafne, Angela, Clara, Aurora).
a sedere, aria imbambolata, recitano battendo le mani:
Ponte ponente
ponte pi
tape tape rugia
Ponte ponente
ponte pi
tape tape ri
Narratore (David) (aria di sufficienza) - Si sa che le filastrocche
usate dai bambini per fare la conta non devono avere un senso
logico. Ma questa è veramente senza senso! Vi siete mai chiesti
perché?
In realtà si tratta di una famosa conta francese imparata dai
bambini italiani ai tempi di Napoleone III.
I bambini italiani, non conoscendo il francese e non riuscendo a
distinguere bene le parole, hanno trasformato “pomme de reinette”
in “ponte ponente”.
Irene, Niccolò, Mathias, Gregorio
(recitano in francese)
Pomme de reinette
et pomme d'
api
tapis tapis rouge
Pomme de reinette
et pomme d'
api
tapis tapis gris
Narratore: Ma andiamo avanti. Ponte. Che cos’è un ponte?
I voce (Caterina Cruciani) (aria saputella) - Costruzione di pietra,
di ferro o di legno fatta da una riva all’altra di un fiume per
traversarlo.
II voce (Angela) (aria angelica) - I ponti sono normalmente
costruiti dall'
uomo. Su di essi la gente può camminare a piedi senza
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bagnarsi i piedi. Ci può viaggiare anche con un veicolo senza
bagnare il veicolo.
Una vera comodità.
III Voce (Aurora) - Il primo ponte fu forse un semplice tronco
d'
albero caduto per caso fra le due rive di un fiume. (scena mimata,
Gregorio con la maschera da scimmia)
IV Voce (Mathias) - Quando gli uomini (mette un cappello in testa a
Niccolò) si resero conto della sua utilità, avranno aggiunto un altro
tronco parallelo in modo da far passare carichi pesanti.
(scena mimata)
V Voce (Dafne) - Un ponte può essere fisso (azione mimata) o
mobile (azione mimata).
VI Voce (Clara) - I ponti fissi sono: ad arco
(azione mimata)
Clara - …Sospesi
(azione mimata)
Clara - Strallati
(smarrimento)
Narratore - (meravigliato e saccente) Come, non sapete cosa sia
un ponte strallato?
Coro - No!!
Clara - (aria saputella) Il Ponte all’Indiano, a Firenze, è il maggiore
ponte strallato realizzato in Italia.
VII voce Niccolò - Parliamo adesso dei ponti mobili (azione
mimata)
Fra questi c’è il Ponte levatoio (azione mimata)
Il Ponte girevole (azione mimata)
Il Ponte ribaltabile (azione mimata)
Narratore - (aria di disappunto) - No, no, no! È un ponte che si
apre nel mezzo
(viene ripetuta l’azione)
VIII Voce (Caterina Cruciani)- (sempre con la sua aria da
saputella) Un ponte è una struttura utilizzata per superare un
ostacolo naturale o artificiale, che si antepone alla continuità di una
via di comunicazione. Avremo dei ponti propriamente detti se
l'
ostacolo è rappresentato da un corso d'
acqua.
IX Voce (Gregorio) - (aria seria, anzi serissima) Per trovare un
ponte bisogna prima cercare un corso d’acqua. Senza il corso
d’acqua ciao ponti.
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X Voce (Irene) - (da prima della classe) Noi ragazzi e ragazze del
III Biennio infatti abbiamo prima cercato l’Arno e poi i ponti. E fra
tutti i ponti dell’Arno ne abbiamo scelti due. Ponte alle Grazie e
ponte San Niccolò.
V Voce (Dafne) - Ecco come è nato il progetto di ponte in ponte.
VI Voce (Clara) - Quando in teatro è stato chiesto di elencare due
oggetti usati per il nostro progetto “Di ponte in ponte”, abbiamo
detto l’odometro e il secchio. Non chiedeteci perché.
IL SECCHIO
Ecco alcune definizioni di secchio:
David
Il secchio è un cappello a cilindro più duro. È fatto di plastica o
ferro. E ha un manico. Serve per contenere le cose.
Niccolò
Il secchio è un vaso per piante però senza pianta. Fatto di ferro,
legno, plastica. Ha un manico in mezzo al buco.
Angela
Un secchio è una specie di cilindro. No. Non è una specie di cilindro
che ha un manico.
Serve! Se una signora deve lavare il pavimento deve usare il
secchio con dentro l’acqua.
Aurora
Il secchio è una specie di cesto senza buchi. Ha solo un buco in
cima, dentro è tutto vuoto…
Irene
Un secchio è un recipiente a forma di cilindro che da una parte ha
un buco e dall’altra è tappato pereché se no cadrebbe la roba.
Mathias - Il secchio è fatto di vari materiali tipo legno. No,
sbagliato, plastica! E ha due buchi in cima per tenerlo perche alla
spiaggia mi si era tolto quando lo tenevo…
Gregorio - E questo è quello che dice il vocabolario: “recipiente
simile alla secchia, di vari materiali e adibito a vari usi”
Dafne - (continuando con la definizione da vocabolario) Un secchio
è un contenitore cilindrico o, più frequentemente, a forma di cono
tronco con un apertura in alto e un fondo piatto, di solito attaccato a
un manico semicircolare. I secchi sono stati usati fin dall'
antichità,
soprattutto per trasportare acqua. I secchi possono essere usati
anche per trasportare vernici, sabbia e alimenti. Nelle fattorie sono
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utilizzati per dare da mangiate a cavalli e mucche e per raccogliere
frutta come le mele.
Caterina Cruciani. - Un tempo costruito in legno, poi in metallo,
rame o lamiera stagnata, oggi è in plastica. Esistono secchi
piegabili fatti con tela cerata per dare acqua e cibo ai cavalli mentre
si è in viaggio.
Tutto sommato le nostre descrizioni sono migliori.
ODOMETRO
Narratore: L’odometro è più facile a descrivere… (apre il libro)
L'
Odometro (dal greco hod s, strada, e m tron, misura) è una
macchina che serve a calcolare la distanza percorsa ed è
conosciuta fin dall'
antichità.
Si ritiene che l'
invenzione sia da attribuire ad Archimede nel corso
della prima guerra punica… Sono noti studi di Leonardo da Vinci su
quest'
apparecchio. L'
odometro ideato da Leonardo sembra una
carriola. Per concludere: l’odometro è un’antica carriola per
misurare la strada.
Ode all’ Odometro
( due versi a testa, con tono melodrammatico)
Odometro.
Oh, Odometro!
Odo i tic tic tic
Che mi dicono
Quanta strada
Quanti metri
Quanto lungo
È il lungarno
Odometro
Che segni ticchettando
I nostri passi
Nel viaggio di ponte in ponte.
Nessuno, fino a questo momento,
Aveva cantato le tue gesta.
Con questa ode
Odometro
Da ora in poi
Sarai finalmente
ricordato per sempre.
Tic, tic, tic.
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Descrizione dell’odometro
Siamo in uno degli ultimi incontri del laboratorio di teatro.
L’indicazione è di mettersi davanti ai compagni e descrivere
l’odometro nella maniera più strana possibile. Accettano la proposta
Caterina e Sabrina. Sono state trascritte fedelmente le loro parole.
Caterina Compagno - L’odometro... è un oggetto per misurare i
metri su un piano abbastanza grande. Se fosse abbastanza piccolo
non si userebbe quello. Ha un bastone con attaccata una ruota…
mi sa, non lo so, c’è una sporgenza nella ruota, che non so, una
stanghetta, e fa tic. E un tic corrisponde a un metro. L’abbiamo
usato mi pare in terza elementare per misurare il corridoio.
Sabrina Affortunati - L’odometro. È una cosa, un oggetto che si
usa per misurare i metri.
Domanda da parte del pubblico - I metri non sono già misurati?
Sabrina - Sì, ma lo porti, vai con lui per la strada. Ci sono quelli
vecchi che hanno una rotella (intendendo l’odometro) che non fa tic.
Preferisco quelli che fanno tic.
È di legno e di plastica. Io ho misurato la lunghezza della scuola.
Domanda da parte del pubblico - Cosa c’entra il ponte?
Sabrina - Si possono misurare le lunghezze del ponte, dell’Arno.
No, l’Arno è troppo lungo.
Per misurare l’Arno io comincerei dalla foce e ci vorrebbe una
settimana se si va a piedi, ma meno se vai in bici, motorino o
macchina. In macchina lo metterei davanti alla macchina e per
sentire il tic metterei un microfono. Lo metterei nel bastoncino
dell’odometro e lo collegherei alle cuffie del guidatore e di quello
che sta accanto al guidatore. È meglio metterle anche al guidatore
perché chi non guida di solito si addormenta, perché contare i tic è
come contare le pecore. C’è un altro modo per non addormentarsi
ed è usare il computerino. L’Arno però dipende da come lo misuri,
se c’è una curva e tu sei su un lato dipende da che lato curvi, può
sembrare più lungo o più corto. Un altro modo è andare con la
barca, stai in mezzo e fai la media con le due rive.
In barca metti l’odometro, sul fondo, davanti. Si usa un microfono.
Anche qui, ma non lo sento sott’acqua, così metto una rotella più
grande. Se però sotto ci sono dei sassolini, la rotella va su e giù e
deve misurare più strada ed è più lungo, allora ci vuole uno che
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vada sott’acqua e tolga i sassolini davanti alla ruota. Però potrebbe
essere difficile quindi ci dedvono essere più sommozzatori, almeno
dieci.
Però si può fare anche in elicottero, l’attacchi sotto e senti il tic
sempre con le cuffie. Forse l’odometro un po’ si muove… allora ci
metti la mano e così lo senti lo stesso.
Domanda da parte del pubblico - Ma come si fa a misurare
l’Arno?”
Sabrina - Allora vai sull’acqua ne fai uno che ci va a pelo.
Considerazione del pubblico - Però non gira!
Sabrina - Se fa molto freddo si ghiaccia l’Arno, allora lo fai!
Prendi delle tavolette, vanno bene tre o quattro, meglio se sono di
legno o di plastica, che sono più leggere, di forma rettangolare, col
lato più lungo verso il corso del fiume e metti l’odometro sopra.
Questo sistema va bene con tutti i mezzi, auto, bici, motorino, ecc.
Sei persone per spostare i pezzi vanno bene, ma due di ricambio e
meglio perché è faticoso.
Domanda da parte del pubblico - Ma la macchina non è troppo
veloce per sentire i tic?
Sabrina - Allora prendo una ruota più grande, di 5 metri, che fa tic
più lentamente.
Domanda da parte del pubblico - Con l’elicottero come fai sotto i
ponti?”
Sabrina - Con l’elicottero è difficile!
Posso prendere un elicottero telecomandato che ci passa sotto
oppure posso alzare l’elicottero misurando il pezzo del ponte.
(A questo punto ho interrotto Sabrina e pubblico che avrebbero
continuato per chissà quanto ancora). Questo pezzo non è stato
inserito nello spettacolo perché troppo difficile da riproporre
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Il Gruppo B
(Tommaso, Carlotta, Azzurra, Cosimo, Ilaria, Alessio, Luca,
Lorenzo, Margherita, Clara Riccucci),
preferisce mettere in scena due storie surreali, inventate da loro
stessi, che parlano di ponti, turisti, strani insegnanti e strane
direzioni.
Scelgono, per la serata aperta al pubblico, di leggere a più voci
quattro leggende sul Ponte alle Grazie scritte con l’insegnante di
italiano di I media.
Questi i versi che i ragazzi hanno scartato preferendo lavorare
sui propri scritti.
FIRENZE di Dino Campana
Entro dei ponti tuoi multicolori
L'
Arno presago quietamente arena
E in riflessi tranquilli frange appena
Archi severi tra sfiorir di fiori
Azzurro l'
arco dell'
intercolonno
trema rigato tra i palazzi eccelsi:
Candide righe nell'
azzurro: persi
Voli: su bianca gioventù in colonne.
Alessandro Parronchi
I vogatori alla prima uscita
Nel fiume freddo già vibrante di primavera
Stracciano finestra per finestra,
muro per muro la città riflessa
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Mario Luzi
"Il Fiume fermo...
Il fiume fermo nella sua pelle luminosa
aggricciata dal controvento, un'
ultima
ritrosia del fiume poco prima dei ponti…
Nei giorni della piena
Quando vidi avventarsi
in capo a Borgo Pinti piegando in giù
con le sue froge schiumanti, l'
empia
cavalla della piena, il collo immane
gonfio di sozze vene, gialle d'
ira,
unte di morchia. scotendo la criniera
sotto le finestre, precipitando nelle case
con mille galoppi, tanti ne partoriva
quanti abituri c'
erano, templi e palazzi;
[…]
Carlo Betocchi
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