ATTENTATO ALL`ISPETTORE

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ATTENTATO ALL`ISPETTORE
SPETTACOLI
Domenica 28 aprile 2013
31
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Horst Tappert e la gioventù nascosta
::: GIUSEPPE POLLICELLI
Si potrebbe dire: come fai,
sbagli. Se si ha un passato politicamente imbarazzante, caratteristica comune a tanti protagonisti del Novecento, non si sa come
comportarsi. Se uno i trascorsi
imbarazzanti li rivela, si porterà
comunque dietro un fardello che
periodicamente
gli verrà fatto pesare. Se invece si
sceglie di tacere,
ancora peggio:
prima o poi lo
scheletro nell’armadio verrà scoperto e, a quel
punto, si rischia
(anzi, ci si assicura) la pubblica gogna o addirittura, nel caso si sia
defunti, la damnatio memoriae.
È quanto sta capitando ora a
Horst Tappert, indimenticato interprete della più famosa serie televisiva tedesca di genere poliziesco, L’ispettore Derrick, amatissima non solo in patria ma in
vari Paesi del mondo e soprattutto in Italia, dove è stata replicata
infinite volte. Il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung ha rivelato venerdì scorso che l’attore, scomparso nel 2008 a 85 anni,
fece parte della divisione contraerea SS-Flakabteilung, facente capo alle SS naziste. La notizia
è stata diffusa dal sociologo Jörg
Becker, il quale, durante alcune
ricerche, ha scoperto un documento in cui è indicato che Tappert entrò a far parte delle SS giovanissimo, ad appena 19 anni,
nel marzo del 1943. Resta non
chiarito, e probabilmente lo rimarrà per sempre, se il futuro
Derrick, come non è da escluder-
ATTENTATO ALL’ISPETTORE
L’Olanda cancella Derrick: «Bugie sul passato da SS»
Se passa questo principio, si oscuri mezza tv italiana
Horst Tappert ha vestito i panni dell’ispettore Derrick dal 1974
al 1998 [web]
si, sia stato costretto dalle circostanze ad arruolarsi o se si sia
trattato di una sua libera scelta.
Quel che è certo è che Tappert,
di questa sua giovanile esperienza nelle «squadre di protezione»
hitleriane, non aveva mai fatto
parola con nessuno. È un comportamento grave? Difficile ri-
spondere. Di sicuro così lo considerano, anzi gravissimo, i dirigenti dell’emittente olandese
Max, i quali hanno deciso di cancellare dal palinsesto futuro della
propria rete (l’idea era quella di
mandare in onda 20 episodi a
partire dal prossimo luglio) tutte
le repliche de L’ispettore Derrick,
motivando la drastica scelta con
la seguente spiegazione: «Evitare
di onorare un attore che ha mentito in questo modo sul proprio
passato». Una scelta che, in tutta
franchezza, appare - oltre che
autolesionistica - sbagliata.
Il rapporto con il proprio passato, soprattutto se è un passato a
cui i frangenti storici hanno contribuito ad assegnare tratti controversi, è qualcosa di estremamente delicato e personale, e
giudicarlo in maniera sbrigativa
e con la sensibilità di oggi, come
fanno in molti, è esercizio tanto
facile quanto scorretto. Peraltro,
se si applicasse anche da noi que-
sta discutibile logica, sarebbe già
stato messo al bando un segmento non piccolo dello spettacolo e del giornalismo di casa nostra. E da tempo. È infatti da un
pezzo che sono state portate alla
luce, sicuramente senza che i diretti interessati facessero i salti di
gioia, le spiccate simpatie giovanili per il fascismo (in alcuni casi
con tanto di adesione alla Repubblica Sociale Italiana) di personalità del calibro di Dario Fo,
Giorgio Albertazzi, Walter Chiari,
Carlo Lizzani, Giorgio Bocca, Eugenio Scalfari e via elencando.
C’è inoltre un precedente simile a quello di Tappert che induce a qualche riflessione.
Nell’agosto del 2006, già settantottenne, lo scrittore tedesco
Günter Grass, premio Nobel per
la Letteratura, dichiarò in un’intervista concessa ancora al Frankfurter Allgemeine Zeitung di
avere militato nelle Waffen-SS in
qualità di volontario e non da coscritto, come fino a quel momento aveva lasciato credere. Ne seguirono, ovviamente, furibonde
polemiche, e non mancò chi
chiese di revocare a Grass il premio Nobel.
Con il passare del tempo, però,
l’eco della querelle si è andata attenuando fino collocare di fatto
la vicenda nel dimenticatoio.
Grass, seppure in modo non dichiarato, ha ricevuto una sorta di
«perdono pubblico» di cui, sia
chiaro, non ci si può che rallegrare. Cosa ha salvato l’autore del
“Tamburo di latta”? Certamente
il fatto di essere sempre stato, dal
dopoguerra in poi, politicamente attivo sul fronte progressista: il
migliore dei riscatti possibili. Anche a Tappert, insomma, sarebbe convenuto buttarsi a sinistra.