Dylan Thomas
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Dylan Thomas
1 1. Le opere principali L’opera letteraria di Dylan Thomas (Swansea, Galles 1914 - New York 1953), fu fortemente legata alle sue radici gallesi. Conclusi gli studi nel 1931 lavorò come reporter per il “South Wales Evening Post”. Nel 1934 si trasferì a Londra, dove nello stesso anno pubblicò la raccolta poetica dell’esordio, “Eighteen Poems” “Diciotto poesie” che riproponeva una poesia magica, oscura ma anche naturale e istintiva. Si impose nell'ambito di un "nuovo romanticismo" come reazione all'intellettualismo e al classicismo tipici del suo tempo e a questi contrappose una forma di automatismo verbale, di deliberata retorica, amore per il suono delle parole. Del 1936 sono “Twenty-five poems” “Venticinque poesie”, cui seguirono “The world I breathe” “Il mondo che respiro” e “The map of love” “La mappa d'amore” nel 1939. Il libro che raccoglie le più note e forse le più belle delle sue poesie è “Deaths and entrances” “Morti e ingressi “ del 1946. Le varie raccolte di poesie che furono da lui scritte Ricerca a cura di Fulco Maria 2 tra il 1934 e il 1952 furono ripubblicate nel volume di “Collected poems” “Poesie scelte”. Poco prima della morte pubblicò “The doctor and the devils” “Il medico e i diavoli” nel 1953. Vanno aggiunte anche le prose lirico - narrative: “A portrait of the artists as a young dog” “Un ritratto dell'artista da cucciolo di cane”” del 1940, e il radiodramma “Under the milk wood” “Sotto il bosco di latte” pubblicato postumo nel 1954. Dopo la sua morte fu pubblicata anche la raccolta di “Selected letters” “Lettere scelte” nel 1966, e “Letters to Vernon Watkins” “Lettere a Vernon Watkins “nel 1957. Postumi apparvero ancora: “Quite early one morning” (1954), “Adventures in the skin trade” (1955). Ricerca a cura di Fulco Maria 3 2. Lo scopo di Dylan Thomas Una delle caratteristiche principali dell’arte letteraria dopo la prima guerra mondiale consisteva nel fatto, che un’opera letteraria veniva sottomessa a particolari regole e leggi che lo scrittore doveva rispettare, seguendo un’impronta più neoclassica piuttosto che romantica. In generale, nell’ambito della cultura letteraria novecentesca, si può affermare che esistevano due grandi filoni di pensiero, una che era caratterizzata dal rifiuto di una poesia personale e bardica dove l’uomo e il poeta mai incontravano direttamente la realtà esterna, in cui cioè l’io e il mondo erano ben separati; l’altra caratterizzata invece da un’attiva e profonda partecipazione del poeta nella poesia stessa. Thomas aderì a questa seconda sponda di pensiero. Lontano da quegli autori che rappresentavano la grande tradizione ufficiale del modernismo inglese, come ad esempio Yeats, Eliot e Joyce, fu più vicino da un punto di vista ideologico ad autori come Auden, Spender e Cameron, appartenenti alla generazione “post-eliotiana” anche se tra loro vi erano comunque profonde differenze. Thomas condivideva con questi le stesse ideologie politiche; ricordo che questi sono gli anni difficili caratterizzati dalla nascita e dall’affermarsi di sistemi totalitari, dalle suggestioni naziste diffuse in tutto il mondo, dall’incipiente guerra Ricerca a cura di Fulco Maria 4 mondiale. Ma, mentre questi autori agganciarono la loro poesia alla battaglia ideologica in atto, e veniva vista la poesia come esito sociale in cui il poeta analizzava il presente utilizzando strumenti e modelli del passato, lo scopo della poesia di Dylan Thomas fu totalmente diverso. Per il suo netto rifiuto di ogni intellettualismo e di ogni problematizzazione ideologica, per il suo sforzo di fare poesia privilegiando la più semplice base organica dell’esperienza, il momento della nascita, Thomas si distacca dai suoi contemporanei (Auden, Spender…) proprio per questo. Lui crede nella magia dell’universo, nel significato e nei poteri dei simboli, nel miracolo di lui stesso e di tutti i mortali, nella divinità che secondo Thomas è cosi vicina all’umanità… Lui si batte per un’attiva partecipazione del poeta alla poesia che gli appartiene; vuole un completo coinvolgimento del poeta nel tessuto dell’opera, al contrario, ad esempio, di Thomas Sterne Eliot che definisce la poesia come “evasione dalla personalità” e considera il poeta come catalizzatore, al cui contatto, da un miscuglio di idee nasce l’opera poetica, senza che il poeta venga coinvolto direttamente. Va sottolineato che Thomas non solo partecipa attivamente all’azione della sua poesia, ma è al centro del suo sistema, lo crea; egli stesso è la sua poesia. Thomas non ha una voce individuale in alcuna di esse, l’”io” della sua poesia diventa continuamente un “altro”. Thomas è un poeta che va controcorrente e che organizza il suo conflitto rigeneratore Ricerca a cura di Fulco Maria 5 in maniera diversa dagli altri poeti, perché al contrario di questi poeti, sceglie la materia “morta”, tradizionalmente considerata il simbolo della rovina. Questo è quanto scrive in una lettera indirizzata a Pamela Hansford Johnson nel 1933: «Se scrivo tanto spesso in termini di corpo, di morte, di malattia e di corruzione del corpo, non significa necessariamente che la mia Musa (non una delle mie parole preferite) sia sadica. Almeno per ora credo nello scrivere poesia della carne, e in genere della carne morta. Moltissimi poeti moderni scelgono come loro oggetto la carne “viva” e con il loro accorto lavoro di dissezione la trasformano in carcassa. Io preferisco usare la carne morta e con tutta la positività di fede e di convinzione che ho dentro di me, costruirci una carne “viva”»1. Dunque si può affermare che lo scopo principale di Thomas fu quello di dare un senso all’oscuro; lui cercò, nella sua poesia, di realizzare un tramite diretto tra l’individuo e il mondo; cercò, come scrisse Francesco Binni, di: “…diventare la propria poesia, condizionarsi fino a fare della propria vita uno strumento sul quale agiscano l’elementare e il germinale producandone parole…” 2. 1 2 Lettera a Pamela Hansford Johnson, 1933 Dylan Thomas, Francesco Binni, Il castoro (1973) Ricerca a cura di Fulco Maria 6 Thomas non solo è penetrato nel mondo con tutta la sua capacità sensoria, ma, in più, lo interiorizza, trasformandolo in parole. Lui è al centro della sua opera poetica, non se ne può distaccare, può cercare solo di ricollegare il soggetto con l’oggetto, l’io con il mondo. Anche il suo linguaggio poetico fa questo, cerca di unificare il mondo e i pensieri e, senza esso, le due cose sarebbero scisse. Esso non va né ricercato all’esterno né può essere rappresentato da un particolare tipo di discorso, ma esso è costituito da parole ognuna delle quali ha un proprio corpus, nasce, vive e si rigenera. Thomas vuole distruggere ogni tipo di linguaggio convenzionale, per lui ogni parola incorpora in sé molteplici significati e per capirne il significato esatto in quel particolare contesto, bisogna studiare e vedere quale significato assume quella parola in altri diversi contesti. Le parole sono la «sostanza» della poesia. Dylan Thomas scrisse a tale proposito nel «Poetic Manifesto»: “Quello che mi piace è trattare le parole come un artista il suo legno o pietra o quello che volete, per tagliarle, scolpirle, avvolgerle, spianarle e lucidarle in disegni, sequenze, sculture, fughe di suoni” 3 3 Dylan Thomas, Francesco Binni, Il castoro 1973 Ricerca a cura di Fulco Maria 7 Inoltre l’atto dello scrivere per Thomas va necessariamente espresso in termini fisici in linea con lo sviluppo fisiologico dei pensieri e delle azioni; scrive sempre a Pamela Hansford Johnson, nel 1933: «Tutti i pensieri e le azioni hanno origine dal corpo. Perciò la descrizione d’un pensiero o di un’azione – per quanto astrusa possa essere – può essere fatta riducendola a livello fisico. Ogni idea, intuitiva o intellettuale, può essere tradotta in termini del corpo, della sua carne, sangue, tendini, vene ghiandole, organi, cellule e sensi…»4 La poesia di Thomas si distingue per la sua coerenza tematica caratterizzata dal sesso, dalla nascita come iniziazione alla morte, elementi dell’esperienza umana per i quali la ragione non sa fornire alcuna spiegazione esauriente. Lui parte da questa nuda base biologica, ed è su questa base che costruisce la sua visione mitica rigeneratrice, in linea con la visione mitica del mondo dei grandi romantici Blake e Coleridge. Ed è questa visione mitica che lo fa entrare in contrasto con l’establishment letterario del suo tempo. Sia nelle prime poesie che nelle poesie della maturità c’è un fortissimo desiderio di Thomas di porsi in contatto con la forza occulta dell’universo, cercando di fare ciò con grande sincerità e ed impegno. 4 Lettera a Pamela Hansford Johnson, 1933 Ricerca a cura di Fulco Maria 8 3. L’uso delle immagini e il concetto di dualità Nelle opere letterarie di Dylan Thomas tra i tanti importanti fattori che si possono riscontrare ve ne sono in particolare due, che secondo la mia opinione sono fondamentali per capire la sua arte: l’importanza che lui da alle immagini, e il suo concetto di dualità. Per quanto riguarda il primo elemento, la sua poesia è caratterizzata da un fortissimo uso di immagini, che non hanno un semplice ruolo decorativo ma queste seguono i processi organici della natura. Thomas scrisse quanto segue in una lettera indirizzata a Henry Treece: «…Una mia poesia ha bisogno di una schiera di immagini… creo un’immagine – sebbene « creo » non sia la parola giusta; lascio forse che un’immagine «si crei» in me emozionalmente poi vi applico quel tanto di potere intellettuale e critico che posseggo- lascio che ne generi un’altra, lascio che questa nuova immagine contraddica la prima, faccio della terza immagine, generata dalla contraddizione delle altre due, una quarta immagine contraddittoria, e le lascio tutte, nell’ambito dei limiti formali che mi sono imposto, cozzare insieme. Ciascuna immagine contiene in sé il germe della propria distruzione, e il metodo dialettico, così come io lo intendo, è un costante ergersi e crollare delle immagini che si sprigionano dal germe centrale, che è esso stesso distruttivo e costruttivo allo Ricerca a cura di Fulco Maria 9 stesso tempo…Dall’inevitabile conflitto delle immagini…cerco di concludere quella pace momentanea che è una poesia...»5. Le immagini arrivano ad esistere nella coscienza del poeta e sono tutte diverse tra loro, in conflitto tra loro; l’unico fattore che collega queste immagini è la contraddizione. Le immagini entrano a livello inconscio nel poeta e lo scopo della poesia, per Thomas, (ed è per questo che si allontana dal surrealismo che proponeva un distributore automatico di immagini sconnesse rastrellate dal subconscio) è selezionare quelle immagini che possono aiutarlo nel suo processo immaginativo. L’idea thomasiana di processo è tutt’altro che astratta; è importante e proficua ai fini della poesia proprio perché impersona il dinamico interpenetrarsi di soggetto e oggetto in concretezza di parole e immagini. Il secondo elemento riguarda il concetto di dualità sul quale si basa l’intera opera di Thomas. I principali temi trattati nelle sue poesie sono quelli che possono vedersi come parte di un’universale antitesi di sviluppo e decadimento, e cioè credere nella vita contro la disperazione, l’amore contro la dilapidazione sessuale, l’agire cosciente contro un mondo di sogno; ma come ho già detto non si tratta di un piano astratto ma Thomas lavora sulla concreta letteralità di quel processo, realizzando e costruendo una linea narrativa continua. Ogni narrativa, inizialmente, 5 “La poesia visionaria di Dylan Thomas” in I Funamboli. Il manierismo nella Letteratura Inglese da Joyce ai Giovani Arrabbiati, Giorgio Melchiori, Einaudi (1963) Ricerca a cura di Fulco Maria 10 viene rappresentata geometricamente in Thomas da un cerchio che può essere inteso sia in senso anatomico che cosmico, ma che in ogni caso, inizialmente è vuoto, o omogeneo e amorfo nel suo contenuto. In altre parole per lui in un primissima fase, tutto è omogeneo, non c’è nessun tipo di differenziazione, neppure tra i sessi. In una seconda fase la narrativa assume la forma geometrica lineare, creando movimento e iniziali differenziazioni come quella tra maschio e femmina. Più il processo di differenziazione progredisce, più si moltiplicano le linee che intersecano il cerchio. Ricerca a cura di Fulco Maria 11 4. La reazione di Thomas contro la società La tematica che più ha stuzzicato il mio interesse nei riguardi di questo autore è il chiaro disgusto e il senso di disapprovazione che lui aveva nei confronti della società in cui viveva. Al di là delle tecniche utilizzate piuttosto che dello stile adottato quello che ha attirato la mia attenzione è il modo in cui attacca le istituzioni; molte delle cose di cui lui parla, sono secondo assolutamente attuali. A questo proposito vorrei riportare una lettera che lui scrisse a Pamela Hansford Johnson nel 19336. «E’ ingiusto tutto ciò che vieta la libertà dell’individuo. I governi sono ingiusti perché sono i comitati dei proibenti; le rotative sono ingiuste perché ci nutrono con ciò che vogliono nutrirci e non di ciò che desideriamo mangiare; le chiese sono ingiuste perché standardizzano i nostri dei, perché etichettano la nostra morale, perché lodano la morte di un Cristo scomparso, e temono il pianto di un nuovo Cristo nel deserto; i poeti sono ingiusti, perché la loro visione non è una visione, ma uno strabuzzare gli occhi; guardano il mondo d’oggi, e ciononostante i loro occhi sono rivolti all’indietro lungo le strade dei secoli trascorsi, mai verso l’enorme, elettrica promessa del futuro. 6 Lettera a Pamela Hansford Johnson l’11 novembre 1933 raccolta in Selected Letters Ricerca a cura di Fulco Maria 12 Ci sono ingiustizia, confusione, criminale ignoranza, virtù corrotta e invertita, ipocrisia e cecità di pietra, in ogni sfera della vita. Se soltanto per un momento il mondo occidentale potesse far cadere i veli, che, fin dai tempi della Riforma, gli si sono attaccati addosso come le croste di una malattia, e guardare con occhi illuminati, il cesso che ha creato, la grandezza che ha spaccato e strangolato, l’inedia che ha promosso, le perversioni e le ignoranze che ha insegnato, alla fine morirebbe di vergogna. E noi, che non abbiamo vissuto abbastanza per essere corrotti, potremmo costruire con le sue ossa, buone per concime, la base di una civiltà giusta e ragionevole». E ancora in una lettera scritta a Trevor Hughes7: «Vorrei amare l’umanità, ma demoni divoratori di cadaveri, vampiri, squartatori di donne, stupratori di bambini, ubriaconi tutti verruche, mezzani e finanzieri passano accanto alla finestra, diretti Dio sa dove e perché, in un sogno su e giù per la collina» Credo che il senso di disapprovazione e disgusto nei confronti della società, di cui parlavo prima, in queste lettere sia abbastanza chiaro. Gli anni in cui Dylan Thomas scrisse questa lettera sono gli anni della nascita di sistemi totalitari, così come sono gli anni della diffusione delle ideologie naziste in tutto il mondo e dell’incipiente guerra mondiale. Lui 7 Lettera a Trevor Hughes, 1933 raccolta in Selected Letters Ricerca a cura di Fulco Maria 13 parla di “libertà negata” proprio in relazione a ciò che lui sta vivendo e credo che lui non veda la possibilità di riscatto in nessuna delle istituzioni appartenenti alla società, in quanto sia i governi che la chiesa limitino e addirittura vietino il diritto alla libertà. Nella lettera a Pamela è anche chiaro il pensiero negativo che lui nei confronti dei poeti suoi contemporanei; infatti Thomas scrive “i poeti sono ingiusti, perché la loro visione non è una visione, ma uno strabuzzare gli occhi; guardano il mondo d’oggi, e ciononostante i loro occhi sono rivolti all’indietro lungo le strade dei secoli trascorsi, mai verso l’enorme, elettrica promessa del futuro”; lui accusa i poeti suoi contemporanei di non riuscire a rivolgersi verso il futuro, ma di restare ancorati al passato e tramite questo cercare di analizzare il presente; facendo ciò credo che lui tenta di dire che anche i poeti non permettano una proiezione verso il futuro e quindi un progresso dell’intera umanità. Prima di passare all’altro esempio che ho portato vorrei aggiungere un’informazione ulteriore, o meglio, una domanda ulteriore che mi sono posta: “Perché Thomas usa spesso l’aggettivo ingiusto- ingiusta- ingiusti?” In base a tutto ciò che ho letto, soprattutto riguardo le opere di critica, ho provato a darmi una risposta, sicuramente discutibile ma è sempre frutto di una mia riflessione. Io credo che lui usi quell’aggettivo sempre in relazione a due fattori detti prima: 1. Gli uomini per lui rappresentano Ricerca a cura di Fulco Maria 14 un’umanità passiva che non riesce a ribellarsi e i potenti approfittandosi di ciò (e quindi ingiusti) decidono non per essa ma su di essa; 2. La sua fede politica è sicuramente antitotalitaria e, vivendo in un mondo in cui i sistemi totalitari si stavano affermando con forza, credo che si sentisse soffocare e che le libertà negate siano state viste da lui come qualcosa di assolutamente ingiusto, in quanto annullano l’individuo. Un altro esempio che ho portato a tal proposito è una poesia intitolata “The hand that signed the paper” “La mano che firmò il trattato”, appartenente alla raccolta di poesie “Twenty-five poems” cioè “Venticinque poesie”. The Hand That Signed the Paper The hand that signed the paper felled a city; Five sovereign fingers taxed the breath, Doubled the globe of dead and halved a country; These five kings did a king to death. The mighty hand leads to a sloping shoulder, The finger joints are cramped with chalk; A goose's quill has put an end to murder That put an end to talk. The hand that signed the treaty bred a fever, And famine grew, and locusts came; Ricerca a cura di Fulco Maria 15 Great is the hand that holds dominion over Man by a scribbled name. The five kings count the dead but do not soften The crusted wound nor stroke the brow; A hand rules pity as a hand rules heaven; Hands have no tears to flow. La mano che firmò il trattato La mano che firmò il trattato fece crollare una città; Cinque dita sovrane posero un'ipoteca sul respiro, Raddoppiarono il globo dei morti e dimezzarono un paese; Quei cinque re misero a morte un re. La mano possente conduce a una spalla ricurva, Il gesso contrae le giunture delle dita; Una penna d'oca ha posto fine al delitto Che pose fine a ogni negoziato. La mano che firmò il trattato produsse una febbre, La carestia avanzò, e le locuste giunsero; è grande La mano che tiene in suo dominio l'uomo Grazie a un nome scribacchiato. I cinque re contano i morti, ma non possono curare La ferita incrostata, né spianare la fronte; una mano Ricerca a cura di Fulco Maria 16 Amministra pietà come una mano amministra anche il cielo; Le mani non hanno lacrime da spargere. Anche in questa poesia, datata 17 agosto 1933 in “Buffalo Notebook” successivamente raccolta in “Twenty-Five Poems”, si evince a mio avviso sia il tema dell’ingiustizia da parte dei potenti di poter decidere del destino degli uomini, come se questi fossero solo oggetti, quindi decidere chi debba vivere e chi debba morire, e che l’azione dei potenti non faccia altro che portare miseria e distruzione (“Doubled the globe of dead and halved a country” “Raddoppiarono il globo dei morti e dimezzarono un paese”). La figura di un potente che con una semplice sigla decide il destino degli uomini ponendo fine a qualsiasi tipo di negoziato e quindi di conseguenza limitando la libertà degli uomini (“A goose's quill has put an end to murder That put an end to talk” “Una penna d'oca ha posto fine al delitto Che pose fine a ogni negoziato”), e lo fa quasi come fosse un Dio che amministra il suo cielo ( “A hand rules pity as a hand rules heaven” “una mano amministra pietà come una mano amministra anche il cielo”). Qui si evince anche la visione che Thomas ha dell’umanità: gli uomini che fanno questa storia sono un’umanità senza prospettiva di sviluppo che continuamente costruisce la propria caduta, una malvagia e perversa macchina da guerra, una mano maledetta: “la mano che firmò il Ricerca a cura di Fulco Maria 17 trattato”,che “abbatté una città” e che “produsse una febbre”; in questa visione pessimistica, la mano politica è vista come una forza impersonale. Nonostante da questi due esempi venga fuori una visione assolutamente pessimistica che Thomas ha, ecco che entra in gioco l’elemento della contraddizione presente in tutta la sua opera, di cui lui stesso ha parlato, definendo e spiegando che su questo elemento si basa il suo metodo di ricerca e di “far poesia” e che viene, sia nel passato che ancora oggi, spesso analizzato da tanti critici come lo stesso Francesco Binni: alla visione pessimistica espressa pienamente e totalmente ad esempio nella lettera, egli alla fine introduce con poche e semplici frasi un elemento di positività, la speranza che egli ha che un giorno l’umanità possa ribellarsi e costruire qualcosa di giusto e di nuovo sulle basi di una civiltà ormai morta; quindi l’elemento negativo si contraddice lasciando posto all’elemento positivo (“E noi, che non abbiamo vissuto abbastanza per essere corrotti, potremmo costruire con le sue ossa, buone per concime, la base di una civiltà giusta e ragionevole”). Infine aggiungo che il disgusto thomasiano per la società non assumerà mai i toni satirici di Jonathan Swift o di Joyce perché Thomas è fondamentalmente poeta mitopoietico e visionario. Tuttavia, non si può non ammettere che la questione dei rapporti umani tormenti Thomas, Ricerca a cura di Fulco Maria 18 soprattutto in poesie come “I have longed to move away”, cioè “Ho desiderato tanto allontanarmi”. Ricerca a cura di Fulco Maria 19 Conclusioni generali Dylan Thomas riscosse un gran successo in Italia soprattutto nel secondo dopoguerra. Quella di Thomas è una poesia bardica, struggente e biblica. I suoi personaggi sono spesso goffi, esilaranti, lamentosi, sensuali, sembra quasi che vogliano uscir fuori e traboccare dalla pagina e, per questa caratteristica, molti critici hanno eguagliato le opere di Thomas con i quadri di Brueghel. Io credo che le sue poesie siano profonde e incantevoli, e grazie alle molte registrazioni delle sue letture (che a mio parere restano ineguagliate) che ci ha lasciato, riesce a trasmetterci un’emozione più forte; tramite la sua voce che quasi ipnotizza, riusciamo ad entrare direttamente in contatto con il suo mondo, con il suo pensiero. Proprio per questo motivo spiego come mai al suo tempo abbia riscosso così tanto successo; così si spiegherebbe anche l’enorme seguito che aveva ogni qualvolta portava in scena una sua lettura. Attorno a lui si scatenò un’attrazione straordinaria che ha fatto si che molti artisti per motivi vari si rivolgessero a lui. Penso ad esempio a Bob Dylan, che ha preso il nome dell’autore per farne il proprio nome d’arte, o ancora penso al caso di Dylan Dog: hanno pensato a Dylan Thomas per ispirarsi e trovare il titolo del fumetto. Ricerca a cura di Fulco Maria 20 Per me Dylan Thomas ha dato un grande contributo alla scena letteraria, sia in merito di stile e linguaggio adottato, sia in merito di definizione stessa della poesia, che è, per lui, l’unica cosa che realmente permette l’unione tra l’uomo e il mondo, tra l’individuo e la realtà esterna. Le poesie di Thomas oltre a piacermi, mi hanno anche interessato in particolar modo, in quanto credo che molte delle tematiche da lui trattate siano assolutamente attuali e proprio per questo spero che Dylan Thomas venga studiato maggiormente nelle scuole e nelle università non solo a livello nazionale, bensì mondiale. Ricerca a cura di Fulco Maria 21 Bibliografia • “Storia della letteratura inglese” P. Bertinetti, Torino, Einaudi, 2000 • • “Breve storia della letteratura inglese” Bertinetti. Einaudi “Only Connect…A History and Anthology of English Literature” Second Edition, Zanichelli • “La letteratura inglese dai romantici al ‘900” Mario Praz. Biblioteca universale, Rizzoli • “Poesie e racconti” Dylan Thomas. Arrodante Marianni, 1996. • “Poesie” Dylan Thomas. Einaudi, 2007. • “Ritratto del poeta attraverso le lettere” Costantine Fitzgibbon. Einaudi • “Dylan Thomas” Francesco Binni, Il castoro 1973 • “La poesia visionaria di Dylan Thomas” in I Funamboli. Il manierismo nella Letteratura Inglese da Joyce ai Giovani Arrabbiati, Giorgio Melchiori, Einaudi (1963) Ricerca a cura di Fulco Maria