Ho viaggiato molto attorno a Dylan Thomas. Ed è stato un viaggio
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Ho viaggiato molto attorno a Dylan Thomas. Ed è stato un viaggio
Ho viaggiato molto attorno a Dylan Thomas. Ed è stato un viaggio assoluto; quindi intenso, imprevedibile, pieno di sorprese. La più grande è stata quella di provare il salto, scavalcare il lato del tavolo a cui sono sempre stato seduto per sguainarmi e provare l’altra pelle, giocare all’ingiocabile, cioè sovrapporre lingua e stile propri – che sono più ‘originari’ dell’identità – con quelli altrui. Un azzardo: non sono un linguista, e non sono un esperto di inglese. Sono uno che parla ogni tanto inglese e che crede in Dylan Thomas. Credere è un verbo che ammette misteri. Un altro mistero è coniugare l’emozione della poesia di Thomas con il mistero più grande del linguaggio. Ho messo un dito sul mappamondo di Dylan e il dito si è fermato casualmente su un punto; pagina 250 dell’edizione Einaudi (traduzione originale di Ariodante Mariani). La poesia è stata Elegia; poteva essere un’altra, ma Elegia andava bene. Non troppo lunga, con una schematica suddivisione in terzine che faceva rifiatare; e poi piena di allusioni sonore, tipica poesia dylanthomasiana col suo essere raccolta in se stessa abbastanza da sembrare una pietra che nasconde una polpa intangibile. *** Non so cosa faccia di un uomo un traduttore. Scrivo poesie e questo mi basta. Forse ci sono viaggi che necessitano di una seconda traiettoria. Che non si compia più con gli occhi e con il cuore, ma con la penna. Sovrapponendo il proprio tratto a quello che si è incontrato. Forse si traduce perché se scrivere è un atto irrazionale, ri-scrivere sembra attutire il disagio di quest’irrazionalità. *** Allora tradurre non è esattamente tradire. È tradirsi. Quello che è in gioco non è la fedeltà o infedeltà al testo scritto che si ha di fronte, ma è la fedeltà o infedeltà a se stessi. Di nuovo la legge dell’io, non c’è atto che marchi di più un’identità della scrittura. Non si sfugge all’Io. *** Ed è come indossare scarpe altrui e camminare col proprio passo. Bisogna trovare una sintesi tra questi due ‘modi’. *** Elegia è una poesia difficile. Piena di allitterazioni (fathered and found… blind and unblessed… lei lightly at last on the last…) e di assonanze (lost, breast – died, pride – bed, dead…). È scritta nel tipico vocabolario Dyanthomasiano: cecità, buio, sole, fiumi e mare, stanze benedette e non. Ho corso dei rischi. So che “justice” (v 11) non è letteralmente equità, ma so anche che per Thomas il concetto di giustizia ha una risonanza biblica che è più facile ritrovare in quella possibilità manichea che fa l’equilibrio tra bene e male, ed ecco perché il termine equità. Oppure la prima parola del v 7 “young” tradotto con il termine adolescenziale; Mariani traduce “grow young” con la parola ringiovanire. Io ho staccato un ulteriore attributo al verbo collocandolo altrove; e se c’è nuova vita, se si comincia a rinvigorire, è in mezzo all’adolescenza degli animali (cioè alla sua, del suo corpo, della sua animalità). E l’ultimo verso, “the roots of he sea”. Letteralmente le radici del mare. Ma il termine che ho usato, origini anziché radici, possiede una violenza semantica maggiore, risuscchia in un senza tempo assoluto che coniuga presente e passato. TESTI DYLAN THOMAS, ELEGY Traduzione di Luigi Pingitore, ELEGIA On that darkest day, Oh, forever may He lie lightly, at last, on the last, crossed Hill, under the grass, in love, and there grow Troppo orgoglioso nel morire, morì spossato e accecato Nel più buio dei modi, e non tornò sui suoi passi, Un utile uomo glaciale coraggiosamente chiuso nel suo piccolo orgoglio Young among the long flocks, and never lie lost Or still all the numberless days of his death, though Above all he longed for his mother's breast Nel più buio dei giorni. Oh, possa egli giacere per sempre dolcemente, in fine, sull’orlo della collina di croci, sotto l’erba, in amore, e qui rinvigorire Which was rest and dust, and in the kind ground The darkest justice of death, blind and unblessed. Let him find no rest but be fathered and found, in mezzo al gregge adolescente e mai giacere perduto e immobile lungo tutti gli innumerevoli giorni della sua morte, nonostante più di ogni cosa desiderasse il seno della madre I prayed in the crouching room, by his blind bed, In the muted house, one minute before Noon, and night, and light. the rivers of the dead che era polvere e sonno, e nella terra preziosa la più buia equità della morte, cieca e non benedetta. Che egli non sia mai in pace ma venga concepito e ritrovato; Too proud to die; broken and blind he died The darkest way, and did not turn away, A cold kind man brave in his narrow pride Veined his poor hand I held, and I saw Through his unseeing eyes to the roots of the sea. Ho pregato nella stanza inginocchiata presso il suo letto cieco, nella casa senza voce, un istante prima di mezzogiorno, e poi di notte, e nella luce. I fiumi della morte gli fluivano Come vene sulla povera mano che stringevo E guardavo attraverso i suoi occhi senza vista le origini Del mare