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Tracce d’eternità
Rivista elettronica di Storia Antica, Archeologia, Mitologia, Esoterismo ed Ufologia
Riservata agli utenti del portale Tracce d’eternità
Numero 6 (Gennaio 2010)
INTERVISTA A
SEMIR
OSMANAGIC
di Gianluca Rampini
AVVENTURA
NELLA GUYANA
FRANCESE
di Marco Zagni
LE DIVINITÀ
DA UNA SOLA
GAMBA
LA STORIA
MILLENARIA
DEI CERCHI
NEL GRANO
IL PILOTA
COSMONAUTA RUSSO
ALEKSEI LEONOV E
GLI UFO
di Philip Mantle
e Paul Stonehill
di Michele Proclamato
di Davide Amore
LE FIRME
DI QUESTO
NUMERO
IN UNO
SCRIGNO DI
RAME
L’ORIGINE
DELL’UMANITÀ?
di Jeff Behnke
Paul Stonehill
Philip Mantle
Jeff Behnke
Yuri Leveratto
Roberto La Paglia
Enrico Baccarini
Michele Proclamato
Marco Zagni
Noemi Stefani
Antonella Beccaria
Giovanna Triolo
Isabella Dalla Vecchia
David Lombardi
Davide Amore
Enrico Vincenzi
Gianluca Rampini
Simone Barcelli
Simonetta Santandrea
Alateus
LA
BIBBIA
DEL
DIAVOLO
di Simonetta
Santandrea
Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una
testata giornalistica, infatti non ha alcuna
periodicità. Non può pertanto considerarsi un
prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001.
Viene fornita in download gratuito solamente agli
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autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di
testi e immagini è necessario contattare i rispettivi
autori.
Note a margine
pag.2
Scambio
di sapere
Simonetta Santandrea
Simonetta Santandrea
ha 39 anni ed è la
fondatrice del gruppo
“Tracce d’eternità” sulla
piattaforma Facebook,
gruppo di cui tuttora è
responsabile.
Si occupa di Storia Antica e
in rete collabora con
Luoghi Misteriosi,
Paleoseti ed altri siti
tematici.
Un mucchietto di fogli scritti
fitti fitti sono poggiati
davanti a me.
Appunti.
La pagina bianca del
documento word
troneggia nel notebook, di
un vuoto abbagliante.
Mettere le lettere al loro
posto, tasselli, a formare
un discorso, tradurre un
pensiero, parole che
tessano un filo per uscire
dal bianco buio del
mistero dell’essere: mica
facile.
I fogli sono lì, la pagina
diventerà un po’ meno
bianca, la strada della
ricerca è appena iniziata.
Ho già letto tutti i
contributi di questa
rivista che vede la luce
oggi, li ho letti per
scrivere queste Note a
margine, e correggere
quei piccoli refusi che
infastidiscono la mia
lettura (concedetemi
qualche mania): sono
privilegiata in questo
momento rispetto a voi
che ancora non avete
avuto l’onore di
abbracciare con gli occhi
tutte queste pagine di
viaggio verso la
conoscenza.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ogni volta che un numero
della rivista trova la sua
stesura definitiva e viene
alloggiato per il
download, coccolato
com’è per essere un “buon
lavoro”, sento sempre la
stessa emozione: quella
che nasce dall’aver
arricchito un po’ di più la
mia conoscenza,
stuzzicando la curiosità,
aprendo la mente al
ragionamento, e poter,
inoltre, godere del lavoro
della squadra che cresce,
cambia e si conferma
dietro Tracce d’eternità.
E penso a quando anche
voi la leggerete: ci sarà un
muto scambio di sapere, i
nostri ragionamenti
virtualmente andranno a
tessere una tela, forte,
chiara, scintillante di
consapevole rugiada.
Ezra Pound, poeta
statunitense protagonista
del modernismo, disse che
“il libro REALE è quello
in cui le parole diventano
sempre più luminose man
mano che la nostra
esperienza aumenta o
quando siamo guidati e
spinti a considerarlo con
maggiore attenzione.”
Questo significa per me
Tracce d’eternità: un
insieme di parole che
concorrono a formare la
mia esperienza, mi
portano a ponderare con
più consapevolezza i dati
che fanno parte del mio
bagaglio culturale e a
formulare per ognuno un
pensiero critico.
Aumentandone l’ampiezza
e la ricchezza posso
arrivare a discernere la
buona cultura da quella
inutile, quella coerente da
quella “pro forma”.
E spingermi a condividere
questa ulteriore
affermazione del poeta
Pound: che “la libertà di
parola senza la libertà di
diffusione è solo un pesce
dorato in una vaschetta
sferica”.
Tracce d’eternità rende
libera la mia mente di
essere curiosa, edotta,
limpida.
Non conoscevo, ad
esempio, troppo
approfonditamente
l’argomento delle
Piramidi bosniache di
Visoko, di cui Gianluca
Rampini parla
nell’intervista a Semir
Osmanagic: un sito tutto
da scoprire che porta
forte il segno dell’uomo.
Simone Barcelli
s’interroga sulla fine di
uno dei nostri antenati in
Neandertal, fine di una
specie, uomini evoluti al
pari dei fratelli Sapiens,
da questi però sopraffatti
per diverse ragioni.
Mi viene da pensare che
assai spesso, di fronte a
pari capacità, la bruta
natura vince.
Chiudo la valigia della
fantasia e volo nelle
foreste del Mato Grosso:
per guida ho Yuri
Leveratto che mi
racconta l’epopea di Percy
Fawcett e i misteri della
sierra del Roncador: la
ricerca di una civiltà
antidiluviana e dei suoi
segni nella città perduta
dentro la foresta.
Altro racconto
affascinante è quello di
Marco Zagni in
avventura nella Guyana
francese: l’età dei
vent’anni, la misteriosa
foresta sudamericana,
animali strani dai versi
inquietanti…
A questo punto ho molte
più risposte rispetto
all’inizio del mio cercare.
Ma queste risposte
ingenerano altre
domande, che vorranno
essere soddisfatte da più
risposte… è una ruota che
gira, ingranaggi di un
ragionamento: chi sono,
dove vado, da dove
vengo… cosa porto con
me, quali segni, quali
simboli, cosa sono in
grado di comprendere,
come mi parla la storia e
la realtà che mi ha
plasmato...
Il linguaggio è formato
anche di simboli, che
aiutano a comprendere i
messaggi più oscuri e
rendono tangibile
l’ineffabile.
EnricoBaccarini, in i
“Santi Graal”, alla ricerca
di nuove risposte,
analizza questo
enigmatico simbolo della
cristianità, nel tempo e
nello spazio.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Roberto La Paglia, poi,
ricerca le apparizioni
della Vergine in relazione
alle caratteristiche forme
di manifestazione aliena,
in Le apparizioni
mariane: un miracolo di
tecnologia, chiedendosi se
questo sia un modo di
comunicazione fra entità
diverse.
Essere altro da noi,
lasciare l’egoistica
presunzione di essere
unici e soli padroni e
proprietari del tempo e
dello spazio: e se questa
“forma d’arroganza”
venisse adottata contro di
noi?
Se già stesse accadendo
questo?
Gianluca Rampini, per
la rubrica Ufologia,
racconta in Ciò che non
vorremmo sapere – Le
mutilazioni umane, casi di
ritrovamenti animali e
umani che vanno oltre la
varia e abominevole
casistica di cronaca nera
operata dalla mano
dell’uomo.
Son cose che non si
possono dire fino in
fondo… potrebbero non
essere vere o.. invece sì,
ma potrebbe non essere
possibile dirle…dire che i
nostri cieli non sono solo
nostri: Paul Stonehill e
Philip Mantle ne Il
pilota cosmonauta russo
Aleksei Leonov e gli Ufo
riportano l’opinione del
cosmonauta russo
riguardo altre forme di
vita intelligente
all’interno del nostro
sistema solare.
Ancora Gianluca
Rampini, instancabile,
nella rubrica
Dreamland, intervista
Antonio Urzi, contattista
di astronavi
extraterrestri.
“ La cosa più bella con cui
possiamo entrare in
contatto è il mistero. E' la
sorgente di tutta la vera
arte e di tutta la vera
scienza”: mica lo dico io,
sono parole di Albert
Einstein, che qualcosina
doveva pur aver capito…
Parlando di mistero, dico
che Simonetta
Santandrea (mi fa
strano, mi verrebbe da
scrivere “io”) parla, per la
rubrica Urbis Historia,
del Codice Gigas, anche
conosciuto come Bibbia
del diavolo, manoscritto
boemo che leggenda vuole
essere stato scritto in una
sola notte grazie ad un
patto diabolico…
In Librarsi, invece,
riporta la recensione di
un libro dallo stesso
titolo, La bibbia del
diavolo, romanzo tedesco
che dalla storia misteriosa
del codice prende avvio.
Michele Proclamato, in
La storia millenaria dei
Cerchi nel Grano (Ia
parte), affronta il mistero
di queste formazioni,
mettendo attenzione al
significato del Tempo che
risponde alla “legge
dell’Ottava”.
Il tempo… un tempo c’era
un tempio, il Tempio,
quello di re Salomone:
dov’era, com’era fatto,
cosa si compiva al suo
interno e fuori da esso,
che ne rimane… lo scrive
Alateus, nella rubrica
Altre verità.
Nasciamo e moriamo:
inconfutabile verità.
David Lombardi, per
Scienze di frontiera,
tratta di Telomeri e
Telomerasi: nel cuore
dell’orologio biologico, e
spiega cosa ci rende vivi e
soprattutto cosa
determina il nostro
morire.
Nella rubrica Naufraghi
delle stelle, Enrico
Vincenzi fa il punto sulle
Enigmatiche linee di
Nazca, mentre Antonella
Beccaria (Xaaran) in
Archeologia e falsi: alcune
motivazioni alla base di
un inganno riflette sulla
presenza, accertata, di
falsi materiali anche
all’interno dei nostri
musei, che ingenerano di
conseguenza falsi
ideologici necessari
(concedetemi, necessari?)
alla coesistenza umana e
nazionalistica.
Una vera “botta” alle
nostre coscienze la dà
Jeff Behnke, in
Documenti, con In uno
scrigno di rame l’origine
dell’umanità?.
Il ritrovamento in Iraq di
una scatola di rame
contenente tavolette di
lapislazzuli incise in una
sorta di “under glass”
possono stravolgere le
nostre origini (e
soprattutto metterci in
guardia sul nostro futuro)
in quanto a contenuto,
sempre che siano vere e
che si capisca chi
effettivamente tiene “i fili
di Pinocchio”.
Davide S. Amore, Le
divinità da una sola
gamba, confronta le
chiarissime similitudini
presenti nella mitologia
delle civiltà delle due
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sponde dell’Atlantico,
retaggio forse dei più
antichi “popoli del mare”,
che li avrebbero loro
trasmessi molto prima di
quel tempo che
usualmente chiamiamo
“storia antica”.
Se siamo, nostro malgrado
costretti ad accettare
verità più o meno
“pesanti”, prima o poi
dovremo fare i conti con il
momento del trapasso… ci
toccherà spiegare un po’
di cose di fronte alla
bilancia della “pesatura”
delle anime: Isabella
dalla Vecchia, per
Luoghi misteriosi, fa il
quadro sulla Psicostasi o
pesatura delle anime nella
storia dell’arte sacra del
cristianesimo, in Italia e
nel mondo.
Completa questo bel
viaggio la rubrica di
Giovanna Triolo,
Angolo privato, col suo
racconto L’inizio di un
mondo; Noemi Stefani,
per la rubrica Life after
life, lascia che i nostri
angeli ci parlino di come
Insegnare la vita, mentre
per Confesso, ho
viaggiato, Noemi ascolta
cantare le voci della valle
di Breguzzo, in Voci
dall'altro mondo:
gli Standshutzen.
“Non si viaggia per
viaggiare, ma per aver
viaggiato”. Alphonse
Karr…
A presto.
[email protected]
Contenuti
NOTE A MARGINE
UFOLOGIA
SCIENZE DI FRONTIERA
Simonetta Santandrea
Roberto La Paglia
David Lombardi
***
Le apparizioni mariane:
un miracolo di tecnologia
Telomeri e Telomerasi.
Nel cuore dell’orologio
biologico
pag.2
pag.42
CARTA STRACCIA
pag.84
Gianluca Rampini
Simone Barcelli
Una magica parola
pag.11
LE INTERVISTE
DI GIANLUCA RAMPINI
Gianluca Rampini
Semir Osmanagic
pag.12
ARCHEOLOGIA DI CONFINE
Simone Barcelli
Neandertal, fine di una
specie
pag.20
Ciò che non vorremmo
sapere
pag.46
Paul Stonehill e Philip Mantle
Il pilota cosmonauta russo
Aleksei Leonov e gli Ufo
pag.52
FRESCHI DI PORTALE
Gianluca Rampini
Tracce d’eternità sbarca in
Argentina:
Huellas de eternidad
pag.62
DREAMLAND
I NAUFRAGHI DELLE
STELLE
Enrico Vincenzi
Le enigmatiche linee di
Nazca
pag.88
XAARAN
Antonella Beccarla
Archeologia e falsi:
alcune motivazioni alla base
di un inganno
pag.91
DOCUMENTI
Jeff Behnke
Gianluca Rampini
Intervista a Antonio Urzi
In uno scrigno di rame
l’origine dell’umanità?
pag.63
pag.93
URBIS HISTORIA
Davide Amore
Simonetta Santandrea
Le divinità da una sola
gamba
La Bibbia del diavolo
pag.113
pag.69
Yuri Leveratto
L'epopea di Percy Fawcett e i
misteri della Sierra del
Roncador
LIBRARSI
LIFE AFTER LIFE
Simonetta Santandrea
Noemi Stefani
La Bibbia del diavolo
pag.73
pag.25
CONFESSO, HO VIAGGIATO
Marco Zagni
Avventura nella Guyana
Francese
LUOGHI MISTERIOSI
Michele Proclamato
Isabella Dalla Vecchia
La Storia Millenaria dei
Cerchi nel Grano
(prima parte)
pag.75
Noemi Stefani
ANGOLO PRIVATO
Voci dall' altro mondo:
gli Standshutzen
L’inizio di un mondo
ENIGMA
Giovanna Triolo
pag.81
ALTRE VERITA’
Enrico Baccarini
I “Santi Graal”,
alla ricerca di nuove risposte
pag.111
LO SPAZIO DELL’OTTAVA
pag.30
pag.122
Insegnare la vita
Alateus
Il Tempio
pag.82
pag.36
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
La psicostasi
o pesatura delle anime
pag.127
Tracce d’eternità
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Riservata agli utenti del portale Tracce d’eternità
REDAZIONE
Simonetta Santandrea [email protected]
Gianluca Rampini [email protected]
Simone Barcelli [email protected]
Traduzioni
Sabrina Pasqualetto [email protected]
Anna Florio [email protected]
Antonio Nicolosi [email protected]
Germana Maciocci [email protected]
COLLABORATORI ED AUTORI
Dall’estero
Christopher Dunn [email protected]
Michael Seabrook [email protected]
Marisol Roldàn Sànchez [email protected]
José Antonio Roldàn [email protected]
Yuri Leveratto [email protected]
Agustìn Valverde [email protected]
Philip Mantle [email protected]
Paul Stonehill [email protected]
Malcolm Robinson [email protected]
Dall’Italia
Numero 6
(Gennaio 2010)
Portale
simonebarcelli.org
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considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi
della legge n. 62/2001.
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Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è
necessario contattare i rispettivi autori.
This electronic magazine, in pdf format, is not
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62/2001.
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For the possible use of texts and images please
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Antonella Beccaria [email protected]
Simone Barcelli [email protected]
Teodoro Di Stasi [email protected]
eSQueL [email protected]
Enrico Baccarini [email protected]
Gianluca Rampini [email protected]
Simonetta Santandrea [email protected]
Sergio Coppola [email protected]
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Maurizio Giudice [email protected]
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Giovanna Triolo http://blog.libero.it/Angoloprivato
Noemi Stefani [email protected]
Ines Curzio [email protected]
David Sabiu [email protected]
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Alessio Margutta urgiddi.wordpress.com
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Davide Amore [email protected]
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TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
In download gratuito sul portale simonebarcelli.org
I primi 5 numeri di “Tracce d'eternità”
Nr.1 (marzo 2009)
Nr.2 (maggio 2009)
Nr.3 (luglio 2009)
Nr.4 (settembre 2009)
Nr.5 (novembre 2009)
I primi 2 e-book selezionati dalla nostra redazione
David Sabiu
“E’ nelle
profondità
dell’universo…ch
e cerco l’impronta
divina”
(ottobre 2009)
Maurizio Martinetti
Marco Zagni
“APU-AN
Il Sole alato
ritorna”
(dicembre 2009)
In libreria
E’ fresco di stampa “Tracce d’eternità” - Un incredibile
viaggio ai confini della Storia, tra le rovine di alcuni dei
più misteriosi siti archeologici (169 pagine, ISBN 978-8887295-66-5, prezzo Euro: 14,80 Edizioni Il Cerchio della
Luna www.cerchiodellaluna.it), di Simone Barcelli, webmaster
del portale.
Disponibile nelle librerie specializzate e in quelle on line.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
COMITATO GARANTE
ANTONELLA BECCARIA
ROBERTO LA PAGLIA
SIMONE BARCELLI
Giornalista
Pubblicista
Webmaster
[email protected]
[email protected]
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I REFERENTI DI TRACCE D’ETERNITA’
RESPONSABILE DEI REFERENTI
ROBERTO LA PAGLIA
REGIONE
PROVINCIA
ABRUZZO
CALABRIA
CAMPANIA
EMILIA ROMAGNA
EMILIA ROMAGNA
EMILIA ROMAGNA
EMILIA ROMAGNA
L’Aquila
Cosenza
Benevento
Ravenna
Forlì-Cesena
Bologna
Bologna
Trieste
Roma
Roma
Roma
Latina
Genova
Brescia
Milano
Novara
Torino
Olbia
Sassari
Catania
Palermo
Carrara
Rovigo
Treviso
Treviso
FRIULI VENEZIA GIULIA
LAZIO
LAZIO
LAZIO
LAZIO
LIGURIA
LOMBARDIA
LOMBARDIA
LOMBARDIA
PIEMONTE
SARDEGNA
SARDEGNA
SICILIA
SICILIA
TOSCANA
VENETO
VENETO
VENETO
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ESTERO
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INDIRIZZO E-MAIL
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ANDREA DELLA VENTURA
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ENRICO VINCENZI
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CLAUDIO FOTI
LUCA ANDREA LA BROCCA [email protected]
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MATTEO AGOSTI
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ALESSANDRO MARTINISI
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STEFANIA MELIS
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MAURIZIO GIUDICE
PENGO ANTONIO REMIGIO [email protected]
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DAVIDE AMORE
VITO PIETRO DI STEFANO [email protected]
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MILENA BRESSAN
MARIAGRAZIA LONGHINO [email protected]
Gran Bretagna ANNA CATERINA FLORIO
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Gran Bretagna MICHAEL SEABROOK
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Messico
DANIEL MUNOZ
[email protected]
Colombia
YURI LEVERATTO
MICHELE PROCLAMATO
PAOLO BOZZO
ANTONIA TRAVAGLIONE
SIMONETTA SANTANDREA
CLAUDIO CACCHI
ANTONELLA BECCARIA
INES CURZIO
GIANLUCA RAMPINI
Chi ha aderito all’iniziativa, mediante il Gruppo COLLABORA COME REFERENTE PER TRACCE
D’ETERNITA’ creato sulla piattaforma Facebook, è stato contattato dalla nostra redazione, al fine di
confermare la disponibilità al progetto. Chi lo ha fatto è quindi inserito in elenco.
L’impegno richiesto è minimo ma dovrà essere costante. Si tratta, in sostanza, di incentivare, nei modi
ritenuti opportuni, quello che la redazione ritiene l’obiettivo primario, cioè la libera divulgazione delle
tematiche qui trattate.
Ogni collaboratore sarà quindi Referente di zona per ”Tracce d’eternità” nell’ambito della propria
Regione e potrà contribuire attivamente alla buona riuscita dell’iniziativa.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
TERZO NUMERO DELLA RIVISTA
ON LINE DEL C.U.T.
La rivista on line “Ieri, Oggi, Domani” del CENTRO UFOLOGICO TARANTO
centroufologicotaranto.wordpress.com è giunta al terzo numero.
Ecco il link per sfogliare come un vero e proprio giornale ed ingrandire la rivista del Centro
Ufologico Taranto http://it.calameo.com/read/0000944433650b3f34a68
Per richiedere la rivista in versione Pdf basta inviare una email a
[email protected]
Per contattare gli articolisti del Centro Ufologico Taranto
Vincenzo Puletto [email protected]
Antonio De Comite [email protected]
Eugenio Palese [email protected]
Franco Pavone [email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
NUMERO ZERO DELLA RIVISTA ON LINE
NAUTILUS MAGAZINE 3.0
Auguri al mensile “Nautilus Magazine 3.0”, neonata rivista elettronica che si occupa,
in parte, delle tematiche di “Tracce d’eternità”.
Dal 4 dicembre 2009 è on line, sulla piattaforma Scribd, il numero zero.
Sotto la geniale guida di Maurizio Decollanz, sarà uno spazio di approfondimento di
Nautilus Truth Magazine e Nautilus Travel Magazine.
Ecco il link per sfogliare la rivista:
http://www.scribd.com/doc/23720036/NAUTILUS-MAGAZINE-3-0-NUMERO-ZERO
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Carta straccia
pag.11
Una magica parola
Simone Barcelli
Simone Barcelli ha 45
anni ed è un ricercatore
indipendente di Storia
Antica, Mitologia e
Archeologia di confine.
In rete collabora con Storia
in Network, Tuttostoria,
Edicolaweb, Acam, Esonet,
OOPArt.it, Paleoseti e
ArcheoMedia, sui cui
portali sono pubblicati i
suoi studi tematici.
Non poteva essere altrimenti.
Di fatto, è iniziato il conto
alla rovescia per la fatidica
data del 21 (o 22?) dicembre
2012. Ce ne siamo accorti, un
po’ tutti, sia in libreria che in
edicola, dalla pubblicistica
sull’argomento che ha
raggiunto, se non superato,
livelli di guardia.
Un bel calderone,
sostanzialmente privo di
contenuti, utile semmai per
far lievitare i guadagni di
quelle case editrici che hanno
riversato la loro morbosa
attenzione sulle tematiche
connesse alla fine del mondo.
Già, pare sufficiente
accreditare la profezia dei
Maya per ottenere un bel
lasciapassare a tutta una serie
nefasta di altri dubbi
pronostici, rispolverando
Nostradamus e compagnia
cantando.
Pescando qua e là, a piene
mani, è quindi possibile
confezionare un prodotto
editoriale che, pur avendo
contenuti sciatti (avessi usato
l’aggettivo “scadenti” avrei
fatto un torto a chi mi legge),
può destare attenzione nel
consumatore, non solo di
nicchia: l’importante è
inserire nel titolo, a caratteri
cubitali, la parola magica,
2012.
Mosso da curiosità, ho
acquistato negli ultimi tempi
così tante nefandezze
cartacee (dovevo pur farlo,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
altrimenti come avrei potuto
scrivere queste brevi note?),
che ho anche regolarmente
letto, da dover poi scollegare
il cervello, anche solo per
qualche giorno, al fine di
“purificarmi”. Pur
scrivendone, non intendo
fare nomi né titoli poiché
ritengo che anche una
citazione certo non positiva
possa infine indurre
qualcuno di voi all’incauto
acquisto. A questo punto,
sarei oltremodo curioso di
conoscere quante copie in più
ha venduto, così facendo,
quel mensile o quel libro.
Ne è valsa davvero la pena?
La credibilità, immagino,
seppur raggiunta con sforzi
notevoli, è così miseramente
naufragata, barattata
malamente, ancora una volta,
col portafoglio.
La fine dei tempi, da quel che
mi risulta, è già stata
‘segnalata’ decine di volte,
rimanendo addirittura
nell’ambito ristretto degli
ultimi cinquant’anni di
pubblicistica. Regolarmente,
e buon per noi, nulla di
catastrofico si è mai
verificato. Anche stavolta
dovremo accontentarci
tirando un bel sospiro di
sollievo. Scusate ma è ancora
una notizia passabile quella
della fine del mondo?
[email protected]
Le interviste di Gianluca Rampini
pag.12
Semir
Osmanagic
© Gianluca Rampini
Gianluca Rampini
LE PIRAMIDI DI VISOKO
Puoi dirci come è iniziata
tutta la storia della
piramide Bosniaca?
E come ne sei rimasto
coinvolto?
Nell’Aprile del 2005 ho visitato
la città di Visoko, 25 km a
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
nordovest dalla capitale,
Sarajevo.
Ero stato invitato dal direttore
del Museo locale per controllare
la loro collezione di epoca
medioevale.
Ma ciò che attirò la mia
attenzione fu una collina molto
regolare nella forma, con facce
triangolari, che torreggiava
sulla città simile ad una
piramide.
Quando raggiunsi la cima notai
un’altra collina, anch’essa con
facce triangolari.
Entrambe avevano lati rivolti
verso i punti cardinali, EstOvest, Nord-Sud.
Basandomi su questi due
elementi (forma e
orientamento) ho capito che
sotto il suolo e la vegetazione
dovevano esserci strutture
costruite dall’uomo.
Avevo visto le stesse cose in
Cina, Messico o Guatemala.
Immediatamente chiamai
quelle due “colline” Piramide
Bosniaca del Sole e Piramide
Bosniaca della Luna.
Piramide della Luna
Panoramica del sito archeologico
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Buona parte delle persone
sapevano di una piramide,
ma ci sono tre strutture
che tu consideri piramidi
costruite dall’uomo, è
corretto?
Ci puoi descrivere il sito
nella sua completezza?
Dopo la scoperta e le indagini
preliminari, nel 2005 venne
scritto un libro e data la notizia.
Quindi decisi di istituire la
Fondazione no-profit “Parco
Archeologico: Piramide
Bosniaca del Sole” e iniziammo
con l’indagine scientifica
globale e interdisciplinare.
Abbiamo trascorso oltre
300.000 ore, tra il 2005 e il
2009, in scavi archeologici, a
testare campioni e a datarli col
radiocarbonio.
Ci sono cinque colline dalla
forma di piramide e le abbiamo
chiamate: Sole, Luna, Terra,
Dragone e Amore. Vicino
abbiamo scoperto un tumulo
complesso. Sotto le piramidi si
trova una rete molto estesa di
gallerie sotterranee
preistoriche; l’intero complesso
è chiamato Valle Bosniaca delle
Piramidi.
orientamento perfetto verso i
punti cardinali, l’angolo di
riposo è visibile in tutte le
piramidi; il calcestruzzo
cementato è usato per rivestire
la Piramide Bosniaca del Sole e
zolle di arenaria per costruire le
terrazze della Piramide
Bosniaca della Luna; secondo lo
screening del satellite radar
(esperti statunitensi) e le analisi
del geo-radar (geofisici tedeschi
e serbi) sappiamo che il lato
settentrionale della Piramide
Bosniaca del Sole ha parecchi
corridoi interni; sotto la Valle
Bosniaca delle Piramidi esiste
un’enorme rete sotterranea di
gallerie e, infine, ci sono
collegamenti astronomici
visibili durante il solstizio
d’estate tra le due maggiori
piramidi della Valle.
Perciò il complesso delle
piramidi è fatto dall’uomo, per
l’attenta pianificazione e
esecuzione di questo antico
progetto.
Quali sono le
caratteristiche principali
per definirlo “costruito
dall’uomo”?
Secondo Alun Salt
dell’Università di
Leichester, la cosiddetta
“Piramide del Sole” non ha
propriamente la forma
regolare e non è orientata
in modo così esatto verso i
punti cardinali.
Come rispondi a questa
affermazione?
Basandomi sulle mie indagini
pluridecennali a livello
mondiale sulle piramidi, ci sono
alcuni elementi comuni:
geometria, orientamento,
angolo di riposo (stabilità
strutturale), materiale di
costruzione, corridoi interni,
rete di gallerie sotterranee,
caratteristiche archeoastronomiche.
Le piramidi Bosniache hanno
tutto ciò.
E’ presente una forma
piramidale a tre o quattro lati, i
lati triangolari hanno un
E’ difficile trovare nel mondo
un progetto geo-archeologico di
così vasta portata come il
nostro.
E’ impressionante il numero di
istituzioni scientifiche e
educative e di singoli ricercatori
che vi hanno preso parte.
Ogni rapporto è a disposizione
del pubblico ed è stato
pubblicato
(www.piramidasunca.ba o
www.icbp.ba).
La stessa cosa vale per la
topografia e la geodesia della
Valle Bosniaca delle Piramidi.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
L’istituzione più competente del
paese, L’Istituto di Stato per la
Geodesia, ha eseguito l’analisi
del sito e ha riportato i risultati
ottenuti nell’articolo: “L’Analisi
del Paesaggio e la Topografia”
(http://www.icbp.ba/index.php
/Reports/Reports).
Risultato: perfetto
orientamento verso il Nord,
l’errore è inferiore a un grado.
Inoltre, ognuno può vedere la
perfezione della geometria sul
videoclip che mostra la vista
aerea della Piramide Bosniaca
del Sole
(http://www.youtube.com/wat
ch?v=cmEB5Cfz_pI).
Per quanto riguarda Alun Salt e
la sua asserzione non ho visto il
suo rapporto scientifico, se ce
n’è uno, perciò non posso fare
commenti.
E’ possibile ottenere una
datazione piuttosto
corretta e come?
Lo scenario ideale sarebbe
trovare del materiale organico
appartenente ai costruttori
originali nelle camere interne
della piramide, come ossa,
utensili di legno o carbone di
legna.
Dovremmo poter datare col
radiocarbonio questo materiale.
Nel frattempo abbiamo
analizzato campioni del terreno
delle due piramidi all’Istituto di
agro-pedologia di Sarajevo.
Le loro conclusioni:
(1) I campioni appartengono a
terreni medio antichi cioè oltre
5.000 anni;
(2) la copertura media delle
piramidi è 40-50 cm e
occorrono 250-300 anni perché
si formi 1 cm di substrato di
argilla.
Conclusione: le piramidi
possono essere state coperte dal
suolo da più di 10.000 anni.
Se questa struttura è fatta
dall’uomo, chi furono i
costruttori?
Le principali piramidi nel
mondo non hanno risposte su
chi le ha costruite: la città di
Teotihuacan in Messico (3
piramidi principali e 400
costruzioni piramidali), 34
piramidi Kavachi nel Perù
meridionale, 250 piramidi
Tukume nel Perù
settentrionale, le piramidi
Akapena in Bolivia, le piramidi
alle Isole Canarie o le sette
piramidi alle Mauritius…
Duecento anni di Egittologia
non sono riusciti a rispondere
esaustivamente alla domanda
“come furono costruite le più
importanti piramidi in Egitto”.
Per le Piramidi Bosniache
possiamo concludere che
furono progettisti e architetti
superiori con le conoscenze di
astronomia e geometria (sacra),
costruttori avanzati che
conoscevano le formule del
migliore calcestruzzo
cementato.
Con il procedere della ricerca
più risposte saranno
disponibili.
Sono stati trovati dei
manufatti nei dintorni per
supportare o smentire
questa datazione?
Gli archeologi tedeschi di Kiel,
che lavorano
indipendentemente dalla
squadra della nostra
Fondazione, hanno scoperto un
bel manufatto di ceramica, la
piramide a quattro lati
nell’estate del 2008.
Hanno determinato che la
piramide risalisse allo strato
culturale antico di 7.500 anni.
Se ricordiamo bene, la
scomparsa di questa
cultura, secondo le tue
teorie, è stata causata dallo
scioglimento dei ghiacciai.
Ma questo dovrebbe essere
un fenomeno piuttosto
lento, come può una
popolazione essere
distrutta da ciò?
La nostra conoscenza sulle
civiltà prima della fine
dell’ultima era glaciale è debole.
Abbiamo appena scoperto
tracce di culture avanzate in
Giappone sul fondo del Pacifico
(13 città megalitiche a sud
dell’isola di Yonaguni), nel
Libano (un blocco di 1.200
tonnellate a Baalbek), le
Il manufatto a forma di piramide
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
piramidi Peruviane, il sito
megalitico a Gobekli Tepe in
Turchia di oltre 13.000 anni,
ecc.
Lo scioglimento dei ghiacci è
stato parte di un processo
catastrofico globale scatenato
probabilmente da un disastro
cosmico e seguito da terremoti
devastanti, eruzioni vulcaniche
e scioglimento improvviso dei
ghiacci in vaste aree .
L’Atlantico si è innalzato di 120
metri e il Pacifico di 80!
Perciò, non è stato un processo
lento ma una serie di eventi
improvvisi e sconvolgenti.
Gran parte della vita è stata
spazzata via per sempre dalla
faccia del pianeta.
Molte piramidi sono state
trovate in tutto il mondo,
secondo te hanno qualcosa
in comune oltre alla
forma?
Il concetto di piramide è un
concetto mondiale.
L’orientamento, nella maggior
parte dei casi, è verso Nord.
Alcuni esempi: le piramidi di
Giza, tutte le 250 piramidi
cinesi, la maggior parte delle
piramidi Peruviane, le piramidi
Bosniache.
Se questa scoperta sarà
mai confermata dalla
scienza convenzionale,
come cambierà la storia
che abbiamo studiato?
Le piramidi Bosniache sono là
qualunque cosa pensino di ciò
certi circoli scientifici,
“convenzionali” o “tradizionali”
o “conservatori”.
Io sono conscio di vari enormi
cambiamenti che dovranno
essere realizzati nei nostri libri
di storia:
1.Le piramidi Bosniache sono le
prime piramidi in Europa
2.Le piramidi Bosniache sono le
più antiche sul Pianeta
3.Le piramidi Bosniache sono le
più grandi sul Pianeta
4.Il calcestruzzo cementato
scoperto sulla Piramide
Bosniaca del Sole è il
calcestruzzo più antico
5.La rete di gallerie è uno dei
più estesi labirinti sotterranei
6.I simboli incisi sui megaliti
nelle gallerie sotterranee sono
alcune tra le tracce più antiche
nell’alfabetizzazione in Europa
Tra le altre piramidi quali
sono quelle più simili alle
piramidi di Visoko?
Le piramidi di Visoko sono più
antiche di altre piramidi
conosciute ed è difficile trovare
il loro modello.
Comunque, la Piramide Rossa a
Dahshur (Egitto) sembra una
riproduzione minore della
Piramide Bosniaca del Sole.
La regione in cui si trovano
le piramidi, ha qualche
caratteristica particolare
per essere stata scelta?
Come la montagna
primordiale sotto la
piramide di Khufu, per
esempio.
La Media Bosnia ha avuto un
clima molto piacevole per
decine di migliaia di anni.
C’erano tutti gli elementi per
l’avanzamento della civiltà:
abbondanza di foreste (cibo e
legno per abitazioni),
abbondanza di acqua (sopra e
sotto il suolo) e continua
presenza di homo sapiens per
40.000 anni (secondo i nuovi
risultati dell’antropologia
genetica).
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Puoi parlarci delle sfere di
pietra Bosniache e dei
loro collegamenti con le
sfere messicane e della
Costa Rica?
Dietro di loro c’è
dell’energia esotica?
La nostra Fondazione ha
scoperto e catalogato venti
posizioni differenti in BosniaErzegovina con sfere di pietra.
Le misure sono diverse e il
materiale vario: granito, roccia
vulcanica e arenaria.
Alcune di loro sono imperfette,
altre rozze.
Senza dubbio sono fatte
dall’uomo.
Abbiamo testato in laboratorio
quattro campioni delle sfere di
pietra e campioni del materiale
pietroso vicino.
I risultati hanno mostrato sette
elementi comuni nelle pietre e
nelle sfere e due elementi in più
nelle sfere: il calcio carbonato
(materiale adesivo) e il
manganese (additivo per
durezza).
Abbiamo concluso che le sfere
di pietra sono state versate nel
terriccio e create sul posto.
Dato che le sfere di pietra in
Bosnia sono state spesso
ritrovate in profondità nel
terreno, siamo giunti alla
conclusione che sono stati
fenomeni preistorici.
Inoltre, non ci sono
testimonianze registrate su
questi oggetti.
Ci sono collegamenti con le
sfere di pietra in Costa Rica
fatte di granodiorite, con quelle
di pietra vulcanica del Messico
occidentale o dell’Isola di
Pasqua, è difficile dirlo.
Possono appartenere a civiltà
provenienti dal passato che
conoscevano le correnti
d’energia meglio di noi.
Le gallerie che avete
trovato possono essere
state costruite da
minatori?
Possono essere una prova
definitiva?
Le gallerie sotterranee a Visoko
corrono nel labirinto per decine
di chilometri.
I condotti laterali sono collegati
alla galleria principale a 45 o 90
gradi.
Non c’è carbone, minerali,
argento o oro nelle gallerie, solo
conglomerato senza valore.
Questi tunnel possono aver
avuto le loro funzioni
all’interno del complesso delle
piramidi, come le gallerie sotto
la Piramide a Gradoni a
Saqqara, la Piramide del Sole a
Teotihuacan in Messico o le
piramidi nella provincia
Shaanxi in Cina.
Una delle sfere
Uno scorcio delle gallerie
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
I simboli incisi sulle pietre trovate nelle gallerie
Sono stati trovati dei
simboli, conosciamo
qualcosa di più sul loro
significato e se possono
essere confrontati con
qualche altro antico
linguaggio scritto?
Sono state ritrovate delle
incisioni ed è troppo presto per
dire che rappresentano una
scrittura.
Abbiamo bisogno di scoprire
molti più simboli per arrivare a
conclusioni definitive. Fino ad
ora, alcune delle incisioni
ricordano la scrittura runica.
Perchè gli archeologi sono
così riluttanti ad accettare
questa scoperta?
Sono passati alcuni tra gli
scienziati più in vista qui a
Visoko: l’Egittologo dr. Nabil
Swelim che ha dichiarato che
“la piramide di Cheope è la più
grande, e la Piramide Bosniaca
del Sole è la più grande del
mondo”; sono stati raggiunti
dall’archeologa dr. Mona
Haggag dell’Università di
Alessandria d’Egitto, lo storico
e fondatore della moderna
Biblioteca di Alessandria dr.
Mostafa Abbadi, il geologo dr.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Aly Barakat del Cairo e da altri
che non hanno dubbi sul fatto
che mani umane abbiano
costruito le Piramidi Bosniache.
Dall’altro lato alcuni archeologi,
che non hanno mai visitato
Visoko nè fatto alcuna ricerca
scientifica, dichiarano che qui
ogni cosa è naturale.
Alcuni addirittura hanno
firmato due o tre petizioni
piene di menzogne chiedendo
che la ricerca scientifica a
Visoko fosse fermata.
Non ho idea di quale sia la loro
motivazione o la forza che li
spinga.
Questo è un progetto
scientifico, non la competizione
che insulta i più o ride delle
nuove scoperte.
Gli scavi sono ancora in
progresso?
Quali sono i tuoi piani per
il futuro?
L’area di ricerca copre oltre 40
km quadrati.
Stiamo lavorando su parecchie
zone.
Abbiamo intenzione di
organizzare un grande Campo
Estivo Internazionale per
Volontari dal 1 Giugno – 30
Settembre 2010 (122 giorni)
che accelererà l’intero lavoro di
scavo e preparerà le
infrastrutture turistiche a
Visoko.
Cosa ti aspetti di trovare
sul sito tra qualche anno?
Vogliamo raggiungere le
camere e le gallerie dentro la
Piramide Bosniaca del Sole o
attraverso la superficie (lato
settentrionale della Piramide) o
attraverso i condotti che
portano sotto la piramide.
Possiamo avere più risposte su
chi, quando, come e perché.
Grazie per la tua
gentilezza; per finire una
domanda più speculativa.
Molte persone credono che
l’ampia distribuzione delle
piramidi nel globo possa
essere legata ai
sopravvissuti di Atlantide o
in ogni modo a una cultura
mondiale dominante sul
pianeta prima dell’ultima
glaciazione.
Come la pensi e secondo te
quanto di quello che
pensiamo di sapere del
nostro passato è sbagliato?
Sono talmente tante le cose
sbagliate nei nostri libri di
storia che sarebbe una perdita
di tempo cercare di correggerle
tutte.
Il tempo remoto, il ciclo
preliminare della civiltà umana,
deve essere scritto da zero.
Già la genetica ci sta dicendo
che molto prima di 12.000 anni
dovevano esserci umani
avanzati nel Sud America e nel
Medio Atlantico.
Lo confermano innumerevoli
scoperte di ruderi.
Se ci sarà stata più di una civiltà
avanzata prima della fine
dell’ultima glaciazione, il tempo
lo dimostrerà.
[email protected]
PUBBLICATI I LAVORI DELLA
CONFERENZA SULLE
PIRAMIDI DI VISOKO
Le piramidi bosniache, o presunte tali,
sono un argomento molto accattivante e di
considerevole rilevanza storicoarchologica. Lo scorso agosto si è tenuta la
prima conferenza scientifica su questo
argomento ed ora è disponibile a chi
interessasse (e fosse disposto a pagare 90
euro!) il reseconto completo.
50 articoli di scienziati provenienti da tutto
il mondo e da diverse discipline
scientifiche. Sam Osmanagic, lo scopritore
delle piramidi, è un personaggio di difficile
definizione ma se la sua scoperta si
dimostrasse quella che egli sostiene, ci
troveremmo di fronte a qualcosa di
realmente importante.
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Archeologia di confine
pag.20
Neandertal,
fine di una specie
© Simone Barcelli
http://blogs.sciencemag.org/newsblog/2009/02/neandertal-genome-minority-rep.html
Simone Barcelli
L’estinzione dell’uomo di
Neandertal è una questione
mai troppo dibattuta,
soprattutto se consideriamo che
questo ominide è stato il
dominatore incontrastato, sul
nostro pianeta, per più di
200.000 anni ed è scomparso
all’incirca nel 26.000 a.C. per
far posto a quella specie a cui
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
apparteniamo ancor oggi per
discendenza: l’Homo sapiens.
L’ultima sponda
L’ultimo stanziamento
importante di una comunità
Neandertal è quello di
Gibilterra, nelle grotte di
Gorham e di Vanguard, e risale
a 28.000 anni fa.
In quel lembo di terra sul
Mediterraneo, questa specie
viveva quindi, in pieno
isolamento, gli ultimi giorni
della propria esistenza, dando
la caccia a foche e delfini.
Dopo aver attraversato indenne
buona parte del Paleolitico,
adattandosi così bene da
entrare in simbiosi con ogni
condizione climatica che
potesse presentarsi, comprese
le ere glaciali che sappiamo si
susseguirono incessantemente,
l’arrivo in Europa dell’Homo
sapiens, proveniente dall’Africa
e dall’Asia, pose fine alla sua
millenaria esistenza.
Chi era nostro “cugino”
Un milione di anni fa la specie
indicata come Erectus lasciava
tracce del suo passaggio in
almeno tre continenti (Africa,
Asia ed Europa) ma era
Neandertal quella che si
adattava meglio al già proibitivo
habitat europeo.
In quel frangente il ceppo
dell’Homo sapiens diveniva
invece influente nelle terre
vicino dell’equatore, in Africa
soprattutto. 100.000 anni fa il
sapiens iniziava a peregrinare,
arrivando infine nel territorio
che da sempre era appannaggio
del rivale.
Non si comprendono appieno le
ragioni che lo indussero ad
abbandonare la terra d’origine
per un continente tra i più
ostili, con la presenza di coltri
nevose e temperature
costantemente sotto lo zero.
Un territorio in cui Neandertal
aveva affondato da tempo le
radici con esigui gruppi
patriarcali che trovavano riparo
all’interno degli anfratti
naturali: si trattava di comunità
ben organizzate, uomini
fisicamente forti, senza dubbio
esperti nella caccia ai grossi
mammiferi.
Il nome della razza risale al
1856, quando Johann Fuhlrott
rinvenne, in una grotta nella
valle di Neander in Germania,
alcuni resti fossili di questo
uomo preistorico che, stando
alle ultime ricerche di biologia
molecolare, si
contraddistingueva,
prevalentemente, per la
carnagione bianca ed i capelli
rossi.
Sostanzialmente si
differenziava dalla nostra specie
per una costituzione più
robusta e per la particolare
conformazione facciale (volto
molto prominente, base cranica
piatta e maggior ampiezza della
calotta), mentre non c’è ancora
identità di vedute per quel che
concerne una presunta minore
statura.
Le indagini sul DNA
mitocondriale di alcuni
esemplari, oltre a restituirci una
specie soggetta a molteplici
mutazioni genetiche nel corso
dell’esistenza, indicherebbero
differenze così notevoli da poter
affermare che questa razza non
aveva nulla da spartire con la
nostra, escludendo quindi
l’ipotesi di ibridazione.
Gli ultimi esemplari rinvenuti,
soprattutto in Spagna,
Portogallo e Francia, indicano
che proprio in quest’area
geografica avvennero gli ultimi
importanti stanziamenti prima
dell’estinzione.
L’ipotesi della selezione
naturale, pur avanzata in
ambito scientifico, non
chiarisce la scomparsa
dell’ominide.
Rimane il fatto come il
movimento migratorio dei
sapiens abbia pesantemente
influito sulla sorte dei
Neandertaliani, tanto da
costringerli ad abbandonare gli
insediamenti precostituiti e
cercare rifugio in zone sempre
più aspre ed inaccessibili.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Poche migliaia di individui, il
cui destino appariva già
segnato, perderanno la
battaglia per la sopravvivenza
dopo aver abilmente domato,
per migliaia d’anni, gli inquieti
elementi della natura.
Una forzata convivenza
All’epoca l’Homo sapiens era
già arrivato in Europa, come
dimostra il rinvenimento nel
1868 di un nostro progenitore a
Cro-Magnon, in Francia, ma di
che natura fu l’incontro e come
poterono coabitare le due
specie per quasi 10.000 anni
rimane un enigma.
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:CroMagnon-male-Skulll.png
In Dordogna, a due passi dai
Pirenei, gli insediamenti già dei
Neandertaliani passarono
rapidamente di mano, occupati
dalla nuova gente.
Il cervello più evoluto
dell’Homo sapiens dovrebbe
essere stato l’essenziale
vantaggio, il punto di partenza
di una diversa, decisiva
evoluzione che, prima di
condurre direttamente all’uomo
di oggi, avrebbe consentito la
nascita dell’organizzazione
sociale e l’articolazione di un
linguaggio.
Il processo evolutivo si
manifesta con la costruzione
degli utensili, una semplice
manifestazione esteriore che
pare prerogativa del
Cro-magnon.
Gli esempi ricorrenti sono la
costruzione di fiocine e l’utilizzo
di aghi d’osso per la cucitura
degli abiti, segnale di
civilizzazione e di progresso.
Ma l’uomo di Neandertal non
era da meno e ce ne siamo
accorti quando si cimentava con
successo, anch’egli, nell’ittica,
inventandosi pescatore dal
nulla pur di sopravvivere.
Stupisce, semmai, immaginare
questo nostro lontano cugino
riuscire bene anche nella cura
delle ferite: è quel che traspare
evidente da un teschio di
36.000 anni fa, recentemente
scoperto in Francia nella
località di Saint Cesaire: il
malcapitato, con una lesione
provocata da un arma da taglio,
riuscì a sopravvivere per
qualche mese grazie alle
sapienti cure ricevute.
L’arma che avrebbe provocato
la ferita, ben affilata e con
un’impugnatura, era identica a
quelle in uso al Cro-magnon.
Se ci siamo stupiti per questo
ritrovamento dobbiamo
necessariamente sobbalzare per
quanto rinvenuto in un sito
tedesco, quello di Königsaue:
un fossile di 80.000 anni fa che
ci racconta come l’Homo
neandertalensis si dilettasse a
sciogliere sul fuoco il legno di
betulla, tanto da procurarsi una
sostanza catramosa, la prima
colla che l’umanità abbia mai
conosciuto, da impiegare per la
costruzione di pur rudimentali
utensili denominati “a lama”.
Anche l’Homo sapiens utilizzò
qualcosa di simile con le
cosiddette “scaglie” ma solo
30.000 anni dopo ed entrambe
le armi, come dimostrato,
avevano la medesima efficienza.
Non possiamo sottacere la
scoperta in una grotta slovena
di Divje Babe di quello che, a
prima vista, sembrerebbe un
flauto in grado di riprodurre
almeno 4 delle note della scala
diatonica greca.
Desta preoccupazione l’età
assegnata a questo frammento
di femore d’orso perforato: tra
80.000 e 40.000 anni prima
della nostra era.
http://musicorigins.wordpress.com
Ma come, l’Homo sapiens
doveva ancora arrivare in
Europa e già Neandertal si
dilettava nella musica?
Da sempre viene riconosciuto al
Sapiens un miglior grado di
capacità comunicativa,
indispensabile per la vita
sociale; peccato che le prove a
sostegno di questa ipotesi non
siano esaustive.
Pur non essendo certi della sua
padronanza di linguaggio, oggi
sappiamo che il volume
celebrale dell’Uomo di
Neandertal era superiore al
nostro e l’area dell’emisfero
sinistro del cervello, quella
preposta all’elaborazione e alla
comprensione del linguaggio,
non era da meno.
Il fatto che si adornassero con
collane ricavate dai denti degli
animali non è forse da
annoverare, pur nella sua
semplicità, come chiara
manifestazione esteriore di un
processo evolutivo?
Il ritrovamento di questi monili
decorativi all’interno di una
grotta ad Arcy sur Cure, nei
pressi di Auxerre, dovrebbe
farci almeno riflettere.
Non è poi fuori luogo ipotizzare
altre forme, ben più sottili, di
espressione artistica, come la
musica e la danza, che
chiaramente non avrebbero
potuto giungere fino ai nostri
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
giorni ma potrebbero aver
costituito una potente forma di
espressione simbolica, senza
dover per forza far ricorso ad
una forma di linguaggio.
L’ominide onorava i propri
defunti con il rito della
sepoltura in fosse ovoidali, non
prima di averne cosparso il
corpo con l’ocra rossa, un
pigmento naturale che da
sempre simboleggia la vita; non
mancava, infine, di deporre
all’interno dei sepolcri quel che
poteva servire per l’inframondo.
Una piccola Venere
Il salto di qualità che riflette la
maggior consapevolezza
dell’essere riguardo il mondo
che lo circonda è evidente nel
Paleolitico Superiore (dal
40.000 al 10.000 circa a.C.),
soprattutto con le prime
raffigurazioni sulle pareti delle
caverne e con le statuette,
poiché si manifesta con
evidenza l’elemento artistico,
denominatore di cultura e di
civiltà.
Le immagini parietali sono
dedicate per lo più ai
mammiferi ma non mancano
quelle che cercano di
immortalare un ben preciso
stereotipo femminino, poi
riversato nelle statuette: la
cosiddetta “Venere del
Paleolitico” o se preferite la
“Dea Madre”.
Quelle che vengono oggi
considerate le migliori
produzioni artistiche
dell’antichità, si
contraddistinguono per le
forme prominenti del corpo
femminile e rappresentano,
nell’immaginario dei nostri
predecessori, la natura e la
fertilità.
Questa forma inconsueta di
rappresentazione artistica è la
prima espressione di culto che
l’umanità riesce a
rappresentare, pur nella sua
eccentrica stilizzazione.
Quando l’anno scorso, nella
grotta di Hohle Fels, in
Germania, è stata riportata alla
luce la Venere (finora) più
antica al mondo, che si fa
risalire ad un periodo compreso
tra 35.000 e 40.000 anni fa, di
fronte all’evidenza e in
mancanza di resti umani
nell’anfratto, l’Homo di
Neandertal torna
prepotentemente alla ribalta e a
lui andrebbe correttamente
attribuita la rappresentazione
votiva.
Un finale a sorpresa
http://blog.libero.it/ignotaveritas
Se la prima di queste statuette,
la celeberrima "Venere di
Willendorf”, ritrovata in Austria
un secolo fa, poteva essere
frutto della Cultura
gravettiana e quindi datata
approssimativamente a 25.000
anni fa (quando l’Homo di
Neandertal era già estinto),
abbiamo assistito, con il tempo,
al rinvenimento di decine di
statuette similari ed ogni volta
ci è stata proposta una
datazione anteriore di migliaia
d’anni rispetto alla prima.
Poiché queste datazioni sono
attestate nell’arco di tempo in
cui i Neandertaliani non erano
ancora completamente
scomparsi, anche gli studiosi
hanno cominciato a nutrire
dubbi circa la paternità da
assegnare a queste figure
pregne di significato.
http://storiasoppressa.over-blog.it/article36169282.html
L’estinzione del Neandertal
potrebbe essere ricondotta ad
un cannibalismo di
sopravvivenza, cioè l’abbietta
pratica del consumo di carne
umana.
Una ricerca condotta
dall’Accademia delle Scienze di
Madrid sui resti di Neandertal
rinvenuti a El Sidròn, nel
settentrione della Spagna, ha
evidenziato una marcata
denutrizione ma, soprattutto,
dei tagli sulle ossa, tali da far
pensare a qualche forma di
cannibalismo, magari anche di
carattere spirituale.
Lo psichiatra Volfango Lusetti,
recentemente, ha associato
questa pratica alla nascita della
coscienza nell’Homo sapiens
sapiens.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
La psicopatologia che sta alla
base di alcuni fenomeni
comportamentali violenti degli
esseri umani può trovare
spiegazione nel cannibalismo
dei nostri antenati, costretti
all’infida pratica pur di
sopravvivere ad un misterioso e
drammatico evento che avrebbe
messo in pericolo il genere
umano.
Se confidiamo nella bontà
dell’analisi di Lusetti, non
possiamo dubitare della
dirompente ipotesi avanzata dal
paleontologo Fernando
Ramirez Rozzi del Centro
Nazionale della Ricerca
Scientifica di Parigi che, tra i
fossili rinvenuti a Les Rois, in
Francia, ha individuato una
mandibola appartenente a un
Neandertaliano, che risulta
chiaramente spolpata e gli
artefici dello scempio sarebbero
i nostri antenati.
Non siamo certo di fronte ad
una prova inequivocabile del
fatto che l’uomo di Neandertal
venisse letteralmente cacciato
dalla nostra specie ma
innumerevoli sono gli indizi
disseminati che propendono
per un finale veramente a
sorpresa.
Ci chiedevamo le ragioni della
misteriosa estinzione della
razza dei Neandertal, avvenuta,
guarda caso, appena 10.000
anni dopo l’arrivo nel
continente europeo dell’Homo
sapiens, dopo una ininterrotta
supremazia ed un continuo
adattamento alle variabili
condizioni climatiche.
Molti siti hanno ospitato prima
lui poi il nostro antenato, in un
frangente di “convivenza” certo
non amichevole.
In alcuni di questi siti sono stati
rinvenuti resti fossili di
Neandertaliani che presentano
tracce inequivocabili della
pratica del cannibalismo.
E’ un dato di fatto il progressivo
spostamento di questa razza
verso le coste, dove si isolò
dedicandosi alla pesca.
La migrazione può essere
considerata una fuga da un
pericolo costante e tangibile,
sorto con l’arrivo dell’Homo
sapiens.
Il Neandertal non era quella
specie inferiore che la scienza ci
ha sempre descritto e ci siamo
meravigliati di come
quest’uomo potesse competere,
anche intellettualmente, con il
nostro avo: il culto della Dea
Madre, con ogni probabilità,
rientrava a pieno titolo nelle
sue usanze religiose, segno di
una chiara presa di coscienza
del mondo circostante.
L’ipotetica conclusione di
questa terribile vicenda è che
l’Homo sapiens era dedito al
cannibalismo e in quest’ottica
cacciava il Neandertal poiché lo
considerava solamente un
animale, null’altro.
Il nostro antenato non aveva le
stesse capacità di adattamento
del cugino più stretto e, pur di
sopravvivere in un ambiente a
lui ostile, si procurava il cibo
nella maniera più semplice che
conosceva.
L’eredità perduta di
Neandertal
Al di là di quanto fin qui
sostenuto, nella considerazione
che siamo nel campo
accidentato delle ipotesi (e non
potrebbe essere diversamente
in un panorama così
velocemente mutevole come
quello della ricerca tesa alla
conoscenza delle nostre origini
su questo pianeta), emerge
indubbiamente e con una forza
straordinaria un ominide che,
nonostante tante sofferenze, era
riuscito a “connettersi” con gli
elementi circostanti grazie alla
semplice osservazione, senza
intervenire in alcun modo, se
non in maniera simbolica,
giusto per appropriarsi di
quelle forze della natura di cui
aveva bisogno.
Grazie a questa “magia”, l’uomo
di Neandertal dominava gli
elementi, nel pieno rispetto
dell’ambiente circostante.
Il culto della Dea Madre, che
può racchiudere
metaforicamente in sé l’energia
di questo nostro pianeta,
rappresentava l’unica fonte di
vita da cui attingere
nutrimento, anche senza
bisogno di parlare.
Chissà, forse per comprendere
fino in fondo questo messaggio
potrebbe essere sufficiente
sentirci anche noi un po’
Neandertal.
[email protected]
I NOSTRI SONDAGGI
Nel mesi scorsi abbiamo proposto, sul portale, alcuni sondaggi. Ringraziamo chi ha aderito e
diamo quindi conto delle risultanze.
1) Ti piace la rivista elettronica?
41 voti (28 molto, 11 abbastanza, 2 poco).
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3) Quali sono le tematiche che preferisci?
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mitologia, 2 storia antica).
4) Che tipo di informazione preferisci tra quelle che ti offre questo portale?
30 voti (17 approfondimenti, 10 notizie d’attualità, 2 conferenze, 1 recensioni librarie, 0
edicola).
In considerazione dei risultati, abbiamo provveduto a reimpostare il contenuto del portale,
eliminando i servizi di aggiornamento edicola e conferenze che, a quanto pare, non incontrano il
vostro favore. Stesso discorso per i contenuti della rivista elettronica: daremo meno spazio alla
mitologia e alla storia antica, tematiche meno votate rispetto alle altre.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Archeologia di confine
pag.25
L'epopea di Percy
Fawcett e i misteri della
Sierra del Roncador
© Yuri Leveratto
Yuri Leveratto, nato a
Genova quarantuno anni fa,
dopo aver conseguito la laurea
in Economia ha iniziato il suo
peregrinare per il mondo a
bordo di navi da crociera. Ha
vissuto a New York, lavorando
come guida turistica e dal
2005 si trova in Colombia.
Autore di racconti e romanzi,
appassionato di Storia e
fantascienza, viaggia per
venire in contatto con culture
autoctone e studiarne cultura e
modo di vita. Tra i suoi libri
ricordiamo “La ricerca dell’El
Dorado” (Infinito Edizioni,
2008); a settembre uscirà
“1542 I primi navigatori del
Rio delle Amazzoni”.
Yuri Leveratto
L’uomo che più di tutti si
avvicinò alla vera comprensione
dei misteri del Sud America fu
l’inglese Percy Harrison
Fawcett, da molti indicato come
il più grande esploratore del XX
secolo, la quintessenza
dell’avventuriero.
Fawcett, che nacque in
Inghilterra nel 1867, entrò a far
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
parte dell’esercito del regno
molto presto, all’età di 19 anni.
Fu subito spedito nell’isola di
Ceylon, che in quel tempo
apparteneva all’immenso
impero britannico.
Quindi viaggiò in Africa del
Nord, dove fece parte dei servizi
segreti imperiali.
Durante quegli anni si sviluppò
in lui il desiderio di studiare i
testi antichi, soprattutto quelli
che descrivono il diluvio
universale, come la Bibbia o
l’epopea di Gilgamesh, in modo
da acquisire dati per gettare le
basi della sua teoria: l’esistenza
di una grande civiltà antidiluviana, che si era estesa in
tutto il globo, le cui vestigia
erano nascoste da qualche parte
nel mondo.
Ma dove cercare?
Si rese conto che trovare le
prove dell’esistenza di una così
antica civiltà sarebbe stato
complicato e quasi impossibile.
Le casualità della vita lo
portarono però in Sud America.
Nel 1906 prese parte ad un
viaggio esplorativo nella zona di
frontiera tra Bolivia e Brasile,
allo scopo di cartografare l’area
per conto della Società
Geografica Britannica.
Proprio in quegli anni Fawcett
venne a conoscenza di un
documento risalente al 1743
(oggi denominato manoscritto
512), che descrive il viaggio
dell’avventuriero Francisco
Raposo nel XVIII secolo, che
s’inoltrò nelle foreste del Mato
Grosso.
Ecco un estratto del documento:
Francisco Raposo partì al
comando di 18 coloni, e,
dopo moltissime avventure,
più in là di un’enorme zona
pantanosa, dovette
attraversare delle aspre
montagne. Una volta che
riuscirono a passare
dall’altra parte videro delle
radure e in lontananza la
selva vergine. Si inviò un
manipolo di nativi in
avanscoperta e quando
tornarono riferirono di aver
trovato le rovine di una città
perduta
Nel documento 512, che fu
scritto dal religioso J.Barbosa, e
diretto al Vicerè del Brasile Luis
Peregrino de Carvalho Menesez
(che tutt’oggi si conserva nella
biblioteca nazionale di Rio de
Janeiro, sezione manoscritti,
opere rare), si narra inoltre che
gli avventurieri esplorarono la
città perduta il giorno seguente.
Entrarono meravigliati in una
grande città di pietra, con muri
ciclopici similari a quelli di
Sacsayhuaman.
Nella parte centrale
dell’enigmatica città vi era una
piazza con al centro un
monolito nero molto alto, al
culmine del quale vi era una
statua di un uomo che indicava
il nord.
L’intero documento 512 fu
pubblicato nella rivista
dell’Istituto di Storia e
Geografia Brasiliana nel 1893.
La relazione di Barbosa fu reale
o semplice frutto della fantasia?
Per ora non possiamo dare una
risposta certa a questa
domanda, quel che è certo è che
Fawcett ne fu affascinato e
iniziò a pensare di esplorare
l’area che era stata attraversata
inizialmente da Raposo, 163
anni prima.
Un altro degli indizi che
guidarono Fawcett verso il
Brasile centrale fu una statuetta,
di basalto nero, raffigurante un
sacerdote che mostrava una
specie di tavola con dei segni in
bassorilievo, forse sillabici.
La statuetta, che fu regalata a
Fawcett dallo scrittore Rider
Haggard (autore de Le miniere
del Re Salomone), proveniva dal
Brasile e non dal vecchio
mondo.
Vi sono 22 segni riportati nella
tavola, come si vede nella foto.
Dal 1906 al 1925 Fawcett compì
sei spedizioni nelle foreste
boliviane e brasiliane.
In una di queste risalì il Rio
Heat (zona di confine tra Bolivia
e Perù, dipartimento di Puno),
riportando anche dettagliate
descrizioni della fauna trovata.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Descrisse vari canidi pressoché
sconosciuti in quel tempo e
delle grandi anaconda, una di
ben 20 metri.
La statuina di basalto nero che fu
donata da Haggard a Fawcett
Non sappiamo se siano mai
esistiti serpenti così enormi
(l’anaconda più grande del
mondo sembra sia stata
misurata 9 metri), certo è che le
condizioni ambientali nelle
foreste boliviane e brasiliane di
un secolo fa erano
completamente differenti da
quelle di adesso.
Durante queste avventurose
spedizioni, Fawcett venne in
contatto con numerose tribù di
nativi e si convinse che la città
perduta (che lui denominò Z,
forse per brevità), dovesse
trovarsi nella Sierra do
Roncador, un’immensa zona
montagnosa e forestale, quasi
del tutto inesplorata, che si
estende per circa 300 km da
nord a sud tra i fiumi Xingù e
Araguaia (affluente del
Tocantins).
Il nome Roncador (ronzio)
deriva dal fatto che il vento
produce strani ronzii sibilando
nelle rocce della zona.
Fawcett decise d’intraprendere
una spedizione alla ricerca della
città perduta narrata da Barbosa
nel documento 512 e insieme a
suo figlio Jack (nato nel 1903), e
all’amico Raleigh Rimmel
s’inoltrò nella selva vergine con
una destinazione ignota.
L’ultimo segno lasciato da
Fawcett fu un messaggio
telegrafico inviato il 29 maggio
1925 a sua moglie, avvisandola
della partenza.
Dopo di ciò non si seppe mai
più nulla né di Fawcett, né degli
altri due partecipanti alla
spedizione.
Inizialmente si pensò che gli
avventurieri fossero stati uccisi
da nativi Kalapalos o dagli
autoctoni d’altre tribù che
vivono ancora oggi nei pressi
del Rio Xingù: Arumas, Suyas,
Xavantes.
Qualcuno propose che gli
esploratori fossero morti di
malaria fulminante o uccisi da
animali selvaggi (orsi o
giaguari), ma la stranezza fu che
non si trovarono mai i corpi.
La prima vera spedizione nella
zona per cercare di svelare il
mistero della presunta morte di
Fawcett ebbe luogo nel 1928 e
fu guidata dallo statunitense
George Dyott.
Si narra che fu preso prigioniero
da alcuni indigeni, riuscendo
poi a scappare in modo
rocambolesco.
Secondo lui Fawcett fu ucciso
dal capo della tribù dei
Nahukwa, chiamato Aloique.
Nel 1930 lo statunitense Albert
Winton s’inoltrò nella selva del
Roncador, ma non fece mai più
ritorno.
Nel 1932 lo svizzero Stefan
Rattin insieme al giornalista
Horacio Fusoni organizzarono
una spedizione a capo di 14
uomini, brasiliani e paraguagi.
Nessuno fece mai più ritorno.
Nel 1937 l’esploratore Willi
Aureli riportò che alcuni
autoctoni Carajà si riferivano ad
un gran capo bianco che viveva
con gli Xavantes, nel profondo
della selva.
Anche il ricercatore Henry
Vernes iniziò a raccontare che
Percy Fawcett era vivo e aveva
deciso di vivere lontano dalla
cosiddetta civiltà, a capo di una
tribù d’indigeni custodi dei
misteri di un’antica civiltà, ora
scomparsa.
Nel 1951 l’antropologo
brasiliano Orlando Villas Boas
viaggiò varie volte nella zona del
Roncador tentando di
ripercorrere il percorso seguito
dall’esploratore inglese.
Ebbe contatti con molti indigeni
e giunse alla conclusione che
Fawcett e gli altri due membri
della spedizione furono uccisi
da alcuni indigeni Kalapalos.
Secondo queste testimonianze i
corpi del figlio di Percy, Jack
Fawcett e di Raleigh Rimmel
furono gettati in un fiume,
mentre ai resti di Fawcett fu
data sepoltura in un luogo
segreto. Orlando Villa Boas
trovò anche dei resti umani
(ossa), che inizialmente furono
attribuiti a Fawcett, ma
successivamente si rivelarono
non appartenenti all’inglese.
Nel 1996 Renè Delmotte e
James Linch, s’inoltrarono nella
selva del Roncador, ma 12 dei 16
partecipanti alla spedizione
furono presi prigionieri dai
nativi Kalapalos e rilasciati in
seguito in cambio d’alcuni beni
materiali.
Due anni dopo l’esploratore
inglese Benedict Allen riuscì ad
entrare nel territorio dei
Kalapalos e ad intervistare un
anziano indigeno detto Vajuvi.
Il nativo smentì
categoricamente che uomini
della sua tribù avessero ucciso
Fawcett e sostenne che le ossa
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ritrovate da Villas Boas non
appartenevano all’avventuriero
inglese.
Anche nei primi anni del secolo
attuale ci furono vari tentativi di
svelare il mistero della morte di
Fawcett, per esempio nel 2005
lo scrittore David Grann visitò
la tribù Kalapalos e gli venne
assicurato che, secondo le
tradizioni orali della zona,
Fawcett passò alcuni giorni nel
villaggio, ma poi si diresse ad
est in una zona ritenuta
pericolosa e occupata da
autoctoni bellicosi.
Fino a qui i fatti.
Il mistero di come sia morto
l’esploratore inglese e
soprattutto cosa celi la Sierra
del Roncador rimane insoluto.
A mio parere si possono
analizzare due teorie principali
per tentare di spiegare che cosa
cercasse realmente Fawcett e
per svelare se ci sia andato
vicino.
La prima è l'ipotesi mistica e la
seconda, più probabile, è la
teoria dell'antica civiltà perduta
dello Xingú, recentemente
scoperta e studiata
dall’archeologo statunitense
Heckemberger.
Indigeni Xingú
Secondo la visione mistica ed
esoterica, che ebbe inizio con
l’altro figlio di Fawcett, Brian
(1906-1984) e con il nipote
dell’esploratore, Timothy
Paterson (1935-2004), la Sierra
do Roncador sarebbe uno dei
luoghi sacri del mondo, una
specie di porta d’accesso ad un
mondo sotterraneo sconosciuto
agli umani.
I cosiddetti intraterrestri
vivrebbero nel famoso Tempio
di Ibez dove si sarebbero ritirati
i discendenti di Atlantide, poco
dopo il diluvio universale.
Paterson era convinto che suo
zio avesse trovato l’entrata
segreta che lo avrebbe condotto
fino a Ibez, una specie di El
Dorado Atlantideo, dove
sarebbe racchiuso il mistero del
nostro remoto passato e forse la
chiave del nostro incerto futuro.
Nel 1978, in uno dei suoi viaggi
di esplorazione presso le terre
attigue al Rio Xingù, venne in
contatto con un anziano, che gli
assicurò che la città misteriosa
cercata da Fawcett (da dove
proveniva la statuina di basalto,
raccolta da Haggard vicino al
cadavere dell’archeologo Marple
White, l’unico occidentale che
sarebbe mai entrato nella città
Z), non era altro che Manoa
(anche se molte leggende
amazzoniche ubicano la
leggendaria Manoa molto più a
nord rispetto al Roncador,
nell’attuale Stato brasiliano del
Roraima).
Paterson dichiarò,
nell'intervista che rilasciò al
ricercatore Marco Zagni, che
suo zio visse ad Ibez fino al
1957, la vera data della sua
morte.
Secondo Paterson i 22 segni
sacri che erano incisi nella
statuetta che scomparve
insieme a Fawcett non erano
altro che i caratteri dell’arcaico
alfabeto di Atlantide, dal quale
sarebbero poi derivati quello dei
Fenici e degli Ebrei.
Anche lo studioso italiano
Pincherle analizzò il disegno del
supposto alfabeto che era
impresso nella statuina, e
giunse alla conclusione che si
trattasse realmente di caratteri
sconosciuti anti-diluviani.
Un particolare dell'alfabeto
"atlantideo" inciso nella tavola della
statuina
Pincherle interpretò anche
l’incisione posta ai piedi della
statuina come UT NAISFM,
molto simile al babilonese UT
NAPHISTIM, ossia Noè.
Secondo i due studiosi anche il
nome Manoa, a lungo indicato
come la sede dell’arcaica città
individuabile come il vero El
Dorado, significherebbe Porto
di Noè, ovvero il luogo dove Noè
avrebbe approdato dopo il
diluvio e da dove avrebbe poi
fondato una civiltà prodigiosa.
Uno dei più famosi mistici che
visse a lungo nella zona della
Sierra do Roncador fu il
bavarese Udo Oscar Luckner
(1925-1986).
Sierra do Roncador
Secondo lo svedese, che giunse
in zona attratto dalle leggende
che si erano venute formando
sulla fine di Fawcett, nella zona
del Roncador esiste una porta
segreta, che condurrebbe nel
regno dell’inframondo, abitato
appunto dagli intraterrestri.
Luckner, chiamato anche lo
ierofante del Roncador (papa
del Roncador), fu il fondatore
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
del Monastero Teurgico del
Roncador, ed ebbe molti adepti,
adoratori del tempio di Ibez.
Nel suo libro mistico-esoterico
Misterios do Roncador, narra il
suo viaggio nelle caverne
sotterranee situate nel
sottosuolo della Sierra do
Roncador dove sarebbe situato
il tempio di Ibez.
Secondo alcune leggende diffuse
tra gli indigeni Borro e Xavantes
in tempi remotissimi giunsero
presso la Sierra do Roncador
degli Dei dal cielo, esseri di
proporzioni minute alti non più
di 120 cm, alcuni di essi con 6
dita sia nelle mani che nei piedi
e con crani enormi,
sproporzionati rispetto all’esile
corpo.
Ancora oggi si possono
ammirare nella Gruta dos
Pezinhos (non lontano dalla
città di Barra do Garcas), varie
impronte di piedi con tre,
quattro e sei dita.
Sebbene non vi siano prove
definitive per fare luce sulle
credenze di Paterson e Luckner,
a mio parere il mondo mistico
di alcuni sensitivi (come anche
Daniel Ruzo o Edgar Cayce),
deve essere tenuto in
considerazione, sia perché le
nostre conoscenze sui poteri
della mente sono ancora
approssimative, sia perché le
intuizioni di sensitivi possono
rivelare la giusta via da seguire
per dipanare alcuni misteri.
Analizzando la seconda teoria
per spiegare cosa cercasse
Fawcett e forse cosa trovò
Raposo nel suo viaggio del 1743,
si devono considerare gli ultimi
studi dell’archeologo
statunitense Michael
Heckemberger.
A partire dal 1993
Heckemberger ha compiuto
ricerche e lavoro di campo nel
parco nazionale Xingù, presso i
villaggi degli Kuikuro.
Inizialmente il capo-tribù
chiamato Afukaka lo portò in un
sito considerato sacro e
importante detto Nokugu, dove
si ritiene vi sia l’anima di un
giaguaro.
Nelle vicinanze, dopo vari scavi
che si protrassero per mesi,
furono trovati i resti di strade e
antichi canali.
Presto s’iniziarono a delineare i
resti di un grande villaggio,
costruito in forma circolare
dove da una piazza centrale si
dipartivano varie strade, che
connettevano il centro abitato
con altri villaggi, come in una
rete.
Il nome di questo antico
insediamento è Kuhikugu.
Villaggio indigeno Xingú
Si pensa che furono gli antenati
degli Kuikuro a costruire il
villaggio pre-colombiano.
Probabilmente intorno al XVIII
secolo Kuhikugu era in piena
attività e la zona forestale
circondante era molto più densa
e intricata di quella attuale.
Heckemberger ha provato che le
zone costruite erano enormi,
ognuna di circa 250 chilometri
quadrati.
Si evince pertanto che la
popolazione totale dell’area
dovesse essere di varie migliaia
di persone, se non decine di
migliaia.
Dopo approfonditi scavi
archeologici si è trovato vario
materiale ceramico oltre che
vari mortai in pietra utilizzati
per lavorare la manioca.
Dalle datazioni del carbonio 14
si evince che questa antica
civiltà amazzonica risale al 500
d.C.
Secondo Heckemberger
l’esploratore inglese Percy
Fawcett potrebbe aver
attraversato queste reti di
villaggi, che probabilmente un
secolo fa erano ancora utilizzati
dai nativi.
Poi tutto si perse,
probabilmente ci furono delle
epidemie (vaiolo) portate dai
colonizzatori brasiliani e molti
villaggi furono abbandonati.
L’ultima parola sulla fine di
Fawcett e sugli enigmi della
Sierra do Roncador non è
ancora stata detta.
C’è ancora molto da studiare e
da verificare sul campo in modo
da poterci avvicinare alla verità
di uno dei più grandi misteri del
XX secolo.
Yuri Leveratto
1542 I primi
navigatori del Rio
delle Amazzoni
www.lulu.com
E’ un libro storico e
d'attualità nello stesso
[email protected] tempo.
Nella prima parte l'autore
racconta l'incredibile
E' possibile riprodurre l'articolo
avventura di Francisco de
citando chiaramente l'autore e la
Orellana, il primo europeo
fonte www.yurileveratto.com
che esplorò il grande
Per maggiori informazioni sulla
fiume, nel 1542. La seconda
cultura degli indigeni dello Xingú
parte, la cronaca, è il
clicca qui:
resoconto del suo viaggio,
http://www.yurileveratto.com/it/art
terminato nel 2009,
icolo.php?Id=64
attraverso seimila
chilometri di fiume,
navigando da
Puerto Ocopa (Perú), fino a
Belem do Pará (Brasile).
E' una guida
particolareggiata, ma
anche un'analisi di un
mondo spesso dimenticato,
ma di fondamentale
importanza per il futuro del
nostro pianeta.
Prefazione di Lorenza
Mazzetti, la celebre autrice
de “Il cielo cade”.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Confesso, ho viaggiato
pag.30
Avventura
nella Guyana
Francese
© Marco Zagni
Marco Zagni
Ricercatore e scrittore;
autore de “L’Impero
Amazzonico”, MIR Firenze,
2002 e “Archeologi di
Himmler. Ricerche,
spedizioni e misteri
dell'Ahnenerbe”, Editore
Ritter, 2004.
Marco Zagni
Una delle pecche che alcuni dei
lettori ed estimatori del mio
primo saggio L’Impero
Amazzonico1 mi hanno sempre
rinfacciato è di non avere mai
scritto nei dettagli quella che è
stata la mia prima avventura
amazzonica in Sud America,
compiuta nell’ormai lontano
1984, a 22 anni di età.
1
Marco Zagni, L’Impero Amazzonico,
MIR, Firenze, 2002.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Gli spunti e gli argomenti sono
moltissimi, insieme ad un
misterioso avvenimento
avvenuto durante la spedizione,
segreto che mi sono tenuto
dentro per vent’anni e che ora
verrà rivelato.
Proprio mentre sono impegnato
in questi tempi a recuperare
con buon successo tempo,
energie e preparazione fisica
per organizzare un’altra
missione in America latina
dopo l’ultima in Bolivia (2007),
dopo due libri scritti, altri in
preparazione, fa piacere
fermarsi un attimo e ricordare
le mie prime esperienze di
avventura durante i mitici anni
’80.
Devo tutto al mio “istruttore“,
l’esploratore e mio cugino
Mario Ghiringhelli, scomparso
tragicamente, dopo una vita di
avventure in giro per il mondo,
in Indonesia nel 1993.
Fu una grossa perdita ma,
grazie a Dio, aveva già fatto in
tempo a consegnarmi
metaforicamente gran parte del
suo insostituibile bagaglio
pratico e soprattutto spirituale
su come affrontare situazioni
nella foresta che una persona
normale non potrebbe
nemmeno solo immaginarsi – e
non sto esagerando, come
leggerete.
Alla fine di luglio 1984 eravamo
partiti, un gruppo di quattro
avventurosi, il capo (Mario
Ghiringhelli), il braccio destro e
fotografo esperto (Lionello
Semprini) e i due – allora –
“giovani di studio“ , io (21 anni)
e il “bancario“ Pierluigi Martini
(24 anni), detto “il gemello“.
La missione doveva essere una
esperienza fisico – psicologica
preparatoria (dopo mesi di
allenamenti forsennati e
dispendiosissimi dal punto di
vista dello stress fisico, ma
servirono eccome) in vista di
una successiva spedizione da
effettuarsi nel Perù Amazzonico
– poi parzialmente effettuata
nel 1998 e soprattutto nel
2000, ma con Mario ormai
deceduto da tempo ed
effettuata con l’archeologo di
esplorazione statunitense
Gregory Deyermenjan ed il caro
amico, ora insegnante
universitario di diritto
internazionale Alessandro
Fodella, sulle tracce dell’Impero
amazzonico perduto del Paititi e
di misteriose, ancora
controverse, checchè se ne dica
in giro da parte di gente che
non ha messo mai il naso
neanche fuori di casa, Piramidi2
di tipo egizio.
Dobbiamo dirlo subito, in
vent’anni la Guyana Francese
non è cambiata molto, lo ho
saputo da varie fonti e dai
frequenti passaggi di
documentari sulle televisioni
francesi.
Pur essendo dal punto di vista
giuridico parte integrante del
territorio francese d’oltremare
ed ex colonia penale fino al
1946 – la moneta di scambio là
oggi è l’Euro – la Guyana si
trova dall’altra parte
dell’Oceano Atlantico – è sede
di una base spaziale molto
famosa a Kourou, presidiata
dagli amici della Legione
Straniera, e fa parte
geologicamente della zolla del
continente sudamericano che
comprende il Venezuela e tutto
il Brasile del Nord Est.
Risulta essere tutta foresta
pluviale geologicamente ancora
primaria e plurimillenaria dal
punto di vista epocale
preistorico, una vera miniera
per gli scienziati botanici ma
anche per i cercatori d’oro
francesi ed indigeni, molti di
cui di frodo (c’è sempre una
tenace lotta da parte della
Gendarmeria per fermare
questo fenomeno).
Comunque è un posto dove non
si deve scherzare, né con la
natura né con la gente che vive
là, soprattutto alla Cayenna, la
capitale della Guyana Francese:
può essere semplicemente un
vero inferno trovarsi là se si
prende la giungla sottogamba o
se si passa semplicemente la
sera nei quartieri della Cayenna
meno indicati per i bianchi.
Blasone della Cayenna
Ricordo l’arrivo con un jet Air
France all’aereoporto
internazionale (allora la pista
era tutta in terra battuta – e ci
atterravano anche i Concorde!)
della Cayenna, con una umidità
vicina al 100% e 35 gradi al
pomeriggio-sera.
Quell’aeroporto era stato
costruito dagli Alleati nel 1943
durante la seconda guerra
mondiale come base di
bombardieri a lungo raggio,
quando gli Americani erano
stati allertati dai servizi segreti
inglesi e terrorizzati dalle
informazioni relative al fatto
che la Germania nazista era sul
punto di rendere esecutivo un
progetto da tempo tenuto in
“stand by” per invadere ed
attaccare il Brasile, dopo che lo
stesso Brasile aveva, di
malavoglia e costretto dagli
USA , dichiarato guerra alla
Germania nel 19423.
Ma andiamo avanti: come si
presentava la Cayenna?
A domanda, risposta.
Trentacinquemila abitanti, una
cittadina quindi, pioggia di
un’ora o due tutti i santi giorni,
Questo ed altri argomenti sono stati
trattati nel mio secondo saggio:
Archeologi di Himmler, Ritter,
Milano, 2004.
3
Le “Piramidi di Pantiacolla“ , vedi
L’Impero Amazzonico, op. cit., pag.47
e seg.
2
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ed eravamo nella loro stagione
secca, 4 gradi sud dell’equatore.
Il sole sorge praticamente alle
6.00 esatte e tramonta alle
18.00, tutto l’anno.
Coste
impraticabili,
senza
spiaggia o arenili, dove la
foresta diventa direttamente
mare.
Di fronte le Isole della Salute, le
Isole del Diavolo e Royale, il
terribile bagno penale di
Papillon e del Colonnello
Dreyfus.
Il porto fluviale della Cayenna
Tutti pensavamo: inizio poco
promettente, ci sarà da faticare
parecchio.
Dopo qualche giorno di
ambientamento, grazie alle
conoscenze nell’esercito
francese e nella Legione da
parte di Mario (con i legionari
di stanza ad Aubagne presso
Marsiglia, in Francia allora
compivamo allenamenti e gare
di marcia insieme, per puro
spirito sportivo) riuscimmo ad
avere un appuntamento con
l’allora colonnello Jin della
Gendarmeria dell’Area della
Cayenna, incontro in cui lui
allora fu molto gentile, risoluto
e franco ed in pratica, dopo
averci ascoltato ci disse:
“Caro Mario, dagli amici
dell’esercito ho sentito parlare
molto bene di lei anche come
preparatore atletico di
sopravvivenza, ed i suoi
compagni, lo vedo, sono in
gamba.
Interessante il suo racconto
dell’archeologia amazzonica,
delle sue esperienze e dei suoi
progetti futuri in Perù, ma
anche qui purtroppo siamo in
una brutta situazione, ci sono
state delle alluvioni proprio di
recente nelle zone dove voi
volete tracciare una “premiere”
(per premiere si intende un
percorso nella foresta
amazzonica totalmente nuovo,
un vero e proprio percorso di
allenamento di parecchi
giornate di marcia, nda).
Alcuni nostri uomini sono
rimasti isolati per giorni e
siamo dovuti andare a cercarli
con gli elicotteri, con parecchio
tempo perso e rischi altissimi.
Meno male che è finito tutto
OK.
Il punto è questo: se vi perdete
nel mezzo del percorso, dopo
aver fatto 50 o 80 chilometri
sul tragitto premiere da Saul a
Maripasoula (sul fiume
Maroni, vedi cartina , luogo da
cui avremmo poi fatto 300-400
km in canoa sulle rapide prima
di arrivare a San Laurent du
Maroni), chi vi viene a cercare?
Come facciamo a trovarvi?
E se viene un’altra alluvione?
La stagione non è questa, però
può capitare ancora…
Vale la pena rischiare la vita
per un allenamento, seppure di
tre settimane, e per una giusta
causa?”.
Questo praticamente ci disse il
colonnello Jin in Gendarmeria
alla Cayenna.
Certo noi tutti, concordammo
insieme, non eravamo andati là
per prendere farfalle, però con
il colonnello si stabilì una serie
di percorsi di allenamento tutto
intorno a Saul – più umani –
testuali parole, dove, se
succedeva qualcosa, c’era
almeno una possibilità di
trovarci con l’elicottero (allora i
GPS non c’erano, anche se le
mappe militari francesi scala
1/50.000 della Cayenna non
erano niente male).
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Aeroporto di Saul, Guyana francese
Dopo aver speso qualche altro
giorno per recuperare tutto
l’equipaggiamento e i viveri, un
traballante aereo dell’Air
Guyane ci portava dalla
Cayenna alla nostra prima
meta, Saul appunto, in piena
foresta tropicale.
Come ho già detto la foresta
tropicale in tutta quella fascia
che parte dal Venezuela fino
alle tre Guyane ed al Brasile è di
tipo primario, cioè è rimasta
tale e quale, sostanzialmente,
come era milioni di anni fa:
l’albero principale, oltre ad un
grande numero di felci giganti è
la sequoia tropicale, un tipo di
albero enorme che facilmente
supera i sessanta- settanta
metri di altezza (è pauroso) ed
ha una incredibile particolarità,
e cioè cresce continuamente per
secoli e muore quando cade,
quando cioè – in proporzione –
le deboli radici non lo reggono
più.
Quando si pernotta in quel tipo
di foresta , generalmente si
dorme con le amache, così
come facemmo noi per tre
settimane ininterrotte, ma
bisogna stare attenti a piantare
il campo dove ci sono sequoie
“giovani“, infatti di notte si
sente cadere immancabilmente
qualche vecchia sequoia, con un
rumore tremendo che si
espande per chilometri, e non
sia mai dover averci messo il
campo sotto.
A buon intendere…
Tutta la zona tropicale della
Guyana francese è
completamente coperta da
questa fascia di foresta
irregolare per quanto riguarda
la conformazione del terreno: si
continua a marciare su è giù per
queste piccole colline alte poche
centinaia di metri, dove ogni
tanto si apre uno spettacolo alla
vista prodigioso, di natura
sovrana, che solo l’averla vista
direttamente può far realmente
capire il vero significato del
termine.
Esercitazione nella giungla della
Guyana di un reparto dell'Esercito
francese
Per esigenze di spazio non
potrò certo raccontare
interamente il gran numero di
episodi incredibili, sia
divertenti che pericolosissimi
insieme che ci sono capitati in
questo viaggio di “prova“ fisica
e psicologica ma mi limiterò a
raccontare alcuni episodi
avvenuti in una marcia di
cinque giorni, tra andata e
ritorno, nelle zone più intricate
ben fuori Saul.
L’esperienza, altrettanto
fantastica, della pericolosa
discesa delle rapide sul fiume
Maroni verso Saint Laurent
magari potrò raccontarla
un’altra volta.
Volevamo raggiungere la cima
del monte Kalbao (in realtà una
grossa collina che arriva a circa
800 metri sul livello del mare),
il più alto della Guyana
Francese, in direzione Sud
rispetto al nostro punto di
partenza.
La nostra guida George, un
“Tarzan” francese biondo e
simpatico di 35 anni (purtroppo
è morto nel 1995, in seguito ad
una malattia presa nella
foresta), era stato là diversi
anni prima però, al ritorno,
aveva perso un suo caro amico,
strappato e gettato in acqua da
un enorme serpente anaconda
sbucato improvvisamente dal
fiume e piombato sulla loro
canoa – il suo amico non era
mai stato più trovato – e
pertanto ci aveva avvertito che
non sarebbe stata certo una
passeggiata.
Da quello che avevamo già
assaggiato, lì non si
“passeggiava” mai da nessuna
parte facilmente: da tutte le
parti liane enormi grosse come
le gambe di un uomo
scendevano da sequoie giganti
che si susseguivano
continuamente.
Ogni pomeriggio alle 16.00 si
interrompeva la marcia con il
machete e si preparava il
campo: tutto doveva essere
pronto per le 18.00 e si
mangiava molto frugalmente e
alle 18.30- 19.00 tutti a
dormire, con turni di guardia
per tenere controllato il fuoco
che doveva sempre essere
acceso per tenere lontani gli
animali.
Giaguari e scimmie
continuavano tutta la notte a
fare il loro coro spacca-timpani
intorno al campo.
Non c’era certo da stare allegri,
ma ci eravamo cacciati noi in
questa storia ed il lamentarsi
era proibito per legge, nel
nostro gruppo.
I primi due giorni di marcia
verso il monte Kalbao erano
andati abbastanza bene, certo,
come sempre, non si riusciva a
percorrere più di sette-otto
chilometri al giorno (circa 8 ore
di marcia) per via della
difficoltà di attraversare la
jungla, ma le cose andavano
benone, eravamo nella media di
percorrenza.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
E stavamo bene, sia fisicamente
che come morale (certo ognuno
di noi aveva già perso 5- 6 chili
di peso in due settimane, ma
era una cosa normale là per
tutti).
La terza notte si volle andare a
fare un caccia notturna, perché
in effetti il cibo scarseggiava un
poco.
Qualcuno però doveva rimanere
al campo e siccome io non
avevo nessuna voglia di passare
altre due ore in una pozza
d’acqua aspettando
all’abbeverata chissà quale
preda con decine di occhietti
lucenti di serpenti acquatici
intorno illuminati dalle torce,
una cosa normale in quelle
zone, secondo la guida, decisi di
rimanere io al campo, mentre
gli altri scendevano giù per la
collina per centinaia di metri
verso i ruscelli d’acqua.
I campi bisogna sempre farli
lontani dalle pozze d’acqua di
abbeverata degli animali, è la
prassi.
Ero così completamente solo:
decisi subito, per tenermi
impegnato, di ravvivare il fuoco
con un po’ di liane robuste
tagliate e poi mi misi dentro la
mia amaca, coperta da un telo e
dalle zanzariere, in riposo ed in
attesa, abbastanza tranquillo e
con un cigarillo speciale
brasiliano acceso.
Io non ho mai fumato ma allora
quei benedetti sigari ci
servivano a tener lontani gli
insetti e le zanzare, e alla sera,
dopo cena, non erano niente
male.
Erano le 22,00 circa e il sigaro
bruciava velocemente…!
All’improvviso mi sveglio di
colpo: era mezzanotte circa.
Caspita, mi dissi, mi ero
addormentato di botto, bella
guardia che ho fatto,
complimenti Marco, dicevo a
me stesso.
Degli amici neanche l’ombra,
anche se in effetti poco dopo
sentii sparare il fucile da caccia
di Gorge, ma abbastanza
lontano.
Avevo ravvivato il fuoco da
cinque minuti e mi ero coricato
di nuovo nell’amaca di fianco al
mio fido coltello da sub, quando
all’improvviso sentii come uno
strano urlo prolungato lontano,
come un potente brontolio,
però squillante e forte insieme,
ed uno strano calpestare di
piante ed erba, lento ma
potente deciso, sul terreno.
Ma è molto lontano, sentivo io,
e in direzione Ovest, diceva la
bussola: almeno cinque
chilometri.
Che strana cosa pensavo, sarà
un temporale o il vento, o una
sequoia che cade …proprio
mentre passava qualche minuto
e stavo per riaddormentarmi
sentii questo grido lunghissimo,
un po’ più vicino e potente,
anche se ancora abbastanza
fioco però in più, il calpestare
lento e regolare su terreno era
chiaro, lontano ma potente da
trasmettersi nel terreno.
Un animale! E grosso!
Subito la mia mente fu
attraversata da questo pensiero.
Un tapiro, no, non può essere
nemmeno un elefante, qui non
ci sono più da migliaia di anni.
E neanche un orso, è
impossibile…
Guide indigene pescano con le fiocine nelle
acque di un fiume della Guyana Francese.
Accompagnano naturalisti europei scortati da
soldati francesi, nell’esplorazione della foresta
pluviale. Disegno della prima metà dell’800.
Maledizione, pensai allora, un
gruppo di facoceri in arrivo,
sono pericolosi, fanno una
specie di percorso nella jungla
in famiglie di 8-10 per volta, e
se sei sulla loro strada prima ti
calpestano attaccandoti e poi ti
chiedono chi sei.
E non ho neanche un fucile.
Ma non ero convinto neanche
di questa mia intuizione…
I compagni non arrivavano ed
era quasi l’una di notte: non me
la sentivo certo di utilizzare il
fischietto da segnalazione per
chiamarli né di spegnere il
fuoco che, probabilmente, si
vedeva da parecchio lontano e
serviva proprio da riferimento
verso quella “cosa” che si stava
dirigendo giusto da questa
parte.
Fu all’improvviso, fortissimo e
vicino, quello che sentii ormai
chiaramente come un “ruggito
sibilante” (me lo ricorderò per
sempre e non saprei come
descriverlo meglio) come di un
animale veramente grosso che
si avvicinava e schiantava le
liane.
Non c’era dubbio ormai, ed ero
molto spaventato anche se
controllavo la situazione, i nervi
tesissimi: fischiai fortissimo per
richiamare l’attenzione dei
compagni, fischiai più volte.
Passò qualche secondo circa,
forse dieci al massimo, e sentii
uno sparo.
Erano Mario e gli altri che mi
davano ad intendere:
tranquillo, stiamo tornando.
Passarono poi una ventina di
minuti veramente tremendi per
me e di grande tensione: un
paio di volte sentii ancora
quell’urlo tremendo che però,
grazie al cielo, fu quella la
svolta della vicenda, si stava
certamente allontanando nella
foresta da dove era venuto.
Giunti i miei compagni di
avventura, saliti su per la
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
collina, raccontai tutto a Mario
e a George per filo e per segno.
Mario, come sempre, era molto
scettico sull’accaduto ma
comprendeva che qualcosa era
veramente successo.
Loro non si erano accorti di
nulla, si erano allontanati per
circa un chilometro e,
francamente, erano stati attenti
a non incontrare qualche
piccolo caimano nell’acqua.
Non avevano preso nulla.
Avevano sparato solo un colpo
su quello che pareva un maiale
selvatico.
Ma niente di niente.
George divenne invece molto
serio e disse:
“Nella foresta amazzonica
succedono molte cose strane,
strani suoni e strane situazioni.
La mente gioca anche molti
brutti scherzi però, in questo
caso e in questa zona, posso
dire che altre persone hanno
riferito di misteriosi voci e
rumori potenti proprio in
direzione del Brasile o del
Venezuela, dove dici tu.
Comunque non poteva essere
un grosso felino, perché il
giaguaro non lo senti mai, e
quando lo vedi
improvvisamente piombare su
di te sei già morto.
Quindi francamente che
cos’era, se c’era, non lo so.
E’ meglio dormirci sopra, è
tardi”.
L’episodio non si verificò più e
fummo molto presi nei giorni
successivi per raggiungere la
cima del Kalbao e tornare
indietro a Saul con non poche
difficoltà, perdendo pure la
strada un paio di volte.
Ma degli indigeni indiani Aloike
ci aiutarono, con dei passaggi in
canoa.
Ricordo dei passaggi clamorosi
sui torrenti sfruttando delle
enormi sequoie cadute di
traverso e sfruttate da noi come
ponti.
Fantastico!
Un vero Mondo Perduto.
Certe esperienze non si
dimenticano, nella vita di un
uomo, e questa della Guyana
senz’altro fu una delle più
impressionanti e formative per
lo spirito di una persona come
chi scrive, allora molto giovane.
Ma anche questa esperienza
passò, come diverse altre
avventure negli anni successivi,
ed il tempo contribuisce ora ad
alimentare la voglia di
conoscenza verso altre imprese,
verso quel mondo meraviglioso
ed avvincente che è il Sud
America , i suoi misteri
archeologici e l’Amazzonia.
Fu molti anni dopo che lessi
diversi resoconti di avventurieri
che erano stati in quelle zone,
dal Venezuela al Nord Brasile,
dove accennavano alla
possibilità che esistessero
ancora da quelle parti dei grossi
animali antidiluviani, non solo
grossi rettili preistorici o
dinosauri ma anche dei
mammiferi enormi ritenuti
scomparsi, come il Megaterio
una specie di enorme bradipo
terrestre sudamericano grosso
come un elefante, erbivoro ed
estintosi 10.000 anni fa4.
A dire la verità, per come la
penso io, se di un animale si
trattava, e su questo
personalmente ne sono sicuro
perché sentii chiaramente lo
schianto della vegetazione per
l’aprirsi di un varco nella
giungla utile al passaggio,
quella specie di ruggito che
sentii non aveva nulla di
mammifero, e poteva quindi
4
Ricordo le raffigurazioni di
animali estinti (Toxodonti)
esistenti in località
archeologiche sud americane
molto famose come per
esempio a Tiahuanaco, da me
visitata nel 2007.
essere il richiamo di un grosso
rettile.
Un dinosauro, forse.
Ma, anche dopo tanto tempo,
una cosa la posso dire con
certezza: sarà perché era notte
fonda o perché troppo stanchi o
per altri motivi, a nessuno di
noi venne allora la voglia di
andare a cercarlo!
[email protected]
I LIBRI
DI MARCO ZAGNI
voluto includere la vita e le scoperte di
un archeologo ed esoterista
peruviano, il Dr. Daniel Ruzo, i cui
studi sono sempre stati tenuti sotto
silenzio dalla comunità
internazionale. E, primo italiano a
farlo, l'autore si è recato nel 1998 nella
località dell'altipiano di Marcahuasi,
che tanto influì sul lavoro di Ruzo, a
4500 metri sulle Ande, scattando
interessanti fotografie. Nella seconda
parte del saggio, Zagni prende in
considerazione gli studi più recenti
descrivendo, oltre alle sue, le
spedizioni e le ricerche di esploratori
con cui ha avuto anche esperienze
comuni, sia sul piano teorico che sul
campo. Il testo si conclude con una
panoramica riguardante lo stato
attuale della ricerca e le future
spedizioni, che dovranno
necessariamente essere svolte per
risolvere definitivamente il mistero
dell'esistenza dell'Impero
Amazzonico.
Ψ
L' impero amazzonico.
Cento anni di ricerche dal
colonnello Fawcett ai giorni
nostri
Prezzo: € 8,00
Dati: 112 p., ill.
Anno: 2002
Editore: MIR Edizioni
Partendo dalle ricerche e dalle
spedizioni di studiosi legati in modo
omogeneo da un medesimo filo
conduttore, e cioè la ricerca di un
"regno amazzonico", o in senso più
allargato, la ricerca di una cultura
Madre primigenia del Sud America,
forse legata ad Atlantide, Zagni è
giunto fino ai giorni nostri includendo
le sue personali esperienze derivanti
dagli studi e dalle spedizioni
effettuate, di cui l'ultima dell'AgostoSettembre 2000. Nella prima parte
del saggio, oltre ai capitoli riguardanti
il Col. Fawcett ed il Prof. Homet,
l'autore, per la prima volta in Italia, ha
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Archeologi di Himmler.
Ricerche, spedizioni e
misteri dell'Ahnenerbe
Prezzo: € 28,00
Dati: 304 p., ill., brossura
Anno: 2004
Curatore: Galli G.
Editore: Ritter
I nazisti si impegnarono in una serie
di ricerche archeologiche, volte a
ricostruire l'origine dei popoli
germanici, con spedizioni anche in
zone molto remote, come il Tibet e
l'Amazzonia. Ci si avvicina anche al
campo esoterico e ovviamente si parla
di figure come Otto Rahn, impegnato
addirittura nella ricerca del sacro
Graal. Il più completo volume
disponibile in italiano su questi
specifici temi.
Enigma
pag.36
I “Santi Graal”,
alla ricerca di nuove
risposte
© Enrico Baccarini
Enrico Baccarini
Enrico Baccarini è giornalista
pubblicista, scrittore e laurendo
in Psicologia Sperimentale.
Alterna i suoi studi universitari
alla profonda passione per i
misteri del tempo e dell'uomo
interessandosi attivamente di
Ufologia, di Enigmi Storici, di
Misteri del Passato e degli
enigmi della Mente.
Da tali interessi è nato il portale
che ha voluto appunto chiamare
ENIGMA.
La ricerca millenaria di
una delle più sacre reliquie
della cristianità.
False rivendicazioni e
nuovi aggiornamenti
Non si tratta di un errore
grammaticale, apparentemente
sfuggito al redattore
dell’articolo, abbiamo voluto
intitolare questo testo
volontariamente al plurale per
rendere testimonianza ai nostri
lettori delle numerose esistenze,
oggi rivendicate in tutto il
mondo, che si riferiscono al
Sacro Calice.
Spunto per tale dissertazione è
stato un recente fatto di cronaca
che ha portato nuovamente alla
ribalta un enigma storico
quanto religioso che da secoli,
se non millenni, si è radicato
nei pensieri di fedeli e studiosi.
E’ esistito veramente il Sacro
Graal?
Si è preservato fino ai nostri
giorni?
Reliquia avvolta nella nebbia
del mistero, rincorsa per secoli
come simbolo di purezza e
conoscenza, ovvero come fonte
di potere e di saggezza.
Le sacre rappresentazioni
giunte fino ai nostri giorni lo
raffigurano in molteplici forme.
Da semplice calice (molte volte
di legno o pietra) a coppa
finemente lavorata nell’oro
ovvero intarsiata di pietre
preziose.
Oggi gli studiosi sono quasi
unanimemente concordi nel
ritenere il Graal un oggetto
senza grosse pretese,
probabilmente in pietra
difficilmente costruito con
materiali estremamente
preziosi.
L’alone di mistero creatosi
attorno a tale reliquia trae parte
delle proprie origini storiche
dagli antichi poemi medievali
francesi, e da autori che molto
probabilmente codificarono nei
propri poemi conoscenze
segrete oltre che gesta di pura
fantasia.
Il mito del Graal ha comunque
rinnovato la propria forza nel
corso dei secoli, ha attinto dalle
più profonde speranze
dell’animo umano caricandosi
di una magnificenza ed una
importanza che nessun’altra
reliquia della cristianita, già
scoperta o puramente
leggendaria, ha fino ad oggi
posseduto.
Forse risiede proprio in tale
forza arcana il valore che il
Graal ha acquisto nei suoi secoli
di storia.
Padre Pio ed il Graal
San Pio da Pietrelcina
rappresenta, ai primordi del
XXI secolo, una delle figure che
maggiormente hanno
affascinato il mondo cristiano.
Figura venerata, ma allo stesso
tempo alquanto controversa, ha
lasciato nel proprio percorso
segni e tracce di una vita
dedicata alla santità ma anche
enigmi degni del miglior
mistero moderno.
La figura di quest’uomo, vissuto
già dalla vocazione in odore di
santità e accompagnato per
quasi quaranta anni dalle
stigmate, ha lasciato dietro il
proprio cammino un nuovo
spirito riformatore per una
chiesa che si era cristallizzata
nel tempo e nelle ideologie.
La vicenda umana e religiosa di
Padre Pio si arricchisce oggi di
un ulteriore tassello delineatosi
attorno ad una lettera e ad un
vaso venuti alla ribalta lo scorso
novembre.
Dopo anni di ricerche e studi
nel novembre del 2003 Albero
Festa, nipote di quel Dr. Giorgio
Festa già medico inviato dalla
Santa Sede per effettuare le
discusse analisi sulle stigmate
del frate da Pietrelcina, ha
annunciato il ritrovamento di
una lettera autografa del Santo
redatta, a quanto sembra, pochi
mesi prima di morire e
accompagnata da un piccolo
vaso di terracotta di origine
greca ma di provenienza ignota.
La lettera, considerata da più
come un testamento spirituale,
parla in modo molto enigmatico
di “… un vaso segreto,
appartenuto all’apostolo
Pietro, dono di Dio… e
testimone dell’immensa luce…”
lasciato in eredità a “…tutti i
poveri…di fede”.
La lettera fu inizialmente
indirizzata da Padre Pio a Padre
Cristoforo da Vico del Gargano,
assistente del defunto Dr.
Giorgio Festa, per poi passare
definitivamente nelle mani di
Alberto Festa.
La lettera non lascia molti
spiragli di comprensione,
soprattutto per ottenere dei dati
oggettivi sulla reale natura del
calice, ammantando
ulteriormente di mistero
l’intera vicenda.
Non viene fatto esplicito
riferimento al calice cui,
nell’ultima cena, Gesù bevve e
nel quale, sempre secondo la
tradizione cristiana, durante la
crocifissione Giuseppe di
Arimatea (discepolo segreto di
Cristo) avrebbe raccolto il
sangue del Messia morente.
I filoni che da subito si sono
delineati all’interno di questa
annosa disputa hanno visto
primeggiare due ipotesi
principali, la prima che vede in
questo calice il vero Graal
quello raffiguratoci da sempre
nella tradizione cristiana e nelle
antiche leggende, la seconda
che vede nel calice, e nel testo,
solo la metafora di un
messaggio che il padre di
Pietrelcina voleva lasciare ai
suoi amici e fedeli. Sempre
secondo i sostenitori della
prima ipotesi (vaso di Padre Pio
= Sacro Graal) leggendo
letteralmente la lettera se ne
desumerebbe che il calice
sarebbe passato dopo la
Crocifissione nelle mani di San
Pietro (Giuseppe di Arimatea
dove era finito?) per poi
giungere nelle mani di San
Francesco di Assisi (San
Francesco, secondo una delle
interpretazioni proposte,
sarebbe il “padre” citato nella
lettera ovvero il padre spirituale
dell’Ordine Francescano cui
Padre Pio faceva parte e a cui
era profondamente devoto) per
infine giungere nella mani del
Santo di Pietrelcina.
Prove a riguardo?
Per ora nessuna, se si esclude la
lettera stessa che comunque
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
non fornisce dati precisi sulla
natura dell’oggetto.
Se da una parte mancano prove
per compiere collegamenti certi
tra il manufatto e il Santo Graal
recentemente, attraverso analisi
di laboratorio, è curiosamente
stato confermato che il vaso,
pur se di fattura greca, proviene
effettivamente da
Gerusalemme.
Ciò potrebbe non significare
niente, come ovviamente
potrebbe comprovare certe
attestazioni.
Dopo aver reso pubblico il
manufatto e la lettera Alberto
Festa ha dichiarato attraverso
canali multimediali5 di essere
stato oggetto di minacce ovvero
di intimidazioni.
Una storia che sembra un vero
rompicapo.
Sul versante opposto si sono
avute numerose, ed aspre,
critiche nei confronti di tali
dichiarazioni compiute coram
populo senza neanche l’avallo
di autorità competenti o con la
presenza di riscontri scientifici
ed archeologici sul manufatto
che non fossero – come è stato
più volte affermato - “di parte”.
Tra i primi ad aver manifestato
delle riserve, velate però da una
certa speranza di verifiche
positive, vi è stato Padre Florio
Tessari (già Postulatore
Generale dell’Ordine dei Frati
Minori Cappuccini) che, fin
dalle prime dichiarazioni
pubbliche, ha esortato alla
massima prudenza.
Al quotidiano La Nazione6 ha
prontamente dichiarato “Non
ho alcun dubbio sull’autenticità
dei due oggetti. La lettera è
stata effettivamente scritta da
Padre Pio e quel vasetto viene
effettivamente da
Gerusalemme, ma non mi
sento di attribuire alle parole
Confronta “Il BLOG D.O.C.,
http://doc.blog.excite.it, lettera aperta
di Alberto Festa del 29/11/2003.
6 Uscito il 27 Novembre 2003.
5
di San Pio un significato reale.
Mi spiego: credo che quegli
oggetti siano stati da lui
descritti in modo simbolico.
Cioè non credo che la ciotola
che teneva nella sua stanza sia
effettivamente quella con cui si
bagnò le labbra nostro
Signore, né che quella lucerna
abbia illuminato la strada dei
cristiani al Colosseo”.
Dichiarazione alquanto decisa
ma, ci sembra, allo stesso
tempo avvolta da un alone di
speranza per poter suffragare la
possibile esistenza del calice di
Cristo.
La dichiarazione di Padre
Tesseri si conclude in quella
che, allora come oggi, è l’ipotesi
che sembra avere trovato
maggiore seguito ovvero che
Padre Pio avesse a cuore quei
determinati oggetti perché
simbolo e parola del calvario
subito da Cristo sul Golgota e
che San Pio portò sempre nel
proprio cuore e nella propria
carne, quale simbolo e
metafora di tali tribolazioni.
A distanza di ormai diversi mesi
la storia sembra essere già
cascata nel dimenticatoio
mediatico.
Non sono stati rilasciati
ulteriori dati in merito né si
conosce se le autorità religiose
competenti abbiano compiuto
analisi affidabili su tale
manufatto.
Altri Graal
Il Graal di Padre Pio sembra
aggiungersi ad un già numeroso
stuolo di attribuzioni, compiute
prevalentemente nell’ultimo
secolo, di calici o coppe che
dovrebbero, o vorrebbero,
essere il Santo Graal.
Si è già cercato di comprendere
e rispondere ai molti quesiti
sorti dalle leggende sul Graal e
dalla sua storia7.
Vorremmo ora ripercorrere
insieme ai nostri lettori la storia
di alcuni “calici” divenuti
famosi nell’ultimo secolo.
Volendo iniziare dai confini
italiani si presentano subito ai
nostri occhi due Graal
abbastanza conosciuti, uno
dislocato a Torino, l’altro sito
nella più movimentata Genova.
Il mistero del Graal di Torino
nacque verso la fine degli anni
’70, precisamente nel 1978, ad
opera della giornalista e
scrittrice Giuditta Dembech
che, nel suo volume “Torino
Città Magica”, espose una
affascinante ipotesi sulla
possibile conservazione del
sacro calice entro la città
magica.
Si propose che il luogo entro cui
il sacro bacile fosse conservato
potesse essere indicato dalla
Statua della Fede sita nel
sagrato della Chiesa della
Gran Madre di Dio8.
Secondo quanto emerso dagli
studi della Dembech,
osservando nel dettaglio la
mano destra della statua ci si
accorge che questa tiene un
libro aperto appoggiato su un
ginocchio mentre, con la
sinistra, solleva al cielo un
calice.
Possibili indizi per risolvere un
enigma?
Le congetture di alcuni studiosi
hanno portato ad ipotizzare che
il calice, abbinato alla direzione
dello sguardo della statua,
potrebbe permettere ad un
accorto ricercatore di scoprire
l’esatta ubicazione della
“Camera del Sacro Graal”.
Ma perché proprio Torino
dovrebbe custodire il Graal!
Si è cercato in questo caso di
ricollegare questa reliquia con
un’altra, altrettanto nota,
conservata sempre in questa
città, la Santa Sindone.
Con tale aggancio storicoreligioso si è cercato di dare
maggiore forza, nonché vigore,
a questa ipotesi, anche se la
mancanza di prove
dell’esistenza di un Graal
torinese permane e non
permette comunque di risolvere
l’enigma.
Si tratta ancora oggi di
congetture che non sembrano
aver trovato raffronti tangibili o
prove circostanziali per essere
verificate.
Il dubbio più importante che
assilla i ricercatori viene posto
nella domanda “perché prima
del ’78 nessuno ha mai fatto
menzione ad un Graal
torinese?”.
Il secondo, ed ultimo, “Sacro
Catino” italiano si trova presso
il Museo del Tesoro di San
Lorenzo nella Cattedrale di
San Lorenzo a Genova.
Differente nella forma e
nell’aspetto dalle raffigurazioni
che il mito ci ha tramandato
questo catino emana ancora
oggi un alone e di mistero e di
inviolabilità unici.
Lavorato nel vetro per mezzo
delle raffinate tecniche
artigianali arabe, il catino (di
circa 40 cm) venne rinvenuto
nel 1101 d.C. a Cesarea durante
la prima crociata9.
Si ritenne fin da subito che
l’oggetto rinvenuto potesse
essere stato ricavato da uno
smeraldo10 e che costituisse uno
A tale riguardo confronta gli articoli
di Patrizio Caini nei n° 3 & 4, MaggioGiugno & Luglio-Agosto 2002 di
ARCHEOMISTERI.
8 Costruita per ordine dei Savoia dopo
la caduta dell’Impero napoleonico tra
il 1.818 ed il 1.831 da Ferdinando
Monsignore (1.767-1.843).
9 Indetta nel 1.095 al Concilio di
Clermont-Ferrand da Papa Urbano II.
10 Una della molteplici tradizioni sul
Graal vorrebbe che il calice fosse stato
ottenuto dallo smeraldo che Lucifero,
durante la cacciata dal paradiso, perse
cascando agli inferi.
7
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
dei doni della regina di Saba a
re Salomone.
L’identificazione vera e propria
del catino di Genova con la
sacra coppa avverrà solo nel
XIII secolo quando
l’arcivescovo Jacopo da
Varagine scriverà “…si narra …
che in quel piatto Cristo avesse
mangiato durante l’ultima
cena …che questo sia vero non
possiamo saperlo … ma non
possiamo però passare sotto
silenzio il fatto che in certi libri
degli inglesi, si dice che quando
Nicodemo tolse il corpo di
Cristo dalla croce, egli raccolse
il suo sangue in una stovaglia
di smeraldo”11.
Il calice venne portato in Italia
da Guglielmo Embriaco per poi
essere trafugato molti secoli
dopo, nel 1.806, dai francesi.
Il suo ritorno in Italia fu
abbastanza traumatico poiché
quando finalmente si riuscì a
riottenerne il possesso nel 1816
si scoprì che era stato
praticamente ridotto in pezzi.
Solo le attente cure di una
commissione appositamente
istituita lo consegneranno al
suo antico splendore nel 1950.
Anche nel caso del Graal di
Genova esistono forti dubbi che
possa essere l’originale
utilizzato da Cristo.
Innanzitutto nel corso dei
Vorremmo aprire una piccola
parentesi su un argomento che ci
sembra estremamente interessante.
Secondo quanto affermato
dall’arcivescovo Jacopo da Varagine
<< certi libri degli inglesi >>
affermerebbero che fu Nicodemo, e
non Giuseppe di Arimatea, a
raccogliere il sangue di Cristo nel
Graal. Nicodemo e Giuseppe furono
entrambi coinvolti nella deposizione
di Cristo ma la tradizione ufficiale ci
ha sempre presentato Giuseppe come
il solo e l’unico ad aver raccolto il
sangue sgorgante dalle ferite del
Messia. In realtà questa tradizione
risale al 1.202 e venne creta da Robert
de Boron nel suo Joseph d’Arimathie,
Le Roman de l’Estoire dou Graal, per
fini, molto probabilmente, letterari.
11
decenni passati diverse analisi
compiute sulla composizione
chimica del vetro avrebbero
permesso di evidenziare una
data di creazione ben
posteriore a quella del periodo
cristico ovvero una totale
difformità artisticoarcheologica con le suppellettili
utilizzate nel primo secolo dopo
Cristo12.
Altri Graal, antichi e
moderni
Dopo una panoramica dei Graal
italiani vediamo quali e quanti
siano i Calici che diverse
tradizioni tendono oggi ad
identificare come i veri Graal.
- A Rennes le Chateau, nei
Pirenei francesi, da ormai
oltre tre decenni stuoli di
studiosi ritengono possa
essere conservato il sacro
Graal insieme a documenti
comprovanti una discendenza
diretta da Cristo.
- Presso la cappella di Rosslyn,
nei pressi di Edimburgo, il
mistero del Graal e degli esuli
templari sembra
compenetrare ogni singolo
anfratto. Nel pilastro
conosciuto come la “Colonna
dell’Apprendista”
recentemente il Conte Sinclair
ha rinvenuto una piccola
coppa in pietra. Rilevamenti
attraverso il georadar hanno
altresì identificato, all’interno
della colonna, una cavità che
la leggenda vorrebbe
custodisse il Sacro Graal.
- Rocco Zingaro di
Sanferdinando (Gran Maestro
dell’Ordine del Tempio di
Gerusalemme) possiede un
12 Confronta anche articoli di Patrizio
Caini nei n° 3 & 4, Maggio-Giugno &
Luglio-Agosto 2002 di
ARCHEOMISTERI, I Quaderni di
Atlantide.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
calice che afferma essere il
vero Graal.
- La coppa di Nanteos, narra la
leggenda, venne rinvenuta a
Glastonbury (la mitica Avalon
delle saghe arturiane) e
conservata per secoli dai
monaci della medesima
abbazia. Nei pressi della
cattedrale si trova una collina,
la Tor Hill (la Collina di Tor,
tr.) sul cui percorso si trova
una sorgente naturale dalle
proprietà curative. La
leggenda vuole che in questo
pozzo (chiamato Chalice Well,
il Pozzo del Calice) Giuseppe
di Arimatea gettasse il Sacro
Graal per proteggerlo dalla
malvagità umana.
- Presso il tempio zoroastriano
Takht-I-Sulaiman, in Iran,
sarebbe custodito il Graal. Tra
le innumerevoli ipotesi
proposte troviamo quella
secondo cui Artù sarebbe stato
in realtà un rappresentate
dello zoroastrismo. Attraverso
innumerevoli comparazioni
diversi studiosi hanno
evidenziato come il castello
del Graal arturiano sia
identico a Takht-I-Sulaiman il
principale centro di culto per
la religione zoroastriana. Il
collegamento viene effettuato
anche con l’appellativo più
importante che il Graal ha da
sempre avuto, il Fuoco Reale.
E’ da ricordare come per
Zoroastro il culto della
fiamma fosse la base
fondamentale per tutte le
ritualità ovvero simbolo della
conoscenza.
- Presso Montsegur, ultima
roccaforte catara nei Pirenei,
la tradizione vuole fosse
custodito il sacro calice. Prima
della sua definitiva disfatta,
nel 1244, tre uomini sarebbero
riusciti a fuggire
dall’incursione
dell’inquisizione mettendo in
salvo il Graal.
- Nella Basilica di San Nicola di
Bari, tradizione narra sia
conservato il Santo Graal. La
leggenda vuole che quando nel
1087 un gruppo di mercanti
trasportò dalla Turchia le
spoglie di San Nicola in realtà
utilizzasse tale traslazione per
coprire il trasporto, ben più
segreto, del sacro calice di
Cristo. Secondo alcune
tradizioni i mercanti erano in
realtà cavalieri pontifici
mandati in missione segreta
dal Papa Gregorio VII
- Victoria Palmer, un’anziana
donna inglese, possiede un
calice conosciuto come “La
coppa di Hawstone Park”. Lo
studioso e scrittore Graham
Philips ritiene possa trattarsi
del vero Graal o,
eventualmente, del calice
utilizzato da Maria Maddalena
per ungere il corpo di Gesù.
- Il Calice di Valencia è
probabilmente il Graal più
conosciuto in tutta la storia
della cristianità. Conservato
dalla “Confraternita del Sacro
Calice” presso la Cattedrale di
Valencia (Spagna) questo
bacile attirò anche l’attenzione
di Giovanni Paolo II che in
ben due occasioni lo andò a
venerare (caso unico rispetto a
tutti gli altri). Il materiale, la
datazione e la fattura
sembrano verosimilmente
risalire al I secolo d.C. (è da
tener presente che la forma
attuale del calice è frutto di
manipolazioni successive) e a
tutt’oggi viene identificato
come il più probabile
candidato per essere il Graal.
Recentemente lo scrittore
austriaco Michael Hesemann
ha scritto un libro su tale
reliquia che, dopo lunghe
analisi e verifiche, ritiene
possa essere il vero Graal.
- Il Calice di Ardagh è stato
spesso presentato come il vero
Graal irlandese. Analisi
recenti hanno dimostrato che
in realtà risale all’VIII secolo
d.C.
- Il Calice di Tassilo venne
regalato da Tassilo e sua
moglie Luitperga, nel 777 d.C.
al Monastero di
Kremsmunster, dove è ancora
oggi preservato. Nei secoli
passati si ritenne potesse
trattarsi del vero Graal ma è
oggi unanimemente
riconosciuta la sua tarda
fattura ovvero un’origine
probabilmente bizantina.
- La Sacra Catina venne
rinvenuta durante la prima
crociata. Si tratta di un
oggetto di vetro di chiara
produzione romana collocato
tra il II ed il I secolo d.C. Per
la sua tarda realizzazione non
è probabilmente un buon
candidato come Graal, anche
se diversi ricercatori tendono
oggi a vederlo come tale. Si
tratta di un oggetto che faceva
parte della produzione di
massa per le suppellettili
romane, questo dato giustifica
in minima parte il suo
possibile utilizzo da parte
degli ebrei nel periodo di
Cristo.
- Il Graal di Agrati, apparve per
la prima volta sulla copertina
del libro “La leggenda del
Santo Graal” (Oscar
Mondadori, 1995) di Gabriella
Agrati e Maria Letizia Magini.
Difficilmente può essere
identificato con il vero Graal.
- Presso l’isola di Oak Island,
Canada, esistono un serie di
tunnel sotterranei artificiali
che sembrano sfidare le
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
migliori tecnologie umane.
Scoperto nel 1795 questo
pozzo portò alla scoperta di
interessanti manufatti oltre
che chiari indizi di una sua
realizzazione umana (non
naturale come molti
sostengono ancora oggi).
Studiosi come Peter Sora (Il
Tesoro perduto dei Templari,
ed. PIEMME 1999) ritengono
che questa enorme serie di
gallerie sotterranee possa
conservare il Graal ivi portato
da Templari fuggiaschi.
- La maestosità e l’imponenza
di Castel del Monte da sempre
fanno sognare studiosi e
viaggiatori che vi si sono
recati. Costruito da Federico II
Hohenstaufen il maniero si
costituì fin dal suo
completamento come polo
culturale ed esoterico. Diversi
autori hanno ipotizzato che tra
le mura, o in cripte segrete,
possa essere conservato il
sacro calice.
- Nel 1962 lo scrittore Gerard de
Sede pubblica Le Templier
sont parmi nous nel quale
avanza l’ipotesi (per lui
estremamente fondata) che
l’ordine dei monaci guerrieri
avesse sepolto il Graal,
insieme ad altre reliquie e
documenti, sotto il castello di
Girsors. Tale tradizione
vorrebbe che a seguito dei
contatti tra i templari e la setta
degli Hashishin (Assassini)
questi ultimi avessero
consegnato all’Ordine il
Bafometto, misteriosa figura
semidivina dalla natura
ignota. Per alcuni il Bafometto
non sarebbe altro che il Graal.
[email protected]
Bibliografia
- Le Templier sont parmi nous,
Gerard de Sède Editions J’ai Lu
1962.
- Il Tesoro perduto dei Templari,
Peter Sora ed. PIEMME 1999.
- La leggenda del Santo Graal, di
Gabriella Agrati e Maria Letizia
Magini Oscar Mondadori, 1995.
- Patrizio Caini, ARCHEOMISTERI, I
Quaderni di Atlantide n° 3 & 4,
Maggio-Giugno & Luglio-Agosto
2002.
- http://doc.blog.excite.it, lettera
aperta di Alberto Festa del
29/11/2003
- Il Graal, la ricerca infinita, di John
Matthews ed. Xenia Tascabili 1990
- Il Santo Graal un catena di misteri
lunga duemila anni, M. Baigent, R.
Leigh, H. Lincoln Oscar Saggi
Mondadori 1982.
- http://camelot.celtic-twilight.com
- http://art.supereva.it/ilsitodelmiste
ro/index.html
- http://www.lostinn.com/lworld/ind
ex.html di Mario la Ferla
- La Chiave di Hiram, C. Knight e R.
Lomas Arnoldo Mondadori Editore
1997.
L’ULTIMO LIBRO DI
ENRICO BACCARINI
Editoriale Olimpia, 2006,
Euro 15,00. www.edolimpia.it
Tutti sanno che esiste una Firenze mondialmente
riconosciuta come capitale della cultura e
dell’arte.
Non tutti sanno però che c’è anche una Firenze
occulta e misteriosa.
La città dello studiolo di Francesco I de’ Medici e
dei suoi esperimenti alchemici, della Massoneria
medievale e degli spiriti del
Salone dei Cinquecento, del tetro Savonarola e del
Canto de’ Bischeri.
E ancora dei misteri cifrati nei dipinti e nei
manoscritti, delle torture atroci e infernali del
Bargello, di Dante e
degli esoterici Fedeli d’Amore, delle disavventure
di Cecco D’Ascoli e di quelle di Pico della
Mirandola, delle confraternite e degli eretici.
Un itinerario misterioso dove ogni via, ogni casa,
ogni androne, mostra ironico al turista la sua
ombra e gli nasconde geloso il suo
significato.
Un viaggio che da Firenze mano a mano si svolge,
per gironi danteschi, lungo tutta la Toscana: San
Galgano e la sua leggenda, lo sfuggente fiume
Diana e la Chimera, le visioni e i visionari,
Lazzaretti e i fantasmi vaganti a Montaperti, i
labirinti etruschi e l’enigmatica città di Luni.
Fatti, paure e sensazioni che impregnano di sé la
terra e gli uomini. Foschie o vaghe nebbie che
salgono lente alla memoria da questa terra arcana
e misteriosa.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ufologia
pag.42
Le apparizioni
mariane:
un miracolo di
tecnologia
Cronache di fede, scienza, manifestazioni aliene e cover up
© Roberto La Paglia
Roberto La Paglia
Roberto La Paglia, oltre ad
essere giornalista freelance, è
scrittore e ricercatore. Mente
fervida, alimentata da un
intenso ed inesauribile desiderio
di ricerca, attraverso le sue
opere, accompagna i lettori in
un viaggio verso l'ignoto,
guidandoli nei meandri più
nascosti delle dottrine occulte
ed esoteriche. Uno dei suoi
ultimi libri è “Archeologia
Aliena” (Ed. Cerchio della Luna,
2008).
Fede, religione
e…dintorni
Tutto quello che verrà
discusso in questo articolo,
comprese le opinioni, i
dubbi e le risultanze tratte
da alcune statistiche, non
vuole necessariamente
inserirsi nell’eterno
dibattito tra fede e
razionalismo.
La fede è un moto
individuale dell’anima, una
scelta personale profonda
che proprio per questa sua
intrinseca caratteristica
merita profondo rispetto,
qualunque sia la sua
ispirazione.
Diverso potrebbe essere il
discorso sulla religione che
va identificata come una
razionalizzazione e
codificazione della fede
stessa ad uso prettamente
umano e come tale, spesso
lontano da spinte mistiche e
più soggetto all’errore
dell’uomo.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Tutto questo però, come
abbiamo già detto, esula
dall’argomento trattato, ciò
che verrà descritto in
seguito è soltanto il frutto di
una osservazione asettica,
lontana da influenze
spirituali o da preconcetti
scientifici; i fatti accaduti
durante quei particolari
fenomeni conosciuti come
Apparizioni Mariane sono
da sempre stati oggetto di
svariati studi e
interpretazioni; quella che
segue è soltanto una delle
tante possibili soluzioni di
un misero anche se,
tentando di spiegare gli
avvenimenti, apre in realtà
le porte ad un enigma
ancora più grande.
I fatti
Negli anni che vanno dal
1830 al 1989 si sono
registrato ben 165 fenomeni
di apparizioni Mariane, con
dei picchi significativi in
alcuni periodi, e più
esattamente: 7 apparizioni
nel 1933, 11 nel 19478 nel
1948, 6 nel 1949.
Tutti questi fenomeni,
alcuni ampiamente accettati
dalla Chiesa Cattolica, altri
ancora in discussione, altri
ancora tollerati ma non
acclamati come verità di
fede, hanno interessato
diverse località del mondo,
geograficamente lontane tra
loro e sostanzialmente
differenti per cultura,
credenza e stato politico.
Si tratta di sicuro di
fenomeni ampiamente
documentabili vista
l’enorme quantità di
testimoni, quasi tutti con
una tipologia di
avvenimenti molto simile
tra loro ma sempre trattati
esclusivamente dal punto di
vista religioso.
Questo “senso unico”,
dettato ovviamente dal fatto
che le apparizioni Mariane,
proprio per lo stesso nome
che portano, sembrano
essere materia esclusiva
della Chiesa, ha portato a
distogliere lo sguardo da
tutta una serie di fatti,
circostanze e coincidenze
che potrebbero fornire una
ben diversa spiegazione del
fenomeno, o almeno, di
parte di essi.
Questo articolo si occupa
proprio del lato meno
propagandato delle
Apparizioni e, lontano dal
volersi schierare dietro una
sorta di scetticismo
fideistico, tenta di fornire
un diverso strumento di
verifica rispetto ai fatti
accaduti.
Miracoli celesti e
apparizioni Ufo
Paragonare le apparizioni
Mariane ai fenomeni UFO
potrebbe apparire a molti
come un vero e proprio
sacrilegio, ma come
dicevamo in apertura la fede
e la ricerca sono due
“materie” molto differenti
tra loro, che non
necessariamente vanno in
contrasto; forti di questo
pensiero proviamo quindi
ad analizzare e comparare
alcuni fenomeni che
sicuramente vanno oltre la
pura coincidenza e lasciano
spazio a diverse congetture.
La maggior parte dei
“beneficiari” di queste
apparizioni sono dei
bambini, stessa tipologia di
testimoni diretti è
riscontrabile nei casi di
incontri ravvicinati con
entità aliene, in particolare
in molti casi di abduction.
I messaggi rilasciati durante
le apparizioni Mariane
trattano in modo particolare
di imminenti catastrofi e
contengono severi
ammonimenti e ancor più
severi precetti.
Una situazione analoga è
riscontrabile nelle
testimonianze dei contattati,
dove si parla di messaggi
che non debbono essere
rilevati o che possono
esserlo soltanto in parte,
dove le rivelazioni sono
spesso annunci di
imminenti catastrofi,
evitabili a patto che l’uomo
si penta e freni la propria
degenerazione morale.
Le modalità di apparizione
non si allontanano molto
dalle strane somiglianze fin
qui riscontrate; una delle
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
coincidenze più interessanti
è data dalla costante
presenza di nuvole in
entrambi i fenomeni: la
Vergine si presenta sopra
una nuvola o avvolta in essa,
ma anche durante gli
avvistamenti si riferisce di
oggetti nascosti o
improvvisamente sbucati
dalle nubi, accompagnati da
sibili e ronzii che allo stesso
modo vengono riferiti
durante le apparizioni
Mariane.
Uno di questi casi,
confortato dalle
testimonianze di centinaia
di persone, è avvenuto a
Fatima, dove molti
asserirono che l’apparizione
della Vergine era preceduta
da una sorta di esplosione, e
lo stesso accadeva quando la
figura spariva;
analogamente moltissimi
testimoni di avvistamenti
UFO riferiscono di strane
esplosioni che precedono o
chiudono l’avvistamento
stesso.
Molti fedeli presenti sui
luoghi del miracolo hanno
descritto la loro esperienza
visiva con questi termini:
“…..una nave molto
luminosa….”, oppure: “…un
disco interamente
circondato da una luce
abbagliante…”; descrizioni
tipiche di avvistamenti UFO
a distanze molto
ravvicinate.
Ci troviamo quindi in
presenza di avvenimenti che
trovano ampia disponibilità
di interpretazione in
entrambi i sensi e la
comparazione delle ricerche
effettuate da due studiosi
portoghesi, entrambi con
scopi diversi e ignari del
lavoro che stava svolgendo
l’altra persona, lascia
perplessi quando viene
evidenziato che nello stesso
periodo, sia il grafico degli
avvistamenti UFO che
quello delle apparizioni
Mariane, riportano un
andamento dei fenomeni
pressoché coincidente.
Riassumendo le
informazioni relative a
questi fenomeni e alla loro
comparazione con la
casistica UFO avremo:
• Apparizioni circondate
da un alone di luce tale
da impedire la corretta
visuale di quanto
accade realmente.
• Luminosità intensa
accompagnata da
fenomeni uditivi quali
suoni, rumori e ronzii.
• Testimoni che
presentano un forte
stato di alterazione
emozionale, paura e
senso di pace fusi
insieme che spesso
portano ad un
cambiamento radicale
della personalità e
della propria linea di
pensiero.
• Apparizioni che si
verificano mentre il
testimone si trova da
solo, lontano da centri
abitati e in stato di
rilassamento o
comunque in
atteggiamento di
normale quotidianità.
• Su una scala
temporale, le
apparizioni di breve
durata non sembrano
lasciare alcuna traccia
sul testimone, mentre
quelle più lunghe o che
si protraggono nel
tempo ne alterano
spesso i
comportamenti.
Il problema UFO
Chiunque si interessi di
Ufologia non avrà problemi
a riconoscere i tratti tipici di
un incontro con entità o
mezzi alieni nelle casistiche
appena esposte.
E’ possibile che forme di
vita differenti dalla nostra si
mostrino sotto l’apparente
aspetto di apparizioni
Mariane?
Prendendo spunto da
questo quesito e cercando di
ragionare come probabile
entità in cerca di un
contatto con una civiltà
diversa dalla propria e
magari non pronta ad un
tale evento, sarebbe logico
pensare che l’unico modo
per mostrarsi senza effetti
collaterali sarebbe quello di
usare una immagine visiva
già nota e accettata.
Questo presupposto è valido
in entrambi i sensi, risulta
infatti per un testimone
molto più semplice
attribuire l’oggetto della sua
visione a qualcosa di
trascendentale ma già noto
come l’immagine della
Vergine, che non ad una
sconosciuta entità che
desterebbe paura e timore.
Tralasciando un ipotetico
campo di studio che
coinvolgerebbe una analisi
psicologica dei testimoni
stessi, le coincidenze tra
apparizioni e avvistamenti
risultano essere troppe
anche per fare un discorso
di casualità e non sarebbe
da scartare una componente
diversa dal tema religioso.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Cover Up
Abbiamo accennato al fatto
che esiste un gran numero
documentato di apparizioni,
certo si tratta di una
quantità che non abbraccia
completamente il fenomeno
ma che si limita a ricordare
gli avvenimenti più
conosciuti, più eclatanti o,
comunque, quelli che sono
stati oggetto di studio e
divulgazione anche da parte
della chiesa cattolica.
Statisticamente, sottraendo
il numero di testimonianze
ritenute false o comunque
frutto di menti agitate e
visionarie, gli avvistamenti
UFO e le apparizioni
sarebbero quasi equivalenti
da un punto di vista
numerico; lo stesso discorso
vale per le indagini svolte in
entrambe le situazioni.
Il fenomeno
dell’insabbiamento delle
prove, sia esso materiale che
devoluto ad una cosciente
cattiva informazione, non
risparmia neanche il mondo
delle apparizioni Mariane;
non dimentichiamo che
difficilmente la Chiesa ha
dato credito ai presunti
testimoni, molte dure
inchieste sono state portate
avanti nei loro confronti,
senza lesinare a volte anche
una certa durezza nei modi.
Nonostante le apparizioni
Mariane, come già detto,
abbiano il maggior numero
di testimoni mai incontrato
in fenomeni del genere, le
notizie trapelate in merito
allo svolgimento dei
fenomeni sono molto
controverse, reticenti e
spesso incomplete.
Esaminando le
testimonianze rese
pubbliche dopo le varie
inchieste si nota subito
come la descrizione
eclatante del fenomeno sia
devoluta soltanto ai diretti
interessati, i quali non
ricordano o non sanno
esattamente descrivere cosa
realmente hanno visto.
I restanti testimoni, spesso
nell’ordine di centinaia di
persone, fanno tutti scena
muta; molti non hanno
visto, alcuni non ricordano,
altri tacciono.
Non esistono prove visive
delle apparizioni, solo
testimonianze scritte o
ricordi strappati quasi a
forza a distanza di molti,
troppi anni
dall’avvenimento.
Soprattutto in merito a
questa ultima affermazione,
escludendo alcune foto
sbiadite di luci più o meno
appariscenti e molto più
vicine alle riprese UFO di
questi ultimi anni, risulta
strana l’assenza di materiale
fotografico; premesso che
sarebbe plausibile in tempi
nei quali l’uso della
fotografia non esisteva
oppure nei casi di
apparizioni che si sono
risolte in brevissimo tempo,
questo atteggiamento è
invece inspiegabile quando
si era in grado di fotografare
e nessuno, stranamente, lo
ha fatto.
Il riferimento ai fenomeni
accaduti a Fatima risulta
ovviamente chiaro; i fatti
accaduti in Portogallo
richiamarono centinaia di
persone, compresi molti
esponenti del Vaticano, tutti
assistettero al famoso
fenomeno del sole, eppure
le uniche testimonianze
ritraggono persone che
osservano sbalordite il cielo;
cosa stavano osservando?
Perché nessuno fotografò, e
si era in grado di farlo, ciò
che stava accadendo in alto?
Ma forse la domanda vera e
propria dovrebbe essere
un’altra, molto più insidiosa
e preoccupante: dove sono
finite le riprese in video e
foto delle apparizioni di
Fatima?
Roberto
La Paglia
Misteri
sconosciuti
d’Italia
[email protected]
www.cerchiodellaluna.it
Misteri sconosciuti d’Italia si pone come vera
e propria guida oltre che per il turista dell’insolito,
anche per il ricercatore sempre a caccia di nuovi
enigmi.
Dopo l’esperienza divulgativa di Archeologia
Aliena, Roberto la Paglia continua a mantenere
viva l’attenzione su quei misteri poco conosciuti,
ma non per questo altrettanto importanti e degni
di attenzione da parte dei ricercatori.
Inizia così un lungo e affascinante viaggio che
tocca tutta Italia, un percorso che non mancherà
di stupire il lettore, magari sorpreso
nell’apprendere che uno dei tanti misteri descritti
si trova proprio nel suo paese, nella sua città.
Dalla Porta Alchemica alle case infestate, dalla
Pesatura delle Anime al Museo dell’Oltretomba,
l’autore ci accompagnerà attraverso notizie,
curiosità e fatti storici che non sempre hanno
trovato spazio nelle bibliografie ufficiali,
rimanendo spesso confinati nelle tradizioni orali.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ufologia
pag.46
Ciò che non
vorremmo sapere
Le mutilazioni umane
© Gianluca Rampini
Gianluca Rampini
Il dibattito che si solleva
quando si cerca di dimostrare
se gli alieni abbiano un
atteggiamento positivo od ostile
nei nostri confronti può
diventare rapidamente
stucchevole e di solito non
porta da nessuna parte.
Entrambe le fazioni che si
creano tendono a tralasciare
alcuni argomenti che
potrebbero pesare
negativamente sulle loro
ipotesi.
Vi è una questione in
particolare che è rimasta,
comprensibilmente, relegata ai
margini della ricerca e bisogna
ammettere che non depone a
favore del “buonismo” sotteso
ai discorsi di alcuni ricercatori.
Mi riferisco alle mutilazioni
umane. I casi non sono molti ed
il collegamento con il fenomeno
ufo non è sempre così evidente,
come del resto nel caso delle
mutilazioni animali, ma ciò
nonostante ne esistono alcuni
ben documentati, che andremo
ad analizzare e che gettano una
luce inquietante sulla
considerazione che di noi
potrebbe avere almeno una
delle razze che visitano il nostro
pianeta.
Il caso di Jonathan P.
Lovette
La Holloman Airforce Base
Il 3 marzo 1956, il suddetto
Lovette, sergente presso la base
di Holloman, uscì assieme al
maggiore William Cunningham,
con l'incarico di ritrovare un
missile lanciato a scopo
sperimentale.
I due militari si diressero verso
le colline circostanti
l'installazione seguendo la
direzione del lancio.
Durante il percorso decisero di
abbandonare la loro Jeep e di
dividersi per coprire un'area
maggiore.
Il sergente superò una
collinetta e scomparve alla vista
del maggiore Cunningham, che
proseguì in un'altra direzione.
Cinque minuti dopo che si
erano separati quest'ultimo
sentì un urlo che,
successivamente, definì come
quello di un uomo terrorizzato
o quello di un uomo in agonia.
Avendo intuito che si trattava
del sergente Lovette si precipitò
in suo soccorso ma ciò che vide
era totalmente inaspettato:
Lovette infatti stava per essere
risucchiato in un disco volante
tramite una specie di
serpentina che fuoriusciva dal
ventre dell'oggetto e che gli
avvolgeva le gambe.
Per quanto bizzarro possa
sembrare il particolare della
serpentina, non è l'unico caso in
cui questo fatto è stato riportato
anche se era riferito alle
mutilazioni animali.
Racconta il giornale Farmer’s
Advocate di Yates Center il 23
aprile del 1887
Il signor M. Alex Hamilton
alle sei di mattina sentendo
che il suo cane latrava
ferocemente si alza e corre
con suo figlio Wall ed un
amico Gild Heslip fuori di
casa con il fucile.
Si sta accorgendo che una
strana macchina volante sta
calando su una delle sue
mucche e dopo averla
afferrata con un cavo di
color rosso, al collo se la
porta in aria mentre la
povera bestia urla come una
dannata.
A nulla servono gli sforzi del
contadino per tentare di
liberare l’animale che è stato
rapito da alcuni esseri
bizzarri che si scorgono
nella parte illuminata della
macchina volante.
Alcuni sembrano alti come
noi ma ci sono anche degli
esseri piccoli come bambini
(i grigi? NDA).
I resti dell’animale: la coda,
parte della testa e del corpo
vengono ritrovati il giorno
dopo, nel campo di un
vicino.
Immobilizzato dalla paura, il
maggiore Cunningham, non
poté fare altro che constatare
come l'oggetto si dileguò poi in
pochi secondi.
Tornato al suo veicolo contattò
il comando della base che
confermò di aver rilevato del
traffico aereo non identificato.
Non appena rientrato
Cunningham venne posto sotto
osservazione e contestualmente
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
vennero lanciate le operazioni
di ricerca.
Tre giorni dopo, a circa otto
chilometri da luogo indicato da
Cunningham, vennero ritrovati
i resti del sergente Lovette.
Le condizioni del cadavere
turbarono i militari, esso infatti
riportava diverse mutilazioni.
Venne riscontrato che erano
state asportate la lingua, la
parte inferiore della mascella,
gli occhi, i genitali, l'ano, il
colon e tutto il sangue.
Vi era inoltre una profonda
incisione che dal mento
proseguiva lungo l'esofago.
Venne stabilito che la morte
risaliva ad un paio di giorni
prima.
I militari trovarono anche molti
uccelli necrofagi deceduti nei
dintorni del ritrovamento.
La versione del maggiore
Cunningham non venne
ritenuta credibile e le autorità
militari lo incriminarono per
l'omicidio del commilitone.
In breve tempo però le accuse
caddero ed egli venne
prosciolto.
Il Caso di Guarrapinga
Il parco di Guarrapinga
Guarrapinga è una riserva
naturale che funge da polmone
verde alla città di San Paolo in
Brasile. Questo parco rigoglioso
e poco frequentato si trova al
margine meridionale della città.
Il 29 settembre del 1988, tre
amici ne stavano esplorando
una zona piuttosto impervia e
ricca di una fitta vegetazione
tropicale.
Facendosi strada tra il fogliame,
i tre ragazzi, incapparono in un
cadavere orrendamente
mutilato.
Terrorizzati dalla macabra
scoperta fuggirono alla ricerca
di qualcuno da avvisare
trovando alla fine un vigile.
Le autorità allertate dalla
testimonianza dei tre ragazzi
isolarono la zona ed iniziarono
le indagini.
Nonostante le deturpazioni
subite dal cadavere riuscirono
ad identificarlo abbastanza
rapidamente grazie ad alcuni
dettagli che coincidevano con
quelli di una persona
scomparsa.
Le indagini concernenti gli
autori e le modalità del crimine
però non produssero alcun
risultato ed il caso venne
rapidamente archiviato.
I dettagli delle mutilazioni
emersero quasi casualmente
grazie alla dottoressa Zapata
Garcia, ufologa brasiliana,
durante le sue ricerche nel
campo delle mutilazioni
animali.
Una persona che era a
conoscenza della sua ricerca le
consegnò un serie di fotografie
che a suo parere potevano
interessarla perché ritraevano
un cadavere con mutilazioni
paragonabili a quelle che
occupavano le sue ricerche.
Ad essere immortalato in quelle
sette immagini non era però un
animale, bensì un essere
umano.
Una delle sette esplicite fotografie
recuperate dalla dottoressa Garcia
La persona che le consegnò le
foto, il Dr. Rubens Goes, le
aveva ottenute da un cugino
poliziotto, Rubens Sergio, che le
aveva duplicate e conservate
privatamente per il loro
inusuale contenuto.
La dottoressa Garcia, cogliendo
l'importanza e l'unicità del caso,
si mise subito all'opera
riuscendo a risalire e a
contattare il magistrato che nel
1988 aveva condotto le indagini
sul caso.
Con notevole caparbietà riuscì a
convincerlo a riprendere in
mano il fascicolo ed
approfondire il caso.
Con un po' di fortuna riuscirono
anche a recuperare il fascicolo
originale dell'epoca, comprese
le trascrizioni di tutto il
procedimento dalle quali si
evinceva che, in un primo
momento,le mutilazioni furono
attribuite agli urubù, piccoli
avvoltoi della regione.
Non vi erano segni di
colluttazione e quando le analisi
si fecero più approfondite
l'ipotesi degli avvoltoi perse
immediatamente di
consistenza.
Si scoprì che le viscere erano
state asportate tramite un foro
del diametro di tre centimetri,
perfettamente circolare, aperto
all'altezza di un fianco.
Il labbro e gran parte della pelle
della mascella erano stati
asportati con precisione
chirurgica, così come la lingua e
l'esofago.
Stessa sorte aveva subito lo
scroto, ma non il pene (!),
mentre i muscoli del braccio
vennero “aspirati” da due fori
del diametro di due centimetri
praticati sotto le ascelle.
In queste immagini
particolarmente crude si può
notare l'asportazione dell'ano e
come il ventre si afflosci per la
mancanza degli organi interni.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il resoconto dell'autopsia
aggiungeva altri inquietanti
dettagli: non vi era segno di
rigor mortis e non vi era alcun
segno di putrefazione,
nonostante la morte fosse
sopraggiunta tra le quarantotto
e le settantadue ora precedenti.
Nessuno fu quindi in grado di
produrre una spiegazione
convenzionale accettabile.
Paragonato all'altro episodio e
alla casistica delle mutilazioni
animali è impossibile non
stabilire che vi sia tra queste un
collegamento.
La rilevanza di questo episodio
risiede anche nelle fotografie
che sono state rese pubbliche e
portate all'attenzione della
comunità ufologica dal
ricercatore brasiliano
J.Gevaerd.
Il ricercatore brasiliano J.Gevaerd
Il caso del 1979, in Idaho.
In questo terzo caso è possibile
riscontrare un ulteriore
elemento che infittisce se
possibile il fenomeno che
stiamo analizzando.
Siamo nel 1979, nello stato
dell'Idaho, più precisamente in
una remota ed impervia area
chiamata Bill and Gerome.
Due cacciatori nel corso di una
battuta incapparono in un
cadavere orrendamente
mutilato e quasi
completamente nudo.
I genitali erano stati rimossi e le
labbra erano state asportate
chirurgicamente.
I cacciatori notarono anche che
nonostante l'uomo fosse a piedi
nudi su di essi non vi fosse
alcun segno o sporcizia il che
rendeva impossibile spiegare
come fosse giunto sino a lì.
Il ricercatore Don Ecker, insieme a
Sitchin.
Dopo che la polizia venne
allertata i suoi indumenti
furono ritrovati a diverse miglia
di distanza.
Non fu possibile determinare
come quella persona fosse
giunta fino al luogo del
ritrovamento né tanto meno
cosa gli fosse accaduto, dato che
nelle sue vicinanze non venne
rilevata alcuna traccia.
Un ricercatore ed ex ufficiale di
polizia, Don Ecker (che
abbiamo contatto per avere
conferma di queste
informazioni), avendo notato le
somiglianze di questo episodio
con il fenomeno delle
mutilazioni animali, decise di
indagare sfruttando la sua
esperienza professionale ed i
suoi contatti nelle forze
dell'ordine.
Decise quindi di rivolgersi ad
un amico detective anch'esso
coinvolto in questo tipo di
indagini.
Insieme pensarono di utilizzare
il NCIC, il database del FBI per
cercare di inquadrare il
fenomeno su una scala più
vasta.
Impostarono la ricerca per
morti umane in cui fossero
coinvolti elementi di
mutilazione.
Poiché la ricerca copriva diversi
stati furono necessari alcuni
giorni per ottenere una
risposta.
Quando questa arrivò l'amico lo
chiamò preoccupato e gli disse:
“Don, qui c'è qualcosa che non
va”.
La risposta asseriva che non vi
era nemmeno un caso che
rientrasse nei parametri
stabiliti.
Inoltre, allegata ad essa, vi era
una raccomandazione che
intimava di presentare
eventuali richieste future a
voce, al telefono, con
appropriata autorizzazione.
“Qualcuno è seduto su qualcosa
grande quanto l'inferno”.
Fu un'altra delle frasi colorite
con cui l'amico detective
commentò quella
comunicazione.
Don Ecker comprese che
qualcosa di sbagliato in effetti ci
doveva essere perché tutti, nelle
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
forze dell'ordine, conoscevano il
caso del Green River Killer,
nello stato di Whashington.
A questo serial killer erano stati
attribuiti tra i 30 ed i 40
omicidi, all'epoca ancora
irrisolti, in alcuni dei quali
l'assassino aveva indugiato in
mutilazioni post mortem.
Quindi qualcuno di questi casi
sarebbe dovuto comparire nei
risultati della ricerca da loro
effettuata.
Ecco quindi l'elemento
“cospirativo” aggiungersi agli
altri, una testimonianza
importante che tristemente si
intona perfettamente con il
quadro generale.
I tre casi fin qui presentati sono
quelli meglio documentati ed
ognuno di essi è importante per
un elemento distintivo.
Il primo poiché pone in
correlazione il fenomeno delle
mutilazioni con il fenomeno
Ufo.
Il secondo per l'attendibilità
delle fonti e per il materiale
fotografico.
Il terzo per la questione del
coinvolgimento delle autorità.
Non sono però gli unici casi che
presentano i medesimi macabri
elementi.
Nel 1988 nella contea di
Westchester, New York, alcuni
obitori furono attivati a tarda
notte per ricevere i corpi di un
certo numero di uomini con
particolari e ricorrenti
mutilazioni.
Parziale rimozione della faccia,
rimozione degli occhi, dello
stomaco, della tiroide e dei
genitali.
Un patologo, che ha violato il
silenzio imposto sul caso dalle
autorità, ha raccontato che
inizialmente tali mutilazioni
furono attribuite a qualche
dipendente degli obitori ma che
le accuse caddero e nessuno
venne mai accusato.
Se l'argomento in sé non è di
già sufficientemente
inquietante dobbiamo rincarare
la dose rilevando che esso non è
un fenomeno che riguarda
solamente il secolo scorso, ma
che continua fino ai giorni
nostri se pur sporadicamente.
L'episodio più recente è
accaduto nel 2002 in Argentina.
Un'anziana signora di 72 anni,
Sara Margherita Praiano, è
stata ritrovata morta nella sua
casa, ad Arguello sobborgo ad
ovest della città di Cordoba.
Allertata dai vicini, la polizia
assieme al nipote della donna si
è introdotta nella casa dove è
stata trovata deceduta, distesa
sul pavimento.
Il corpo presentava diverse
mutilazioni tra cui
l'asportazione di una parte del
torso, dell'anca e del volto.
Anche i suoi due cani vennero
ritrovati morti.
A questo punto dobbiamo porci
una domanda importante : fino
a che punto le autorità, o per
meglio dire chi sta dietro alle
autorità, è coinvolto in questo
fenomeno come in quello delle
mutilazioni animali?
A questo riguardo ci sono due
casi da menzionare.
Il primo riguarda Bill English,
un ex militare dei Berretti Verdi
e delle Forze Speciali di servizio
in Vietnam.
Concluso il suo servizio attivo
venne contattato dal NSA
affinché si occupasse
dell'analisi dei messaggi
indirizzati al blocco sovietico,
che venivano intercettati presso
un punto di ascolto a
Chicksands, in Gran Bretagna.
Il suo compito era quello di
assegnare un grado di
plausibilità ai messaggi e di
delineare gli scenari
conseguenti.
Durante la sua permanenza in
Vietnam, English e la sua
squadra, furono dislocati in
Laos, nel punto in cui un B-52
era precipitato a causa di Ufo.
Le ultime comunicazioni
ricevute dall'aereo furono
“...sotto attacco da parte di
UFO...” e “...una grande luce...”.
Giunti sul luogo scoprirono che
la carlinga del velivolo risultava
intatta, non c'era nemmeno
alcun segno di un atterraggio,
ma nonostante questo tutto
l'equipaggio risultò morto ed i
cadaveri mutilati.
Il coinvolgimento di English
con questo fenomeno però non
finì nelle giungle del sud-est
asiatico.
Nel 1976, alla fine di giugno,
mentre era impiegato come
analista alla stazione d'ascolto,
gli venne sottoposto un
rapporto piuttosto particolare.
Non è chiaro se la sua
precedente esperienza abbia
giocato un ruolo in questo
senso.
Si trattava di 625 pagine da
esaminare e valutare
appartenenti al Grudge/Blue
Book Report 13.
Secondo English, che cercò di
memorizzare quante più
informazioni possibili,
riversandole su nastro
successivamente, il rapporto
sembrava credibile, anche
perché conteneva fotografie di
una missione in cui anche lui
era stato coinvolto.
Una riunione del Progetto Bluebook
Uno degli episodi che English
trovò menzionati nel rapporto
fu l'episodio del rapimento e
delle mutilazioni del sergente
Lovette.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Leonard H. Stringfield, nel suo
libro “Ufo Crash/Retrievals,
Status Report n.6” racconta che
un ufficiale americano di grado
molto elevato, che lui conosceva
da molti anni, gli aveva
confidato che durante la guerra
del Vietnam anch'egli era
membro di una squadra delle
Forze Speciali.
Secondo il suo racconto il suo
gruppo fu coinvolto in uno
scontro a fuoco con degli alieni
durante il quale i militari
incapparono in parti di corpi
umani mutilati.
Le conseguenze di questo
episodio furono che l'unità
venne trattenuta per diversi
giorni e interrogata sotto
ipnosi.
L'ufficiale era convinto che i
militari che li interrogarono
installarono delle false memorie
per coprire l'accaduto e che
solamente molti anni dopo i
veri ricordi cominciarono a
riemergere.
L'implicazione di questa storia
è tanto evidente quanto
disarmante e conferma che
qualcuno è al corrente di questa
violenta attività e dell'interesse
di alcuni alieni per la fisiologia
del corpo umano.
Quale può essere questo
interesse?
Rispondere compiutamente è
impossibile ma possiamo
azzardare delle ipotesi.
Quel che è certo è che non vi
sono ragioni di studio della
nostra fisiologia.
Non si spiegherebbe la
necessità delle mutilazioni,
inoltre il fatto che il fenomeno
coinvolga molto più gli animali
che gli uomini indica
chiaramente che non è questo
l'obbiettivo.
A nostro parere vi sono due
elementi che ricorrono nella
maggioranza dei casi.
L'interesse per le parti del
corpo ricche di ghiandole e
l'assenza del sangue nei
cadaveri.
Quindi l'apparato linfatico, i
fluidi corporei sembrano essere
di particolare importanza per i
perpetratori di queste stragi.
Va ricordato infatti che di stragi
si tratta.
Se i casi di mutilazione umana
sono fortunatamente pochi, ve
ne sono centinaia di animali,
che negli anni hanno
documentato lo sterminio di
migliaia di capi, tra mucche,
cavalli, cani e animali vari.
Per dover di cronaca riportiamo
l'ultimo caso conosciuto.
Il 20 agosto di quest'anno a
Saskatoon, Saskatchewan,
Canada è stata ritrovata una
mucca le cui carni del collo e
del capo sono state
completamente asportate.
A differenza di tutti gli altri casi
attorno alla carcasse era sparso
molto sangue, come se qualcosa
nella procedura non avesse
funzionato.
povere popolazioni della
giungla amazzonica brasiliana.
Vengono in mente i riti segreti
di cui sono protagonisti politici
e nobili, secondo testimonianze
di sopravvissuti come Arizona
Wilder o Cathy O'Braian, in cui
il sangue è spesso centrale,
fondamentale per il suo
significato simbolico e per la
sete delle entità che essi
sostengono di veicolare nella
nostra realtà.
Siano o non siano leggende
metropolitane che il sangue sia
il simbolo della vita è vero e lo è
dai tempi della creazione.
Quando Noè uscì dall'arca Dio
concesse a lui ed alla sua
famiglia, rinforzando il patto
con gli uomini, di cibarsi di tutti
gli animali ma che il loro
sangue, come quello degli
uomini, spettava solamente a
Lui.
Può darsi che questa prelazione
sia rimasta valida sino ad oggi.
[email protected]
Bibliografia
La mucca mutilata il 20 agosto in
Canada
E' anche importante ricordare
che mai sino a d'ora è stato
accusato nessuno, non è mai
stata trovata traccia di attività
sataniche o ritualistiche e che se
anche fosse successo alcuni dei
casi più bizzarri non si
sarebbero potuti così spiegare.
C'è poi il sangue.
Cosa ci può essere nel nostro
sangue che lo renda così
importante per una razza
aliena?
Vengono in mente le così dette
“luci vampiro” che afflissero le
-Notiziario Ufo n. 56 – 2004
-www.bibliotecapleyades.net
-Ufo related homice in Brazil, by
G.Cope Schellhorn
-The human mutilation factor, by Don
Ecker
-www.think-aboutit.com
-www.ufoinfo.com
-Human mutilated picture from
Brazil, by Karen Lyster
-Mutilazioni animali: fenomeno
alieno? Di Corrado Malanga
NEL PROSSIMO NUMERO
DI TRACCE D’ETERNITA’
IN DOWNLOAD A FINE MARZO 2010
DEI, UOMINI E BESTIE
di Simone Barcelli
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ufologia
pag.52
Il pilota cosmonauta
russo Aleksei Leonov
e gli Ufo
© Philip Mantle e Paul Stonehill
(Traduzione di Germana Maciocci)
Paul Stonehill e Philip Mantle
Rapporto dei Servizi
Segreti americani
Philip Mantle is an
international UFO researcher,
lecturer and broadcaster. He is
the former Director of
Investigations for the British UFO
research Association and
currently lives in West Yorkshire,
England. He can be contacted on
email [email protected]
Paul Stonehill is originally
from the Ukraine but he now
resides in the USA. An
international author, lecturer &
broadcaster he can be contacted
via e-mail at
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nel presente articolo,
tenteremo di verificare la reale
opinione del Pilota Cosmonauta
Aleksei Leonov a proposito
del fenomeno UFO e, al di là
delle sue reali credenze
riguardo gli UFO, di rivelare
alcune informazioni in
precedenza non disponibili ai
servizi di informazione
occidentali a proposito di
questo notevole, coraggioso,
intelligente, pieno di doti e
anche molto complicato essere
umano, uno dei primi
cosmonauti sovietici, uno degli
ultimi superstiti tra gli
esploratori spaziali russi.
La nostra ricerca su questo
pilota e le sue opinioni
riguardanti oggetti volanti non
identificati inizia con un
rapporto declassificato dei
Servizi Segreti del Dipartimento
della Difesa degli Stati Uniti
d’America.
Il codice del rapporto è 2 723
1209 70, la data 19 agosto 1970.
http://www.dia.mil/publicaffai
rs/Foia/ufo2.pdf
L’informazione contenuta nel
rapporto risale al 18 maggio
1970.
L'argomento è Sviluppo
Spaziale Sovietico, il Paese in
questione il Giappone.
Qui, a Yokogama, presso
l’Università Tokai nella
prefettura Kanagawa,
l’eminente cosmonauta
sovietico Soviet Leonov stava
tenendo una lezione nello
Shohan Annex, discutendo delle
sue esperienze spaziali
sovietiche, e dei progetti futuri
della Russia riguardanti
l’esplorazione dello spazio
(inclusa una stazione spaziale di
dimensioni enormi, che la
Russia aveva in programma di
mettere in orbita).
Leonov affermò inoltre di non
credere agli UFO.
Leonov parlò quel giorno di
diversi argomenti.
Uno di questi fu il
miglioramento del sistema di
frenaggio delle capsule spaziali
sovietiche.
Un altro, la conferma dei dati
sovietici riguardanti la Luna da
parte degli astronauti degli Stati
Uniti.
Tale conferma interessava i
servizi segreti militari
americani, e noi crediamo di
conoscerne la ragione: come la
CIA, erano venuti a conoscenza
di precedenti (e documentati)
tentativi da parte dei russi di
raggiungere la Luna.
In ogni caso, è probabile che
Leonov fosse stato istruito per
fornire informazioni false in
occidente a proposito degli
avvistamenti di UFO in Russia.
Due anni prima della lezione di
Leonov in Giappone, un
tentativo pianificato da parte
degli scienziati e ricercatori
militari sovietici di condurre
ricerche sugli UFO in modo
indipendente (tramite canali
televisivi e altri media) era stato
bloccato con durezza.
Gli UFO continuavano a essere
un argomento tabù in Unione
Sovietica.
Questo affascinante episodio
della storia della ricerca
sovietica sugli UFO (senza pari
in nessun altro luogo del
mondo) viene descritto in
Mysterious Sky: Soviet UFO
Phenomenon.
Ecco cosa rivelò Leonov al suo
pubblico giapponese a
proposito dell’esplorazione
sovietica della Luna.
L’Unione Sovietica era dotata di
un programma ben coordinato
per viaggiare verso la Luna e
aveva redatto dati completi e
dettagliati riguardanti le
condizioni di tale satellite
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
attraverso la sua stazione lì
localizzata.
Era in possesso di foto del lato
oscuro della Luna e
informazioni esaustive
riguardanti la sua superficie e i
materiali di cui essa è
composta, il suo campo
gravitazionale, ecc.
“Gli astronauti americani che
sono atterrati sulla Luna non
hanno fatto che confermare
dati già in nostro possesso”,
affermò.
Quindi, il pubblico giapponese
venne indirizzato da Leonov sul
discorso UFO.
Egli ribadì di non credere
all’esistenza di oggetti volanti
non identificati.
Perché, chiese, i dischi volanti,
qualora esistano veramente,
dovrebbero essere avvistati
solamente negli Stati Uniti, in
Francia e in Italia?
Disse che gli osservatori russi
non riportavano nessuna
registrazione di avvistamenti
del genere, nonostante fossero
gestiti da tecnici altamente
qualificati.
Fonte di tali informazioni
presso i servizi segreti del
Pentagono (DIA) fu un ufficiale
dell’agenzia di governo
giapponese.
È sorprendente la cura con la
quale i sovietici si dettero da
fare per nascondere gli
avvistamenti di UFO da parte
degli astronomi.
In Mysterious Sky: Soviet UFO
Phenomenon (l’ultimo libro di
Mantle & Stonehill) vi è un
capitolo in cui vengono elencati
i rapporti e le osservazioni degli
astronomi sovietici
relativamente agli UFO,
scienziati con il più alto livello
di istruzione possibile nel loro
campo.
Alcune delle loro osservazioni
sono state pubblicate dai media
sovietici, negli anni sessanta,
ancora prima che Leonov
partisse per il Giappone.
Eppure, il quotidiano sovietico
PRAVDA affermava, in data 29
febbraio 1968, che gli
astronomi che osservavano con
attenzione il cielo giorno e
notte, non avevano mai
avvistato “dischi volanti”.
Sia il cosmonauta sia il
quotidiano tenevano nascosta la
verità; ma la storia della ricerca
sovietica riguardante il
fenomeno UFO prova che
questi interessavano gli
astronomi sovietici, che
avevano scritto rapporti su
quanto avevano avvistato.
Si trattava quindi di un mero
tentativo volontario di fornire
false informazioni?
Come funzionario in posizione
chiave del servizio spaziale
sovietico, Leonov era a
conoscenza di quanto stava
accadendo negli osservatori
oppure stava semplicemente
eseguendo degli ordini?
Crediamo fermamente che già
nel 1970, Leonov fosse a
conoscenza degli avvistamenti
di UFO riportati da altri
cosmonauti. Effettivamente
non li ha mai smentiti.
Trent’anni dopo: le
interviste di Leonov, i suoi
giuramenti, e le sue
rivelazioni
Leonov al giorno d'oggi
In data 23 marzo 2005,
quattordici anni dopo la caduta
dell’Unione Sovietica, Leonov
fu intervistato dalla rivista
russa Dragoye Vremya
(Agenzia RIAN).
La conferenza stampa era in
onore del 40th anniversario
della sua camminata nello
spazio.
Disse che tutti gli abitanti della
Terra sono realmente
desiderosi di credere
nell’esistenza di altre forme di
vita oltre alla loro, ma
purtroppo, ai confini del
sistema solare non esiste vita
intelligente13.
Aggiunse quindi:
“Dichiaro questo sotto la mia
diretta responsabilità”.
Continuò:
“In qualità di militare, sono
stato a capo di una
commissione per la ricerca di
fenomeni spaziali insoliti, e vi
giuro, sono stati tutti soggetti a
una spiegazione naturale”.
Leonov disse che gli oggetti non
identificati osservati dalla
Terra, di solito, avevano a che
fare con fenomeni
meteorologici speciali o lanci di
razzi da parte di veicoli spaziali
che negli strati superiori
creavano con i loro gas forme
molto particolari.
(Tali razzi sono utilizzati per
lanciare veicoli spaziali
contenenti astronauti e
cosmonauti che vanno in orbita
intorno alla Terra e viaggiano
nello spazio. Come quelli
utilizzati per lanciare sonde e
satelliti, sono chiamati dalla
NASA veicoli di lancio. In
Russo, il loro nome è
kosmicheskiye raketi-PM/PS).
“Croci circondate da enormi
cerchi, possono essere
osservate specialmente nei
chiari cieli invernali per un
prolungato periodo nell’area
del Cosmodromo Plesetsk14,
nella regione di Saratov, e su
Baikonur in seguito alla
partenza di veicoli di lancio
Soyuz.
Li hanno visti diverse persone,
e hanno preso gli anelli di fumo
per UFO; la leggenda è nata in
seguito al passaparola”
chiarì il cosmonauta.
Leonov aggiunse:
“Fino ad oggi, in nessun luogo
al mondo è stata scattata
alcuna immagine chiara, da
poter essere analizzata e
affermare senza dubbio di
sorta che sì, si tratta di un
UFO.
Perché vengono scattate simili
fotografie oggigiorno, quando
ognuno è in possesso di una
fotocamera nel proprio
cellulare?”
Era la prima volta, da quanto
abbiamo potuto stabilire, che il
pilota cosmonauta Leonov
nominava tale “commissione”
(altrimenti chiamata
“comitato”) della quale era stato
a capo.
Questa commissione
investigava sugli UFO. Da
quanto risulta dalle nostre
verifiche, tale commissione non
faceva parte del programma
SETKA (progetto top secret sia
universitario che militare per la
ricerca sugli UFO. Tale
programma è descritto nel
seguente articolo di Paul
Stonehill e Philip Mantle:
Setka: A Secret Soviet UFO
Research Program : DAWN OF
THE SECRET PROGRAM
http://www.ufoinfo.com/news/
setka.shtml)
13
Intendendo proprio oltre gli esseri
umani-PM/PS.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
14
Base di lancio PM/PS.
Che tipo di commissione era
guidata da Leonov?
Cosa aveva scoperto?
Su quali casi aveva investigato?
In seguito, Leonov fu
intervistato dalla rivista russa
Biznes (numero 25, 19 giugno
2006).
Cercheremo di riportare la
traduzione fedele delle parole di
Leonov; crediamo infatti
fermamente che ogni sua parola
fosse scelta con la massima
cura.
Affermò di essere stato a lungo
responsabile di un comitato che
investigava su oggetti non
identificati.
Leonov disse di essere certo di
questo:
“…nel sistema solare, non
esistono forme di vita
intelligenti oltre a quella
presente sulla Terra.
Ci può essere vita a livello
unicellulare (avendo scoperto
la presenza di acqua su Marte).
Naturalmente da qualche parte
nell’Universo esiste la vita.
Ma non possiamo verificarlo a
causa delle lunghe distanze.
La stella più vicina alla nostra
galassia si trova a cinque anni
luce da noi.
Immaginate, viaggiare a tale
velocità è fuori dalle nostre
capacità, per ora.
Ma di sicuro gli extraterrestri
hanno visitato la Terra in
passato.
Tutte le religioni del mondo ne
riportano testimonianza: un
Essere di Luce arrivò dal cielo,
fece seguaci, e quindi risalì,
ovvero volò via…”
Il 29 aprile del 2009, fu
pubblicata sul sito web russo
Kaleidoskop un’intervista fatta
a Leonov.
Si tratta di una documentazione
interessante, poiché Leonov
cerca qui di screditare
apertamente Marina Popovich
(famosa pilota collaudatore,
autrice, scienziata, e ricercatrice
di UFO sovietica), e di
contraddire altri cosmonauti
sovietici che avevano dichiarato
di aver avvistato degli UFO.
Ecco le sue dichiarazioni:
“Quando lavoravo nel Centro
di Addestramento per
Cosmonauti (Star City, o
Zvyozdny gorodok in russo)
una struttura per la ricerca e
l’addestramento militare vicino
a Shchyolkovo nella provincia
di Mosca, a 32 km nord est di
tale città (i cosmonauti russi a
partire dagli anni sessanta
hanno vissuto e sono stati
addestrati in questa struttura,
il Centro di Addestramento
Cosmonautico per la Ricerca
Scientifica di Stato
Yu.A.Gagarin -PM/PS), ero a
capo della Commissione per la
ricerca sugli UFO, e
raccoglievo tutte le prove.
Sfortunatamente, nessuno dei
casi era privo di dubbi.
Ma a sentire Marina Popovich,
si ha la gradevole impressione
che non solo siamo circondati
da dischi volanti, ma anche da
umanoidi che camminano tra
di noi con tanto di lanterne
rosse e sirene.”
Parleremo di Marina Popovich
più avanti in questo articolo.
Quindi Leonov ribadisce che
all’interno del sistema solare
non esistono altre forme di vita
intelligente.
Queste sono le sue esatte
parole.
Leonov prosegue:
dimostrano che qualcuno ha
visitato il nostro pianeta in
passato.
Ma questo accadde molto
tempo fa.
La lingua scritta è presente
sulla Terra da non più di
quattromila anni.
In precedenza, tutto era
riportato oralmente, e ognuno
poteva aggiungere qualcosa.
A mio parere, la religione,
indipendentemente dall’oggetto
di venerazione, ha un
fondamento comune; parlo di
illuminazione, ascensione.
Indipendentemente dalla
nostra appartenenza
all’induismo o alla cristianità
ortodossa russa, possiamo tutti
verificare che15 ‘arrivò’,
‘atterrò’, ‘disse’, ‘fece accoliti e
insegnò’, e ‘ascese con lampi e
tuoni’.
La soluzione si può trovare da
sola: quattro - cinquemila anni
fa ricevemmo la visita di
qualcuno.
La tradizione scritta non ha
preservato questo ricordo.
Ma rimangono fenomeni e
testimonianze che fanno
sorgere dubbi sulla presenza o
no della visita di esseri
intelligenti sulla Terra.
Probabilmente, la visitarono.
Si è parlato molto a proposito
dell’avvistamento da parte di
Grechko16, che afferma di
essere stato accompagnato
dagli UFO durante uno dei suoi
voli; che, presumibilmente
15
“Esiste vita intesa come forma
elementare, ma per quanto ne
sappiamo, non esiste vita
intelligente.
Ci sono diverse testimonianze,
ma senza alcuna prova
scientifica.
Allo stesso tempo, ci sono
diversi artefatti sulla Terra che
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Qualcuno-PM/PS.
Famoso cosmonauta sovieticoPM/PS.
16
Volodya Kovalenok 17 li abbia
anche avvistati, e parlato18.
Ma di fatto, quando si
comincia ad andare a fondo, si
scopre che questi oggetti sono
umani, fatti a mano.
Pali, cilindri di duralluminio
lucido volati via dalle stazioni
dove erano preservati in modo
sbagliato, e che grazie alla loro
forma possono essere
scambiati per oggetti non
identificati.
Non si tratta di niente di più e
non sono apparsi in nessun
altro luogo.
Eppure, chi si occupa di questo
e ne parla, utilizza i propri
privilegi e la propria fama”.
A questo punto, Leonov fa
diretto riferimento a Marina
Popovich.
Marina Popovich
“Circa dieci anni fa, Marina
Popovich, che oggigiorno è
presidente del collegio degli
ufologi del Kazakistan e
dell’Asia Centrale, si svegliò
una notte verso l’una, e
affermò di avere avvistato un
UFO.
Corremmo tutti sulla terrazza.
Era vero, c’era un disco volante
che si muoveva attraverso la
foresta.
17
Un altro famoso cosmonauta russo;
vedere Mysterious Sky: Soviet UFO
Phenomenon per le interessanti
osservazioni a lui attribuite durante la
Quinta Missione; come altri diversi
rapporti e osservazioni riguardanti
UFO da parte di altri cosmonauti russi
e sovietici-PM/PS).
18
Con loro? O di loro?Le affermazioni
di Leonov’ a riguardo sono poco
chiare-PM/PS).
Dissi a Marina che era in corso
la costruzione di un edificio in
quella direzione e stavano
utilizzando un’ enorme gru
orizzontale alta circa settanta
metri.
Le sue figlie e mia figlia,
corsero anche loro a vedere;
vennero lì19 la gru.
Un mese dopo, ci fu un
congresso di ufologia presso20
Pietroburgo.
Dopo il congresso, lessi sulla
rivista Znaniye: In tali date, a
tali coordinate è stato
avvistato un UFO.
Tutta la nostra famiglia lo ha
visto, e anche la famiglia
Leonov, che era nostra ospite,
ha avuto modo di vedere e
confermare.
Incontrai21 Marina, e le dissi:
Perché?
Non è la verità.
Lei rispose:
Non è la verità, ma è
interessante.
Ma ora, quando fa un discorso
e inizia a parlare di qualsiasi
argomento, io sorrido tra me e
me e penso: ascoltate pure, ma,
se qualcosa mai arriverà, sarà
tutto completamente diverso”.
Altre domande sorgono in
seguito all’intervista di Leonov.
Perché lanciare un attacco alla
credibilità di Marina?
Perché attaccare lei, e non suo
marito, Pavel Popovich, uno dei
cosmonauti russi più famosi, in
precedenza collega di Leonov, e
promotore della ricerca sugli
UFO che era a capo della
SOUYZUFOTSENTR e aveva
ottenuto documenti riguardanti
gli UFO appartenenti al KGB
direttamente dal suo vice
presidente, N. Sham, nel 199122;
19
E videro-PM/PS.
quello stesso Pavel Popovich
che aveva avvistato
personalmente un UFO e aveva
contribuito al coordinamento di
Kosmopoisk, un programma
civile indipendente relativo a
ricerche e spedizioni,
impegnato nello studio e nella
ricerca di fenomeni anomali
(ufologia, crittofisica),
argomenti limite e futuristici?
Perché Leonov non si
pronuncia a proposito di Pavel
Popovich, ma attacca Marina?
Ha scoperto qualcosa che lo
disturba, e forse a proposito
della commissione di cui era
responsabile?
A quali artefatti si riferisce
Leonov nella sua intervista?
Crede veramente alla possibilità
di una visita remota da parte di
astronauti (paleocontatto è il
termine che gli ufologi russi
utilizzano per descrivere tale
fenomeno)?
Cosa sa a proposito delle
osservazioni di Kovalyonok e
Savinikh fatte nel 1981 e cosa a
proposito del presunto contatto
descritto nel nostro libro (e
basato sulle rivelazioni del
cosmonauta Beregovoy
riportate dai media russi)?
E a proposito delle altre
osservazioni riportate da
Kovalyonok riguardanti l’anno
che ha passato nello spazio?
Come può Leonov sapere che
tutto sarebbe diverso nel caso
in cui “arrivassero”, e in che
modo?
Il 29 maggio 2009, viene
pubblicata sul quotidiano russo
Izvestiya una intervista a
Leonov.
Gli chiesero perché gli
entusiasti degli UFO cercavano
di contattarlo.
Ecco la sua risposta:
“Non ne posso più!
20
San –PM/PS.
Più tardi-PM/PS.
22
Vedere l’articolo di Philip Mantle
The Real KGB UFO Files sul sito
21
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
http://www.ufodigest.com/news/030
8/kgb.html.
Oggigiorno, in nessun caso è
possibile trovare una
spiegazione che non sia logica.
Ma nessuno vuole rinunciare
all’idea di non essere solo
nell’universo.
Non escludo la possibilità
dell’esistenza di extraterrestri,
e inoltre credo che qualcuno
abbia visitato un tempo la
Terra.
Ci sono troppe testimonianze di
interferenze con altri esseri,
più sviluppati rispetto agli
umani.
Ma tutte le prove a riguardo23
possono solo essere raccolte
solo in modo frammentario, in
quanto la scrittura esiste da
diversi milioni di anni ma
ancora prima ogni
informazione veniva trasmessa
oralmente”.
Il 30 maggio 2009, un’altra
intervista venne pubblicata su
un quotidiano ucraino, Fakty i
kommentarii.
Fu chiesto a Leonov se, durante
la sua permanenza nello spazio,
avesse avvistato degli UFO.
Egli di nuovo fece riferimento
alla commissione che aveva
diretto, e al suo compito di
raccogliere tutte le prove.
Ripetè che nessun avvenimento
era privo di dubbi24.
Leonov continuò ripetendo la
storia di Marina Popovich e
della gru.
Aggiunse qualche altro
dettaglio
Quando le nubi sono basse, le
luci vi rimangono riflesse,
creando una luminescenza
circolare che può essere
scambiata per un UFO”.
Al termine della storia Leonov
chiese di perdonare Marina
Popovich.
Quindi aggiunse di essere certo
che all’interno del sistema
solare non esistono altre forme
di vita oltre a quella presente
sulla Terra.
“L’uomo26 costituisce la
massima espressione del
Creatore.
E, naturalmente, il nostro
pianeta27”.
Leonov venne intervistato da
Russia Today il 20 luglio 2009.
Quando gli venne chiesto degli
UFO, il cosmonauta rispose:
“Credere negli UFO è stupido
come affermare che gli
americani non sono mai
sbarcati sulla Luna”.
Ma disse anche che per lui
esiste ancora un fenomeno che
non può essere spiegato, ovvero
quello dei cerchi sul grano.
Leonov affermò a riguardo
“…non si tratta di una bufala, e
non possono essere
contraffatti.
Di cosa si tratta?
Nessuno lo può spiegare”.
“In realtà, vedemmo una
luminescenza che, volendo
proprio crederci, poteva essere
attribuita a un disco volante...
è dotata di un proiettore25 che
viene acceso di notte.
23
Interferenze o interventivmeshatel’stvo in russo-PM/PS.
24
Ma Leonov non rispose
direttamente alla domanda
dell’intervistatore-PM/PS.
25
La gru-PM/PS.
Marina Popovich
26
27
Gli essere umani-PM/PS.
Anche lo è-PM/PS.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Marina Popovich
Questa donna coraggiosa è un
noto pilota collaudatore, una
scienziata laureata in
ingegneria aerospaziale presso
l’università di Leningrado, un
luogotenente colonnello e un
aviatore pluridecorato.
Al giorno d’oggi Marina
Lavrentyevna Popovich è a capo
di una compagnia aerea privata.
Giornalista, è autrice di sei libri
pubblicati.
Grazie ai suoi sforzi, gli ufologi
russi sono stati capaci di
scoprire diversi avvenimenti e
incidenti tenuti nascosti e
insabbiati riguardanti le
ricerche sugli UFO nel loro
Paese.
Ha avvistato personalmente tre
volte degli UFO durante la sua
vita, una volta durante una
spedizione presso le montagne
del Pamir, alla ricerca dello
Yeti.
La spedizione era formata da
quaranta persone, inclusa sua
figlia, e tutti quanti avvistarono
un UFO dall’alto di 4000 metri
sopra le montagne.
Un oggetto sferico al di sopra di
una gola vicina aveva emesso
un raggio.
Una seconda volta, lei e suo
marito avvistarono un UFO
gigantesco sull’area di Mitino.
Si trattava di un oggetto
enorme di forma allungata,
lungo circa 250 metri.
Fu difficile notare un aeroplano
che volava al di sotto
dell’oggetto, che lei stimò
volasse a un altitudine di 20
chilometri.
L’UFO lasciò dietro di sé una
scia vorticosa.
Questo è l’avvistamento di UFO
a cui fa riferimento Leonov (la
notizia ci arrivò dalla Russia
anni fa, dall’intervista rilasciata
sul quotidiano ANOMALIYA
nel 1996).
L’ultimo avvistamento di cui
siamo a conoscenza (almeno
fino al 2007) di UFO da parte di
Marina Popovich avvenne nel
giugno 1996, alle tre di notte.
L’oggetto non emise suoni, ma
compì delle manovre piuttosto
complesse.
Emise inoltre delle luci
pulsanti.
Marina svegliò suo marito e gli
ospiti, e anche loro osservarono
l’oggetto.
A questo punto, risultano ovvie
anomalie rispetto al racconto di
Leonov, ma non possiamo
confermare quello di Marina
Popovich.
Parlando di “ospiti”, si riferiva
realmente a Leonov e la sua
famiglia, i suoi vicini?
Non possiamo in nessun modo
confermare la veridicità del suo
racconto.
Marina Popovich è stata sul
punto di diplomarsi presso la
scuola di addestramento per
cosmonauti diversi anni fa.
Ma fu destituita dal programma
dopo che Pavel Popovich, il
generale a cui era sposata,
convinse gli alti ufficiali che
non era adatta a volare nello
spazio.
Così facendo, probabilmente
salvaguardò la sua salute.
Se qualcuno è qualificato nel
definire cosa sia un UFO, può
esserlo solamente questa
notevole donna: ha pilotato
qualsiasi aeromobile sovietico,
dagli aerei di trasporto AN-22
ai jet supersonici MIG-21.
Detiene 90 record di volo.
Marina Popovich è una persona
estremamente lucida: in base
alle sue dichiarazioni, il 90
percento degli avvistamenti non
riguarda UFO ma fenomeni
facilmente spiegabili.
Fa menzione di un laboratorio
presso Tver dove vengono
inviate e interpretate le
immagini degli UFO, dove i
ricercatori non sono in grado di
spiegare il 10 percento degli
avvistamenti, come ha
riscontrato anche lei.
Marina Popovich ha le idee
chiare.
È certa che le invenzioni di
Leonardo Da Vinci, le opere di
Jules Verne, e la fantascienza di
Ray Bradbury siano frutto di
trasmissioni tecnologiche
provenienti dallo spazio.
I tre uomini sono stati utilizzati
come mezzi.
Considera inoltre il primo
presidente sovietico Gorbachev
un “front man” extraterrestre,
in quanto causa di profondi
mutamenti storici.
Quando Paul Stonehill la
incontrò nel 1991, era sicura
che i documenti segreti sovietici
riguardanti gli UFO sarebbero
diventati pubblici.
A quel tempo Marina Popovich
divenne una sorta di portavoce
per i gruppi di studio sovietici
riguardanti gli UFO.
Suppose che sarebbe passato
diverso tempo prima che tali
documenti segreti fossero stati
resi analizzabili.
Marina Popovich era a
conoscenza di oltre 14 mila
avvistamenti di UFO negli
USSR tra il 1966 e il 1991.
Quando tenne il suo discorso al
Whole Life Expo di Los Angeles
nel 1991, rivelò che gli ufologi
non ufficiali che negli USSR
avevano reso pubbliche le loro
opinioni, erano stati licenziati o
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
segregati in ospedali
psichiatrici.
Ma anche Marina Popovich non
era a conoscenza di diversi
avvistamenti di UFO e
fenomeni che avevano avuto
luogo in Unione Sovietica e che
vennero alla luce dopo il 1991.
Fu così disponibile da dividere
le sue informazioni e
documentazioni fotografiche
con il Centro di Ricerche Russo
sugli UFO di Los Angeles.
Marina Popovich è inoltre una
ecologista attiva, in quanto a
conoscenza dei terribili danni
inflitti alla Russia e agli altri
Paesi che facevano parte
dell’USSR.
Ha visto fiumi prosciugarsi,
laghi e pozze privi di vita, buchi
nell’ozono, e fuoriuscite di gas
tossici.
L’ecosistema della Russia era
danneggiato molto prima
dell’incidente di Chernobyl.
Le condizioni dell’economia
russa durante gli anni novanta e
la povertà del suo Paese natale
la rattristavano molto.
Per quanto riguarda gli UFO
che non possono essere spiegati
da fenomeni naturali, li
considera , in veste di pilota
addestrato, per quello che sono:
velivoli extraterrestri.
Marina Popovich è certa che gli
esseri umani non costituiscano
l’unica forma di vita intelligente
nell’Universo e che altre
creature possano realmente
venire a visitare il nostro
pianeta.
Nel 1991 Marina Popovich
mostrò a Paul Stonehill una
foto che Phobos 2 aveva
scattato prima di essere
dismesso.
Raffigurava un oggetto
cilindrico enorme lungo circa
25 chilometri.
Dopo aver trasmesso tale
immagine alla Terra, la sonda
sovietica scomparì.
L'ultima immagine scattata da
Phobos 2, si vedono il satellite di
Marte e l'oggetto
Ma Marina Popovich disse a
Paul Stonehill che il
Glavkosmos (Programma
spaziale sovietico), era
fermamente convinto che
qualsiasi cosa avesse distrutto
la sonda sovietica nel 1989,
fosse stato creato da
un’intelligenza artificiale.
Abbiamo compiuto una ricerca
approfondita riguardo al
disastro spaziale della Phobos
2, le circostanze misteriose
inerenti la sua missione e le sue
conseguenze, e le nostre
scoperte sono descritte in
Mysterious Sky: Soviet UFO
Phenomenon.
I misteri dei monoliti di Marte
sono di grande interesse per
alcuni.
In data 6 agosto 2009, durante
un’intervista sul canale
televisivo via cavo C-SPAN,
l’astronauta Buzz Aldrin ha
dichiarato:
“Dovremmo visitare le lune di
Marte.
È stato avvistato un monolite,
una struttura piuttosto insolita
su quell’oggetto a forma di
patata che gira intorno a
Marte ogni sette ore”.
L’oggetto in questione risulta
essere Phobos.
Per quanto riguarda il mistero
del monolite, Marina Popovich
ha fatto del suo meglio per
attirare l’attenzione pubblica,
come hanno fatto altri, ad
esempio il Professor Burdakov.
Apparentemente, anche gli
americani sono in possesso di
diverse informazioni; e anche
altri, vista la nuova missione
russo-cinese in corso d’opera su
Phobos.
Esiste qualcuno in Ucraina che
conosce molto bene sia Marina
Popovich sia Aleksei Leonov.
Popovich, allora sposata con
Pavel Popovich.
Erano amici intimi, secondo le
sue rivelazioni nell’intervista al
quotidiano ucraino Bul’var
Gordona del 27 marzo 2009.
Secondo lui, Marina era un
famoso pilota collaudatore, una
donna coraggiosa, volenterosa e
di valore.
Era arrivata a Yevpatoria in
veste di comandante aereo; il
suo velivolo era in riparazione
in città presso l’aeroporto delle
forze aeree navali del Mar Nero
(SAM-20).
Si era presentata alla famiglia
Petukhov con il suo libro e
diverse immagini fotografiche.
Leggende?
Il monolite di Phobos
Valentin Vasilyevich Petukhov
ha svolto una notevole carriera
nel Partito Comunista di
Yevpatoria (oggigiorno uno dei
porti principali ucraini sui Mar
Nero).
Dal 1967 al 1980 è stato a capo
della sezione del Partito
Comunista locale, ottenendo
così il controllo della città.
Precedentemente, aveva avuto
incarico di vice segretario,
ovvero di vice capo.
I cosmonauti frequentavano la
città in quanto durante l’era
sovietica, era sede di una
struttura segreta speciale di
addestramento, e di un centro
di controllo per voli e tracciati
spaziali presso la baia di
Kalamitsky.
I cosmonauti avevano
soprannominato Petukhov Papa
Valya.
Questi ha molti ricordi riguardo
“Lyosha” Leonov.
Allo stesso tempo, la famiglia di
Petukhov era amica di Marina
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Scrivendo il presente articolo,
gli autori hanno effettuato
ricerche su dozzine di fonti
russe e ucraine.
La migliore spiegazione per le
affermazioni di Leonov sugli
UFO (e su Marina Popovich)
sono state riscontrate
all’interno di un post molto
interessante pubblicato su un
forum russo di discussione
riguardante gli UFO
(http://www.ufolog.ru/forum/)
L’autore di tale post (di nome
Vlad), datato 18 aprile 2008,
confessa di avere una
preparazione militare e
scientifica, e scrive il suo parere
in risposta alle dichiarazioni
riportate nello stesso forum da
terzi riguardanti le opinioni di
scienziati e ufficiali militari
riguardanti gli UFO.
In particolare, riguardo il
giuramento di A. Leonov di non
aver riscontrato nulla di insolito
durante il periodo in cui era a
capo della ricerca sui fenomeni
UFO...
Vlad ha scritto di aver parlato
con coloro che avevano prestato
servizio nelle Forze Aeree, nella
difesa aerea, piloti, personale
del KGB, e anche nei
sottomarini (sembra avere
diversi amici).
In pratica, tutti hanno
affermato (ufficiosamente) che
in un modo o nell’altro, o hanno
incontrato degli UFO
personalmente, oppure i loro
dipartimenti hanno ricevuto
informazioni a riguardo.
Vlad non scende in dettagli in
quanto sarebbero troppo
numerosi, e (ad essere onesti),
sarebbe troppo noioso per lui
discuterne.
Ma afferma che un suo contatto
nelle forze di difesa aeree gli ha
confidato di essere stato
addestrato a distinguere sugli
schermi dei radar gli UFO
rispetto ai velivoli normali.
Quindi Vlad ricorda che
durante la sua permanenza
nelle forze armate, ha
ripetutamente e personalmente
osservato che l’ufficiale di
reggimento in servizio
“controllava le orbite di volo dei
satelliti”.
Vlad si era chiesto quali satelliti
potessero essere utilizzati da un
reggimento di fanteria, quando
l’unico mezzo di osservazione in
loro possesso erano dei
binocoli.
Tali controlli non avevano
niente a che fare con i satelliti.
In seguito egli parla del
giuramento di Leonov (che non
considera di importanza
rilevante), e fa riferimento a
Marina Popovich.
Moglie di un cosmonauta, noto
pilota collaudatore, eroina del
Partito Socialista, detentrice di
101 record di volo.
E testimone di tre avvistamenti
di UFO, come ha ricordato più
di una volta.
Pensateci bene, ha scritto Vlad,
perché avrebbe dovuto mentire
all’intera nazione?
Non aveva niente di meglio da
fare che inventare una bugia
bella e buona?
Inoltre, è bene ricordare il
nostro famoso ufologo Ajaja,
continua Vlad.
In qualità di militare, ha
iniziato le sue ricerche sugli
UFO sotto ordini diretti del
Quartier Generale della Marina
russa, dove diversi rapporti
riguardanti gli UFO venivano
effettuati dal personale
militare.
La sua prima opera si intitola
Aspetti del problema UFO
nell’idrosfera28.
Di certo, il Quartier Generale
della Marina è pieno di burloni,
o di “vecchiette provinciali”,
no?
Vlad aggiunge di poter fornire
ulteriori noiosi dettagli, ma a
quale scopo…
In ogni modo, la faccenda è
chiara.
Vlad termina il suo post,
tornando a parlare di Leonov.
Senza contare i suoi indubbi
meriti, non è che un raccontafavole russo dal sorriso gentile.
Ma di sicuro contro la sua
volontà, in quanto colpevole di
aver parlato troppo in passato
senza rifletterci su prima, e ora
impegnato a “salvarsi la faccia”.
Ecco il perché dei suoi
giuramenti, anche se tutti sono
a conoscenza del perché egli
agisca in questo modo.
L’aspetto più fastidioso della
faccenda (per Leonov, aggiunge
Vlad), è che egli vorrebbe
ritrattare, ma è ormai troppo
tardi.
Vlad afferma che anche a lui è
capitato di osservare qualcosa
di strano nel cielo.
A chi dovrebbe credere dunque,
ai suoi occhi o a Leonov?
E, in ogni modo, aggiunge,
Leonov parla in modo molto
poco chiaro e con scaltrezza,
28
Più dettagli riguardanti gli USO,
oggetti sommergibili non identificati,
Ajaja e le ricerche dei servizi segreti
della Marina sono riscontrabili in
Mysterious Sky: Soviet UFO
Phenomenon-PM/PS.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
quando afferma di non aver
visto personalmente niente di
insolito.
Ma non parla a nome di terzi.
Vlad chiude il suo post con una
domanda: “Ho chiarito o no la
situazione?” Per gli autori del
presente articolo, la risposta è
sì.
Un uomo leggendario
Leonov ha dichiarato sul
quotidiano russo Izvestiya in
data 29 maggio 2009 di non
considerarsi, personalmente,
un uomo leggendario.
A dispetto della sua carriera
illustre e della sua posizione
nella gerarchia sovietica,
Aleksei Arkhipovich Leonov
non può essere definito
unicamente un Homo
Sovieticus.
Egli nacque in Siberia, nel
maggio del 1934.
Suo padre fu arrestato nel 1937,
accusato di essere “un nemico
del popolo”.
Due anni dopo venne rilasciato,
ma quel periodo fu molto duro
per Aleksei e la sua famiglia
(sua madre e altri sette figli);
erano “membri della famiglia
del nemico del popolo”, i più
disprezzabili, e come egli
ricordava, diversi vicini si
recavano tranquillamente a
casa loro e prendevano
qualsiasi cosa volessero, inclusi
i suoi vestiti di bambino
piccolo.
Più tardi, Leonov sembrava
destinato a diventare un artista
professionista.
Ma amava molto anche
l’aviazione, e iniziò presto a
pilotare jet e studiare
ingegneria.
Nel 1959, a 25 anni fu scelto per
diventare uno dei primi 20
cosmonauti.
Fu il primo uomo a uscire da un
veicolo spaziale e a effettuare
una passeggiata nello spazio
(1965).
Leonov fu inoltre comandante
della navicella Soyuz che prese
parte al primo incontro tra
veicoli spaziali sovietici e
statunitensi (1975).
Eroe dell’Unione Sovietica,
pilota, cosmonauta, scienziato
militare, scrittore, artista e
pittore di talento…
Una volta, durante l’era
sovietica, Leonov acquistò una
Ford, ma, in quanto non era
appropriato che un cosmonauta
sovietico guidasse
un’automobile Americana, fu
costretto a rivenderla.
Una volta, Leonov aiutò la
cosmonauta russa Savitskaya a
sgattaiolare fuori dall’edificio in
cui era in ritiro prima di un volo
programmato, e andarono
insieme per negozi ad
acquistare materiale per cucire
una camicetta.
Leonov e Savitskaya cucirono
dei pesi all’interno delle
maniche, così che lei potesse
indossarla (nascose la camicetta
nel velivolo) e sorprendere i
suoi colleghi durante il volo a
gravità zero.
Avevano mai parlato
dell’esperienza della
cosmonauta e dei suoi colleghi
quando nell’1984 degli “angeli”
erano entrati nel velivolo
spaziale sovietico (esperienza
descritta nel dettaglio in
Mysterious Sky: Soviet UFO
Phenomenon)?
Non lo ha mai detto.
Quante altre storie di UFO e
alieni Leonov (che ha lavorato
35 anni nel Centro di
Addestramento per
Cosmonauti) ha ascoltato e non
ha mai rivelato?
Si narra che prima dei lanci di
Baikonur, Leonov fosse solito
dare una spinta con il ginocchio
“sotto il didietro” dei
cosmonauti prima che questi
salissero sulla scala che li
avrebbe portati sul velivolo
spaziale.
È quindi un uomo
superstizioso, come la maggior
parte degli altri cosmonauti.
Sono in pochi a sapere che
quando morì Sergey Korolyov,
tre cosmonauti stipularono il
patto segreto di seppellire le sue
ceneri sulla Luna.
Questi era un progettatore di
missili guidati, razzi e velivoli
spaziali; prigioniero superstite
del Gulag, questa vittima delle
purghe staliniste divenne il
multi dotato progettista capo
dei veicoli di lancio durante i
primi anni del programma
spaziale sovietico.
I cosmonauti sapevano che il
Comitato Centrale del Partito
Comunista non glielo avrebbe
permesso (probabilmente
volevano che prima di tutto
venissero seppellite sul suolo
lunare parte delle ceneri di
Lenin).
I tre presero possesso delle
ceneri, le nascosero in una
capsula speciale, custodita da
Yuri Gagarin.
Gagarin morì poco più tardi,
come Komarov, altro famoso
cosmonauta sovietico morto
prematuramente.
Leonov è l’unico superstite. I
sovietici non sbarcarono sulla
Luna, e la capsula sarebbe
andata quindi persa.
Yuri Gagarin
Il pilota-cosmonauta Leonov
rifiuta fermamente l’idea che gli
americani avrebbero mentito
riguardo la loro missione sulla
Luna.
È convintissimo che questi
sbarcarono sulla Luna; i radar
sovietici monitorarono tutto, e
Leonov e i suoi colleghi furono
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
in grado di osservare gli
americani, e sostenerli.
Leonov fu uno dei cosmonauti
addestrati per la missione
sovietica dell’uomo sulla Luna.
In realtà era a capo
dell’addestramento, in quanto
comandante del team lunare
sovietico.
Eppure, il programma fu
interrotto (dopo la morte di
Korolyov) e gli americani
furono i primi esseri umani a
camminare sulla Luna.
L’addestramento era molto
duro, e tre cosmonauti sovietici
avevano perso la vita durante
tale processo.
Nel 1992 Leonov, General
Maggiore delle Forze Aeree
Sovietiche, è stato congedato
dalle Forze Armate, cinque anni
prima rispetto alla data prevista
per il suo pensionamento.
Infastidito dall’idea che
nessuno avesse più bisogno di
lui, aveva deciso di dedicarsi
alla pittura.
Ma si sbagliava.
È stato ingaggiato in qualità di
presidente dalla Alfa-Kapital,
un fondo di investimenti, dove
erano a conoscenza dei suoi
legami con il complesso
dell’industria militare, e delle
sue qualità manageriali.
Nel 1998, anno della crisi
asiatica e della sconfitta della
Russia, Leonov è diventato vice
presidente della Alfa-Bank, che
ha espanso in modo
significativo.
Ha viaggiato inoltre diverse
volte negli Stati Uniti in veste di
uomo d’affari.
Leonov vive nella casa da lui
progettata, vicino a Star City.
Il suo studio da pittore è al
terzo piano.
È coinvolto in opere
filantropiche, e aiuta i bambini
affetti da malattie cardiache (i
suoi quadri vengono venduti a
cifre notevoli).
Ha dichiarato in una delle sue
interviste che spesso sogna di
volare, in aeroplani; o in velivoli
spaziali nello spazio
profondo…e questi sogni lo
rattristano.
Ha più di 75 anni, e ha sofferto
di un attacco di cuore; ora ha
problemi cardiaci.
Ma il suo spirito è tenace.
Nell’aprile del 2009, durante
l’incontro dei cosmonauti con il
presidente russo Dmitry
Medvedev, Leonov è stato in
grado di evitare che il Centro di
Addestramento per Cosmonauti
venisse convertito dalle Forze
Aeree ai fini delle loro necessità
di trasporto.
Medvedev lo ha trattato con
grande rispetto.
Leonov considera l’invasione
aliena come una minaccia.
Ma gli invasori di cui parla lui
sono i meteoriti (che lui
dichiara colpevoli del fenomeno
Tunguska).
Cosa accadrebbe se un
meteorite cadesse su Mosca o
su Londra?
Apparentemente nessuno si è
preoccupato della questione.
Leonov vorrebbe che venisse
organizzato un sistema di
prevenzione internazionale
(Izvestiya, 29 maggio 2009).
Sarebbe più importante dei
viaggi su Marte, ha dichiarato il
pilota-cosmonauta.
A dispetto della sua età
avanzata, continua a essere un
pioniere in diversi campi ed è
molto rispettato da quanti lo
conoscono o hanno lavorato
con lui.
È un vero eroe russo nel vero
senso della parola, sebbene non
siamo d’accordo con lui
riguardo Marina Popovich.
Se sia o no a conoscenza di
maggiori informazioni riguardo
il fenomeno UFO rispetto a
quanto abbia dichiarato resta
da vedere, ma i suoi vari
commenti riguardo la
possibilità di astronauti
dell’antichità rimangono una
curiosità e nessuna sua
rivelazione potrebbe
sorprenderci.
[email protected]
[email protected]
Ψ
Freschi di portale
Gianluca Rampini
Tracce d’eternità sbarca in
Argentina:
Huellas de eternidad
pag.62
Il blog argentino intrusosinvisibles.blogspot.com
ha pubblicato recentemente la traduzione della
nostra intervista a Corrada Malanga uscita sul
numero 3 della rivista.
Il blog, gestito da Adriana Gabriela Balbarrey, si
occupa di offrire al pubblico di lingua catalana il
lavoro del Prof. Malanga sui rapimenti, sulla
Programmazione Neuro Linguistica e sul
supporto alle persone vittime di rapimenti alieni.
Ci è parso orgogliosamente doveroso offrire
questa testimonianza che è un piccolo
riconoscimento del nostro lavoro e che speriamo
sia l’occasione di aprire una canale di
collaborazione con il sud america, terra ricca di
tradizioni e teatro di innumerevoli episodi
“anomali”.
Vi riporto qui sotto il link per chi volesse darci
un’occhiata.
http://intrusosinvisibles.blogspot.com/2009/12
/huellas-de-eternidad-revista.html
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Dreamland
pag.63
Intervista a
Antonio Urzi
© Gianluca Rampini
Il giornalista e conduttore Haime Maussan intervista Antonio e Simona
Gianluca Rampini
Antonio Urzi è a tutti gli effetti
un contattista e questo
determina tutte le conseguenze,
positive e non, che le figure dei
contattisti hanno sempre
prodotto.
Ci sono però delle differenze tra
la sua esperienza e quella dei
contattisti del passato.
Nei suoi racconti non ci sono
incontri con esseri ma
solamente contatti visivi con le
loro “astronavi” il che non è
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
certo una cosa da poco ma è
meno suscettibile di critiche.
Una seconda differenza sta nella
“trasparenza” delle sue
esperienze o per lo meno in
molte di esse.
Come lui stesso racconta
nell'intervista sono spesso
condivise con molte altre
persone e persino dai mezzi di
informazione.
Se Billy Meier avesse avuto
decine di testimoni e qualche
televisione al momento dei suoi
avvistamenti la sua storia
sarebbe stata ben diversa e di
conseguenza la sua credibilità.
Inevitabilmente anche Antonio
è stato oggetto di critiche che in
alcuni casi sono anche
degenerate nella canzonatura,
come successe a Striscia la
notizia.
Può anche darsi che in alcuni
casi ciò che lui ha filmato non
fossero astronavi extraterrestri
ma questo non confuta in
nessun modo tutto il resto.
A mio parere vi è un fondo
d'invidia alla base del desiderio
di cercare e “smascherare” la
truffa ad ogni costo, un' invidia
del suo essere testimone di
eventi così unici,
dell'opportunità che gli è stata
offerta di vivere momenti così
particolari da rendere la sua vita
un'esperienza fuori
dall'ordinario.
Antonio infatti da molti anni
vede e filma, sopratutto dal tetto
di casa sua ma non solo, oggetti
volanti non identificati di ogni
genere e ci riesce perché è in
grado di capire quando questi
oggetti saranno lì pronti per
essere filmati.
Una delle cose che mi
stupiscono di più non è tanto
questo, quanto proprio la
varietà degli oggetti che egli
filma. Come ho sostenuto in
precedenti articoli questa
varietà non è giustificabile
solamente con la con-presenza
di più razze ma si dovrà forse
cercare nella natura olografica
della realtà che ci circonda in
cui le diverse forme non siano
strettamente correlate alla
struttura fisica e
tridimensionale di quegli oggetti
ma piuttosto alla
manifestazione di qualcosa che
è in grado di comprendere e
manipolare la trama della
realtà.
Comunque sia Antonio Urzi è
ciò che in un processo legale si
definirebbe un testimone
fondamentale per l'impianto di
difesa, o dell'accusa, a seconda
dei casi.
Quindi fino a prova contraria
deve essere considerato onesto e
come tale il materiale che esso
ci fornisce è di sempre crescente
importanza.
Gli oggetti che filmiamo, sono
tutti diversi perché
appartengono a diverse razze
che in questo momento visitano
il nostro pianeta.
Questo lo sosteniamo anche
perché abbiamo alcune
conferme a livello personale.
Grazie Antonio per avere
trovato il tempo da
dedicare alla nostra rivista.
Occupandoci di Ufologia
non potevamo esimerci
dall'interessarci alla tua
storia.
Quando e come ti sei reso
conto che stava succedendo
qualcosa di fuori
dall'ordinario nella tua
vita?
L'esperienza che vivo oggi è
iniziata molti anni fa.
Ero molto piccolo, quindi posso
dire che sono nato con questa
facoltà di avvistare UFO e tengo
a precisare che per me sono
Astronavi.
Una sequenza di un oggetto filmato
da Antonio
Questa capacità non è
legata ad un luogo specifico
giusto?
Può capitarti dovunque, mi
sembra di ricordare un
episodio che ha visto
Nel corso degli anni come si testimoni anche Maussan e
Caria, in un ristorante a
è evoluta questa tua
Milano, giusto?
sensibilità?
Possiamo definirla così?
Questa mia sensibilità nei
confronti del fenomeno c'è
sempre stata, ma si è evoluta
solo dal 2000, da quando ho
conosciuto Simona Sibilla, oggi
mia moglie, e ha preso ancora
più forza da quando abbiamo
conosciuto personalmente lo
stigmatizzato Giorgio
Bongiovanni, che oggi
riconosciamo come nostro
padre spirituale.
Guardando i tuoi filmati si
notano oggetti volanti di
diverse forme e
dimensioni.
Credi che essi abbiano la
stessa origine oppure no?
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Fortunatamente tutto quello che
vediamo e documentiamo con le
nostre videocamere non è legato
solamente ad un luogo specifico,
ma può accadere ovunque, e
molto spesso con testimoni
oculari.
E' capitato anche con il
giornalista investigativo
messicano Jaime Maussan e il
documentarista Pier Giorgio
Caria appunto, dove hanno
potuto costatare che
effettivamente, le
manifestazioni di Astronavi
avvengono dovunque ci
spostiamo.
Quest'anno è accaduto anche a
febbraio negli Stati Uniti e a
giugno in Turchia, in occasione
di due grandi congressi
internazionali sul tema UFO.
In altre circostanze ci sono
stati molti testimoni ai tuoi
avvistamenti.
Gli altri vedono la stessa
cosa che vedi tu?
Questo è uno dei dati che
metterebbe maggiormente
a tacere gli scettici.
Come ho già detto le Astronavi
si manifestano anche con la
presenza di molti testimoni.
La finestra da cui Antonio filma buona parte dei
suoi avvistamenti
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Qual è l'episodio più
rimarchevole che ti sia
capitato?
L'episodio più significativo è
accaduto a giugno ad Istanbul, il
giorno del congresso ufologico
organizzato dal grande
ricercatore Aktan Aktogan:
durante il convegno, sentivo la
necessità di recarmi all'esterno
del salone perché avvertivo la
presenza delle Astronavi.
E così, quel giorno ho potuto
filmare per ben 4 volte davanti a
circa 400 persone e le
telecamere della prima TV di
stato turca, venuta
appositamente per verificare
l'episodio dopo che si era sparsa
subito la voce.
Come fai a sapere qual è il
momento giusto per
affacciarti alla finestra e
prendere la telecamera?
Maussan, dove si vedono oggetti
di vario tipo solcare il cielo,
ripresi appunto da webcam di
sorveglianza.
Gli oggetti che riprendi
sono secondo te solamente
veicoli o possono anche
essere forme di vita (come
qualcuno suggerisce siano
ad esempio gli ebani)?
Ci sono molte tipologie come ad
esempio gli oggetti di apparenza
metallica, per intenderci quelle
con la classica forma di
astronave che ho saputo essere
velivoli spesso guidati da esseri
viventi e oggetti simili spesso
telecomandati.
Alcuni di questi oggetti però,
come appunto gli EBANI si
suppone che siano "entità
intelligenti" tutt'uno con lo
stesso velivolo, o anche le stesse
sfere molte volte sono delle vere
e proprie entità intelligenti.
Poco prima della
manifestazione, l'ottanta per
cento delle volte, avverto una
sensazione fisica che mi sta ad
indicare la Loro presenza.
Però è capitato molte volte dove
non avverto niente e trovo
l'oggetto sopra di me o nei
paraggi.
Secondo te, il fenomeno si
manifesterebbe anche se tu
non l'osservassi?
Mettendo una webcam
fissa, ad esempio, credi
filmerebbe le stesse cose?
Ho potuto costatare che queste
manifestazioni sono intelligenti
ed interattive, quindi questo fa
pensare che Loro sanno
benissimo tutto quello che
facciamo e pensiamo.
Penso che se mettessimo una
webcam non accadrebbe niente
nel mio caso, sempre che questo
rientri nei Loro piani, come
dimostrano alcuni video
divulgati dal giornalista Jaime
In un certo senso la tua
esperienza ricorda quella
dei contattisti.
Vedi Meyer o Adamski.
La differenza sta nelle
esperienze di contatto da
loro descritte che tu, che io
sappia, invece non hai mai
raccontato.
Perché non ci sono o
perché non ritieni di
doverle raccontare?
La differenza tra me e i grandi
contattisti del passato è questa:
loro hanno fallito, si sono
lasciati corrompere, hanno
dichiarato il falso per paura
delle minacce... io ancora no e
spero di rimanere integro,
incorruttibile, anche se il
pericolo è dietro le porte.
Del resto abbiamo anche noi le
debolezze umane come tutti.
Come ha influenzato tutto
questo la tua vita?
Tutto questo ha influenzato
positivamente la mia vita
perché è una esperienza
grandiosa anche se a volte ti fa
soffrire di una sorta di
malinconia.
Un altro oggetto ripreso da Antonio
Credi vi sia un significato e
se si quale dietro a questa
tua esperienza?
Io so per certo che appartengo
ad un piano ben preciso.
So di essere stato preparato fin
da piccolo per essere oggi un
Loro strumento.
Ricordo comunque che ce ne
sono e ce ne saranno altri come
me in futuro nel mondo pronti a
filmare e divulgare la Verità.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Se ti va di parlarne, ci sono
stati momenti difficili, gli
episodi di Striscia e Il Bivio.
Puoi raccontarci come sono
andate le cose e cosa ti
hanno lasciato?
Gli episodi di Striscia e de “Il
bivio” mi sono serviti molto
perché mi hanno fatto capire
quanto siamo superficiali,
presuntuosi, arroganti e mafiosi
nei confronti di questo
fenomeno.
Trasmissioni del genere, come
possono trattare certi argomenti
senza un minimo di
metodologia d'indagine e di
approccio scientifico?
Per il resto non mi pronuncio
perché ho una querela in corso
nei confronti di Striscia la
notizia e molto presto verrà
fatta chiarezza ed anche
giustizia.
Sei stato in giro per il
mondo, hai avuto modo di
paragonare la sensibilità
degli altri paesi nei
confronti tuoi e del
fenomeno Ufo.
Com'è la situazione rispetto
all'Italia?
L' Italia è vittima di un sistema,
a mio avviso, diabolico e nefasto
gestito da "qualcuno" che vuole
che il popolo rimanga nella
totale ignoranza nei confronti di
questa realtà.
All'estero sono più aperti al
dialogo.
La gente sa ascoltare con umiltà
a prescindere la razza o la
religione che sta alla base dei
vari paesi.
Questo è un fenomeno
internazionale, di tutti, e non
conosce divisione.
In Italia sarà sempre più
difficile parlare nel futuro di
UFO e di visita extraterrestre.
Alcuni banali e
disinformati commentatori
sostengono che tutto
questo assomigli ad una
sorta di nuova religione.
Puoi chiarire questo
argomento dal tuo punto di
vista?
Il fanatismo regna sovrano
nell'essere umano ed è quindi
normale che tutto ciò che "può
dare speranza" viene
"divinizzato" e di conseguenza
istituzionalizzato con la nascita
di nuove correnti e movimenti
religiosi.
Così è accaduto nel passato, la
storia dell'uomo insegna.
I vari Messaggi di carattere
Universale portati nelle varie
epoche da Esseri Cosmici come
Budda , Krisna, Maometto e
ultimamente Gesù , per citare i
Maestri più conosciuti, sono
stati presi e fatti a proprio uso e
consumo , dividendo i popoli,
formando appunto le religioni
che conosciamo, tutto per il
volere e il potere.
E' finito il tempo della
manipolazione e di dare nuovi
messaggi all'umanità con la
nascita di nuove religioni, si può
parlare del continuo nascere di
gruppi di preghiera isolati o
"sette" di fanatici, ma questo
non preoccupa più di tanto,
peggio di così non si può
andare...
Parlando del fenomeno Ufo
in generale, a 360° , qual è
la tua opinione?
La mia opinione è che oggi,
siamo visitati come nei tempi
antichi, da Esseri provenienti
dal Cosmo.
In ogni epoca si sono
manifestati all'essere umano
come meglio ritenevano
opportuno, a seconda delle varie
epoche storiche e delle
tradizioni e costumi che questi
Esseri trovavano.
Oggi, come migliaia di anni fa,
la storia si ripete.
Per me, gli Angeli e gli Dei di
ieri, sono gli stessi Esseri che ci
visitano oggi con i Loro
fantastici mezzi volanti.
Concludendo ti salutiamo e
rivolgiamo anche te , come
facciamo con tutti gli ospiti
della nostra rivista, una
domanda sul 2012.
Sappiamo che nessuno ha
Molte persone condividono gli
una risposta conclusiva, ma
avvistamenti con Antonio
siano interessati a come le
diverse sensibilità
Altri invece sono pronti a
percepiscano questo
puntare il dito sostenendo
argomento.
che dietro spesso vi sia la
Quindi, secondo te, cosa ci
ricerca di arricchimento o
riserva il futuro ed in
mania di protagonismo.
Ma l'ufologia non è certo un particolare quel 21
dicembre?
campo in cui siano soldi o
Non saprei cosa dire sul 2012.
fama a muoverne i
Sono pienamente cosciente
protagonisti.
però, che siamo vicini ad una
Giusto?
svolta epocale visto lo scenario
mondiale.
Fino ad oggi, nessuno si è mai
L'umanità è giunta al limite
arricchito con gli UFO, chi
sostiene ciò deve dimostrarlo, e della propria esistenza, siamo
oramai giunti al punto di non
fino ad oggi nessuno a mai
ritorno. 34 guerre in corso, ogni
dimostrato niente.
Nel mio caso non cerco né soldi 3 secondi muore un bambino
innocente di fame, pestilenze e
né fama...
malattie di ogni genere,
Forse dovrei iniziare a parlare
degenerazione dell'etica e della
un po' della mia professione,
morale umana, inquinamento
che molti non conoscono, e
planetario e forze della natura
sicuramente farei più bella
che stanno aumentando come
figura nei confronti di tutti.
Potrei diventare famoso nel giro non mai la propria potenza....
Ci sono poi Segni in cielo ed in
di niente, ma non mi interessa.
terra che aumentano di pari
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
passo agli eventi planetari,
manifestazioni UFO e Segni di
carattere Mistico e Divino che
bisogna essere ciechi e sordi per
non vedere e sentire.
Solo un intervento dall'alto può
arrestare questa corsa matta
verso l'auto-distruzione e penso
che siamo vicini a qualcosa di
grandioso, di inimmaginabile
ma anche di scioccante.
So per certo che presto ci sarà
un contatto di massa con queste
Civiltà Cosmiche, evolute nella
scienza ma anche nello Spirito.
Nessuno sa l'ora ed il giorno.
Queste civiltà hanno osservato
in silenzio la nostra
"evoluzione", se la vogliamo
chiamare così, e sono state
chiamate ancora una volta oggi
a "soccorrere" il pianeta terra,
perché esso è vivo ed è in serio
pericolo di vita a causa di un
essere chiamato uomo, creato
per vivere in armonia come un
ENZIMA.
[email protected]
NEL PROSSIMO NUMERO DI
TRACCE D’ETERNITA’
IN DOWNLOAD A FINE MARZO 2010
Gianluca Rampini intervista
MICHAEL CREMO
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Urbis Historia
pag.69
La Bibbia
del diavolo
Simonetta Santandrea
Il Codex Gigas (o la Bibbia del
diavolo) è un importante
manoscritto del 13° secolo di
provenienza boema.
E’ famoso per le sue dimensioni
(89 x 49 cm, 75 kg di peso, 310
pagine) e per la
rappresentazione a piena pagina
del ritratto del diavolo.
Ciò che rende straordinario il
volume è la sua pretesa di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
trascrivere, in un solo tomo,
non solo le sacre scritture, ma
tutta la conoscenza utile ad un
uomo del dodicesimo secolo.
Il manoscritto, quindi, consta di
più parti: i Testamenti (vecchio
e nuovo), due opere di Giuseppe
Flavio, le Etimologie di Isidoro
di Siviglia, il manuale di
comune formazione medica
medioevale, intitolato Ars
Medicinae (L'arte della
medicina), la cronaca del 12°
secolo (Chronica Boëmorum) di
Cosma di Praga, e un
calendario. Manca il Libro delle
Rivelazioni (Apocalisse).
Alla fine del 16° secolo, il
Codice è stato integrato nelle
collezioni dell’imperatore
Rodolfo II.
Durante l'assedio svedese di
Praga alla fine della Guerra dei
Trent'anni (1648), il
manoscritto fu preso come
bottino di guerra e fu trasferito
a Stoccolma.
Ora si trova nella biblioteca
nazionale di Stoccolma (a
questo indirizzo è possibile
sfogliare virtualmente il codice
Gigas
http://www.wdl.org/en/item/3
042/pages.html#volume/1/pag
e/1 )
Secondo la leggenda, sarebbe
stato scritto in una sola notte da
un monaco benedettino di un
monastero della Boemia
meridionale nei primi anni del
XIII secolo.
L'aura di mistero che avvolge la
vicenda del Codice Gigas è
talmente intensa da far pensare
che quel monaco abbia
composto l'imponente lavoro
(per il quale sarebbero serviti
circa 25/30 anni) dopo aver
venduto la propria anima al
diavolo.
Il Codex contiene dunque
cinque lunghi testi, nonché una
Bibbia completa.
Il manoscritto inizia con
l'Antico Testamento, ed è
seguita da due opere storiche di
Giuseppe Flavio (vissuto nel
primo secolo dopo Cristo), le
Antichità e La guerra giudaica.
Il Vecchio e il Nuovo
Testamento rappresentano circa
la metà del Codex Gigas.
Le Antichità giudaiche e la
Storia della guerra giudaica di
Giuseppe Flavio erano
considerati, durante il Medioevo
e l'inizio dell'era moderna,
importanti opere dell'antichità
classica.
Le Etimologie di Isidoro di
Siviglia sono una pietra miliare
nella tradizione della scrittura
di glosse o commenti e fu la
prima enciclopedia ad essere
stata compilata da un autore
cristiano utilizzando modelli
classici.
L’Ars medicinae comprende il
libro di testo base per
l'insegnamento della medicina
nell’Europa medioevale.
L'ultima delle opere contenute
nel Codice Gigas è una cronaca
della Boemia di Cosma di Praga
(1045-1125 ca).
Questa è la prima storia della
Boemia ed è considerata quindi
un lavoro di grande importanza.
Nel manoscritto ci sono anche
alcuni brevi testi: il primo,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
collocato precedentemente
all’immagine della città celeste,
è un lavoro sulla penitenza.
Il secondo, dopo il ritratto del
diavolo, è un testo per
esorcizzare gli spiriti maligni
L'ultimo importante lavoro di
questi brevi testi è un
calendario, che contiene un
elenco di santi e persone note
boemi (probabilmente figure
storiche di una certa importanza
e benefattori del monastero in
cui il codice è stato redatto,
nonché nomi di monaci e
monache) nei giorni della loro
commemorazione.
Vi è anche un lavoro andato
perduto, la Regola di san
Benedetto, la guida essenziale
alla vita monastica, scritta nel
VI secolo.
Il libro più importante del
cristianesimo è la Bibbia.
Gli altri testi del Codex Gigas
sono stati accuratamente scelti
per accompagnare questo testo
perché insieme hanno fornito
informazioni sulla storia ebraica
(Giuseppe), la conoscenza
universale (Isidoro), la
medicina e la storia locale
(Cosma).
l’opera di trascrizione in una
sola notte.
L'origine della leggenda è nota
e, anche se manca di riscontri
reali, dimostra come l’enorme
dimensione del manoscritto
abbia contribuito ad
impressionare quelli che
l'hanno visto, tanto da attribuire
al manoscritto un’origine
soprannaturale.
L'origine del Codex Gigas è
sconosciuta.
Una nota scritta nel manoscritto
afferma che è stato custodito nel
monastero di Sedlec dai suoi
proprietari, i monaci di
Podlažice, nel 1295.
E’ presto passato al monastero
di Břevnov nei pressi di Praga.
Tutti questi monasteri si
trovavano in Boemia (ora nella
moderna Repubblica Ceca), ed è
certo che il Codex Gigas sia
stato fatto da qualche parte in
Boemia, ma non
necessariamente a Podlažice, in
effetti un piccolo e
insignificante monastero.
Nel 1594 Rodolfo II portò il
Codex Gigas nel suo castello di
Praga, dove rimase fino a
quando non divenne bottino
durante la Guerra dei
Trent'anni, assieme a molti altri
tesori, e portato dall'esercito di
Svezia a Stoccolma.
Qui è entrato a far parte della
raccolta di testi della regina
Cristina di Svezia e messo nella
Biblioteca Reale del castello di
Stoccolma.
Lì rimase fino al 1877 quando è
entrato nella Biblioteca
Nazionale di Svezia, sempre a
Stoccolma, che era appena stata
terminata.
Nel corso degli anni al
manoscritto è stata data una
varietà di nomi che alludono sia
alle sue dimensioni che per via
del ritratto del diavolo.
A parte la “Bibbia del Diavolo” e
il “Codex Gigas”, è stato anche
chiamato “Codex giganteus”,
“librorum Gigas”, “Fans Bibel”,
Hin Hales Bibel e Svartboken (il
libro nero).
C'è una leggenda relativa alla
realizzazione del Codex Gigas,
che racconta essere l'opera di
uno scriba: di fronte a questo
enorme compito l’amanuense
fece un patto col diavolo
affinchè potesse completare
di essere dispensato dal suo
patto con il Diavolo.
Questa leggenda è una variante
di un racconto medioevale
molto popolare che racconta di
Teofilo il penitente, storia che
presenta gli stessi ingredienti di
quella della Bibbia del Diavolo:
un patto con il Diavolo per
ottenere l'impossibile, il rimorso
successivo, la compassione della
Vergine e la rapida morte del
penitente.
Gli stessi elementi si ripetono
nella storia di Faust, nota fin dal
XVI secolo.
Il ritratto del Diavolo è
l'immagine più famosa del
Codex Gigas ed è la causa del
soprannome del libro, la Bibbia
del Diavolo.
Il Diavolo è rappresentato solo,
in un paesaggio vuoto,
Il Codice ha scatenato
all'interno di una cornice
l'immaginazione della gente e
formata da due grandi torri.
ha dato luogo ad ogni sorta di
Si presenta accovacciato con le
leggende.
braccia sollevate (ha solo
Una di queste è relativa ad un
quattro dita delle mani e dei
monaco di Podlažice murato
vivo per i suoi peccati, storia che piedi) e indossa un panno di
ermellino.
circolava già in epoca
Solitamente l’ ermellino viene
medievale.
Il monaco tentò di espiare la sua associato alla regalità, e il suo
uso è a sottolineare la
colpa scrivendo il libro più
caratteristica del Diavolo come
grande del mondo in una sola
il principe delle tenebre.
notte.
Realizzò presto che questo
compito era, ovviamente, al di là Il ritratto è collocato nel testo
dei suoi poteri, ed invocò l'aiuto come monito contro il peccato
ed il male.
del diavolo.
Si trova di fronte alla pagina
Il Diavolo venne in suo
della rappresentazione della
soccorso, ottenne il suo ritratto
a piena pagina nel libro nonchè città celeste e le due pagine sono
state deliberatamente poste di
l'anima del monaco come
seguito per mostrare i vantaggi
pagamento.
di una vita retta e gli svantaggi
Il monaco così venne salvato dai di una dedita al peccato.
I ritratti del Diavolo sono
peccati commessi, ma perdette
la lucidità mentale: alla fine, per comuni nelle rappresentazioni
artistiche dell’arte medievale,
non impazzire, si dice che si sia
ma questo del Codex Gigas può
rivolto alla Vergine Santa, che
essere ritenuto particolare
pregava affinchè lo salvasse.
poiché mostra solo la sua figura,
La Vergine ascoltò le sue preci,
la quale occupa una intera
ma il penitente morì sul punto
pagina.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
incombenze alle quali un
monaco doveva, in ogni caso,
Gli esperti che hanno studiato
attenersi, e le condizioni di luce
con attenzione il manoscritto
utilizzabili, il compimento
sostengono che sia stato scritto
dell'intera opera aveva richiesto
da una sola persona e che essa
almeno trenta/trenta cinque
abbia utilizzato un inchiostro
anni.
particolare ricavato dagli insetti.
La leggenda attribuiva la
Secondo alcuni i disegni
creazione del codice ad una
contenuti nell'imponente
notte sola di lavoro, grazie al
volume non sarebbero affatto
patto sottoscritto fra un monaco
conformi ai canoni grafici
ed il diavolo.
medioevali allora invalsi.
Gli studiosi ritengono che,
E ciò varrebbe sia per la
dietro l'evidente contenuto
succitata immagine a tutta
favolistico, vi possa essere una
pagina di Satana sia per quella
parte di verità che è stata
del paradiso anch'essa
deformata e hanno cercato
contenuta nella Bibbia del
Diavolo.
Una delle sorprese più eclatanti attraverso l'opera stessa,
qualche indizio che potesse
La città Celeste è rappresentata fatte da una équipe di studiosi
su più livelli, ciascuno con
che ha lavorato per cinque anni avvalorare la loro tesi:
effettivamente l’hanno trovata
edifici e torri, dallo sfondo
sul codice Gigas, è che l'intera
nella parte finale del codice che
rosso.
opera non è frutto di uno
riporta i nomi di una serie di
La città è incorniciata da due
"scriptorium".
abati e monaci del monastero
alte torri, così come il ritratto
A questa conclusione concorre
nel quale il codice è stato
del Diavolo sulla pagina
l'osservazione che le miniature
scritto. Inoltre, la figura del
opposta.
hanno tutte uno stile ingenuo e
diavolo non corrisponde ad
La città celeste, anche se non
dilettantesco uguale, e non
altra figura trovata in nessun
rappresenta persone, viene a
simile a quello di altre opere di
simboleggiare la speranza e la
miniatori professionali, nonché libro ed è frutto di una visione
che doveva, necessariamente,
salvezza, ed è in netto contrasto l'assenza di variazioni nell'uso
risalire ad una sola persona.
con il ritratto del diavolo.
degli inchiostri e della loro
Fra i molteplici nomi di abati,
La Città celeste e il Ritratto del
modalità di composizione.
vescovi e monaci di rilievo vi è,
diavolo sono le uniche immagini E' bene ricordare che ogni
in corrispondenza del plausibile
a piena pagina nel Codex Gigas. copista medioevale produceva
secondo una miscela individuale anno di composizione, un nome
l'inchiostro col quale vergava le con una annotazione: il nome è
Hermanus cui è attribuito il
pagine e che, di conseguenza
titolo di inclusus.
ogni codice riporta queste
Questa parola in latino aveva
differenze.
due significati.
Inoltre, nel caso del codice
Da un lato indicava qualcuno
Gigas, i grafologi che
che era stato recluso, nel senso
componevano l'equipe
di condannato, ed a questo
concordano nel ritenere che la
aveva fatto sicuramente
grafia, per i suoi segni
riferimento la leggenda;
fondamentali quali pressione,
dall'altro indicava qualcuno che
inclinazione, aderenza al rigo,
aveva scelto per propria volontà
etc., erano frutti di una sola
di starsene ritirato, separato dal
mano.
resto del mondo, votato ad
Un solo creatore, quindi, era
un’unica ragione: il
l'autore di un'opera tanto
compimento di un'opera di
imponente, e lo sforzo che gli
era costato per compierla aveva saggezza universale che avrebbe
dato splendore e lustro al
occupato una vita intera.
proprio monastero.
Considerato, infatti, il tempo
necessario per scrivere una riga
[email protected]
su una pergamena, le
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Librarsi
Simonetta Santandrea
pag.73
La Bibbia del diavolo
Autore: Richard Dubell
Edizioni Piemme
Pagine: 456
Anno di pubblicazione: 2009
Titolo originale: Die
Teufelsbibel
Lingua originale: Tedesco
La suggestiva vicenda del
Codice Gigas è l'incipit
dell'ultimo lavoro di Richard
Dubell: romanziere tedesco
molto stimato in Germania e
tradotto ormai in una dozzina di
lingue.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
L'edizione italiana de La Bibbia
del Diavolo è stata tradotta da
Helen Verardo e pubblicata
dalle Edizioni Piemme.
La storia inizia proprio in
Boemia dove il piccolo Andrej
assiste suo malgrado al
massacro attuato da un monaco
impazzito che "si scaglia come
una furia su un gruppo di donne
e bambini" rifugiatisi
inconsapevolmente nel
monastero dove era conservata
la copia originale del Codice
Gigas.
Esso era stato redatto quattro
secoli prima del massacro: fu
allora che il monaco
benedettino, nel disperato
tentativo di redigere un'opera
riassuntiva della sua saggezza, si
era fatto murare vivo in una
cella.
Ma cedendo alla disperazione di
questa folle impresa egli aveva
poi venduto la propria anima al
Diavolo per riuscire nell'intento.
Satana allora, completando il
libro al posto del monaco, in
quella notte maledetta, aveva
distorto completamente il
contenuto del volume, nella
speranza di inaugurare il
dominio del Maligno sulla terra.
Da quella notte, per evitare che
il Codice potesse circolare e
cadere in mani sbagliate sette
monaci benedettini giurarono di
tenere nascosto il frutto di
quella follia, dicendosi pronti a
tutto pur di riuscire nell'intento.
E nella storia scritta da Dubell è
proprio il piccolo Andrej la
figura che diventa centrale:
unico superstite del massacro,
suo malgrado viene a conoscere
il "segreto" di quel monastero
legando così nel bene e nel male
il suo destino a quello della
Bibbia del Diavolo.
E a quello di coloro che spinti
dal desiderio di modificare il
destino del mondo e della
propria storia avrebbero di lì a
poco cercato di trovare la copia
del manoscritto.
Le vicende della storia costruita
dallo scrittore tedesco muovono
dunque i loro primi passi sullo
sfondo di uno scenario davvero
suggestivo e molto intrigante,
proponendo al lettore, come
scrive il Die Welt, "un mix
perfetto di Storia, suspense e
avventura".
E Dubell nel tessere la tela della
sua narrazione usa rendendone conto al lettore
all'inizio del volume - una
alternanza di personaggi storici
esistiti (Rodolfo II d'Asburgo,
Melchior Khlesl, Urbano VII,
Gregorio XIV, Innocenzo IX,
Clemente VIII, Giovanni Scoto)
e non (Agnes Wiegant, Jarmila
Andel, Sebastian Wilfing).
E tra questi, di sicuro, la figura
più suggestiva è proprio quella
di Andrej von Langenfels, che i
lettori certamente
apprezzeranno alla pari della
lettura di un libro davvero ben
scritto e tradotto con attenzione
e precisione.
Ringrazio l’autore, Roberto
Bonuglia, per avermi permesso
l’utilizzo del suo materiale da
http://khayyamsblog.blogspot.c
om.
[email protected]
E’ un vero piacere presentare ai nostri lettori il libro
d’esordio di Ines CURZIO, collaboratrice di Area di
Confine e di Tracce d’eternità. Beninteso, la nostra
amica coltiva tanti altri interessi ma qui vogliamo
segnalarne l’impegno nel campo di ricerca a noi più
congeniale.
“Gli anelli mancanti”, edito da La Riflessione
Davide Zedda Editore, fresco di stampa, è un viaggio a
ritroso nel tempo, alla ricerca delle origini dell’uomo,
tra mitologia, scienza e archeologia.
Per saperne di più è d’obbligo il rimando al sito
www.glianellimancanti.com ove troverete anche un
video di presentazione.
L’autrice si interroga su diversi argomenti: l’esistenza
dei Giganti, la loro asserita provenienza dalla mitica
Atlantide, il diluvio universale, le similitudini esistenti
nei resoconti mitologici di tutto il mondo.
Tematiche controverse, che da sempre fanno
discutere studiosi e appassionati.
Ben venga, quindi, lo scritto di Ines, se non altro per
ridestare l’attenzione ed aprire di nuovo il dibattito,
alla ricerca di qualcosa che pare sfuggirci di mano: gli
anelli mancanti, appunto. (SB)
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Lo Spazio dell’OTTAVA
pag.75
La storia Millenaria
dei Cerchi nel Grano
(Parte Prima)
Michele Proclamato
Ed ora, visto e considerato che
del fenomeno Cerchi vi sarete
fatti un’idea direi “ufficiale”
credo sia giunto il momento di
proporvi la “mia” di teoria la
quale, vorrete scusarmi, pur
dimostrandosi piuttosto
eterogenea, credo sia una delle
poche a poter inserire il
fenomeno in questione in un
ambito temporale direi
“allargato”.
Sì perché ridurre il caso in
questione agli ultimi decenni
esaminati sarebbe un errore
madornale, un errore al quale
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
secondo me l’umanità stessa
dovrà porre rimedio volente o
no, per capire come la sua storia
sia collegata a presunti misteri,
oggi, mantenuti tali per ragioni
tutto sommato obsolete.
Quindi fin da ora ammetterò
che non so, per ora, “CHI” crea
i Cerchi, pur avendo una
minima idea del “COME” del
loro apparire, ma aggiungerò
con “mia” assoluta certezza che
il SISTEMA CONOSCITIVO da
essi utilizzato è oggi in qualche
modo decifrabile , soprattutto la
motivazione del loro apparire
non andrà ricercata nelle ultime
cronache, spesso inaffidabili, di
alcuni media ma negli eventi
millenari delle civiltà umane,
contestualmente alle loro scelte
religiose, costruttive e non
ultime tecnologiche.
Spero, di conseguenza, abbiate
una sana dose di pazienza e
curiosità poiché il modo con cui
dovrò rendervi partecipi del
“perché” delle mie conclusioni
sarà sicuramente insolito, penso
inatteso, visti i mezzi indagativi
utilizzati da alcuni miei
“colleghi” per decifrare lo stesso
fenomeno.
Ma non me ne vogliate e non
lasciate che il dubbio vi colga
poiché vedrete, qualsiasi cosa
scriverò apparterrà infine nel
fenomeno Crop, in tutto e per
tutto.
Permettetemi, di conseguenza,
un ultimo inciso, il seguente:
quando la nostra Scienza capirà,
e lo sta faticosamente facendo,
che cosa è il Tempo, allora
completamente alzeremo
l’ultimo velo che ci separa da un
sapere millenario, mai
abbandonato dai “costruttori” di
Cerchi, mai veramente
dimenticato dall’uomo, in grado
di dirci e darci il permesso di
entrare nel ristretto novero di
quelle razze che sanno come
DIO CREA, che conoscono il
sapere supremo dell’OTTAVA!
Infine, la “STORIA” dei Cerchi
può iniziare.
UN PRISMA FATTO DI
TANTI ANNI
E’ il 1932 quando una
spedizione archeologica inglese
condotta dal capitano Weld
Blundell giunge nell’attuale
Iraq per condurre degli scavi
con lo scopo dichiarato di
riportare alla luce luoghi fino ad
allora ritenuti biblicamente
“leggendari” e non storici.
La sua campagna, inizialmente
non esattamente fortunata
grazie come al solito al caso,
riesce a portare alla luce nei
pressi dell’antica città di Larsa
numerosissimi reperti fra i quali
spicca inatteso un “prisma in
pietra”.
(F 1. Il Prisma di Blundell)
Il reperto inciso in tutti i suoi
lati da caratteri “cuneiformi”
dimostrerà subito al primo
vaglio interpretativo una
spiccata capacità criptica
soprattutto a causa della
dettagliata descrizione di DUE
“LISTE SUMERE DEI RE”, le
quali sconcerteranno gli esperti
di allora a causa delle
interminabili frazioni temporali
“concesse” ai periodi regnanti,
appannaggio di mitici RE
mesopotamici.
Sempre gli esperti non avendo
elementi altri, ritennero e
qualificarono il reperto come la
“solita” testimonianza,
folcloristica, elaborata da storici
locali piuttosto compiacenti
verso la regale discendenza.
Vero era comunque che uno
degli ultimi storici della terra
Sumera, il grande Beroso o
Berosso, già al tempo della
dominazione romana, giunta fin
sulle rive dell’Eufrate,
decantasse agli storici della città
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
eterna, al seguito delle centurie
imperiali, il fatto che la sua
nazione avesse avuto diverse
Liste di RE, leggendarie per la
loro immensa durata.
Non solo, egli stesso propose
agli increduli “reporter” una
“TERZA” lista anche questa
contraddistinta da periodi
temporali immensi, destinata
comunque a cadere nell’ilarità
storica generale per millenni.
Visti tali presupposti, la
scoperta, passata alla storia
come “PRISMA DI BLUNDELL”
(F1), venne dimentica ad
OXFORD dove le “DUE LISTE”,
dal legittimo scopritore,
vennero contrassegnate come
WB 144 e WB 62.
Alle “stesse” si aggiunse in
seguito la TERZA LISTA del
Berosso ricomponendo così la
millenaria struttura regnante,
per quanto discutibile, del
mondo Mesopotamico.
Appariva in tale reperto certa
sola una cosa, esso datato al
carbonio, sembrava rivelare un
età esecutiva compresa fra i
4500 e i 5000 anni fa.
Volendo essere pignoli delle
DUE LISTE, una soprattutto ha
continuato a turbare le valenti
menti archeologiche che da
allora hanno voluto
occuparsene: la WB 144.
Tale lista, incisa da uno
sconosciuto scriba il cui nome è
giunto fino a noi come
“Nurninsubur”, ancora oggi
così riferisce ai posteri:
Dopo la discesa della regalità
dai cieli,
la regalità fu a Eridu,
in Eridu Alulim divenne re,
egli regnò per 28800 anni.
Alalgar regnò per 36000 anni
"Due" re;
essi regnarono per 64800 anni.
Poi Eridu cadde
E la regalità fu spostata a BadTibira
Divenne re a Bad-Tibira
Enmenluanna;
egli regnò per 43200 anni.
Enmengalanna regnò per
28800 anni.
Dumuzi il pastore regnò per
36000anni.
"Tre" re essi regnarono 108000
anni.
Bad -ti-bira cadde
E la regalità fu spostata a
Larak.
A Larak, Ensipadzidanna
regnò 28800 anni.
"Un" re ……. Egli regnò per
28800 anni.
Larak cadde
E la regalità fu spostata a
Sippar.
A Sippar Enmeduranna
divenne re
E governò per 21000 anni.
Poi Sippar cadde
E la regalità fu spostata a
Shuruppak.
Ubaratutu divenne re, egli
governò per 18600 anni.
"Un" re …….. egli governò per
18600 anni..
In "Cinque" città “Otto”re,
essi regnarono per” 241200”
anni,
Poi il Diluvio “travolse tutto”.
romane ormai da anni abituate
a stabilire, fra le mura
A questo punto vi prego, anzi vi capitoline, il Santo Padre del
mondo cristiano.
consiglio, di leggere e rileggere
Ora mentre concepite con la
tale descrizione perché vi
fantasia le corti di tutta Europa
assicuro, ogni parola della
immobilizzate nelle “loro”
WB144 è stata meditata e resa
successioni regali, da più di due
pregna di una “scienza e un
anni, di incertezza pontificia, un
sapere” che indifferente al
RE francese, Carlo D’Angiò e
passare delle epoche vedrete
suo figlio Carlo Martello,
essere all’interno dei Crop.
affrontando un lungo e
Per quanto riguarda me dovrò
spiegarvi come e cosa mi spinse periglioso viaggio si recheranno,
quasi in pellegrinaggio, alle
sulle coste perigliose di un
falde di uno dei luoghi più
reperto discutibile come quello
selvaggi e solitari d’Abruzzo, la
inglese, per potervi delineare
Maiella.
lentamente un filo logico
Tutto ciò per un unico motivo:
conoscitivo a me per primo
convincere un Eremita, ormai
celato agli inizi, dal caso, come
famoso presso tutte le corti
dal mio intuito.
europee e non solo, Pietro da
Morrone, a diventare il futuro
UNA CITTA’, UN RE, UN
PAPA di un Soglio, in quel
EREMITA.
momento, ostaggio del potere
temporale.
Scrivevo da sfollato aquilano
La storia vorrà quindi un RE e
dalla riviera abruzzese, in quel
un futuro RE, “supplicare” un
momento, e devo dire che non
era affatto piacevole pensare ad recalcitrante Eremita ormai
vecchio e sazio della sua pia
alcuni personaggi storici, oggi
opera religiosa, allo scopo di
inesistenti, quasi come la mia
superare il “distruttivo” impasse
città.
Pontificio.
Ma conosco abbastanza bene il
potere delle parole come la forza La storia non dice però,COME e
della storia che esse spesso sono PERCHE’, su un eremo scosceso
in grado di sorreggere, quindi il e selvaggio della Maiella,
probabilmente presero inizio
mio sarà sicuramente uno dei
gli eventi che portarono a
tanti modi di tenere in vita un
diventare l’Aquila la vera
“luogo” che oggi lotta
custode di un sapere oggi
disperatamente per non
destinato a diventare sempre
“scomparire”.
più “scienza”, di quello stesso
Utilmente farò quindi
sapere, oggi dimenticato, che da
riferimento ad un periodo
storico in cui il futuro capoluogo decenni ci ha fatto definire i
Cerchi nel Grano: un MISTERO.
abruzzese, appena nato, già era
“Vagheggiate” ora una persona
in grado di lasciare
qualsiasi come me, che colta da
un’indelebile traccia in una
un sano interesse storico,
storia destinata, a distanza di
seguito da un presupposto
secoli, a ritornare fra noi
inaspettatamente utile e attuale. insano interesse esoterico,
comincia a sfogliare e leggere
Immaginate quindi la fine del
tutto ciò che riguarda questo
1300, in Europa, e
futuro Papa cittadino, passato
immedesimatevi nei poteri
alla storia come Celestino V, il
“forti” di allora gettati nel caos
quale, comincia a notare delle
più totale da un ostinato vuoto
strane coincidenze temporali,
“papale” dettato dalle gelosie
patrizie di quelle poche famiglie storicamente verificabili, ed
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
inizia ad esaminarle, accostarle,
unirle.
Fino a quando un inaspettato
filo logico numerico si profila in
tutti gli eventi di un Eremita
pressoché ancora oggi
sconosciuto ai più.
E “probabilmente” sorgerà
anche in voi la mia stessa
curiosità, quella che mi permise
di rendermi conto di come, dal
momento in cui Pietro da
Morrone decise di accettare la
proposta regale, tutto nella sua
vita avvenne rispettando un
“PIANO TEMPORALE”
partorito e seguito secondo
canoni che allora non mi erano
affatto chiari.
Intanto tenacemente ottenne
dalla CHIESA stessa, il
permesso di diventare Papa,
non a San Pietro, ma, unico nel
suo genere, nella basilica di
Collemaggio a L’AQUILA (F2)
da “lui” fortemente voluta e
costruita.
(F.2 Basilica di Collemaggio)
Una tenacia costruttiva
sottolineata dalla
“lungimirante” data di
consacrazione della basilica
stessa, decisa, ben al di là del
termine dei suoi lavori, di fronte
ad OTTO vescovi nel Giugno del
“1288”.
Data che non mi colse del tutto
impreparato poiché
stranamente veniva scelta,
anche in Francia dove, avevo
appreso, era stata nuovamente
consacrata e consegnata ai
fedeli la cattedrale di AMIENS,
dopo che sfortunate
vicissitudini, un terribile
incendio, avevano indotto i suoi
costruttori a rimettere mano in
tempi record, per allora,
all’iniziale progetto portandolo
al temine rispettando
l’inaspettata concomitanza
temporale italiana.
Concomitanza che durante il
brevissimo periodo di
investitura papale di Pietro da
Morrone sembrò ripetersi con
una certa ricercata frequenza.
Forse non tutti sanno infatti che
il vecchio eremita trascorse
all’Aquila esattamente “72”
giorni papali, ma soprattutto
pochi hanno osservato le date
da “lui” scelte per la sua
investitura.
Egli infatti divenne Vicario di
Cristo il giorno “28/8” del 1294,
non solo, durante la sua
investitura vennero eletti “8”
vescovi mentre, sempre quella
data, venne prescelta per indire
l’unica ricorrenza religiosa
rispettata dalla città dell’Aquila
per secoli fino ad arrivare ai
giorni nostri, con il nome di
Perdonanza.
Se poi si aggiunge che tale
ricorrenza religiosa nonchè
temporale poteva avvalersi a
Collemaggio dell’Apertura della
Prima Porta Santa del Mondo,
voluta espressamente dal
piccolo eremita, credo possiate
capire come e quanto Celestino
abbia ottenuto in un arco di
tempo ben preciso.
Quindi fui costretto a
domandarmi perché una tale
massa di eccelsi eventi
rispettassero tempi e date così
precise da sembrare
numericamente multipli e
frazioni di sé stessi.
Una domanda che non ebbe
chiaramente risposta fino a
quando la mia vita non venne
travolta dalla bellezza di un
Rosone (F3), quello centrale
della basilica celestiniana, che
diede inizio a quella corsa
conoscitiva che ancora oggi
perdura con grande amore,
corsa destinata ad approdare
nei campi di grano Inglesi
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
(F3 Rosone Centrale )
UN ROSONE PARLANTE
Per chi non lo sapesse, accanto
alla basilica aquilana un tempo
vi era la sede di ciò che fino a
pochi anni fa era definito
manicomio.
Ebbene, proprio nell’imminenza
della sua chiusura, presi a
visitare con una certa frequenza
Collemaggio, rapito più dal
suddetto rosone che dalle sue
meravigliose geometrie interne.
Converrete con me come la mia
assidua presenza in loco non
passasse completamente
inosservata, specialmente agli
occupanti dell’ospedale
psichiatrico, i quali furono
tremendamente attratti da un
soggetto costantemente in piedi
con la testa in su e lo sguardo
fisso, rapito, a loro insaputa, da
un gioiello costruttivo
medievale capace di creare stati
d’animo in me, simili
probabilmente a quelli prodotti
da un “mandala”.
Fu così che nel giro di pochi
mesi le mie assidue osservazioni
divennero meta di molti
“pazienti” del luogo a cui non
tardarono ad affiancarsi le
indulgenti presenze di
infermieri e dottori incuriositi
anche loro dalla “mia” strana
forma di “pazzia”.
Sostanzialmente appena potevo
trascorrevo ore nell’attenta
osservazione di ogni particolare
di quel Rosone, il quale, ne ero
superbamente sicuro, era in
grado di nascondere qualcosa di
eccelso, unico, quasi divino.
Ancora non sapevo infatti come
alcuni processi cognitivi direi
“eccezionali” potevano essere
attivati da determinate forme
geometriche e simboliche,
soprattutto non coglievo quale
tipo di rapporto poteva esserci
fra quel Rosone e le date
Celestiniane.
Morale: per mesi non
oltrepassai, se non raramente,
la soglia della basilica poiché
“sentivo” che ciò che cercavo era
da secoli custodito da quelle
Braccia in Pietra.
Fino a quando, un mattino
d’estate, improvvisamente
cominciai a CONTARE.
Sì, presi una spuntata matita
dalle mie tasche, e dopo aver
ripetuto più volte il conteggio,
all’inizio stentato, delle braccia
di quel testardo rosone, presi
nota di tutto sul raffinato
opuscolo divulgativo
dell’imminente Perdonanza.
Era l’Agosto del 2004 e nulla
poteva presagire cosa sarebbe
successo da lì a poco, nella mia
mente, forse più nel mio cuore,
sicuramente nella mia vita.
Esaminai con molta attenzione i
“dati” da me colti e lentamente
mi resi conto del progetto,
numerico-simbolico, celato
ormai da secoli all’interno di
quella meravigliosa e sferica
opera medioevale.
Semplicemente il Rosone
risultava suddiviso in 5 parti
così ripartite: una “prima” parte
centrale, contraddistinta da
OTTO PETALI raccolti intorno
ad un riferimento sferico (F4), a
cui faceva seguito una “seconda”
costituita da 12 Braccia.
La “terza” parte appariva,
chiara, al termine delle Braccia
stesse , costituita da dei “buchi”
particolari, che allora definii
MezziBusti (f 5) per la loro
rassomiglianza televisiva.
Di seguito, la “quarta” parte era
costituita da 24 braccia, mentre
la “quinta” sezione nuovamente
al termine delle braccia,
appariva contrassegnata dai già
citati “Mezzibusti”.
(F.4 Parte centrale del Rosone)
(F.5 I MezziBusti)
Numericamente il rosone
appariva quindi costituito da 12
+ 24 Braccia a cui
corrispondevano 24 + 48
Mezzibusti.
Appariva quindi chiaro come
numericamente l’opera
Celestiniana poteva essere
riassunta in 36 Braccia e 72
Mezzibusti entrambi suddivisi
in 1/3 e 2/3 della loro rispettiva
somma.
Era quindi ravvisabile nella
”sua” esecuzione un progetto
numerico, ma quale poteva
essere il fine?
Parte della risposta non tardò
ad arrivare.
Incrociai infatti i dati
moltiplicandoli ed ottenni un
risultato sinceramente
inaspettato.
Numericamente le Braccia per i
Mezzibusti erano in grado di
darmi un riferimento numerico
pari a 2592 unità.
Fu un attimo, direi una frazione
di secondo, quella che mi servì
per rendermi conto di come
quel Rosone fosse in grado di
PARLARE, “pronunciando”
attraverso i numeri poche ma
incredibili parole: “Precessione
degli Equinozi”.
I 25920 anni precessionali del
nostro pianeta erano stati
magnificamente riassunti in
modo anche architettonico
durante il medioevo e posti sulla
facciata centrale della creatura
Celestiniana.
Perché?
Perché la lentissima corsa
assiale pari ad un grado celeste
ogni 72 anni veniva computato
attraverso un’articolata opera
architettonica di più di 700 anni
fa?
Che senso poteva avere tutto ciò
alla luce del fatto che nulla per
caso il piccolo Eremita aveva
voluto e fatto per costruire la
“sua” Basilica e portare a
termine il “suo” brevissimo
incarico papale.
Ripensavo ai 72 giorni
Celestiniani, inaspettatamente
condivisi dal Rosone come
dall’Asse Terrestre e mi rendevo
conto di come invece di ricevere
risposte sempre più affastellavo
domande, sul momento
irrimediabilmente senza
risposte.
Vi vedo allibiti, quasi
preoccupati, vi state chiedendo
se quello che state leggendo è
un articolo dedicato ai Cerchi o
un’inutile cronaca di “fatti”
medioevali intrisi di piccole
vicissitudini personali a sfondo
esoterico.
Benissimo, allora voglio farvi un
piccolo esempio.
Nel 1999 a Windmill Hill, nello
Wilthshire, Inghilterra, appare
un Crop definito allora, vista la
sua stentata similitudine, Croce
Templare ( F.6) .
(F.6)
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nessuno può o riesce a dare
altri significati a quel Crop, e fu
un vero peccato poiché le 4 zone
in cui era suddivisa la presunta
Croce custodivano 288 piccoli
cerchi suddivisi in gruppi di 72.
Un caso?
No cari signori, un fatto, il cui
significato parte da molto,
molto lontano come vi avevo
preannunciato, quindi tranquilli
l’articolo è quello giusto, avete
fatto un’ottima scelta e
probabilmente se avrete
pazienza alla fine di Agriglifi ne
saprete sicuramente di più.
(fine 1a parte - continua)
[email protected]
“La storia millenaria dei cerchi nel grano” (Editore Melchisedek, pag.180, euro 22,
settembre 2009) rappresenta per Michele Proclamato un’ulteriore tappa degli originali studi a
cui si dedica ormai da anni. Per chi ha letto la monografia di agosto 2009 de “I Misteri di Hera”
(Acacia Edizioni), dedicata a questa tematica, sarà l’occasione per approfondire le proprie
conoscenze al riguardo. L’autore non ha la presunzione di individuare chi possano essere gli
autori ‘materiali’ dei Crop Circle e nemmeno l’ardire di imporci soluzioni definitive riguardo le
modalità di realizzazione: questo lo chiama fuori, energicamente, da ogni sorta di polemica. Egli
si occupa di ben altro: ci introduce in un contesto in cui il Tempo assume connotati del tutto
differenti, anche perché è proprio tra le sue ‘maglie’ che, infine, potremmo cercare di individuare
chi da sempre ci accompagna anche con l’ausilio di queste particolari ‘formazioni’. Insomma,
l’interesse di Proclamato per la dibattuta questione è da inserire come un necessario tassello nel
suo particolare percorso di ricerca e confluisce in maniera naturale nella costruenda teoria della
legge universale dell’OTTAVA, tanto da poter considerare i Crop Circle come un sistema
“spirituale-scientifico”, a cui si poteva attingere in ogni epoca. L’autore si occupa quindi della
problematica ricostruendone, per la prima volta, un lontanissimo passato in cui i nostri antenati,
senza peraltro comprenderne il pieno significato, pare avessero a disposizione questa ancestrale
conoscenza, tanto da utilizzarla sovente e non solo nelle espressioni prettamente artistiche.
Dalle pagine di questo volume emergeranno anche testimonianze eccellenti: infatti, Leonardo da
Vinci e Giordano Bruno avevano già capito tutto di questa scienza dell’armonia, dell’equilibrio e
della pace. L’intenzione di Michele Proclamato è far emergere questo misterioso sapere,
utilizzando la chiave di lettura a lui più congeniale, quella riscoperta e già illustrata nei
precedenti lavori: la LEGGE delle TRE OTTAVE.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Angolo privato
pag.81
http://blog.libero.it/Angoloprivato
L’inizio
di un mondo
Giovanna Triolo
Erano fluttuanti fra densi gas
luminescenti, nella dimora
preferita di uno del gruppo,
l’interno di una rara roccia, su
di un mondo sommerso da
nebbia spessa, prodotta dai
vapori gassosi del pianeta.
Erano le menti più eccelse, ma
anche più irrequiete che si
fossero mai create in quella
immensa dimensione, dove
tutto aveva la grandezza e il
silenzio dell’antimateria.
Fu Webxhy, conosciuto in
seguito in un'altra dimensione
come il Viandante per
Eccellenza, telepaticamente a
formulare il suo pensiero agli
altri
Mi sento di dire che bisogna
superare i nostri confini, la
conoscenza si è spinta fino alla
perfezione, nulla si muta più, si
vive in assoluta stasi, ritengo
che bisogna portare la nostra
conoscenza al di là di ciò che
conosciamo, che ciò che
sappiamo sia passibile di nuovi
sviluppi, la conoscenza
che consideriamo suprema, e
inevitabilmente ferma qui.
Sappiamo che esistono
dimensioni dove questa
conoscenza, il nostro sapere,
potrebbe non essere tale.
Da un altro essere fluttuante,
del colore del grigio perla, alto
circa due metri e mezzo, con
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
una sagoma ben precisa nei
contorni, anche se
apparentemente pareva fatto di
nulla, si sentì la domanda
telepatica nelle menti degli altri
E cosa proponi?
Webxhy
Propongo di andare via da qui,
portandoci dietro tutto il
nostro sapere, e inoltrarci nella
materia.
Lo so, è considerato
spaventoso, ma io credo che di
là potremmo tornare a sentire
la spinta vitale che ci ha
condotto alla conquista della
perfezione immateriale, è un
incentivo
per tutto il nostro popolo, la
sete del sapere non si è mai
spenta in noi.
Diamo una nuova spinta a
tutto il nostro pensiero,
condiviso da tutti, creiamo
l’individualità, concetto mai
accettato, e proviamo a
colonizzare un'altra
dimensione , ma questa volta
che sia nella materia, una
grande sfida per tutti noi.
….e fu così che ebbe inizio
l’avventura verso i nuovi
mondi.
http://blog.libero.it/Angoloprivato
Altre verità
pag.82
Il Tempio
Alateus
www.alateus.it
Praticamente non esiste
nessuna prova storica
dell'esistenza del primo Tempio
eretto da Salomone; il sospetto
che si tratti di uno dei tanti miti
è più che giustificato.
Alcuni autori hanno ipotizzato
che si trattasse di una
costruzione precaria in legno o
addirittura di un tendone.
Quanto all'Arca lo scrittore G.
Hancock sostiene la tesi,
alquanto fantasiosa, che si
trattasse di una specie di pila o
di un accumulatore in grado di
produrre effetti
elettromagnetici che allora
potevano essere considerati
prodigi divini.
Visto che poi nessuno è in
grado di dimostrare, documenti
o reperti alla mano, che Mosè
sia effettivamente esistito, le
basi del monoteismo giudaico
appaiono quindi alquanto
inconsistenti.
In quanto al Tempio che egli
[Salomone] fece costruire, e che
gli Ebrei hanno stimato come la
più bella opera del mondo, i
Bramante, i Michelangelo e i
Palladio, se avessero visto
quella costruzione, non
l'avrebbero certo ammirata.
Era una specie di piccola
fortezza quadrata, che
rinchiudeva un cortile, e in
questo cortile c'era un edificio
lungo quaranta cubiti [m. 22], e
un altro di venti [m. 11]; e
sappiamo soltanto che questo
secondo edificio, che era
propriamente il tempio,
l'oracolo, il Sancta Sanctorum,
aveva anche 20 cubiti di
larghezza, e venti di altezza.
Non c'è oggi architetto in
Europa che non considererebbe
una tal costruzione come un
monumento di barbari29.
Nel 308 (a.u.c.30) l'imperatore
Ciro consente il ritorno in
patria ad alcuni ebrei esiliati a
Babilonia, guidati dal principe
giudeo Sesbassar, il quale
provvede alla ricostruzione del
Tempio.
TAYLOR R. - The Diegesis.
Calendario romano (a.u.c. = ab urbe
condita).
29
30
La costruzione, terminata nel
313 (a.u.c.), viene
successivamente migliorata,
con il consenso di Artaserse II,
da Neemia e da Esdra.
Nel 734 (a.u.c.) Erode il Grande
ordina il rifacimento
dell'edificio portandolo al suo
massimo livello di splendore.
Il locale del Debir, mancando
l'Arca, viene lasciato vuoto ma
si continua a considerarlo il
luogo in terra dove YHWH
manifesta la sua presenza; un
punto di riferimento per tutti i
giudei credenti.
Il Tempio venne
definitivamente distrutto dai
romani nell'822 (a.u.c.); sulla
sua area ora sorge una
moschea.
Il Tempio era ricoperto da
lastre d'oro e all'alba rifletteva
la luce con tanta intensità da
abbagliare coloro che lo
ammiravano.
Per chi arrivava a Gerusalemme
appariva da lontano come una
montagna bianca di neve
perchè le parti non ricoperte
d'oro erano di marmo
bianchissimo31.
Del Tempio non è rimasto che
un muro (Muro del Pianto),
meta odierna di pellegrinaggio
e di devozione per gli ebrei.
Il Tempio, centro del potere
sacerdotale, era il simbolo
dell'unità del popolo ebraico e
meta obbligata di
pellegrinaggio, di tutti gli ebrei
maschi, durante le principali
festività religiose.
Il Tempio era una prerogativa
di Gerusalemme.
Nelle altre località il culto
veniva esercitato nelle
sinagoghe di costruzione molto
più modesta.
Questo edificio era, in ultima
analisi, una enorme beccheria,
dalla quale si diffondevano i
miasmi di centinaia di animali
sacrificati ogni giorno da un
31
FLAVIO G. - Antichita' Giudaiche.
popolo imbecille ad un dio
inesistente.
Si suppone che la maggior parte
degli animali sacrificati fosse
destinata al nutrimento della
classe sacerdotale mentre il
resto era venduto nelle
macellerie della città.
La sinagoga veniva costruita
orientando la porta principale
verso Gerusalemme e poteva
avere una superficie di 200-300
mq.
In questo locale le funzioni,
condotte da un anziano (non
sacerdote), consistevano
principalmente nella lettura
delle scritture, il giorno di
sabato, nella preghiera
collettiva e nella istruzione
religiosa.
Arredi d'obbligo: un armadio
per custodire la Torah, un
candeliere a sette bracci e uno
scranno di legno ove sedeva il
lettore della Torah.
Nelle prime sinagoghe era
previsto anche un matroneo,
cioè una zona separata riservata
alle donne.
La costruzione del Tempio fu
motivo per l'abolizione, forzosa
e cruenta, dei culti delle alture
largamente praticati dai
samaritani sulle sommità di
numerosi monti del paese.
Mentre ai nostri giorni è
perfettamente naturale che
politica e religione siano poteri
separati (ma non sempre,
almeno in Italia), che a volte
seguono vie parallele ed altre
no, ai tempi di Gesù politica e
religione erano in perfetta
simbiosi; erano una cosa sola.
Per questo il Tempio, oltre a
essere il centro religioso, era
anche il centro politico che
orientava e pilotava le decisioni
dei governanti locali (Roma
permettendo).
Strettamente collegato al
Tempio era il Sinedrio, ad un
tempo organo giuridico e
consiglio supremo di Israele in
materia politico-religiosa,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
agendo s'intende nell'ambito
delle libertà concesse dagli
occupanti romani.
Era composto da due sezioni:
- il Gran Sinedrio di natura
politica;
- il Bet Din di natura religiosa.
Il Sinedrio era presieduto dal
sommo sacerdote di turno ed
era composto da 71 membri
comprendenti:
- sacerdoti;
- anziani;
- scribi.
Tra gli aspetti meno sacrali del
Tempio occorre ricordare che
sulla spianata che circondava
l'edificio e sotto i porticati si
svolgeva il più grande mercato
della Palestina.
Si poteva comprare di tutto: dal
bestiame alle vivande, dagli
ornamenti preziosi alle più
modeste suppellettili
domestiche.
La casta sacerdotale gestiva una
enorme quantità di denaro,
facendo funzioni che oggi
potrebbero essere definite di
tesoreria pubblica o di banca
nazionale.
I sacerdoti accettavano in
deposito denaro di terzi e lo
reinvestivano finanziando
imprese commerciali o facendo
prestiti ad usura.
Quella dei cambiavalute era una
funzione affidata ai laici, in
quanto il Tempio riconosceva e
gestiva unicamente monete in
corso e circolanti sul territorio
palestinese: le valute estere
dovevano essere convertite.
Era considerata valuta estera
anche la moneta romana!
Durante le principali ricorrenze
religiose, quando sulla spianata
si accalcavano migliaia di
persone, l'ordine pubblico era
assicurato dal presidio romano
che schierava i suoi uomini
lungo i porticati che
circondavano il complesso
Tempio/Mercato.
[email protected]
Scienza di frontiera
pag.84
Telomeri e Telomerasi:
nel cuore dell’orologio
biologico
David Lombardi
David Lombardi, 27 anni, si
occupa da tempo di
archeologia, ufologia e
clipeologia.
E’ socio del CROP
www.croponline.org (Centro
di Ricerche Operativo sul
Paranormale) diretto dal
dottor Giorgio Pastore nonché
membro dello staff di Majuro
(www.majuro.it).
Cosa ci fa vivere?
E soprattutto, cosa ci fa morire?
Qual è il meccanismo presente
nel nostro organismo che regola
i due punti cardine della nostra
esistenza?
Il progresso nel campo della
genetica nel corso degli anni si
è molto ingrandito e con il
tempo ci ha fornito la risposta
individuando il possibile
elemento che controlla la vita e
la morte.
Nel libro del ricercatore Alan F.
Alford dal titolo “i misteri della
genesi delle antiche civiltà”
viene accennato a questo
elemento:
“…ricerche recenti hanno
iniziato a fornire indizi
sull’esatto processo di
invecchiamento delle cellule.
Scienziati della Geron
Corporation, nel cui consiglio
vi è quel James Watson che
insieme a Crick scoprì la
molecola del DNA, ritengono di
aver forse scoperto l’orologio
biologico ossia il meccanismo
che nelle cellule controlla la
vita e la morte.
È chiamato Telomero, una
sequenza del DNA che si ripete
riscontrata nella coda di ogni
cromosoma, e spesso
paragonata alla punta in
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
plastica protettiva dei lacci da
scarpe.
Ogni volta che una cellula si
divide, e che il DNA nel
cromosoma si replica, questa
coda si fa un poco più corta.
In un neonato è lunga
all’incirca 20.000 lettere
mentre in una persona di 60
anni le lettere sono meno della
metà.”
Ora abbiamo un nome:
telomero.
Che sia veramente lui la chiave
di tutto?
Vediamo di approfondire la
questione descrivendo in modo
più dettagliato questo
elemento:
“Il telomero è la regione
terminale del cromosoma, da
cui deriva il nome stesso,
composta di DNA altamente
ripetuto, che non codifica per
alcun prodotto proteico.
Ha un ruolo determinante
nell'evitare la perdita di
informazioni durante la
duplicazione dei cromosomi.
La DNA polimerasi, infatti,
non è in grado di replicare il
cromosoma fino alla sua
terminazione; se non ci fossero
i telomeri, che quindi vengono
accorciati ad ogni replicazione,
la replicazione del DNA
comporterebbe in ogni
occasione una significativa
perdita di informazione
genetica.
Vi sono prove che questo
progressivo accorciamento
dei telomeri sia associato
all'invecchiamento della cellula
e dell'intero organismo”
Prima di andare nella parte
cruciale dell’argomento ho
pensato fosse utile mostrare
anche la natura e la funzione
del telomero stesso:
“Natura e funzione.
Il telomero è composto da
sequenze ripetute di DNA e da
alcune proteine ed ha la
funzione di proteggere le
terminazioni dei cromosomi.
Ciò impedisce da una parte la
degradazione progressiva con
rischio di perdita di
informazione, dall'altra che tale
regione, non presentando una
corretta struttura a doppia
elica, sia processata come
estremità di filamento spezzato,
con il rischio di fusione tra due
regioni telomeriche di
cromosomi diversi.
I telomeri sono estesi
dall'enzima telomerasi, che
rappresenta una classe di
retrotrascrittasi specializzate,
presenti in numerosi organismi
(tra cui l'uomo), ma non in tutti
(e soprattutto non in tutte le
fasi dello sviluppo).
In particolare, nell'uomo le
telomerasi (così come nella
maggior parte degli eucarioti
multicellulari) sono attive solo
nelle cellule della linea
germinale: ciò significa che, ad
ogni replicazione, i telomeri
umani si accorciano di un certo
numero di paia di basi.
Esistono teorie che associano il
continuo accorciarsi dei
telomeri con la senescenza delle
cellule della linea somatica e
con la prevenzione del cancro.
Questo perché i telomeri
agirebbero come una sorta di
orologio biologico, legato cioè
ad un numero massimo di
mitosi (e di replicazioni del
DNA), al termine del quale la
cellula sarebbe troppo vecchia
per essere mantenuta in vita e
prenderebbe la via
dell'apoptosi.
Per garantire un efficace
ricambio cellulare, in ogni caso,
in molti tessuti dell'organismo
sono presenti cellule staminali,
che mantengono la corretta
lunghezza dei telomeri
attraverso la presenza di
telomerasi attive.
Il meccanismo molecolare
attraverso cui i telomeri troppo
corti possono portare alla morte
cellulare sembra essere legato
alla perdita del loro corretto
ripiegamento naturale (evento
legato ad una loro dimensione
troppo ristretta).
Secondo alcune teorie
comunemente accettate, la
cellula è infatti in grado di
riconoscere questo diverso
ripiegamento come danno al
DNA, avviando il pathway
dell'apoptosi sulla base
dell'attività di molecole come
p53.
Tale processo di morte cellulare
può anche essere avviato da una
fusione tra cromosomi.
Nell'uomo, la sequenza ripetuta
nei telomeri è composta di sei
nucleotidi TTAGGG, ripetuti
per una lunghezza che va da 3 a
20 kilobasi.
Sono presenti 100-300 kilobasi
addizionali di ripetizioni
telomero-associate, che si
dispongono tra il telomero ed il
resto del cromosoma.
La sequenza telomerica varia da
specie a specie ma
generalmente è ricca in GC.”
Secondo questa serie di
informazioni i telomeri
sarebbero veramente i
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
responsabili della nostra vita e
della nostra morte.
Ma entriamo di più nel
dettaglio esaminando il loro
accorciamento:
“I telomeri si accorciano a causa
del meccanismo di replicazione
del filamento lagging del DNA.
Dal momento che la
replicazione del DNA non ha
inizio dalle estremità ma da
varie regioni più centrali di ogni
cromosoma e che tutte le DNA
polimerasi polimerizzano in
direzione 5'->3' (spostandosi in
direzione 3'->5'), infatti, il DNA
in replicazione presenta un
filamento leading ed uno
lagging.
Sul filamento leading, la DNA
polimerasi può produrre un
filamento complementare senza
ostacoli, perché procede da 3' a
5'.
Al contrario, c'è un problema
riguardo al senso 5'->3' che
l'enzima dovrebbe prendere sul
lagging.
Per risolvere questo problema,
piccole sequenze di RNA legano
tale filamento e agiscono come
primer, favorendo l'attacco
della DNA polimerasi e l'avvio
della polimerizzazione.
Questo processo genera la
formazione dei frammenti di
Okazaki.
I frammenti di Okazaki sono
processati infine dalla DNA
polimerasi, che sostituisce
l'RNA dei primers con DNA, e
dalla DNA ligasi, che forma il
legame fosfodiesterico tra
frammenti consecutivi.
Questo accade presso tutti i siti
del filamento lagging, ma non
dove si appaia l'ultimo primer
di RNA.
In questa regione, infatti, l'RNA
viene distrutto da RNAsi, ma
non c'è alcuna sostituzione con
DNA.
Questo genera un continuo
processo di accorciamento di
queste regioni, che si trovano
appunto presso i telomeri.
La presenza di un limite al
numero di divisioni cellulari,
dovuto all'accorciamento dei
telomeri, fu individuato per la
prima volta da Leonard
Hayflick.
Tali osservazioni lo portarono
ad ipotizzare un ben preciso
numero massimo di mitosi, che
fu appunto definito limite di
Hayflick.
La correlazione tra senescenza e
numero di Hayflick, in ogni
caso, fu provata solo nel 1998,
quando la Geron Corporation
mise a punto tecniche in grado
di estendere i telomeri, che
comportavano un notevole
rallentamento della senescenza
delle cellule.
Numerosi sostenitori delle
tecnologie per l'allungamento
della durata della vita, infatti,
hanno da tempo focalizzato la
loro attenzione sul ruolo dei
telomeri e sulle possibilità di
allungarli.
Ciò sarebbe in linea di principio
possibile attraverso l'induzione
delle telomerasi
temporaneamente (per via
farmacologica) o
permanentemente (attraverso
la gene therapy).
Tali approcci, in ogni caso, non
sono stati confermati da studi
indipendenti sull'uomo,
sebbene nel 2006 la Geron
corporation abbia annunciato
lo sviluppo di due possibili
farmaci in grado di attivare la
telomerasi.
Nel 2003 i ricercatori hanno
individuato per la prima volta
un organismo i cui telomeri si
estendono in maniera via via
maggiore con l'invecchiamento
dell'organismo.
Tale organismo è l'uccello delle
tempeste codaforcuta
(Oceanodroma leucorhoa), che
in effetti può vivere molto a
lungo.
Anche uno studio condotto sul
verme nematode
Caenorhabditis elegans ha
indicato che l'estensione dei
telomeri può allungare la vita.
Sono infatti stati realizzati due
gruppi di vermi, aventi come
unica differenza la lunghezza
dei telomeri.
Il verme con i telomeri più
lunghi ha mostrato, in media,
una aspettativa di vita superiore
del 20% a quello con telomeri
non modificati.
Un effetto collaterale mostrato
da questo approccio in
C.elegans è l'incrementata
resistenza al calore: le ragioni
che spiegano tale aspetto non
sono chiare (Joeng, et al.,
2004).
Le principali perplessità della
comunità scientifica riguardo a
questo tipo di approccio,
comunque, riguardano
l'eventuale rischio cancerogeno
che tali farmaci potrebbero
comportare: l'allungamento
della vita di ogni cellula, infatti,
è intrinsecamente correlato ad
un aumento della vulnerabilità
al cancro (Weinstein and
Ciszek, 2002).
D'altra parte, il mantenimento
della lunghezza dei telomeri è
un segno distintivo di molti tipi
di cancro nei mammiferi.
Nell'uomo, ad esempio,
numerosi tumori sono in grado
di aumentare l'attività della
telomerasi, ottenendo una
capacità di replicazione
pressoché infinita.
Altri tipi di carcinoma, invece,
sono in grado di avviare
pathway alternativi di
allungamento dei telomeri (noti
come ALT, dall'inglese
alternative lengthening of
telomeres), che coinvolgono il
trasferimento di ripetizioni
telomeriche in tandem tra
cromatidi fratelli.
Il meccanismo di attivazione di
ALT, in ogni caso, non è ancora
molto ben definito.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Tecniche sicure di estensione
dei telomeri, in ogni caso, sono
e saranno utili soprattutto nel
campo dell'ingegneria tissutale,
dal momento che
permetterebbero di produrre
grandi quantità di cellule sane e
non cancerogene da utilizzare
per sostituzioni di tessuti
danneggiati (ad esempio
tessuto cutaneo in seguito ad
ustioni).
C'è però da aggiungere, che
secondo altri ricercatori i
telomeri non sarebbero un
indice del potenziale replicativo
cellulare, alcuni di coloro che
hanno fornito confutazioni a
questa ipotesi sono: Elizabeth
Blackbourn
(http://en.wikipedia.org/wiki/
Elizabeth_Blackburn, con
l'articolo su Nature
408,53,2000), Cristofalo
(PNAS,95,10614,1998), Smith,
Goyin (Mech.Agein dev
114,69,2000) e H. Rubin
(Nature Biotech 16,396,1998).
Ad esempio Goyin provò ad
allevare topi privati del gene
per la telomerasi, notando che
nelle due generazioni osservate
non vi era invecchiamento
precoce nonostante i telomeri
corti, inoltre è da notare il fatto
che i telomeri dei topi hanno
una lunghezza compresa tra 20
e 250 kilobasi, mentre quelli
umani, specie che vive
mediamente 40 volte di più, i
telomeri sono lunghi dalle 15
alle 25 kilobasi.
Se la lunghezza dei telomeri
fosse una sorta di contatore alla
rovescia per la senescenza, e
l'Oceanodroma leucorhoa
continua ad accrescerli, allora
questo organismo dovrebbe
tendere all'immortalità”
Questo secondo brano ci ha
fornito alcuni elementi chiave
in base ai quali sarebbe
possibile mantenere intatti i
telomeri e quindi evitare il loro
completo accorciamento.
Ci stiamo veramente
avvicinando al concetto di
immortalità o si tratta solo di
vivere di più rispetto a un
tempo di vita normale?
Prima di rispondere a questa e
alle altre domande passiamo in
esame l’ultimo elemento della
questione e forse il più
importante ossia la chiave
dell’attività dei telomeri: “la
telomerasi”.
“La telomerasi è un enzima, che
permette la ricostruzione dei
telomeri mancanti, in modo da
mantenere integri i cromosomi.
Si tratta di una vera e propria
trascrittasi inversa (o DNA
polimerasi RNA-dipendente,
numero EC 2.7.7.49), dal
momento che utilizza
frammenti di RNA come
stampo per l'elongazione dei
telomeri.
I telomeri sono le parti finali di
un cromosoma, formati da
esameri la cui sequenza
nucleotidica è specie specifica,
ad esempio TTAGGG nella
specie umana.
Ogni volta che una cellula si
duplica rimette una sequenza di
telomeri.
Quando ha dato fondo alle sue
sequenze muore.
La telomerasi può scongiurare
questo destino sintetizzando
(duplicando) sempre nuove
sequenze telomeriche.
I telomeri sono le parti finali
dei cromosomi eucariotici, sono
formati da sequenze
oligomeriche ripetute.
La necessità di queste strutture
terminali è palese quando
consideriamo che tutte le DNA
polimerasi conosciute
allungano le catene di DNA
dall'estremità 3' e che tutte
richiedono un primer a RNA o
(solo per certe DNA-polimerasi
eucariotiche) a DNA.
Quando la forcella di
replicazione si avvicina
all'estremità del cromosoma
lineare, la sintesi del filamento
guida continua regolarmente
sino alla fine della catena
stampo del DNA; la doppia
elica figlia è rilasciata dopo
essere stata duplicata
interamente.
La catena stampo per il
filamento tardivo, invece, è
copiata in modo discontinuo.
Quando l'ultimo innesco a RNA
è rimosso, non c'è nessun
innesco a monte cui una DNA
polimerasi possa legarsi per
riempire il vuoto derivante
dalla rimozione di tale primer.
A causa di ciò, il filamento di
DNA che si è formato come
filamento tardivo sarebbe
accorciato ad ogni divisione
cellulare.
La telomerasi evita questo
progressivo accorciamento del
filamento tardivo, agisce come
una trascrittasi inversa, è
capace di allungare l'estremità
3'-OH del filamento stampo
della catena tardiva.
La polimerasi contiene un sito
catalitico che polimerizza i
desossiribonucleotidi
complementari ad un RNA
stampo, che essa stessa
contiene.
Una volta che l'estremità 3' del
filamento stampo per la catena
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
tardiva è sufficientemente
lunga, la sintesi del segmento
tardivo può aver luogo a partire
da ulteriori inneschi.
La telomerasi è espressa nelle
cellule della linea germinale,
generalmente non è attiva nelle
cellule somatiche ma è stato
osservato che in diversi tumori
può essere attivata”
Quest’ultimo elemento ci
fornisce altri indizi sul mistero
della vita e della morte in
relazione al DNA.
Quindi in conclusione i telomeri
sono i regolatori della nostra
vita ma a loro volta vengono
regolati dall’enzima telomerasi.
Di conseguenza è quest’ultimo
il cuore del problema su cui gli
esperti devono concentrarsi e
sul quale grava la durata della
nostra esistenza.
Forse un giorno grazie agli
sviluppi della ricerca potremmo
vivere di più e a tutto e proprio
tutto potrà esserci una
soluzione.
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Approfondimenti
I misteri della genesi delle antiche
civiltà – Alan F. Alford
http://it.wikipedia.org/wiki/Telomero
http://it.wikipedia.org/wiki/Telomerasi
I naufraghi delle stelle
pag.88
ht t p: // in au fra g h id elles t ell e. b lo gs pot .c o m
Le enigmatiche
linee di Nazca
Enrico Vincenzi
Enrico
Vincenzi è
ricercatore e
giornalista free
lance.
Gestisce il blog
“I naufraghi
delle stelle”.
Altopiano di Nazca, Perù, è qui
che si trovano incise nel terreno
linee formanti strani disegni,
divenuti ben presto autentici
rompicapo a cui archeologi,
storici, ufologi e appassionati
del mistero in genere, da ormai
numerosi decenni, cercano di
dare una risposta.
L’altopiano di Nazca è un sito di
natura pressoché desertica, ed è
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
considerato uno dei posti meno
piovosi al mondo, è situato tra
l’oceano Pacifico e le Ande, e si
estende su un’area di 520 kmq.
circa.
Cronisti spagnoli del 1600 e
1700, furono i primi a parlare
dello strano fenomeno, che
rimase comunque ignorato fino
al 1926, quando l’archeologo
peruviano Julio Tello, cominciò
ad annotarlo nei suoi studi sulle
antiche civiltà andine.
Nel 1939, i primi piloti di linea
che sorvolarono l’altopiano di
Nazca, poterono osservare i
singolari geoglifi in tutta la loro
globalità dimensionale, e li
utilizzarono come punti di
riferimento per le rotte aeree.
Il 1941, infine, fu l’anno che
segnò un’importante svolta per
gli studi su Nazca: l’archeologo
Paul Kosok visitando il sito e le
sue misteriose linee, ne rimase
così affascinato da decidere di
dedicarsi ad uno studio più
approfondito delle stesse.
Le linee di Nazca, quindi, sono
perfettamente visibili solo a
notevoli altezze, inoltre la loro
precisione è a dir poco
strabiliante, immaginate disegni
lunghi diverse centinaia di metri
, costituiti da linee
perfettamente diritte, con
margini di errore di soli 2 metri
per ogni chilometro.
Il già citato Paul Kosok e Maria
Reiche, astronoma e
matematica tedesca, sono stati i
maggiori studiosi dei geoglifi di
Nazca.
È grazie al loro attento studio
che si è potuto giungere alla
catalogazione di numerosi e a
dir poco fantastici disegni, la cui
grandezza varia dai 25 ai 275
metri.
Abbiamo così geoglifi
riproducenti 18 tipi di uccelli tra
cui l’ormai famoso colibrì,
divenuto un po’ il simbolo di
Nazca, e il condor.
( fig. 1 Nazca Colibrì)
Ma anche una balena, una
scimmia, una lucertola, un
serpente, un lama ed un fiore.
Una citazione a parte merita il
disegno di un ragno, che
costituisce un’ulteriore enigma
per gli studiosi di Nazca.
Si tratta della rappresentazione
di un aracnide vivente nelle
foreste amazzoniche, del tipo
“Ricinulei,” il cui apparato
genitale maschile è localizzato
in una zampa posteriore come
una sorta di prolungamento.
Questo tipo di ragno raggiunge
una dimensione di soli 6 mm,
quindi per osservare il suo
organo genitale occorrerebbe
necessariamente un
microscopio.
Come poteva, il popolo Nazca
avere questo tipo di conoscenze,
senza l’ausilio di sofisticati
strumenti tecnologici?
equinozi, dei solstizi, e per la
previsione dei periodi di pioggia
o siccità.
Però, da prove effettuate
tramite computer, si è potuto
accertare successivamente che
la teoria di Reiche e Kosok non
fosse sostenibile.
Lo storico peruviano Hans
Horkheimer propende invece
per l’attribuzione di un
significato di tipo religioso,
ipotizzando che il
mantenimento dei disegni e
delle linee fosse curato da
diverse famiglie del luogo.
Inoltre, secondo Horkheimer, i
geoglifi segnavano sul territorio
i luoghi sacri dove il popolo
Nazca si radunava in occasione
di cerimonie religiose.
Gli studiosi in base alle ricerche
effettuate, hanno potuto
determinare che i disegni, di
tipo zoomorfo, fossero stati
compiuti prima delle linee
geometriche, scoprendo che in
alcuni casi le stesse linee fossero
state sovrapposte ai disegni.
(fig. 2 Nazca Ragno)
Le ipotesi fatte nel corso degli
anni sulle origini e il significato
dei geoglifi di Nazca, sono le più
svariate.
La creazione dei geoglifi, sono
attribuiti al popolo Nazca,
vissuti in questo territorio
prima degli Incas.
I Nazca non hanno lasciato né
documenti scritti né iscrizioni di
qualunque genere.
Maria Reiche e Paul Kosok
hanno considerato la piana di
Nazca come una sorta di
enorme mappa astronomica e i
vari disegni come punti di
riferimento per il calcolo degli
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
(fig 3 intersezioni linee)
Un’idea avanzata dagli ufologi e
dai cultori della cosiddetta
“Archeologia spaziale”, è quella
che vede le linee come piste di
atterraggio per eventuali
astronavi provenienti dallo
spazio.
Ciò che non regge in questa
ipotesi è dato dal fatto che
queste linee, dopo essersi
sviluppate per centinaia di metri
nel deserto, non conducono in
alcun luogo, interrompendosi
improvvisamente.
Purtroppo, negli anni,
amministrazioni politiche e
uomini d’affari senza scrupoli
hanno gravemente deturpato
l’altopiano di Nazca con i suoi
geoglifi, considerato dagli
studiosi un bene storico
culturale dal valore inestimabile
per l’intera umanità.
Infatti oggi la grande autostrada
Panamericana, taglia in due
Nazca, nonostante la strenua
battaglia intrapresa dalla stessa
Maria Reiche per la
salvaguardia dei misteriosi
geoglifi.
SITI
PARTNERS
(fig. 4 Maria Reiche)
Forse l’uomo dovrebbe
imparare a rispettare di più il
proprio passato, perche così
imparerebbe a rispettare se
stesso.
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TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Xaaran
pag.91
Archeologia e falsi:
alcune motivazioni alla
base di un inganno
Antonella Beccaria
Antonella Beccaria scrive e
pubblica con la casa editrice
Stampa Alternativa/Nuovi
Equilibri e con Socialmente
Edizioni. Questi i libri
disponibili sia in libreria che
online: "Il programma di Licio
Gelli" (2009), "Pentiti di niente Il sequestro Saronio, la banda
Fioroni e le menzogne di un
presunto collaboratore di
giustizia" (2008), "Uno bianca e
trame nere – Cronaca di un
periodo di terrore" (2007),
"Bambini di Satana – Processo al
diavolo: i reati mai commessi di
Marco Dimitri" (2006) e
"NoSCOpyright – Storie di
malaffare nella società
dell'informazione" (2004).
E’ curatrice dell'antologia
"Creative Commons in Noir"
(2008, collana Millelire),
collabora con le riviste
"MilanoNera" e "Thriller
Magazine". Spesso lavora
come editor e traduttrice e dal
2004 tiene un blog, Xaaraan, su
cui racconta storiacce varie.
Una delle chiavi basilare per
fare ricerca – indipendente o
accademica che sia – è quella di
difendersi dai falsi.
Per ogni disciplina esistono
sistemi di contraffazione che
possono – o vogliono – indurre
in errore il ricercatore e
altrettanti che possono tutelare
dall'inganno.
Brittany Jackson, studentessa
di antropologia all'università di
Chicagno, e Mark Rose,
dell'Arizona Interschool
Association, hanno di recente
scritto per la rivista
Archaeology Online un articolo
in tema intitolato Bogus! An
Introduction to Dubious
Discoveries («Falso!
Introduzione alle scoperte
dubbie») partendo con
un'avvertenza a premessa: non
esiste museo che non contenga
al suo interno qualche oggetto o
elemento ingannevole.
Parola di Jane Walsh dello
Smithsonian's National
Museum of Natural History.
E si fa qualche esempio,
privilegiando il settore
dell'archeologia.
Dai teschi di cristallo,
sbugiardati già a partire dal
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
diciannovesimo secolo,
all'uomo di Piltdown, una
presunta specie di ominidi i cui
scarni resti ossei vennero
scoperti nel 1912 nell'East
Sussex, in Gran Bretagna.
Ma perché dedicarsi a un
progetto che abbia come scopo
il trarre in inganno la comunità
scientifica?
I due autori del saggio parlano
in prima istanza di pubblicità e
autopromozione.
Dopodiché vengono motivi
pecuniari, scherzi non meglio
motivati o vendetta.
«Ma – aggiungono Jackson e
Rose – lo si fa anche per
supportare le proprie teorie sul
passato dell'uomo. I falsi sono
talvolta ispirati da ragioni
nazionalistiche in base alle
quali gli autori dell'inganno
vogliono esaltare il proprio
Paese usando infondati
collegamenti con le civiltà del
passato».
Un aspetto, questo, che innesca
effetti ritenuti secondari solo
dal punto di vista cronologico:
un buon falso può far rivalutare
anche (o, forse, soprattutto) dal
punto di vista economico tutto
ciò che vi si correla, dalla
remunerazione delle
competenze di chi effettua o
certifica la scoperta
ingannevole all'oggettistica da
rifilare a sedicenti esperti o
semplici appassionati.
Ne consegue un altro effetto.
Se, come si diceva sopra, dove
c'è un museo c'è anche qualcosa
di non autentico, allora a
maggior ragione «dove c'è un
mercato, c'è un falso».
E in questo caso non si intende
solo lo smercio più o meno
legale di reperti, ma addirittura
la possibilità di pilotare fondi di
ricerca e borse di studio.
Sistemi per tutelarsi?
Non esisterebbe altra ricetta
che quella dettata dal rigore
della ricerca, basato su dati
fattuali – anche se non per
forza di provenienza – a
riscontro di una scoperta.
Ma – si avverte a conclusione –
quello dei falsi non è un
fenomeno destinato a
scomparire, almeno fino a
quando esisteranno
collezionisti creduloni e
danarosi, faide scientifiche e
studiosi dalle ambizioni
smodate desiderosi a loro volta
di un posto nella storia.
Infine, per chi legge l'inglese, è
stata pubblicata anche
un'interessante lista dal titolo
Archaeology's Hoaxes, Fakes,
and Strange Sites (l'indirizzo è
riportato nell'elenco degli
approfondimenti).
Una lista utile perché, come
detto più volte insieme
all'amico e ricercatore Simone
Barcelli, per procedere nei
proprio studi, anche da
indipendenti, il primo passo è
quello di escludere ciò che
risulta più o meno palesemente
infondato.
Per approfondire:
Bogus! An Introduction to Dubious
Discoveries:
http://www.archaeology.org/online/f
eatures/hoaxes/intro.html
Archaeology's Hoaxes, Fakes, and
Strange Sites:
http://www.archaeology.org/online/f
eatures/hoaxes/index.html
L'uomo di Piltdown:
http://it.wikipedia.org/wiki/Uomo_d
i_Piltdown
I teschi di cristallo:
http://en.wikipedia.org/wiki/Crystal_
skull
ATTENTATO
IMMINENTE
di Antonella
Beccaria e Simona
Mammano
Stampa Alternativa
Collana Senza
Finzione, novembre
2009
www.stampalternativ
a.it
Piazza Fontana, una strage che si poteva evitare Pasquale Juliano, il poliziotto che nel 1969 tentò di
bloccare la cellula neofascista veneta
Nella primavera del 1969 l’ennesima azione
terroristica all’Università di Padova fa partire una
nuova indagine. A coordinarla è un commissario
di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra
mobile, che arriva
a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica
in armi ed esplosivi. Ma i neofascisti gli preparano una
trappola: Juliano si vedrà così scippare l’inchiesta, che
verrà insabbiata, e finirà sotto processo accusato di
aver costruito le prove contro i terroristi. Gli
occorreranno dieci anni per dimostrare la sua
innocenza, ma nel 1979, quando sarà assolto da tutti i
capi d’imputazione, la stagione delle bombe avrà quasi
concluso il suo tragico corso.
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TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Documenti
pag.93
In uno scrigno di rame
l’origine dell’umanità?
© Jeff Behnke
(Traduzione di Sabrina Pasqualetto)
Jeff Behnke
Un’analisi delle tavolette
sumere fa trapelare
informazioni riguardo le
nostre origini
Intorno al 12 giugno del
2006, il 260° Battaglione
Quartermaster, che stava
fornendo supporto di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
vigilanza intorno alla base di
Talil a sud-est di Baghdad,
scoprì una scatola di rame
contenente una serie di
tavolette in lapislazzuli, con
incisa una scrittura
cuneiforme sumerica.
Senza sapere bene con che
cosa avessero a che fare,
l’NSA, Agenzia per la
Sicurezza Nazionale, mise
insieme un gruppo di ricerca
e spedì il plico al British
Museum di Londra, al fine di
esaminare i risultati
sfruttando le risorse di
entrambi i governi,
statunitense e britannico.
Era stata data loro
l’assicurazione che la
scoperta sarebbe stata
condivisa con il resto del
mondo ma, a quanto pare, le
forze governative coinvolte
negarono l‘accaduto.
La cosa non sorprese più di
tanto, ma fece arrabbiare i
volontari che erano accorsi
con tutti i mezzi possibili al
Museo per dare il loro
contributo al progetto, così
spuntarono traduzioni a
Parigi, Amsterdam, Madrid,
Aleppo, Karachi e Tangeri.
O almeno così dice la storia.
del testo che è stato
scoperto.
In seguito al suo intervento,
nel luglio del 2008,
comparve su You Tube un
altro video da parte di un
altro utente, ENLILSPEAKS,
contenente l’ipotetica e
anonima intervista con uno
dei linguisti coinvolti nel
progetto.
Ecco, senza ulteriori indugi,
la storia trascritta e, un po’
frammentata, di quanto
copiato dalla pubblicazione:
PARTE I
L'INTERVISTA
Io presiedo il Dipartimento
di Letteratura semita,
egiziana, [Censura]
sumerica, accadica e tardo
babilonese. [Censura]
Che cosa ci può dire
riguardo la scoperta in
Iraq durante l'estate del
2006?
Nel marzo del 2008, venne
postato su YouTube un video
da un utente, chiamato
helvis213, il quale ha
dichiarato di aver sentito la
notizia della scoperta e del
team da un amico che studia
presso una prestigiosa
università del vicino oriente.
Dopo la traduzione delle
tavolette cominciò a inviare
pop-up in varie località e
prese l’iniziativa di mettere
insieme un video per
animare la storia contenuta
nelle tavolette nonché
fornire una voce fuori campo
Vorrei iniziare dicendo
chiaramente che tutto ciò
che dirò è basato
unicamente sulla mia
esperienza personale.
Dal momento del mio
esonero dal gruppo, dalla
cessazione del mio mandato,
che, a sua volta, era solo una
piccolissima parte di un
progetto molto più ampio.
Durante il breve periodo in
cui sono stato lì, ho imparato
alcune cose.
Voglio dire, da quello che ho
sentito, non penso che
abbiano capito con che cosa
avessero a che fare
realmente e, per la mia
esperienza, posso dirvi che
non c'era nessuna procedura
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
di protocollo né di sicurezza
generale.
Quando sono arrivato mi è
stata data l’autorizzazione e,
con quella, ho avuto accesso
a tutta la messa in opera del
laboratorio.
Questo è il contesto
giusto per fare un po’ di
storia.
Per la cronaca,
nell'estate del 2006, un
Battaglione dell'esercito
degli Stati Uniti ha
scoperto manufatti
antichi mentre stava
pattugliando dei siti
antichi.
Poco dopo, a Londra, fu
creato un team di
scienziati mediorientali
per esaminare la
scoperta.
Giusto.
Come ha fatto a essere
coinvolto nel gruppo?
Ho ricevuto una visita da
parte di due uomini con
credenziali NSA.
Hanno cercato di spiegare la
posizione del governo con
termini piuttosto vaghi.
Voglio dire, ricordo che li
ascoltavo mentre parlavano
ancora e ancora, ma l'unica
cosa che mi venne in mente
fu: "meglio non rifiutare".
Non lo so, è stato tutto molto
intimidatorio.
Lasciami solo dire che
l’argomento era così
convincente da indurmi a
cooperare e all'improvviso
mi sono ricordato di quanto
avevo lavorato per la mia
posizione.
Non voglio dire che sono
stato minacciato.
Ma sicuramente la
sensazione è stata quella.
E’ andato a Londra?
Sì, quel giorno sono stato
prelevato da una macchina a
Newburg, New York e
imbarcato su un aereo
anonimo.
Non ho visto nessuna scritta.
Non lo so.
Io non so chi sbarcò.
Uh! sembravano militari.
Tutte le persone con cui
sono entrato in contatto
erano in tenuta da corvè.
Ma non riuscivo a capire di
quale sezione facessero
parte.
Non c’era nessun segno di
riconoscimento.
Erano tutti gentili e nessuno
rispondeva a nessuna delle
mie domande.
Tutto questo quando è
successo?
Sono arrivato a Londra il 3
luglio del 2006.
Lo ricordo perché era il
giorno che precedeva le
vacanze.
Inutile dire che i miei figli
non furono entusiasti del
viaggio di lavoro di papà.
Che cosa è successo
dopo?
Beh, erano quasi le 2 di notte
quando siamo sbarcati e
sono stato portato in una
residenza in città, credo.
Non sono molto sicuro della
posizione.
I finestrini erano scuri e lo
sportello della macchina era
stato riparato, quindi non
potevo vedere nulla al di
fuori della vettura.
La residenza era presidiata
da personale dell'esercito
britannico, questo era
chiaro.
Mi hanno scortato al British
Museum ogni giorno e, su
questo non ho dubbi, ho
fatto un sacco di lavoro al
British Museum.
Sono sicuro e, comunque, lo
saprei.
Cosa le chiesero di fare?
I miei primi due giorni sono
stati grandi!
E 'stata quasi come una
convention sul Vicino
Oriente.
Siamo stati riuniti in questa
residenza meravigliosa con
questa persona incredibile
(?) che stava facendo luce su
svariate discipline, e non mi
riferisco solo agli studi del
Vicino Oriente o alle lingue
antiche e alla letteratura.
Sto parlando delle scienze.
Sono in lingua, così il mio
lavoro è stato limitato
[censurato] a 2 frammenti
nonché alla verifica di 3 altri
frammenti.
Che cosa ha visto
esattamente?
Per quanto mi riguarda mi
sono occupato di 2
frammenti di tavolette
rinvenute all'interno di una
scatola di rame.
Ha visto la scatola?
Certamente.
Era molto pesante e molto
ben realizzata.
Non so, la dimensione sia
simile a quella di una
cassetta degli attrezzi media.
E qui c'è qualcosa di strano,
troppo strano.
Aveva uno splendore
penetrante e uno dei miei
colleghi, arrivato tre giorni
prima, mi ha detto che la
scatola è stata trovata così.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Tutto ciò stava causando un
clamore minore tra un sacco
di scienziati e, il giorno
dopo, fu installata una nuova
serie di protocolli.
Quella fu la fine della nostra
discussione, dopodiché non
fui più in grado di vagare da
una stanza all'altra nel mio
tempo libero.
Sono stato riportato alla
residenza e tenuto lì,
sostanzialmente, come un
prigioniero fino al giorno
successivo, quando
ricominciammo a lavorare.
Motivo dell'improvviso
cambiamento?
Penso che abbia a che fare
con tutte le discussioni tra i
membri del gruppo.
Ho avuto un incontro con
diversi signori [censura] una
specie di èlite (?).
Hanno detto che avevano a
che fare con un modello che
era diverso da ogni altro
modello che avevano mai
visto e l'idea di benzina o di
energia nucleare come valide
fonti di energia avrebbe
rappresentato una pulce
nell’orecchio.
Hanno detto che se il
modello avesse confermato
quanto ipotizzato, la vita
sulla terra così come la
conosciamo sarebbe
cambiata dal giorno alla
notte.
Come mai?
Beh, non ne sono proprio
sicuro.
Non so quali siano le
implicazioni di quello che
dicevano, ma alla fine, quello
era solo il mio secondo
giorno.
Il giorno dopo è quando
furono cambiati tutti i
protocolli di sicurezza.
Quindi ogni discussione
venne praticamente
conclusa, tranne che con i
membri di routine.
Allora siete stati
minacciati.
Non voglio dire questo.
Ma lo ha appena fatto.
Non in quei termini.
Pensa che volessero
fermare le fughe di
notizie?
Credo che, appena hanno
cominciato a capire
l'importanza del
ritrovamento, abbiano dato
un giro di vite a tutte le
informazioni.
Voglio dire, guarda quanto
successo hanno avuto.
Nessun membro del gruppo
è uscito dal protocollo.
E, guardami bene, sto
facendo tutto questo in
modo anonimo.
Voglio dire che è strano, non
ti pare?
Considerando tutte le fughe?
E’ stato minacciato?
Come ho detto prima, non
direi minacciato.
Tutti quelli che ho
incontrato sono stati molto
carini, ma, in tutto questo,
c’è stato un elemento di
freddezza.
Voglio dire, sembrava quasi,
almeno per me, che la
possibilità di dire di no,
semplicemente non esistesse
nemmeno.
Non puoi dire di no a questi
uomini.
Sono stati molto chiari e,
quando mia moglie e i miei
bambini furono
improvvisamente coinvolti
nella conversazione…
[incomprensibile] ho
cominciato a sentirmi
spaventato.
Voglio tornare su ciò che
ha detto in precedenza
circa il suo lavoro su
questi frammenti.
Ok.
Lei ha affermato che
sono stati, e sto
includendo anche altri
membri della vostra
squadra, tradotti 2
frammenti per verificare
la traduzione, e poi?
Ha verificato con gli
altri?
Giusto.
Sono stato membro di una
squadra di quattro e ci
hanno dato due frammenti
da tradurre e altri tre per
verificare, e sì, si potrebbe
dire controllare.
Sono propenso a pensare
che i frammenti sui quali ha
lavorato il nostro team siano
stati inviati ad altri per la
verifica.
Questo fa cinque
frammenti.
C'è di più.
Mi sta dicendo che lei ha
lavorato su tutti e cinque
i frammenti, non è vero?
Allora cosa?
Ho lavorato su un totale di
cinque frammenti, ma a
parte questo, non posso
andare oltre.
Ci può dire
qualcos'altro?
E’ stato pagato per la sua
collaborazione?
Si. Ho ricevuto 10.000
dollari per la settimana, che,
per me, è terminata un
giorno prima.
Mi ricordo che andai a
Londra il martedì e tornai il
lunedì seguente.
L’assegno era di un
conto del governo?
Come il Dipartimento
del Tesoro o della NSA?
Già, questo è un altro punto
interessante.
I 10.000 dollari erano stati
depositati sul mio conto da
una fonte anonima.
Quando ho cercato di
scoprire da dove veniva il
denaro, la mia banca ha
detto che non erano
autorizzati a parlare della
questione, citando i loro
vincoli di sicurezza.
Dissi che ero parte della
transazione, ma pare che
non avesse rilevanza.
Io [censurato] che sarei stato
ricompensato per la mia
partecipazione, ma anche il
deposito anonimo fu
scoraggiante.
C'è qualcos'altro che può
dirci?
E’ giusto.
Quattro frammenti sono
stati resi pubblici.
Non posso andare oltre.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Beh, io non voglio essere
ridondante.
Ho visto solo due frammenti
di queste tavolette, ma posso
dire che abbiamo a che fare
con qualcosa di
straordinario.
Scrittura cuneiforme
incassata, non scolpita, in
sottili blocchi in lapislazzuli?
Voglio dire, questo è
incredibile.
Abbiamo visto ogni tipo di
applicazione innovativa di
questa pietra preziosa, ma
mai l’abbiamo vista
utilizzata in questo modo.
E da quello che ho potuto
vedere con il mio lavoro è
evidente che i sumeri
utilizzavano tecnologie di cui
noi non sappiamo nulla.
Le serie (?) stratificazione di
lapislazzuli, lo dimostrano
chiaramente.
Non sappiamo come erano
fatti.
Sembravano di vetro
scolpito (?) infilati in pochi
centimetri di vetro (?)…
incassati, davvero.
Non so in quale altro modo
descriverlo.
Può dirci qualcosa sulle
caratteristiche artistiche
delle cosiddette
cianografie ritrovate?
Come ho detto, durante i
miei primi due giorni del
progetto, altri (?) membri
erano liberi di gironzolare,
ma improvvisamente tutto
questo finì.
Anche se ho già detto (?) sul
modello che è stato trovato,
sul concetto di una nuova
risorsa per lo sfruttamento
dell'energia, non posso dire
molto, davvero.
Ancora una volta, vorrei
precisare che sono stato
coinvolto solo per quanto
riguarda gli aspetti
linguistici del progetto così,
appena arrivarono i primi
risultati e la sicurezza
procedette [censurato],
diventammo letteralmente
confinati e così anche ogni
discussione sul ritrovamento
tra i membri del team.
PARTE II
Testo tradotto in lingua
inglese della Tavoletta in
lapislazzuli
La tavoletta del diluvio in cui
è nominato Ziusudra
Scoperta sumera:
Tavoletta 1
In accordo con i loro
desideri
Il trono della regalità era
stata portato giù dal cielo.
Diritti sono stati
perfezionati, ordinanze
Divine, sono state esaltate.
In luoghi incontaminati
cinque città sono state
fondate: la prima è Eridu, la
seconda Badtibira. Larak è
stata la terza e la quarta è
Sippar. La quinta città era
Shuruppak, di cui io,
Ziusudra, ero il re.
Questi erano i centri di
culto. Queste cinque città
sono state designate come
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
centri di culto.
Venne un clamore
dall’interno dei centri di
culto. Un clamore che
infastidì gli dèi.
Dopo che le città furono
distrutte, i centri di culto
furono distrutti.
Dopo il diluvio, la piena
inviata per coprire tutta la
terra, il distruttore della
vita,
E io, Ziusudra, sull’alto
picco di Nimush, organizzai
sette e sette conche per il
culto, colme di canne, cedro
e mirto e portammo l'offerta
al vertice per spargere
l'incenso in ogni direzione, e
gli dèi sentirono la dolce
fragranza.
Essi annusarono la dolce
fragranza e si
raggrupparono attorno
all'offerta come mosche.
Arrivò Belet-ili. Sollevò in
aria il grande ornamento
alato che Anu aveva fatto
nella sua foga.
"Io giuro per questa
preziosa collana di lapis,
Sarò memore di questi
giorni e non li dimenticherò
mai, mai! "
Quando Enlil arrivò, io e
mia moglie partecipammo
all'assemblea degli dèi.
Egli mi toccò la fronte e
quella di mia moglie
dicendo: "Fino ad oggi,
Ziusudra è stato un essere
umano.
Ora egli sarà conosciuto
come Utnapishtim e lui e
sua moglie diventeranno dèi
come noi. "
Poi siamo stati portati
lontano.
Alla fonte dei grandi fiumi
siamo stati portati.
Al Gihon, Pishon, il Tigri e
l'Eufrate.
In quel luogo lontano
dimorammo.
Lì, alla fonte dei quattro
fiumi possenti noi
dimorammo.
Al nostro arrivo lì, nel luogo
al di là di tutte le terre,
Enlil disse a me, a
Utnapishtim, egli disse,
"Tu, 'Il distante’, dovrai fare
il lavoro del tuo Signore EA.
Una volta la saggezza venne
da una sottile parete di
canne, tu farai lo stesso.
Prendi le indicazioni per
un’altra, una nave del tutto
nuova.
Incidile su tavolette di
lapislazzuli.
Incidile sulle tavolette
designate.
Poi mettile dentro una
scatola di rame su canne e
rami di cedro e mirto.
Trasferisci la conoscenza.
Condividi il benessere.
Mettile al sicuro, lontano,
nella città dell'eroe più
potente di tutti, che vide ciò
che era segreto e rivelò ciò
che era nascosto.
Ispeziona le fondamenta,
messe in opera dai sette
maestri con muratura in
mattoni cotti a forno. Vedi
com’è abbagliante, come il
rame al sole?
Sali le scale di pietra.
Guarda la terra che
racchiude.
Ammira i giardini, gli
spacci e i templi, tutti i
magnifici luoghi!
Identifica la pietra
angolare.
Guarda sotto. "
Ora, a quel tempo, in quei
giorni, il mondo era ancora
nuovo.
Quando Enlil portò via le
tavolette, le terre si erano
appena asciugate.
"Rifugio di canne, rifugio di
canne. Muro, muro.
Il rifugio di canne ascolta, il
muro riflette.
Demolisci le case. Costruisci
navi.
Abbandona i possedimenti.
Cerca la vita.”
Rinnega i beni materiali.
Mantieni l'anima viva.
Una nuova tempesta si
profila, tuttavia la pioggia
non scroscia ancora. Cade
un altro diluvio. Anche in
questo caso si scaglia sulle
terre.
Fa attenzione agli
avvertimenti e prepara la
traversata della tua
famiglia.
Trasferisci gioia nei cuori
umani.
Rifugiati nell’abbraccio di
Nibiru, il ritorno della luce
nel firmamento dei cieli. È
stato ... (illeggibile)
Fine della tavoletta.
Nel frattempo gli invasori
infuriavano
sulle persone testimoni
dell'orrore , gli invasori
infuriavano
(Illeggibile)
(Illeggibile)
Quando il brutto presagio
apparve nel deserto
gli usurpatori non vi
badarono.
(Illeggibile)
Lì, nel luogo di Dilmun
(Illeggibile)
(Illeggibile)
I grandi dèi si riunirono
I grandi dèi si riunirono a
Dilmun
(Illeggibile)
Ninhursag deteneva la
carica prima di Enki
(Illeggibile)
e il destino del popolo fu
definito.
Fine del frammento
Scoperta sumera:
Tavoletta 2
Dal primo assaggio,
quando per primo si
immerse sotto il manto
per il nettare nero del
firmamento, era destinato a
venire.
Secoli più tardi, arrivarono
nel modo più violento
possibile e distrussero i
modi dei vecchi.
(Illeggibile)
e il popolo e il paese fu
confinato nelle sue case.
Gli invasori combatterono
gli uni con gli altri
Gli invasori combatterono
per i bottini della terra.
Per il nettare nero.
Gli dèi guardarono
tristemente a ciò che la
gente stava facendo
e tennero un consiglio tra di
loro
per il rimedio
(Illeggibile)
(Illeggibile)
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Scoperta sumera:
Tavoletta 3
Era stato stabilito che le
nazioni sarebbero tornate.
(Illeggibile)
(Illeggibile)
Le nazioni degli uomini
sarebbero tornate al
grembo materno
a Nibiru, la dèa madre
eterna creatrice
(Illeggibile)
(Illeggibile)
(Illeggibile)
Gli Annunaki mandarono
via
mandarono dal cielo gli
Annunaki per la loro
creazione.
(Illeggibile)
An, Enlil, Enki e Ninhursag
creatori del popolo dalla
testa nera.
Fondatori di Eridu, Badtibira, Larsa, Sippar, e
Shuruppak.
(Illeggibile)
Le prime città che
fondarono.
(Illeggibile)
Questi erano i portatori
delle nazioni
gli uomini potenti e di fama
che espulsero i Nephilim
e stabilirono le ordinanze
del tempio divino, riti e
rituali,
(Illeggibile)
Queste erano le generazioni,
le nazioni delle moltitudini.
Queste moltitudini di
nazioni si riversarono
attraverso i cieli
(Illeggibile)
Gli Annunaki, An, Enlil,
Enki e Ninhursag
mandarono via i
messaggeri divini
(Illeggibile)
in attesa del ritorno, il
ritorno dei loro discendenti,
i creatori dell'uomo
aspettavano
(Illeggibile)
con cuori pesanti, carichi di
gioia essi aspettavano.
Scoperta sumera:
Tavoletta 4
Un nuovo diluvio si riversò
dai cieli, un nuovo diluvio
venne.
Con Dilmun alla loro destra
e il sacro Eridu alla sinistra
Gli Annunaki erano riuniti.
Tra i due luoghi puri, la
fonte di acque pure
Da dove Ghihon, Pishon,
Tigri e Eufrate scorrono
consacrando la terra e il
popolo in un bagno di
purificazione.
Queste acque pure, forza
sostenitrice della vita, si
stanno prosciugando.
I possenti fiumi sono in
secca
Ora, è la polvere a scorrere
in quei luoghi.
Laddove i fiumi possenti,
una volta scorrevano,
regna la polvere in quei
luoghi.
Marduk ha aperto il
cancello e i figli di Dilmun si
riversarono via
I figli di Dilmun,
I giovani uomini coraggiosi
di quella città pura
La città più brillante di tutte
venne
Uscì, mentre i figli di Eridu
preparavano la tavola
Recitavano gli incantesimi, i
riti dimenticati degli
antichi.
Radiante con le mani pulite
c’è Ninhursag
prima degli Anunnaki.
Con le sue mani pulite si
prepara, supervisiona i
preparativi per gli
incantesimi appropriati,
offerte e riti.
Nelle sue mani pulite doni di
cetrioli, mele e uva.
La prole, la creazione degli
Dei, l'assemblea, gli
Annunaki riuniti, per loro
ha preparato
tutto(illeggibile).
Le nazioni, le tribù della
terra si imbarcarono
mentre i quattro uomini
potenti trattenevano gli
incendi e i venti
In modo che nulla potesse
scuotere la terra.
Né il giorno né la notte, il
buio o la luce, né il silenzio
prevalse.
Fino a che le nazioni, le
tribù presero il volo.
Dalla terra le nazioni e le
tribù designate presero il
volo
Finchè una montagna di
fuoco emerse dal mare
Pulendo l'impuro,
inghiottendo il firmamento.
Fine della Tavoletta
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Scoperta sumera:
Tavoletta 5
*La Santa migrazione
attraverso i cieli,
gli Anunnaki riuniti,
gli dèi dell’ Apsu erano
riuniti nei luoghi sacri dei
vecchi e dei nuovi.
Ea, Ninki, Inanna e Utu,
Enlil accanto Ninlil, Adad
accanto Ninhursag.
Dea Madre, (illeggibile) il
saggio Mammi
somministrarono i diritti
divini, alla luce dei fuochi
consacrati
mentre il grembo della dea ,
Belet-ili era presente.
I fuochi ordinati, resi puri
con canne, cedro e mirto
ardevano nei luoghi
designati.
Sotto la vigilanza, la
gestione da parte di uomini
di fama, i progenitori
antichi,
gli antichi progenitori di
Umal amministravano i
fuochi ordinati.
Alle tre e due punti
(illeggibile) fece il
(illeggibile) i saggi fecero
un'offerta di farina.
Dopo il rituale del cerchio,
Umal, i suoi popoli e le sue
tribù, presero rifugio.
Alle tre e due punti, i luoghi
di (illeggibile) sulla strada
attraverso i cieli,
Umal, i suoi popoli e le
tribù, si lavarono le mani,
impararono i riti e i rituali
in questi luoghi (illeggibile)
durante tutta la santa
migrazione .
Là, in quei luoghi, Umal, le
nazioni della terra e le tribù
vennero nuovamente
purificate.
In quei luoghi, Umal fu
pulito con un bagno di
purificazione,
completamente immerso, ne
riemerse pulito.
Come i giovani di Dilmun
(illeggibile)
organizzò la nuova nave, le
nuove navi, le imbarcazioni
stabilite,
inscritto da Utnapishtim
alla direzione di Enlil, in
nome di Ea,
furono preparate nei luoghi
designati.
Alle due e tre punti
(illeggibile)
i giovani uomini coraggiosi
di Dilmun preparavano le
navi
per il (illeggibile) viaggio
attraverso i cieli, la santa
migrazione.
I giovani uomini coraggiosi
di Dilmun amministrarono
(illeggibile)
La seconda (illeggibile)
seguente (illeggibile), il
luogo del duro lavoro di
Umal preparato.
Abbondanza fu concessa
sulla terra e nei mari,
sementi, cereali e alberi da
frutta sono stati concessi
sulla terra e pesci di ogni
tipo nei mari.
Sotto il firmamento Umal
dovrebbe
(illeggibile…illeggibile...illeg
gibile) non andare.
Gli dèi dell’ Apsu, gli
Anunnaki riuniti hanno
decretato:
Per i cieli Umal dovrà
cercare il suo pane
e secondo le ordinanze
divine Umal dovrà trovare
la sua giustizia.
Umal non dovrà più
(illeggibile) nei luoghi sacri
designati.
PARTE III
L'ANALISI
L'intervista
Così come la traduzione
dell’intervista, così com’è
pubblicata, presenta alcuni
errori dovuti alla qualità del
video, anche per la
trascrizione sarà così.
Trovo significativo che lo
faccia, tuttavia, quando
viene letta, sembra quasi un
copione, come se fosse la
stessa persona, sia per la
domanda che per la risposta,
che utilizza una piccola
variante tra un tono alto e
una tono basso.
Si è portati a credere che
siano due persone a parlare,
poiché è un'intervista, ma
non credo che sia così.
Potrebbe essere che
l'intervista in realtà era
trascritta e questo
inserzionista di YouTube si è
fatto dare una mano per
tentare una rievocazione.
Oppure no.
Sinceramente non riesco a
dare altra spiegazione
diversa da questa.
All'inizio del video, si
afferma che le domande
sono state fornite da
"Tristero" che, casualmente,
è il nome dell'utente che ha
pubblicato il video per
primo, se si guarda sul suo
profilo.
Inoltre, lo stesso nome
“Tristero” sembra provenire
da un romanzo di Thomas
Pynchon intitolato "The
Crying of Lot 49", che parla
di un’organizzazione segreta
che manipola la psiche del
protagonista, riempiendola
di idee di cospirazionismo.
Durante tutto il corso della
storia, il personaggio
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
principale va avanti e
indietro tra il credere
nell'esistenza di Tristero, e
credere che esso sia solo una
grande bugia, ma trova
sempre prove per entrambe
le ipotesi.
Nei commenti, quasi come
una nota estemporanea
(forse per aggiungere un
senso di presagio),
ENLILSPEAKS dichiara che
“l'intervistatore"che ha
condotto l'intervista era
scomparso per due
settimane.
Io non capisco perché quello
che fornisce le domande è
stato libero di scrivere le
domande e pubblicare il
video su YouTube e
l'intervistatore anonimo con
la voce camuffata e nessun
nome sia stato fatto sparire.
Inoltre, se una persona
fornisce, consapevolmente,
domande a qualcuno che, in
seguito, scompare a causa
sua, quella persona non si
sente responsabile
abbastanza da farsi avanti e
dichiarare il suo nome e le
circostanze misteriose che
riguardano l'incidente?
Come, "Hey, ho appena
intervistato qualcuno su un
progetto top secret e adesso
non c'è più, io sono
probabilmente il prossimo,
ecco il suo numero di
previdenza sociale,
compleanno, ecc, e qui è il
mio e i miei contatti... "o
qualcosa di simile.
All'inizio del video, dopo che
è stato rivelato che le
domande sono state create
da Tristero, si dichiara che
l'incidente fa parte di un
Progetto di Black Book, e
non di un Progetto Black
Book.
Non so se questo è un errore
o meno.
Vuol dire, Progetto “Libro
Nero”, classificato come un
progetto militare/di difesa,
disconosciuto da parte del
governo?
Non riesco a dare un senso,
quindi suppongo che sia un
errore.
Il linguista dice che si
ricorda che è arrivato a
Londra il 3 luglio e se lo
ricorda perché il giorno dopo
era festa e i suoi figli erano
arrabbiati.
Questo è plausibile, ma
come è possibile che non si
ricordi la data perché è stato
portato a Londra in un aereo
militare non identificato
dopo essere stato circondato
da due funzionari della NSA,
bensì perché il giorno dopo
era festa?
Inoltre, se il suo obiettivo è
quello di mascherare la sua
identità, perché menziona i
figli?
Concede troppe
informazioni, è il presidente
di un reparto in una
prestigiosa università di
letteratura semitica e
egiziana, apparentemente
vive nella zona di New York,
ha figli e moglie, è stato
prelevato il 3 Luglio, arrivato
a Londra alle due del
mattino, ha lavorato per 6
giorni ed è stato pagato
10.000 dollari.
Queste sono un sacco di
informazioni!
Se sta cercando di
mascherare la sua identità e
salvare la sua carriera e la
sua famiglia, farebbe meglio
a cercare Bob Lazar e andare
ad una stazione tv.
Ha la documentazione
bancaria e la possibilità di
provare il viaggio stesso.
Un altro punto, il contenuto
del colloquio è stato scritto
prima che il contenuto della
traduzione sumera del
frammento 5 sia trapelato.
In quanto tale, durante
l'intervista, si fa riferimento
al frammento 5, ma il
linguista non vuole entrare
nel merito di ciò che il
frammento contiene.
Più che probabile, questo
perché l'intero incidente è
scritto e, se davvero avesse
saputo cosa conteneva il
frammento 5, lo avrebbe
dichiarato in modo
anonimo, proprio lì, per
provare veramente di essere
l’ipotetico linguista
arrabbiato.
In un'altra sezione del
colloquio, il linguista chiama
’benzina’ una ‘vitale fonte di
energia', il che sembra una
scelta insolita di parole.
Poiché i documenti sumeri
in questione contengono
riferimenti al 'nettare nero'
si potrebbe pensare che si
riferisca al petrolio o olio.
Egli afferma di essere
specializzato, ma la scelta
delle parole non torna.
Non è di 'benzina' che i
documenti sumerici parlano
o che si sta esaurendo nel
mondo… ma il 'nettare nero.'
Avrebbe dovuto pensare a
questo durante l'intera
intervista se fosse stato
legittimato.
E se fosse effettivamente
stato spalla a spalla con un
certo numero di scienziati
esperti di energia durante il
suo soggiorno a Londra,
avrebbe dovuto avere un
vocabolario molto più ampio
dovuto anche alla sua
specializzazione.
Sarebbe ragionevole, a
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
questo punto, respingere
questa intervista come pura
invenzione, ma il riferimento
a Thomas Pynchon mi
intriga molto, dal momento
che sembra essere una sorta
di occhiolino a quei creativi
specialisti di letteratura, che
lo percepiscono.
Generalmente, si ritiene che
il governo degli Stati Uniti si
imbarchi in campagne di
disinformazione create da
persone intelligenti con una
vivida immaginazione che
sanno a cosa si
attaccheranno le persone
come me e cosa
cercheranno; come i
marketer virali che
lavoravano con Trent Reznor
al suo album Year Zero quale miglior nome se non
Tristero?
E’ molto artistico.
Anche se ENLILSPEAKS
avrebbe potuto trovare un
espediente migliore, ha
scelto il nome del profilo più
calzante per le sue bugie.
Un altro colpo d’arte, sia
l'intervista che le tavolette
sumere sono interrotte l'intervista con un sibilo e la
tavoletta come “illeggibile” questo mi porta a pensare
che il colloquio è stato
progettato in questo modo
come una giustapposizione
intelligente.
Non darei credito al creatore
di questo post per questo
tipo di giustapposizione… se
non fosse, ancora, per il
riferimento a Thomas
Pynchon.
Poi, ancora, gli oscuri
riferimenti avrebbero potuto
essere fatti da me, quindi, sei
il benvenuto,
ENLILSPEAKS, per questa
forte rappresentazione del
tuo lavoro e la pubblicità
gratuita.
I Frammenti
A prescindere da tutto
questo, anche se il colloquio
fosse stato falsato da
qualcuno, come credo che
sia, questo non spiega il
contenuto effettivo delle
tavolette e la storia relativa
al personale militare che le
ha scoperte, la piccola storia
fornita permette di fare
numerosi collegamenti che
possono essere, almeno,
convalidati in qualche modo,
come sto per fare.
Prima di tutto, il 260°
Battaglione Quartermaster
era, in parte, dispiegato in
Iraq nel 2003 a Camp Cedar
I, subito dopo l'invasione e
poi trasferito a Camp Cedar
II vicino alla Base di Talil in
Iraq (secondo Wikipedia e il
sito web globalsecurity.org).
Generalmente offrono lo
stoccaggio, la distribuzione e
la sorveglianza dei prodotti
petroliferi.
Il logo di questa squadra
militare è "Il nettare per la
vittoria" che è scritto in
nero, ed è stato disegnato
nel 1967.
Lo stemma del 260° Battaglione
Quartermaster
Logo del 260esimo Battaglione
Quartermaster
Quando ho guardato il loro
logo, la mia prima reazione è
stata di stupore, non avevo
mai sentito parlare, prima,
del petrolio come ‘nettare’,
qui, oltre ad essere parte del
loro logo, era anche una
componente chiave delle
tavolette sumere che,
presumibilmente, il
Battaglione ha
personalmente scoperto
distruggendo un Humvee in
uno Ziggurat, per scoprire la
scatola di rame sotto una
pietra, o una qualche azione
del genere, ancora non è
chiaro.
Il fatto che abbiano
'scoperto' queste tavolette
che menzionano il nettare
nero e il nettare nero sia
parte del loro stemma
colpisce per l’estrema
intelligenza e bravura;
questo può essere visto come
una sorta di messaggio, o
segnale, almeno per i più
intelligenti, una qualche
altra forma di narrazione
onnipresente in un universo
pervaso da rumore del tutto
casuale.
Inoltre, tutto considerato,
questa tavoletta è
considerata una delle più
antiche e più intriganti mai
scoperte, incisa con qualche
tipo di tecnologia
soprannaturale, che fa
riferimento alla guerra per il
nettare nero che provoca
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
distruzione, se la guardiamo,
questa volta in modo giusto,
in funzione della presunta
distruzione della terra nel
2012 o attraverso una guerra
per le risorse, ci porta a
chiudere il cerchio.
La fine è l'inizio e l'inizio è la
fine, la nostra occupazione
del Medio Oriente, dove
tutto ebbe inizio, per trovare
qualcosa che ci avrebbe fatto
andare avanti, perfetto.
Ho difficoltà ad ammettere
che è accidentale, causato
solo da eventi del tutto
casuali.
Inoltre, un’organizzazione,
che ha il 'nettare' come parte
del suo stemma, che scopre
l'unico documento sumero
che fa riferimento a questo
'nettare' nero è solo… una
proiezione, sembrerebbe
implicare che la stessa sorte
avvenne ad una civiltà
precedente, per le stesse
ragioni.
Sono questi riferimenti nel
corso della storia che,
personalmente, mi
ossessionano perché
puntano all’intelligenza in
un mondo generalmente
considerato troppo stupido e
ingarbugliato.
Se questa "intelligenza" è
accidentalmente sostituita
alla realtà da parte di
persone che disegnano volti
nelle nuvole (io come
creatore)… o estratta da essa
(io come partecipe)… è solo
una questione di 50/50 che
ha più di una risposta; essa
può fornire un'infinità di
pensieri che portano queste
persone a girarsi i pollici in
continuazione.
La serie di eventi che
riguardano la scoperta delle
tavolette ha, tuttavia, un
senso.
La guerra in Iraq, istigata da
forze statunitensi e
britanniche, è generalmente
considerata una guerra per il
petrolio come opposizione
ad una guerra per i terroristi
o armi nucleari.
Allo stesso tempo, la si
considera una guerra per il
patrimonio mondiale.
L'aspetto sconcertante, che
fa perdere la testa alla
maggior parte delle persone,
è che se si tratta di una
guerra per il petrolio, perché
le forze americane
danneggiano così tanto gli
stessi giacimenti petroliferi,
e se si trattasse di una guerra
per il patrimonio mondiale,
perché "Camp Alpha "è stato
istituito in cima alle antiche
rovine di Babilonia, in
pratica distruggendo la
Porta di Ishtar, con i soldati
americani che riempivano i
sacchi per la sabbia con i
manufatti, e livellavano altri
settori trasformandoli in
aree di atterraggio e
parcheggi? (Danni a
Babilonia Antica).
Tutto ciò è stupido e caotico,
a meno che il caos non fosse
stato un atto intenzionale
per mascherare il vero scopo
della missione, sollevando
polvere e saccheggiando.
Così facendo, non sarebbe
una forzatura immaginare
che una serie di tavolette di
lapislazzuli effettivamente
venga scoperta e abbia preso
il volo per il British
Museum.
Voglio dire, non è forse una
forma di saccheggio,
finalizzata alla consegna dei
reperti sumeri al British
Museum?
E poi, non solo hanno preso
queste tavolette ma hanno,
intenzionalmente, nascosto
il fatto che essi abbiano agito
così e hanno negato di essere
in possesso di qualcosa - un
vero e proprio furto!
In un rapporto trovato sul
sito web del British Museum
a Londra dal titolo Una
valutazione dei siti
archeologici nel giugno
2008: Il progetto angloiracheno, troverete i
riferimenti a questo “danno
da saccheggio" che il British
Museum, prova ad
affrontare.
Essi lo chiamano
precisamente “danno da
saccheggio e abbandono”, i
siti esposti devono essere
protetti da nuovi, invadenti e
diaboliche le forze,
suppongo.
Devono essere costruite
nuove recinzioni, gli edifici
devono essere riparati a
causa delle loro ‘condizioni
di deterioramento’.
Be', sì ... Tutte le cose così
vecchie sarebbero
deteriorate e la riparazione
dovrebbe essere effettuata
dopo che i militari abbiano
riempito i loro sacchi di
manufatti e reperti.
C’è bisogno di fondi per le
riparazioni, in quanto le
forze interne hanno distrutto
i luoghi santi sumerici,
oppure sono necessari
perché devono essere
cancellate le tracce di un
finanziamento?
L’incontro al Museo per
discutere di queste cose è
stato presenziato dal
Generale Maggiore Barney
White-Spunner, che è stato
informato della necessità di
'proteggere' i confini della
zona appartenente, in
passato, ai Sumeri.
Tutto ciò mi sconcerta, visto
che, verosimilmente, è stato
proprio l’esercito a causare i
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
danni maggiori e non i
saccheggiatori.
Inoltre, è proprio il British
Museum che ha la più
massiccia collezioni di
manufatti sumeri e
frequentemente paga
ricercatori per rivedere e
restaurare i ritrovamenti;
per me, questo è un esempio
di forze di 'oscuramento',
soprattutto quando solo
risultati precedentemente e
accuratamente selezionati
sono condivisi con il
pubblico, quelli, cioè, che
dicono poco o quasi nulla.
Come risultato, si può
semplicemente vedere tutto
questo in due modi: le
intenzioni del British
Museum e delle forze
militari britanniche e
americane sono oneste, sono
stati fatti errori e, per
rimediare ad essi, hanno
bisogno di finanziamenti.
Oppure… le loro intenzioni
sono dubbie e il danno che è
stato commesso è colpa loro,
in quanto hanno cercato di
fare cose dettate da qualche
altra forza maggiore.
A me, sembra che i governi
dovrebbero proteggere la
verità sulle origini dell'uomo
a tutti i costi, invece di
cercare indizi su tali origini.
Tenere le persone
nell’ignoranza.
Nascondere le armi ancora
fumanti.
Come?
Mandandovi persone che
creino confusione,
soldatucoli e quindi
personale di pulizia - tutto
eseguito per conto di una
potenza superiore attraverso
il denaro di chi paga le tasse,
i contribuenti che non
ricevono alcun beneficio
diretto.
Perché?
Per quale scopo?
Forse le chiavi per scoprire
la ragione per cui viene
inflitta l’ignoranza alle
masse si trovano proprio nei
presunti documenti
trapelati.
(http://en.wikipedia.org/wi
ki/Umm_al_Binni_lake).
Considerando che i
frammenti sembrano
denominare "Umal" come il
luogo in cui le tribù della
terra sono state "purificate"
il legame tra questo luogo e,
in particolare, le origini
dell'uomo, è stupefacente.
L'Epopea di Gilgamesh
stessa (il cui nome in
cuneiforme è rappresentato
come una fiamma e una
ciotola scavata) inizia con
l’ordine di trovare una
scatola di rame che contiene
la narrazione di quanto
accaduto prima del diluvio:
Tavoletta contente l'epopea di
Gilgamesh
La maggior parte dei
documenti sembrano essere
frammenti dell’Epopea di
Gilgamesh e della Lista dei
re sumeri, con alcune
aggiunte e
infiocchettamenti.
In fin dei conti, lo studio del
suo contenuto non è stato
uno spreco di tempo, anche
se il modo in cui i frammenti
sono stati raccolti può essere
o non essere vero.
Perché l'Epopea di
Gilgamesh è tra le prime
opere note di scrittura
letteraria, conservata in 12
tavolette, incluso il racconto
del diluvio, narrato da
Ziusudra.
Inoltre, vi sono prove
archeologiche che
sostengono l'idea che
Gilgamesh avrebbe potuto
essere un vero regnante nel
XXVII secolo a.C. che, più o
meno, è lo stesso periodo in
cui si presume che un
“meteorite " si sia schiantato
nelle basse paludi della
Mesopotamia nel lago Umm
al Binni in Iraq
Egli, che ha visto tutto,
voglio far conoscere (?) alle
terre.
Insegnerò (?) su di lui che
ha vissuto tutte le cose,
... allo stesso modo,
Anu gli concesse la totalità
delle conoscenze del tutto.
Ha visto il segreto, scoperto
il mistero,
ha portato informazioni su
(il tempo) prima del diluvio.
E’ partito per un lungo
viaggio, spingendosi
all’esaurimento,
ma poi è stato portato alla
pace.
Ha inciso su una stele di
pietra tutte le sue fatiche,
e costruito il muro di UrukHaven,
il muro del sacro tempio di
Eanna, il sacro santuario.
Guarda la parete che brilla
come il rame (?),
ispeziona la sua parete
interna, il cui calibro
nessuno può eguagliare!
Prendi in mano la pietra di
soglia - che risale a tempi
antichi!
Vai vicino al Tempio di
Eanna, la residenza di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ishtar,
che nessun re o uomo ha
mai eguagliato!
Sali sul muro di Uruk e
cammina in tondo,
esamina le sue fondamenta,
ispeziona accuratamente i
suoi mattoni.
Non è (anche il nucleo di)
una struttura fatta di
mattoni cotti al forno
e i Sette Saggi non hanno
essi stessi esposto i loro
piani?
Una associazione di città, di
giardini di palme, di
pianure, l’area aperta (?)
del tempio di Ishtar,
tre confederazioni e la zona
aperta (?) di Uruk (il muro)
include.
Trova la scatola di rame
delle tavolette,
apri il ... della sua chiusura
in bronzo,
sfai il fissaggio della sua
apertura segreta.
Prendi e leggi sulle tavolette
di lapislazzuli
come Gilgamesh ha
superato ogni difficoltà.
Gilgamesh ed Enkidu
Leggere questo passaggio
dopo aver preso visione dei
presunti documenti scoperti
di recente ci 'apre gli occhi’.
L'idea di una scatola di rame
contenente i segreti delle
nostre origini non è nuova…
infatti, la ritroviamo nel
passaggio di apertura di una
delle prime opere note
all'uomo.
Inoltre, il fatto che Uruk
(Warka) sia stata nelle liste
definitive dei luoghi da
visitare dal team che doveva
svolgere opere di restauro
attraverso il British
Museum, è intrigante, in
quanto non esclude la
possibilità che la scatola sia
stata effettivamente trovata
e che una pulizia debba
essere fatta.
Si dovrebbe pensare però
che, dopo la scoperta del
poema di Gilgamesh a metà
del XIX secolo, le indicazioni
per trovare la scatola di
rame erano già state seguite
da un gran numero di
aspiranti Indiana Jones,
specialmente da quelli con
autorità sui siti specificati,
così se c'è o non c'è verità nel
racconto delle nuove
tavolette è ancora da vedere.
Inoltre, l'idea di creare una
'capsula temporale' di rame
e metterla sotto la pietra
angolare degli edifici è una
pratica dei liberi massoni
(oggi ormai una prassi
generale) e si dovrebbe
supporre che, poiché si
tratta di un rituale che risale
a molti anni fa, le persone
che sono state portate a far
rivivere questo rituale lo
hanno fatto per un motivo.
I massoni, o uno dei loro
predecessori, forse, hanno
trovato una di queste scatole
di rame molto tempo fa e
hanno mantenuto il segreto
sul contenuto oppure questa
è realmente la scatola di
rame che cercano da
sempre?
Indipendentemente da ciò,
molte cose sono spiegate
nella Tavoletta 1, la quale è
una ricostituzione e una
rivelazione dell’inizio
dell’Epopea di Gilgamesh
riguardante le origini
dell'uomo.
Ma perché una ‘scatola di
rame‘?
Perché, al contrario, è il
ferro all'interno di una
meteora che è considerato
come le "ossa" dei Re dello
spazio, secondo una ricerca
condotta da Adrian Gilbert
nel “Mistero di Orione”, ed è
un trono di ferro che Osiride
stesso usa, non di rame.
Il rame è stato considerato
un metallo di origine
terrestre.
Si potrebbe pensare, quindi,
che dovrebbe essere una
scatola di ferro a racchiudere
le informazioni all'interno
della capsula del tempo, non
di rame, a meno che il fatto
che sia di rame stia ad
indicare le origini terrestri e
non extra-terrestri.
L’importanza dell’utilizzo del
‘rame’ si arricchisce ancora
di più quando si viene a
conoscenza di Tubal-Cain, il
presunto nome del primo
metallurgo, il suo nome è la
parola segreta del maestro
massone.
Tubal-Cain era un
discendente di Caino
attraverso Lamech e Zilla
che, nella Bibbia, ha
inventato la lavorazione sia
del ferro che del rame, al
fine di perseguire i piaceri
del corpo.
Il ferro, considerato come le
'ossa', o la storia, degli dèi e
il rame considerato come le
'ossa', o la storia, dell'uomo.
Poiché Gilgamesh era
considerato per 2/3 un dio e
per 1/3 uomo, questa
potrebbe essere la
rivelazione di qualunque
cosa esso sia stato o una
rivelazione dei suoi tratti
genetici condivisi.
Ma cosa è successo a questo
rame e a questo ferro?
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Dalla prima tavoletta
(ricostituita dall’Epopea di
Gilgamesh, per cui abbiamo
a che fare con un testo non
falsificato):
Rifugio di canne, rifugio di
canne. Muro, muro.
Rifugio di canne ascolta, il
muro riflette.
Demolisci la casa. Costruisci
una nave.
Abbandona i possedimenti.
Cerca la vita.
Rinnega i beni materiali.
Mantieni l'anima viva.
Se mi è permesso dare una
mia interpretazione, le
canne (o ancia o strumento
munito di ancia), in questo
caso, sono utilizzate per
scrivere il testo cuneiforme
di questa epica.
Esse costituiscono, inoltre,
la composizione delle case
nelle paludi della
Mesopotamia.
Questo è poetico per me,
quando dice ‘vivi la storia
della tua vita’.
Ascolta il ‘rifugio di canne’
nella stessa frase di 'il muro
riflette' sembra dire "ascolta
la storia della tua vita e
utilizza il muro per
registrarla per una
riflessione futura "o
qualcosa di simile, e, dato
che la scatola di rame della
'capsula del tempo' è
depositata sotto la pietra
angolare del muro, questo
assume un senso.
La lingua ebraica è scritta in
modo che ogni lettera vada a
rafforzare il significato della
parola, perché le parole
codificate qui in cuneiforme
non dovrebbero fare lo
stesso?
Inoltre, abbattere la propria
casa e costruire una nave è
mentalmente e brutalmente
affascinante per me, in
quanto si può leggere in
modo da creare una
fantastica proiezione in così
tanti livelli.
Demolire la casa e costruire
una nave sembra implicare
la morte del corpo, la morte
del passato lasciando, come
unica superstite, solo
l‘anima.
Si può anche interpretare
che qualunque cosa sia stata
ad atterrare qui, è stata
demolita e utilizzata come
materia prima, il che non
sarebbe stato possibile senza
sopravvissuti che hanno
lasciato i loro beni affettivi al
passato, cioè al luogo dal
quale sono venuti.
Se si rimane legati ai beni
(beni materiali), l'anima
muore, cosicché lasciare
andare il passato sembra
essere un atto essenziale per
la reincarnazione dell'anima
dell'uomo.
L’interpretazione di ‘nave
spaziale’ qui è praticamente
inevitabile dal momento che
il ferro si dice essere
provenuto da Marte e il
rame da Venere.
Gli dèi vengono da Marte,
l’umanità da Venere.
Le divinità sono di Marte,
l'umanità è di Venere.
Gilgamesh è per 2/3 ferro e
per 1/3 rame.
Per la maggior parte Dio e in
parte uomo.
In quanto tale, non posso
evitare la giustapposizione di
un evento reale e di uno
potenzialmente accaduto.
Si tratta di un crollo dei due,
con Gilgamesh al suo centro.
La lista dei Re sumeri ha le
stesse caratteristiche.
Persino gli studiosi di oggi
non riuscirebbero a
determinare quali aspetti di
Gilgamesh sono reali, quale
aspetto della Lista dei Re
sumeri è reale, quali aspetti
del lavoro di Omero sono
reali e questo aspetto
archeologico della realtà mi
attrae per diversi motivi.
La confusione è
incrementata da questa
sequenza nel nuovo testo
della Tavoletta n°5:
In quei luoghi, Umal è stato
pulito in un bagno di
purificazione,
completamente immerso, è
riemerso pulito.
Cosi come i giovani di
Dilmun (illeggibile)
organizzavano la nuova
nave, le nuove navi, le
imbarcazioni previste,
Inscritte dal Utnapishtim
sotto la direzione di Enlil, in
nome di Ea,
sono state preparate in quei
luoghi designati.
Umal è il luogo di una
possibile e inspiegabile
'caduta di un meteorite’ in
Iraq, all’incirca durante lo
stesso periodo in cui si pensa
che l'Epopea di Gilgamesh è
stata scritta.
E' stato scoperto dopo che le
paludi cominciarono ad
essere prosciugate da
Saddam Hussein a partire
dal dicembre del 1992.
Quello che un tempo era
ricoperto ora è un letto
asciutto al quale è stato dato
il nome di Lago di Umm al
Binni che fece parte di un
ampio studio dell’Università
di Witwatersrand a
Johannesburg
(http://www.itc.nl/library/P
apers_2004 / tech_rep /
woldai_umm.pdf).
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nel 2001 trovò notorietà in
quanto si credeva che nelle
paludi lì vicine si fosse
schiantato un meteorite e
che ciò potesse dare una
spiegazione al diluvio
biblico.
Tuttavia, da tutto ciò è sorto
un mistero, in quanto il
cratere del sito stesso ha una
'forma poligonale', la quale
differisce notevolmente dalle
forme irregolari dei laghi
circostanti.
Quella del meteorite è solo
una teoria, ma ci sono
ancora molti misteri.
"Le nuove immagini del
lago asciutto mostrano un
aspetto del lago molto
asimmetrico: la metà
meridionale ha margini
dritti e smussati al lati del
poligono, mentre nella metà
settentrionale questi sono
più irregolari.
La parte sud-orientale del
cratere è circondata da una
serie di zone concentriche
dentellate, che,
apparentemente, sono simili
a una coltre da espulsione
provocata da impatti
recenti di strutture terrestri
e non.
Tuttavia, il materiale da
espulsione è totalmente
assente nella metà
settentrionale della
struttura di Umm al Binni.
Se il suo aspetto è dovuto
all’impatto di una meteora,
allora dovrebbe essere
circondato dalla stessa
coltre su tutti i lati, a meno
che non sia il risultato di un
impatto con un angolo
molto basso e obliquo o una
parte della coltre sia stata
erosa".
Quindi, ciò che abbiamo qui
sono linee poligonali rette e
una coltre di materiale da
espulsione, che si estende
solo in un'unica direzione
invece che in tutte.
La spiegazione di tutto ciò
potrebbe essere che la
meteora (o forse una
navicella?) sia arrivata con
un angolo estremamente
basso e sia sprofondata
nelle paludi.
Quale spiegazione potrebbe
esserci per le linee rette
poligonali del cratere se si
dovesse considerarla una
struttura piuttosto che una
meteora?
Più avanti nella relazione,
"Le immagini ad alta
risoluzione mostrano la
presenza, in una zona che
era paludosa solo fino ad un
decennio fa, di un paese o di
un possibile insediamento,
circa 4 km a est-nord-est
della struttura di Umm al
Binni, dal quale partono
sentieri per tutte le
direzioni, probabilmente
causate da tracce di animali
domestici".
Dilmun, forse?
E, comunque, che cosa vuol
dire la parola 'Dilmun'?
Nella cultura mesopotamica,
Dilmun è citato come un
luogo di 'materie prime e di
rame’.
In questo contesto, il rame
significherebbe la memoria
delle passate culture
dell'uomo, poiché è questo
rame che viene utilizzato per
costruire capsule del tempo
nelle quali si registra la
preistoria dell'uomo sotto le
pietre angolari dei templi
sacri.
Le materie prime potrebbero
essere state costituite dai
materiali restanti di
qualcosa che è atterrato.
Perché?
Ricordate questa frase:
Demolisci la casa.
Costruisci una nave.
Abbandona i possedimenti.
Cerca la vita.
Rinnega i beni mondani.
Mantieni l'anima viva.
Considerate, per esempio,
cosa farebbe l'uomo se fosse
costretto a fuggire su Marte.
La nave verrebbe riciclata e
utilizzata come materia
prima per vivere nel nuovo
ambiente.
Sì, sarebbe stato doloroso,
ma se la terra fosse distrutta,
potete facilmente
immaginare il dolore
dell'anima che riempie le
vostre vene, ma spetterebbe
comunque a voi.
Distruggereste la vostra
nave, con le lacrime che vi
rigano il viso, sacrificando
quelle merci 'ultraterrene'
allo scopo di mantenere viva
l'anima dell’uomo.
Dilmun è anche descritto
come "il luogo dove sorge il
sole".
Forse un nuovo inizio?
L'alba di un nuovo giorno?
È anche il luogo in cui,
secondo l’Epica di Enki e
Ninhursag, è stata fatta la
creazione.
Tutte queste cose si
aggiungono ai tempi di
scrittura dell’Epopea di
Gilgamesh.
La caduta di qualsiasi sia
stata la cosa venuta sulla
terra con un angolo basso
aveva angoli poligonali
fortemente marcati e ha
fornito le materie prime nel
nuovo ambiente estraneo.
Così abbiamo un impatto, le
tavolette sostengono che è la
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
nascita di una nuova civiltà,
le scoperte archeologiche
provano la nascita della
civiltà, le prime opere
letterarie, così come la prima
struttura sociale di potere
che l'uomo conosca.
Ancora più intrigante,
abbiamo i fiumi Tigri e
Eufrate che sembrano tube
di Falloppio e tutta la zona
che assomiglia
figurativamente all’apparato
riproduttivo di una donna.
L’area della meteora può
facilmente essere
immaginata come l'area di
incubazione in cui giaceva
un uovo, così come si
sviluppa nel grembo
materno prima di essere
espulso.
Si tratta di pure coincidenze
o qualcosa di più?
Come se non bastasse,
abbiamo trovato questa frase
nelle nuove tavolette:
Tra i due luoghi puri, la
fonte delle acque pure
Da dove Ghihon, Pishon,
Tigri e Eufrate scorrono
Consacrando la terra e il
popolo in un bagno di
purificazione.
Queste acque pure, forza
sostenitrice della vita, si
stanno prosciugando.
I possenti fiumi sono in
secca
Ora, è la polvere a scorrere
in quei luoghi.
Laddove i fiumi possenti
una volta scorrevano,
regna la polvere in quei
luoghi.
E adesso abbiamo
l'equivalente della vita reale
che mi dà i brividi anche
adesso che lo leggo per la
decima volta, soprattutto
perché è stato fatto nella
stessa zona citata dalle
tavolette:
Saddam prosciuga le paludi
arabe: gli scienziati temono
che le storiche zone umide
dell'Iraq troveranno la
distruzione nel giro di 10 o
20 anni; dice Andrew North
E' stato a causa di questo
prosciugamento che è stata
scoperta la posizione del
Lago Umm al Binni e le sue
distinte linee poligonali.
Un ritorno alle nostre
origini.
La vita è un cerchio dal
momento che la 'scatola di
rame con le tavolette di
lapislazzuli' è stata aperta e
noi riscopriamo le nostre
origini.
Per un ulteriore confronto
mozzafiato, guardate un
disegno sumero di
Gilgamesh e la forma e la
configurazione del cratere e
del terreno circostante:
Google Maps
Dal momento che un segnale
di intelligenza in un
'accidentale e casuale
universo' si comincia a
costruire uno schema, non
riuscite a vedere questo
schema che si manifesta in
modo propositivo davanti ai
vostri occhi?
A questo proposito, è
necessario chiedersi, perché
mai il governo degli uomini,
gestito da un gruppo di
persone distinto, che non
sembrano curare gli interessi
del genere umano, tiene una
cosa simile solo per sè?
Perché nascondere le
proprie origini?
Anche se pensate che le
nuove tavolette siano
contraffatte, c'è da chiedersi,
e se tutta la nostra storia
fosse stata contraffatta in
questo stesso modo?
Questo 'schianto’ avvenuto
nelle paludi della
Mesopotamia intorno al
2700 a.C. sembra essere sia
un evento immateriale
(fittizio) che un evento
materiale.
Nella meccanica quantistica
moderna, come pure nel
pensiero new age, questo
tipo di cose viene
considerato come un
collasso della funzione
d'onda... ciò che rende un
universo possibile, un
universo probabile.
Ed è stato fatto
intenzionalmente.
Siamo nati con un’amnesia
sia come entità singolari che
come popolazione.
I custodi dei segreti delle
nostre origini sono un club
esclusivo.
Questi sono i segreti celati (e
ora rivelati) degli dèi
provenienti dal cielo, come
si sono integrati con
l'umanità e come hanno
lavorato per mantenere la
loro linea di sangue pura.
Tengono questi segreti per
sé.
Le loro risorse per fare ciò
sono illimitate, in quanto
essi sono in grado di
produrre quelle risorse,
senza conseguenze e non
abbiamo la più pallida idea
di come fermarli.
Noi compriamo le loro
merci, usiamo il loro denaro,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
andiamo nelle loro chiese,
preghiamo i loro dèi... e
costruiamo i loro canali,
nella speranza di poter
nutrire la nostra famiglia su
terreni che non saranno mai
nostri, usando il denaro che
è sempre svalutato, con il
nostro eterno sudore e le
nostre infinite lacrime.
Quelli che vedono la vita in
questo modo sono
considerati i teorici della
cospirazione.
Non è un segreto che la
verità sulle nostre origini ci è
stata tenuta nascosta.
Cercate di ricordare cosa
eravate prima di questa vita
in modo da poter affermare
personalmente questa verità.
E anche se non credete in dèi
in carne ed ossa, a livello
mitologico, i risultati sono
gli stessi.
Appena il 'nettare nero' della
terra sarà finito, torneremo
agli ultimi giacimenti per
nutrirci, mentre la nostra
civiltà e i nostri corpi
crolleranno sotto il peso
dell’età e dell‘usura.
La rappresentazione frattale
di noi stessi è pertanto
riflessa all'interno della terra
stessa e non esiste una cura
per la nostra morte o la
morte del nostro pianeta, se
non quella di costruire una
nave e andare via, perché è
la morte stessa che equivale
al collasso.
Possedere la morte stessa ci
permette di chiamare a noi
l’artefice stesso della morte.
Dovete chiedere a voi stessi:
se io fossi Saddam,
prosciugherei una zona
paludosa?
Dovete chiedere a voi stessi:
se fossi un militare,
riempirei sacchi di sabbia
con artefatti e abbatterei
muri di una città antica per
fare un eliporto?
Le vere intenzioni di queste
attività sono celate
dall’arroganza dell'uomo,
ma questi atteggiamenti
strafottenti sembrano avere
un fine che va oltre il
materiale... come se fossero
rievocazioni di una storia
pianificata, proprio come
sono già stabilite le
traiettorie delle stelle.
Saddam è un attore, così
come George Bush era un
attore, una marionetta legata
ad uno spago.
Le persone sono educate a
credere che è la
reincarnazione il segreto
degli dèi; per me, il vero
segreto sembra essere come
si possa collassare la
funzione d'onda in
particelle, come rendere
puramente fantastici mondi
che si fondono in una
sostanza.
Questo si è verificato
nell’epica di Gilgamesh e
questo stiamo vivendo
ancora oggi.
Saddam ha recitato la sua
parte nel racconto per
completare la storia con il
prosciugamento delle paludi
e la riscoperta delle nostre
origini a Dilmun e il
deposito di Umm al Binni.
Si tratta di un 'crollo' che
rende l'immateriale,
materiale sia per le civiltà
che per le particelle.
Si tratta di un crollo di noi
stessi che dobbiamo
guardare oltre fino al
momento in cui saremo
infettati da qualcosa di
esterno, dando alla nostra
coscienza una forma confusa
di infinito nella storia di
qualcun altro.
I racconti della
reincarnazione, delle luci
alla fine del tunnel, di
ricorsione, sembrano
intrappolarci in questa vita
così come in quella
successiva.
Non so come questo posto
sia stato costruito, se non
attraverso una serie di
menzogne e di morti.
Non riuscite a vedere questo
racconto, immateriale e
materiale allo stesso tempo,
coincidere sulle mappe
dell’Iraq?
Questo non è solo il racconto
della nostra storia, gente!
Esso è stato contagiato da
una intelligenza esterna che
è per il 50% costruita su un
livello molto più elevato.
Essi ci forniscono il
linguaggio, le verità, i miti, la
nostra conoscenza, i nostri
soldi.
Noi, pertanto, non siamo in
grado di avere un pensiero,
senza usare ciò che loro ci
forniscono.
Essi ci forniscono i racconti,
le ricompense, gli organi, il
nostro sviluppo genetico e
tengono le chiavi segrete del
collasso per loro.
I nostri corpi sembrano
essere stati progettati
intenzionalmente per
riprodursi, per lavorare e per
fornire un sistema che ci
impedisca di liberarci dalla
dipendenza, come se
sbattessimo la testa contro i
muri della nostra prigione.
Essi curano la nostra
coscienza per tenerci qui.
Inoltre, le lezioni che i nostri
corpi tentano di darci hanno
lo scopo di confondere e,
come un cervo davanti ai fari
di un’auto, una volta confusi,
non ci rimane scampo.
Quindi pensiamo che le
persone non siano
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
abbastanza "logiche",
abbastanza "emotive",
abbastanza pratiche o nonpratiche.
Dividiamo i nostri pensieri,
da soli, ma non vinciamo.
Essi vincono proprio
attraverso questa
separazione che noi
stupidamente cerchiamo di
emulare... loro, con i loro
incroci di alberi genealogici
puri.
Questi, ai quali una volta
abbiamo cercato di porre
fine.
Arrivarono inondazioni e,
quando tutto fu finito,
abbiamo raccolto i cedri del
Libano (discendenti dalla
genealogia degli uominidèi), li abbiamo portati in
cima alle montagne, rivestiti
di mirto (richiami per la
rinascita), di canne
(appartenenti alle storie
delle nostre vite passate),
bruciati come offerta,
mentre pregavamo qualche
dio, un qualsiasi dio, di
ascoltare le nostre grida e
rispondere alle nostre
chiamate per la
misericordia.
Per favore, abbiamo
pregato… dacci un altro
modo, un'altra terra, un'altra
nave, qualsiasi cosa, ma non
questo.
Salvaci da noi stessi.
Qualcuno è venuto.
Qualcuno ha risposto.
E ancora una volta, ci è stato
dato un ordine: costruite
una scatola di rame con ciò
che rimane, una capsula del
tempo di segreti, sotterratela
sotto la pietra angolare,
tenetela nascosta, proteggete
i misteri... e ricominciate da
capo, tutti voi,
nell’ignoranza, un‘altra
volta.
Voi, andate a sinistra, voi,
andate a destra.
Ci deve essere un qualche
ordine qui intorno.
Io proteggerò i vostri segreti.
Li terrò al sicuro.
Io solo saprò dove sono
sepolti.
Io solo terrò le chiavi della
connessione che l’uomo ha
tra i discendenti rossi ed i
discendenti blu, seduti sulle
corna di Gilgamesh,
attraverso le ruote eterne del
tempo intrise di nettare nero
costituito da materiale
scuro, organico e morto.
Importante
aggiornamento
13/09/2009
Queste due nuove immagini
mi sono state inviate da
Chris Darnell, e potrebbero
aiutare a capire chi è
veramente coinvolto con la
costruzione e/o il vero
recupero ed il conseguente
insabbiamento dei fatti.
Vi sottometto le prove in
modo da permettervi di
analizzarle.
Lo stemma del Vaticano:
Tutto ciò può essere solo una
serie infinita di coincidenze?
Non ne ho idea, ma scoprirlo
sarà un altro dei miei umili
sforzi.
Io non sono uno studioso,
ma detesto vedere storie
come questa, ignorate.
Qui c’è un'autorità che sta
giocando con gli schemi.
Ma chi e perché?
Se tutta questa faccenda è
ancora un’altra messa in
scena, tanto di cappello al
ciarlatano!
Ha attirato la mia attenzione
e, se avete letto tutta questa
storia, ha attratto anche la
vostra.
Notate le chiavi.
Perché sono le stesse che si
trovano nel logo del 260°
Battaglione Quartermaster,
che ha presumibilmente
scoperto (saccheggiato) gli
artefatti che rivelano le
nostre origini?
E perché San Pietro
impugna chiavi simili?
Credo che se possiedi entrambe
le chiavi del regno, puoi fare
tutto ciò che diavolo vuoi.
Jeff Behnke, autore di questo studio tematico,
oltre che blogger è un ricercatore indipendente;
collabora con il sito Paranormalnews.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Life after Life
pag.111
Insegnare la vita
Noemi Stefani
Gli Angeli continuano ad
insegnarci la vita e qui di
seguito trascrivo quello che
Loro desiderano portare alla
vostra conoscienza.
Sono due Serafini che con
grande amore e inifinita
pazienza si rivolgono a noi che
vogliamo imparare e evolvere.
Eppure questa vita non sarebbe
così difficile da capire.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Quando siamo nel dubbio,
quando ci troviamo in difficoltà,
basterebbe soltanto chiedere il
loro aiuto, chiedere di agire
secondo la Volontà che tutto
regola nell'Universo.
Basterebbe leggere queste
poche righe, che nella
generosità del Padre e nel Loro
intento di portarci verso il bene
hanno voluto lasciarci.
-Bisogna cambiare E' Serafino che si rivolge a noi…
“AVE…
Amati…
Certe volte la vita non è come
voi la vorreste.
Mentre pensate a questo, noi vi
suggeriamo cosa potete fare
per far cambiare le cose.
Avete mai sentito quella parte
di voi sussurrare…
Sentite quando vi viene detto
‘Fermati! Saresti perduto, non
lo fare perchè costerà tanto
caro…’.
L'avete sentito?
Sentite quando la vita vi
propone cambiamenti, come
siamo lì a suggerire, come
siamo vicini a voi per
sollevarvi dalle pene, sempre vi
siamo accanto… sempre!
Ma sarebbe meglio non vedere,
non sapere quello che accade
perchè per noi è difficile stare a
guardare.
Possiamo soltanto tentare di
addolcirvi la vita, tentare di
sollevarvi il cuore, di mettervi
su nuovi orizzonti, per voi
servirebbe vedere oltre.
Se soltanto il vostro sguardo si
potesse irradiare oltre a quei
confini limitati, gli errori non
accadrebbero.
Pensate che sarebbe meglio
sapere o meglio ignorare certe
realtà?
Da parte nostra il conoscere è
perdere la possibilità di
operare e poter salvare le
anime sconfitte.
(Infatti gli Angeli non possono
interferire con il nostro
destino, che rimane il nostro
libero arbitrio)
Siamo sempre pronti ad
accorrere, chiamate e saremo
lì, pensateci e sarete sollevati,
non ignorate la notra
presenza.
Se ci escluderete allora anche
noi avremo fallito, falliremo
insieme.
Per questo vi dico
AVETE LA POSSIBILITA' DI
CAMBIARE, AVETE IL TEMPO
PER CAMBIARE,
SEMPRE SARETE AL CENTRO
DELLA NOSTRA ESISTENZA!
METTETEVI AL RIPARO DA
QUANTO SI PREANNUNCIA
TENETEVI STRETTI A COLUI
CHE TUTTO CREA…
AVETE POSTO NEL SUO
CUORE,
AVETE TUTTO E NON LO
SAPETE.
Sopra di voi è già stato tutto
preparato per guarirvi dalla
vostra indolenza.
State pronti, attivi e non temete
il peggio.
Nemmeno serpi saranno
schiacciate per ora.
Portatevi sopra con la mente,
noi siamo lì
AMEN”
Noemi Stefani, sensitiva e
ricercatrice della storia delle
religioni, indaga da più di 20
anni nel
paranormale ricevendo
numerose conferme alle sue
tesi. Le sue esperienze l’hanno
portata a visitare i posti più
misteriosi e ricchi di
spiritualità della terra. Ha
preso parte a convegni con
tematiche riguardanti “ la vita
oltre la vita “ facendo da
tramite per le persone che
erano in attesa di risposte e
conferme dall’aldilà. Ha tenuto
conferenze, intervenendo
anche a trasmissioni radio
(RTL 102,5) e televisive
(Maurizio Costanzo show).
Purtroppo questi messaggi
serviranno soltanto a quelli che
in tutta umiltà saranno disposti
ad ascoltare e ad aprire il loro
cuore al cambiamento.
Cambiate quindi!
Non pensate che l'umiltà sia
una virtù dei deboli, degli
sconfitti.
L'umiltà apre tutte le porte,
poichè è soltanto ascoltando
che si potrà imparare e
progredire.
Ed è a nome di tutti loro che ti
dico GRAZIE Serafino, grazie
Angelo del Signore.
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Documenti
pag.113
Le divinità
da una sola gamba
2010 © David Amore
“... per voi e per altri popoli solo
recentemente la vita si è arricchita con
le lettere e con le altre necessità culturali
poiché, ancora una volta, dopo il solito
periodo di anni, i torrenti celesti si sono
riversati come una pestilenza, lasciando
vivi soltanto gli uomini più rozzi e
analfabeti. Così, avete dovuto
ricominciare come i bambini, ignoranti
di tutto quanto esisteva nei tempi
antichi, qui o nel vostro paese...”
Platone, Timeo
Davide S. Amore
SULLE TRACCE
DEI “POPOLI
DEL MARE
Introduzione
Nel corso dei nostri studi
storico-religiosi eravamo più
volte incappati in vari indizi che
ci facevano ragionevolmente
supporre la probabilità sempre
più consistente del fatto che,
perlomeno, alcuni contatti fra le
due sponde dell’Atlantico – o
cambiando prospettiva del
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Pacifico, anche se la prima
ipotesi ci sembra la più
convincente per le ragioni che
esporremo in seguito – si
fossero avuti e stabiliti
parecchio tempo prima di
Colombo.
Il testo, per noi fondamentale,
che ci aprì gli occhi su tale
prospettiva fu Il mulino di
Amleto di H. von Dechend e G.
de Santillana, dove viene
dimostrato – ormai si può dire
senza ombra di ragionevole
dubbio, tranne che per gli stolti
– come il corpus mitologico,
specialmente in ambito
cosmogonico, delle varie
popolazioni del mondo,
sottenda e derivi da un vero e
proprio codice linguistico
veicolante particolari
informazioni di carattere
astronomico sulle cause di vari
sconvolgimenti planetari
rimasti, evidentemente,
impressi nella memoria
collettiva dell’Umanità intera32.
Ma presto c’iniziammo a
rendere conto che c’era ben
altro…
Il contributo più importante
offerto dal libro della Dechend e
de Santillana è la scoperta e la
spiegazione di alcune
convenzioni tecnico-linguistiche
dirette a codificare ed a
veicolare nella mitologia le
osservazioni astronomiche, in
particolare, del moto
precessionale della Terra.
Le implicazioni derivanti dalla
lettura de Il Mulino di Amleto ci
portarono subito a investigare
fra i vari miti dell’Umanità per
constatare di persona ciò che ci
veniva offerto, ma l’ipotesi
iniziale, e cioè che il linguaggio
comune dei miti derivasse
semplicemente
dall’osservazione di uno stesso
fenomeno, ci sembrò
quantomeno riduttiva.
Tramite opportune
comparazioni, peraltro già
descritte dai nostri autori, le
analogie risultanti mostrano il
prodotto di un linguaggio ben
preciso, per certi versi anche
complesso, che difficilmente
sembra il prodotto casuale di
diverse comunità giunte alla
stessa conclusione, ma, semmai,
l’eredità di un’antica e
presistente cultura “globale”33.
Il grande storico delle religioni
rumeno Mircea Eliade, che fra le altre
cose ha curato l’introduzione del
Mulino, era personalmente convinto
della validità dell’impostazione dello
studio in questione.
33 Convinzione rafforzata anche dal
fatto che nelle stesse mitologie delle
popolazioni prese in considerazione vi
è quasi sempre uno o più riferimenti
32
Questa ipotesi, che si andava
rafforzando sempre più nella
nostra mente col trascorrere
degli anni e delle ricerche, prese
nuovo vigore quando in seguito
c’imbattemmo quasi per caso,
attraverso riviste del settore,
nelle ricerche di “frontiera” del
prof. Domenico Raso, il quale
partendo da presupposti
completamente diversi, di
carattere paleograficoarcheologico e filologico, arriva
ad ipotizzare l’esistenza, in un
lontano passato prediluviano, di
una cultura e,
conseguentemente, di una
civiltà comune dominante le
due sponde dell’Atlantico – e
forse anche oltre – che egli
definisce con il termine di
“Popoli del mare”, e li battezza,
in onore ad Omero, Pelasgi34.
A questo punto pareva che
questa proto-cultura da noi
ipotizzata stesse finalmente per
materializzarsi dopo millenni di
oblio, e leggendo le traduzioni
offerte dal Raso dei reperti
paleografici da lui studiati,
sembrava proprio che questi
leggendari “popoli del mare”
fossero da identificare negli
ipotetici autori del “codice
nascosto” dei miti: in
particolare alcuni schemi
astronomici e narrativi ci
parevano identici35.
Inoltre un altro importante
fattore ha attirato la nostra
attenzione durante la nostra
comparazione storicomitologica, vale a dire il fatto
che le diverse divinità, o
ad una “patria perduta”, in seguito ad
una catastrofe naturale o ad una
“punizione divina”, dalla quale
provenivano i loro antenati o, in
alternativa, i loro “eroi culturali”.
34 V. Odissea, XIX canto: “...όι διόι
πελαςγόι...”.
35 Anche se, a dire il vero, questo filone
di ricerca è agli inizi e quindi non
possiamo dare al momento dettagli
più precisi, che comunque saranno
oggetto di prossime pubblicazioni
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
presunte tali, descritte nei miti,
quasi sempre hanno le stesse
caratteristiche fisiche e/o
caratteriali e vivono le stesse
vicende – fattore peraltro
anch’esso già individuato in
parte dagli autori de Il Mulino
di Amleto.
Ed è proprio ad una di queste
incredibili somiglianze che il
presente contributo è
consacrato.
Aziza: il Re della foresta
Figura 1
Nigeria meridionale
La tradizione dell’etnia Urhobo
della Nigeria (fig. 1)
comprendeva un vario ed
affascinante pantheon,
comprendente voluttuosi spiriti
d’acqua, materne allevatrici,
figure d’incomparabile
saggezza, compassionevoli
guaritori, potenti protettori,
cosmiche madri di liberazione e
varie forme di divinità
femminili.
Fra gli Urhobo le divinità
presiedevano a nascita,
agricoltura, prosperità,
longevità, arte, musica, magia
d’amore e pratiche occulte.
Vi erano divinità che offrivano
protezione da epidemie, morsi
di serpente, demoni,
maledizioni, morti premature
ed ogni mortale pericolo, e vi
sono persino divinità che
offrono aiuto ai praticanti in
ricerca di conoscenza,
purificazione mentale, rinascita
a un livello superiore e pieno
risveglio spirituale.
Ad ogni modo sarebbe a dir
poco semplicistico pensare che
tutto ciò fosse solo mero caos.
Vi era difatti un ordine ed una
struttura dietro a
quest’apparente infinita
profusione di divinità, più di
quanto ogni mente ragionevole
potrebbe esigere.
Nel remoto passato, ancor
prima della creazione del
mondo, diverse divinità si
scagliarono attraverso il cosmo
in una vertiginosa effervescenza
di gioia; erano i Signori della
Velocità, “i rapidi nel
movimento, i falconi di luce, la
causa della straordinaria
perplessità nella foresta urhobo,
agili e brillanti”, come ebbe a
puntualizzare una volta un
anziano della tribù36.
Fra questi spicca la figura di
Aziza, una divinità nota per
scatenare la sua rabbia e la sua
furia su chiunque susciti la sua
ira o osi metterlo alla prova.
La storia di Aziza mostra uno
degli aspetti più enigmatici
dell’evoluzione del sentire
religioso degli Urhobo, poiché
una divinità di tale status ed
elevatura, e che sembrava
candidata per conservarla,
improvvisamente perdeva la sua
importanza fra gli uomini fino a
non avere quasi più adepti al
giorno d’oggi. Ciononostante,
ancora in diverse aree del
territorio urhobo, infiniti
racconti di terrore sono
intrecciati attorno a questa
potente divinità.
In alcune zone si crede che
Aziza abbia una sola gamba ed
una sola mano,
V. O. J. Tonukari, Aziza: King of the
Urhobo Forest, in www.urhobowaado.org, Abraka 2000, pag. 2.
Ukrobogbowovo o EbereOhwo37, una sorta di goblin che
non può essere visto fisicamente
tranne quando decide di
apparire in forma corporea a
chicchessia.
Un eroe fra i più rari, una sorta
di sapiente mago che può agire
decisamente e rapidamente.
È descritto come “l’efficace in
azione, il potere del movimento,
colui che si muove con fierezza
sui suoi sentieri”.
Egli usa la sua immensa
conoscenza non solamente per
aiutare se stesso ma anche per
alleviare le umane sofferenze.
Secondo un altro anziano “noi
siamo come un granello di
sabbia nelle mani di Aziza.
Ciò perché di solito Aziza porta
con sè uno specchio con il quale,
in un gioco di destrezza, riesce
ad attirare la nostra ombra
vicino a lui, indifferentemente
dalla distanza.
A questo punto egli guarda
dentro i nostri cuori per vedere
se le persone che si trovano a
passare attraverso il suo
territorio abbiano cattive
intenzioni o meno.
Se anche uno di essi covasse
malevoli intenzioni, allora Aziza
spingerà il suo bastone nel
terreno e ciò lo porterà nei
pressi di quella persona.
Difatti egli vaga nella foresta in
questa maniera.
Egli fa ciò che è bene e ciò che è
male.
Egli fa del male ai malvagi e fa
del bene ai buoni.
Se tu ti ostini a tagliare l’albero
dov’egli dimora, egli farà in
modo che uno dei rami cada su
di te…”38.
Recenti studi hanno evidenziato
che Aziza era un dio sensuale,
con mogli e figli.
Aziza è l’araldo dell’alba, il
signore del fugace stato
36
37
38
Ibid., pag. 3.
Cfr., Tonukari, Aziza, pag. 4.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
transitorio fra la notte e l’alba39,
un ulteriore attributo della sua
grande velocità.
È stato anche fortemente
identificato come dio della
soglia, guardiano del sacro e
delle rare volte che alti livelli di
coscienza possono essere
raggiunti attraversando i confini
che li limitano.
Questo peculiare aspetto del suo
potente potere è riconosciuto
nel folklore urhobo tutte le volte
che Aziza viene definito “il re
della foresta così come della
terra”40.
In alcuni racconti è raffigurato
come una divinità nera che
prende qualsiasi cosa porti quel
colore e che detesta ogni cosa
che sia rossa41.
Era altresì sostenuto che Aziza
fosse il dio della gelosia e della
difficoltà, che non voleva che la
gente andasse a lavorare i campi
durante i periodi di festa e i
giorni di mercato; in tali giorni
egli considera tutti i campi di
sua proprietà.
In altre zone si crede che Aziza
cammini o viaggi in un insieme
di luci: appena percepisce o
apprende il passaggio di
qualcuno nei suoi territori in
piena notte, appare e riappare
minacciosamente in uno
sfavillio di luci multicolorate,
dondolando in qualsiasi
direzione il malcapitato giri o
corra; e questo non per uccidere
o infierire ma perché gode
immensamente nello
spaventare coloro i quali osano
passare nel suo territorio di
Molto probabilmente identificato
nella “Stella del Mattino”, ovvero il
pianeta Venere.
40 Cfr., Tonukari, Aziza, pag. 4.
41 Ciò è all’origine del fatto che i
cacciatori urhobo ancor’oggi, per
scaramanzia, non si azzardano mai a
portare un cane nero con sè, pena il
fallimento della caccia, o peggio la
perdita del cane.
39
notte42.
Gli Urhobo della zona di Agbon
sostengono tenacemente che
Aziza possiede un bastone al
posto della gamba monca che,
ovviamente, egli porta
dappertutto; tale bastone è una
delle sedi del suo potere e il suo
oggetto più prezioso.
Un’altra sede del suo potere
giace nei suoi lunghi, intrecciati,
filamentosi capelli, Ogberagha,
di cui molti sostengono che
possano essere usati per diverse
cose meravigliose.
Questi capelli hanno tre
notevoli caratteristiche:
rimangono sospesi in aria se
gettati via, non affondano in
acqua e possono muoversi da
soli come serpenti, e difatti a
quest’ultimi erano associati.
Gli anziani del luogo riportano il
fatto che, nonostante Aziza
abbia una sola gamba, ha
l’abitudine di far sì che il
terreno tremi e vibri ogni
qualvolta che egli si trovi a
passare attraverso un villaggio
situato vicino alla foresta.
In tutta la loro storia gli Urhobo
hanno avuto la tendenza di
descrivere Aziza come una
torreggiante, imponente figura,
una sorta di gigante indossante
un indumento bianco ed
immacolato; inoltre fino ad oggi
è visto come una divinità
associata ai venti, in particolar
modo alle trombe d’aria, e ciò
poiché per mostrare i segni
della sua presenza terrificante a
chiunque fa in modo che gli
alberi inizino a girare
vorticosamente accompagnati
da suoni assordanti43.
Fin qui le caratteristiche della
divinità ancora sopravvissute
all’opera d’oblio del
Cristianesimo, e dei suoi
missionari, che attualmente
risulta essere la religione di
42
43
Cfr., Tonukari, Aziza, pag. 6.
Ibid., pag. 8.
maggioranza della popolazione
urhobo contemporanea, e tali
notizie sarebbero rimaste in un
file del nostro computer se non
fosse stato per una nota
intravista quasi casualmente su
Wikipedia alla voce “Urhobo” (e
in seguito stranamente fatta
sparire44 – tant’è che la
ribattezzammo la “nota
fantasma”) destinata a fungere
da campanellino d’allarme e
causa prima dell’impulso a cui
deve il presente contributo.
Attraverso l’Oceano…
La figura di Aziza così come
descritta poc’anzi ci sembrava
vagamente e stranamente
familiare, quasi una sorta di
deja-vu, ma non ci facemmo
subito caso all’inizio.
Fu la “nota fantasma” a
ridestare il ricordo sopito in noi:
un documentario metereologico
sugli uragani, visto sul National
Geographic, dove, fra le altre
cose, si spiegava anche l’etimo
della parola; “uragano” infatti
proviene dallo spagnolo
huracàn, a sua volta derivante
dal nome Hurakan,
traslitterazione del termine
quiché-maya Jun Raqan.
Ma la cosa più singolare, e che
spiegava quindi il mio senso di
deja-vu, è che questa parola
tradotta letteralmente significa
“una gamba”45!
Ciò a conferma di un sospetto che da
tempo chi come noi usa Wikipedia
come trampolino di lancio delle
proprie ricerce andava covando, e cioè
che il portale sia veicolo di un sapere
‘addomesticato’ pronto a censurare
qualsiasi nozione considerata ‘eretica’,
anche se ben documentata. Ad ogni
modo la suddetta nota citava
testualmente a proposito di Aziza “...cf.
the Aztec Tezcatlipoca, the Maya
K’awil or God K, and the Carib
Huracàn for similarities...”.
45 Il che veniva spiegato dagli autori
del documentario grazie alla
caratteristica forma del tornado che
44
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Andammo quindi a verificare il
perché di questa particolare
coincidenza, senza immaginare
minimamente che di lì a poco
avremmo scoperto che non la si
poteva considerare più una
semplice coincidenza, o
quantomeno non una sola.
Nella mitologia maya Jun
Raqan era il dio del fuoco, del
vento e delle tempeste e,
secondo il Popol Vuh46, una
delle quattro divinità che
parteciparono a tutt’e tre i
tentativi di creazione
dell’Umanità47.
Fu la causa anche della “Grande
Inondazione”48 e pare che
sembra, appunto, “su una gamba”.
Spiegazione che personalmente
consideriamo di una banalità
sesquipedale e tipica di una visione
etnocentrica che vede le popolazioni
mesoamericane alla stregua di
bambini ritardati.
46 Lett. “Libro della Stuoia”. Per la
traduzione ci siamo serviti di A. J.
Christenson, ed. Popol Vuh: Literal
Poetic Version: Translation and
Transcription, Norman 2004; per il
commento invece L. Spence, The
Popol Vuh: The Mythic and Heroic
Sagas of the Kichés of Central
America, London 1908. Secondo il
Christenson la “stuoia” era una
comune metafora maya per indicare la
regalità (come da noi il “trono”) e
l’unità della nazione.
47 V. M. Miller e K. Taube, An
Illustrated Dictionary of the Gods and
Symbols of Ancient Mexico and the
Maya, London 1993, 2003, pag. 134.
Cfr. Spence, The Popol Vuh..., pagg.
218-219, 232.
48 Una sorta di Diluvio Universale
mandato per punire la seconda
generazione di uomini per la loro
mancanza di devozione. Cfr. Spence,
op. cit., pag. 219, dove: “...to supply
the deficiency the divine beings
resolved to create mannikins carved
out of wood. But these soon incurred
the displeasure of the gods, who,
irritated by their lack of reverence,
resolved to destroy them. Then by the
will of Hurakan, the Heart of Heaven,
the waters were swollen, and a great
flood came upon the mannikins of
wood. They were drowned and a thick
resin fell from heaven…”. V. anche
abitasse le foschie ventose che
aleggiavano sulle acque prima
della creazione, in un regno
celeste chiamato Cuore del
Cielo49.
Figura 2
Donna catturata dalla gamba di
serpente del ‘Dio K’
(Ceramica Maya, Periodo Classico)
Il suo nome, inteso nel senso
letterale di “una gamba”, lo
pone in relazione con un’altra
divinità maya – o forse la
stessa? – raffigurata
nell’iconografia del periodo
classico e postclassico: il “Dio
K” (fig. 2), divinità del fulmine
rappresentata con una gamba
umana e con l’altra a forma di
serpente50; e guarda caso in un
passo del Popol Vuh Jun Raqan
è chiamato “il Serpente Forte” e
“Colui che Lancia con Violenza
Al di Sotto”, in riferimento alla
Popol Vuh, ed. Christenson, pag. 5 e
segg.
49 Nel racconto lo stesso termine è
usato a volte come una sorta di titolo
per Jun Raqan, cfr. Popol Vuh, ed.
Christenson, pag. 7.
50 V. D. A, Freidel, L. Schele, J. Parker,
Maya Cosmos: Three Thousand Years
on the Shaman's Path, New York 1993,
pagg. 199-200. “Dio K” è la
designazione proposta da SchellhasZimmermann-Taube su base
iconografica, v. K. Taube, The Major
Gods of Ancient Yucatan, pag. 25.
Come attestato dal Codice di Dresda
sarebbe da identificarsi, almeno a
partire dal XVI sec., con Bolon Tzacab,
mentre altri propongono, attraverso
una lettura ideo-pittografica dello
stesso, il nome di K’awiil, cfr. D.
Stuart, Ten Phonetic Syllables, 1987,
pagg. 13-16.
sua presenza nei fulmini51.
Inoltre alcuni studiosi
suggeriscono che il nome possa
anche tradursi con “gigante”52.
Non ci fermeremo in questa
sede ad indagare il ruolo di Jun
Raqan nel contesto del Popol
Vuh, e della mitologia dei Maya
in generale, e poiché era stato
più che altro il nome della
divinità ad attirarci come api sul
miele su tale circostanza ci
orienteremo quindi ad indagare
le origini mito-storiche di tale
figura.
Figura 3
Caraibi e Mesoamerica
L’ipotesi più accreditata è che
tale nome derivi dal dio della
tempesta delle varie etnie native
dei Caraibi (fig. 3), Caribi ed
Arauchi in testa, Juracàn53.
Ciò implica, ovviamente, non
solo che quest’ultima figura sia
da considerarsi più antica, e
anche di parecchio date le
distanze, della quasi omonima
divinità quiché-maya, ma
sottintende anche, presupposto
che tali figure abbiano
un’origine comune piuttosto che
derivino da una divinità ancor
Cfr. Spence, The Popol Vuh…, pag.
248.
52 Ibid., pag. 248, anche se le prove
presentate a favore non sono del tutto
convincenti.
53 V. K. A. Read e J. Gonzàlez,
Handbook of Mesoamerican
Mythology, Oxford 2000, pag. 200.
Va notato come i Taìno delle Grandi
Antille pongano la dimora di questa
divinità, al pari degli Urhobo con
Aziza, in una foresta pluviale a loro
sacra chiamata El Yunque!
51
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
più antica54, una diffusione a
partire dalle coste atlantiche, da
Occidente.
Un’altra ipotesi, però, darebbe il
merito dello sviluppo della
mitologia quiché-maya, e più in
generale di tutta la loro civiltà,
al contatto che quest’ultimi
ebbero con i Toltechi55, e ciò
sarebbe provato dalle infinite
somiglianze e similitudini che si
possono ritrovare nel pantheon
dei loro più diretti discendenti:
54 Gli indizi per presupporre un’origine
del maya Jun Raqan dal caribico
Juracàn, o quantomeno un’origine
comune dei due, sono diversi:
innanzitutto sia il primo che il secondo
nome significa, nelle rispettive lingue,
come già ricordato, “una gamba” o “su
una sola gamba”, in secondo luogo
ambedue presiedono alla tempesta o
sono associati ad essa, sono raffigurati
nell’immaginario delle popolazioni
indigene pressappoco alla stessa
maniera ed infine entrambi hanno a
che fare con un grande diluvio, il quale
avrebbe cancellato le antiche genti che
popolavano le terre prima delle attuali
popolazioni; cfr. Read & Gonzalez,
Handbook of…, pag. 200 e segg.
55 Il Payne nel suo History of America,
vol. II, pag. 373 e segg., ci ha
ampiamente chiarito che il luogo
d’origine dei Nahuatlaca (gruppo
etnico da cui discendono tanto i
Toltechi quanto gli Aztechi) era situato
nella Columbia Britannica. Il celebre
studioso è convinto che questi
occupassero una posizione
meridionale a quella occupata dagli
Athapasca, e che molto probabilmente
furono il primo popolo nordico ad
entrare in contatto con le tribù
coltivatrici di mais. La notorietà di
questo cereale, ne dedusse Payne, si
diffuse rapidamente fra le popolazioni
settentrionali e li indusse ad affrettare
la loro colonizzazione del Meridione
d’America, ma a dir la verità non ci
sembra sufficiente come incentivo per
delle popolazioni nomadi e cannibali
avverse ad una vita di agricolo lavoro.
Ad ogni modo l’intera questione delle
migrazioni americane in epoca
preistorica, e della graduale
civilizzazione grazie al mais delle
popolazioni che si stabilirono nel suo
habitat, è pregevolmente discussa in
W. J. Magee e C. Thomas, The History
of North America, Philadelphia 1908,
vol. XIX.
gli Aztechi.
La figura di Jun Raqan infatti
trova un’impressionante
parallelismo con la divinità
azteca chiamata Tezcatlipoca.
Era una figura centrale nella
religione di questa civiltà, uno
dei quattro figli di Ometeotl, il
dio supremo, ed era associata ad
un’ampia gamma di concetti fra
cui il cielo notturno, il vento
notturno, gli uragani, il Nord, la
terra, l’ossidiana, l’inimicizia, la
discordia, il dominio, la
divinazione, la tentazione, i
giaguari, la stregoneria, la
bellezza, la guerra e il conflitto.
Il suo nome in lingua nahuatl è
spesso tradotto come “Specchio
Fumante”56 e allude
all’ossidiana, materiale con cui
venivano fatti gli specchi nella
Mesoamerica e che era usato
per rituali sciamanici.
Aveva molti titoli che
sottolineavano i diversi aspetti
della sua divinità: Titlacauan
(Siamo i suoi Schiavi),
Ipalnemoani (Colui dal quale
abbiamo vita), Necoc Yaotl
(Nemico di Entrambe le Parti),
Tloque Nahuaque (Signore del
Prossimo e del Vicino), Yohualli
Èecatl (Notte, Vento), Ome
acatl57, Ilhuicahua Tlalticpaque
(Padrone del Cielo e della
Terra)58.
Figura 4
Tezcatlipoca
Nell’iconografia azteca (fig. 4) è
di solito raffigurato con delle
stisce gialle e nere dipinte sulla
sua faccia e spesso viene
mostrato con la sua gamba
destra rimpiazzata da una sorta
di bastone sormontato da uno
specchio d’ossidiana o da un
serpente – un’allusione al mito
della creazione azteco in cui si
racconta di come egli perda la
sua gamba combattendo contro
il Mostro della Terra.59
Alcune volte lo specchio è
adagiato sul suo petto ed altre
volte del fumo uscirebbe da tale
specchio.
Il nagual di Tezactlipoca, la sua
controparte animalesca, era il
giaguaro e il suo aspetto
“giaguaresco” era la divinità
Tepeyollotl (Cuore della
Montagna).60
Conclusioni
Da quanto potevamo capire,
analizzando le sole divinità
Per una discussione delle diverse
interpretazioni del significato del
nome Tezcatlipoca v. G. Olivier,
Mockeries and Metamorphosis of an
Aztec God – Tezcatlipoca, “Lord of the
Smoking Mirror”, Colorado 2003,
pagg. 14-15.
57 Questo nome, che deriva dalla sua
data di nascita, in azteco “2 Canna”, e
che è il primo giorno dell’anno azteco,
è talvolta contratto in Omacatl.
58 Per un elenco degli epiteti di
Tezcatlipoca e il loro significato v.
Olivier, Tezcatlipoca..., Cap. 1.
56
In uno dei resoconti aztechi sulla
creazione Quetzalcoatl e Tezcatlipoca
unirono le forze per dar vita al mondo.
Prima del loro atto c’erano solamente
le acque e un coccodrillo mostruoso
chiamato Cipactli. Per attirarlo
Tezcatlipoca usò la sua gamba come
esca e Cipactli la mangiò, quindi le due
divinità lo catturarono e lo
deformarono in modo da farne terre
emerse tramite il suo corpo, cfr. Miller
e Taube, Gods and Symbols..., pag.
164.
60 Ibid., pag. 164.
59
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
mesoamericane di cui sopra, e
comparandone figure e ruoli,
sembrava di trovarci di fronte
ad un caso di diffusione di una
figura mito-storica, originatasi
in una particolare regione
dell’area da una civiltà remota,
per poi essere passata di tribù in
tribù, di popolazione in
popolazione, di civiltà in civiltà
che, dal canto loro, vi hanno
aggiunto precipue
caratteristiche più o meno
diverse, forse per meglio
identificarla nell’ambito del loro
reciproco sistema culturale.
O potrebbe valere anche
l’ipotesi opposta: in altre parole,
utilizzando una metodologia
analoga a quella della
comparazione linguistica,
attraverso il confronto delle
diverse peculiarità delle divinità
amerindie sovracitate potevamo
ricavarne una proto-figura o
una proto-divinità,
testimonianza di una civiltà
scomparsa e a noi sconosciuta –
ma che potrebbe aver lasciato
traccia di sé nel mito – da cui
esse parrebbero esserne
derivate.
Se poi aggiungevamo a tutto ciò
quello che avevamo scoperto a
proposito della divinità
nigeriana precedentemente
trattata, allora la seconda strada
ci appariva ai nostri occhi la più
sensata61.
I personaggi che via via
trovavamo conservati nei
pantheon di culture e civiltà così
distanti nello spazio e nel
tempo, rivelavano
caratteristiche ed attributi
talmente simili che sembravano
riferirsi ad una stessa figura.
Eravamo partiti dalla figura di
Aziza, per poi ritrovare quasi le
Senza considerare che se
confrontavamo la figura di
Tezcatlipoca con quella di Aziza ci
pareva di trattare quasi della stessa
divinità, tali sono le caratteristiche
comuni!
61
stesse caratteristiche dall’altra
parte dell’Oceano Atlantico, nei
Caraibi, e più ci addentravamo
all’interno del continente e più
ritrovavamo le stesse peculiarità
in Juracàn, Jun Raqan,
Hurakan, persino nel “Dio K”
della tradizione maya classica;
fino a quando, con nostra
immensa sorpresa, una volta
trovatici al cospetto del dio
Tezcatlipoca – che fra le altre è
anche la figura più “recente”, e
quindi meglio documentata – ci
sembrava di esser tornati al
principio del nostro cammino,
al punto di partenza delle nostre
ricerche, un po’ come un
serpente che si mangia la coda.
Come abbiamo accennato
poc’anzi ci sembrava possibile,
comparando i vari aspetti delle
divinità mesoamericane,
ricavarne la figura di una
“proto-divinità”, e questo
perché credevamo più logico
pensare ad un classico
fenomeno di diffusione di tale
figura primordiale.
Le difficoltà, però, erano date
dal fatto che più rifacevamo il
percorso a ritroso, più
ritornavamo a quella che era la
nostra supposta zona d’origine,
e più le testimonianze e le fonti
riguardanti tale divinità si
facevano scarse.
Ma d’altronde ciò era solo
un’apparente contraddizione in
quanto la miglior
documentazione, di norma, è
associata ad un più elevato
grado di civiltà e ad una
maggior disponibilità di fonti: e
il popolo azteco fu
indubbiamente il più studiato
dai cronisti e missionari
spagnoli dall’epoca della
Conquista in poi.
Nulla di più facile che anche le
altre divinità da noi esaminate
avessero le stesse caratteristiche
di Tezcatlipoca, solo che il
tempo e la trasmissione orale
fecero in modo che venissero
tramandate solo le
caratteristiche più “importanti”,
con la conseguente perdita dei
vari dettagli62.
Inoltre più paragonavamo
ulteriormente la figura di Aziza
a quella del “ProtoTezcatlipoca/Jun Raqan”, da
noi ricavato, e più la nostra
ipotesi pareva rafforzarsi:
entrambi avevano una sola
gamba; presiedevano ai
medesimi fenomeni ed elementi
naturali (notte, velocità,
tempesta, fuoco/luce,ecc.) ed
agli stessi sentimenti umani
(gelosia, discordia, conflitto,
competizione, paura, ecc.);
erano i custodi delle arti
sciamaniche e divinatorie ed
entrambi erano dotati di uno
specchio, simbolo di tali arti;
dimoravano nelle foreste; erano
associati più o meno
palesemente al serpente;
determinavano i destini del
genere umano; inoltre erano
figure gigantesche63.
E questo solo per citare le
analogie evidenti!
Ricavammo altre somiglianze
tramite deduzione, anche se in
questo caso si trattava di
ragionamenti più che altro
sorretti dalla logica e in attesa di
essere comprovati da ulteriori
documentazioni, ma non ci
sentivamo di poterle escludere
del tutto. Innanzitutto il fatto
Ricordiamo che l’unica altra grande
civiltà dell’area paragonabile a qualle
azteca, i Maya, erano da tempo
scomparsi all’arrivo dei
Conquistadores, senza considerare
quelle precedenti (Olmechi, Toltechi,
ecc.). Se poi aggiungiamo a ciò anche
lo scempio che i primi conquistatori
spagnoli fecero dei documenti e dei
codici dei nativi (lacuna che purtroppo
non potremo mai colmare), allora ben
si capisce il perché di tale dinamica dei
fatti.
63 Ma questa era una caratteristica
piuttosto comune fra le divinità
antiche.
62
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
che mentre Aziza era
considerato Signore della
Velocità, dal canto suo
Tezcatlipoca era associato al
giaguaro, simbolo per eccellenza
della rapidità; inoltre se il primo
annunciava se stesso con un
fragor di tuono, il secondo era
associato al fulmine; infine nei
vari resoconti mitici sulla
creazione Tezcatlipoca/Jun
Raqan sacrifica la sua gamba al
fine di creare l’umanita: ebbene
una tradizione urhobo ci attesta
che “quando Aziza vuol far di
una persona un suo accolito la
fa cadere in una sorta di trance
e in questo stato alla vittima gli
vengono offerte una serie di
cibarie; a questo punto, se
accetta, allora Aziza si taglia la
gamba e la mano e gliela offre
come segno della sua alleanza, e
ciò in ricordo del fatto che così
fece per sostentare i primi
uomini…”64.
Ma com’era possibile che ci
stava capitando di trovarsi al
cospetto di divinità, aldilà e
aldiqua dell’Atlantico, le cui
caratteristiche, fermo restando
le diverse variabili – poche a dir
la verità, sono talmente simili
da esser totalmente imbecilli
per giudicare il tutto come una
mera coincidenza?
E ancora, come lo potevamo
giustificare considerato il fatto
che tali figure sono talmente
antiche da precedere di secoli,
se non di millenni, la presunta
scoperta dell’America?
In parole povere, è possibile
“interpretare” la storia umana
in base ai racconti mitici e ai
loro protagonisti?
Avevamo piena coscienza di
stare per entrare in un campo
minato, poiché tale prospettiva
non è ancora pienamente
riconosciuta da alcuna
disciplina accademica: né
dall’antropologia né
64
Cfr. Tonukari, Aziza…, pagg. 3-4.
dall’archeologia, dalla storia,
compresa quella delle religioni,
dagli studi umanistici, dalla
letteratura comparata, e
nemmeno
dall’archeoastronomia; e se
avessimo continuato a
ipotizzare il livello mitologico
come un resoconto storico di
una o più civiltà perdute,
avremmo sfidato le premesse
fondamentali di tali discipline.
Le maggiori obiezioni
metodologiche ci sarebbero
provenute da archeologi e
antropologi, gli studiosi che si
occupano della preistoria.
I primi esaminano le tracce
fisiche lasciate dalle società
umane, mentre i secondi
studiano principalmente i
popoli di cultura “preistorica”,
cioè senza scrittura.
Essi cercano di stabilire le leggi
e le teorie responsabili dello
sviluppo culturale umano.
Vari fattori, fra cui la
raffinatezza dei modelli
linguistici, hanno portato
all’idea che lo studio dell’uomo
primitivo possa essere una
scienza.
La metodologia più importante
messa a punto per indagare tale
prospettiva è il cosiddetto
“metodo comparativo”, l’analisi
di culture differenti come se si
evolvessero isolate l’una
dall’altra, che permette di
stabilire in seguito le leggi dello
sviluppo culturale.
Naturalmente, vi sono varie
considerazioni storiche, di solito
raggruppate come “il problema
della diffusione”, che
intervengono a intorbidare le
acque.
Il diffusionismo è la
trasmissione di elementi
culturali – idee, tecniche e
tecnologie – da una società
all’altra.
Purtroppo, le prove dei contatti
verificatisi fra le culture
contaminano l’integrità della
base comparativa e rendono più
arduo individuare le leggi dello
sviluppo culturale.
È per questo motivo che agli
archeologi ed agli antropologi
che scoprono prove di contatti
culturali significativi, specie se a
lunga distanza e quando la
tradizione dice diversamente,
viene dato il nome di
“diffusionisti”, intendendo
velatamente “sovversivi”,
perché essi studiano i dati grezzi
in prospettiva storica.
Questo approccio mina alla base
l’affidabilità di tali dati al fine di
stabilire le leggi dello sviluppo
culturale.
Ciò non vuol dire che archeologi
ed antropologi non si
interessino alle questioni
storiche, ma che essi
enfatizzano la prospettiva
teoretica a scapito della
peculiarità degli eventi.
Gli antropologi cercano di
determinare i “modelli
diacronici” del mutamento
culturale, modelli derivanti dai
dati etnografici e archeologici
che descrivono tali mutamenti.
Lo scopo è quello d’isolare le
variabili e le dinamiche
presenti, il tutto per giungere a
formulare, un giorno, le “leggi”
dei cambiamenti nelle culture.
Tali modelli tengono conto delle
prove della diffusione solo se le
si può rintracciare “sul campo”,
cioè archeologicamente.
A proposito delle teorie, gli
archeologi sono molto
pragmatici: se un nuovo reperto
obbliga all’enunciazione di una
nuova teoria, essi si adeguano e
tirano avanti65.
È anche vero però che se la
prova dell’elemento di
diffusione è geograficamente
distante e di primaria
importanza, è assai improbabile
che gli archeologi la accettino.
Inoltre si è dimostrato
empiricamente vero che più la
diffusione è ritenuta
significativa e di ampio raggio e
meno numerose saranno le
prove trovate “sul campo”66.
Ciò è normale, dato che sulle
lunghe distanze le idee
viaggiano meglio dei manufatti.
Nondimeno l’archeologia
ortodossa interpreta la
mancanza di reperti sul terreno
come prova incntrovertibile
della mancanza di contatti.
Fin dalle origini lo studio della
preistoria è stato fondato sulla
premessa per cui il modello
sosfisticato e ripetitivo delle
civiltà primordiali – con i
templi-montagne, le pietreombelico, i mondi sotterranei,
gli strani pilastri e mugnai –
emerse dalla natura umana e
non dalla diffusione delle
intuizioni di singoli individui.
Secondo tale ottica, la storia dei
popoli non rappresenterebbe
altro che la manifestazione
inconscia delle strutture della
mente umana.
Le nostre ricerche
c’indirizzavano verso
conclusioni opposte.
Era chiaro, almeno per noi, che
anche la divinità urhobo doveva
necessariamente provenire dalla
stessa matrice da cui
provenivano le divinità
mesoamericane;
conseguentemente ipotizzammo
che il punto d’origine di tale
matrice doveva per forza di cose
trovarsi a metà strada, e questo
per una famosa “legge” del
fenomeno diffusionistico, che
vuole che le idee originarie si
Per una maggior trattazione del
problema v. D. H. Kelley, Diffusion:
Evidence and Process, in Man Across
the Sea, a cura di C. L. Riley, J. C.
Kelley e al., Austin 1971, pagg. 60-65.
66
V. ad es. gli innumerevoli voltafaccia
dell’archeologo Zahi Hawass a
proposito delle antichità egizie, in
particolare delle piramidi di Giza.
65
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
conservino meglio alle estremità
dell’area di diffusione piuttosto
che al centro.
Figura 5
Il supposto luogo d’origine dei Pelasgi
è forse da qualche parte
nell’Atlantico?
Ci ritrovammo così nel bel
mezzo dell’Oceano Atlantico
(fig. 5), l’area d’origine di quei
“Sovrani del Mare” pelasgici,
tanto cari al professor Raso che
così abilmente ce ne aveva
dimostrato l’esistenza
attraverso i “suoi” reperti
paleografici67, e che ci
sembrava, a questo punto, di
averli rintracciati nei meandri
del racconto mitico e dei suoi
protagonisti.
Questi possenti uomini, che a
causa del loro navigare per
l’oceano sarebbero stati
destinati a scoprire, forse per
primi, le leggi astronomiche che
regolano il moto del sistema
solare, in particolare del nostro
pianeta, avrebbero poi
condiviso tali conoscenze con le
popolazioni con cui vennero in
contatto, le quali le
tramandarono grazie
all’espediente letterario del
mito, in un’epoca in cui la
scrittura (con falso-figurativi,
pittogrammi e simbolismi più o
meno stilizzati) stava muovendo
i primi passi e non aveva tutta
quell’importanza che avrebbe
avuto in futuro.
I “popoli del mare”, con la loro
cultura impregnata di
simbolismi geograficoastronomici (“croci”, “serpenti”,
“dischi solari” e “fasi lunari”,
“sciacalli” e figure più o meno
antropomorfizzate), avrebbero
quindi trasmesso tutto questo
bagaglio alle nascenti
civilizzazioni delle due sponde
dell’Atlantico; e forse i vari
Kukùlcan, Quetzalcoatl,
Viracocha, Akpobrisi, gli stessi
Orisha della tradizione yoruba,
sarebbero tutti provenienti da
questa antichissima
talassocrazia, e finanche le
figure da noi trattate – Aziza,
Jun Raqan, Tezcatlipoca –
potrebbero aver vantato la
stessa origine.
E se tutto ciò rispondesse al
vero, allora la “preistoria”
andrebbe sicuramente
retrodatata, e di parecchio.
[email protected]
67 Per una più ampia trattazione della
problematica dei Pelasgi e delle loro
testimonianze paleografiche in falsofigurativo v. D. Raso, La città della
porta, ed. Kaleidon 2004;
L’ippocampo. Memoria dei Pelasgi
delle serre calabresi, ed. Laruffa 2007.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Confesso, ho viaggiato
pag.122
Voci dall'altro mondo:
gli Standshutzen
Noemi Stefani
TRENTINO - Val RendenaValle di Breguzzo
Questa volta vi porto tutti in
una valle dove la natura è
rimasta selvaggia e
incontaminata nella sua
estrema bellezza.
Qui gli orsi bruni si aggirano
ancora indisturbati e la volpe e
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
l'aquila sopravvivono
felicemente nonostante ci siano
bracconieri e cacciatori tanto
agguerriti.
Grige rocce sulle cime, boschi di
abeti e larici luccicanti al sole
del mattino presto, quando
ancora il respiro si condensa in
una nuvoletta.
Vene di acqua limpida
scendono scrosciando dai
fianchi della montagna per poi
disperdersi nei prati.
Poi troveranno la strada del
torrente e andranno ad
arricchirla.
Il torrente Arnò è uno di questi
e scende a valle a far sentire la
sua voce.
Se guardi fisso e fai attenzione
vedrai le trote in trasparenza
che guizzano a nascondersi da
un masso all'altro.
In una di queste valli, la Valle di
Breguzzo, avviene un fenomeno
tanto strano e almeno in
apparenza inspiegabile.
Ma non anticipiamo i tempi.
Venite con me…
Mentre per ora attraversiamo
idealmente questi magnifici
posti, il tempo fa un rewind e la
memoria mi riporta alla mente
una voce cara, quella di mio
padre…
Negli anni '40, in cerca di
lavoro era emigrato dal
Trentino per andare a Milano,
in bicicletta, altri mezzi non
c'erano.
Milano non è certo il paradiso
per chi viene dalla Val Rendena,
ma almeno qui c'era il pane per
i suoi cari.
Pochi anni dopo, soltanto i
benestanti possedevano un
televisore.
Tutti gli altri per vedere si
facevano ospitare portandosi
appresso una seggiola.
Con occhi divertiti spiavo dalla
finestra del terzo piano.
Guardavo giù nel cortile.
Si chiamavano tra loro quelle
strane migrazioni del sabato
sera e qualche volta mi
aggregavo a loro.
Andavamo a casa del vecchio
calzolaio che gentilmente
teneva sempre la porta aperta
per tutti, perchè tutti potevano
essere potenzialmente dei nuovi
clienti…
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Noi meno abbienti di solito
dopo cena restavamo seduti a
tavola ancora un pò a
raccontarcela.
Qualche volta si giocava a
briscola, qualche altra si
discorreva di come era andata
la giornata.
Rivedo mio padre che si teneva
mezzo bicchiere di vino in
mano, sorseggiava e parlava
quasi tra sé...
Era bello restare ad ascoltare
fatti, misfatti, avvenimenti della
sua vita, a volte divertenti,
molte altre no.
Rimpiango quelle storie che
restavano appese nella sua
memoria per ripresentarsi
soltanto in qualche rara
occasione.
Era un piacevole crogiolarsi in
quella specie di torpore che
precede l'ora di dormire.
Certe volte l'Angelin era
contento e allora partiva con
- “Quand che seri un
fioulet…(quando ero un
ragazzino)…”
E via, a rammentare di quando
gli abiti erano così pieni di
pezze e rammendi da sembrare
un arlecchino.
Invece di vergognarsi, la sfida
era di contarle con i suoi amici
per vedere chi ne avesse avute
di più.
Raccontava come aveva sentito
raccontare dai suoi vecchi,
l'inverno intorno al fuoco.
La stessa cadenza calma, le
stesse storie che tenevano
seduti i bambini e li facevano
restare a bocca aperta ad
ascoltare per almeno un'ora
finchè qualcuno non crollava
addormentato.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Spesso erano storie di guerra,
della prima, quella grande.
Il Sudtirol, ora Trentino Alto
Adige, apparteneva all'Austria
e quando fu il momento gli
austriaci avevano passato il
Brennero e invaso il territorio.
Gli abitanti delle valli erano
contadini e malgari (le malghe
sono le stalle di alta montagna
che ospitano le bestie nel
periodo estivo) e sarebbero
sopravissuti abbastanza bene a
quella catastrofe se i militari
non avessero razziato tutto
quello che potevano per nutrire
le truppe.
Mio padre era un bambino,
aveva sei fratelli tutti più piccoli
di lui e tutti avevano una fame
nera.
Gli austriaci si erano accampati
nel suo paesino.
Avevano costruito una baracca
in legno proprio tra il cimitero e
la piazza della chiesa e
l'avevano stipata di
rifornimenti…
Certi traffici di casse e materiali
non erano sfuggiti agli occhi
vigili dei contadini che ne
parlavano a bassa voce.
Una sera mio padre e un suo
amichetto si erano nascosti nel
campo e tra l'erba alta spiavano
il soldato di guardia.
Il fucile a tracolla, l'uomo era
arrivato all'angolo della
baracca,e si era voltato contro
vento per accendere la pipa.
La porta della baracca era
rimasta aperta.
Era arrivato un altro austriaco,
e insieme avevano incominciato
a bestemmiare in tedesco, a
spintonarsi e a litigare tra di
loro fino ad allontanarsi di quel
tanto che bastava.
La fame vera fa sragionare, e
detto fatto, i due ragazzini
erano corsi dentro la baracca e
avevano trovato un tesoro.
Molto più che monili d'oro,
gioielli e pietre preziose.
C'era tanto di quel cibo quanto
non avrebbero mai osato
immaginare.
Senza pensarci un attimo,
avevano afferrato qualcosa al
volo.
Dovevano soltanto
riguadagnare l'uscita e tornare
a nascondersi per i campi
cercando di non essere scoperti
e così fecero…
Mio padre mise le mani su una
cassetta di marmellata e fuggì.
Intanto gli austriaci avevano
smesso di litigare perchè si
erano accorti del furto.
Avevano incominciato a sparare
in aria.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
I due bambini ormai avevano
raggiunto il prato, il buio era
quasi la salvezza, ma sopra di
loro fischiavano ancora le
pallottole.
Si erano accucciati tra il
granoturco, fermi immobili per
un pò come fanno le lepri
quando sentono il cacciatore,
finchè quelli non smisero.
Papà era riuscito a portare a
casa la marmellata e a salvare la
pelle, ma non si salvò dagli
scapaccioni del nonno quando
gli chiese dove fosse andato a
prenderla.
L'esercito Austroungarico era
formato dai soldati della
compagnia Bezau del
battaglione degli Standshutzen
di Bregenz.
Non erano truppe giovani.
Per lo più si trattava di
volontari e gente di una certa
età.
Spesso venivano utilizzati per
servizi di presidio e di vedetta,
trasporto a spalla dei
rifornimenti per le postazioni
situate ad alta quota.
Servivano nei pattugliamenti
ma spesso in azioni di
combattimento vere e proprie
difendendo i confini del Tirolo.
La guerra del 1915-18 non era
quella dell'Enola Gay, quando è
bastato schiacciare un pulsante
per sganciare l'atomica.
Era la guerra "sporca" delle
cannonate, e di quando erano
finite le pallottole, dei corpo a
corpo con la baionetta.
Il nemico lo si guardava negli
occhi mentre moriva
sbudellato.
Gli Standshuzen si erano
barricati sopra le vette della
Valle di Breguzzo.
Le immagini sono originali tratte dal libro “Una cronaca di
guerra” di Oswald Kaufmann, figlio di un soldato austriaco.
Ci furono dei dispersi e tanti
morti, tanto che l'Imperatore
Francesco Giuseppe stesso fece
costruire un cimitero
monumentale a ricordo dei
caduti nel paese di Bondo nel
fondo valle.
Contadini insomma carne da
cannone.
Sono passati tanti anni, loro
non ci sono più, nessuno di
loro.
Oppure non è così?
La valle di Breguzzo si può dire
che non sia quasi mai abitata.
Poche baite dove quasi nessuno
si ferma a dormire.
Per la strada le automobili sono
una rarità.
Si ascolta il rumore di
sottofondo del torrente Arnò e
con meraviglia dopo un pò
come per magia si solleveranno
delle voci.
Sono cori alpini.
Un solista canta e tutti gli altri
seguono in coro.
Bisogna farci l'orecchio.
Ho notato che il fenomeno è
molto più evidente verso il
tramonto.
La prima volta immaginavo
fosse un coro degli alpini che
proveniva da chissà quale parte
della montagna.
Pensavo, forse ci sarà qualche
festa campestre…
Ma dove?
La mia sorpresa fu ancora più
grande quando parlando con
uno del posto mi disse
…”Ma come? Non lo sai?
Sono gli Standshutzen che
cantano…”.
Sono i ragazzi che a fine guerra
non tornarono a casa e ancora
cantano tutti insieme.
Anche loro ormai sono
diventati roccia nella roccia
erba nell' erba, e acqua e fiori,
anche loro parte di questa
selvatica e magnifica Valle di
Breguzzo.
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Luoghi Misteriosi
pag.127
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La psicostasi
o pesatura delle anime
Isabella Dalla Vecchia
Nel corso della storia i simboli
“per eccellenza” della giustizia
sono sempre stati la bilancia e
la spada.
La bilancia, con la sua
simmetria e i bracci speculari è
l’immagine del perfetto
equilibrio e dell’equivalenza
assoluta.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Con due pesi a confronto, essa
non mente mai.
A sua difesa interviene la spada,
sinonimo di forza e di potere
affinché si rispetti la Verità.
Nella storia la bilancia è
apparsa più volte, mantenendo
sempre lo stesso significato: la
Giustizia.
Troviamo un importantissimo
simbolo della bilancia nel
Giudizio di Osiride del CULTO
EGIZIO con il nome di
“psicostasi” presente
nell’ultimo momento del
cammino nell’aldilà, dove
l’anima del defunto viene
giudicata al cospetto di Osiride.
E’ il momento più incisivo del
Libro dei Morti, che descrive le
avventure dello spirito
dell’uomo nell’oltretomba.
Il papiro veniva posto
all’interno del sarcofago, a volte
le scene più importanti erano
dipinte dentro lo stesso
sepolcro.
Era prerogativa del Faraone o
comunque delle famiglie di
potere avere un prezioso “Libro
dei Morti” senza il quale
difficilmente si poteva giungere
al cospetto degli dei, a causa
delle difficili prove e dei pericoli
da superare.
Il defunto veniva accompagnato
per mano dal dio sciacallo
Anubi verso la bilancia sul cui
piatto veniva appoggiato il suo
cuore mentre sull’altro già si
trovava la piuma Maat, la
Giustizia.
Se il cuore era leggero come la
piuma gli venivano spalancate
le porte del regno di Osiride
che, seduto al trono assieme a
Iside e Nephtys, osservava tutta
la scena.
Se invece risultava più pesante,
sarebbe stato divorato dalla
bestia Ammit, un mostro
somma degli animali più
pericolosi allora conosciuti:
leone, coccodrillo e
ippopotamo.
Il dio della saggezza Thot
segnava il risultato su di un
papiro, con la meticolosità di un
notaio.
Il Libro dei Morti raccontava
sempre esito positivo, come a
dimostrare che in vita quella
persona si era comportata in
maniera corretta.
E’ davvero interessante il senso
della vita per il popolo egizio
che pensava solo a
“collezionare” opere giuste e
buone che sarebbero servite a
oltrepassare il Giudizio finale e
a rinascere nella Vera Vita.
Purtroppo questo immenso
tesoro era privilegio di pochi,
solo di chi poteva permettersi
una costosa sepoltura e
imbalsamazione, perché per i
più poveri, ahimè, c’era l’oblio.
Anche nello ZOROASTRISMO
abbiamo simili giudizi
dell’anima.
Lo spirito, dopo la morte
corporale, deve passare un
ponte chiamato “Chinvato
Peretu”, sul quale vengono
direttamente “pesate” le buone
e le cattive azioni.
Per i giusti il ponte diviene
largo, per gli empi sottile come
la lama di un coltello e
impossibile da superare.
La bilancia poi nel XV secolo la
ritroviamo in mano ad una
donna nella veste di Virtù e
possiamo anche ritrovarla nelle
monete romane del I secolo d.C.
Nell’Antico Testamento è citata
più volte.
Nella Bibbia Giobbe esclama:
“mi pesi il Signore sulla
bilancia della Giustizia!”.
Nel banchetto notturno di
BALDASSAR (Dn 5) al profeta
Daniele appare sulla parete la
parola TEKEL ovvero “Sei stato
provato sulla bilancia e sei
stato trovato mancante”.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nel testamento di Abramo in
cui viene descritto il viaggio
nell’aldilà, appare un angelo
che regge una bilancia con la
quale vengono pesate le opere
buone da quelle cattive.
Ma ciò che interessa la nostra
ricerca è l’immagine della
psicostasi nel CRISTIANESIMO
a partire dal XII secolo.
Questa volta è San Michele
Arcangelo, incaricato
direttamente da Dio a pesare le
anime per separare quelle
giuste da quelle peccatrici.
Su di un piatto vi è lo spirito
dell’uomo, nell’altra sé stesso
come peso morale di tutte le sue
opere durante la vita sulla
Terra.
Spesso nell’iconografia accade
che questo piatto della bilancia
venga abbassato di nascosto dal
diavolo affinché con l’inganno
si possa aggiudicare l’anima,
ma interviene San Michele che
rettifica la pesata allontanando
il demonio con la lancia o con la
spada, che interviene a difesa
della Giustizia.
Non possiamo di certo sfuggire
al peso della nostra coscienza e
non a caso l’anima è
rappresentata con il lato più
puro dell’uomo, un piccolo
bambino ignudo, affinché
nessun abito di re, imperatore,
papa o vescovo possa interferire
con la decisione finale.
Attorno vi è sempre la presenza
del paradiso e dell’inferno, nel
quale Lucifero o un mostro
demoniaco divorano le anime,
similitudine incredibile con la
bestia egizia AMMIT che ha
esattamente lo stesso compito.
San Michele, in quanto
accompagnatore delle anime
nell’aldilà e passaggio
obbligato, aveva spesso l’onere
di avere cappelle o chiesette dei
cimiteri a lui consacrati.
In Italia abbiamo purtroppo
pochissimi esempi di psicostasi,
ma in Francia la si trova quasi
ovunque… ad Amiens, Autun,
Bourges, Chartres, Parigi e in
molte altre città.
San Michele resta comunque il
difensore dell’Umanità, colui
che è a capo dell’esercito degli
Angeli contro il Male.
Il suo giudizio non ci deve
spaventare in quanto lui è
“dalla nostra parte”, è ovvio che
ci difende quanto può, laddove
la situazione è grave, neppure
lui può rendere leggeri i piatti
della bilancia…
Di seguito elencherò le diverse
tipologie di psicostasi
riscontrate nel nostro paese.
Il duomo di Cremona
Esterno
Psicostasi
Si dice che Cremona fu fondata
dal mitico Ercole che, tornando
dall'Iberia dove recuperò i Pomi
delle Esperidi, si riposò sul
fiume Po e fondò un borgo che
volle dedicare a sua madre,
Alcmena.
Il monumento più significativo
è il Duomo, davvero splendido e
unico nella sua particolare
struttura che raccoglie un
insieme armonico di più stili
diversi, dal romanico, al gotico,
al rinascimentale.
Fu fondato nel 1107, ma fu
completamente ricostruito nel
1117 in seguito al terribile
terremoto che colpì la Pianura
Padana.
Interessante è l'interno della
cattedrale per le raffigurazioni
nelle volte a crociera nel
transetto di scene del Vecchio
Testamento, tra le quali il
Cantico dei Cantici e il sogno di
Giuseppe.
Ma in un'ala laterale sono stati
riscoperti antichi affreschi
presenti sotto le mura
dell'edificio, dove vengono
rappresentate scene come la
natività e l'incoronazione della
Vergine.
Ma un'immagine merita di
essere osservata più
attentamente delle altre, è la
psicostasi o pesatura delle
anime.
Si vede S. Michele arcangelo
con una bilancia in mano
mentre pesa le anime dei
defunti, per giudicare se
l'individuo sia puro o peccatore.
Non dev'esserci stato esito
positivo, perchè sullo sfondo
l'anima del malcapitato viene
portata via dal diavolo.
Ciò non ci sorprende, negli
affreschi si tendeva a mostrare
di più una fine tragica, per
terrorizzare il credente e
ottenere così una corsa
redentrice in chiesa.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Chiesa di Santa Maria
Assunta a Torcello (VE)
Torcello, S.Maria Assunta – Giudizio
Universale
Psicostasi
La basilica fu voluta
dall'Orseolo nel 1008 circa, la
facciata è in cotto e poche
finestre consentono l'entrata
mirata del sole per creare effetti
interni di luci e ombre.
Nella struttura di questa chiesa
persiste il motivo simbolico
fondato sul valore del numero
sacro TRE, in rapporto al
mistero trinitario.
Il giudizio universale, un'opera
maestosa a mosaico ricopre
tutta la controfacciata, visibile
solo se si percorre l'uscita, come
monito ai fedeli dopo la messa,
a ricordare la fine che attende
tutti gli uomini.
E' uno dei più grandi esempi di
Giudizio figurativo intorno al
Mille.
La scena è divisa in due parti:
nelle prime due fasce in alto è
raffigurato il mistero della
morte di Cristo e della sua
Resurrezione, rappresentato
secondo la tradizione bizantina
con la Discesa agli inferi.
Qui, Gesù vittorioso calpesta il
diavolo e conduce Adamo
prendendolo per mano; Eva è
subito dietro vestita di rosso.
Appena sotto nella mandorla,
Gesù mostra le piaghe a Maria e
al Battista che chiedono
perdono per l'umanità, mentre
ai lati gli apostoli e gli angeli
siedono a giudicare il mondo.
Accanto i cherubini con le ali
tempestate di occhi, vicini alla
sapienza di Dio e dalla
mandorla scende un fiume di
fuoco ardente che alimenta
l'inferno in basso a destra.
Ai lati due scene di resurrezione
dei morti, a sinistra i defunti
nelle bende escono dai sepolcri
e a destra risorgono coloro che
morirono nel mare.
Subito sotto c'è la scena della
pesa delle anime (Psicostasìa)
dove un angelo pone sulla
bilancia il bene e il male
commessi dalla persona
giudicata, e i diavoli cercano di
far pendere la bilancia dalla
loro parte
A sinistra le anime e un
giardino, con S.Pietro in
possesso delle chiavi del
Paradiso insieme all'Arcangelo
Michele, il cui compito è
accompagnare le anime
nell'Aldilà.
C'è anche il buon ladrone, in
attesa e la Vergine che intercede
per i peccatori.
La frase finale dice "O Vergine
commuovi con la tua preghiera
Colui che è nato da Dio e
purifica dal peccato", una sorta
di speranza per chi, uscendo
dalla chiesa si ritrova in un
mondo fatto di tentazioni.
Duomo di S.Maria Assunta
a Gemona (UD)
Vittima del terribile terromoto
del 1976, il Duomo di Gemona è
stato meticolosamente
ricostruito in ogni dettaglio e a
vederlo oggi non si direbbe mai
che il suo interno conserva
un’anima d’acciaio. Splendido il
portale romanico del XII secolo,
la cui lunetta riporta il Giudizio
Universale, dove Gesù, tra i
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
simboli della passione, è
accompagnato da Maria
Vergine e S. Giovanni Battista.
La scena è sovrastata da 9
nicchie che narrano le storie
dell’Epifania, dove i
protagonisti sono proprio i tre
Re Magi.
Ma ciò che balza all’occhio è
l’imponente statua sulla destra
di 7 metri di S.Cristoforo col
Bambino, composto da ben 6
blocchi di pietra arenaria.
Anche qui sulla facciata
abbiamo l’immagine della
psicostasi, in cui un diavolo pur
di aggiudicarsi l’anima si
appende ad uno dei suoi piatti!
Ma nonostante questo la
bilancia pende dalla parte di
S.Michele Arcangelo a
dimostrazione che non c’è
giustizia che possa essere
ingannata.
Duomo di Gemona – Psicostasi
(foto ACIM)
La chiesa sorge all’inizio del XII
secolo come tappa intermedia
tra Colecchio e il monastero
cistercense della Rocchetta, fu
attivo fino al XIV secolo e
principale punto di sosta per i
pellegrini su una strada
variante alla Via Francigena.
La lunetta sopra il portale
d’ingresso rappresenta la
PSICOSTASI, ovvero la
pesatura delle anime.
Il Bene (rappresentato
dall’Arcangelo Michele con la
spada sguainata) e il Male
(rappresentato dal demonio
alato) sorreggono la bilancia e
si contendono due anime,
sottoposte a giudizio al
momento del trapasso.
Il diavolo però cerca di vincere
con l’inganno: un primo
demonio spinge la bilancia,
mentre un secondo cerca di
farla pendere dalla propria
parte tirandola con un uncino.
L’anima di destra invece è già
condannata all’inferno.
vie di pellegrinaggio per la
circolazione della cultura nel
medioevo.
Essendo un tema in Italia molto
raro è insolito trovarlo in due
chiese così vicine l'una all'altra.
Infatti lo ritroviamo a
S.Thomas Becket a Cabriolo
(PR), a pochi chilometri da qui.
Chiesa di Thomas Becket a
Cabriolo (PR)
Esterno
Chiesa di S.Biagio a
Talignano (PR)
Psicostasi
Psicostasi
Esterno
La chiesa di San Biagio, ad aula
unica coperta con volta a botte
unghiata e presbiterio absidato,
sorge su un colle, in
un’alternanza tra prati e boschi
in un meraviglioso contesto che
richiama molto il paesaggio
medioevale.
La lastra è opera di un artista
anonimo attivo nei primi
decenni del XIII secolo, forse lo
stesso delle Storie di Santa
Margherita della vicina pieve di
Fornovo (PR).
Il tema iconografico della
pesatura delle anime, poco
frequente in Italia e invece
abbastanza comune nelle chiese
francesi e in quelle sul
cammino di Santiago,
testimonia l’importanza delle
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Questa chiesa è dedicata a
Thomas Becket, arcivescovo di
Canterbury, che fu martire nel
1170 per volere di Enrico II
d’Inghilterra.
E’ importante evidenziare che
la chiesa in origine era la
cappella di una residenza
(mansio) dei Cavalieri
Templari.
Nell’attuale edificio si possono
distinguere due fasi costruttive:
l’abside, che risale al XII – XIII
secolo e la navata con la
facciata, realizzate nella prima
metà del XV secolo.
Nel corso di un restauro sul lato
sinistro dell’aula interna è
emersa una fascia affrescata
databile alla prima metà del
Quattrocento.
L’affresco, purtroppo rovinato
per via di una serie di
scalpellature, per favorire
l’adesione di uno strato di
intonaco steso successivamente
(come ahimè è accaduto per
molti affreschi divenuti poi
irrecuperabili), rappresenta la
Trinità e la pesatura delle
anime.
La Trinità è molto antica ed è
raffigurata in una forma rara in
Italia, perché rappresentata da
tre angeli che consumano un
pasto, richiamo all’episodio
dell’Antico Testamento,
un’iconografia decisamente più
diffusa nelle chiese bizantine e
ortodosse che in quelle
cattoliche.
In questo episodio Dio avrebbe
fatto visita ad Abramo in
sembianza di tre angeli che
avrebbero “mangiato” nella sua
dimora.
L’altra immagine è la psicostasi,
momento del giudizio
universale in cui l’arcangelo
Michele pesa le anime per
distinguere quelle giuste da
quelle malvagie.
Accanto vi è una Crocifissione
con S. Pietro e S. Giovanni
Battista con i due committenti
inginocchiati.
Non è un caso che questi
antichi e rari simboli si trovino
proprio qui, un luogo sacro ai
Templari, detentori della
conoscenza mistica più
profonda.
La "Psicostasi" o pesatura delle
anime, quel concetto ancora più
raro e antico, proveniva
direttamente dall’antico culto
egizio, al quale i cavalieri
templari erano molto legati,
perché vero precursore del
Cristianesimo, avendo Gesù
trascorso la giovinezza in
Egitto e essendo stato iniziato
agli antichi culti di Iside e
Osiride secondo molte fonti.
Il Cristianesimo ha infatti molti
legami simbolici con l’Egitto, la
stessa vita di Osiride, il
complotto e l’essere il
giudicatore dei vivi e dei morti
lo ha sempre messo in
correlazione con la figura del
Cristo.
Duomo di San Giorgio
a Ferrara
Esterno
Inferno – mostro che inghiotte le
anime
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
La Cattedrale risale al 1135, è in
stile romanico nella parte
inferiore della facciata e in stile
gotico in quella superiore.
Sulla facciata è presente
parecchia ricca vegetazione che
richiama la vita; il suo intreccio,
che ricopre l’intero edificio
cristiano, riporta il concetto di
Eden sulla Terra.
Vi sono rappresentati parecchi
animali che si intravedono tra
le foglie di vite, simboli del
creato.
La chiesa è così la metafora di
un immenso Albero della Vita.
Al contrario, soffermandoci
all’entrata della Cattedrale non
possiamo non notare quanto
spaventose siano le creature
mostruose sulla facciata.
Perché esseri così immondi si
trovavano a guardia di un luogo
cristiano?
Forse per spaventare ed
intimorire il credente oltre che
per ricordargli che il male è
sempre in agguato, pronto a
corromperlo e a rubargli
l’anima?
Dopotutto le creature, i mostri,
gli esseri oscuri e maligni sono
concreti, reali, a volte anche più
vicini a noi perché in agguato
nell’ombra.
Sono spesso immagini di un
trascorso pagano e ricordano
antichi dei distrutti dal
Cristianesimo, che ha saputo
trasformarli, rendendoli
demoniaci e malvagi.
Dopotutto per essere degni di
entrare nel luogo sacro di una
chiesa, bisogna anche essere in
grado di sconfiggerli.
Ecco che con le sue
rappresentazioni della facciata
S.Giorgio diviene un immenso
espositore di “bene e male”, una
cornice estesa attorno al
concetto centrale del Giudizio
Universale.
Infatti proprio sopra il portale
centrale si può vedere
un'interessante loggia del 1250
ove si sviluppa il Giudizio
Universale.
Giudizio universale
Sui lati del timpano i vegliardi,
testimoni di tutto ciò che
avviene.
Chiesa di Santa Maria in
Piano a Loreto Aprutino
(PG)
Psicostasi
Sui pennacchi degli archi è
possibile osservare il tema della
Resurrezione con i morti che
escono dalle proprie tombe e si
dirigono verso l’arcangelo
Michele con in mano la bilancia
per la pesatura delle anime.
Anche qui vi è lo spiacevole
episodio che un piccolo
diavoletto cerchi di far pendere
il piatto dalla sua parte
tentando di ingannare l’angelo
e appropriarsi l’anima.
Continuando la lettura, a
seconda dell’esito della
pesatura, gli eletti si dirigono in
Paradiso e i dannati all’Inferno.
L’Arcangelo è l’origine di due
cortei che si dirigono verso le
lunette laterali, le rispettive
porte dell’aldilà.
A destra vi è quella che conduce
all’Inferno dove vi è la figura
mostruosa di Lucifero che
ingoia le anime dei dannati,
scena notevolmente somigliante
al mostro egizio Ammit che,
sotto la bilancia della psicostasi,
inghiotte il cuore impuro che
non si è rivelato più leggero
della piuma Maat.
La porta di sinistra invece
conduce al Paradiso con
Abramo che accoglie nel suo
grembo (seno) le anime dei
giusti.
Nel timpano soprastante vi è la
figura del Cristo nella mandorla
con ai due lati due angeli con in
mano i simboli della passione e
Maria e Giuseppe che
inginocchiati chiedono perdono
per l’umanità.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Foto da depliant
Nasce come chiesa romanica
anche se risulta purtroppo
rimaneggiata nel XVI secolo.
Ciò che la rende unica è lo
splendido Giudizio Universale
di grossissime proporzioni sulla
controfacciata.
E’ stato realizzato dall’anonimo
“Maestro di Loreto”, con una
rara tecnica pittorica, ossia
l’unione dei colori alla cera
calda affinché la consistenza e
la lucidità dell’amalgama
trasmettano una luminosità
surreale all’intera opera.
Domina la scena un Cristo nella
mandorla tenuta da quattro
angeli in volo.
Appena sotto vi sono San
Francesco, San Domenico,
Sant’Agostino in ginocchio di
fronte agli strumenti della
passione.
Ma la parte più interessante è il
paesaggio nella fascia inferiore
in cui, in un bellissimo e
rigoglioso giardino, spicca al
centro una rarissima
rappresentazione del “PONTE
DEL CAPELLO”.
Sopra un fiume nero di pece
dove si vede un’anima persa e
portata via dalla corrente, vi è
un ponte dalla struttura
anomala, esso alla base è largo
e procede con una scalinata per
finire al vertice sottile come un
capello.
Attraversarlo è difficilissimo
come si può notare dalle anime
che cadono e tentano
inutilmente di aggrapparsi.
La stranezza di questa
rappresentazione, unica nel suo
genere, è la somiglianza allo
ZOROASTRISMO che vede
nell’aldilà questa stessa identica
scena.
A conclusione del “passaggio” vi
è la figura di San Michele
Arcangelo che attende le anime
che sono riuscite a oltrepassare
il ponte per giudicarle infine
attraverso la psicostasi o
pesatura delle anime.
A destra di Gesù, a scendere, gli
angeli dell’Apocalisse con le
trombe e i cartigli per dividere i
giusti dagli empi. In volo un
angelo distribuisce le rose ai
musicanti.
Ai lati degli strumenti le schiere
di beati e di Santi.
Qui il ponte è identificato anche
come “ponte del Purgatorio”,
inteso come passaggio per la
redenzione, oltre la quale vi è
però la seconda decisiva prova
affinché si possa raggiungere il
giardino fiorito del Paradiso,
ove vi è la Torre con all’entrata
San Pietro.
Attraversata la porta le anime
raggiungono la terrazza dove
possono danzare beate tra la
musica e le rose degli angeli
musicanti sopra di loro.
Nell’estrema destra, ormai
quasi completamente perduta,
vi era l’immagine dell’inferno di
cui è ben visibile un leone.
Esiste un solo altro ponte in
Italia simile e da poco scoperto,
anche se estremamente
rovinato, si trova a Castignano,
nella chiesa di San Pietro
Apostolo.
Anche Alberigo da Settefrati
nella sua Visio dal titolo
“Viaggio nell’Oltretomba” ha
parlato di un ponte
specificando però che, se si cade
da esso, non si finisce
all’inferno, ma vi si rimane
immersi fino al nuovo tentativo
di superamento, come ad
un’espiazione delle colpe, ponte
per l’appunto del Purgatorio.
Questo scritto è precedente alla
Divina Commedia di Dante e
presumibilmente ispiratrice di
essa.
Chiesa di San Pietro
fuori le mura a Spoleto
Morte del giusto
(foto ACIM)
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Fu fondata nel V secolo dal
Vescovo di Spoleto, Achilleo, a
ricordo del passaggio verso
Roma delle reliquie di San
Pietro; le targhe che
ricordavano l’evento, oggi sono
completamente perdute. Sorge
su un’altura a sud della città; fu
in parte distrutta per via di una
guerra interna della zona, ma
venne restaurata nel 1329.
La facciata, mai toccata anche
da rifacimenti successivi,
rimane oggi uno degli esempi
più incredibili e integri del
romanico umbro.
Morte del peccatore
(foto ACIM)
Essa è ricca di bassorilievi
distribuiti a fasce sovrapposte
che risalgono al XII e XIII
secolo e il tema è il perdono
misericordioso nei confronti di
chi si pente e la punizione a chi
superbamente non ammette la
potenza di Dio.
Anche in questo caso abbiamo
un’autentica psicostasi o
pesatura delle anime, per
giunta in due scene
sovrapposte.
Nella prima parte, chiamata
“Morte del Giusto”, si vede un
uomo nel letto con San Pietro e
San Michele al suo capezzale.
Al centro la bilancia, con il
diavolo che tenta di nascosto di
far penderla dalla sua parte.
Ma questa volta San Pietro se
ne accorge e… gli tira le chiavi
in testa!
Il diavolo tiene in mano un
cartiglio con scritto: “DOLEO
QUIA ANTE ERAT MEUS” in
questo caso l’uomo è stato
salvato perché giusto e
meritevole del perdono divino.
La scena sottostante invece
rappresenta la “Morte del
peccatore” impenitente.
Qui vi è sempre un uomo sul
letto, ma San Michele si
allontana lasciando lo
sventurato in preda ai diavoli
che lo sovrastano e lo gettano in
una pentola che divora l’anima
dell’empio.
La bilancia in questo caso
pende evidente dalla parte dei
diavoli.
Entrambi i bassorilievi sono
realizzati con una notevole
precisione dei particolari.
Volti e panneggi emergono dal
fondo rendendo la scena viva e
movimentata.
Attorno al portale vi è
un’esplosione decorativa con
colonnine, motivi geometrici e
rosette alternati da simboli,
quali il lavoro della terra
rappresentato dall’uomo che
spinge i buoi, i cervi che
divorano un serpente, simbolo
della sconfitta del male, due
pavoni simbolo dell’immortalità
e l’Albero della Vita che nasce
dalla Croce che circonda il
portale, simbolo nel complesso
di entrata nel Paradiso.
Epilogo
A pesare l'anima non è più Ptah
ma l'Arcangelo Michele, a
giudicare non è più Osiride ma
Gesù, a divorare l'anima non è
più la bestia Ammit ma
direttamente il Diavolo; ciò che
è rimasta sempre la stessa nei
secoli è l'anima dell'uomo, che
in una o nell'altra religione si
dovrà trovare di fronte al
Giudizio Universale.
Dopotutto “Giustizia” e
“Giudizio” hanno nomi
incredibilmente simili.
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TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà