LA FORTUNA DI GIOVANNI BOCCACCIO NELLE OPERE DI
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LA FORTUNA DI GIOVANNI BOCCACCIO NELLE OPERE DI
ANITA LAURINYECZ LA FORTUNA DI GIOVANNI BOCCACCIO NELLE OPERE DI GEOFFREY CHAUCER Per gli storici della letteratura è tuttora aperto il dibattito sulla vexata quaestio del rapporto tra Geoffrey Chaucer e Giovanni Boccaccio, incentrata sulle coincidenze o similarità riscontrabili nelle opere dei due autori. Naturalmente, in Chaucer sono riscontrabili non solamente gli influssi boccacciani ma anche quelli degli altri due grandi autori trecenteschi italiani. Un altro punto in discussione è, infatti, se il modello primario di Chaucer sia stato Dante o Boccaccio, oppure se nelle opere chauceriane sia più forte l’influsso di Boccaccio o quello di Petrarca. Senza dubbio Chaucer nutriva una profonda ammirazione per Dante: dopo la lettura della Divina Commedia, ha, appunto, scritto opere come The House of Fame, The Complaint into Pity e The Complaint to his Lady. Nella sua formazione, l’opera dantesca, di cui conosceva a memoria alcune parti, ha più o meno lo stesso peso del Roman de la Rose (Praz 1947:84). Nella Commedia, la guida di Dante è Virgilio, e Dante, in un certo senso, riveste lo stesso ruolo per Chaucer, che consulta molto spesso la Commedia usandola come un’enciclopedia, oppure come una guida1. Per esprimere il suo rispetto, Chaucer, forse più spesso di qualunque altro poeta inglese, trova da sé l’occasione e l’esigenza di citare Dante. Anche Francesco Petrarca, l’altro grande personaggio del Trecento italiano, esercitò una notevole influenza sulle opere di Chaucer, sia pure in modo più sporadico: Chaucer non assumeva propriamente a 1 Dante può essere considerato il maestro di Chaucer anche da un punto di vista stilistico in quanto - similarmente a Dante - lo scopo di Chaucer è stato quello di levare la sua madrelingua al livello letterario. Dante riconosce Virgilio come suo maestro, ma non imita mai il suo stile. Seguendo l’insegnamento di Dante lo scrittore inglese cerca di elaborare il proprio stile, che è uno molto naturale e giocoso. 217 modello le sue opere, ma si limitava a citazioni isolate. Sebbene nella saggistica letteraria ci sia un’incertezza riguardo al rapporto tra i due autori, sono evidentemente dimostrabili due casi in cui Chaucer risale a Petrarca: il Canticus Troili nel Troilus and Criseyde e il Clerk’s Tale, la cui fonte, insieme al Decameron X, 10, è indubbiamente Petrarca. Benché l’importanza di Dante e Petrarca non sia trascurabile nell’opera chauceriana, dopo un’analisi attenta delle opere diventa evidente che la fonte primaria dello scrittore inglese è Boccaccio. Mentre Dante gli offriva un modello cosmico e un modello dell’umanità, e mentre Petrarca poteva formare la sua arte poetica e forse la sua filosofia, tutto sommato a influenzare maggiormente la sua formazione artistica è stato il Boccaccio, il cui modo di vita assomiglia di più a quello di Chaucer secondo quanto possiamo desumere dalle opere dello scrittore inglese. In passato, l’opera chauceriana veniva divisa tradizionalmente in tre fasi in base alla lingua/nazionalità delle opere e degli autori di cui Chaucer subiva l’influenza in quella data fase, traendone ispirazione per le proprie opere; una di queste fasi è il cosiddetto periodo italiano (1372-1386)2. Secondo l’opinione attuale della saggistica letteraria, non si può parlare di fasi ben delimitate ma, piuttosto, di influenze diverse. Un libro di base utilissimo per un’analisi comparata del Filostrato di Boccaccio e del Troilus and Criseyde di Chaucer è quello di Barry Windeatt (Windeatt 1995), che analizza il testo chauceriano da molti punti di vista. Per quanto riguarda il rapporto tra le due opere in questione, Windeatt conduce con ammirevole acribia un confronto serrato, strofa per strofa, verso per verso si concentra sulle differenze strutturali, ed anzi offre una comparazione riga per riga. Non mi sembra, però, condivisibile l’assunto di partenza dello studioso, secondo il quale tutto quello che è significativo, commovente e misterioso sia riconducibile solo a Chaucer. Gli altri studi su questo tema si concentrano sulle conclusioni finali (pensiamo a Dean 1985, Fish 1984, etc.), e non prendono in esame le differenze tra i personaggi. 2 Gli altri due periodi sono quello francese (1359-1372) e inglese (1372-1386). 218 Con il presente saggio vorrei dimostrare l’influsso del Filostrato di Boccaccio sul Troilus and Criseyde di Chaucer. Un’altra possibile connessione tra i due autori è il parallelo tra il Decameron e The Canterbury Tales, che potrebbe essere il tema di un successivo studio. La fonte principale del Troilus di Chaucer è il Filostrato, un poema giovanile di Boccaccio, scritto probabilmente intorno al 1335, nel suo periodo napoletano3. Nondimeno, Chaucer assume come punto di partenza non solamente quest’opera ma anche una ricca tavolozza di testi vari, che lui mescola e fonde nel suo Troilus con grande libertà. Egli vuole, infatti, far riferimento alle opere dei più importanti scrittori medievali a cui andava la sua ammirazione4. Tra le fonti possiamo individuare diversi gruppi: a) fonti storiche all’epoca conosciute da tutti; b) fonti filosofiche, come per esempio Boezio (le parti attinte da lui si concentrano soprattutto nel primo libro); c) motivi relativi alla tematica dell’amore cortese5. D’altra parte Chaucer non menziona direttamente le sue fonti, fatta eccezione per il misterioso Lollius6, che non è un personaggio realmente esistito. Il 3 Anche Boccaccio usava diverse fonti durante la scrittura del Filostrato: per esempio, Cino da Pistoia, Andrea Cappellano, e prima di tutto Dante e il Filocolo, la sua propria opera. A differenza del Troilus di Chaucer, il Filostrato rappresenta un’opera ancora immatura, e le sue fonti non fanno parte omogeneamente del testo. 4 Questi poeti sono Dante, Boccaccio e i due autori del Roman de la Rose. A questo punto possiame notare l’imitazione di una tradizione: Chaucer pone se stesso nella compagnia di cinque scrittori come il quinto membro. Dante fa parte della compagnia di Omero, Orazio, Ovidio, Lucano e Virgilio, mentre Boccaccio mette se stesso dopo Virgilio, Lucano, Stazio, Ovidio e Dante. 5Una fonte relativa alla tematica dell’amore cortese è costituita dalle poesie di Guido Guinizelli. Per quanto riguarda la tematica di Troia, gli autori più importanti a cui attinge Chaucer sono: Dares e Dictys (Ephemeridos belli Troiani libri), Benoît de SainteMaure (Roman de Troie) e Guido delle Colonne (Historia destructionis Troiae) 6 Nel Filocolo il Boccaccio cita come la sua fonte principale un certo Ilario. Questo Ilario e il Lollius di Chaucer hanno qualche cosa in comune: evidentemente sono persone mai esistite e gli scrittori li nominano solamente per nascondere le più evidenti fonti principali, che naturalmente sono più recenti. Nel Troilus Lollius figura come lo storico più esperto su Troia, ma la causa di questa teoria sbagliata di Chaucer può essere una delle epistole di Orazio che invocava il suo amico Maximus Lollius nel modo seguente: Troiani belli scriptorem, Maxime Lolli, Dum tu declamas Romae, Praeneste relegi. (Epistulae, I, 1-2) 219 Troilus, come il Filostrato, sua fonte principale, è nato dall’intertestualità di testi antichi, e per questo possiamo trovare riferimenti a Virgilio, Stazio, Lucano e Ovidio. Nell’analisi che segue intendo, in primo luogo, porre a confronto il testo di Boccaccio con i corrispondenti passi di Chaucer. In secondo luogo, mi propongo di verificare come la trasformazione della struttura incida sullo scioglimento degli eventi e sullo sviluppo dei personaggi. In ogni caso, non si può non tener conto delle similarità verbali e stilistiche che sono le prove abbastanza convincenti dell’ipotesi che Chaucer conoscesse Il Filostrato. Book I. Entro le cornici offerte dal Filostrato Il Book I, cioè il primo libro, rimane entro le cornici dell’opera boccacciana: la partizione corrisponde quasi perfettamente. L’unica differenza – rilevabile, del resto, in tutta l’opera – è che il Boccaccio si concentra piùttosto sulle azioni (così abbiamo l’impressione che tutto accada più velocemente), mentre Chaucer dà più rilievo alle emozioni. Il Filostrato comincia con un proemio, che è assente nel Troilus. Boccaccio racconta il proposito dell’opera presente: la donna amata è partita da Napoli, e per questo lui è in preda a dolori mortali e vuole trovare rifugio nella scrittura. Così, il Filostrato diventa più personale e anche più vissuto (il significato del titolo, “vinto d’amore”, rispecchia il contenuto): Troilo personifica il nostro autore e l’opera è piena di riferimenti personali. Al contrario, Chaucer si attesta su un piano più astratto: afferma che la sofferenza è una compagna naturale dell’amore, alla cui forza è impossibile opporsi. Mentre Boccaccio è più coinvolto nella storia per le sue esperienze personali, Chaucer dichiara la propria riluttanza a diventare servo di amore.7 Il narratore di Boccaccio è poeta e uomo innamorato nello stesso tempo, quello di Chaucer è soltanto poeta. Inoltre, il narratore nel Troilus può essere accostato a Boezio: anche lui in qualche modo vive la condizione 7 Secondo alcuni studiosi Chaucer non ha goduto di molta popolarità tra le donne. 220 dell’homo viator. Nel De consolatione philosophiae l’autore/narratore subisce una crisi psicologica e spirituale, si trova in un buio prigione, lontano dalla sua patria. Similmente a lui, anche il narratore del Troilus è perso, non nel mondo, ma nel caso disperato del protagonista. Segue poi la presentazione di Calchas e di sua figlia. Nella caratterizzazione di Criseyde, troviamo una piccola, ma nondimeno significativa differenza, che è molto notevole se pensiamo al fatto che la fonte probabile di Chaucer è Boccaccio. Mentre secondo il Boccaccio: “né calere/ le bisognava di figlio o di figlia,/ come a colei che mai nessuno avere/ n’avea potuto” (Canto I, st. 15.)8, Chaucer dice che: “but wheither that she children hadde or noon, /I rede it naught, therfore I late it goon“ (Bk.I, vv. 132-133).9 In questo caso, probabilmente, siamo testimoni del carattere giocoso dello scrittore inglese. L’interazione con i lettori è presente in ambedue le opere, però in modo diverso. Mentre il Boccaccio ritorna più volte ai suoi tormenti personali come, per esempio, nel Canto I (“Ma tutto il bene insieme accolto, poco/ Fu o niente, rispetto a’martiri,/ Volendo amare, ed a’tristi sospiri.”Canto I, st. 23), gli a parte di Chaucer si riferiscono piuttosto ad un certo autore profondamente venerato da lui e all’amore in genere. Una parte famosa e bellissima del Trolius è il Canticus Troili, la traduzione di un sonetto di Petrarca (CXXXII). Questo canto manca nel Filostrato: mentre Chaucer probabilmente voleva dimostrare la sua venerazione verso Petrarca, Boccaccio non ne sentiva il bisogno e preferiva esprimere la propria opinione sulla stessa materia. Boccaccio finisce il Canto I con la descrizione delle sofferenze di Troilo, mentre il primo libro di Chaucer finisce con la visita di Pandaro, che è un evento del Canto II del Filostrato. Questo è un esempio del fatto che la scansione interna non coincide 8 Edizione di riferimento: Giovanni Boccaccio, Il Filostrato, Strasburgo, Heitz&Mündel, n.p. 9 Edizione di riferimento: Larry D. Benson, ed., The Riverside Chaucer, Oxford, Oxford University Press, 1987, Geoffrey Chaucer, Troilus and Criseyde 221 necessariamente, e il risultato di tutto questo è la possibilità di accentuare gli eventi in modo diverso. È interessante, tra l’altro, notare che, mentre Boccaccio scrive in canti seguendo la tradizione delle opere poetiche, Chaucer sceglie la forma del libro, dopo l’esempio di Boezio, e accentua così la connotazione filosofica della sua opera. Book II. L’uso selettivo del Filostrato Mentre nel caso del libro precedente, Chaucer rimaneva entro le cornici del Filostrato, adesso il rapporto tra le due opere diventa più libero: Chaucer usa selettivamente l’opera italiana, e poi colloca a suo piacimento nella propria struttura le parti scelte. Questo libro, in un certo senso, può essere considerato come una svolta: il comportamento diverso di Pandarus/Pandaro e Criseyde/Criseida determina in modo decisivo il tono generale e lo scioglimento dell’opera. Vedendo la tristezza di Troilus/Troilo, Pandarus, in ambedue le opere, offre il suo aiuto e fa visita a sua nipote per convincerla. Mentre Pandarus parla di una fortuna grandissima e di un’occasione particolare, Pandaro ricorre ad una strategia molto più semplice: racconta che c’è un uomo nobile, molto valente, che ama Criseida in modo indicibile. In Pandaro non c’è un intento scopertamente persuasivo: egli si limita a presentare la situazione con cautela. In entrambi i casi la prima reazione della donna è il rifiuto. Criseida dice : “poichè ’l mio sposo/ Tolto mi fu, sempre la voglia mia/ D’amore fu lontana” (Canto II, st. 49.), e suggerisce a Troilo di cercare l’amore altrove. Da parte sua, Criseyde è molto più insicura: chiede consigli, si tormenta, medita ad alta voce. La donna di Chaucer appare più timida ed esitante, più in ansia per la sua reputazione, mentre quella boccacciana si arrende abbastanza velocemente e decide di seguire il principio carpe diem, visto che la vita è così breve. 222 Dopo la partenza di Pandarus, Criseyde comincia a riflettere sulla situazione, e quando Troilus cavalca sotto la sua finestra, se ne innamora (“Criseyda gan al his chere aspien,/ And leet it so softe in hire herte synke,/ That to hireself she seyde,/ Who yaf me drynke?” (TC, Bk. II, vv. 650-652.). Ben più dirompente è in Criseida la forza del desiderio. È a partire da questo punto che le due storie diventano leggermente diverse: praticamente succedono le stesse cose ma ad un ritmo diverso, il che prova che Chaucer non seguiva precisamente la sua fonte dappertutto. Troilo va in fretta in casa della donna dove i due giovani si scambiano sguardi amorosi, e poi l’uomo scrive una lettera a cui la donna risponde. Troilus, invece, scrive prima la lettera e solo successivamente si avvicina alla casa della donna desiderata. Le chiusure sono completamente diverse: nel Filostrato, Pandaro persuade Criseida a lasciare che Troilo le faccia visita, mentre in Chaucer comincia un brano completamente nuovo. Pandarus inventa un trucco per mettere insieme i due giovani: dice che la donna deve far fronte a serie accuse perché lei è colpevole secondo la legge di Poliphete, e così lui organizza una cena per concertare una possibile soluzione. Pandarus allora, in un certo senso, assume il ruolo di regista e questa sua caratteristica si accentuerà nel testo inglese a partire dal libro seguente. Book III. Chaucer e lo schema boccacciano Chaucer tratta l’opera boccacciana come nel libro precedente: omette certe parti, ed elabora nuovi elementi. Anche se l’intreccio è più o meno lo stesso, i personaggi si comportano in un modo diverso. In Chaucer, la storia continua in maniera più romantica: i due amanti si incontrano regolarmente, e così possono progettare il futuro: He say his lady somtyme, and also She with hym spak, whan that she dorst or leste; And by hire bothe avys, as was beste, Apoynteden full warly in this nede, So as they durste, how they wolde procede. (TC, Bk. III, vv. 451-456) 223 Nel Filostrato, nessuna preparazione precede la prima notte. È diversa anche la persona che predispone le circostanze favorevoli: mentre, in Chaucer, è compito di Pandarus fare i preparativi: That Pandarus[…] Hadde out of doute a tyme to it founde. (TC, Bk. III, vv. 512-13) Nell’opera italiana, è Criseida che dirige tutto, e Pandaro si limita ad aiutarla (“In questo mezzo il tempo disiato/ Da’ due amanti venne, donde fessi/ Griseida a chiamar Pandaro, e mostrato/ Tutto gliel’ha” (Canto III, st. 21). Troilus sta in posizione di attesa, è eccitato ma, allo stesso tempo, ha anche paura, mentre Troilo si comporta più eroicamente. Criseida domina completamente gli eventi: fa segnali, manda tutti a dormire per potersi incontrare con Troilo che la aspetta in un posto nascosto, e finalmente lo conduce nella propria camera dove i due amanti possono dare pieno sfogo alla loro passione. Nell’opera chauceriana, Troilus si comporta in modo meno lineare: è geloso, fa comparire la donna crudele e alla fine arriva a fingersi morto. La causa della gelosia è un certo Horaste, che non compare affatto in Boccaccio. Criseyde è costretta a difendersi contro la provocazione: Criseyde, which that al this wonder herde, Gan sodeynly aboute hire herte colde, And with a sik she sorwfully answerde, “Allas! I wende, whoso tales tolde, My deere herte wolde me nought holde So lightly fals! Allas conceytes wronge, What harm they don! For now lyve I to longe! (TC, Bk. III, vv. 799-885) che finalmente raggiunge il suo scopo quando Troilus viene accompagnato nella sua camera da Pandarus, che è ancora presente e dirige! 224 Un nuovo elemento in Chaucer è il Canticus Troili, che traspone The Consolation of Philosophy di Boezio in rhyme royal. In Boccaccio – che qui tende a dare maggior rilievo alle emozioni – Troilo prega a lungo. È diversa la conclusione delle due unità strutturali: il terzo libro termina con la celebrazione della felicità della coppia che gode la gioia dell’amore reciproco. In chiusura del Canto III, invece, Boccaccio tira in ballo la ruota della fortuna, richiamando l’attenzione sul fatto che la felicità può facilmente trasformarsi in tristezza: Ma poco tempo durò cotal bene, Mercè della fortuna invidiosa, Che in questo mondo nulla fermo tiene; Ella li volse la faccia crucciosa Per nuovo caso, sì com’egli avviene, E sottosopra volgendo ogni cosa, Di Griseida gli tolse i dolci frutti, E i lieti amor rivolse in tristi lutti.” (Canto III, st. 94) Book IV. Emozioni in maggiore rilievo In questa parte, Chaucer torna a ricalcare più fedelmente il testo italiano, con la differenza che tende a descrivere più dettagliatamente lo stato d’animo dei protagonisti. La donna deve lasciare il suo amante perché avrà luogo uno scambio dei prigionieri. Troilus è disperato, però riesce a manifestare le sue emozioni, e induce Hector, suo fratello e suo portavoce, a cercare di impedire lo scambio. Troilo, invece, non è in grado di padroneggiare le proprie reazioni: al sentire le notizie, cade semplicemente svenuto. Boccaccio comunica abbastanza spesso con i lettori, e in questa parte con intensità ancora maggiore. L’autore parla delle proprie pene, si identifica con Troilo, evoca la donna del suo cuore: 225 Ma se pur viene a’ tuoi orecchi mai, Pregoti per l’amore il qual ti porto, Che abbi alcun rispetto alli miei guai, E ritornando mi rendi il conforto Il qual col tuo partir levato m’hai: E se discaro t’è ’l trovarmi morto, Ritorna tosto, che poca è la vita, La qual lasciato m’ha la tua partita. (Canto IV, st. 25) Pandarus si attiva di nuovo: arriva dopo il crollo di Troilus, riesce a ridestare la sua speranza, organizza un nuovo incontro per gli amanti, e torna a d assumere il suo ruolo di regista. È, invece, tardivo l’intervento di Pandaro, che solo in un secondo tempo suggerisce a Troilo di far visita a Criseida insieme a lui. La reazione di Criseyde è simile a quella di Troilus: For which no lenger myghte she restreyne His teeris, so they gonnen up to welle, That yaven signes of the bittre peyne In which hir spirit was, and moste dwelle, Remembryng hir, fro heven into which helle She fallen was, syn she forgoth the syghte Of Troilus, and sorwfully she sighte. (TC, Bk. IV, vv. 708-714) ma l’arrivo di Pandarus le restituisce la speranza. È interessante notare la svolta nel comportamento dei personaggi del Filostrato. Mentre in precedenza è stata la donna a dirigere tutto, adesso Pandaro comincia a svolgere questa parte. Viene così a emergere anche nel testo di Boccaccio una caratteristica che Chaucer aveva già messo a fuoco. L’incontro fra i due amanti non avviene nello stesso modo: nel testo inglese possiamo assistere a una scena molto più drammatica. Per Criseyde è più difficile convincere Troilus, e infatti promette di ritornare da lui, anzi gli giura fedeltà: 226 And this on every god celestial I swere it yow, and ek on ech goddesse, On every nymphe and deite infernal, On satiry and fawny more and lesse, That halve goddes ben of wildernesse; And Attropos my thred of lif tobreste If I be fals! Now trowe me if yow leste! (TC, Bk. IV, vv.1541-1547) L’opposizione di Troilus è più forte e si accompagna alla gelosia nei confronti dei greci che ammiravano la sua donna. Book V. Inclusione di storie precedenti Secondo la saggistica letteraria, nella narrazione del distacco fra Troilus e Criseyde Chaucer si basa sulle versioni più vecchie della storia (Benoît de Sainte-Maure, Guido delle Colonne), dato che in Boccaccio questa parte manca totalmente. Il Filostrato si concentra soprattutto sulle sofferenza di Troilo, mentre Chaucer elabora anche altri dettagli. Vale la pena notare che qui si riscontra la maggior divaricazione nella struttura: ad un libro solo corrispondono quattro canti. Nella versione di Chaucer possiamo trovare più dettagli sul congedo: veniamo a sapere che la felicità della coppia è durata tre anni, e che Diomede, il futuro seduttore, già si infiamma andando verso il campo greco, mentre Troilus sta organizzando il suo funerale: To Troie is come this woful Troilus, In sorwe aboven alle sorwes smerte, With feloun look and face dispitous. Tho sodeynly doun from his hors he sterte, And thorough his paleis, with a swollen herte, To chaumbre he wente; of nothyng took he hede, Ne non to hym dar speke a word for drede. (TC, Bk. V, vv.197-204) 227 Il sogno di Troilus ha un ruolo importante: sembra un presagio spaventoso per quanto riguarda il futuro, Pandarus, però, tranquillizza il protagonista dicendo che i sogni non diventano sempre veri. Questo episodio è notevole perché Pandarus prova a suggerire che la storia potrebbe avere ancora una svolta positiva. Per distrarsi, i due amici visitano il castello di Sarpedon, ed al loro ritorno sperano di ritrovare Criseyde nella sua casa. Vedendo il posto deserto, Troilus perde i sensi, e ciò è il segno del carattere beffardo di Chaucer, che ridicolizza il protagonista. Diomede è molto più importuno nel Filostrato, fa visita a Criseida già al quarto giorno. Nel frattempo, Chaucer presenta i personaggi di nuovo, come se volesse trovare giustificazioni per gli sviluppi successivi: in particolare Criseyde, nel monologo in cui si congeda da Troilus, risulta davvero commovente. Mentre nel Filostrato gli eventi sono un po’ semplificati e Criseida si arrende facilmente, nel Troilus l’autore comunica con i lettori provando a trovare qualche scusa per la perfida donna. La sofferenza di Troilus/o nel testo boccacciano risulta insostenibile sino a giungere all’invocazione della morte. La spiegazione di tale enfatizzazione può essere il desiderio del Boccaccio di esercitare un effetto sulla donna amata con questo mezzo. Criseyde, dopo aver illuso Troilo con promesse vuote, prove, forse, della sua perfidia, scompare definitivamente di scena in entrambi i testi. Troilus/o, dopo aver visto la prova della sua infedeltà, muore. Chaucer chiama in causa di nuovo il pubblico, prima di congedarsi dal libro, ed innalza l’amore da sentimento terrestre a esperienza celeste. Naturalmente, Boccaccio, sempre fedele alla sua amante, nell’epilogo la prega di nuovo di ritornare da lui Similarità verbali nel Troilus Dopo l’analisi delle variazioni nella struttura, vorrei brevemente accennare alcune similarità verbali, che sono le prove dell’ipotesi che Chaucer seguisse molto precisamente il Filostrato, avendolo forse anche con sé durante la scrittura della propria opera. Il numero delle 228 corrispondenze è rilevante nel Troilus, fatta eccezione per il Book II, in cui non possiamo veramente trovare prestiti verbali. Nell’analisi delle corrispondenze verbali, conviene concentrare l’attenzione su brani o versi che corrispondono, completamente o quasi, gli uni agli altri. Dobbiamo avvicinarci alla nozione dei brani identici con cautela perché è molto difficile trovare dei passi che corrispondano parola per parola, a causa della diversa costruzione delle due lingue.10 Generalmente possiamo individuare versi costruiti nella stessa maniera con nuove parole, ed un’altra cosa degna di attenzione è che talvolta i versi identici sono inseriti sporadicamente, mentre altre volte si succedono l’uno dopo l’altro a distanza ravvicinata, creando brani identici più lunghi. Un brano quasi identico è nel Book III, quando Troilus/Troilo ritorna nel suo palazzo dopo aver passato la notte con la donna del suo cuore: Retorned to his real paleys soone, He softe into his bed gan for to slynke, To slepe longe, as he was wont doone. But al for nought; he may wel ligge and wynke, But slep ne may ther in his herte synke, Thynking how she for whom desir hym brende A thousand fold was worth more than he wende.11 (TC, Bk. III, vv. 1534-1540) Un altro brano di questo tipo si ha quando Pandarus e Troilus discutono su come procedere, e il giovane innamorato loda Criseyde: The sonne, which that al the world may se, Saugh nevere yet my lif, that dar I leye, 10 Nei versi seguenti indicherò in corsivo solamente le parti letteralmente identiche. Tornato Troilo nel real palagio,/ Tacitamente se n’entrò nel letto ,/ Per dormir se potesse alquanto ad agio;/ Ma non gli potè entrar sonno nel petto,/ Sì gli facean nuovi pensier disagio,/ Rammemorando il passato diletto,/ Pensando seco quanto più valeva/ Griselda bella, ch’el non si credeva. (Canto III. st. 53) 11 229 So inly fair and goodly as is she Whos I am al, and shal, tyl that I deye. And that I thus am hires , dar I seye, That thanked be the heighe worthynesse Of Love, and ek thi kynde bysynesse.12 (TC, Bk. III, vv.1604-1610) L’altro tipo dei prestiti consiste in versi o espressioni identiche, per esempio nella descrizione di Criseyde: “She nas nat with the leste of hire stature, /But alle hire lymes so wel answerynge /weren” (TC, Bk. I, vv. 281-283).13 Possiamo citare un altro esempio in una parte descrittiva: “But right as floures, thorugh the cold of nyght / iclosed” (TC, Bk. II, vv. 967-68), che è lo stesso nel testo italiano: “Quali i fioretti dal notturno gelo / chinati e chiusi”(Canto II. st. 80). È interessante notare che quando Chaucer preannuncia che la felicità dei due amanti non durerà a lungo, usa un aggettivo simile ed anzi la stessa congiunzione (“But cruel day” (TC, Bk. III, l. 1694), “Ma il nemico giorno” (Canto III. st. 70)). A mio parere, gli esempi citati sopra sono prove abbastanza convincenti del fatto che Chaucer abbia conosciuto l’opera boccacciana e l’abbia usata durante il concepimento del Troilus. Diverse possibilità d’interpretazione nei due testi Come abbiamo visto, Chaucer usa quasi tutti gli elementi boccacciani, ma ne inserisce anche di nuovi. La maggior differenza è nella rappresentazione dei personaggi: quelli di Chaucer sono molto più dettagliatamente definiti. La Criseyde di Chaucer non è così indipendente: prima delle decisioni si tormenta, ma non cambia facilmente. Per il comportamento diverso delle due donne, John Fleming offre una possibile spiegazione, secondo la quale la velocità con cui i due amanti boccacciani si decidono è spiegabile con la spontaneità mediterranea (Fleming 1986:183). 12 Non vede il sol, che tutto il mondo vede,/ Sì bella donna nè tanto piacente,/ Se le parole mie meritan fede,/ Sì costumata, vaga ed avvenente,/ Quanto lei, la cui buona mercede,/ Più ch’altro i’ vivo allegro veramente;/ Lodato sia Amor che mi fe’suo,/ E similmente il buon servigio tuo. (Canto III, st. 58) 13 “Ell’era grande, ed alla sua grandezza/ Rispondean bene i membri tutti/ quanti;” (Canto I, st. 27) 230 La conseguenza della più attiva Criseida di Boccaccio è che Pandaro non svolge tanto il ruolo del regista, e così anche Troilo risulta più indipendente. D’altra parte, nella figura di Troilus possiamo scoprire l’esagerazione e la critica dei modelli dell’amore cortese. É diverso anche il ruolo delle donne nelle due opere: Criseida è la musa che ispira e guida lo scrittore. È molto interessante, peraltro, notare che il narratore di Boccaccio non ha un’opinione molto positiva di Criseida: la disprezza e ne parla male. Nell’opera inglese il narratore si comporta in modo diverso: evita il biasimo nei confronti di Criseyde e cerca di rimanere imparziale, pur potendo trovare una giustificazione nella dinamica degli eventi. Non ha un contatto personale con la donna amata, che non è la sua musa, anzi viene sostituita da una furia, simile a una sirena che conduce il poeta a naufragio. La figura di Chaucer è quella del viaggiatore, del marinaio, e la sua opera viene arricchita da molte immagini elaborate e dettagliate della tempesta, onde, vento etc., tutti elementi che mancano assolutamente in Boccaccio ma d’altra parte sono rintracciabili nell’opera boeziana. Non soltanto la rappresentazione dei personaggi è diversa, ma anche la motivazione della scrittura. Per Boccaccio, la triste storia rispecchia la propria vita, mentre per Chaucer la letteratura dell’amore (Fish 1984:304). Pertanto, se possiamo leggere il testo di Boccaccio in chiave autobiografica14, in Chaucer troviamo piuttosto una biografia della letteratura, cui l’autore si avvicinava con una conoscenza profonda, ma spesso ironicamente e criticamente. Per questo lascia molto spazio al suo ruolo di narratore, e spesso interrompe la storia con i suoi commenti. In sostanza l’opera di Chaucer non è soltanto una versione inglese del Filostrato, ma anche una trasposizione critica della sua filosofia e tradizione poetica. 14 Sul carattere autobiografico dell’opera boccacciana non tutti gli studiosi sono d’accordo. Vittore Branca rifiuta questa conclusione, ed altri, per esempio Robert Hollander, mettono in rilievo la sua importanza allegorica ed iconografica. 231 Si può, tra l’altro, notare una differenza importante nel cosiddetto Palinode, cioè nell’epilogo. Chaucer finisce la storia parlando della fugacità e della transitorietà delle cose mondane, e così dà all’opera un altro livello d’interpretazione: quello metaforico e filosofico. Da parte sua, il Boccaccio si concentra solo su due cose: l’infedeltà di Criseida e, più in generale, il carattere debole delle donne. Lo scrittore italiano, rimanendo fedele alla sua strategia di chiusura (come anche alla fine del Corbaccio e del Decameron), categoricamente separa tutto quello che è nobile e meritevole da tutto ciò che non lo è. Nel Filostrato stabilisce una netta dicotomia, ponendo da un lato le donne moralmente riprovevoli, che sono da evitare, e dall’altro le poche donne gentili, la sua donna amata e la filosofia, che sono da tenere in gran conto. D’altra parte, Chaucer amplia l’impianto concettuale ed elabora anche altri temi fino all’ultima stanza, che può essere considerato il culmine dell’opera e in cui – seguendo l’esempio offerto da Dante nel Paradiso – presenta la numerologia della Trinità. Lui non accenna neanche la possibile lettura antifemminista così dominante in Boccaccio.15 Per concludere, si può constatare che, mentre Boccaccio si concentra piuttosto sulle azioni, sulle pene e sulle gioie dell’amore, Chaucer aggiunge due altre possibilità di lettura all’opera: l’approccio filosofico all’amore, e la consolazione della filosofia per l’affanno amoroso.16 Per avere un quadro completo sulle influenze boccacciane nell’opera di Chaucer, bisognerebbe esaminare il rapporto tra Il Decameron e The Canterbury Tales da simili punti di vista: cioè distinguere la “materia originale” e le parti aggiunte nella raccolta chauceriana, e non dimenticarsi naturalmente delle opere minori di Boccaccio, come Il Filocolo e Le Teseide. Il secondo passo, la conclusione completa di quest’opera filologica, potrebbe essere l’investigazione sul possibile rapporto personale tra i due autori, tema molto dibattuto nella saggistica letteraria e strettamente correlato al problema stesso del’esistenza e del’essenza del cosiddetto periodo italiano di Geoffrey Chaucer. 15 Il narratore di Boccaccio scrive di belle donne giovani insieme a donne nobili, che possono essere molto orgogliose ma rimangono bestie lo stesso. Tutto questo è una versione semplificata del topos della nobiltà (vedi Curtius, European Literature and the Latin Middle Ages, ”Nobility of Soul”) 16 Per questo tema più in dettaglio vedi Dean 1985 e Knapp 1977 232 Bibliografia Boitani 1986 P. Boitani et al, The Cambridge Chaucer Companion, Cambridge, Cambridge University Press Chaucer 1957 The Works of Geoffrey Chaucer a cura di F. N. Robinson, London, Oxford University Press Cummings 1916 H. M. Cummings, The Indebtness of Chaucer’s Works to the Italian Works of Boccaccio, Menasha, Wisconsin: Collegiate Press Dean 1985 J. Dean, Filostrato, “Chaucer’s and the Troilus, poetics of Boccaccio’s Closure”, Philological Quarterly, 64, 2 (1985), 175-184 Fish 1984 V. Fish, “The Origin and Original Object of Troilus and Criseyde”, The Chaucer Review, 18, 4 (1984), 304-315 Fleming 1986 J. Fleming, “Deiphoebus betrayed: Virgilian Decorum, Chaucerian Feminism”, The Chaucer Review 21, 2 (1986), 182-199 Harvey 1967 Paul Harvey, The Oxford Companion To English Literature, Oxford, Clarendon Press Knapp 1977 P. A. Knapp, “Boccaccio and Chaucer on Cassandra”, Philological Quarterly, 56 (1977), 413-417 233 Praz 1947 M. Praz, Geoffrey Chaucer e i racconti di Canterbury , Roma Reiss 1974 E. Reiss. “Boccaccio in English Culture of the Fourteenth and Fifteenth Centuries”, in AA.VV. Il Boccaccio nella cultura inglese e angloamericana, a cura di Giuseppe Galigani, Firenze Schirmer 1924 W.F. Schirmer, “Boccaccios Werke als Quelle Chaucers”, Germanisch-romanische Monatsschrift XII (1924), 291-293 Tatlock 1950 J. S. P. Tatlock, The Mind and Art of Chaucer, n.p., Syracuse Troilus 1978 The Story of Troilus, a cura di R. K. Gordon, Toronto, University of Toronto Press Windeatt 1995 B. Windeatt, Troilus and Criseyde, Oxford, Clarendon Press Testi di riferimento per le citazioni da Boccaccio e Chaucer: Giovanni Boccaccio, Il Filostrato, Strasburg, Heitz & Mündel, s.i.d. The Riverside Chaucer. Geoffrey Chaucer. Troilus and Criseyde, a cura di Larry D Benson, Oxford, Oxford University Press, 1987 234