Diapositiva 1 - Domina Lunae

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Diapositiva 1 - Domina Lunae
l’Ombra del femminino sacro
Dott.ssa Cristina Pandolfo (Dianara)
“ Salve, madre grande, la tua nascita non è stata
scoperta;
Salve, madre grande, nel mondo infero che è
doppiamente celato tu sconosciuta!
Salute o te o grande, o divina, la tua veste non è stata
sciolta, non è stata sciolta.
Salute, Celata, non c’è via che porti fino a te […]”
(E.A. William Budge, The Gods of the Egyptians)
In origine, ben prima delle divisioni fra materia e spirito tutto era sacro e il cosmo era integro. Era l’età della pace, l’era
della Dea, del matriarcato pacifico e del femminile libero e potente. Il Femminino, divino e umano, indistinto e al centro
del mondo, dava origine a culture pacifiche, in armonia con l’ambiente, in grado di gestire la complessità sociale in forma
equilibrata e di entrare in contatto in modo fluido e profondo con i diversi aspetti della vita e della morte. La Grande Madre era al
centro della vita sociale e religiosa, raffigurata nei suoi aspetti di generatrice di vita, trasformatrice di tutte le cose ed
eterno ciclo di morte e rinascita. In principio vi era solo la Dea e migliaia, tra paleolitico e neolitico, di raffigurazioni
testimoniano la presenza e diffusione di un culto ininterrotto del divino femminile. La scissione e rottura, l’idea di un’unica
divinità maschile creatrice dell’universo e di tutto ciò che in esso è contenuto, un divino esclusivamente, o quasi, maschile e
trascendente e le conseguenti religioni storiche, nascono nel e dal momento in cui avviene un capovolgimento del “luogo di
origine”, una dissociazione e rimozione. L’inversione della condizione biologica con l’aspirazione dell’uomo verso Dio e il
desiderio di sentirsi divini, porta il bisognoso di essere elevati considerandosi qualcosa di basso e indegno. L’invenzione di un
unico Dio maschio che crea l’uomo a sua immagine determina la faglia nella quale il principio divino si disincarna e
cancella la sua origine, dimenticando la spinta che lo genera all’interno della coscienza. Da quel momento la verità
evidente che la vita si crea nel femminile delle specie e che nasciamo da donne comincia, nelle religioni, ad essere raccontarla
rovesciata e in molti casi anche rimossa o camuffata. Ma, come in ogni processo di dissociazione e rimozione, qualcosa resta come
traccia, frammenti, immagini ambigue e nella sensazione di una “mancanza” e troncamento. Fra queste tracce troviamo i racconti, le
leggende, le tradizioni e le superstizioni in cui, seppure oscurando, nascondendo e trasfigurando, ci si rende conto che qualcosa è
stato cambiato e rielaborato.
Un cambiamento di natura violenta, coinvolse in tempi
diversi tutte le civiltà dell’ampio territorio del culto della Dea
(Europa, Russia e Siberia, Medio Oriente, parte dell’Africa,
l’Oriente fino all’India e probabilmente la Cina), un trauma che
attraversa i millenni, inesorabile, fino alla completa distruzione
delle civiltà preesistenti (o perlomeno fino alla completa
distruzione del precedente sistema paritetico) e fino alla
profonda trasformazione culturale segnata dalla
mutazione della percezione della donna da
manifestazione della potente Dea a essere per natura
debole e inferiore all’uomo, se non addirittura temuto e
allontanato in quanto diabolico e distruttivo. Prima
dell’età del bronzo, il timore dell’uomo era rivolto verso
la natura, mentre da un certo momento in poi si
manifesta il terrore della violenza umana.
Dal 4.500 a.C. circa, si sviluppano culture patriarcali,
patrilineari, basate sull’ allevamento, sull’addomesticamento
degli animali e sull’uso delle armi, caratteristica comune a tutti i
popoli nomadi invasori che diedero il via all’età “eroica” e ai
miti e riti della nuova mitologia basati su ordini di
violenza giustificata e orientata, in senso sociologico, ad
una tripartizione in classi lavoratori - guerrieri sacerdoti.
Dal punto di vista religioso, si tratta della sconfitta disastrosa
dell’ immagine divina femminile fino alla sua perdita.
L’idea di opposizione fra luce e tenebre, fra bene e
male, entra nella cultura solo con l’arrivo delle
popolazioni a struttura patriarcale e con esse anche la
figura dell’eroe che lotta e la prima separazione fra
umano e divino. L’unità della Dea viene spezzata, colei
che era Dea della vita e della morte, diventa la Dea della
vita contro la Dea della morte e nella divisione il potere
originario è perduto e mai più riconquistato. Se è pur vero che in
molti luoghi e tradizioni vi è una tendenza teologica di tornare a
far convergere in un’unica Dea i suoi diversi volti, questa resta
comunque tanto “astratta” da perdere, spesso, il suo stesso nome a
favore di singole Dee che ne incarnano i nomi e gli attributi. Allo
stesso modo i volti della Dea che mantengono uniti i due aspetti
di “luce ed ombra” diminuiscono, sostituite da figure unilaterali
rappresentate da un lato dalle Dee numinose, oscure e dall’altro
dalle luminose e benigne.
All’origine del trauma la Dea è spezzata in due e per la
prima volta appare come cattiva e il Dio/eroe fa la sua
comparsa come salvatore. Così i mondi della materia e
dello spirito vengono separati e appaiono in
contrapposizione la Dea dei poteri stellari e la Dea
(demone) dei poteri ctonii.
È proprio in questo momento che fanno la loro comparsa, per la
prima volta, le Dee furiose portatrici di morte, il lato
oscuro del femminile, manifestazione dell’inconscio represso,
distruttive, temute e terribilis.
La Luna Nera
trasformazione, magia, divinazione, saggezza, consapevolezza, origine
Quando la luna appare nera e non visibile è chiamata nuova, essa sorge al mattino, tramonta alla sera ma il sole ne illumina solo
la faccia a noi nascosta. É una fase indicata per la divinazione, per la pratica sulle vite precedenti o per rituali atti a
conoscere verità celate. È un momento di forte trasformazione, adatto a chiudere con il passato per aprire nuovi capitoli.
La luna nuova o nera ha un significato ambivalente, in essa coincidono la fine di un ciclo e l’inizio di un altro
essa è al tempo stesso la luna della fine ma anche dell’origine.
Rappresenta ciò che non c’è più, ciò che è finito, la conclusione di un processo, simboleggia la morte fisica e metaforica,
che va considerata come soluzione, passaggio, cambiamento. La chiave di volta del passaggio è l’accettazione
di un’assenza momentanea di certezze durante la quale ci troviamo in balia del caos. Oltrepassare implica che abbandoniamo ciò
a cui siamo legati e abituati e che accettiamo un periodo senza chiarezza, senza riferimenti; probabilmente anche di stasi, di
immobilità, di impossibilità di agire, senza scopo apparente. Ma la Luna nera si annulla, si oscura per poter tornare a
risplendere. E’ una luna velata, la sua assenza è soltanto apparente, contiene in sé il germe della luna futura.
“Passare” e “andare oltre” non sono solo sinonimi, ma sono anche l’uno causa dell’altro, per “andare oltre”
bisogna “passare”. Per crescere, la luna, deve prima morire.
Gli archetipi del femminino panico
Vergine oscura - Mater terribilis - Crona
• Sirene o Ondine
• Lamie
• Streghe
• Arpie
• Gorgoni
• Furie o Erinni
• Echidna
• Empuse
• Parche
• Amazzoni
• Banshee
• Kitsune
• Succubi
• Baba yaga
Guardiana dell’inconscio
Dea della Notte
Dea dalla testa di Serpente
Dea della trasformazione
Dea della rigenerazione
Signora degli inferi
Madre terrifica
Dea della guerra e della distruzione
Caratteristiche e corrispondenze
generali
• divinità ctonie
• luna nera
• sembianze mostruose o bellissime
• fascino
• mistero
• pulsione erotica
• rabbia e dolore
• incomprensione
• furia e distruzione
• attributi serpentini
• guarigione e rigenerazione
• vampirismo
• morte
• inferi
• tentazione
• istinto
• inconscio
Sirene e Ondine
Creature mitologiche con corpo di donna e coda di pesce, esclusivamente interessate a se stesse, autoerotiche. Non
conquistano l’uomo per amore ma per brama di dominio fino a condurlo alla morte per soffocamento negli abissi marini.
Non possono amare ma soltanto desiderare, sono di sangue freddo prive di sentimenti umani e compassione e rappresentano
l’istinto nella sua forma demoniaca interamente non umana . Tali donne rubano l’anima dell’uomo, ma senza sperimentare
esse stesse la passione, i desideri, le pene dell’istinto.
La parte inferiore del corpo è di pesce a sottolineare la sterilita emozionale che le contraddistingue.
Lamie
Lamia era la bellissima figlia di Belo che generò da Zeus alcuni figli tra cui Scilla, terribile creatura distruttiva. La sposa di
Zeus, Era, per gelosia ne strangolò tutti i figli ad eccezione di Scilla e per vendetta, Lamia, prese ad uccidere tutti i
neonati che incontrava sul proprio cammino, in preda ad un furore cieco, perdendo anche la propria bellezza e
trasformando il suo volto in una maschera di incubo, con occhi fiammeggianti, denti lunghissimi e una turgida lingua
deformata. Da allora essa si trascina ovunque vi siano bambini, perfida e spietata li rapisce, nasconde e uccide, insaziabile.
Il nome Lamia deriverebbe da Lamyros, Laimos, cioè “gola” con il senso di ingorda, avida, lussuriosa o viziosa, ma anche ,
secondo Jung, di caverna, abisso , voragine considerando la Lamia come Madre divorante.
Le Lamie greche e romane sono contemporaneamente demoni lascivi e vampiri, accorrevano nei trivi e durante la notte
giacevano con giovani in amplessi divoranti o succhiavano loro il sangue fino alla morte.
Streghe
Il mitologema della strega medievale deve essere riallacciato
senza dubbio a Ecate, Artemide/Diana e Lilith e ne reca le origini
psicologiche e simboliche quali emanazione funesta della Luna.
Essa vive in una dimensione occulta del XIII e XIV secolo,
rappresentata come una donna vecchia, sozza e brutta e
dall’aspetto feroce che giunge nel pieno della notte capeggiante
una coda infernale di diavoli, cani, vampiri, nani o come donna
giovane, bellissima, attraente e seducente. Secondo la tradizione
esse erano tante quanti i diavoli che infestavano il mondo, e
manifestazione di potenze occulte che lasciavano cadere su
persone, cose, animali, abitazioni e raccolti la loro maledizione.
Esse avevano tre tipi di rapporti, uno con i loro simili, uno con il
diavolo (che implicava il famoso patto) e uno con Dio stesso.
Strategia psicologica necessaria per affermare e dimostrare in
tempi di inquisizione l’esistenza di un male e di un bene
superiore. La strega operava dunque malefici innumerevoli, da
banali fastidi indotti fino a mali più gravi, morte compresa, si
offrivano sessualmente al demonio e partorivano diavoli. Esse
avevano totale potere sul sesso. La caratteristica più
impressionante della strega era quella di potersi muovere da un
luogo all’altro con grande facilità, volando per aria a cavallo di
una scopa, con la quale si recava al sabba, grandiosa epifania delle
forze vitali liberate, luogo di festa in cui essa rinnovava la sua
protesta e consegnava corpo e anima al diavolo in cambio di
magici poteri.
Arpie
Le “rapitrici“, figlie di Atamante, sono creature
terrifiche dotate di ali e piedi di animali. L'origine del
loro mito deve forse ricondursi a una personificazione
della tempesta, esse volano simili ad uccelli che
lanciano alte strida e ghermiscono le vittime per
consegnarle alle Furie.
Gorgoni
Mostri della mitologia greca, figlie di Forco e di Ceto.
Erano tre sorelle, Steno, Euriale e Medusa. Di aspetto
mostruoso con ali d'oro, artigli di bronzo, zanne di cinghiale e
serpenti al posto dei capelli e chiunque le guardasse
direttamente negli occhi rimaneva pietrificato. La gorgone per
antonomasia era Medusa, unica mortale fra le tre e loro regina,
che, per volere di Persefone, era la custode degli Inferi. Le
Gorgoni rappresentavano la perversione nelle sue tre forme,
Euriale la perversione sessuale, Steno la perversione morale e
Medusa la perversione intellettuale.
Furie o Erinni
Aletto, Tisifone e Megera, nate dalla Madre Terra attraverso
l’evirazione di Urano, il grande Cielo che divora i propri figli per
non perdere il trono.
Esse si discostano dalle caratteristiche fondamentali dei demoni
femminili, il loro compito era quello di punire gli spergiuri e
coloro i quali recavano offesa alla Dea Madre con azioni o
promesse non mantenute. Solitamente vengono descritte come
orribili vecchie con testa di cane e corpo nero, fuligginoso e sul
dorso grandi ali di pipistrello, occhi iniettati di sangue fissi ed
indagatori. Hanno gesti impazienti e decisi, stringono tra le mani
temibili pungoli con acuminate punte di bronzo, se le vittime ne
vengono colpite muoiono sotto atroci tormenti
Echidna
Nata dalla Terra, sorella delle Gorgoni, il suo nome significa “vipera”. Nella mitologia è considerata la sposa di
Tifone, nemico di Zeus, con il quale generò orrendi figli, Cerbero, cane infernale a tre teste, L’Idra, serpente
marino dalle cento teste, La Sfinge, la Chimera e Ortro, altro cane infernale.
Essa è il demone più manifesto che supera il vampirismo sfociando nel cannibalismo.
In Echidna ritroviamo il modello della prostituzione apocalittica della corporeità ed essa risulterà il prototipo più
marcato connesso alla strega medievale connessa con il drago che assumerà un valore ctonio, infernale, quale
espressione di Satana e della Madre terrifica.
Empuse
Demoni femminili con testa e torace umano, serpi per capelli
attorciglianti e sibillanti, braccia animalesche, natiche da asina
grigie e ruvide, una gamba di asina e l’altra di bronzo pesante.
L’empuse erano solite comparire ai quadrivi e ai trivi degli
abitata portata a un cocchio di cani latranti, avvolta in una
vescica gonfia di sangue e materia fetida, con un sorriso
sprezzante e di seduzione irresistibile. L’empusa rappresenta
l’attacco delle fantasie e dei desideri che invani vengono
censurati.
A seconda delle superstizioni popolari questo demone può
assumere sembianze di cagne, vacche o sensuali e bellissime
fanciulle che si insinuano nelle camere dove gli uomini dormono
per sottrargli tutte le energie vitali con tremendi amplessi a cui
la vittima non può sottrarsi.
Parche
Figlie della Notte e personificazione del destino inevitabile che segue ogni
essere umano. Conosciute anche come Moire , il loro nome significa “parte” e
rappresentano i tre decisivi momenti della vita, inizio e fine, nascita e morte, le
fasi della Luna e le tre stagioni dell’anno (primavera estate e inverno) . Esse
sono Kloto la "filatrice", Lakesi la "distributrice" e Atropo "colei che non si
dissuade“ . Queste figure posseggono tutte le proprie caratteristiche femminili
in accordo con gli antichi sistemi matriarcali, la loro funzione come detentrici
del fato era osservare che il naturale ordine delle cose fosse rispettato,
possedevano il dono della preveggenza e sedevano nelle assemblee degli Dei.
Si recavano presso la culla di ogni nuovo nato per stabilirne la quantità di “bene
e male”, venivano invocate prima di un matrimonio per propiziare un unione
felice e quando un uomo era prossimo alla morte le Moire tagliavano il “filo”
della sua vita. Chi provava a cambiare il proprio fato veniva punito per aver
tentato di oltrepassare i confini stabiliti dalle Parche attraverso la furia di
Nemesi. Il potere delle Moire proveniva da un tempo prima di Zeus derivato
dalla loro antica esistenza come parte dell’intero stesso universo.
Amazzoni
Sacerdotesse della Luna. La parola originaria a-mazon significa
“senza seno” poiché esse sarebbero solite privarsi di un seno per
migliorare l’utilizzo dell’arco in battaglia (probabilmente una
fantasia di rimozione dei caratteri sessuali rifiutati). Non è
ancora chiara e documentata l’esistenza di questa tribù,
provenienti dalle zone del Mar Nero, che in Grecia perpetuò un
esperienza matriarcale considerata barbarica dagli stessi elleni.
Esse vivevano in gruppi dove non era assolutamente ammessa la
presenza degli uomini, le loro regole di vita si concentravano su
un autonomina identificata ai comportamenti maschili ed erano
femmine bellissime, audaci e forti. Erano allevate all’uso delle
armi e non manifestavano teneri sentimenti, per perpetuare la
razza si recavano una volta all’anno presso la popolazione dei
Gargarei e poi rientravano nelle loro città. Quando i figli
nascevano trattenevano le femmine che venivano educate alle
armi mentre i maschi venivano uccisi o inviati presso i Gargarei.
Elemento fondamentale della psicologia amazzonica è il rifiuto
dell’uomo e l’intolleranza assoluta dell’amore e del matrimonio,
esse sono le “femmine assassine dell’uomo” che si sostituiscono a
questo diventandone rivali e perdendo il valore dell’anima (la
parte femminile) e le vibrazioni di sposa e madre.
Le amazzoni sarebbero nell’ordine metafisico un simbolo delle
forze cosmiche psichiche che ruotano intorno la “sfera” del
paradiso per vigilarne le frontiere
Banshee
Il nome deriverebbe da una forma anglicizzata dell'irlandese
Beansì(d), che significa "donna del Sidhe", cioè "donna del colle
delle fate". Erroneamente la si ritiene portatrice di sventura
poiché sentirne le urla indicava la morte prossima di un membro
della propria famiglia. In realtà la Banshee è una creatura che può
apparire come una splendida ragazza, una donna matura o una
vecchina minuta (i tre aspetti della Dea), può essere vestita di
bianco o di rosso (colori dell'aldilà per i Celti), con lunghissimi e
bellissimi capelli (bianchi, castani, rossi o dorati) . Secondo la
reale tradizione irlandese esistono almeno tante Banshee quante le
località d'Irlanda, ognuna delle quali si cura di proteggere le
famiglie che vi abitano, ed in particolare la famiglia del capoclan
o del nobile che governa quel luogo. Esse controllavano i
componenti della "propria" famiglia anche quando emigravano e
alcuni sostenevano di averne sentito le urla notturne annunciare
la morte di un parente emigrato. Esse dunque non urlano per
crudeltà ma per disperazione. Le loro urla sono note sotto il
termine di keening, “lamento” ed il sentirle è segno di nobiltà,
perchè la Banshee avverte soltanto i componenti delle più nobili
famiglie. Esse sono così affezionata alla propria famiglia che la
notte prima della morte di uno dei suoi componenti ne
percepisce il triste destino e lo piangono emettendo un lamento
lugubre, capace in alcuni casi di fare rizzare i capelli agli umani e
di portarli alla disperazione.
Kitsune
Demone Volpe, anche se in questo caso la parola "Demone" si
traduce più generalmente con il concetto di spirito, ovvero
anima che ha raggiunto uno stato di conoscenza e illuminazione
tale da trascendere le leggi del mondo materiale.
L'attributo fisico che più rappresenta una Kitsune è la coda, e ne
può possedere fino a nove, sono spesso presentate come
ingannatrici, talvolta molto malevole; in questa veste le Kitsune
usano i loro poteri magici per ingannare gli umani, le più crudeli
abusano di poveri contadini o monaci Buddhisti. Un ruolo in cui
le Kitsune sono spesso rappresentate è quello di amanti e
seduttrici e molte di esse concepiscono bambini, mezzosangue
con aspetto umano, ed eccezionali doti fisiche o poteri
soprannaturali che spesso passano in eredità ai propri figli.
Le Kitsune appaiono spesso con l'aspetto di una donna
bellissima, una dolce ragazzina o un vecchio, ma mai come una
donna anziana. Altri poteri attribuiti alla Kitsune includono la
possessione, la capacità di appiccare il fuoco con la/e coda/e o
di sputare fuoco, il potere di entrare nei sogni e l'abilità di creare
illusioni così complesse da essere quasi indistinguibili dalla
realtà. Alcuni racconti parlando di Kitsune con la capacità di
piegare il tempo e lo spazio, di far impazzire, o di assumere altre
forme oltre a quelle umane, come un albero altissimo o una
seconda luna in cielo. Occasionalmente le Kitsune sono descritte
in termini simili ai vampiri o ai succubi che si nutrono della vita
o dell'anima degli umani, generalmente attraverso contatto
sessuale.
Succubi
Dal latino succuba, "amante" è un demone di aspetto femminile che seduceva gli uomini (specialmente monaci) per
avere rapporti sessuali .
Erano descritte come donne bellissime e terrifiche allo stesso tempo e alle quali, al pari delle Lamie, non era possibile
resistere.
Vergine oscura
l’istintiva femminilità interiore
• Persephone
• Lilith
• Nemesi
• Sekhmet
• Lamashtu
• Ereshkigal
• Durga
• Morrigan
• Circe
Persefone
Figlia di Zeus e Demetra cui nome deriva da pherophonos ovvero
“colei che porta la distruzione”. Il mito racconta che la giovane
Dea fu rapita dallo zio Ade, dio dell'oltretomba, che la portò negli
inferi per sposarla ancora fanciulla contro la sua volontà. Una volta
negli inferi le venne offerta della frutta ed ella mangiò, senza
appetito, solo sei semi di melograno, non essendo a conoscenza
dell’ingannevole legge per cui chi mangia i frutti degli inferi è
costretto a rimanervi per l'eternità.
La madre Demetra, Dea dell'agricoltura, che prima di questo
episodio procurava agli uomini interi anni di bel tempo e fertilità
delle terre, reagì disperata al rapimento impedendo la crescita
delle messi e scatenando un inverno duro che sembrava non avere
mai fine. Con l'intervento di Zeus si giunse ad un accordo, per cui,
visto che la giovane fanciulla non aveva mangiato un frutto intero,
sarebbe rimasta nell'oltretomba solo per un numero di mesi
equivalente al numero di semi da lei mangiati, potendo così
trascorrere con la madre il resto dell'anno. Così Persefone avrebbe
trascorso sei mesi con il marito negli inferi e sei mesi con la madre
sulla terra.
Questo archetipo esprime i riferimenti femminili in rapporto alla
madre e all’uomo nel loro limite estremo, in cui appare come vita
(la fanciulla presso la madre) e come morte (la fanciulla presso
l’uomo). l’equilibrio è nel mutare, esserci e perdersi, venire e
andare. Essa conosce il limite oltre quale si sprofonda nelle tenebre
dell’Ade e rappresenta l’ultimo quarto della fase lunare prima del
novilunio.
Lilith
Il mito di lilith appartiene alla grande tradizione delle
testimonianze orali raccolte negli scritti della sapienza rabbinica
jahvistica che si affianca, precedendola di qualche secolo, alla
versione biblica dei sacerdoti. Secondo il mito Lilith
rappresenterebbe la prima moglie di Adamo, creata come lui da
fango e saliva, che si ribellò alle leggi di Dio invocandone il nome a
seguito di un ingiustizia subita, ovvero la negazione da parte di del
compagno di poter giacere anch’essa, sopra di lui, durante il
rapporto sessuale pur essendo stati creati “alla pari”. Essa fuggì via
dal paradiso, sul Mar Rosso, relegata a essere un demone e vivere
in un perenne limbo di oscurità. La figura di lilith compare inoltre
nella tradizione assiro-babilonese e il suo nome significa "spirito
del vento".
Lilith ci appare come una figura ibrida,il corpo è robusto, molto
femminile sino all’ampio bacino e al pube, i piedi sono artigli di
avvoltoio, il volto è rotondo e ben delineato con occhi grandi e
naso regolare. La bocca è atteggiata ad un vago sorriso, con un
fremito imperativo di sfida sensuale, impenetrabile, severa,
potente e ineffabile. Ai lati delle sue gambe due volatili come
aquile o civette o felini egizi, vigilanti e impassibili.
Essa è l’incubo che appare in prossimità delle case per soffocare gli
uomini attraverso furiosi amplessi e rapire i bambini lasciati
incustoditi.
Lilith come archetipo femminile ribelle si struttura come simbolo
dei divieti posti sul desiderio, vissuta come anima in ombra e eros
negativo che irrompe fra le barre dell’inconscio per riprendere il
suo spazio psichico.
Nemesi
figura della mitologia greca, figlia della primordiale Madre Notte e conosciuta
come la Dea del castigo divino. Mentre a seguito del patriarcato la si percepì
come una mostruosa figura di vendetta e rabbia la sua prima natura era in vero
una forza astratta di giustizia, era la personificazione della legge di vendetta
che ricostituiva l’equilibrio dove l’ordine era stato oltrepassato e nei rapporti
tra gli esseri umani. Era rappresentata come una pensierosa, regale, radiante e
bella figura femminile con una corona d’argento e corna di cervo, la ruota del
destino in una mano e un ramo di melo nell’altra. La ruota indicava che tutto
derivava dal Karma e dal tempo mentre il ramo di melo la ricollegava alle
sorelle Esperidi che proteggevano il melo d’oro dell’immortalità.
Nel corso della cultura patriarcale questa figura evolse in un concetto filosofico
di vendetta divina sull’arroganza degli esseri umani. Era temuta come una
potenza misteriosa che gestiva il temperamento degli individui, puniva chi
commetteva gesta diaboliche e allontanava la fortuna dagli immeritevoli ed era
soprattutto portatrice di giustizia in caso di crimini impuniti dalla società.
Sekhmet
Dea leonessa del pantheon egizio, il suo nome significa "la
Potente" . Viene raffigurata come una donna con la testa leonina,
sormontata dal sole e dall'ureo e con in mano il bastone uadj,
scettro egizio. Essa è la distruttrice delle cose cattive, rappresenta
la dissociazione e la scomposizione; è la distruzione di ciò che non
può durare, che non ha stabilità, in questo senso è il Tempo che
divora tutto quanto gli appartiene, ma è anche la dea della
Medicina . La leggenda narra che Ra, deluso del comportamento
del genere umano, mandò Sekhmet a punirlo ma questa continuò
a distruggere gli uomini senza che nessuno potesse fermarla.
Allora Ra, mosso a compassione, fece inondare i campi di birra
mescolata con una sostanza rossa che le dava la sembianza di
sangue; Sekhmet bevve, si addormentò e cessò di distruggere il
genere umano .
Lamashtu
Dea della febbre, molto temuta da Babilonesi e Assiri. Nei
testi cuneiformi appare come nome comune di una
collettività di demoni femminili, ma generalmente si
presenta con un alto grado di personificazione. È considerata
figlia di Anu o Enlil, nefasta specialmente ai bambini, la sua
sfera negativa si estende a tutto il ciclo della gravidanza e del
parto, ella faceva infatti abortire le donne incinte
strappandone il feto dal ventre stesso. Ha testa di leone e
denti asinini; tiene serpenti nelle mani, mentre le sue
mammelle sono morse da un cane nero e da un maiale.
Ereshkigal
In origine era la Dea dei cereali, del ciclo della natura e del grano, di vita, morte
e trasformazione. Violentata dal futuro marito, fu insieme a questo, a seguito
dell'atto impuro, bandita e relegate nel mondo degli inferi del quale deterrà e
gestirà le leggi. Il suo aspetto è simile alle gorgoni, ha serpenti per capelli e occhi
raggelanti che trasmettono potenza e suscitano terrore.
Ereshkigal compare nel famoso mito che narra la discesa della Dea Inanna negli
Inferi nel quale si mostra come archetipo furioso. Il suo volto diventa giallo e le
labbra nere, si batte la coscia e si morde, ha in sé le qualità della rabbia
primordiale, l'energia incontrollabile e inconscia, distruttiva. Dall’ira, infatti,
Ereshkigal passa alla distruzione attiva contro Inanna, la sorella rea di aver osato
volontariamente scendere negli inferi viva, uccidendola spietatamente secondo le
imperturbabili leggi infere.
Dell'inevitabile morte Ereshkigal è l’aspetto "disintegrato" che ha perso la
connessione con il ciclo della vita. La sua furia, per quanto primordiale, si
appoggia sulla legge ed è fredda e inappagabile.
Durga
Presso la religione induista è la Dea guerriera raffigurata a
cavalcioni di una tigre o di un leone. Essa combatte demoni e
possiede numerose braccia armate. Rappresenta i principi del
sesso e della violenza che muovono il mondo e il suo nome si
traduce come "colei che difficilmente si può avvicinare". Essa è
l'incarnazione dell'energia creativa femminile (Shakti) di
carattere ambivalente avendo in sé entrambi i poteri di
creazione e distruzione.
Secondo la tradizione Durga nacque da un abbagliante raggio di
energia, la sua forma era di una bellezza accecante e fu creata
come guerriera per combattere e distruggere il demone
Mahishasura dal momento che solo una donna avrebbe potuto
ucciderlo.
La parola Shakti, che significa "forza", riflette l'aspetto
guerriero della dea, incarnando un ruolo tradizionalmente
maschile.
Morrigan
Divinità appartenente al pantheon celto-britannco che molti studiosi ritengono da intendersi come definizione di
unica triade, sintesi divina di tre aspetti della stessa “Grande Regina” (Mor-: grande / Rigain-: regina). È
caratterizzata da tratti guerreschi di morte ma anche da un profondo simbolismo sessuale. Una delle caratteristiche
più frequenti nelle Dee irlandesi è la capacità di trasfigurare la propria forma divina in umana o animale e spesso la
Morrigan appare come rapace, corvo o cornacchia o come una Dea imponente ammantata di piume nere, dal volto
talvolta beccuto e ricurvo, le orbite scure, i capelli scurissimi. A volte può apparire come una splendida fanciulla,
sensuale, spesso vestita con preziose stoffe purpuree che ben si intonano al fulvo crine di rosso velluto oppure come
gigantessa, muscolosa, forte ma dallo sguardo infinitamente triste per i lutti che aveva il compito di preannunciare.
Questa Dea è connessa alla Luna nera e al ciclo di morte e rigenerazione, essa era fonte e dispensatrice di umidità
che dà la vita, si riteneva infatti che oltre alla sua dimora terrestre possedesse un suo proprio regno acquatico e
divino ed è anche guardiana delle fonti e dei corsi d’acqua presso i quali appariva ai soldati destinati alla morte in
battaglia.
Circe
figlia di Elio e della ninfa Perseide è la potente maga che presiede l'isola Eea e che lega la propria storia a quella di Ulisse
nell'epico poema dell'Odissea.
Circe esprime il rifiuto della "signoria" maschile e domina ogni uomo soggiogandolo con i propri incantesimi. Presenta tratti
femminili sensuali, seducenti e divoranti e rappresenta l'Assoluto Femminino che trascina alla perdizione l'uomo che
incautamente le obbedisce. È il prototipo della strega medievale che possiede tutti i poteri dell'anima più profonda la quale si
manifesta in un totale, insostenibile eros. Essa prima lusinga e attrae irresistibilmente poi, ottenuto il dominio, riduce
l'uomo in totale soggezione e plagio rendendolo schiavo e abbruttito. L'inganno che si rivela troppo tardi rappresenta il
pericolo e la distruttività che si celano dietro la bellezza e la seduzione. Circe non si presenta come incubo ma bensì come
ideale di possibilità di appagamento assoluto, l'estasi erotica a prezzo della perdita di ogni libertà. Essa è l'incantesimo dei
sensi e l'eterna seduzione della parte giovane e avventurosa, la Dea omerica è trasformata in persecutrice ma si tratta sempre
di una valenza dell'anima che in questo caso si presenta come una componente ignota al maschile che ne è affascinato dalla
promessa idilliaca dell'otium e della rinuncia per le più dolci sicurezze.
Mater terribilis
• Iside nera
• Ishtar
• Kali
• Medusa
Iside nera
La Grande Madre egizia, sposa di Osiride era considerata il logos, la sophia. Essa mostra tutta la complessità del
femminile, la forza di una donna che ama e del potere della sofferenza che tutto trasforma, capace di rigenerare la vita e
restituire amore all'uomo, ma che possedeva anche un lato oscuro. Diverse vergini nere sono l'evoluzione di statue erette
in onore di Iside probabilmente raffigurata con una veste nera poiché in lutto per la morte di Osiride e ricollegabile
dunque alla fase oscura della Luna. Gli attributi matriarcali della luna simbolizzati da Iside si affiancano agli attributi dell‘
istintualità più indifferenziata dove le immagini non corrispondono più a concettualizzazioni consce ma vengono investite
di possibilità rappresentative subumane, prenatali e arcaiche a seconda dell'atteggiamento in cui la nostra coscienza si
pone. Elemento emblematico di questa divinità è l'attributo del velo. Esso rappresenta le molteplici forme della natura
delle quali è rivestito lo spirito ma soprattutto la misteriosa verità nascosta agli occhi umani.
Nel suo lato oscuro Iside era la distruttrice, anche chiamata Maat (conoscenza o sapienza antica), ovvero la sapienza delle
cose come esse sono e come sono sempre state, la capacità innata di seguire la natura presente sia nel loro inevitabile
sviluppo che nel rapporto reciproco nonché la sapienza dell'istinto implacabile.
Ishtar
Dea lunare Babilonese è la personificazione di quella forza
della natura che rivela se stessa come colei che toglie e da la
vita. Possiede un carattere duplice, è la dea della fertilità,
dell'amore sensuale e la protettrice delle prostitute sacre è
"colei che apre l'utero" e dona rifugio alle madri durante le
doglie del parto. Non è solo dispensatrice della vita ma anche
distruttrice. Nel suo periodo crescente tutte le cose si
sviluppano e nella sua fase calante tutte le cose sono
diminuite e rese infime. Come Dea lunare essa regnava su
tutti i cicli o mesi lunari dell'anno e nelle sue forme
continuamente mutevoli interpreta tutti i possibili ruoli
femminili. Figlia, sorella, madre e amante è la
personificazione del principio femminile, l'eros e la fonte
segreta della vita nascosta nelle profondità dell'inconscio. Al
pensiero del suo nome i mondi terrestri e celesti sono
squassati, gli dei tremano e gli spiriti vacillano e il genere
umano le rende omaggio poiché essa è la Grande Madre
Regina del cielo e della terra.
Kali
La “Madre Nera” hindù, crudele Dea della natura e consorte di
Shiva. Essa rimane immobile e ferma, in equilibrio su un piede
solo, intenta a interpretare l’estatica danza della vittoria che
scuote il mondo intero, il suo volto è terribile e una goccia di
sangue sgorga tra le sue sopracciglia. Possiede quattro braccia,
due per spalla, in mano regge un calice colmo del sangue del
demone Raktavaji, nell’altra stringe un coltello e nelle restanti
due le teste mozzate dei i giganti sconfitti. È la Dea
dell'energia femminile attiva e dirompente, dalla potenza
inarrestabile, erede dell'antica Dea della morte e della
trasformazione.
Per chi le sta di fronte, nessuno scampo, uno scontro senza
sconti, senza mediazioni. L'incontro con quanto vi è di più
alieno e oscuro con l'orrore e con la paura senza nome. Ella è
la rottura di ogni schema, di ogni forma precostituita. Kali
distrugge per trasformare e per purificare.
Questa Dea ha in sé esplicitamente il doppio volto della rabbia
estrema, è l’unica energia che può proteggere quando ogni
altra protezione si rivela inutile ma nello stesso tempo è una
furia cieca che devasta inesorabilmente.
Medusa
Dea mostruosa della mitologia greca, divinità marina con testa avvolta da scaglie di serpenti, zanne, mani di bronzo e ali d’oro. Figlia
di Forco e di Ceto è la terza sorella di tre gorgoni, due immortali e prive di vecchiaia e Medusa, la sovrana invece mortale. Queste
tramutavano in pietra coloro che le guardavano e dimoravano lontano dagli dèi e dagli uomini, sul confine ultimo della notte ovvero
nel mondo infero e tenebroso. Medusa sorveglia le frontiere del regno di Persefone per proibirne l’accesso ai vivi. Chi voglia varcarne
la soglia deve guardarla in faccia e diventare come lei, una testa tronca e mostruosa, ammantata di tenebre, simile a un’ombra o ad un
riflesso in uno specchio, la testa di morto priva di identità. Come uno specchio, la maschera della Medusa rivela se stesso a chi la
guarda, nella verità della propria immagine riflessa. Esige che la si guardi negli occhi, restandone affascinati, privati della vista e
pietrificati dal terrore, smarriti nello sguardo alieno, accecati dal fulgore della Notte. L’orrore terrificante dell’alterità radicale del
mondo infero, il soprannaturale che è nell’umano, l’altrove, in cui ci si identifica diventando pietra e da cui si è posseduti. Come la sua
maschera riflette l’alterità con cui ci si identifica attraverso un incrocio di sguardi che pietrifica, così lo specchio riflette colui che
guardandosi diviene altro da sé, qualcosa di enigmatico e di misterioso, come l’ombra, il fantasma, il doppio. Attraverso lo specchio ci
si riconosce e ci si ritrova, purché ci si divida, ci si distanzi da sé diventando “altro”. Qualcosa di analogo avviene nell’amore, il delirio
erotico è una forma di follia divina ovvero di possessione da parte di una potenza soprannaturale. Quando gli amanti si guardano e il
flusso erotico scorre dall’uno all’altra attraverso gli occhi, l’uno si vede riflesso nella pupilla dell’altra, si perde, diviene altro da sé e si
vede trasfigurato come in uno specchio che non mostra il riflesso, bensì il volto della divinità da cui si è posseduti. Allorché il
patriarcato prevale soggiogando l’equilibrio degli opposti, questa esperienza di smarrimento per giungere a ritrovarsi risulta
spaventevole, annichilante e la donna appare all’uomo non più come dèa della vita ma bensì come un demone della morte, minacciosa
incarnazione dell’annientamento.
Crona
La saggia
• Ecate
• Loba
• Baba jaga
Ecate
L'etimologia più diffusa del nome Ecate la fa derivare dall'equivalente femminile di Hekatos, un oscuro epiteto di Apollo. E'stato
tradotto in vari modi, come “colei che colpisce, che opera da lontano“, secondo altri il nome deriverebbe dal termine greco “per
desiderio, volere", in riferimento al potere di questa dea di realizzare i desideri dei mortali, per altri avrebbe la stessa radice della
parola greca “cento”, alludendo alle molte forme che può assumere, Ecate, discendente dei Titani, la “multiforme”.
La tradizione più antica la riconosce come una divinità pre-olimpica, figlia di Erebo e Notte e legata alla fertilità e al ciclo della
vita, successivamente, con l’affermazione del patriarcato essa incarnerà la Luna oscura, sarà la dea greca triforme del crocicchio
che porta i viandanti fuori strada e come regina dei fantasmi viaggia nella notte seguita da una coda di spiriti senza pace e da cani
latranti. Dea delle tempeste, delle distruzioni e dei terrori notturni, la Luna nel suo aspetto calante che porta malattia e morte,
scompigli , pazzia (intesa anche come visioni). Ma i doni di Ecate sono soprattutto la magia, l'ispirazione e la comprensione di ciò
che ci è sconosciuto. Per i greci il mondo interiore e psicologico, l'inconscio era rappresentato dal mondo infero in cui si
sviluppano tutte le cose che concernono gli spiriti. Pertanto tutta la vita soggettiva si trovava nell'inconscio, nelle nascoste,
terrificanti, profondità dell'oscurità infera. Perciò Ecate, la regina degli Inferi è la padrona di tutto ciò che vive nelle parti nascoste
della psiche e nell'inconscio ed è la dea della magia e delle streghe. Negli scritti esoterici greci di derivazione egiziana e nei papiri
di magia della tarda antichità questa Dea è descritta come una creatura a tre teste, una di cane, una di serpente e una di cavallo. ll
mito di Ecate ed il simbolismo ad esso associato sono assai complessi, essa è infatti contemporaneamente una e trina, in quanto
riunisce in sé i tre aspetti divini della fanciulla, di madre e di anziana .
Loba
La Donna delle Ossa, la Donna Lupa selvaggia che vive nel
deserto, chiamata in molti nomi, Madre dei giorni, creatrice,
ricercatrice, Madre Nyx , colei che domina su tutte le cose che
vengono dal fango e dall‘oscurità. Essa conosce il passato ,
l'antico, sopravvissuta di generazione in generazione è la vecchia
al di là del tempo, colei che sa. È circospetta, pelosa, grassa e
solitaria, si occupa della raccolta delle ossa ed emette suoni più
animaleschi che umani. La sua caverna è piena di ossa delle più
varie creature che ricerca strisciando e setacciando le montagne e
i letti prosciugati dei fiumi. Quando ha riunito l'intero scheletro
essa siede accanto al fuoco e comincia a cantare e la creatura
ritorna in vita. Cantare significa usare la voce dell'anima,
respirare la verità del proprio potere. L'io selvaggio straripa, fino
a esprimere l'anima dalla struttura mentale. Questo è cantare
sulle ossa, un lavoro solitario che si svolge nel deserto della
psiche.
La Loba si trova tra il mondo della razionalizzazione e quello dei
miti, l'archetipo della donna selvaggia che emana la psiche
istintuale, forza inarrestabile che porta idee e visioni. Essa è
ovunque e al contempo non è visibile nel senso usuale, poiché
quel che di essa si può vedere nell'oscurità risulta invisibile nella
luce del giorno.
Baba Jaga
La baba Jaga è un personaggio della mitologia slava, essa vive in
una casa che poggia su zampe di gallina, la quale fa parte del
mondo animale, cammina, piroetta è viva ed il fondamento
principale della psiche della Donna Selvaggia, la forza vitale
dove ogni cosa può non essere come appare, l'inconscio. La
Baba Jaga si presenta come una vecchia strega alta, magra,
orribile a vedersi, con i capelli scompigliati, il naso di ferro e i
denti e il seno di pietra, si sposta volando su un mortaio,
utilizzando il pestello come timone e cancella i sentieri nei
boschi con una scopa di betulla d’argento. Essa costituisce il
midollo della donna selvaggia è la custode degli esseri del cielo
e della terra, incute timore perché è insieme il potere di
annientamento e il potere della forza vitale. Osservare la sua
forza corrisponde a vedere la "vagina dentata", gli occhi di
sangue, il neonato perfetto e le ali degli angeli insieme. Essa è
minacciosa ma giusta, a volte è indicata come cattiva, altre
come una fonte di consiglio e non diventa ostile finché ci
meritiamo il suo rispetto, il rispetto per il grande potere della
consapevolezza del selvaggio. Affrontare il potere selvaggio
significa accedere alla miriade di facce del femminino
sotterraneo che ci appartengono dalla nascita. La Baba Jaga
rappresenta la Donna selvaggia sotto le spoglie della maga,
l'orchessa, la strega. è il modello dell'essere conforme al
proprio io che insegna la morte e il rinnovamento
altri archetipi del femminino panico
• Medea - figura della mitologia greca, figlia di Eete e di
Idia. Il suo nome significa "astuzie, scaltrezze" e la
tradizione la descrive come una maga dotata di poteri
addirittura divini. Tradita dall'uomo amato, Giasone, per
vendetta uccide i propri figli affinché questo non abbia
discendenza.
• Menat - Dea araba la più antica di una trinità. Rappresenta
la forza del fato, rappresentazione della morte.
• Nyx - figura della mitologia greca, figlia di Caos e di
Caligine e personificazione della notte terrestre
• Eris - figura della mitologia greca, Dea della discordia, cui
nome significa appunto "conflitto, lite, contesa". È
strettamente legata ad Ares, Dio della guerra.
• Themis - Dea greca della giustizia, è “l´irremovibile” cui
severità si invoca a protezione dei giuramenti. Il suo nome
proviene viene dal greco tithemi che significa “porre
nell´esistenza”, “dare un fondamento”.
• Bellona - Dea romana della guerra descritta come l’ombra
femminile di Marte ma cui regno abbracciava tutti gli aspetti
del conflitto, sia diplomatici che quelli militari.
• Anat - grande Dea del pantheon ugaritico, guerriera,
madre, vergine e prostituta. Creatrice del suo popolo,
poteva essere anche un’assassina assetata di sangue che
combatteva furiosamente. La forza che personificava era
immensa ma non inferiore all’energia sessuale.
altri archetipi del femminino panico
• Tiamat - Grande Madre Oceano dell'antica Mesopotamia,
successivamente trasformata in demone, dragone, con corpo
di serpente e ali.
• Hel - Nella mitologia norrena è la dea degli Inferi, figlia di
Loki, dio dell'inganno, e di Angrboða, una gigantessa. Il suo
nome significherebbe "nascosto" e altre volte è tradotto
come "Morte" .
• Oya - potente e misteriosa dea degli Yoruba in Nigeria. È
l'Orisha che governa il vento e i cambiamenti naturali più
forti e impetuosi. Ha molti volti e incarna diverse potenze
femminili, è la regina del vento del cambiamento, talvolta
chiamata "Madre del Caos", ha grande potere e non possiede
vie di mezzo. È signora del fuoco, anch'esso, naturalmente,
nel suo aspetto improvviso, esplosivo e la patrona del
tortuoso fiume Niger.
• Dakyni nera - divinità femminile diffusa sia nell'Induismo
che nel buddismo. Nel mondo Indu, la Dakini è associata alla
Dea Kali in genere nella forma di demone femminile che la
assiste, e rappresenta la più importante personificazione del
principio femminile nel buddhismo tibetano
Luce e Ombra. Mantenere l’equilibrio
Luce
Ombra
ragione
inconscio
secco
umido
sole
luna
manifestazione
gestazione
nascita
morte
conosciuto
segreto
materia
mondo sensibile
ordine
caos
Totalità
Completamento
“Io sono tutto ciò che è stato, è, e sarà, e
nessun mortale ha mai sollevato la mia
veste”
(Ibid. , I, 273)
I doni dell’Ombra
• Saggezza
• Sacrificio
• Morte e trasformazione
• Consapevolezza
• Magia
• Sensibilità
• Conoscenza
• Libertà
Dott.ssa Cristina Pandolfo (Dianara)
Nasce nell'antica Trinacria in un giorno di fine maggio del 1986 con il Sole in
Gemelli e la Luna in segno di Terra. Pagana e Strega di tradizione Dianica,
segue una spiritualità prettamente ginocentrica, pratica la stregoneria verde e
si interessa di sciamanesimo, stregheria, corrente lilithiana, ecospiritualità e
percorsi di crescita femminile.
Fonti e bibliografia
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Ballerini S. . Il corpo della Dea, Atanòr
Estés C. P. ,1992. Donne che corrono con i Lupi, Frassinelli
George D. , 1992. Mysteries of the Dark Moon, HarperOne
Gimbutas M. , 2008. Il Linguaggio della Dea, Venexia edizioni
Graves R. , 2009. La Dea Bianca, Adelphy
Harding M. E. , 1973. I misteri della Donna, Astrolabio
Il Cerchio della Luna, www.ilcerchiodellaluna.it
Percovich L. ,2007. Oscure Madri Splendenti, Venexia edizioni
Poth D. , 1998. La sapienza della Dea, PISICHE2
Sherman-Cook K. , 2010. In theshadow of 13 moons. Llewellyn
Sicuteri R. , 1980. Lilith la Luna Nera, Astrolabio
Laureata cum laude in Architettura dei Giardini e Paesaggistica presso l'Università
degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, prosegue il suo percorso
universitario alla facoltà di Agraria dell'Università di Catania conseguendo,
con il massimo dei voti, il titolo magistrale in Salvaguardia del territorio,
dell’ambiente e del paesaggio e interessandosi soprattutto di progettazione di
giardini e paesaggi terapeutici (healing gardens), spazi sacri, olismo e
bioenergetica applicata alla progettazione del paesaggio (bioenergetic
landscape).
Appassionata di fiori selvatici, fotografia e arti marziali è creatrice del sito e
gruppo dianico di cultura e informazione pagana Domina Lunae
(www.dominalunae.it).
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