RICHIAMI SULLO STATO DI SFORZO E DI DEFORMAZIONE

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RICHIAMI SULLO STATO DI SFORZO E DI DEFORMAZIONE
1-Stato di tensione____________________________________Costruzione di Macchine
RICHIAMI SULLO STATO DI SFORZO E DI
DEFORMAZIONE
Quando si parla di proprietà di un materiale si intende definire la sua risposta ad un certo tipo di
sollecitazione: elettrica, chimica, ecc...
In particolare, la risposta a sollecitazioni di tipo meccanico, quali forze concentrate, pressioni,
spostamenti, individua le proprietà meccaniche.
Consideriamo un corpo soggetto ai carichi F1, F2, F3 (Figura 1.1).
Figura 1.1
Consideriamo l’area dA nell’intorno di un punto P del corpo. Su dA agisce la porzione di carico
esterno dF (Figura 1.2).
Figura 1.2
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Si definisce la tensione t
t=
dF
dA
che ha le dimensioni di una pressione (normalmente si utilizza MPa = N/mm2).
Scomponendo t lungo la normale a dA e lungo una qualsiasi direzione appartenente al piano dA
abbiamo le due componenti (Figura 1.3a):
•
tensione normale σ
•
tensione tangenziale τ
b)
a)
F
igu
ra
1.3
F
iss
ato
un
sistema di riferimento sul piano dA potremo quindi definire le 3 componenti della tensione agente su
un generico piano dA (Figura 1.3b).
Cambiando la giacitura di dA, cambieremo in generale le tensioni agenti. In generale, in un corpo
qualsiasi soggetto a carichi, possiamo definire lo stato di sollecitazione in un punto del corpo
immaginando di “ritagliare” nel punto del corpo un cubetto elementare: su ciascuna faccia del cubetto
agiranno forze normali e tangenziali (Figura 1.4), che definiscono il tensore degli sforzi.
Figura 1.4
Per quanto riguarda le deformazioni, in modo analogo a quanto fatto per le tensioni, avremo le
deformazioni longitudinali ε (legate alle variazioni di lunghezza) e quelle angolari γ (legate alle
variazioni degli angoli).
Trazione
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Figura 1.5
Sollecitazione di trazione: su una trave di lunghezza l viene applicata una forza F agente lungo l’asse
della trave stessa (Figura 1.5).
Sotto l’azione del carico si ha l’allungamento ∆l.
Il carico F genera nelle sezioni perpendicolari all’asse della trave delle tensioni normali alla sezione:
F
.
A
σ =
La trave di lunghezza iniziale l, sotto l’azione di F, si allunga di ∆l. La deformazione longitudinale è:
∆l
l
ε =
Se il materiale è lineare ε e σ sono costanti sulla sezione. Vale la legge di Hooke: “ut tensio sic vis” ,
cioè:
σ = Eε
Sostituendo:
F
∆l
= E
A
l
⇒
∆l=
Fl
E A
E: modulo di elasticità, modulo di Young (N/mm2)
Si può “estrarre” un cubetto (che non ha dimensioni, identifica solo dei piani di taglio) dalla trave e
rappresentare su esso lo stato di sforzo. In questo caso l’unica azione è σ , in direzione assiale (Figura
1.6).
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Figura 1.6
Sforzo normale o di trazione
Figura 1.7
σ positiva sulla faccia a.
Non cambia nulla se considero un cubetto sulla superficie o all’interno.
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Compressione
Su una trave di lunghezza iniziale l agisce un carico F assiale che provoca un accorciamento ∆l della
trave.
N.B.
si può parlare di compressione solo se la trave non è
snella:
l
≤ 10
d
d : dimensione minore della sezione della trave
In caso contrario si può incorrere in problemi di inflessione
libera della trave, che collassa incurvandosi sotto l’azione della
forza F (carico di punta).
Figura 1.8
Valgono le stesse leggi della trazione, quindi: σ = −
F
∆l
,ε =
.
l
A
σ positivo di trazione, negativo quando
“entra” nella faccia del cubetto
Figura 1.9
Un caso di compressione si può verificare quando una trave è impedita a subire l’allungamento
conseguente ad una dilatazione termica. Per esempio la trave in figura 1.10 lunga l, è incastrata alle
due estremità, a causa della variazione di temperatura ∆T subisce una dilatazione termica.
Figura 1.10
L’allungamento ∆l conseguente all’aumento di temperatura è: ∆ l = α l ∆ T
( mm )
dove: α =coeff. di dilatazione termica lineare ( α = 12 10 − 6 ° C − 1 per l’acciaio)
Poichè l’allungamento è impedito dai vincoli, la trave risulta compressa. Il mancato allungamento
vale:
∆l = α l∆T
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Questo allungamento è impedito dai vincoli, che devono quindi esercitare una reazione tale da
impedire l’allungamento ∆l :
F=
− ∆lEA
− α l ∆TEA
= −α E A ∆ T
e, sostituendo ottengo F =
l
l
quindi nella trave nasce uno sforzo di compressione
σ =
F
= −α E ∆ T
A
N.B. In regime elastico (piccole deformazioni) vale la sovrapposizione degli effetti, quindi posso
pensare che la situazione finale della trave sia la somma dell’allungamento dovuto all’espansione
termica e dell’accorciamento dovuto alla reazione vincolare:
Figura 1.11
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Flessione pura
Figura 1.12
1. Cubetto affiorante al bordo libero superiore: tensioni positive sulla faccia a
2. Cubetto affiorante al bordo libero inferiore: tensioni negative sulla faccia a
3. La fibra mediana non si allunga né si accorcia (è l’asse neutro). Il cubetto è scarico.
Non ci sono τ perchè non c’è forza di taglio.
σ =
Mf
J xx
⋅y
y = distanza dall’asse neutro;
Jxx = momento di inerzia
caratteristiche della sezione
ymax = max distanza dall’asse neutro
σ
max
=
W = modulo di resistenza (riportato in Tabella 1.1)
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Mf
W
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Torsione
Figura 1.13
Le tensioni τ sono sulle facce a e c, b è al bordo libero.
deformazione
b
b
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Figura 1.14
τ max =
Mt R Mt
=
Jp
Wp
Wp = modulo di resistenza polare (riportato in Tabella 1.1)
L’andamento delle τ è lineare, essendo τ = τ
max
r
e cresce dal centro al bordo della sezione.
R
r
R
Figura 1.15
La legge di Hooke mette in relazione le tensioni τ con gli scorrimenti γ (γ : deviazione totale rispetto
all’angolo retto):
τ = γ G,
G=
E
2(1 + ν
G: modulo di elasticità tangenziale (≅ 80770 MPa per l’acciaio).
ν : modulo di Poisson ( 0.3 per l’acciaio)
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)
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Taglio
Figura 1.16
La forza T è applicata sul piano della sezione della trave e quindi perpendicolarmente al suo asse
(Figura 1.16). L’effetto del taglio è quello di produrre uno scorrimento tra due sezioni contigue, e
quindi delle sollecitazioni tangenziali τ che agiscono nel piano della sezione.
Consideriamo la tensione nel punto P e rappresentiamola sul cubetto (Figura 1.17). Le due facce a e
a’ tendono a scorrere una rispetto all’altra per effetto del taglio. Se però sul cubetto agissero solo
queste τ, esso tenderebbe a ruotare, per cui nascono per reciprocità le tensioni τ’che agiscono sulle
facce b, b’:
τ ’ =τ
Figura 1.17
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Le τ non sono costanti nella sezione, ma nulle sui bordi scarichi e massime al centro (Figura 1.18).
Figura 1.18
∫
Il valore medio è dato da τ med dA = T
∫
τ med dA = T
A
A
T
τ med = , mentre il valore massimo dipende dal tipo di sezione:
A
•
sezioni rettangolari o quadrate:
•
sezioni circolari: τ
max
=
4
τ
3
τ
max
= 1.5 τ
med
med
Le deformazioni che nascono sono deformazioni angolari (Figura 1.19), τ = γ G .
γ/2
b
b
γ/2
Figura 1.19
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x
D
y
x
D
d
y
J XX
W
Jp
Wp
π D4
64
π D3
32
π D4
32
π D3
16
π
D4 − d 4
32
4
π D 3   d  
1−  
16   D  
π
D4 − d 4
64
(
)
π D3
32

d4 
 1 − 4 
D 

y
x h
b
b h3
12
b h2
6
14
(
)
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Geometria delle masse
Tabella 1.1 (tratta da A.Strozzi,“Costruzione di Macchine”,Ed. Pitagora, Bologna, 1998)
Tensioni nominali
Le tensioni fin qui calcolate sono le tensioni nominali, cioè calcolate con i metodi di Scienza delle
Costruzioni, ovvero sotto le seguenti ipotesi:
•
materiale elastico lineare, isotropo, omogeneo
•
corpo di forma prismatica
•
strutture corrispondenti alle ipotesi di Saint-Venant (no forze di volume, prismi caricati sulle
basi)
Tensore degli sforzi
Fissato un sistema di riferimento, lo stato di sforzo in un punto è completamente descritto dal tensore
(simmetrico) degli sforzi.
 σ x τ xy τ xz 


 τ xy σ y τ yz 
 τ xz τ yz σ z 


Noto lo stato di sollecitazione in un punto, è importante poter conoscere le sollecitazioni indotte lungo
determinate direzioni.
Sforzi principali
Le tensioni principali σp in un punto sono per definizione quelle che agiscono su piani ove la
sollecitazione è puramente normale al piano (τ = 0 ). Le tensioni principali si indicano come σ1,σ2,σ3 o
anche σI,σII,σIII.
Le direzioni principali sono quelle lungo le quali agiscono le σp .
PROPRIETÀ DEGLI SFORZI PRINCIPALI
Si può dimostrare che:
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•
In ogni punto vi sono 3 tensioni principali
•
Il valore max e min algebrico della tensione normale coincidono con 2 tensioni principali
•
Gli sforzi principali sono gli autovalori del tensore simmetrico degli sforzi
•
Se i 3 valori di σp sono distinti, le 3 direzioni principali sono ortogonali
•
Se 2 valori di σp coincidono tutte le σ sul piano perpendicolare al valore semplice di σp sono
principali
•
Se i 3 valori delle σp coincidono allora tutte le direzioni sono principali.
Per approfondimenti vedere l’Appendice 1 (“Ricerca analitica degli sforzi principali”)
Tensore idrostatico e deviatore degli sforzi
Ogni stato di sollecitazione può essere scomposto in uno stato di trazione o compressione idrostatica
in cui il valore della tensione è pari alla media delle tensioni normali σ =
m
(σ x + σ y + σ z )
3
più il
deviatore degli sforzi, che è lo stato di sforzo ottenuto dalla differenza tra il tensore dello stato di
sforzo di partenza e quello idrostatico.
=
+
Figura 1.20
Il tensore idrostatico cambia volume del cubetto, mantenendone inalterata la forma, mentre il
deviatore degli sforzi tende a distorcerlo.
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Qualunque siano le direzioni utilizzate per calcolare la σm, il tensore idrostatico resta sempre uguale.
Infatti, la somma delle tensioni normali resta sempre uguale, qualsiasi sia il sistema di riferimento
scelto per definire il cubetto, e costituisce il primo invariante dello stato di sforzo:
I1 = σ 1 + σ 2 + σ 3 = σ x + σ y + σ
z
Circoli di Mohr
Consideriamo una barra sottoposta a trazione:
Figura 1.21
F =σ
o
A
Figura 1.22
Vogliamo vedere come cambia la tensione σ al cambiare della giacitura del piano su cui osservo le
tensioni:
F = t′ A′
Figura 1.23
Per l’equilibrio: F = t′ A′ = σ A
A' =
ab
cos α
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t'
ab
= σ o ab ⇒
cos α
σ
o
=
t'
cos α
⇒
t'= σ
o
cos α
⇒
σ
o
> t'
Come varia t’ al variare di α ?
Lo scompongo nelle componenti normale e tangenziale.
Figura 1.24
σ = t ' cos α = σ
o
cos 2 α
σ
sin 2α
2
τ = t 'sin α = σ o cos α sin α =
e, ricordando che:
cos 2 α =
1 cos 2α
+
2
2
Quindi:
σ =
τ =
σ
o
2
σ
o
2
+
σ
o
cos 2α
2
che si può anche scrivere
sin 2α
facendo il quadrato e sommando, si ha:
σ 

σ − o 
2 

2
+τ
2
che è l’equazione di una circonferenza nel piano τ, σ.
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σ 
=  o
 2 
σ
o
= σo
2
σ
τ = o sin 2α
2
σ −
2
cos 2α
2
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Figura 1.25
I punti che nel piano τ, σ rappresentano le componenti dello stato di sforzo al variare dell’angolo α
stanno su questa circonferenza.
Infatti, consideriamo il punto P ricordando che:
σ = σ o cos 2 α
τ = σ o cos α sin α
si riconosce che il punto P rappresenta lo stato di sforzo su un piano ruotato di α rispetto a quello su
cui agisce σo.
Figura 1.26
τ
τ
P
σ o cosα
α
σ
o
σ o cosα
σ
σo
cos 2 α
Figura 1.27
Si riconosce anche che l’angolo al centro secondo cui è visto P è 2α
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σ
sinα
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Figura 1.28
Se lo stato di sforzo è piano ma non monoassiale, i punti che rappresentano lo stato tensionale al
variare della giacitura del piano su cui osservo le tensioni stanno ancora su una circonferenza.
Ancora, il punto P rappresenta lo stato di sforzo su un piano ruotato di α rispetto a quello su cui
agiscono σI e σII, con le relazioni illustrate in figura
(σ I − σ
II ) ⋅ cos α
( σ I − σ II ) ⋅ cos α
( σ I − σ II ) ⋅ cos2 α
Figura 1.29
20
⋅ sin α
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σΙ−σ
2
σΙ+σ
2
ΙΙ
σΙ−σ
2
σΙ−σ
2
ΙΙ
ΙΙ
ΙΙ
sin 2α
cos 2α
Figura 1.30
Ho considerato solo gli sforzi che agiscono nel piano xy,
MA LO STATO DI SFORZO E’ SEMPRE 3D
ogni valore delle componenti di sforzo è significativo, anche se è nullo.
Finora con il circolo di Mohr ho determinato gli sforzi agenti sui piani passanti per l’asse z (come
guardando il cubetto dalla direzione z) al variare dell’angolo α.
In particolare, “guardando” dalla direzione σIII ho individuato gli altri 2 sforzi principali (sul cerchio
sono i punti (σI,0) e (σII,0)).
Se ora ripeto il discorso per gli altri due assi principali ottengo altri 2 cerchi:
•
se guardo da σI ho il cerchio che passa per i punti(σII,0) e (σIII,0)
•
se guardo da σII ho il cerchio che passa per i punti(σI,0) e (σIII,0)
Per uno stato di sforzo piano, quindi
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Figura 1.30
In generale, per uno stato di sforzo completo
Figura 1.31
•
Ognuno di questi 3 cerchi è il luogo dei punti rappresentativi dello stato di sforzo che si
manifesta sui piani passanti per l’asse secondo cui agisce lo sforzo principale il cui punto non
sta su di esso
•
Si dimostra che tutti i possibili stati di sforzo nell’intorno del punto considerato sono
rappresentati da punti appartenenti alla regione tratteggiata delimitata dai 3 cerchi, essi
compresi
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