Demetrio, Peri# eérmhnei@av - Dipartimento di Lettere e Beni

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Demetrio, Peri# eérmhnei@av - Dipartimento di Lettere e Beni
Demetrio, Peri# eérmhnei@av
(Note sulla fortuna del testo tra Medioevo e Rinascimento)
(Angelo Cardillo- Bozza per uso didattico)
Sotto il nome di Demetrio Falereo1, allievo di Aristotele e di Teofrasto e probabilmente tra
i fondatori della Biblioteca di Alessandria con Tolomeo I Sotèr, sono stati tramandati numerosi
frammenti di opere di retorica e di filosofia, di filologia e storia politica. A torto attribuito a lui, è
pervenuto integro un trattato, Peri# eérmhnei@av, collocabile per ragioni intrinseche al testo
in un arco di tempo compreso tra il primo secolo a.C. e il successivo.
Studiosi moderni in sintonia con Wehrli2, a conferma dei dubbi già espressi da Giusto
Fontanini nella Biblioteca dell'eloquenza italiana3, attribuiscono l'opera ad un Demetrio4 non
meglio identificato, o - secondo qualcuno - identificabile con il grammatico Demetrio di Tarso al
quale accenna Plutarco5.
Dopo la princeps aldina6, la fortuna del Peri#
eérmhnei@av nel corso del
Rinascimento crebbe in modo costante: l’opera fu inclusa tra i testi canonici di retorica e di
poetica da autori come Della Casa7 e Trissino8 che la accostarono quanto ad importanza alla
Poetica ed alla
1
Atene, ca. 360 a.C. - vissuto fino al 280. Notizie dettagliate in Paulys, Realencyclopädie der classischen
altertumswissenschaft, s.v. Demetrios von Phaleron (2817, 87) e significativamente aggiornate in Der neue Pauly
Enzyklopädie der Antike, s.v. Demetrios (429, 4). Per la tradizione del Peri# eérmhnei@av e relative questioni
testuali si vedano Realencyclopädie, sub voce cit., (IV, B, d, 2839-2841) e Der neue Pauly Enzyklopädie, sub voce
cit., (441, 41).
2
Die Schule des Aristoteles. Texte und Kommentar, herausgegeben von Fritz Wehrli, IV [Demetrio Falereo], fr.
200, B. Schwabe, Basel 1944. Tra coloro che concordono, Albin Lesky, Storia della letteratura greca, vol. III,
Mondadori, Milano 1991, pp. 815 e ssgg. Luciano Canfora, invece, in Storia della letteratura greca, Laterza, Bari
2001, p. 546, sembra propendere per l’identificazione dell’autore del Peri# eérmhnei@av con Demetrio Falereo.
3
Biblioteca dell’eloquenza italiana di Monsignore Giusto Fontanini […] con l’annotazioni del signor Apostolo Zeno
[…] Accresciuta di nuove aggiunte, t.I, Fratelli Gozzi, Parma 1803, p. 117.
4
Dizionario delle letterature classiche diretto da Margareth C. Howatson, Einaudi, Torino 1993, voce Demetrio.
5
Dizionario d’antichità classiche di Oxford, a cura di Mario Capitella, Edizioni Paoline, Roma 1963, sub voce.
6
Rhetores in hoc Volumine habentur hi: Aphtonii Sophistae Progymnasmata […] Demetrii Phalerei de
interpretatione [ecc.], [2 voll.], in aedibus Aldi, Venetiis 1508-1509; il testo di Demetrio nel volume I, pp. 545-573.
7
“Addam his unius certam magnamque auctoritate, qui et ipse eadem de re eodem pacto existimavit, et cum in sinu
semper ac manibus opusculum hoc haberet, de opifice ipsius nunquam secum dubitavit. Is autem fuit Ioannes
Casa, cuius iudicium cum maximi momenti cunctis in rebus merito esse debeat, in hoc certe ceteris omnibus
anteponendum est; diligenter enim ille scriptorum eorum, quos accurate legerat, virtutes vitiaque ponderarat: ac
quicquid ad illos plane cognoscendos pertineret, subtiliter examinarat, et ita denique, quod ego aliquando valde
admiratus sum, in hoc tritum subactumque ingenium habebat, ut nihil ipsum fallere posset, quod ipsorum laudes
augeret aut aliquam in partem imminueret”. Petrus Victorius Lectori, in Petri Victorii commentarii in librum Demetrii
phalerei de elocutione positis ante singulas Declarationes Graecis vocibus Auctoris: ijsdemque ad verbum Latinae
expressis, Bernardo Giunta, Firenze 1562.
8
Nella prefazione al poema La Italia liberata da Gothi (Valerio e Luigi Dorico, Roma 1547 [primi nove libri]; Tolomeo
Granicolo, Venezia 1548 [restanti diciotto libri], Gian Giorgio Trissino informa i lettori che confida nella buona
riuscita della sua opera avendo avuto come modello Omero e seguito i precetti di Aristotele e di Demetrio: “E se
Angelo Cardillo
Retorica aristoteliche, come fece anche Tasso con entusiastico consenso9. Nell’arco di un
cinquantennio o poco più, diffusa in Italia10, fu oggetto di edizioni e traduzioni anche all’estero11,
ben non mi sono potuto approssimare alla eccellenza di così divino Poeta [Omero]; pur hò tentato di seguitarlo dalla
lunga, imitando, & adorando le sue pedate; e cercando, a mio potere, esser come lui copioso, e largo, et
introducendo quasi in ogni loco persone, che parlino, e descrivendo assai particolarità di vestimenti, di armature, di
palazzi, di castrametazioni, e di altre cose, perciò, come dice Demetrio Falereo, la energia, che è la efficace
rappresentazione, si fà col dire diligentemente ogni particolarità delle azioni, e non vi lasciar nulla; e non troncare
ne diminuire i periodi, che si dicono: della quale energia dà dui esempi di Homero […] Ancora, per far questa
energia, hò usato, e comparazioni, e similitudini, & imagini, le quali cose tutte Homero seppe così divinamente fare,
che ad ogni uno, che lo legge par essere quasi presente a quelle azzioni, ch’egli descrive […]”. Cito da L’Italia
liberata da’ Goti di Giangiorgio Trissino, Parte prima, Riveduta e corretta per l’Abbate Antonimi, Cavelier-CailleauBrunet-Bordelet-Henry, Parigi 1729, [Premessa] Al Clementissimo Et Invittissimo Imperatore Quinto Carlo Massimo
[p.VIII].
9
“Ed io ho eletto più tosto di leggere composizion sua [di Della Casa] che d’alcun moderno, o pur del Petrarca
istesso; però che molti conosco io che suoi imitatori vogliono essere giudicati, massimamente in questa novella
schiera di poeti, ch’ora comincia a sorgere; i quali quando abbiano imitato nel Casa la difficultà delle desinenze, il
rompimento de’ versi, la durezza delle costruzioni, la lunghezza delle clausole, e il trapasso d’uno in un altro
quaternario, e d’uno in un altro terzetto, ed in somma la severità (per così chiamarla) dello stile, a bastanza par loro
ciò aver fatto: ma quel che è in lui maraviglioso, la scelta delle voci e delle sentenze, la novità delle figure, e
particolarmente de’ traslati, il nerbo, la grandezza e la maestà sua, o non tentano, o non possono pur in qualche
parte esprimere” (Lezione sopra un sonetto di Monsignor Della Casa, in Le prose diverse di Torquato Tasso
nuovamente raccolte ed emendate da Cesare Guasti, vol. II, Successori Le Monnier, Firenze 1875, pp.111-134; il
passo citato alle pp. 116-117). Gli argomenti a sostegno della poesia di Della Casa addotti da Tasso nella Lezione
ricalcano le avvertenze di Demetrio circa gli elementi che concorrono alla buona riuscita di una composizione
poetica. Anche nell’altro scritto Le considerazioni sopra tre canzoni di M. Gio. Battista Pigna intitolate Le tre sorelle
nelle quali si tratta dell’amor divino in paragone del lascivo (nello stesso volume, pp. 77-110), Tasso ribadisce (p.
110) la sua predilezione verso la “maestà [dello] stile” e fa proprie le raccomandazioni di Demetrio a proposito dello
“stile magnifico”; con “severità dello stile” si riferisce, come egli stesso chiarisce, (p.120) allo stile grandioso,
megalopreph@v, e ai diversi requisiti che Demetrio (33-126) gli attribuisce. Inoltre, l’autore della Gerusalemme
invoca l’autorità di Della Casa e di Demetrio per giustificare certe scelte a proposito della “replicazion delle parole”
mentre ne scrive ad un corrispondente: “Di ciò, oltra l’auttorità e le ragioni del Falereo e l’auttorità de’ greci e latini,
n’abbiamo assai chiaro l’essempio del Casa, uomo studiosissimo di Demetrio e che mosse il Vittorio a pubblicarlo e
a commentarlo” (Lettera a Luca Scalabrino, “Di Ferrara.” [non datata], XXIX, in Torquato Tasso, Lettere poetiche, a
cura di Carla Molinari, Fondazione Pietro Bembo, Guanda, Parma 1995, pp. 262-263). Ancora Tasso il 22 maggio
1576 scrive da Ferrara a Scipione Gonzaga per sapere che cosa pensa di alcuni canti della Gerusalemme. Dice di
essere intento “a migliorare […] il poema quanto prima si può” e di essersi preparato con scrupolo alle fatiche che
lo attendono: “Ho riletto, per assicurarmi maggiormente, la Poetica d’Aristotile, e insieme Demetrio Falereo, il quale
parla più che alcun altro esattamente de lo stile, e mi sono risoluto intorno a molte opinioni; ma cominciando da
quelle che appartengono a lo stile, tutte o gran parte de le forme di dire e de le parole, le quali sono state da me
trapiantate nel mio poema da’ buoni libri antichi, delibero di lasciarvele; e credo che sian per recare a me
riputazione, e splendore e maestà al poema: dico a lungo andare, ché forse in questi principii molti, leggendole,
torceranno il grifo” (Torquato Tasso, Lettere, a cura di Ettore Mazzali, I, Einaudi, Torino 1978, p. 57).
10
Demetrio è citato, tra gli altri, da Francesco Bonciani in Lezione della prosopopea (1578); da Camillo Pellegrino
nel trattatello Il Carrafa, o vero della epica poesia (1584); da Giason Denores nel Discorso intorno a que’ principii,
cause et accrescimenti che la comedia, la tragedia e il poema eroico ricevono dalla filosofia morale e civile [ecc.]
(1586); da Niccolò Rossi in Discorsi intorno alla comedia (1589) e in Discorsi intorno alla tragedia (1590); da
Fabrizio Beltrami in Alcune considerazioni intorno all’allegoria (1594); da Paolo Beni in Disputatio in qua ostenditur
praestare comoediam atque tragoediam metrorum vinculis solvere (1600), tutti in Weinberg, Trattati di poetica e
retorica nel ‘500, cit., nell’ordine: vol. III, pp.235-253; pp.307-344; pp.373-419; vol. IV, pp. 27-57 e 59-120; pp.319332; pp.345-395.
11
Per un excursus sulla fortuna del Peri# eérmhnei@av nel corso del Rinascimento ed oltre, al sempre utile per
ricchezza di informazioni A History of Literary Criticism in the Italian Renaissance di Bernard Weinberg, voll. I e II,
The University of Chicago Press, Chicago 1961, si aggiungano dello stesso Weinberg Translations and
Commentaries of Demetrius, On Style to 1600: A Bibliography, in “Philological Quarterly”, XXX, 1951, 4, pp. 353380 e Demetrius Phalereus, in Catalogus translationum et commentariorum: Mediaeval and Renaissance Latin
translations and commentaries, vol. II, a cura di Paul Oskar Kristeller e F. Edward Cranz, The Catholic University of
America Press, Washington, 1971, pp. 27-41, nonché il corposo studio di Pierre Chiron, Un rétheur méconnu:
Angelo Cardillo
fino al tempo della pubblicazione postuma del Predicatore di Francesco Panigarola12.
La traduzione latina di Pier Vettori13, corredata di un ricco commento, fu preceduta da
un’edizione parziale di Marcantonio Antimaco 14 condotta sul testo aldino, da traduzioni di Natale
Conti15 e dei polacchi Stanislaw Ilowski16 e Franciszek Masłowski 17, seguite nel 1590 da un
resumé volgarizzato di Gabriele Zinani18 e nel 1603 da una traduzione italiana integrale di Pier
Démétrios (Ps.-Démétrios de Phalère). Essai sur les mutations de la théorie du style à l’époque hellénistique, Vrin,
Paris 2001, in particolare le pp. 391-396.
12
Francesco Panigarola (Milano 1548 - Asti 1594), vescovo francescano di Crisopoli e di Asti, scrisse Cento
ragionamenti sopra la passione di Nostro Signore, (Giovanni Antonio Rampazetto, Venezia 1585), Prediche
quadragesimali (1577; Eredi Sessa, Venezia 1605), Il Predicatore (Bernardo Giunta, Venezia 1609), opera nella
quale è condotta una minuziosa analisi del testo di Demetrio.
13
Piero Vettori (Firenze 1499-1585), allievo di Marcello Adriani e Andrea Dazzi per la filologia classica e del filosofo
ficiniano Francesco de’ Vieri, nel 1538 fu nominato da Cosimo lettore nello Studio fiorentino, incarico che tenne fino
al 1583. Tra le sue numerose pubblicazioni vanno ricordate le edizioni della Retorica e della Poetica di Aristotele:
Commentarii in tres libros Aristotelis de arte dicendi, Bernardo Giunta, Firenze 1548 e Commentarii in primum
librum Aristotelis de arte poetarum, Bernardo Giunta, Firenze 1560. Nel 1562 pubblicò la prima traduzione integrale
in latino del Peri# eérmhnei@av con ampio commento: Petri Victorii commentarii in librum Demetrii phalerei […],
cit. Curò anche le opere latine di Della Casa.
14
Demetrii Phalerei Praecepta De membris et incisis, De periodis, De componendis epistolis, De characteribus
dicendi, in Gemisti Plethonis De gestis Graecorum post pugnam ad Mantineam per capita tractatio […]: Antonio
Antimacho interprete, Roberto Winter, Basilea 1540. Nato a Mantova nel 1473 ca., Antimaco studiò in Grecia sotto
la guida di Giovanni Mosco e poi di Costantino Lascaris. Dopo essere stato a Venezia e a Mantova dove tenne
lezioni di filologia classica, insegnò a Ferrara dal 1532 fino alla sua morte nel 1552. Cfr. Weinberg, Demetrius
Phalereus, cit., p.30.
15
Anche noto come De’ Conti, nacque probabilmente a Milano nel 1520 e morì forse a Venezia intorno al 1580.
Erudito, storico e poeta scrisse opere di varia natura tra cui una di carattere mitologico ([…] Mythologiae, sive
Explicationum fabularum libri decem […], s.m.t. [Al segno della fontana], Venezia 1568, prima edizione, Venezia
1551); tradusse Ateneo (Athenaei Deipnosophistarum sive Coenae sapientum libri 15 […], Arrivabene, Venezia
1556); Alessandro Numenio (De figuris sententiarum ac elocutionum […], Santo Guerrini, Venezia 1556); Demetrio
(Demetrii Phalerei De oratione, sive De modo dicendi […], Santo Guerrini, Venezia 1557); Ermogene (Hermogenis
Tarsensis […] De arte retorica praecepta […], Peter Perna, Basilea 1560); le Memorfosi di Ovidio (P.Ovidii
Metamorphosis, seu Fabulae poeticae […], Johann Wechel, Francoforte 1589).
16
Demetrij Phalerei De elocuzione liber, a Stanislao Ilovio Polono Latinitate donatus, & annotationibus illustratus.
Item, Dionysii Halicarnassei quaedam Opuscola, eodem interprete […], per Ioannem Oporinum, Basilea 1557.
Stanislaw Ilowski studiò letterature classiche a Padova intorno al 1545; fu all’Accademia di Cracovia nel 1550 e
quattro anni dopo a Parigi. Conseguì a Bologna nel 1564 il dottorato in legge e ritornò in Polonia dove ricoprì varie
cariche religiose fino alla data della sua morte avvenuta intorno al 1598. Cfr. Weinberg, Aspects internationaux de
l’humanisme italien, in Proceeding of the 5. Congress of the International Comparative Literature Association
(Belgrade, 1967), Belgrade 1969, pp. 61-71.
17
Demetri Phalerei De elocuzione liber a Francisco Maslovio Polono in Latinum conversus, & ab eodem
obscuriorum locorum explicationibus illustratus, Gratiosus Perchacinus, Padova 1557. Franciszek Masłowski studiò
a Padova dal 1555 al 1557. Fu allievo di Francesco Robortello e di Marcantonio Passero. Nel 1573 ricoprì incarichi
diplomatici a Parigi e fece successivamente ritorno a Padova; morì in data imprecisata. Cfr. Weinberg, Aspects
internationaux de l’humanisme italien, cit.
18
O Ginanni, nacque a Reggio Emilia intorno al 1557 e morì nel 1635 circa; studiò a Ferrara con Antonio
Montecatino, Cesare Cremonino e Francesco Patrizi. Fu a Reggio, Napoli e a Roma dove fece parte
dell’Accademia degli Umoristi. Strinse amicizia con Tasso, Marino ed Angelo Grillo. Scrisse rime di vario
argomento, favole pastorali, tragedie, opere drammatiche; di interesse retorico e poetico sono: Il Sogno, overo
della poesia (Ercoliano Bartoli, Reggio 1590), Sommarii di varie retoriche greche, latine et volgari distintamente
ordinati in uno (Ercoliano Bartoli, Reggio 1590), Il Viandante, overo della precedenza et delle lettere (Ercoliano
Bartoli, Reggio 1590). Il Discorso della Tragedia (Ercoliano Bartoli, Reggio 1590), ora in Bernard Weinberg, Trattati
di poetica e retorica del ‘500, IV, Laterza, Bari 1974, pp. 121-140; sue poesie in AA.VV., Idilli, a cura di Domenico
Chiodo, Res, Torino 1999.
Angelo Cardillo
Segni19; quella di Marcello Adriani20 uscì postuma a Firenze nel 1738 curata da Anton
Francesco Gori. Nulla si sa di un commentario redatto da Pietro Angeli al quale accennano
Paolo Manuzio e Giammaria Mazzuchelli21.
Testimonianze manoscritte di epoca rinascimentale relative al Peri# eérmhnei@av
sono a Firenze nella Biblioteca Marucelliana 22, dove si conserva una traduzione latina con
commento di anonimo recante la data “12 giugno 1553”; nell’antico inventario dei manoscritti 23,
alla segnatura corrispondente, una mano ignota ha cancellato la scritta “Anonimi, forse Marcello
Adriani” ed ha notato “Petri Victorii (?)”, ma l’ipotesi di un’attinenza con il testo a stampa del
Vettori resta esclusa dal confronto tra le due opere. Il manoscritto contiene anche la traduzione
di Marcello Adriani24. Il volgarizzamento di Lorenzo Giacomini Tebalducci Malespini 25 risalente
19
Demetrio Falereo Della locuzione volgarizzato da Pier Segni Accademico della Crusca Detto l’Agghiacciato
[ecc.], Cosimo Giunti, Firenze 1603.
20
Della locuzione tradotto dal Greco in toscano da Marcello Adriani il giovane […], Gaetano Albizzini, Firenze 1738.
21
Si veda Weinberg, Translations and Commentaries of Demetrius cit., p. 354 e Demetrius Phalereus cit., Fortuna,
pp. 27-28. Pietro Angeli (Barga 1517 - Pisa 1596), noto anche come Petrus Bargaeus, allievo di Romolo Amaseo a
Bologna, ricoprì incarichi diplomatici a Venezia dove conobbe Aretino e successivamente insegnò filologia classica
a Reggio Emilia e poi a Pisa. Oltre al Peri# eérmhnei@av, tradusse l’Edipo re di Sofocle, scrisse un commento
ad alcune orazioni di Cicerone, compose numerose liriche di argomento amoroso e pastorale pubblicate nel volume
Petri Angelij Bargaei Poemata omnia, ab ipso diligentiss. Recognita […], eredi di Bernardo Giunta, Firenze 1568.
Scrisse […] Cinegetica […] (Sebastien heritiers Gryphius, Lugduni 1561) e […] De aucupio liber primis […] (eredi di
Bernardo Giunta, Firenze 1566), due componimenti di uccellagione. La sua collaborazione con Sperone Speroni e
con il cardinale Gonzaga alla revisione della Gerusalemme Liberata fu particolarmente apprezzata da Tasso.
Compose in latino la Siriade, poema epico in undici libri (Petri Angelii Bargaei Syrias hoc est Expeditio illa
celeberrima Christianorum principum, qua Hierosolima ductu Goffredi Bulionis […], Filippo Giunta, Firenze 1591).
22
Ms A XXXV. Cartaceo, in folio (mm.240x180), XVI sec., rilegato in perg., due guardie all’inizio (la seconda scritta
sul verso) e sei alla fine, numerazione originale fino a f. 32, poi moderna e progressiva fino alla fine (ai ff. 78,79,80
si legge sul recto e sul verso antica numerazione 1 [78r], 2 [78v] , 3 [79r], 4 [79v], 5 [80r]), è uno zibaldone di opere
e di autori vari (trascrivo dall’Inventario dei Manoscritti della R. Biblioteca Marucelliana, tre voll. manoscritti): Adriani
Marcelli, Varia. Cod. cart. in form(at)o picc(olo), sec. XVI; [idem] Historiae Laus (1584). Humanarum literarum Laus
secunda (1587). 2. Demetrii Phalerei Commentarius [...]. 3. [Idem] Della locuzione. Traduzione di Marcello Adriani
(ff.57r-124v.). La dsposizione attuale dei testi è la seguente: Demetrio Falereo della locuzione (ff.1-32). [Inc.] Si
come la poesia si divide in versi, per esempio in emimetri, o esametri, o altri, così e la locuzione in prosa dividono e
distinguono quei nominati che si chiamano membri, i quali in certo modo fanno riposare l’orazione […]. [Expl.] Onde
ne nasce il parlare sgraziato e freddo insieme, i quali due difetti sono in certo modo l’uno all’altro vicinj. Istoria Laus
| 1584 (ff.37r-44v); Humanarum literarum Laus secunda | 1587 | (ff.47r-55r); Demetrij Phal(erei) de elo | cutione
(ff.57r-124v). Riguardo alla traduzione latina del Peri# eérmhnei@av ed al commentario (ff.57-124), in una
scheda dattiloscritta posta all’interno (il cui contenuto sarebbe stato suggerito da Weinberg all’epoca della sua
consultazione del manoscritto) si legge: “Questa parte del manoscritto è mal legata. La Traduzione incomincia alla
pag. 57, continua fino alla pag. 69v, dove si interrompe. Riprende alla pag. 92 e continua fino alla fine del Ms, p.
124v. Il Commentario incomincia alla pag. 78 e continua fino alla pag. 91v, riprende alla pag.70 e finisce alla pag.
73v. Le pp. 74-77 sono bianche. L’ordine delle pp. dovrebbe dunque essere: 57-69v; 92-124v; 78-91v; 70-73”. Cfr.
Paul Oskar Kristeller, Iter Italicum […], E.J.Brill, London-Leiden, 1977, I, p. 106.
23
L’indicazione è nel vol. A dell’ Inventario cit.
24
Marcello Adriani il Giovane nacque a Firenze nel 1562 dove visse succedendo nel ’79 al padre nell’insegnamento
di filologia classica nell’Università. Fu membro dell’Accademia Fiorentina, e con lo pseudonimo “il Torbido” di quella
degli Alterati. Di lui restano scritti vari, in prevalenza orazioni tenute in occasione di avvenimenti ufficiali e traduzioni
di autori classici. Morì nel 1604.
25
Ms Ashburn. 531 (antica segnatura: 463). Cartaceo, in fol. (280x210), rilegato in pergamena, 3 fogli di guardia
all’inizio e 9 alla fine; numerazione moderna e discontinua delle pagine. ff.1r-43v DI DEMETRIO FALEREO | DE LA
LOCUZIONE | LORENZO GIACOMINO DE TEBALDUCCI | INTERPRETE. [Inc.] Sicome la poesia è distinta da
metri: come semimetri, o esametri, o altri; così la locuzione in prosa distinguono et separano quegli che sono
chiamati membri […]. [Expl.] Pasce per il paese montuoso et vola ne le quercie concave quasi parlando di bue
Angelo Cardillo
al 157326 è nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze; nella Nazionale, invece, è una
traduzione italiana di Giovanni di Niccolò da Falgano27 resa in una elegante scrittura e datata
selvatico[…] si che il parlare si fa insieme e sgraziato e freddo. Et sono vicine tra sambe queste cose. Fine. Il f. 43r
è bianco; a f. 44r, 44v, 45r, 45v, 46r, 46v, 47r, 47v, 48r è una sorta di tavola sinottica degli argomenti trattati in
precedenza; la scrittura è la stessa. A f. 49r ORAZIONI ASTIE | cioè urbane et gentili. [Inc.] L’orazioni urbane et
gentili sono quelle le quali hanno in se […]. [Expl.] (f. 52r.): Tutta la sentenza sarà nuova come appresso Aristofane
[…]. Bianchi i ff. 53-62. [Riprende la numerazione] A ff. 1r-39v D’ARISTOTELE DEL ARTE POETICA. [Inc.] De la
poetica e di lei stessa et de le spezie sue quale facoltà ha ciascheduna et come bisogna comprre le favole se la
poesia debbe star bene […]. [Expl.] (f. 39v): E’ adunque la poesia orazione finta et mendace, la quale con l’orazione
non vere <…> se narrate, et con qualunque mendacio et falsità imita le vere azioni et le cose veraci; ff. 40-44
bianchi. [Segue la numerazione] A f.45r DI M. AGNOLO SEGNI. [Inc.] Ne la pittura, ne la scultura et nel Architettura
et se altre sono simil Arti a q(ue)ste, benché molte condizioni siano richieste et necessarie a osservarvi, come i
colori, la materia, i siti et alte proprietà […] (ininterrottamente fino a f. 51r; f. 52 bianco; poi da f. 53r-83v; f. 84
bianco, e da 85r ininterrottamente fino a 92. [Expl.] et che a questa invenzione et armonia non è l’uomo sufficiente a
ire da sé, ma bisogna l’attitudine haver naturale che muove e che rapisce e <…> che faccia il tutto lo spirito et furore
divino.
26
Cfr. Relazione alla Camera dei Deputati e Disegno di Legge per l’acquisto di codici appartenenti alla Biblioteca
Ashburnham descritti nell’annesso catalogo, Tipografia della Camera dei Deputati, Roma 1884, p. 30 e Kristeller,
Iter Italicum, cit., I, p. 89.
27
Ms Magl. VI, 31; cartaceo, in fol. (mm.300x210), sec. XVI, ff. 126, rilegato in cartapecora (provenienza Marmi).
Su foglio di guardia: Demetrio Falereo tradotto da Gio(vanni) da Falgano | Ippolito Tragedia di Euripide tradotto dal
med(esim)o | Canzone in morte di Cosimo Primo del Medesimo. A f.1 “Di Demetrio Phalereo della eloquenza”. [Inc.]
Si come ogn’uno in ogni poema con le orecchie il tener delle sillabe […]. [Expl.] (f. 70r [ma 71r]): […] perché
amendue queste malvagie razze l’una a l’altra in un certo modo si giacciono a lato. A f. 70v [ma 71v] (stessa grafia
del testo precedente): “Questa traduzione la credo certam(ent)e di Gio(vanni) da Falgano, e, siccome attesta
Mons(igno)re Girol(am)o da Sommaia in certe sue memorie manoscritte, era nella Guardaroba del Granduca, e
che non vi si trovando più, si dubitò che non l’avesse Bonifazio Vannozzi Pistolese quando prese di d(etto) luogo
molti libri per servizio del Principe D. Francesco. Vi era anco un opuscoletto De scribendis Epistolis. [Le notizie
sono le stesse che si leggono in una scheda probabilmente del Sommaia a f. 126v, foglio incollato agli altri quinterni
e datato 4 luglio 1627]. A f. 71r [ma 72r] (la grafia è diversa), è la dedica autografa dell’Ippolito di Euripide ad un
personaggio non identificabile con sicurezza (forse Dionigi Lippi, come è detto nella scheda relativa al Ms. in Fondo
Magliabechiano. Inventario dei Manoscritti di Giovanni Targioni Tozzetti, catalogo ms. in 11 vol., B.N.C.F.). Segue il
testo della tragedia fino a f. 118v dove, in subscript.: Di Firenze il dì 13 di ottobre 1571. Di V(ostra) S(ignoria)
Re(verenda) Devoto S(ervito)re Il Traducente. A f. 119r è il titolo di una canzone “In morte del Sereniss(imo)
Cosimo Medici Granduca di Toscana”: (inc., f. 120r) Te de le Muse padre altisonante […] (expl. f.124v: “Per tor la
luce al sol, perdé suoi lumi). A f. 125r è il sonetto “Fulmin di guerra, horror del fiero scyta” e sul verso è una strofa
di un testo evidentemente rimasto incompiuto: “Qui nel mondo, el mondo” […]. Si veda Inventari dei manoscritti
delle biblioteche d’Italia, a cura di Giuseppe Mazzatinti e Fortunato Pintor, vol. XII, Olschki, Firenze 1902-1903 (ora
1987 rist.), pp. 131-132. Il volgarizzamento del Peri# eérmhnei@av (sul quale intendo ritornare) è segnalato da
Mario Emilio Cosenza (Biographical and Bibliographical Dictionary of the Italian Humanists and of the World of
Classical Scholarship in Italy, 1300-1800, G. K. Hall & Co., Boston, Massachusetts 1962, vol. II, p. 1616), da
Weinberg (Philological Quarterly”, cit., e Translations and Commentaries of Demetrius cit.) e da Chiron (Un rétheur
méconnu, cit.).
Le notizie su Giovanni di Niccolò da Falgano, volgarizzatore e poeta fiorentino fiorito nella seconda metà del sec.
XVI, fino a qualche anno fa si limitavano alle testimonianze settecentesche fornite da Notizie letterarie, ed istoriche
intorno agli uomini illustri dell’Accademia fiorentina. Parte prima (Piero Martini, Firenze 1700, sub anno 1575 ) e da
Istoria degli scrittori fiorentini […] del P.Giulio Negri ferrarese della compagnia di Gesù (Bernardino Pomatelli,
Ferrara 1771, p. 279) le quali lo indicavano allievo del Vettori, conoscitore della lingua greca, poeta volgare,
frequentatore dell’Accademia Fiorentina dove il 31 maggio del 1579 lesse una lezione (Notizie letterarie, cit.); le
stesse fonti riferiscono per notizia indiretta di alcune traduzioni dal greco: Periè u°psuv di Pseudo-Longino [Ms
Magl. VI, 33], Ippolito di Euripide, Battaglia de’ Ranocchi e de’ topi, di Omero […] (quest’ultima indicata solo in
Notizie letterarie). La sua fattiva attività è stata di recente proposta all’attenzione da Lidia Caciolli: Due sconosciuti
traduttori cinquecenteschi di testi greci: Michelangelo Serafini e Giovanni da Falgano, in “Critica Letteraria”, XIX,
1991, 70, pp. 159-168 e Giovanni da Falgano fra Pier Vettori e la camerata de’ Bardi, in “Rinascimento”, XXI, 1991,
pp. 309-325; la studiosa ha successivamente pubblicato in due edizioni critiche buona parte della produzione di
Giovanni da Falgano: Ippolito, Ecuba, Christus Patiens. Volgarizzamenti inediti dal greco, Olschki, Firenze 1995 e
Opre et Giornate, Scudo di Hercole, Teogonia. Volgarizzamenti inediti dal greco, Olschki, Firenze, 1998. Si tratta di
opere tradite in manoscritti della Biblioteca Nazionale di Firenze: Magl. VI, 31; VIII, 46 e II, I, 191; il corpus
Angelo Cardillo
intorno al 1575 da Weinberg28; infine, una libera versione in italiano di ignoto, ma che potrebbe
far pensare ad una prima stesura del Predicatore di Panigarola, è a Milano nella Biblioteca
Ambrosiana29.
Nel corso del Novecento edizioni critiche del Peri# eérmhnei@av sono state curate da
Ludovico Radermacher30 e da Williams Rhys Roberts31; Grube ha tradotto il testo in inglese
corredandolo di una interessante introduzione e di accurate note 32. In tempi più vicini,
all’edizione di Pierre Chiron33 è seguita quella di Doreen C. Innes34; ad esse si sono aggiunte le
traduzioni di Giovanni Lombardo35 e di Alessia Ascani.36
esiodeo è nel Palatino 373. Ai titoli ed ai manoscritti citati dalla Caciolli, vanno aggiunti l’autografo Magl. XV, 199
(“Trimegisto Mercurio Esculapio tradotto di greco in latino da Apuleio e di latino in toscano da Giovanni di Niccolò
da Falgano”, come in Catalogo dei Codici della libreria Strozzina comprati dopo la morte di Alessandro Strozzi da
S.A.R. Pietro Leopoldo Granduca di Toscana […], I vol., ms. B.N.C.F. e in Kristeller, Iter Italicum, cit., I, p. 123) e
Ms 2798, Bibl. Riccardiana, Firenze (un tempo O IV 19): ANGELJ PIETRO DA BARGA, POEMA DELLA
CACCIA, tradotto in versi sciolti [da Giovanni di Niccolò da Falgano, con due lettere autografe: ad Allessandro
Pucci (in foglio non numerato) e al Serenissimo Granduca di Toscana (f.1r e 1v), entrambe firmate “Giovanni di
Niccolò da Falgano” e datate “Firenze, 22 dicembre 1574”]. Quest’ultimo cartaceo, in fol. (mm. 250x200), rilegato in
pergamena, sec. XVI, ff. 270, numerazione antica incoerente e nuova numerazione da 1 a 242; guardia alla fine. In
testa al f. 2: Della Caccia di M(esser) Pietro Angeli da Barga | Lib.I | Tradotto di versj latini Heroici in versi Toscani
sciolti. [Inc.] Buon cacciator, in qual’arti si deggia / Avvezzar a sudar da’ suoi prim’ anni; […]. [Expl.] (f. 270) […] E
della guerra nuova gloria, Cosmo. Cfr. Giovanni Lami, Catalogus codicum manuscriptorum qui in Bibliotheca
Riccardiana Fiorentiae adservantur […], Antonio Santini & Soci, Livorno 1756, p. 30 e Inventario e stima della
Libreria Riccardi. Manoscritti e edizioni del s. XV, [s.n.t.], Firenze 1810, p. 55; Kristeller, Iter Italicum, cit., I, p. 183).
28
“Philological Quarterly”, cit., p. 356.
29
Ms. G 87 Sussidio, olim H S IV 22 (e non semplicemente G 87 come è comunemente indicato). Cart., cm.
21x15,5, foll. 92, rilegato in pergamena, sec. XVIII (sic in Biblioteca Ambrosiana, Inventario dei Manoscritti, Fondo
Sussidio, Lettera G, a cura di Maurizio Cogliati, ms.). Titolo: Demetrio Falareo | tradotto | dal greco in volgare dal
Re.do P.F.F. | P. Minor oservante. [Inc.] fol. 1r : Tutto il ragionare, che noi facciamo in prosa, se vi miriamo bene, e
così diviso in certe particelle, che da latini si chiamano membri, o clausole […]; [expl.] f. 88v: I quali se bene fanno
nota indecora la fanno ancora fredda. Essendo questi doi viti fra se stesso molto vicini. Weinberg («Phlilological
Quarterly» cit.) avanza l’ipotesi che l’opera possa attribuirsi al Panigarola in quanto scioglie l’abbreviazione del titolo
Re.do P.F.F. | P. Minor in «Reverendo Padre Fra Francesco | Panigarola Minor oservante», autorizzato dalla stessa
abbreviazione del frontespizio nell’edizione 1642 del Predicatore. L’ipotesi di Weinberg è tutta da verificare - lo farò
a breve - tanto più che Filippo Argelati (Philippi Argelati bononiensis, Biblioteca scriptorum mediolanensium […], t.
II, in aedibus Palatinis, Mediolani 1745, numero MCCXXX, colonne 1029-1036), passando in rassegna le opere di
Panigarola possedute dalla Biblioteca Ambrosiana, non fa menzione del suddetto manoscritto.
30
Demetrii Phalerei qui dicitur De Elocutione libellus, praefatus recensuit adnotavitque […], Leipzing 1901.
31
Demetrius On Style, The Greek Text of Demetrius De elocuzione edited after the Paris Manuscript, wit
Introduction, Translation […], University Press, Cambridge 1902; poi Loeb Classical Library, London 1927, edizione
rivista, 1932 e più volte ristampata.
32
George Maximilien Antoine Grube, A Greek Critic: Demetrius on Style, University of Toronto Press, Toronto 1961.
33
Edizione e traduzione, Les Belles Lettres, Paris 1993.
34
Loeb, Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, London, England 1999.
35
Lo Stile, Aesthetica edizioni, Palermo 1999, senza testo a fronte ma ricco di note e di rinvii bibliografici.
36
Sullo stile, prefazione di Dirk Schenkeveld, Rizzoli, Milano 2002. Sul Peri# eérmhnei@av si vedano Dirk
Marie Schenkeveld, Studies in Demetrius On style, Hakkert, Amsterdam 1964; Guido Morpurgo-Tagliabue,
Linguistica e stilistica di Aristotele, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1967, (in particolare: Demetrio e il perfezionarsi della
nozione del pro# oèmma@twn, pp. 275-286); Demetrio: dello stile, edizioni dell’ateneo, Roma 1980 dove sono
rifusi, opportunamente modificati, due interventi precedenti: Aristotelismo e anti-aristotelismo di Demetrio, in “Rivista
critica di storia della filosofia, 34, 1979, pp. 3-25 e Il carakth#r deino@v di Demetrio e la sua datazione, in
“Rendiconti della Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti”, Nuova serie, LIV, 1979, pp. 281-318; Pierre
Chiron, Un rétheur méconnu, cit..
Angelo Cardillo
*
*
*
La conoscenza dell’opera di Demetrio in epoca medievale potrebbe essere supportata
dal De vulgari eloquentia dove (II 7, 2), a proposito delle peculiarità di alcuni vocaboli, Dante
afferma:
Nam vocabulorum quedam puerilia, quedam muliebria, quedam virilia; et horum quedam silvestria, quedam
urbana; et eorum, que urbana vocamus, quedam pexa et lubrica, quedam yrsuta et reburra sentimus37.
Secondo Morpurgo-Tagliabue38 la tipologia verbale di questo passo riferito a distinzioni
eufoniche, risalirebbe al Peri# eérmhnei@av, 176:
Para# de# toi^v mousikoi^v le@getai@
tracu@, kai# aòllo euèpage@v, kai# aòll’
ti oònoma lei^on,
39
oègkhro@n.
kai#
e°teron to#
L’indicazione, accolta con cautela, sembra trovare motivi di conferma in Kristeller 40: il De
elocutione fu uno dei quattro testi greci di retorica tradotti in latino nel corso dei secoli XII e XIII,
insieme alla Retorica di Aristotele, alla Rethorica ad Alexandrum pseudo-aristotelica e all’Ad
Demonicum pseudo-isocrateo. Inoltre, un manoscritto di Urbana del XIV secolo pubblicato da
Berenice Virginia Wall nel 1937 reca una trascrizione parziale di una traduzione latina anonima
dell’opera, traduzione redatta probabilmente nella seconda metà del secolo XIII ed andata
perduta41.
L’ipotesi di Morpurgo-Tagliabue circa la fonte del passo dantesco citato resta piuttosto
tenue anche alla luce di questi dati, ma plausibile nel contesto di una retorica medievale tesa a
rielaborare una teoria degli stili, i “tria genera dicendi”, realizzata in senso compiuto e moderno
solo nel Cinquecento inoltrato42.
37
“Alcuni vocaboli infatti li percepiamo come infantili, altri come femminei, altri ancora come virili; e fra questi ultimi
ce ne sono che sanno di campagna, altri che sentiamo come cittadini; e fra quelli che chiamiamo cittadini, alcuni
danno un senso di ben pettinato e di leccato, altri di irsuto e di scarruffato”. De vulgari eloquentia, a cura di Pier
Vincenzo Mengaldo, in Dante Alighieri, Opere minori, t. II, Riccardo Ricciardi Editore, Milano-Napoli 1979.
38
Guido Morpurgo-Tagliabue, Linguistica e stilistica di Aristotele, cit., p. 277.
39
Demetrius, On Style, Translated by Doreen C.Innes, ed. Loeb Classical Library, cit.; Demetrio, Lo Stile, a cura di.
Lombardo, cit.:”Per i musicisti una parola può definirsi liscia oppure aspra oppure ben proporzionata o ancora
grave”.
40
Paul Oscar Kristeller, Retorica e filosofia dall’antichità al Rinascimento, trad. di Antonio Gargano, Bibliopolis,
Napoli 1981, p. 63.
41
Urbana, University of Illinois, Codex Urbanensis 881. A 8. Xl, f. 48-51v, in A Medieval Latin Version of Demetrius’
De Elocuzione, Edited for the first time from a Fourtheent Century Manuscript at the University of Illinois, with an
Introduction and Critical Notes […] by Berenice Virginia Wall, The Catholic University of America, Washington D.C.
1937. Sono centocinquantuno paragrafi su trecentoquattro. L’epoca del manoscritto è indicata a p. 50. Weinberg in
Catalogus Translationum et Commentariorum, cit., p. 28, assegna il manoscritto al XIV secolo.
42
Per una prima ricognizione storica sulla retorica, senza prescindere dalla voce della Enciclopedia, XI, Einaudi,
Torino 1980, si vedano: Armando Plebe, Breve storia della retorica antica, Laterza, Bari 1988; Paul Ricoeur, Dalla
retorica alla poetica: per un linguaggio di rivelazione, traduzione di Giuseppe Grampa, Jaca Bock, Milano 1991;
Brian Wickers, Soria della retorica, Il Mulino, Bologna 1994; Renato Barilli, Corso di retorica. L’ “arte della
persuasione” da Aristotele ai giorni nostri, Mondadori, Milano 1995; Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il
Angelo Cardillo
I modelli forniti dal De inventione di Cicerone, dalla Rethorica ad Herennium e dall’Ars
poetica di Orazio43 ad autori come Matteo di Vendôme 44, all’ignoto estensore della Poetria
Audomarensis45, a Goffredo di Vinsauf46, Gervasio di Melkley47, Giovanni di Garlandia48,
Eberardo il Tedesco49 e Mattia di Linköping50, nonché agli italiani Bene da Firenze51 e Bono da
Lucca52, risultavano troppo radicati nella tradizione per consentire anche a chi era più avanzato
rispetto ai tempi scarti dalla norma o posizioni non autorizzate dai testimoni. I trattatisti del tardo
Medioevo, infatti, pur avvertendo l’esigenza di uno statuto al fine di ridefinire i rapporti tra
dialettica e retorica, nel rispetto della tradizione classica riconoscevano alla prima un valore
superiore, ma incorrevano in qualche confusione nel classificare per tipologia una
composizione, individuare l’argomento, il modello, il ruolo del protagonista o del parlante;
finivano, in effetti, con lo stabilire una corrispondenza spesso arbitraria tra contenuti, stili,
generi, lessico, metrica53.
Mulino, Bologna 1996; Maria Pia Ellero, Introduzione alla retorica, Sansoni, Milano 1997; Michel Meyer, La retorica,
Il Mulino, Bologna 1997.
43
Si vedano Claudia Villa, Per una tipologia del commento mediolatino. L’Ars poetica di Orazio, in Il commento ai
testi, (Atti del Seminario di Ascona, 2-9 otobre 1989), a cura di Ottavio Besomi e Carlo Caruso, Birkhäuser Verlag,
Basel 1992, pp. 19-46; Karsten Friis-Jensen, The Ars poetica in Twelfth-Century France.The Horace of Matthew of
Vendôme, Geoffrey of Vinsauf, and Jon of Garland, in “Chaiers de l’Institut du Moyen Âge Grec et Latin”, LX (1990),
pp. 318-388.
44
L’Ars versificatoria risale all’incirca al 1170. Mathei Vindocinensis, Opera. Edidit Franco Munari, vol. III, Ars
versificatoria, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1988.
45
The Saint-Omer Art of Poetry. A Twelfth Century Anonymous Ars Poetica from a Manuscript at Saint-Omer.
Edited and translated wit an introduction and notes by Henrik Specht and Michael Chesnutt, Odense University
Press,, s.d. [1987].
46
Poetria nova risale all’incirca il 1215 ; si vedano Poetria nova of Geoffrey of Vinsauf translated by Margaret. F.
e
e
Nims, Pontifical institute of mediaeval studies, Toronto 1967 e Poetria nova in Les Arts Poétiques du XII et du XIII
siècle. Recherches et documents sur la technique littéraire du Moyen Age par Edmond Faral, Librairie Honoré
Champion Éditeur, Paris 1971, pp. 197-262.
47
La cosidetta Ars versificaria risale a circa il 1215-1216: Gervais von Melkley, Ars poetica, ed. Hans-Jurgen
Gräbener, Aschendorff, Münster 1965.
48
La Parisiana poetria è da collocarsi tra il 1220 e il 1235; ora The Parisiana Poetria of John of Garland. Edited with
Introduction, Translation, and Notes by Traugott Lawler, Yale University Press, New Haven and London 1974.
49
Noto in Italia come Gherardo o Everardo Alemanno, scrisse Laborintus (risalente probabilmente a prima del
1250), ora in Les Arts Poétiques du XIIe et du XIIIe siècle, cit., pp. 337-377.
50
Stanislaw Sawicki, “Poetria” och “Testa nucis” av Magister Mathias Lincopensis, in Samlaren: Tidskrift för svensk
litteraturhistorisk Forskning, n.s., 17 (1936), pp. 109-152, cit. in Douglas Kelly, The Arts of Poetry and Prose,
Brepols, Turnhout 1991, p.12.
51
Autore, tra l’altro, del Candelabrum seu Summa recte dictandi, insegnava a Bologna sicuramente nel 1218; morì
prima del 1242. Le poche notizie sulla vita e sulle opere sono raccolte nella Nota biografica in Bene Florentini,
Candelabrum. Edidit Gian Carlo Alessio, Antenore, Padova 1983, pp. XXVII-XXXI.
52
Scrisse Cedrus Libani e Myrra correctionis; morì nel 1239. Vicende biografiche in Magistri Boni Lucensis, Cedrus
Libani a cura di Giuseppe Vecchi, Società Tipografica Editrice Modenese, Modena 1963, pp. VII-IX.
53
I confini tra ars dictandi, artes versificatoriae, artes poetriae e critica letteraria, sfumati ed in costante ridefinizione
nel corso di tutto il Medioevo, sono stati tracciati in una efficace sintesi da Ileana Pagani, La critica letteraria, in Lo
spazio letterario del Medioevo. 1.Il Medioevo latino, dir. Da Guglielmo Cavallo, Claudio Leonardi, Enrico Menestò,
vol. III, La ricezione del testo, Salerno Editrice, Roma 1995, pp. 113-162.
Angelo Cardillo
Una concezione dello stile come quella di Demetrio si radicò nel corso del Cinquecento
sulle riletture dei classici (Poetica e Retorica aristoteliche, Ermogene54, Teofrasto55, Dionisio
d’Alicarnasso56, delle opere di Cicerone, dell’Institutio quintilianea, dell’Ars poetica oraziana), e
grazie ad una teoria della scrittura nella quale la “sentenza” (prendo a prestito la terminologia in
uso presso gli autori di poetiche del Cinquecento e segnatamente quella di Camillo Pellegrino 57)
54
Ermogene di Tarso, nato intorno al 160 d.c., fu autore, tra l'altro, di un trattato di stilistica, Peri# ièdew^n, in
cui esponeva le dottrine retoriche sull’esempio di modelli classici e di Demostene in particolare. Ritornò
sull’argomento in Peri# tw^n sta@sewn e, ampliatolo sul versante dei contenuti, in Peri# euére@sewv e in
Peri# meqo@dou deino@tetov, quest’ ultimo probabilmente spurio (cfr. Diz. della civiltà classica cit., sub voce).
Nel corso del Cinquecento, ancor prima della princeps aldina del 1508-1509 alla quale seguirono varie edizioni e
ristampe fino alla traduzione di Giulio Camillo Delminio (Le Idee, overo Forme della oratione da Ermogene
considerate, e ridotte in questa lingua per M. Giulio Camillo Delminio Friulano […], appresso Gio. Battista Natolini,
Udine 1594), i precetti di Ermogene, con quelli di Aristotele e di Cicerone, furono tenuti in gran conto per la
composizione letteraria, come testimoniano i Rhetoricorum libri di Giorgio Trapezunzio pubblicati per la prima volta
a Venezia per i tipi di Vindelino da Spira probabilmente nel 1470 (Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto. La
stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani. 1470-1570, Il Mulino, Bologna 1991, p.7). Va inoltre ricordato
che la suddivisione "de le frme di dire" nella Poetica del Trissino (ora in Weinberg, Trattati di poetica e retorica,
cit., vol.I, pp. 21-158) ripropone la formula di Ermogene delle sette idee rielaborata nei tre stili di Cicerone (Annabel
M. Patterson, Hermogenes and the Renaissance.Seven Ideas of Style, Princeton University Press, Princeton N.J.
1970). Oltre alla voce Hermogenes von Tarsos in Der neue Pauly, V, 444-446 (utile per la ricognizione delle opere
in epoca clasica), si veda Michel Patillon, La théorie du discours chez Hermogène le rhéteur: essai sur les
structures linguistiques de la rhétorique ancienne, Les Belles Lettres, Paris 1988.
55
Nacque ad Ereso intorno al 371 a.C. e morì ad Atene verso il 288. Filosofo e scienziato, allievo di Aristotele e di
Platone, scrisse circa duecento opere - appunti delle sue lezioni - andate perdute. Restano Ricerche sulle piante in
nove libri e Sulle cause delle piante in sei libri; una terza opera, KARAKTHRES, pervenuta intera, presenta trenta
bozzetti che descrivono altrettanti profili umani: fu tradotta e pubblicata a cura di Isaac Casaubon [Isaacus
Casaubonus], Theophrasti Caracteres ethici, sive Descriptiones morum Graece […], apud Franciscum le Preux,
Lugduni 1592. In un'opera intitolata Sullo stile, Teofrasto enunciò la dottrina delle quattro caratteristiche dello stile
che, a partire da Cicerone, tanta parte ebbe nella formulazione delle teorie retoriche. Per ulteriori notizie
bibliografiche, cfr. Dizionario della Civiltà classica, sub voce; Dizionario Degli scrittori greci e latini, cit. (per
l’indicazione delle opere superstiti e relative edizioni), sub voce.
56
Dionigi di Alicarnasso, retore e storico vissuto tra il 60 e la fine del I sec. a C., fu attivo a Roma dove tenne una
scuola dal 30 e fino a circa l' 8 o il 7. Di lui restano frammenti di un trattato PERI MIMHSEWS (ora Dionigi di
Alicarnasso, Sull’imitazione, edizione critica, traduzione e commento a cura di Daniela G. Battisti, Istituti editoriali e
poligrafici internazionali, Pisa 1997), frammenti di un'opera sull'oratoria attica, Sugli antichi oratori di cui ci è giunta
la parte relativa a Lisia, Isocrate, Demostene (Sullo stile di Demostene), uno scritto su Tucidide (ora, con lo scritto
su Demostene, in Germane Aujac e Maurice Lebel, Opuscules Rhétoriques, I-IV, Les belles lettres, Paris 19811992) un trattato Sulla disposizione delle parole noto con il titolo latino De compositione verborum (La composition
stylistique, a c. di Germane Aujac e Maurice Lebel, cit.) ed un trattato sulle antichità romane. Cfr. Paulys,
Realencyclopädie der Classischen Altertumswissenschaft, sub voce, 113, 934-971; Dizionario delle letterature
classiche, sub voce.
57
Camillo Pellegrino (Capua 1527 - ivi 1603) visse a Capua dove ricoprì vari uffici ecclesiastici. Scrisse Il Carrafa o
vero della epica poesia, trattatello in difesa della Gerusalemme liberata in cui sostenne la superiorità di Tasso
rispetto ad Ariosto. L’operetta fu pubblicata nel citato volume fiorentino curato dall’Ammirato, Parte delle rime […]
cit. (il Carrafa ora in Trattati di poetica e retorica del ‘500, a cura di Bernard Weinberg, Laterza, Bari 1970-’74, vol.
III (1972), pp. 309-344); ad essa seguì la Replica di C. P. alla risposta de gli Accademici della Crusca (Giuseppe
Cacchi, Vico Equense 1585). L’autore riprese l’argomento intorno al 1598 in un terzo trattato intitolato Del Concetto
poetico, Ms XIV. D. 2 (Biblioteca Nazionale di Napoli), cc. 64-89, pubblicato da Angelo Borzelli in appendice al
saggio Il cavalier G. B. Marino (1569 - 1625): memoria premiata dall'Accademia Pontaniana, Gennaro Maria Priore,
Napoli 1898, ripubblicato da Giovanni Valletta, I Dialoghi e le rime di Camillo Pellegrino, Messina-Firenze, D’Anna,
1971, pp. 62-105, riprodotto in versione antologica in Giulio Ferroni - Amedeo Quondam, La "locuzione artificiosa".
Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nell'età del manierismo, Bulzoni, Roma 1973, pp. 107-125. Giorgio
Cerboni Baiardi attende da tempo all’edizione critica dell’opera di cui ha anticipato un’analisi nel saggio Il dialogo
Del Concetto poetico di Camillo Pellegrino, in “La Rassegna della letteratura italiana”, LXII, serie VII, 3, settembredicembre 1958, pp. 370-374. Sul Carrafa di recente ha scritto Maria Luisa Doglio, Tasso “architetto” dell’ “epica
Angelo Cardillo
andava distinguendosi sempre più decisamente dalla “locuzione”58, come nel Peri#
eérmhnei@av59.
Angelo Cardillo
poesia” nel dialogo di Camillo Pellegrino, in “Giornale Storico della Letteratura Italiana”, CLXXVI (1999), fasc. 576,
pp. 481-502, saggio poi ripreso nel vol. Origini e icone del mito di Torquato Tasso, Bulzoni, Roma 2002.
58
Sull’argomento rinvio a Pompeo Garigliano, Pentimerone, edizione critica a cura di Angelo Cardillo, E.S.I., Napoli
2002; in particolare, Introduzione, pp. 5-59.
59
Questa Nota sulla fortuna dell’opera di Falereo continuerà in un prossimo numero della Rivista.
Angelo Cardillo