Testo D`Angelo - Istituto Superiore di Studi Medievali `Cecco d`Ascoli`

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Testo D`Angelo - Istituto Superiore di Studi Medievali `Cecco d`Ascoli`
Le “amicizie” del Cuor di Leone*
Edoardo D’Angelo
1. L’omosessualità di re Riccardo: il problema. 2. Le “prove”. 3. Le posizioni della
critica. 4. Una rilettura “letteraria” delle fonti
1. IL PROBLEMA
Le fonti dirette (letterarie e documentarie) sulla vita e l’opera di Riccardo I
d’Inghilterra sono numerose e tutt’altro che laconiche. E’ uno dei personaggi meglio noti
della storia del pieno Medioevo, anche grazie a una critica che ha partorito una
bibliografia ricca e approfondita, soprattutto sotto il profilo biografico.
Uno degli aspetti particolarmente controversi di questa critica riguarda la presunta
omosessualità del sovrano inglese. Questo intervento tenta una messa a punto della
situazione, mediante l’accertamento di nuovi elementi (filologici, e per questo, forse,
maggiormente solidi), per una definizione più sicura del dubbio storiografico.
2. LE “PROVE”
• La penitenza a Messina.
Nell’ottobre del 1190 la flotta crociata franco-inglese è a Messina in viaggio verso la
Terrasanta (III Crociata): i due sovrani, Filippo Augusto e Riccardo d’Inghilterra,
guidano i contingenti che si sono acquartierati in città aspettando la successiva primavera
per prendere il mare verso la Terrasanta. In città, data la permanenza lunga di soldatesche
numerose e in buona parte tutt’altro che disciplinate, si verificano gravissimi scontri tra le
diverse etnie e contingenti militari (Franchi, Normanni, Inglesi, Greci, Longobardi, etc.);
in particolare imperversano gli Inglesi di Riccardo: costruiscono addirittura un castello,
che chiamano Matagrifon, cioè «uccisore di Grifoni», in riferimento ai Greci abitanti in
città.
Ma la permanenza di Riccardo nell’isola è resa problematica anche da una serie di
rilevanti problemi politici e dinastici. Il re d’Inghilterra reclama dal re di Sicilia in carica,
Tancredi d’Altavilla, la restituzione dell’eredità di sua sorella Giovanna, moglie del
defunto predecessore di Tancredi, Guglielmo II († 18 novembre 1189). Tancredi non
vorrebbe restituire il dotario, ma ha bisogno dell’appoggio politico di Riccardo: incombe
sul regno di Sicilia la rivendicazione del trono da parte dell’imperatore di Germania,
Enrico VI, in quanto marito di una zia di Guglielmo II, Costanza d’Altavilla.
In questo clima straordinariamente “mosso” dal punto di vista non soltanto politico,
Riccardo si reca sulla Sila, in Calabria, a rendere visita a uno dei più importanti “profeti”
in quel momento viventi: fra’ Gioacchino da Fiore. L’abate di Corazzo, interrogato dal
sovrano, esprime una grandiosa profezia di trionfo per la spedizione crociata, e per
Riccardo in particolare, per mano del quale verrà ucciso nientemeno che l’Anticristo,
incarnato in quel momento storico dal Saladino. Forse in conseguenza di questa visita a
Gioacchino da Fiore, nell’imminenza della Crociata, e forse nell’imminenza dell’arrivo
della sua promessa sposa, Berengaria di Navarra, probabilmente sotto il Natale 1190,
Riccardo, riuniti i vescovi che lo accompagnano nella spedizione, si abbandona a una
clamorosa confessione pubblica. Il re d’Inghilterra confessa «l’ignominia dei suoi
peccati», la foeditas (come dice Ruggero di Hoveden) «i cespugli spinosi della libidine»;
egli «prese chiara coscienza del suo peccato» e i vescovi gli infliggono così la penitenza,
dopo la quale egli cambia repentinamente e completamente vita [→ Appendice 1].
Nei Gesta Henrici II si insiste, al singolare, sul peccatum illud al quale il re,
pentito, «abiurò». Si tratta della fornicatio; e non dovrebbe essere quella eterosessuale,
dato che per i sovrani le scappatelle erano assolutamente normali, al punto che ai figli
illegittimi venivano poi riconosciuti feudi e cariche anche importanti. Inoltre, Riccardo
non era sposato (e non ci sono note sue relazioni femminili per quel momento).
• Il rifiuto di sposare Alice di Francia.
Una seconda prova a sostegno dell’omosessualità di Riccardo dovrebbe essere
rappresentata dal suo “eterno” rifiuto di sposare la sua promessa sposa, Alice, sorella del
re di Francia Filippo Augusto. Nel racconto di Ruggero di Hoveden, al sovrano francese
che lo accusa di tergiversare sul matrimonio, Riccardo risponde che la ragazza è stata già
oggetto delle mire di suo padre, Enrico II, dal quale aveva generato addirittura un figlio
[→ Appendice 2].
• Il lungo celibato.
Terza prova addotta da coloro che sostengono l’omosessualità è il lunghissimo celibato
del re d’Inghilterra, che si sposa (con Berengaria di Navarra) solo a 34 anni.
• La separazione uomini/donne al banchetto nuziale.
La quarta prova sarebbe data dalla separazione tra uomini e donne che Riccardo
volle instaurare tra gli invitati alla sua festa di matrimonio.
• Mancanza di figli.
La quinta prova verrebbe data rappresentata dalla qualità del matrimonio con
Berengaria: Riccardo forse sta lontano dalla moglie, dato che non hanno figli.
• Amicizia equivoca con Filippo Augusto.
La sesta prova è rappresentata dalla sottolineatura di un’amicizia fortissima, ai limiti
dell’equivoco, tra il re d’Inghilterra e il re di Francia. Riccardo di Devizes scrive che
Riccardo e Filippo passarono a Messina parecchi giorni insieme, divertendosi, e che alla
fine i due sovrani «si separarono stanchi ma non paghi» per ritornare ai loro alloggi;
l’espressione costituisce la citazione di una frase di Giovenale in cui si parla della libidine
di Messalina. I Gesta Henrici II sono anche più espliciti, e parlano tout-court di «amore»
tra i due sovrani [→ Appendice 3]. Le espressioni sono in questo caso davvero molto
forti: si parla di lectus unus che non separava Riccardo e Filippo nemmeno di notte, dopo
lunghe giornate trascorse sempre insieme (anche a mangiare ad unum catinum), e
compare direttamente la parola amor, facendo pensare a una vera e propria relazione
omoerotica tra i due giovani.
• Ammonimento dell’eremita.
La settima e ultima prova addotta da chi crede al comportamento omosessuale di
Riccardo si fonda su un passo della Chronica di Ruggero di Hoveden, nel quale si
racconta come il Cuor di Leone fu colpito da un forte pentimento in conseguenza di una
grave malattia che egli reputava inviatagli dal Signore, per non aver ascoltato l’invito a
redimersi rivoltogli da un santo eremita. Siamo nel 1195 (quarto anno del matrimonio con
Berengaria) [→ Appendice 4]: Rogerius de Hoveden, Chronica, III 289 coram se viris
religiosis vitae suae foeditatem confiteri non erubuit, et accepta poenitentia, mulierem
suam, quam a multo tempore non cognoverat, recepit, et abiecto concubitu illicito,
adhaesit uxori suae, et facti sunt duo in carne una; et dedit ei Dominus sanitatem tam
corporis quam animae.
In questo caso, viene richiamata addirittura la subversio Sodomae, che, insieme
all’espressione illicitus concubitus, suggerisce l’allusione, da parte dell’eremita che
catechizza Riccardo, a una relazione omosessuale. Inoltre, nello stesso passo si sottolinea
l’assoluta lontananza sessuale del Cuor di Leone da Berengaria.
3. LE POSIZIONI DELLA CRITICA
Sulla base di questi elementi, molti studiosi si sono schierati per l’omosessualità di re
Riccardo, altri l’hanno declinata. Dei due più importanti (e recenti) biografi del sovrano
plantageneto, John Gillingham e Jean Flori, il primo ritiene l’omosessualità di Riccardo
un’idea “alla moda” non suffragata dalle fonti; il secondo crede che un’incontinenza
sessuale del sovrano è indubbia, e che essa può essere stata molto probabilmente -anche
se non necessariamente e/o esclusivamente- di natura omosessuale.
In effetti, come per l’omo-, esistono delle “prove” anche per l’eterosessualità del
plantagéneto. Nel racconto dei Gesta Henrici, Riccardo «toglieva a forza le mogli e le
figlie e le parenti degli uomini liberi e ne faceva le sue concubine; e quando aveva spento
in loro i suoi ardori libidinosi, le abbandonava ai suoi cavalieri a guisa di donne
pubbliche». Ruggero di Hoveden parla di un suo figlio illegittimo, Filippo, che lo avrebbe
vendicato uccidendo il visconte di Limoges. Stefano di Bourbon racconta un episodio
quanto mai indicativo dei gusti sessuali del sovrano: invaghitosi di una monaca di
Fontevrault, Riccardo ordina gli sia consegnata; la religiosa, dalla castità incrollabile, fa
chiedere al re cosa lo attraesse di più in lei; avendo Riccardo risposto «gli occhi», la
monaca avrebbe preso un coltello e si sarebbe strappata gli occhi per farli avere al re che
tanto i desiderava!
Oltre a queste notizie sugli appetiti eterosessuali di Riccardo, va rilevato che quelle a
favore dell’omosessualità meritano una serie di riflessioni. Innanzitutto, alcune di esse
risultano a un esame anche superficiale effettivamente forzate e poco indicative. Tre si
mostrano più valide:
1. la penitenza a Messina.
2. l’amicizia equivoca con Filippo Augusto.
3. l’ammonimento dell’eremita.
Relativamente alla terza, John Gillingham –che nega tutta la questione
dell’omosessualità di Riccardo- sostiene che la presenza del riferimento a Sodoma nella
minaccia dell’eremita significa soprattutto il tipo di castigo (fiamme, etc.), più che la
colpa. D’altra parte, nella Bibbia, i riferimenti all’omosessualità non fanno allusione
alcuna alla città di Sodoma. Si tratta dunque, secondo lo studioso inglese, del peccato di
adulterio commesso dal re d’Inghilterra. Legge altrimenti la questione Jean Flori,
secondo il quale Sodoma è un riferimento a comportamenti omosessuali, o comunque
rimanda a un peccato sessuale in genere: egli avanza l’ipotesi di un Riccardo bisessuale.
4. UNA RILETTURA “LETTERARIA” DELLE FONTI
Per elementi nuovi in più ai fini di una soluzione della questione è necessario non
tanto un ampliamento “quantitativo” dei materiali, quanto una loro rilettura in chiave
metodologicamente diversa. In particolare, è opportuno leggere i testimoni sotto un’ottica
squisitamente “letteraria”, e non solo con gli occhi dello storico a caccia di “dati” e di
“fatti”. E’ questo uno dei problemi dell’utilizzo delle fonti storiografiche mediolatine più
volte segnalato, ed è sempre valida la metafora di Gustavo Vinay, per il quale lo
storiografo mediolatino è come un «pozzo» a cui i moderni cercano di attingere
l’«acqua» (i “fatti”) per la ricostruzione storiografica, perdere completamente di vista il
«pozzo» dal quale attingono. In realtà, per un’età -come quella medievale- in cui la
concezione retorica domina e caratterizza tutti i tipi di testo, per quelli storiografici in
particolare sono necessari gli strumenti e i metodi della letteratura e della filologia, per
tentare di estrarne (eventualmente!) i dati evenemenziali. Per quanto riguarda i testi qui
specificamente in questione, una lettura che li proietti nel contesto delle loro “fonti”
consente di gettare non poca luce sulla dimensione e sul significato da conferire alle
singole espressioni e agli episodi nel loro complesso.
Le opere storiografiche qui citate sono in generale edite nelle buone edizioni della
collana inglese dei Rolls Series; che si rivela scadente, però, proprio sul piano dei
riferimenti letterari (citazioni e loci similes), in pratica del tutto assenti. Proviamo ad
analizzare di nuovo i tre brani maggiormente probanti l’omosessualità di Riccardo
secondo quest’ottica.
• la penitenza a Messina [→ Appendice 1].
L’impostazione del brano dei Gesta Henrici II sul pentimento messinese di Riccardo
è tutta letteraria, come dimostra l’Apparatus fontium con cui corredo la trascrizione del
testo in appendice. Lo sfondo è dato dalle Confessiones di Agostino: foeditas vitae suae,
vepres libidinis, manus eradicantis, sono tutte espressioni preconfezionate riprese dal
tono della più famosa confessione tardoantica; appare molto difficile, quindi, che possano
aver alcun risvolto personale, nel senso di individuale (omosessualità), su Riccardo.
Come anche tutta l’espressione successiva, relativa al Signore che va incontro al
peccatore: si tratta ancora di una citazione da Agostino, De natura boni (inframezzata da
continue allusioni alla Vulgata). L’espressione peccatorum suorum foeditatem coram illis
confiteri non erubuit è invece derivata dalla topica davidica del re che si pente: fonte
soprattutto Ambrogio (Apologia prophetae David e Expositio Psalmorum): qui, i nessi
lessicali che Ambrogio attribuisce a Davide sono esattamente gli stessi che l’autore dei
Gesta Henrici II attribuisce a Riccardo: peccatum proprium, peccatum tuum. Di
omosessualità, cioè, non solo non si parla, ma nemmeno è metodologicamente lecito
intravedervi allusioni.
• l’amicizia equivoca con Filippo Augusto [Appendice 3].
La lettura in chiave “omoerotica” di questo brano (Gesta Henrici II, II 7) è da ritenersi
fuorviante. In questo caso, il timore del padre di Riccardo, Enrico II, è tutto e solo
“politico” (praecavens sibi in futurum, machinaretur, etc.): non c’entra niente il risvolto
affettivo e tanto meno quello sessuale (sul peso secondario dell’attrazione sessuale nel
concetto monastico di amicitia ha scritto Katherine Yohe). Re Enrico è già andato
incontro alla ribellione dei due figli maggiori, Enrico il Giovane († 1183) e Goffredo (†
1186): e nel 1187 teme gli si ribelli anche Riccardo. Paul Dalton in un recente articolo
mette in luce l’importanza degli scritti teorici sull’amicizia di Elredo di Rievaulx sulla
promozione della pace in Inghilterra durante il regno di Stefano di Blois (1135-1154). E,
ancora più specificatamente, da un lato Klaus Eickels, nell'ambito di uno studio sui
rapporti feudali, esamina il passaggio dall'homagium alla definizione del duca come
amicus del re nei rapporti dilomatico politici tra Francia e Inghilterra nel secolo XII, e
Claudia Garnier insiste sui rapporti di amicizia «strutturati verticalmente e
orizzontalmente» nella classe dirigente tedesca tra XIII e XIV secolo; dall’altro Karl
Schmid studia l’”amicizia” tra Enrico I l’Uccellatore e re Roberto di Francia. La stessa
presenza del lessema amicitia è alla base, secondo Julian Haseldine, Ambrogio Maria
Piazzoni e Patrick McGuire (ma in chiave di declino secondo quest’ultimo), dei tentativi
di tessere rapporti pacifici tra i diversi ordini monastici, soprattutto quelli di recente
creazione, nel corso del sec. XII. Nel suo volume sulla topica, Reginald Hyatte insiste sul
concetto, oltre che di amicitia Dei, appunto sul «friendship of the monastic community»,
e paragona i due tipi di «chivalric friendship», quello tra cavalieri di una stessa
compagnia e quello tra uomo e donna.
Ed è comunque quello dell’amicitia un tema fondante della cultura anglonormanna di
secolo XII. Questa è una lettura già abbastanza ovvia; ma risulta certificata da un’analisi
delle fonti:
- il catinus in cui Riccardo e Filippo mangiano insieme è il simbolo letterario del pranzo
come elemento spazio-temporale in cui coesistono la più grande amicizia e il tradimento;
fonte il Vangelo: in Mc 14.20 il catinus è l’oggetto che fa riconoscere il traditore di Gesù,
Giuda;
- la citazione di Dn 11.27 fa riferimento a due re in costante rapporto di amore/odio:
Antioco IV Epifane (175-165 a.C.) e il suo grande amico/avversario, Tolomeo Filometore
d’Egitto (180-145 a.C.);
- ancora più interessante è la citazione presente nel brano di I Sm 18.1: et factum est cum
conplesset loqui ad Saul anima Ionathan conligata est animae David et dilexit eum
Ionathan quasi animam suam. Si tratta infatti di un passo -ancora una volta- tutto
politico, dove l’amicizia (e certo non il sesso!) funge solo da antagonista drammatico alla
ragion di Stato e all’ambizione personale: Gionata è l’amico per antonomasia (di
Davide), è colui che per l’amicizia passa sopra anche ai propri interessi di erede
legittimo. E alla morte dell’amico, Davide grida: II Sm 1.26 doleo super te, frater mi
Ionathan, decore nimis et amabilis super amorem mulierum (!).
La situazione per la quale Ruggero di Hoveden ritiene sensato richiamare come sfondo
intertestuale il rapporto Davide/Gionata, si situa nel mezzo di una delle tante crisi tra
Enrico II e Filippo Augusto, cui partecipano a vario titolo anche i figli del sovrano
inglese, spesso dalla parte contraria a quella del padre. Qui siamo nell’estate del 1187, al
momento in cui Filippo Augusto sta assediando Riccardo e suo fratello Giovanni
(Senzaterra) chiusi nel castello di Chateauroux. All’episodio seguirà poi una tregua,
stabilita il 23 giugno. Enrico II teme che Riccardo possa di nuovo passare dalla parte del
re di Francia; il parallelismo così con la situazione biblica è addirittura perfetto:
Enrico II = Saul
Riccardo = Gionata
Filippo Augusto = Davide.
• l’ammonimento dell’eremita [→ Appendice 4].
Anche in questo caso, una serie di considerazioni condotte in chiave letteraria e
filologica conducono a un ridimensionamento del valore del brano come prova a sostegno
dell’omosessualità del Cuor di Leone:
- come già sottolineato da Gillingham, il riferimento a Sodoma non è ai peccati (sodomia)
della città, ma alla sua subversio, cioè al castigo subìto da parte del Signore: Dt 29.23;
- l’illicitus concubitus di cui nel brano, non è con altri maschi, ma quello
extramatrimoniale, ome dimostrato dal significato del nesso in numerose fonti, peraltro di
tipologia differente (predicatorie, giuridiche, etc.): oltre al Vangelo (Eph 5.31), lo si
ritrova in questa accezione nei Sermones di Agostino (343 [Giuseppe] noluit impudicae
mulieri ad concubitum illicitum consentire) e nel De divortio di Incmaro di Reims.
Riccardo, insomma, è accusato di copula extraconiugale, di adulterio.
E’ particolarmente indicativa sotto il profilo metodologico l’obiezione che, a questo
riguardo, effettua Jean Flori: «se in questo caso si fosse trattato di pratiche adulterine,
come sembra suggerire John Gillingham, l’eremita si sarebbe molto verosimilmente
appellato a un altro exemplum: quello di Davide e Betsabea, tra gli altri possibili». In
questo caso è quanto mai evidente l’eccezionalità dei risultati che può dare un’analisi
rigorosa e professionale delle fonti: la citazione di Davide c’è, anche se nessuno dei due
studiosi non se ne accorge! E’ infatti presente di nuovo l’espressione vitae suae
foeditatem confiteri non erubuit, che è tratta dall’Apologia David, e dall’Expositio in
Psalmos di Ambrogio. Ancora, l’espressione peccatum proprium richiama il peccatum
illud di Agostino (in Appendice 1).
Appendice 1
Confessione e penitenza a Messina (ottobre 1190)
Gesta Henrici II, II 146-147
Richardus rex Angliae, divina inspirante gratia, recordatus est foeditatis vitae suae:
vepres enim libidinis excreverant caput illius, et non erant eradicantis manus. Sed solus
Deus … et dedit illi cor paenitens; adeo quod ille, convocatis universis archiepiscopis et
episcopis suis, qui aderant, nudus, portans in manibus tria flagella facta de virgis
levigatis, procidit ad pedes eorum, et peccatorum suorum foeditatem coram illis confiteri
non erubuit, cum tanta humilitate et cordis contritione, quod credatur sine dubio Illius
opus extitisse, qui respicit terram et facit eam tremere. Deinde peccatum illud abiuravit,
et a praedictis episcopis poenitentiam condignam suscepit; et ab illa hora factus vir
timens Deum et faciens bona, ulterius non est reversus ad iniquitatem suam.
-------------------------------Augustinus, Confessiones, II 1 recordari uolo transactas foeditates meas et carnales
corruptiones animae meae. Hieronimus, in Ezechielem, VII 23 nequaquam audeas oculos
tuos leuare ad chaldaeos et amatoribus pristinis ostendere foeditatem tuam; nec
recorderis amplius Aegyptiorum libidinis, quorum magnitudine carnium delectabaris.
Augustinus, Confessiones, II 3 sed ubi sexto illo et decimo anno interposito otio ex
necessitate domestica feriatus ab omni schola cum parentibus esse coepi, excesserunt
caput meum uepres libidinum, et nulla erat eradicans manus.
Augustinus, De natura boni, 48 qui non uis mortem peccatoris, quantum ut reuertatur et
uiuat: qui partibus corripiens das locum paenitentiae, ut relicta malitia credant in te,
domine; qui patientia tua ad paenitentiam adducis, quamuis multi secundum duritiam
cordis sui et inpaenitens cor thesaurizent sibi iram in die irae et reuelationis iusti iudicii
tui; qui reddis unicuique secundum opera sua; qui in qua die conuersus fuerit homo a
nequitia sua ad misericordiam et ueritatem tuam, omnes iniquitates eius obliuisceris.
AMBROSIUS, Apologia David IV 15 quod erubescunt facere priuati rex non erubuit
confiteri. Ambrosius, super psalmos xii IX 5 tantus rex, tantus propheta non erubuit
peccatum proprium confiteri et ideo dictum est ei: et dominus abstulit peccatum tuum».
Ps 103.32 «qui respicit terram et facit eam tremere.
Appendice 2
Rifiuto di sposare Alice di Francia
Rogerius de Hoveden, Chronica, III 99
his auditis rex Angliae respondit, quod sororem illius sibi ducere in uxorem nulla ratione
posset, quia rex Angliae pater suus eam cognoverat, et filium ex ea genuerat, et ad hoc
probandum multos produxit testes, qui parati erant modis omnibus hoc probare
Gesta Henrici II, II 160
cui [Filippo Augusto] rex Angliae respondit: «Sororem tuam non abicio; sed illam ducere
nequeo in uxorem, quia pater meus cognovit eam, generans ex ea filium». Quod cum regi
Franciae constaret per plurimorum assertiones…
Appendice 3
Amicizia equivoca con Filippo Augusto
Gesta Henrici II, II 7
facta itaque pace, Richardus dux Aquitaniae, filius regis Angliae fecit moram cum
Philippo rege Franciae, quem ipse in tantum honoravit per longum tempus, quod singulis
diebus in una mensa ad unum catinum manducabant, et in noctibus non separabat eos
lectus. Et dilexit eum rex Franciae quasi animam suam; et in tantum se mutuo diligebant,
quod propter vehementem dilectionem quae inter illos erat, dominus rex Angliae nimio
stupore arreptus admirabatur quid hoc esset. Et praecavens sibi in futurum, voluntatem
transfretandi in Angliam, quam in animo praeconceperat, distulit donec sciret quid tam
repentinus amor machinaretur.
-------------------------------------Dn 11.27 duorum quoque regum cor erit ut malefaciant et ad mensam unam mendacium
loquentur et non proficient quia adhuc finis in aliud tempus. Mc 14.20 qui ait illis unus ex
duodecim qui intinguit mecum in catino. Gratianus, Decretum II 35,6,9 ab isto die in
antea tu per nullum ingenium sociabis te huic tuae consanguineae, nec in coniugio, nec
in adulterio, nec cum illa ad unam mensam manducabis et bibes, aut sub uno tecto
manebis, nisi in ecclesia, aut in alio publico loco, ubi nulla mala suspicio possit esse, ut
ibi coram testibus idoneis pro certa necessitate pariter colloquamini; nec aliam
coniugem accipies, nisi forte post actam penitenciam tibi licentia data fuerit ab episcopo
tuo, aut eius misso.
Ecl 7.23 servus sensatus dilectus quasi anima tua non defraudes illum libertate neque
inopem derelinquas illum. I Sm 18.1 et factum est cum conplesset loqui ad Saul anima
Ionathan conligata est animae David et dilexit eum Ionathan quasi animam suam.
Appendice 4
L’ammonimento dell’eremita
Rogerius de Hoveden, Chronica, III 288-9
eodem anno venit quidam heremita ad regem Richardum, et praedicans ei verba salutis
aeterne dixit: «Esto memor subversionis Sodomae, et ab illicitis te abstine, sin autem
veniet super te ultio digna Dei». Sed rex, inhians terrenis, et non his quae Dei sunt, non
potuit tam cito animum ab illicitis revocare, nisi datum ei fuisset desuper, vel signum
videret.
Il Signore gli manda una grave malattia, e allora re Riccardo:
coram se viris religiosis vitae suae foeditatem confiteri non erubuit, et accepta
poenitentia, mulierem suam, quam a multo tempore non cognoverat, recepit, et abiecto
concubitu illicito, adhaesit uxori suae, et facti sunt duo in carne una; et dedit ei Dominus
sanitatem tam corporis quam animae
------------------------------------------------Dt 29.23 sulphure et salis ardore conburens ita ut ultra non seratur nec virens quippiam
germinet in exemplum subversionis Sodomae et Gomorrae … quas subvertit Dominus in
ira et furore suo.
Augustinus, Sermones, 93 si ergo ab illicitis abstinentia bona est, unde uirginitas nomen
accepit.
Augustinus, in Evangelium Iohannis, XXXVIII 4 quid est, terram manducatis? terrenis
pascimini, terrenis delectamini, terrenis inhiatis, sursum cor non habetis.
Ambrosius, Apologia David, IV 15 quod erubescunt facere priuati rex non erubuit
confiteri. Ambrosius, super psalmos xii, IX 5 tantus rex, tantus propheta non erubuit
peccatum proprium confiteri et ideo dictum est ei: et dominus abstulit peccatum tuum.
III Rg 1.4 erat autem puella pulchra nimis dormiebatque cum rege et ministrabat ei rex
vero non cognovit eam.
Augustinus, Sermones, 392 qui post uxores uestras uos illicito concubitu maculastis, si
praeter uxores uestras cum aliqua concubuistis; agite poenitentiam, qualis agitur in
ecclesia, ut oret pro uobis ecclesia. Hincmarus Remensis, De divortio, IV 1,5 sicut ergo
satius est mori fame quam idolotitis vesci, ita satius est defungi sine liberis quam ex
inlicito concubitu stirpem quaerere.
Eph 5.31 propter hoc relinquet homo patrem et matrem suam et adherebit uxori suae et
erunt duo in carne una.