la Gatta Cenerentola e altre fiabe
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la Gatta Cenerentola e altre fiabe
Giambattista Basile bi ti a per tiv l a scuola media collana di nar ra rin la Gatta Cenerentola e altre fiabe la a cura di Stefano Napolitano Excerpt of the full publication Excerpt of the full publication Copyright © 2005 Esselibri S.p.A. Via F. Russo 33/D 80123 Napoli Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Per citazioni e illustrazioni di competenza altrui, riprodotte in questo libro, l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alle opportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione degli interessati. Prima edizione: gennaio 2005 ISBN 88-244-8355-0 S 281 - La Gatta Cenerentola e altre fiabe Ristampe 8 7 6 5 4 3 2 1 2005 2006 2007 2008 Questo volume è stato stampato presso «Officina Grafica Iride» Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII traversa, 24 - 80022 Arzano (NA) ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Grafica: Gianfranco De Angelis ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ In copertina: illustrazioni di Warwick Goble per Giambattista Basile, Stories from the Pentamerone, Macmillan & Company, Londra 1911 Premessa ■ Scopo di questa raccolta è far conoscere ai giovani lettori Giambattista Basile, autore di fiabe attivo nel Seicento, tradotto in Europa già nell’Ottocento, ma — salvo episodiche eccezioni — tuttora trascurato in Italia. Scrittore validissimo, artefice della prima raccolta organica di fiabe in Occidente, il suo unico torto consiste nell’aver scritto in napoletano mentre il fiorentino si affermava sempre più come lingua ufficiale. I maggiori autori di fiabe, da Tieck ai fratelli Grimm, da Perrault a Calvino,si sono ispirati alla sua raccolta. Tutte le fiabe più note (Cenerentola, Il gatto con gli stivali e tante altre) sono state presentate, per la prima volta, in maniera esemplare da Basile. Il testo pubblicato (quello del 1634-36) risente delle difficoltà e dei limiti tipici delle ‘traduzioni’, derivanti da esigenze di comprensibilità. Le fiabe vengono presentate nell’ordine stabilito dall’autore, ma in una versione semplificata per renderne più agevole la lettura. Per dare un saggio dello stile, della sintassi e del lessico di Basile, de La Gatta Cenerentola, la sua fiaba più famosa, viene qui proposto il testo originale, con una traduzione estremamente rispettosa a fronte. Delle altre fiabe, invece, viene presentato adattamento in italiano. Il presente lavoro intende, ancora, avviare i discenti alla comprensione del testo, nei suoi contenuti e negli aspetti formali, arricchendone il patrimonio culturale, lessicale e semantico. Si vuole fornire loro, infatti, le competenze per lo smontaggio, il rimontaggio e l’analisi dei brani, oltre che per la produzione del genere, nel tentativo di stimolarli ad andare oltre il testo, a sintetizzarlo, a modificarlo, a commentarlo, sviluppando al contempo capacità riflessive e creative. L’autore Giambattista Basile nasce a Napoli verso il 1575. Le prime notizie lo danno arruolato nell’esercito della Repubblica di Venezia e trasferito Excerpt of the full publication Premessa a Creta per l’intensificarsi delle spedizioni turche contro questa roccaforte veneziana. A Creta, dove frequenta una società civile ‘di frontiera’, particolarmente composita e plurilingue, Basile fa il suo ingresso nella società letteraria attraverso alcune lettere in cui si ritrovano la contrapposizione tra lingua e tradizione letteraria ‘napoletana’ e ‘toscana’, la mescolanza di testi, generi, discorsi provenienti da aree e livelli culturali diversi, l’originale struttura dei racconti. Tornato a Napoli nel 1608, è amministratore, scrivano ed organizzatore di feste presso piccole corti cittadine. In questo periodo pubblica il poemetto Il Pianto della Vergine, il testo teatrale Le avventurose disavventure e le Canzonette scritte per la sorella Adriana, cantante molto richiesta, e musicate dal fratello Donato. Nel 1612 si trasferisce a Mantova, alla corte dei Gonzaga. Qui cura la ristampa delle proprie opere, pubblica La Venere addolorata e poesie dai temi pastorali, compie ricerche linguistiche e letterarie su Bembo, su Della Casa e su Galeazzo di Tarsia. Rientrato a Napoli, svolge compiti di controllo amministrativo e politico di alcuni feudi, pubblica testi cortigiani, tra cui Le odi ed un Canzoniere, attende alla stesura delle Muse Napoletane (nove egloghe in forma di dialogo) e de Lo Cunto de li Cunte. Alla morte, avvenuta a Giugliano (Napoli) nel 1632, la sorella Adriana fa curare la pubblicazione delle sue opere inedite o incomplete. L’opera Lo Cunto de li Cunte, o Pentamerone, cinquanta fiabe narrate da dieci donne in cinque giorni, è la prima raccolta organica del genere. I racconti — destinati a quel momento rituale del dopopranzo in cui, nelle corti, s’indugiava tra giochi, lettura di testi narrativi, musiche, balli e piccole rappresentazioni teatrali — sono estremamente flessibili, adattabili alle circostanze, volti a promuovere il riso e a sollecitare l’intervento del pubblico con commenti, integrazioni, motti di spirito. Si tratta, quindi, di un’opera recitata e accompagnata da gesti,finalizzata all’intrattenimento. Non a caso, il sottotitolo recita: Lo trattenemiento de peccerille. La struttura de Lo Cunto s’ispira alla tradizione narrativa classica dei racconti intorno al fuoco, tipici del leggendario popolare, degli exempla 4 Excerpt of the full publication Premessa tardo-medioevali, delle azioni del teatro di strada, del romanzo greco. Pur richiamando una certa epica popolaresca, però, è un testo di grande sapienza letteraria; non a caso, Basile componeva innanzitutto madrigali e poesie. Si tratta, quindi, di un’opera complessa, ad un tempo teatrale, letteraria e popolare, che si avvale di una lingua ricca di un colossale apparato di convenzioni colte, di una varia serie di figure retoriche (tra cui quella tipicamente barocca della metafora), della tecnica della citazione, del narrato semicolto tipico degli avvisi e delle gazzette, dei giochi di parole (sulla defecazione, sulla fame, sul dolore, sul sesso). Scritto da Basile con lo pseudonimo di Gian Alessio Abbattutis, anagramma del suo nome, il Pentamerone viene pubblicato tra il 1634 e il 1636. Stampato «giornata» per «giornata», ottiene subito un gran successo. Anche perché Basile dà linguaggio e costumi napoletani a fiabe dalle origini più disparate, mescolando in maniera originale fantasia e realtà: i costumi parlano di storia, le trame sono fiabesche. Nonostante nel 1713 sia tradotto in bolognese da M. e T. Manfredi e nel 1747 in toscano da un Anonimo, il testo, in Italia, viene dimenticato. L’affermazione del racconto fiabesco nei primi decenni del secolo XIX, la diffusione del registro favolistico nella ricerca letteraria romantica, l’attenzione alle letterature nazionali con il recupero delle tradizioni popolari, fanno scoprire alla cultura europea Lo Cunto come una delle fonti della fiaba e come la più antica e coerente registrazione del narrato popolare di tradizione orale. Si verifica così l’assurdo di un’opera tra le più conosciute nei Paesi europei e nelle aree immediatamente vicine, ma misconosciuta in Italia. Nel 1846, infatti, il Pentamerone viene tradotto integralmente in tedesco; nel 1834 viene antologizzato in inglese, lingua nella quale viene integralmente tradotto nel 1893. Nel nostro Paese, invece, viene riscoperto sul finire dell’Ottocento dallo scrittore napoletano Vittorio Imbriani (1840-86) e ‘tradotta’ in italiano da Benedetto Croce (1925). Testo che merita una posizione di rilievo nella tradizione letteraria italiana ed europea, Lo Cunto è da ritenere una validissima ripresa del patrimonio folklorico partenopeo e mediterraneo e il capolavoro del barocco italiano. 5 Excerpt of the full publication Premessa Struttura della fiaba Le fiabe sono racconti fantastici, d’origine popolare, tramandati oralmente. Le prime raccolte letterarie si rintracciano in India e nel resto dell’Oriente. Nella cultura europea, invece, non se ne ha testimonianza scritta prima della metà del Cinquecento, quando Giovanni Francesco Straparola, in Le piacevoli notti, accanto alle più realistiche novelle presenta alcuni racconti fantastici di origine popolare. In Occidente la prima raccolta organica di fiabe è Lo Cunto de li Cunte di Basile. Ma solo alla fine del Seicento, in Francia, la fiaba diventa un genere letterario autonomo, con I racconti di mamma l’Oca di Charles Perrault e i Racconti di fate della baronessa d’Aulnoy. Il genere conosce il periodo di maggior fortuna durante il Romanticismo, come voce della creatività ed evocazione di un mondo naturale misterioso e lontano. Lo coltivano autori famosi come Hoffmann, Tieck, Novalis, Andersen, Carroll, mentre raccolgono e studiano sistematicamente fiabe i fratelli Grimm. Nel Novecento l’interesse nei confronti delle fiabe si manifesta soprattutto attraverso studi di analisi strutturale miranti a individuare le costanti narrative, tematiche e formali presenti nei racconti di ogni parte del mondo. Un classico, in questo campo, è Morfologia della fiaba di Vladimir J. Propp (1895-1970). Lo studioso russo-sovietico vi individua trentuno funzioni, bastanti, con alcune varianti e articolazioni interne, a descrivere la forma delle fiabe. Eccole: 1. ALLONTANAMENTO Un componente della famiglia si allontana, un genitore va a lavorare lasciando soli i figli, qualcuno muore. 2. PROIBIZIONE All’eroe viene proibito qualcosa: non fare, non guardare, non toccare. 3. INFRAZIONE La proibizione non viene rispettata. 6 Premessa 4. INVESTIGAZIONE L’antagonista cerca di scoprire dove si trova l’eroe, qual è il suo segreto. Oppure l’eroe rivolge domande al cattivo. 5. DELAZIONE L’antagonista riceve informazioni sulla vittima. 6. TRANELLO-PERFIDIA L’antagonista tenta d’ingannare la vittima per impossessarsi di lei o dei suoi averi. 7. COMPLICITÀ-CONNIVENZA La vittima cade nel tranello e ciò favorisce involontariamente il cattivo. 8. DANNEGGIAMENTO-MANCANZA Il cattivo reca danno ad uno della famiglia: rapimento di una persona, sottrazione di un oggetto. Ad uno dei membri della famiglia viene a mancare qualcosa. 9. MOMENTO DI CONNESSIONE La sciagura o la mancanza vengono alla luce. Ci si rivolge, allora, all’eroe perché parta: viene pubblicato un bando. 10. REAZIONE INIZIALE L’eroe acconsente, decide di reagire. 11. PARTENZA L’eroe parte per la sua impresa. 12. PRIMA FUNZIONE DEL DONATORE L’eroe è messo alla prova, interrogato, aggredito per poter ottenere il mezzo magico. 13. REAZIONE DELL’EROE L’eroe reagisce, supera la prova. 14. CONSEGUIMENTO DEL MEZZO MAGICO L’eroe entra in possesso del mezzo magico. 15. TRASFERIMENTO L’eroe si trasferisce, o viene portato sul luogo in cui si trova l’oggetto delle sue ricerche. 7 Excerpt of the full publication Premessa 16. LOTTA L’eroe si scontra con l’antagonista in una gara, o in un duello. 17. MARCHIATURA L’eroe riceve un oggetto di riconoscimento, un segno sul corpo. 18. VITTORIA L’eroe sconfigge l’antagonista. 19. RIMOZIONE La sciagura iniziale è rimossa; ritrovamento dell’oggetto o della persona, liberazione. 20. RITORNO L’eroe ritorna. 21. PERSECUZIONE L’eroe viene perseguitato dallo stesso nemico, risorto, o da altri nemici. 22. SALVATAGGIO L’eroe si salva dalla persecuzione: fugge, vola, si nasconde, si trasforma. 23. ARRIVO IN INCOGNITO L’eroe torna a casa, o in un altro paese, senza farsi riconoscere. 24. PRETESE INFONDATE Il falso eroe o altre persone affermano di essere gli artefici delle imprese compiute, pretendendo riconoscimenti illegittimi. 25. COMPITO DIFFICILE All’eroe è imposta una prova di abilità, di coraggio, di intelligenza. 26. ADEMPIMENTO Il compito viene eseguito. 27. IDENTIFICAZIONE L’eroe viene riconosciuto dal suo marchio, o dall’oggetto che ha con sé. 8 Excerpt of the full publication Premessa 28. SMASCHERAMENTO Il falso eroe (o l’antagonista) è smascherato. In genere questa funzione è collegata alla precedente. 29. TRASFIGURAZIONE L’eroe assume un nuovo aspetto: diventa più bello, oppure indossa vestiti nuovi. 30. PUNIZIONE Il cattivo è punito. 31. NOZZE-LIETO FINE L’eroe si sposa e/o sale al trono. Analisi della fiaba Una fiaba va analizzata testualmente, sul piano comunicativo e dal punto di vista letterario. Del testo vanno individuati: • la struttura sintattica prevalente (congiunzioni coordinanti e subordinanti, proposizioni coordinate e subordinate, parallelismi sintattici); • i tempi, i verbi, gli avverbi, la successione nel tempo (prima, dopo); • le forme implicite e le forme esplicite; • la comprensione dei significati letterali (denotazione) e dei significati simbolici (connotazione); • le sequenze (serie unitarie ed organiche di frasi e periodi, costituenti un nucleo narrativo dal senso compiuto); • i periodi; • i temi; • le altre caratteristiche linguistico-letterarie. Sul piano comunicativo vanno evidenziati: • la contestualizzazione; • l’individuazione del punto di vista dello scrittore; • l’intenzione comunicativa (cosa vuole comunicarci e a quale scopo); • il genere narrativo. 9 Excerpt of the full publication Premessa Dal punto di vista letterario vanno riconosciuti: • il punto di focalizzazione (chi narra? il protagonista, un narratore o più personaggi); • il modo con cui procede la narrazione · ‘a gradini’, un avvenimento dopo l’altro, · ‘a ostacoli’, col superamento di una serie di difficoltà, · ‘ad anello’, con ritorni all’indietro prima di sviluppare nuovamente la vicenda; • se l’autore usa far succedere cronologicamente i fatti (fabula), o segue un ordine narrativo senza vincoli ma legato al proprio estro (intreccio); • i motivi legati, quei passi necessari per lo sviluppo e per la comprensione del testo; • i motivi liberi, quelle parti che arricchiscono il testo, ma la cui eliminazione non pregiudica lo sviluppo e la comprensione del testo; • i personaggi; • i rapporti intercorrenti fra i personaggi. 10 Introduzione ■ GUIDA ALLA LETTURA La cornice de Lo Cunto de li Cunte, con la sua introduzione, le dieci novellatrici e i loro passatempi, le egloghe (poesie di temi pastorali) che chiudono le giornate, rimanda chiaramente al Decamerone di Giovanni Boccaccio. Al punto che Ferdinando Galiani, nel suo libro dal titolo Del dialetto napoletano (1779), intravede il proposito del Basile, a suo dire miseramente fallito, di competere con lo scrittore toscano. Altri hanno intravisto nel Pentamerone un intento parodistico (la ‘parodia’ è la contraffazione comica o satirica di un’opera conosciuta), testimoniato dalle dieci comari plebee (che sostituiscono i dieci eleganti narratori del Decamerone), dai comportamenti e dal linguaggio popolari, affatto simili a quelli raffinati dei protagonisti dell’opera del Boccaccio. Basile, in realtà, risente dell’irrequieta visione del mondo della contemporanea civiltà barocca e intende, pertanto, svolgere un’esplorazione più vasta, percorrendo in tutti i sensi possibili le molteplici strade del reale, per scoprire nuovi aspetti della vita e ampliare l’universo letterario. L’autore, perciò, si avventura per itinerari fantastici inconsueti, modifica il codice comportamentale del Decamerone con un sentimento della vita diverso, con una coscienza più complessa della realtà, in cui non vigono una legge unica e una regola ferma, ma tutto è sempre nuovo, disponibile a esiti molteplici, non sempre prevedibili. Introduzione Un proverbio antico dice: chi cerca quello che non deve trova quello che non vuole. Capitò a una stracciona di schiava che, senza aver portato mai scarpe ai piedi, voleva portare una corona in testa. Ma, alla fine, per avere preso con l’inganno quanto toccava ad altri, finì nella ruota dei calci; più era salita in alto, maggiore fu la sua caduta. Il re di Valle Pelosa, la cui figlia Zoza non rideva mai, per toglierle la malinconia, faceva venire ora quelli che camminano sui bastoni, ora quelli che saltano nel cerchio di fuoco, ora i saltimbanchi, ora Mastro Ruggiero (1), ora i giocolieri, ora i ginnasti, ora il cane che balla, ora l’asino che beve nel bicchiere, ora Lucia (2) cagnaccia. Ma era tutto tempo perduto. Il padre, non sapendo cosa altro tentare, ordinò si costruisse una grande fontana d’olio davanti alla porta del palazzo, con l’idea di deridere durante il passaggio la gente, la quale, per non ungersi i vestiti, avrebbe fatto salti da capra e corse da lepre e, scivolando e urtandosi questo con quello, sarebbe potuto capitare qualcosa per cui sarebbe scoppiata a ridere. Costruita allora questa fontana, mentre Zoza stava alla finestra tanto seria da sembrare tutta aceto, capitò per caso una vecchia, la quale, inzuppando una spugna nell’olio, ne riempiva un vasetto portato con sé. Mentre tutta affaccendata si dava da fare con questo lavoretto, un giovinetto lanciò un sasso con tanta precisione che, colpita l’oliera, la fece a pezzi. La vecchia si voltò verso il paggio e cominciò a dirgli: «Ah monello! Guarda, ora anche le pulci hanno la tosse (3)! Mamma tua abbia la cattiva notizia, tu non possa vedere il primo di maggio (4)!». Il ragazzo la ripagò con la stessa moneta e le disse: «Non vuoi chiudere questa fogna, nonna del diavolaccio». La vecchia, perdendo la calma, alzato il vestito, fece vedere la scena boschereccia (5). (1) Mastro Ruggiero: un cantante. (2) Lucia: una ballerina. (3) le pulci hanno la tosse: le persone da poco si danno importanza. (4) il primo di maggio: giorno di molte feste popolari. (5) la scena boschereccia: il suo organo sessuale. 12 Excerpt of the full publication Introduzione Quando Zoza vide questo spettacolo le venne tanto da ridere che stava per morirci. La vecchia, sentendosi beffata, rivolta verso Zoza disse: «Non possa vedere marito se non sposerai il principe di Campo Rotondo». Zoza, sentito questo, fece chiamare la vecchia e volle sapere se l’avesse insultata o le avesse lanciato una maledizione. E la vecchia rispose: «Questo principe è una splendida creatura chiamata Tadeo, il quale, per la maledizione di una fata, ha dato l’ultima pennellata al quadro della vita ed è stato deposto in una tomba fuori della città. In quel luogo, su un epitaffio (6) è scritto che qualsiasi femmina riempia di pianto in tre giorni un recipiente, proprio là appeso ad un gancio, lo farà risuscitare e lo avrà come marito. E poiché è impossibile che due occhi umani possano riempire un recipiente così grande, io, sentendomi beffata, vi ho lanciato questa maledizione e prego il cielo che vi colga per vendicare l’offesa fattami». E così dicendo se la squagliò per le scale temendo qualche battuta. Zoza cominciò a riflettere sulle parole della vecchia e un diavolicchio le entrò nella testolina. Presi dei soldi, camminò finché giunse al castello di una fata. Con lei si sfogò e la fata, per compassione di una così bella ragazza, le diede una lettera di raccomandazione per una sua sorella, fatata (7) anche lei. La mattina — quando la Notte fa pubblicare dagli uccelli il bando (8) che, per chi ha visto un branco di ombre nere sperdute, ci sarà una buona ricompensa — le diede una noce, dicendo: «Tieni, figlia mia, tientela cara, ma non aprirla mai se non in un momento di grande necessità». Arrivata dalla sorella della fata, fu ricevuta con la stessa amorevolezza e la mattina dopo ebbe una lettera per l’altra sorella, con una castagna e lo stesso avvertimento datole con la noce. Giunta al castello, la fata le fece mille carezze e la mattina, al momento della partenza, le consegnò una nocciola con lo stesso avvertimento di non aprirla mai a meno che la necessità non la costringesse. (6) epitaffio: iscrizione sepolcrale che ri- (7) fatata: dotata, in virtù di incantesimi, porta, in forma spesso esagerata, lodi al di poteri soprannaturali. defunto. (8) bando: pubblico annuncio. 13 Introduzione Zoza partì veloce e, dopo sette anni — proprio quando il Sole ha messo su la sella per correre per i soliti posti svegliato dalle trombette dei galli —, arrivò a Campo Rotondo, dove, prima di entrare in città, vide una tomba ai piedi di una fontana. Da qui prese il recipiente appeso, se lo mise tra le gambe e cominciò a fare I due simili (9) con la fontana, tanto che in neanche due giorni era arrivata a due dita sopra il collo. Mancavano altre due dita e sarebbe stata piena, ma, stanca per quel piangere, fu, senza volerlo, beffata dal sonno e costretta a riposare un paio d’ore. Nel frattempo una certa schiava, la quale andava spesso a riempire un barile a quella fontana e sapeva la faccenda dell’epitaffio, quando vide Zoza piangere tanto, se ne stette a spiarla a lungo aspettando che la brocca fosse ben piena, per strapparle dalle mani questo bel bottino e farla restare con un pugno di mosche. E, appena la vide addormentata, approfittando dell’occasione, le levò abilmente la brocca e in quattro pizzichi la riempì. Appena fu piena il principe si alzò da quella cassa di pietra bianca e si attaccò a quel mucchio di carne nera (10) e, portandosela al suo palazzo, la prese in moglie. Quando si svegliò, trovando gettato il recipiente e aperta la cassa, a Zoza si strinse il cuore, tanto che fu sul punto di aprire i fagotti dell’anima alla dogana della Morte. Alla fine, non vedendo rimedio al suo male, si avviò in città, dove, sentito delle feste del principe e di che bella razza di moglie si era preso, immaginò subito come poteva essere andata la faccenda. Tuttavia, per tentare tutto il possibile contro la Morte, dalla quale ogni animale si difende quanto più può, prese una bella casa di fronte al palazzo del principe, da dove, non riuscendo a vedere l’idolo del suo cuore, almeno contemplava le mura del palazzo della casa dov’era rinchiuso il bene desiderato. Ma un giorno fu vista da Tadeo, che volava (9) I due simili: come i due fratelli simili di pelle scura, acquistata al mercato degli della commedia Menecmi di Plauto. schiavi o rapita in qualche scorreria. (10) carne nera: a Napoli viveva una numerosa popolazione d’origine mediorientale 14 Introduzione sempre attorno a quella nera notte della schiava e diventò un’aquila (11) fissando Zoza. La schiava se ne accorse e fece cose dell’altro mondo e, essendo già stata ingravidata, minacciò il marito dicendo: «Se da finestra non ti levare, pugni in pancia dare e Giorgiettino (12) ammazzare». Tadeo, preoccupato, si staccò dalla vista di Zoza, come un’anima del corpo. E lei, vedendosi togliere questo poco di consolazione alla debolezza delle sue speranze, si ricordò dei doni delle fate. Aprendo la noce, ne uscì un nanerottolo grande quanto un bambolotto di zucchero, il più saporito pupazzetto mai visto al mondo, il quale, salito sulla finestra, cantò. Per caso la schiava lo vide e gliene venne una tale voglia da chiamar Tadeo e dirgli: «Se non avere quel diavoletto che cantare, me pugni in pancia dare e Giorgiettino ammazzare». Il principe mandò subito a chiedere a Zoza se glielo voleva vendere. Lei rispose che non faceva la commerciante, ma, se lo desiderava in dono, lo prendesse pure, perché gliene avrebbe fatto omaggio. Tadeo, il quale desiderava soltanto accontentare la moglie, perché portasse a buon fine la gravidanza, accettò l’offerta. Dopo altri quattro giorni Zoza aprì la castagna e ne uscì una chioccia con dodici pulcini d’oro. La schiava, come li vide, ne ebbe voglia e, chiamato Tadeo e indicatogli quel bell’oggetto, disse: «Se quella chioccia non prendere, me pugni in pancia dare e Giorgiettino ammazzare». Tadeo mandò di nuovo a chiederne a Zoza, offrendole quanto sapesse chiedergli. Da lei ebbe la stessa risposta di prima: la prendesse in regalo, perché a parlare di vendita perdeva il suo tempo. E lui, non potendo farne a meno, fece dare dalla necessità un intervallo alla discrezione (13) e, strappando questo bel boccone, restò colpito dalla generosità di una donna. Passati altrettanti giorni, Zoza aprì la nocciola, da cui uscì una bambola capace di filar oro, cosa davvero da lasciare stupefatti. Era stata (11) diventò un’aquila: la guardò con (13) fece dare… alla discrezione: tralasciò grande acutezza e attenzione. per un po’ il senso della misura. (12) Giorgiettino: nome scelto per il nascituro. 15 Excerpt of the full publication Introduzione appena messa sulla stessa finestra che la schiava, cadendo nel tranello, chiamò Tadeo dicendogli: «Se bambola non comprare, me pugni in pancia dare e Giorgiettino ammazzare». Tadeo, non avendo il coraggio di mandare a chiedere la bambola, volle andarci di persona. Zoza, che stava tutta contenta accanto alla causa delle sue sofferenze, fece forza a sé stessa e si lasciò strapregare per trattenere i remi (14) e godere più a lungo della vista del suo signore, rubatogli da una brutta schiava. Alla fine, dandogli la bambola, prima di lasciargliela, pregò quella cosetta di soffiare nel cuore della schiava la voglia di sentir racconti. Tadeo, che si vide la bambola in mano senza sborsare neanche un soldo, restò colpito da tanta cortesia e le offrì il suo stato e la vita in cambio di tanti favori. E tornato al palazzo diede la bambola alla moglie; la quale se l’era appena messa in braccio per giocarci che le venne un così bruciante desiderio di sentire racconti. Chiamato il marito disse: «Se non venire gente e racconti narrare, me pugni in pancia dare e Giorgiettino ammazzare». Tadeo, per levarsi di torno questo guaio di marzo, fece subito pubblicare un bando: le donne di quel paese venissero il tale giorno e in quello — allo spuntare della stella Diana, la quale sveglia l’Alba perché prepari le strade dove deve passeggiare il Sole — si trovarono tutte nel luogo stabilito. Tadeo, non sembrandogli opportuno trattenere tanta gentaglia per un piacere particolare della moglie, ne scelse solo dieci, quelle in apparenza più esperte e linguacciute, e furono Zeza la sciancata (15), Cecca la storta, Meneca la gozzuta (16), Tolla la nasuta, Popa la gobba, Antonella la bavosa (17), Ciulla la labbrona, Paola la strabica (18), Ciommetella la tignosa (19) e Iacova la sporca. Tadeo cominciò a dire: «Non c’è cosa più saporita al mondo quanto sentire racconti piacevoli, perché ascoltando cose amabili i dispiaceri vanno via. Perciò contentatevi, per questi quattro o cinque giorni di cui ha (14) trattenere i remi: concedere la bambola. (15) la sciancata: con una menomazione alle gambe. (16) la gozzuta: col collo gonfio. (17) la bavosa: che perde bava dalla bocca. (18) la strabica: con gli occhi storti. (19) la tignosa: con la pelle squamata. 16 Excerpt of the full publication Introduzione bisogno per partorire, di narrare ogni giorno un racconto per una, chiudendo la giornata con qualche poesia recitata dai nostri stessi servi». A queste parole tutte accettarono l’ordine di Tadeo. Poi, apparecchiate le tavole e portato il cibo, si misero a mangiare e, quando la smisero di inghiottire, il principe fece un segno a Zeza la sciancata d’iniziare. E lei, fatto un grande inchino al principe e alla moglie, cominciò a parlare. 17 Excerpt of the full publication LABORATORIO didattico Comprensione del testo 1 ■ 2 ■ 3 ■ Individua i personaggi principali e i personaggi secondari. 4 ■ 5 ■ Elenca le funzioni di Propp presenti nella fiaba. Indica i luoghi e i tempi in cui si svolgono i fatti. Dividi il testo in sequenze (le sequenze della prima parte, ad esempio, sono: a – presentazione dell’argomento; b – incontro di Zoza con la vecchia). Focalizza il messaggio dell’autore. Esercitazioni linguistiche 1 ■ Sottolinea gli aggettivi qualificativi con cui l’autore definisce i vari personaggi, individuando così quale opinione ha di ciascuno. 2 ■ Evidenzia le espressioni del linguaggio figurato presenti nella fiaba e spiegane il significato. 3 ■ Indica se nel testo prevale il discorso indiretto o quello diretto ed evidenzialo. 4 ■ Elimina le parti che ti sembrano superflue, cancellandole con una matita. 5 ■ Sottolinea le espressioni riferite alla morte e scegli quella che ritieni più efficace. Proposte operative 1 ■ Racconta un episodio, al quale hai assistito, in cui un giovane ha deriso un anziano. 2 ■ 3 ■ Immagina la tua reazione ad un torto subito. Ricorda la prima fiaba che ti è stata raccontata e le sensazioni provate. Excerpt of the full publication Laboratorio didattico Verifica Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere o false. v ■ v ■ v ■ v ■ v ■ f ■ f ■ f ■ f ■ f ■ La fiaba è narrata da più personaggi. La narrazione procede ad ostacoli. Nel testo prevale la paratassi. La fiaba è ambientata nel presente. L’autore privilegia la fabula. 19 Excerpt of the full publication Indice I sette colombelli ...................................................................... Pag. 122 La superbia castigata ............................................................. » 134 I mesi .......................................................................................... » 143 Smalto Splendente .................................................................. » 149 Sole, Luna e Talia .................................................................... » 157 La Sapia .................................................................................... » 164 I cinque figli ............................................................................ » 170 I tre cedri ................................................................................... » 177 Chiusura dei conti ................................................................... » 186 192 Excerpt of the full publication rin bi la Leggere per conoscere nuovi mondi e per riflettere su cose già conosciute. Leggere per perdersi nei labirinti dell’immaginazione e, attraverso la finzione letteraria, capire i problemi del mondo che ci circonda. Leggere per “sentirsi convinti che ogni libro degno di questo nome rappresenta una concentrazione, un compendio e una forte semplificazione di cose complicate”. (H. Hesse) la Gatta Cenerentola e altre fiabe la Gatta Cenerentola e altre fiabe Scopo di questa raccolta è far conoscere ai giovani lettori Giambattista Basile, attivo nel Seicento e tradotto in Europa già nell’Ottocento, ma – salvo episodiche eccezioni – tuttora trascurato in Italia. Scrittore validissimo, artefice della prima raccolta organica di favole in Occidente, il suo unico torto consiste nell’aver scritto in napoletano mentre il fiorentino si affermava come lingua ufficiale. Si sono ispirati alla sua raccolta autori del calibro di Tieck, dei fratelli Grimm, di Perrault e di Calvino. iva pe collana di narr at r la scuola media ti Gli intrecci favolistici più conosciuti, da Cenerentola a Il gatto con gli stivali, sono stati proposti in maniera esemplare da Basile. Il testo pubblicato, quello del 1634-36, risente delle difficoltà e dei limiti tipici delle “traduzioni”. Per dare un saggio dello stile, della sintassi e del lessico dell’autore, de La Gatta Cenerentola, a differenza delle altre fiabe, adattate in italiano, viene qui presentata la versione originale con la traduzione a fronte. Excerpt of the full publication