In ricordo di Piero Pieroni, “Il Tripolino”

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In ricordo di Piero Pieroni, “Il Tripolino”
In ricordo di Piero Pieroni, “Il Tripolino”
a cura di Maurizio Conticelli (Orvieto, marzo 2015)
Ho conosciuto Piero all’ospedale di Civita Castellana il pomeriggio di sabato 7 novembre 2009,
allorché gli consegnai il catalogo dei 50 anni del basket orvietano.
Non potete immaginare la soddisfazione di quel momento, atteso da oltre 12 anni, in cui ero stato
più volte sollecitato dagli ex compagni di squadra di Piero a rintracciarlo in quanto giocatore dalle
doti tecniche, fisiche ed umane non comuni.
Lo cercai invano sia presso alcuni suoi parenti orvietani e romani, oramai scomparsi, sia presso le
ambasciate; ed ancora presso alcuni cestisti della ex Alunni Massimo di Roma, ove militò dopo la
parentesi ad Orvieto, tra cui Marcello Ticca, che mi fece avere un ritaglio di una rivista con un
ampio articolo dedicato a Piero impegnato in una traversata del mondo con barca a vela in
solitario.
Scrissi allora alle capitanerie di porto della Sicilia, ove Piero aveva fatto sicuramente tappa, senza
però avere riscontri, come pure furono infruttuosi i tentativi di ricerca di notizie curiosando nei
siti web di noti navigatori solitari.
Fu Gigi, suo compagno di squadra, a darmi una indicazione rivelatasi risolutiva; mi parlò infatti di
un altro “Tripolino”, Augusto Belpassi, anch’egli presente nella squadra delle Cantine Maggi di
Orvieto che, nel 1957/58, vinse un prestigioso campionato.
Trovai notizie su Belpassi in quanto deceduto in un’amena località del Portogallo e riferimenti alla
sua militanza da giovane in un’associazione di italiani della Libia.
Contattai l’AIRL (Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia) il 30 giugno 2009, come da email
sotto riportata:
Al Presidente della AIRL
Gentile Presidente,
sono un cittadino orvietano appassionato di basket che, nel 1997, ha realizzato un catalogo fotografico che
ripercorre 50 anni di storia della pallacanestro di Orvieto. Al suo interno vi sono foto della squadra - denominata
"Cantine Maggi" - che vinse il campionato nazionale nel 1957/58, accedendo alla serie B (massimo risultato mai
conseguito dalle squadre maschili ad Orvieto), ove compaiono Piero Pieroni detto il Tripolino ed Augusto
Belpassi (vedi foto allegate tratte dal catalogo suddetto), entrambi provenienti dalla Libia.
Da tempo sono in cerca del Pieroni presso alcuni suoi ex compagni di squadra di Roma, tra cui il noto
nutrizionista Marcello Ticca, di cui però non sono ancora riuscito a ricevere notizie, se non che da alcuni anni si
sarebbe trasferito in America e che si sarebbe dedicato alla navigazione solitaria.
Sono invece a conoscenza della recente scomparsa del Belpassi, come ho potuto apprendere dal
sito http://www.exlalialcollelasalle.it/html/news.html e
dal
sito
http://www.cgql.com/index.php?page=item&choice=192.
Avendo intenzione di organizzare una rimpatriata con vecchie glorie del basket orvietano, ci rivolgiamo a Lei per
prendere contatti con il Pieroni (classe 1938?).
RingraziandoLa per l'attenzione, Le porgo distinti saluti.
Orvieto, 30 giugno 2009
Il 14 settembre 2009, la rivista AIRL mi inviò la risposta che tanto attendevo:
Gentile Signor Conticelli,
mi scusi se non le ho risposto subito ma volevo prima riuscire a rintracciare Piero Pieroni. Sapevo che
viveva in Grecia nell'isola di Kea e gli avevo inviato una mail subito dopo aver ricevuto la sua ma senza
alcuna risposta.
Sono appena rientrata dalle ferie e, sorpresa, ho ricevuto la risposta di Piero che nel frattempo è venuto a
vivere in Italia. Ha riconosciuto tutti i vecchi compagni nelle foto che lei ha inviato e che gli avevo girato e
mi ha chiesto di darle i suoi riferimenti (ho fatto lo stesso con Piero al quale ho inviato il suo indirizzo et
cellulare).
P. Pieroni
Loc. Campo Stivaletto 0
01036 Nepi (VT)
Cell. 366.1732093
Mail: [email protected]
Lieta di esserle stata d'aiuto, la saluto cordialmente
Ileana Christoudis
Chiamai subito Piero che, pur felice di aver riallacciato i rapporti con Orvieto, mi rappresentò
anche la sua delicata situazione di salute, al punto che concordammo di incontrarci solo dopo che
fosse migliorato.
Nelle settimane successive non mancai di chiamarlo, anche se le sue condizioni apparivano
sempre delicate; migrava da un ospedale all’altro e da una casa di cura alla sua abitazione di Nepi.
La mattina del 7 novembre mi rispose da
un ospedale di cui però non rammentava il
luogo; mi fece tenerezza per quel suo
disorientamento, ma si informò e
concordammo che lo avrei raggiunto nel
tardo pomeriggio.
La nostra conoscenza fu molto cordiale e
lui, seduto sul letto dell’ospedale di Civita
Castellana intento a consumare la cena, mi
fece sedere al suo fianco e, dopo avermi
chiesto notizie dei suoi vecchi compagni di
squadra, cominciò a narrarmi la sua
incredibile storia.
Sono nato a Tripoli il 13 luglio 1937.
Dopo una breve parentesi in Italia durante la
guerra, sono tornato in Libia nel 1948, per poi
tornare in Italia nel 1957 per frequentare
l’Università – corso di laurea in Geologia.
Piero ha la maglia con il n° 6.
Pur non essendo “altissimo”, giocava alla pari con i lunghi
avversari per le sue straordinarie doti di saltatore e di reattività.
Orvieto, campo del Liceo Classico (estate 1957)
In quell’anno sono venuto ad Orvieto a trovare
alcuni parenti ed il mio cugino Manlio mi
segnalò al prof. Gribaudo, allenatore dell’USO
(Unione Sportiva Orvietana, ndr), che mi
tesserò come giocatore.
Studiavo a Roma e giocavo ad Orvieto, ove
talvolta mi fermavo dai parenti in Via S.Angelo.
Negli anni successivi ho giocato a Roma con gli Ex Alunni Massimo e con la Stella Azzurra; in quel periodo
Paratore, allenatore della nazionale, mi coinvolgeva e mi portava ad esempio negli allenamenti che
dirigeva.
Sono poi tornato in Libia ed in Cirenaica per lavorare come micropaleontologo con una compagnia
americana e poi di nuovo in Italia ove feci una pubblicazione sui microfossili.
Per motivi economici, vista la rilevante differenza stipendiale, lasciai l’Italia e tornai in Libia a lavorare per
le multinazionali, ma nel settore dei servizi, riuscendo a scalare i vertici delle società con la conseguenza
che mi sono dovuto trasferire in America.
Qui, a 33 anni, durante una battuta di caccia al cervo in Texas, fui accidentalmente colpito da un
pallettone che mi provocò la perdita dell’udito all’orecchio sinistro e danni alla vista; si trattò di uno degli
episodi che ricordo con maggiore tristezza, perché si temette per la mia vita al punto che mi fu
somministrata l’estrema unzione da un prete.
Ricordo quel momento con grande dispiacere.
In America divenni ingegnere progettista di pozzi petroliferi e, dopo un breve periodo in Gran Bretagna, fui
trasferito in Nigeria, ove ho trascorso anni pessimi a causa della sporcizia dilagante, delle pessime
condizioni ambientali e sanitarie, della instabilità politica con timori per improvvisi colpi di stato.
Dovevamo far bollire l’acqua per ogni uso.
Dopo 5 anni di vita in Nigeria, ove temevo ogni giorno anche per la mia famiglia, sono stato trasferito In
Egitto; il Cairo, anche se non ottimale, mi sembrò comunque una meraviglia rispetto alle difficili situazioni
vissute in Nigeria, soprattutto per consentire lo studio dei miei figli.
Divenni esperto dei pozzi petroliferi in Africa, Arabia Saudita, Siria, Iran, Iraq, Pakistan, proseguendo in
una scalata manageriale che mi ha portato sino ad essere il responsabile di una multinazionale con
competenze su Medio Oriente e Mediterraneo, che aveva sede ad Atene, ove mi sono trasferito con la
famiglia nel 1979.
Piero mi ha raccontato tutto d’un fiato la storia della sua carriera da manager e, dopo un sorso d’acqua,
ha proseguito la narrazione di un altro pezzo della sua avventurosa vita che ha dell’incredibile.
Ho maturato nel tempo una grande passione per la vela al punto che nel 2002 sono partito dalla Grecia
per un giro del mondo in solitario, terminato nel 2005.
Ho toccato la Sicilia, ove ho lasciato mio figlio Maurizio, Gibilterra, Madeira, Capo Verde, Mar del Plata in
Argentina (dopo 44 giorni di navigazione), lo Stretto di Magellano.
Qui ero giunto di mattina e, contrariamente a quello che si diceva, trovai una calma piatta al punto che
decisi di fermarmi anche la notte; ma la notte si levò una terribile burrasca e tanto tanto freddo e vento
che mi fecero temere per il peggio.
Ho poi risalito la costa del Pacifico, raggiungendo l’isola di Robinson Crusoe e le isole Marchesi, evitando il
mare delle Galapagos in quanto sfavorevole, per la calma dei venti, alla navigazione con la vela.
Ho attraversato la Polinesia francese, raggiunngendo le isole Tonga, prima delle Figi, la Nuova Zelanda ed
ho percorso lo stretto di Torres che separa il Nord Australia dalla Nuova Guinea; ho attraversato l’oceano
indiano nel dicembre 2004, pochi giorni prima del terribile tsunami, facendo poi tappa alle Mauritius.
Mi sono tenuto a debita distanza dal Capo di Buona Speranza, davanti al Sud Africa, per evitare le grandi
onde lunghe oceaniche, mi sono poi fermato all’isola di Sant’Elena, da dove mi sono diretto lungo la costa
del Brasile e da qui alle isole Azzorre ed infine sono rientrato, nel 2005, nel Mediterraneo.
Al ritorno in Grecia mi dedicai ad insegnare lo sport della vela, di cui ero talmente appassionato che decisi,
nel 2008, di compiere un altro giro per il mondo in solitario, nonostante avessi avuto già segnali di allarme
per il mio cuore.
In partenza dal Portogallo salutai una coppia di francesi, anch’essi impegnati in una circunavigazione a
vela, la cui conoscenza si rivelò fondamentale per la mia salvezza.
Dopo alcuni giorni di navigazione in Atlantico, fui colpito da un infarto che mi costrinse a permanere
immobile sulla barca e di guidarla con un braccio senza avere piena cognizione della direzione di
navigazione; la drammatica situazione durò per qualche giorno, fintantoché fui raggiunto casualmente
proprio dai francesi che avevo salutato alla partenza e che si erano avvicinati alla mia barca incuriositi dal
non vedere alcuno alla sua guida.
Giunsi in Brasile dopo 12 giorni e da qui, dopo un urgente ricovero in ospedale, sono stato ricondotto in
Italia dai miei familiari.
I racconti di Piero si fermano qui,
perché nel frattempo era giunta
l’ora dei controlli medici, ma
concordammo di vederci di nuovo,
magari ad Orvieto.
Renato Gribaudo, Piero Pieroni, Maurizio Conticelli
ORVIETO, 30 gennaio 2010 (presso l’abitazione di Gribaudo, febbricitante)
Fu così che Piero, accompagnato
dal figlio Maurizio, dovendo fare
dei controlli medici ad Orte, il 30
gennaio 2010 decise di fare una
scappatina ad Orvieto, ove lo
accompagnai prima a salutare il suo
vecchio allenatore, il prof. Renato
Gribaudo e poi allo storico Bar
Montanucci per incontrare il suo ex
compagno di squadra Luigi
Barberani, che tante volte aveva
chiesto informazioni sul Tripolino e
che finalmente vedeva coronata la
sua aspettativa: ci scappò qualche
lacrimuccia di commozione!
Avrei desiderato organizzare una
serata sportiva da dedicare a Piero,
come pure lo invitai a presenziare
le cerimonie di premiazioni di un
recente torneo dei quartieri … sarà
per la prossima volta!
Piero e Gigi
Bar Montanucci, 30 gennaio 2010
Ciao Piero,
detto
“Il Tripolino”!