Giornalino - Liceo Classico "Omero"

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Giornalino - Liceo Classico "Omero"
Numero 3
Sabato 8 Febbraio 2014
€ 0,00
Dall’all’mero
Fondato nel 2002
Liceo Ginnasio Statale “Omero”
Via del Volga, 4 - 20161 Milano 02.66202604 www.liceomero.it
Lettera di piazza!
P. 2
Intervista alla professoressa Giardini!
P. 5
tel. 02.6461084
Ritorno del gossip!
P. 22
Il secolo delle idee assassine, 27 gennaio 1945
Il 27 gennaio 1945 l’esercito russo squarciò con un boato di cannoni il cielo di Auschwitz e questa data venne emblematicamente scelta per ricordare lo
sterminio di massa, praticato dai
nazisti durante la seconda guerr a
m o n d i a l e .
Ma cosa c’è alla base dell’odio
razziale? Che cosa ha reso capace l’uomo di sterminare sistematicamente altri uomini senza
rimorso, senza senso di colpa?
Hannah Arendt, filosofa di origini ebraiche, trovò la risposta
nella concezione cartesiana
dell’essere; Cartesio, infatti, concepisce l’essere come “essere per
un altro”, intendendo con queste
parole che l’essere, in termini
non filosofici l’essere umano, è
tale solo se per l’individuo giudicante possi ed e il ti tolo
dell’esistenza. Radicandosi nella
forma mentis dell’uomo nazista
del ventesimo secolo, la concezione cartesiana soggettivistica
dell’essere avrebbe quindi, secondo la Arendt, annullato la
dignità umana di coloro che,
secondo il regime, non erano
degni del nome di essere umano
e da questa constatazione si ebbe dunque la legittimazione (in
termini moderni chiaramente
Continua a pag. 3
Ci scusiamo per l’esiguo numero di giornalini stampati a
causa di alcuni problemi tecnici (abbiamo dovuto far stampare le copie all’Omero, perché il ciclostile del Russell si è
rotto!).
La Redazione
P.S. Cogliamo l’occasione, per ricordare che sul sito della
scuola si può leggere la versione online del giornalino!
Dall’all’mero
Attualità
Lettera di piazza
Di Teresa Bordoni (I A)
Caro nonno,
conoscendo la tua avversione alla comunicazione tecnologica, ho deciso di servirmi di carta e penna per parlarti di una questione di cui mi sembra importante il tuo parere.
Ti scrivo questa lettera per smussare un po'
la tua critica puntigliosa nei confronti dei giovani di adesso, che tu vedi privi di speranze grazie alle informazioni di giornalisti e scrittori, che avendo già congelato, sgretolato i bollori della gioventù nei ghiacci di una
razionalità a mio parere irrazionale, ci liquidano come il frutto acerbo della società.
Oggi c'è stata un'altra
manifestazione studentesca; a scuola mancava la metà dei miei compagni, scesi nelle piazze sorde di questa
città per combattere e difendere i loro ideali.
Alcuni di loro erano indignati che per venire ascoltati dovessero ricorrere a espedienti violenti, rischiando di farsi del male negli scontri con le forze armate. Io non sono
andata, non perché consideri queste proteste sbagliate, anche se a volte sfociano in comportamenti di irrefrenabile vandalismo, ma perché mi demotivata il fatto che ai "piani alti" nessuno ci ascolti.
Ti riporto la
citazione di un autore il cui nome, come i suoi pensieri, vaga sperduto, anonimo nell'indifferenza di molti: "I
ragazzi non sono vasi da riempire, ma fuochi da accendere".
É mai possibile che nessun adulto noti la miccia che c'è in noi, l'entusiasmo, la nostra voglia e disponibilità a cambiare le cose, a migliorare noi stessi?
Troppo pochi se ne rendono conto; e allora noi, che sentiamo la necessità di accendere queste fiammelle,
scoppiamo in autocombustioni, cozzando tra noi, incrociando sogni e aspettative, riservandoci per le città
come palline da tennis impazzite, a suon di urla e cori, a difendere le nostre priorità.
I ragazzi si trovano
uniti ed eccitati nello scalpiccio di una marcia non cadenzata, libera.
Sono galvanizzati dal potenziale che
un' aggregazione di giovani come noi con un'intenzione comune potrebbe riscontrare, trepidanti sciamano
per le vie, compatti incarnano il mosto privo di testa e di coda di quel Machiavelli che tanto ami leggere, privi di un piano preciso di contromosse.
Io tristemente sono amareggiata da questa passione e richiesta di
attenzione che, come una lettera senza destinatario, non riceve risposta.
Inevitabilmente penserai che molti
di quelli che prendono parte alle manifestazioni, lo facciano per perdere un giorno di lezione a scuola, senza
nemmeno sapere per cosa combattere, e forse hai ragione, non tutti seguono nobili fini, e forse può andar
bene anche così.
Penso a noi giovani come a dei pupazzi imbottiti in malo modo, pieni, gonfi, bitorzoluti,
incompleti, visti spesso dagli adulti come errori di fabbricazione, come dei giocattoli, e da noi stessi come
estremamente fragili, a volte inutili, con delle cuciture che non sempre riescono a trattenere l'ovatta che ci
sostiene.
Sarebbe bello se ci fosse maggior dialogo tra noi e voi, tra me e te, facce identiche di uguali medaglie coniate in tempi diversi.
Ed è per questo che mi vieni in mente tu, che rimpiangi i tempi in cui i litigi
avvenivano nelle case e la tranquillità si trovava nei lunghi pomeriggi nelle piazze, mentre ora dopo gli scontri nelle strade ci si rifugia in casa.
Non voglio smentirti; hai ragione. Forse tutte queste manifestazioni non
sono davvero volte, come pensiamo noi e venite a sapere voi, ad alzare i caloriferi delle scuole pubbliche alla
stessa temperatura degli istituti privati o a introdurre un numero maggiore di mezzi pubblici per raggiungere questi edifici fatiscenti.
Vogliamo interfacciarci con chi c' è stato prima per far risuonare i nostri primi
passi da persone consapevoli sui ciottoli di un mondo
che ci ripudia, perché ignoranti o con idee sbagliate?
Ma esistono davvero idee sbagliate?
Come facciamo
a sapere cosa è giusto e cosa non lo è se veniamo criticati e appesantiti dalla responsabilità sempre più
prossima di reggere il peso del mondo senza basi?
Io
temo davvero cosa accadrà se la situazione non cambierà.
Nel frattempo vorrei sapere cosa pensi tu. Ti
chiedo però di non essere troppo perentorio nel giudicare noi e il nostro prendere parte alla politica con
metodi non sempre pacifici, a volte confusi e caotici
ci, che ci sembrano l'unico modo per far risuonare la
nostra voce.
Da nipote a nonno, da un mondo all'altro.
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Attualità
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Continua dalla prima Pag..
biasimevole) dell’assassinio. Tuttavia non è certo da attribuire a Cartesio
la colpa dei genocidi commessi nel
ventesimo secolo, infatti il filosofo
non avrebbe certo immaginato che le
sue parole sarebbero state interpretate in questo modo.
Per quanto mi riguarda non mi sono
mai sentita all’altezza di cercare una
motivazione, di rincorrere un
“perché” sempre sfuggente ed eternamente irraggiungibile; da sempre
cerco di indagare il “come”: l’aspetto
più pragmatico e terribile del secolo
delle idee assassine.
Voglio sapere come avvennero questi eccidi,
dove, in che modo, in
che termini e per mano
d i
c h i .
Vi invito a scavare nel
profondo delle viscere
della storia, perché va
conosciuta e perché lo
sterminio dei campi di
concentramento è una
ferita ancora troppo
fresca per essere coperta; si tratta di
una piaga che mai gu arirà
dall’animo dell’umanità.
Auschwitz nasce dall’esempio di Dachau, il primo campo di concentramento nazista vicino a Monaco (sudest della Germania), i cui cancelli
furono aperti il 22 marzo 1933. Questo campo nacque come centro di
rieducazione per i prigionieri politici
e divenne scuola di violenza per le
SS, le truppe speciali del Reich. Da
Dachau nacquero i campi minori a
esso annessi e in seguito queste atroci realtà si diffusero in tutto il territorio occupato dai nazisti. La minaccia della guerra si stava avvicinando
e a Dachau iniziavano ad affluire
altri prigionieri: ebrei, omosessuali,
testimoni di Geova, zingari e molti
altri; le leggi razziali del 1939 imposero a lungo andare l’internamento
Attualità
di tutti i tedeschi non ariani in strutture di rieducazione. Hitler aveva
pianificato una vera e propria
“pulizia” dello stato che doveva, secondo il Führer, essere liberata da
tutti gli individui che “costavano”
allo stato e che non potevano contribuire al servizio della nazione. Fu
così che un numero considerevole di
persone non venne neppure inviato
nei campi di concentramento, ma
venne pianificata l’operazione T4
(Tiergartenstrasse 4, la via di Berlin o s ed e d el l’ en te p u bbli c o
dell’assistenza sociale del Reich). Già
dal 1933 venne proposta la così detta
“sterilizzazione coatta” dei malati di
mente e degli individui con disagi
come l’alcolismo cronico; ma fu
l’op erazion e T4 a p roporre
l’”eutanasia”, ossia lo sterminio incondizionato di questi, le famiglie
tedesche che avevano dei parenti
con problemi mentali accolti in edifici che fino all’emanazione dell’ Aktion T4, erano state case di cura,
non ricevettero informazioni, né
spiegazioni. Semplicemente i loro
parenti venivano eliminati e le case
di cura chiamavano le famiglie, informandole che tragicamente le condizioni del figlio, del padre, dello zio
erano peggiorate ed era morto. Tragicamente ironico è pensare che Amon Göth, l’Herr kommandant del
campo di concentramento di Pla-
Attualità
szòw, non lontano da Cracovia, dopo
la liberazione del campo, prima di
essere giustiziato per crimini di
guerra, venne internato nel manicomio di Bad Tölz e gli vennero diagnosticate delle serie turbe mentali.
Pensate ancora a Dachau, vi porto
per un momento all’interno delle
mura del campo il 29 aprile 1945.
L’esercito americano verso mezzogiorno giunse presso il cancello del
campo fino a quel momento incrollabile e saldo, segnato dalle parole
canzonatorie: “Arbeit macht frei”, “il
lavoro rende liberi”, le stesse
che incoronano, per così dire,
l’ingresso di Auschwitz. Immaginate di trovarvi in questa
mite mattinata di primavera a
Dachau, guardate le SS che
gridano e corrono lungo il viale alberato di pioppi (piantati
dai detenuti stessi), cercate di
vederne altre che si danno alla
fuga consce della sconfitta e
dell’imminente arrivo
dell’esercito americano. Questi
sono i carnefici: è giunto il momento di scontare le proprie colpe
con la morte. Ora prestate attenzione ad altri individui: vedrete degli
uomini con divisa e cappello marroni con la stella di David cucita sul
petto, loro sono i kapò: i prigionieri
che in cambio di un miglior trattamento hanno accettato di infliggere
punizioni corporali nel bunker agli
altri prigionieri. Il loro destino, dopo
la liberazione del campo, sarà scelto
dai prigionieri stessi, per esempio
secondo alcune testimonianze il kapò Bernhard fu uno tra i più spietati
e quindi venne immediatamente
giustiziato. Ma continuate a guardare: ci sono degli uomini vestiti con
un completo a righe e delle donne
che, dalla casa di tolleranza sul lato
nord, raggiungono gli uomini. Immaginate di essere
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anche voi tra di loro, scarni e avviliti,
prosciugati nella mente e nel fisico,
pensate al terrore di quello sconvolgimento, dell’incertezza agghiacciante di ciò che sta per accadervi. Vedete? Le SS hanno paura, ma una di
loro ancora sembra non voler accettare la perdita della guerra: ”Io servo
la Germania , io servo il Führer!”.
Questo soldato dagli occhi di ghiaccio è Franz Schwarz, che spara ancora contro i prigionieri che corrono
nel campo, fedele al compito del
Reich: la sua mente in preda al delirio e alle manie di grandezza non si
rassegna, non accetta la fine della
propria assoluta autorità.
Da Ravensbrück, un campo vicino,
provenivano le donne destinate alla
casa di tolleranza del campo. Ewa
Schaerf, giunta a Dachau da lì, dal
Attualità
giorno del suo arrivo ha subito la
violenza di Schwarz ogni giorno; ma
oggi lui non la vede, non è più in suo
potere. Il soldato la cerca con lo
sguardo. La trova. Ewa, con Ammon
Zimmermann, corre lungo il viale
alberato alla ricerca del fratello.
Guardate: lui impugna il fucile, lo
punta alla schiena di Ammon e spara. Ammon muore tra le braccia di
lei, mentre rivede, piangendo, il tramonto di Amburgo. Vede se stesso
camminare, stringendo la mano di
lei, mentre il giorno muore. Guardatelo, mentre la morte lo getta
nell’oblio
del
nulla!
Non c’è limite alla miseria, che colpisce l’uomo, e non c’è limite alla perfidia che infligge miseria all’uomo.
La storia è fatta di testimonianza, va
conosciuta, affinché gli errori del
passato possano non ripetersi.
Ho avuto l’onore di conoscere il professor Artale, che si salvò da Auschwitz grazie alla propria professione, e Boris Pahor, scrittore sloveno
nato a Trieste, che fu prigioniero in
Francia e in seguito a Dachau e Berg e n - B e l s e n .
Vi assicuro che stringere la mano a
queste persone è un’esperienza …
i n d e s c r i v i b i l e .
L’umanità non dimentichi quanto è
accaduto. Il dolore della memoria ci
tormenti più vivamente almeno per
un giorno.
Grido con la forza di 11 milioni di
persone: “Mai più”.
Emilia Scatigno (II A)
Expo 2015: sei d'accordo?
Cecilia Gavazzoni (IV A)
Expo 2015: sei d'accordo? L’ex sindaco di Milano,
Letizia Moratti, ha lanciato l'idea “Expo”: la fiera
internazionale a cui parteciperanno oltre 120 paesi e che durerà dal 15 aprile 2015 al 15 ottobre.
Accorreranno probabilmente oltre 29 milioni di
persone; questo evento dovrà rispettare a pieno
l'ambiente, essere sostenibile e ecologico. Per disporre, quindi, di queste misure, Milano sta lavorando sul piano energetico e ambientale, lavori
che dureranno, si pensa, fino ad aprile 2015. Ovviamente i "sostenitori" dell'Expo sono sicuri che l'idea di organizzare questa fiera sia stata ottima, sotto tutti i
punti di vista: pensano che grazie ai visitatori che verranno da tutte le parti del mondo, Milano migliorerà la propria economia, ci saranno più visitatori e appunto grazie a questa esposizione internazionale, si riuscirà ad incrementare le risorse economiche e grazie ad esse si costruiranno metropolitane e si svolgerà l’operazione del miglioramento del verde urbano. Il budget totale si aggira sui 14 miliardi di euro, una cifra esorbitante; il nuovo sito costerà intorno ai 4,1 miliardi di euro, già finanziati per metà dal governo, mentre 10 miliardi verranno usati per
potenziare le infrastrutture. Inoltre sono previsti lavori per 50 interventi di viabilità, piste ciclabili e 22 opere ferroviarie. Riguardo il proposito di “migliorare il verde urbano" ci sono state molte lamentele, perché non si è bene
capito cosa si farà esattamente, tranne che il Piano Verde consisterà nell'attuare una forestazione pro-Expo che
contribuirà all'aumento di circa 400.000 alberi, rispetto agli attuali 180 mila. Ovviamente c'è anche chi è contro
tutto questo, infatti il Comitato NoExpo, costituito da associazioni, cittadini e centri sociali, si oppone alla candidatura dell'Expo 2015. Le principali preoccupazioni sono l'impatto ambientale, il cambiamento urbanistico e il
traffico che causerà questo evento, ovvero l'eccessiva urbanizzazione. L'erosione delle zone verdi è praticamente
sicura, e si stanno già organizzando manifestazioni contro l'Expo, un tema di cui molti italiani, e soprattutto milanesi, vanno fieri, al quale invece i veri ambientalisti si dicono contrari. Resta solo da chiedersi se l’Expo migliorerà Milano o la peggiorerà, dovendo, in tal caso, spendere ulteriori fatiche e soldi ( si tratta di cifre a cinque zeri)
per "ricostruire" la nostra città. E come sarà davvero questo tanto atteso Expo? Beh, aspetteremo il 2015 e vedremo, facendo il conto alla rovescia!
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Attualità
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Attualità
Vivere Lampedusa
Di Marianna Hu e Beatrice Bosio (I A)
Numerosi barconi ogni giorno approdano con a bordo migranti, provenienti dai paesi in guerre dell’Africa e del
Medio Oriente, sulle coste di Lampedusa, dove vengono soccorsi da militari, medici, volontari, … .
La professoressa Giardini ci ha gentilmente concesso un’intervista sulla sua esperienza come volontaria.
Salve professoressa Giardini, partiamo dalle informazioni generali, quanti giorni ha trascorso a
Lampedusa?
Sono stata a Lampedusa dal 29 dicembre al 4 gennaio.
Come è diventata volontaria?
Ho conosciuto il CISOM quando sono andata, con un'altra organizzazione, ad aiutare i ragazzi a studiare nelle
zone terremotate. Spesso la nostra attività si svolgeva nella tendopoli di Bomporto che era completamente gestita
dal CISOM. Parlando con alcuni volontari ho capito che era proprio il tipo di attività alla quale avrei voluto partecipare. Tornata a Milano ho cercato il CISOM e mi sono iscritta.
Qual è stato il primo impatto, quando è arrivata?
La sensazione era quella di essere in un altro mondo. Io, perfetta milanese da 35 anni, sono rimasta colpita dalle
case un po’ diroccate e dalle strade tutte rovinate.
Era sera e non si vedeva granché. Al mattino, però, mi sono accorta che in definitiva Lampedusa, così com’era,
era bella. Questa sensazione è cresciuta quando a metà settimana è arrivato il sole: il mare, le case e l’orizzonte
sotto quella luce, in particolare all’alba e al tramonto, erano uno spettacolo stupendo.
Com’è la situazione a Lampedusa? Così come è descritta dai giornali?
Il periodo in cui sono stata a Lampedusa era molto tranquillo. Il centro di accoglienza era stato svuotato dopo lo
scandalo sulla sua gestione e le condizioni di vita all’interno dello stesso. Non ho visto molti migranti in giro anche se, i militari che ho conosciuto, mi hanno detto che normalmente ne incontrano tanti e spesso, per strada,
vengono avvicinati e ringraziati per averli salvati.
Qual era il suo compito?
Il CISOM ha il compito di assistere dal punto di vista sanitario i migranti, quando vengono soccorsi in mare. Il
personale, quindi, sale sulle motovedette della Guardia Costiera o sui mezzi della Guardia di Finanza quando
l’uscita ha l’obiettivo di soccorrere le persone. Il mio compito era più che altro di coordinamento. Ero la logista
del gruppo: mi occupavo di tutto quello che era necessario per la nostra permanenza, tenevo i rapporti con la Direzione Nazionale del CISOM e con la Guardia Costiera e la Guardia di Finanza, quando venivamo contattati per
il soccorso. Sarei uscita in mare solo nel caso ci fossero state più emergenze contemporaneamente in quanto gli
altri volontari del CISOM erano un’infermiera e un soccorritore 118 e avevano, quindi molta più esperienza di
me. Ero comunque preparata a uscire, avendo ottenuto la certificazione BLSD.
C’è qualcosa che l’ha colpita o che le piacerebbe raccontare? La storia di un migrante o un incontro, … .
La cosa che mi ha colpito di più è stata la professionalità, con la quale i militari lavorano. Mi ha colpito la loro
serietà, la capacità di passare da una situazione tranquilla a una situazione di emergenza in pochissimo tempo, la
varietà dei ruoli, la macchina perfetta che è stata messa in piedi da anni per gestire una situazioni di cui noi ci
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Attualità
ricordiamo solo una volta ogni tanto ma che in realtà c’è da molti anni.
Ho sempre avuto l’idea che i militari eseguano gli ordini senza metterci niente di proprio, quasi come se uno potesse eseguire il proprio compito “staccando il cervello”. Ho invece trovato molta intelligenza e pazienza, anche da
parte dei più giovani.
C’è stato un incontro che mi ha colpito molto: un pomeriggio passeggiando per la via principale di Lampedusa sono stata fermata da un migrante che, in inglese, mi chiedeva di aiutarlo a rintracciare un suo conoscente che era
sbarcato giorni prima a Malta. La sigla CISOM significa Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta: questa
persona pensava che noi conoscessimo qualcuno a Malta in grado di aiutarlo. La cosa che mi ha impressionato di
più è stata che, nel descrivermi la situazione, mi ha detto che lui non era sicuro che questa persona fosse morta o
viva. Mi sono resa conto che queste persone intraprendono questo viaggio, sapendo che le possibilità di andare
incontro alla morte sono alte e scelgono lo stesso di partire. Ciò da cui scappano deve essere un vero incubo per
rischiare così tanto!
Se dovesse descrivere questa esperienza con una sola parola, quale userebbe?
Non saprei, siete voi i letterati. Io sono tornata con la voglia di rifare questa esperienza, di avere un ruolo più attivo magari migliorando la mia preparazione dal punto di vista sanitario, per poter essere tra i primi a partire con le
motovedette. Mi sono convinta ancor di più che queste persone vanno soccorse così come sono, senza domandarsi
da dove vengono e perché vengono. Sono vite, storie, desideri che vanno difesi e abbracciati per quello che sono.
Le altre valutazioni vanno fatte ad altri livelli.
E’ stata anche una sfida con me stessa perché sono partita pur non sapendo cosa avrei trovato; di solito è una condizione che mi innervosisce. Invece mi sono scoperta capace di fare un’attività così diversa da quella che faccio di
solito: di coordinare cose, di trattare con persone mai viste prima con cordialità, in modo efficace.
Consiglierebbe questa esperienza?
Consiglierei a tutti questa esperienza … vi porterei tutti! Solo bisogna aspettare che siate maggiorenni.
Fotografia di due rappresentanti della Guardia Costiera con alcuni studenti
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Attualità
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Attualità
Il suicidio
Di Chiara Livia Ciccotto (IV A)
Un problema che coinvolge l'umanità da anni è il suicidio.
Ecco un po' di numeri:
In questi ultimi anni il numero dei suicidi è enormemente aumentato: sono circa quattromila le persone, che ogni anno in Italia decidono di togliersi la vita. A livello mondiale i dati sono allarmanti: una morte per suicidio ogni 40 secondi e un tentativo di
suicidio ogni tre.
E’ uno dei conteggi più amari e dolorosi che negli ultimi tempi ci tocca fare quando si
parla di crisi economica. A raccogliere i dati è Link Lab, il Laboratorio di ricerca socioeconomica dell’Università “Link Campus University”. E se nel 2012 i suicidi totali imputabili a ragioni di carattere economico e finanziario erano stati 89, nel primo trimestre del 2013 siamo purtroppo già arrivati a quota 32, ossia circa il 40% in più di quelli
registrati due anni fa nello stesso periodo.
Cause:
Ma i tentativi di suicido non toccano solamente le problematiche della cirisi economica: infatti i pensieri di suicidio hanno molteplici cause, molto spesso sono il risultato di sentimenti di impotenza di fronte a quella che sembra essere una situazione di vita travolgente. Queste situazioni possono includere anche la morte di una persona
cara, la rottura di un rapporto o una malattia debilitante.
Quali sono invece i fattori di rischio certi di suicidio?
-Depressione ed altri disturbi mentali, o un disturbo legato all’abuso di sostanze.
-Violenza in famiglia, tra cui abuso fisico o sessuale.
-Incarcerazione.
-Esposizione al comportamento suicida altrui, come membri della famiglia, coetanei o figure dei media.
-Intossicazione, una grande percentuale dei suicidi si compiono sotto l’influenza di alcool o farmaci.
-Comportamento e carattere avventato o impulsivo.
-Mancanza di speranza.
-Un evento di vita particolarmente stressante.
-Una malattia importante, come il cancro o il dolore cronico.
-L’isolamento.
-Avere problemi legali.
Bambini e adolescenti:
Il suicidio nei bambini e negli adolescenti spesso segue eventi stressanti, a questo proposito è necessario tenere
presente che ciò che un giovane vede come grave e insormontabile, può sembrare insignificante ad un adulto, come problemi a scuola o la perdita di un’amicizia.
In alcuni casi un bambino o un adolescente può sentirsi tendente al suicidio a causa di determinate circostanze di
vita, di cui lui o lei non vuole parlare. Alcuni di questi includono:
-Una storia di abusi fisici o sessuali,
-Problemi con alcool o droghe,
-Gravidanza,
-Avere una malattia sessualmente trasmessa,
-Essere vittima di bullismo,
-Essere omosessuale.
Possono essere necessari esami fisici, prove e approfondite discussioni, per aiutare a determinare la sottostante
causa di pensieri suicidi.
Il suicidio non è la soluzione, ma è la molteplicità dei problemi: morendo lui o lei, moriranno non solo la famiglia
e gli amici, ma anche una parte del paese.
Con questo articolo voglio ricordare a tutti di essere forti qualunque sia il problema, so che è difficile ma bisogna
farcela, bisogna vincere "la partita del dolore".
La vita non è rose e fiori, come tutto d'altronde.
Siamo esseri umani portatori di sentimenti e capaci di cambiare, di cambiare una vita sofferente. Dimentichiamo-
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Attualità
ci delle cattiverie degli uomini e delle malvagità del mondo.
Siate coraggiosi, tutti.
Perché decidere di finire tutto con la morte? E' da deboli ormai lo sappiamo tutti che "Non è forte chi non cade,
ma chi cadendo ha la forza di rialzarsi", diceva bene Jim Morrison.
Allora siate tutti forti, rialzatevi sempre, con le vostre ferite e segni sul corpo, ma sopratutto sul cuore. Non date
mai agli altri la soddisfazione di rimanere a terra e di trovare fughe veloci, cercate il difficile per voi stessi, per
quelle ferite!
"Ricominciare da capo non è una follia. La vera follia è abbandonarsi alla depressione e fare finta di essere felici".
The Beaver
"Per salvarti la vita devi uscire da qua,
devi lasciare la vecchia strada e fare un passo più in là.
La direzione nuova la devi scegliere tu.
Per salvarti la vita devi rischiare di più".
F. De Gregori
"Quando meno ce lo aspettiamo, la vita ci pone davanti a una sfida, per provare il nostro coraggio e la nostra
volontà di cambiamento".
P. Coelho
"Le difficoltà piegano alcuni uomini ma ne rafforzano altri. Non esiste ascia sufficientemente affilata, da poter
tagliare l'anima di un peccatore che continua a provare, armato solo da speranza, con la convinzione che alla
fine riuscirà a rialzarsi".
Nelson Mandela
“Sapete, è geniale questa cosa che i giorni finiscono. E’ un sistema geniale. I giorni e poi le notti. E di nuovo i giorni. Sembra scontato, ma
c’è del genio. E là dove la natura decide di collocare i propri limiti,
esplode lo spettacolo. I tramonti.”
“La sera, come tutte le sere, venne la sera. Non c'è niente da fare:
quella è una cosa che non guarda in faccia nessuno. Succede e basta. Non importa che razza di giorno arriva a spegnere. Magari è
stato un giorno eccezionale, ma non cambia nulla. Arriva e lo spegne.”
Alessandro Baricco
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Riflessione
Narrativa
Numero 3
Quel nulla fatto da tutto
Di Elisa Cofano (I A)
Le automobili sfrecciano veloci sull’asfalto sterrato, libere, autonome. Attraversano ponti, autostrade, città, paesi, nazioni guidate da esseri umani, forse più macchine di loro. Corriamo per
dirigerci a lavoro, a scuola, a un incontro, suoniamo ininterrottamente il clacson, ci irritiamo
con chi è davanti a noi, con il semaforo che non scatta, con i lavori in corso sulla A4. Facciamo
tutto questo, ignari degli effetti delle nostre azioni e, soprattutto, ciechi riguardo il paesaggio
circostante. La nostra vita è in costante equilibrio precario, siamo troppo impegnati dal nostro
quotidiano, troppo impegnati a non cadere dal filo, da non renderci conto che quel vuoto, quel
nulla sotto di noi è un insieme di tante, molte, troppe cose. Quel vuoto in cui cerchiamo di non
cadere, è lo stesso vuoto causato dalla nostra negligenza, superficialità, egoismo. Forse, se prestassimo più attenzione a quell’apparente nulla, riusciremmo a filare un filo così resistente ed
ampio, da colmare il vuoto che incombe su di noi. Basta un passo falso, una distrazione e precipitiamo, buttando all’aria i progetti, le ambizioni progettate dai noi o, ancor peggio, dalle persone a noi più vicine. Temiamo a tal punto quel vuoto che non facciamo che accrescerlo. Ma in
fondo il traffico e la nostra vita si comportano nel medesimo modo: entrambi sono costituiti da
molte persone che passano del tempo insieme senza conoscersi, interloquire. Mossi come macchine telecomandate, ci muoviamo tra le nuvole di smog dei tubi di scarico. Alla fermata
dell’autobus e della metro vedo milioni di persone inanimate, sguardi persi nel vuoto di una
vita vissuta senza pathos; vedo volti avviliti, tristi, privi di ardore sui cigli delle strade, nei vicoli. Salgo sull’autobus per ritornare a casa, dietro di me il sole ormai sta per coricarsi e vengo invasa da una strana sensazione, ciò che mi circonda è così mesto, da sembrar di essere
sull’imbarcazione di Caronte; i passeggeri al mio fianco appaiono simili a coloro che erano stati
sottratti alla vita e che venivano trasportatati sulla riva opposta del fiume Acheronte. Cerco di
fare incetta delle inebrianti sensazioni regalatemi dal sole, anch’egli divenuto ormai codardo,
spaventato dal rumoroso silenzio terreno.
Orfeo e Euridice
Di Emilia Scatigno (II A)
“Amor vincit omnia” . Virgilio chiuse così le Bucoliche. L’amore vince ogni cosa. Ma fu proprio la forza
incontenibile di questo amore a separare Orfeo dalla sua Euridice. Il mito di Orfeo e Euridice venne
trattato ampiamente dagli autori greci e venne poi ripreso e proposto da Virgilio come chiusa delle Georgiche, la seconda delle tre grandi opere del poeta mantovano.
Orfeo, il cui canto rende mansuete le belve, perde la sua amata sposa che, inseguita da Aristeo, un allevatore di api invaghitosi di lei, viene mortalmente morsa da un serpente velenoso. Orfeo, disperato,
prega il dio dei morti di rendergli la donna amata e Ade, impietositosi dalle meravigliose parole del poeta, gli concede di riportare Euridice nel mondo dei vivi, ma alla condizione di non voltarsi mai a guardarla fino a che non saranno usciti dall’Ade. Tuttavia il poeta, vinto dalla forza dell’amore, si volta a
guardarla prima di varcare la soglia tetra del regno dei morti e perde per sempre la sua donna. Tornato
nel mondo dei vivi, maledice l’amore e le Menadi invasate, vendicandosi dello sdegno di Orfeo, smem-
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Narrativa
brano il suo corpo.
In ogni tempo, ogni lettore dall’animo romantico si è chiesto perché Orfeo non abbia avuto la forza
d’animo di attendere, perché in lui abbia avuto il sopravvento l’egoistico desiderio di vedere Euridice;
Claudio Magris provò a dare una risposta a questa vexata questio nel suo libro: “Lei dunque capirà”.
Lo scrittore umanizza e rivisita in chiave moderna il mito di
Orfeo ed Euridice, conferendo alla figura della donna passionalità e anima: Euridice da figura letteraria diventa una
donna passionale, forte, volitiva e prevaricatrice. Euridice si
rivolge ad un interlocutore misterioso che nel libro chiama
Presidente e che rappresenta probabilmente Ade e racconta
la sua storia d’amore con Orfeo; la donna si presenta come la
musa ispiratrice del poeta e come la sua vera e propria forza,
la sua guida e ammaestratrice d’amore. Euridice, colpita da
una malattia, si trova in una casa di riposo, metafora di Magris per l’Ade e, rivolgendosi al Presidente, spiega il motivo
reale per cui non ha usufruito della concessione di uscire
dalla casa di riposo: Orfeo aveva sempre detto alla sua donna che nella vesti di poeta si sentiva in dovere di rivelare agli
uomini la verità, la realtà delle cose e per questo motivo, se
essa fosse ritornata là fuori, nel mito classico alla vita, Orfeo
le avrebbe chiesto sicuramente di riferirgli ogni dettaglio
sulla vita della casa, avrebbe voluto sapere per poter rivelare la verità che tutti avrebbero voluto conoscere; ma Euridice non avrebbe saputo dargli le informazioni che desiderava, non avrebbe saputo soddisfarlo e la prospettiva di deludere l’uomo amato la distruggeva e, anzi, Magris scrive sapientemente
che Euridice avrebbe preferito essere morsa da un tremendo serpente piuttosto che deludere Orfeo.
Ormai prossimi alla soglia della casa, Euridice ha quindi chiamato il nome di Orfeo con la voce calda e
amorevole di un tempo e sapeva che non avrebbe saputo resistere a quel richiamo, a quella musica e si
è voltato, ha guardato la sua donna che già si sentiva ricondotta nelle viscere della casa. Solo
l’interlocutore misterioso, il Presidente, può dunque capire perché Euridice non sia uscita, così Orfeo
stanco ma sereno può dormire tranquillo nella loro casa, ignaro che il mistero che cerca di svelare non
può essere compreso dall’uomo.
“Lei dunque capirà” è un inno all’amore, parla di un amore profondo e malsano, è un amore dalla forza
inaudita. La dolcezza del sentimento e l’affetto ossessivo di Euridice la conduce a rinunciare alla vita
per il suo uomo.
Tra le esperienze di lettura fatte sento di giudicare questo libro in modo davvero positivo, è la rivisitazione di un mito ed è una meravigliosa storia d’amore. La brevità del racconto non ha tolto completezza alla narrazione.
La bellezza dell’arte traspare dalle parole di Magris nella semplicità e nella complessità di Euridice,
che parla di un amore tragico e genuino, parla dell’unione di un uomo e una donna che, dopo la loro
separazione, rimarranno in eterno due corpi divisi, uniti in un’unica anima.
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Narrativa
Numero 3
Madri dell’Acqua (Parte 1)
Di Matthew the raven
Tu non ti avvicinare all'acqua. Non ti avvicinare all'acqua. Queste sono le regole.
Loro non ti faranno avvicinare.
Non ti avvicinare all'acqua, che è marcia che è profonda che è senz'anima, perché Loro gliel'hanno succhiata, Loro ci ballano, nell'anima dell'acqua, ed è bruciata e corrotta, perché Loro ci intingono le dita.
Non puoi toccarla.
Non sta a te decidere chi può e chi non può entrare. Sono Loro che decidono. Sono Loro che respirano
e ghiacciano i vetri d'inverno.
Ed è questo quello che dicono i vecchi, gli anziani, gli uomini con gli occhi vuoti e le mani in grembo e
le bocche storte, le donne con gli occhi spenti e le guance flaccide, dita una volta abili nel tessere e nello spezzare, che adesso risuonano nella via quando le scrocchiano, e sembrano il suono che fa il gabbiano, quando scuote i gusci dei gamberetti contro il tetto di lamina per romperli, e ti ricorda il suono
che fanno le ossa dei morti, quando vengono scosse dal vento, e forse le risate del Barone hanno lo
stesso sapore di vuoto.
Bocca-di-Cera queste cose le sa, e Bocca-di-Cera è il più vecchio. Nessuno sa da dove viene, nessuno sa,
nessuno chiede. Beve come una spugna e mastica tabacco e i suoi denti marciscono ogni volta che sorride, ma sorride poco, e i bambini e i cani ridono di lui e con lui e come lui loro malgrado, la sua è una
risata rara, che ti entra nelle ossa e si nutre del midollo.
Magari Baron La Croix, il-Barone-della-croce, ride come Bocca-di-Cera, ti dici, che una volta sapeva
suonare la fisarmonica e sapeva far piegare indietro le teste e sapeva far ridere-urlare, e ti sapeva far
ballare sull'orlo della notte, in fondo alle foreste.
E l'acqua ti lambiva i piedi.
Dicono che lui c'è da quando le storie venivano sussurrate sottocielo in fondo al cuore pulsante e malsano delle piantagioni, quando le mani si macchiavano di cotone e di sangue e il bianco nutriva il rosso
e viceversa (Loro bevono quei colori come se fossero succo che cola dal mento, rosso-vita biancomorte, rosso-morte bianco-forza, ma Loro hanno occhi di brace e denti di serpe, e parlano come l'acqua che sussurra sulle rocce), dicono che lui sia non-morto, zombi, ma lui non ha mai dato corda a
queste insinuazioni.
Bocca-di-Cera non risponde mai, a meno che lui non lo voglia. Bocca-di-Cera racconta che e' una forma di risposta. È quello che sa fare meglio.
Bocca-di-Cera ha detto alla polizia che Honeycomb l'ha presa Papa Ghede e l'ha data in custodia a Loro, che ora è al sicuro, che non c'è motivo di preoccuparsi. (Honeycomb con i suoi occhi neri e la pelle
anche più scura, Honeycomb con gli sguardi curiosi e la bocca sempre piena di sorrisi. Honeycomb che
qualcuno ha preso e ha spezzato di sbieco, Honeycomb che hanno affogato nel pozzo).
La polizia gli ha riso in faccia, ed è stata la prima e l'ultima volta che è stata vista nel quartiere francese.
“Io ti credo,” dice Allie accartocciata sul bancone del negozio-casa di Tante Marie, ma Bocca-di-Cera
non è lì ad ascoltare. La bimba esprime il suo assenso al gallo nero seduto dall'altro lato della stanza.
Brigitte il pennuto la fissa con un occhio strabico.
“Tu credi a chi, Bebelle?”
Bambolina, nel francese cajun che fa tremare la parte bassa dello stomaco. La voce di Tante Marie, zia
Marie, è intrecciata di zucchero e miele, un impasto che sa di casa in modo strano e si appiccica alle
dita di Allie anche quando è fuori a giocare con gli altri bambini. Tante Marie ha gli occhi d'ambra e i
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Narrativa
denti macchiati di scuro, Tante Marie ha i capelli grigi intrecciati e un sorriso strano, sghembo, stortocome se sapesse qualcosa che tu non capirai mai. Ha le mani che sanno di incenso.
I turisti vengono da lei per comprare amuleti e fantocci e per farsi leggere il futuro, e lei sorride ed annuisce e dice loro quello che vogliono sentire, la lupa abbassa il muso ma non nasconde le zanne, e gli
altri, quelli che vivono nei paraggi, lo sanno anche troppo bene. Tante Marie cammina sia di Qua che
di Là, dicono, conversa con il Barone ed accoglie nella sua casa Maman Brigitte, è amica dei Guédé, dei
Loa della morte. Chi cammina con lei è al sicuro, e a pochi, pochissimi concede il diritto di passeggiare
tra le ombre. Tante Marie dicono che sia vecchia quasi quanto Bocca-di-Cera, ma rimane bella sempre.
Bruja la chiamano i portoricani, strega.
Regina, la chiamano altri. Voodoo Queen.
“A Bocca-di-Cera,” risponde la bambina, “che dice che Honeycomb è stata affidata a Loro. A Mami
Wata.”
Il modo in cui dice Loro è inequivocabile: Tante Marie smette di legare i nastri che adorneranno i grisgris - gli amuleti e i portafortuna che andrà a vendere – e fissa la bambina, che non si ritrae, perché
Allie è abituata a Tante Marie fin da quando Maman se n'è andata (ed era piccola allora, aveva tre anni), è abituata a quegli occhi da serpente. In strada i suoi amici per gioco la chiamano Bebette e lo fanno anche gli adulti: piccolo mostro, famiglio, ma la rispettano, perché chiunque sia accolto nella casa
della Regina è degno di rispetto. Allie non si muove. Tante Marie schiocca la lingua.
“Non si dicono queste cose.” ringhia, piano, un po' dopo, e fissa la bambina che la fissa di rimando. Gli
occhi di Allie bruciano tanto quanto quelli dell'altra. “Non così. Non all'aperto.”
È un'accozzaglia calda, il negozio di Tante Marie, un inseguirsi febbricitante di oggettini, di stoffe, di
incensi, di figurine sacre, di animali: un cane un giorno, un gatto la settimana dopo; l'unica costante è
Brigitte, il gallo nero. E Allie, quando si nasconde all'ombra della veranda. Ma il calore è appena scivolato in qualcos'altro, c' è freddo, per un attimo, tra le braccia della zia Marie. Un freddo amaro, un
freddo che sa dell'acqua troppo profonda, del fiume troppo feroce da guadare. Allie si morde la lingua
per non rabbrividire, si fissa le mani, fissa i piedi nudi sporchi, le unghie sporche, il pavimento sporco.
“Mami Wata ascolta sempre, Bebelle. La memoria dell'acqua ascolta sempre, ma cherie. Loro non perdonano.”
“Co faire?”
Perché?
Tante Marie scrolla le spalle ed Allie attende una risposta che si rende conto molto presto non verrà.
La conversazione è finita. Alla bambina rimane un sapore amaro in bocca.
***
Erano quattro: quattro ragazzi bianchi, quattro ragazzi più vecchi di loro, quattro ragazzi ricchi, stupidi, leoni albini affamati di gazzelle. Allie si ricorda il loro ringhio, Allie si ricorda il suono della stoffa
del vestito di Honeycomb che si strappa. Allie sogna, e il pavimento le intrappola le viscere, legno riarso dal caldo d'estate. Allie sogna e vorrebbe non pensare.
Allie inciampa in un attimo ed è sospesa nel nulla nel vuoto della sua stessa testa, Allie che non sa cosa
fare.
Erano in quattro e Honeycomb, più vecchia di sei mesi più silenziosa meno fiamma, più ruscello, l'aveva nascosta nei cespugli sulla riva del fiumiciattolo, ed Allie era rimasta acquattata mentre i quattro
ridevano.
Allie sente i polmoni cozzare col legno cozzare, con l'osso della sua cassa toracica, e di colpo le urla di
Honeycomb si spezzano e diventano altro, ciò che l'acqua le ha donato, e Allie per un attimo beve dalla
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Narrativa
Numero 3
Narrativa
stessa fonte che ha benedetto la sua amica. Galleggia, sott'acqua.
Sopra di lei la luce del sole si infrange e diventa lacrime che non le sfiorano mai la pelle.
E vede l'enormità di un mare che non conoscerà mai. E vede l'inferno delicato, il bacio cristallino degli
ultimi momenti di Honeycomb. E vede Loro, denti-di-serpe, occhi neri che non vedono, pelle bianca,
grinfie che sono rasoi, che sono coltelli, branchie sussultanti. Le Mami Wata, le dee dell'acqua.
Allie si sveglia di colpo ansimando nella calura estiva, sudore attaccato alla pelle, con i denti pieni di
alghe, la mente piena di onde salmastre.
***
Il primo viene trovato dalle autorità riverso in un bidone dell'immondizia, cianotico, molto, molto morto. L'autopsia rivelerà polmoni pieni di acqua.
Affogato.
Il quartiere francese si svuota di turisti e si riempie di api operaie in divisa blu, che fanno domande, che
cercano prove, che calcolano impronte.
Tante Marie scuote la testa piano piano, i pendenti alle orecchie che tintinnano mentre osserva dalla
sua veranda. Emette una risata di scherno, piano, troppo piano per far sì che la sentano gli altri, abbastanza forte per far sì che Allie se ne accorga. La bambina alza gli occhi scuri.
“Muoiono i nostri figli e non fanno nulla, il faisant rien. Muore uno dei loro e corrono subito ai ripari.
Vasi, Babette, torniamo dentro. Fa caldo.”
La Regina le scompiglia i capelli ricci ed Allie non le sorride. Non importa.
Nemmeno Marie sorride.
Il niente
Di Marianna Hu (I A)
La sinfonia del silenzio si leva lieve al ritmo scandito dalle onde, melodia antica che risuona tra le fronde di alberi lontani.
La fragranza fresca d’acqua marina solletica le narici, accompagnata dall’aroma non troppo duro di terra bagnata.
Il solletico piacevole dei chicchi di sabbia sotto i piedi, che si attaccano alla pelle appena bagnata.
Il sapore salato, che s’insinua all’inizio in modo quasi indistinto poi sempre più evidente tra le labbra e
si amalgama con la saliva.
Il niente. Il niente domina, potrebbe essere un niente enorme o un niente minuscolo, ma è pur sempre
niente, il niente. È il niente di occhi chiusi, il niente.
Eppure un paesaggio ben definito si delinea, un paesaggio in bianco e nero è vero, ma ho sempre pensato che l’assenza di colore sia un modo più romantico di vedere le cose.
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Narrativa
Suvvia, ce la puoi fare.
Di Chiara Livia Ciccotto (IV A)
Suvvia, ce la puoi fare. Guardati intorno. Cosa vedi? Un ammasso di persone che corrono, ognuno per la propria strada, a modo proprio: ragazzi con le cuffie nelle orecchie, isolati dal
mondo e dalle proprie vite, signore e signori con in mano gli inevitabili iphones o le nuove novità tecnologiche. Oramai viviamo così in fretta, che ci dimentichiamo di vivere, ci dimentichiamo di "perderci nel tempo", ci scordiamo di dedicarci a noi stessi e agli altri. Purtroppo è
così: si pensa più a sopravvivere che a vivere. La vita è un strada da percorrere, piena di ostacoli da superare, emozioni da tralasciare, esperienze da provare, amici da incontrare, oggetti
da buttare, ma sopratutto si deve affrontare, e quale modo migliore per affrontare le cose, se
non vivendole? Dobbiamo usare le nostre gambe e le nostre forze per farcela, per giungere alla
meta e all'obbiettivo che ci siamo imposti, per raggiungere la nostra anima, arrivando così al
traguardo. La vita non è forse una corsa? Se fosse così allora Bruce avrebbe ragione quando
canta "Born to Run", magari è proprio vero. Dipende, però, da quale prospettiva la si guarda:
io dico che siamo nati per correre verso i sogni, verso le cose impossibili, verso le stranezze e
verso la stravaganza, vogliosi di scoprire cose originali e pazzesche. Altri, invece, dedicandosi
solo alla carriera e alla popolarità, pensano che la vita sia una corsa ove bisogna per forza essere i vincitori, . Niente, però, può essere eguagliato alla vita sociale, agli amici e alla famiglia,
all'amore e all'amicizia. Non si può vivere senza amicizia, SOLI NON SI VIVE. La vita dell'uomo esiste a condizione che incontri un altro essere umano; è nell'incontro con i suoi simili che
egli impara a parlare, a pensare e ad amare. "Nessun uomo è un'isola" è frase cantata da Bon
Jovi nella canzone Santa Fe (in italiano santa fede), ma secondo me ogni uomo è un arcipelago. Ovviamente noi siamo giovani e non ci poniamo questi problemi, perché noi abbiamo altre
mille cose da fare e a cui pensare. Noi siamo i “viventi”, perché stiamo in mezzo alla gente, passiamo ore con gli amici oppure allo specchio per farci belle, anzi per apparire belle agli altri.
Invece di stare tutto il tempo davanti alla tv a guardare film su film, usciamo e facciamo NOI il
film. Bisogna "vivere ogni istante della vita come se fosse l'ultimo", come diceva il grande Jim
Morrison. La vita è una sola ed è breve, non c'è tempo da perdere. Ti stai ancora guardando
intorno? Bene ora smettila. Hai visto cosa c'è e cosa non c'è. Adesso tocca a te inserire nella tua
vita le cose fondamentali che desideri, qualunque esse siano, e decidere cosa eliminare, chi
buttare via dal tuo cuore e quali ferite cancellare. Suvvia, ce la puoi fare.
L’inizio della fine
DI Martina Ceriani (I A)
Di nulla possiamo stabilire un vero inizio, neanche di un racconto, tutto nella nostra vita è conseguenza
di qualcosa, un’ azione, un pensiero, una scelta, sono preceduti sempre da altre azioni, altri pensieri,
altre scelte; solo la fine è definita, chiara, inequivocabile, unico vero inizio. Quindi da dove iniziare se
non dalla fine?
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Narrativa
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Narrativa
La mia morte non colse nessuno di sorpresa, perché non c’era nessuno da sorprendere, se non quei pochi passeggeri del treno che videro Morfeo prendermi tra le braccia senza più lasciarmi andare. E’ stata
una morte silenziosa, dovuta alla stanchezza che da anni mi faceva da compagna, insieme alla corse
dietro sogni e illusioni, che hanno dato un senso alla mia dolceamara esistenza.
Sono sola alla conclusione della mia avventura, non abbandonata, solo dimenticata, uno sbiadito ricordo in fondo ad un baule polveroso. Quale traccia della nostra esistenza rimane in questa terra desolata
dall’ egoismo , un’ impronta nel fango della campagna e nulla vicino. Forse alla stazione qualcuno era
arrivato ad aspettarmi o forse no, ed anche il mio ultimo appello era stato ignorato e perso nel vento. Il
mio voleva probabilmente essere solo un richiamo al passato, in cui ridevamo ancora felici del nostro
amore, noncuranti della nostra ingenuità; ma il peso della realtà alla fine ha raggiunto anche noi, e né
le mie né le tue spalle erano pronte ad una tale fatica. Ognuno ha ripreso a pensare per sé, era come se
parlassimo lingue differenti, e nell’ incomprensione dei gesti ci siamo perduti, dietro carezze troppo
deboli pretese troppo grandi. Anche a questo ho rinunciato infine? Quante cose ho perso nella mia lunga e noiosa vita? Quante possibilità perdute per codardia?
Ora non posso che sorridere di quando sono caduta in bici la prima volta, o di quando ho dato il mio
primo bacio senza avere la minima idea di cosa dovessi fare. Esperienze. Esperienze che ti segnano, cicatrici che ti cambiano. Anche il primo rifiuto del tuo amore adolescenziale, o l’ amore fatto nella fretta
di conoscere, ti fanno scoprire una te stessa che rimane sopita nelle profondità della tua anima.
Sono cambiata o solo cresciuta, accumulando successi e sconfitte.
Ma alla fine ero sola.
Lo sono sempre stata prima di incontrare te, te che ora da qui vedo piangere alla stazione, dove ti ha
raggiunto l’ ultimo mio ritardo , l’ ultima mia delusione nei tuoi confronti, ma, amore mio, questa volta
era inevitabile.
Credo sia meglio spegnersi seduta in uno scomodo sedile dell’ultimo treno, che in una fredda stanza di
ospedale.
Il treno, simbolo del viaggio mi ha incamminato verso una nuova avventura. Ho paura che neanche
questa volta sarò all’ altezza … ma come sempre avanzo,per inerzia forse, o magari per quella forza di
vivere, che mi ha sempre rappresentato, anche se ora sarebbe più corretto dire per quella voglia di morire che ora mi accompagna. Non trattenermi e io non trascinerò te in questo lugubre cammino.
Passo dopo passo mi avvio verso quella porta verde in fondo al corridoio; speranza di riposo dietro
l’uscio, speranza di un domani più luminoso in questo buio.
Questa volta sono io ad abbandonare la vita e non lei ad abbandonare me. Come quando mi ha lasciato
ad affrontare giudici ingiusti, per cui non sei mai abbastanza, adesso abbraccio l’ignoto.
Non riesco a non pensare al tuo sorriso senza provare nostalgia, sei l’unico motivo per cui il mio andare
si fa più lento, per cui ora la mia mano trema appoggiata alla maniglia; ma non posso tornare, amore è
troppo tardi, questo viaggio è per sempre, è inevitabile.
Ti amo.
Come ho sempre fatto.
Addio.
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Narrativa
Cucina
Numero 3
Charlotte
Di Elisa Cofano (I A)
La charlotte alle mele è un dolce prelibato che risale alla fine del 1700, la sua forma caratteristica è data da una
corona di savoiardi. È un vero e proprio trionfo di frutta e bontà!
Ingredienti:
Burro: 75 gr
Latte : 150 ml
Cognac: 70 ml
Zucchero: 50 gr
Scorza grattugiata di un limone
Vanillina: 1 bustina
Confettura: di albicocche 170 gr
Mele: 1 kg
Cannella in polvere : 1 cucchiaino
Savoiardi: 250 gr
Procedimento:
Sbucciate le mele, privatele poi del torsolo centrale e tagliatele a fettine. In una padella capiente fate sciogliere il
burro, quindi aggiungete le mele e il cognac. In una ciotola mettete lo zucchero, la vanillina e la cannella e unite
il tutto alle mele. Grattugiate la scorza di limone e continuate la cottura per qualche minuto, mescolando di tanto in tanto fino a spappolare le mele. A cottura ultimata imburrate e ricoprite con carta da forno una tortiera a
bordi alti. Prendete i savoiardi e tagliatene via una delle estremità per metterli in piedi nella tortiera e bagnateli
leggermente con il latte.
Una volta completato il perimetro, rivestite il fondo con i pezzi di savoiardi rimasti e tenete da parte tutti i pezzi
che avanzano. Unite ora la confettura di albicocche al composto di mele, mescolate e versate il tutto nella tortiera. Livellate la superficie della charlotte. Cospargete con i savoiardi rimasti, sbriciolandoli con le mani, tutta la
superficie del dolce. Versate il restante burro in modo uniforme sopra la charlotte. Infornate la tortiera a 180°
per circa 30/40 minuti. Una volta cotta, lasciatela intiepidire e servitela accompagnata a un bicchiere di succo
di frutta alla mela o all’albicocca.
Cucina
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Relax
Somme crociate
Di Elisa Cofano (I A)
Le somme crociate sono un gioco matematico
che si svolge su una tabella simile a quella delle parole crociate. E' evidente l'etimologia del
nome del gioco.
Una tabella, di forma qualunque, è composta
da caselle nere a bianche.
Il gioco consiste nel compilare le caselle bianche con cifre decimali da 1 a 9 senza ripetizioni
(su una riga o su una colonna la stessa cifra
non può essere ripetuta) secondo le indicazioni delle caselle nere.
Le caselle nere contengono due numeri che
indicano la somma dei numeri delle caselle
bianche orizzontali (alla destra della casella
nera) e la somma dei numeri delle caselle
bianche verticali (al di sotto della casella nera).
Sudoku
Di Elisa Cofano (I A)
7
5
9 3
2
8
6
1
6
9
3
4
5
4
3
1
6 8
7
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Relax
Appunti:
Relax
Numero 3
Soluzioni dei giochi del numero precedente
Proverbio di Virgilio: Audentes Fortuna iuvat.
Relax
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Relax
Perle di saggezza
G.B.
(trafficando con il tablet) “Not found, oh no, oh yeah!”
A.F.
“C’è uno speaker ufficiale?” M.B.(I A) “Io Prof.” “Allora facciamo leggere qualcun altro, altrimenti M.B.
(I A) chiama il numero azzurro e denuncia: Mi fanno sempre leggere!”
“Romolo Augustolo, con questo nome ridicolo, è ancora un re? Romoletto sarebbe stato meglio!”
“Pensate ai carciofi quanto durano, ti ci affezioni, non ti pungi nemmeno più!”
“Sono più buoni i kiwi o i peperoni? Ve la immaginate una KIWATA?!”
“Quanto conquistarono Taranto, [i romani] si resero conto di essere buzzurri e svilupparono complessi
di inferiorità, realizzarono di essere proprio un villaggio di burini”
“THIS IS SPARTA!”
“44 vi si è già fissato nella memoria dalla canzoncina 44 gatti in fila per sei con il resto di due …”
“Vogliamo fare i tirchi con gli dei che poi ci bastonano?!”
E.C. (I A) “… Tempio di Ercole Vincitore” “Non sarà mica Ercole De Angelis?”
D. N.
“Una scoperta tira l’altra, proprio come le ciliegie e le patatine”
“Non possono esistere isotopi a muzzo!”
“… Se fosse Raul Bova, spererei di essere attratta ...”
“L’unica specie in cui la femmina s’imbelletta siamo noi!” B.B. (I A) “E allora maschi, datevi da fare!”
“Gli uccelli sono ovipari, fanno uova …” M.T (I A) “… che si mangiano!”
“Dobbiamo fissare le verifiche!” Tutti (I A) “No, prof!” “Come no?” A.P. (I A) “Prof, dobbiamo anche
dirle sì?!”
“Com’è che quelli che non hanno il debito sono più bravi di quelli che hanno il debito?”
L. B.
A C.L.(I A) “Claudia, segui sul libro” C.L. (I A) “Prof, non ce l’ho” L.B. “Che diludendo”
F.C.
(leggendo il Proemio del Decameron) “… non manca l’andare a torno, udire e veder molte cose, uccellare, …” (risate di sottofondo) “Ragazzi, guardate che uccellare significa andare a caccia di uccelli, mica
altro!”
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Relax
Arte
Numero 3
Gli artisti dell’Omero
Elisa Cofano (I A)
Arte
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Arte
Marco Battisti (I A)
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Arte
Dall’ all’mero
Gossip
Voci di corridoio
Ben ritornati alla rubrica “Big Brother’s Omero” più carichi che mai!
Dove eravamo rimasti? Forse è il caso di riassumere un po’ gli eventi..
La love story tra E.C. (V A) e C.G. (V A) conclusasi a inizio anno, aveva portato scompiglio
giacché il bel biondino sembrava voler tenere il piede in due scarpe, ovvero continuare a frequentare la ex, ma al contempo rubare il cuore della tenera S.G. (IV A). Ma non è tutto: il
rubacuori E.C. (V A) sembra aver confessato ad un suo coetaneo di voler conquistare il cuore
di tutte le giovani pulzelle di IV ginnasio, e le ragazze non sembrano essere contrarie, dato
che si vocifera che il Don Giovanni sia riuscito ad attirare l’attenzione della ballerina S.G. (IV
A). Quante ancora saranno le sue vittime?
E tra le voci di corridoio sembra essere stato nominato anche il vichingo biondo. Cosa starà
combinando con V.B. (V A)? Se non si trattasse solo di voci?
Le eroiche gesta del console Marco Antonio proseguono anche nel nuovo anno. Infatti la sua
corsa non sembra essere terminata con la vichinga bionda, ma continua con la famiglia Livia
(IV A). Alcuni dicono di averli avvistati in una sala cinematografica. Chissà se sono amici o
qualcosa di più! Eppure il suo cuore sembra battere per due debuttanti attrici A.P. (I A) e
B.B. (I A). Attendiamo novità!
Persino il nostro ex-ballerino D.C. (I A) sembra aver conquistato il cuore della ginnasta G.P.
(IV A), che dopo una toccante rivelazione d’amore, seppur rimasta ferita per i sentimenti
non ricambiati, non si arrende al fascino latino americano. Sarà che il cuore di D.C. (I A) palpita ancora per B.B. (I A)? Insomma, restiamo a guardare!
Intanto R.S. (IV A) continua con le sue sconvolgenti rivelazioni sul “bellissimo” neo-omeride
G.P. (III A). Ora tocca a quest’ultimo: come l’avrà presa il nostro piccolo? E come ci rimarrà
A.C. ( III A) ora che gli sguardi delle giovani omeridi non sono più puntati solo su di lui?
R.S. (IV A) attenderà di far breccia nel cuore di G.P. (III A) oppure ripiegherà sull’ultimo
acquisto dell’Omero L.B. (V A)?
Parlando di coppie durature, possiamo includere l’ex omeride S.G. e E.B. (II A), la dolce
coppia S.D.D (II A) e N.D. (III A), i belli e discreti E.D.N (III A) e M.M. (III A) e il nostro
rappresentante d’istituto M.T. (I A) e la sua First Lady L.F. (I A). Ma siamo sicuri che sia tutto qui? Voci di corridoio contrastanti affermerebbero che fra N.M. (II A) e D.M. (III A) sia
nata una forte amicizia, ma il tennista sembrerebbe essere continuamente distratto dalla sua
vecchia fiamma S.B. (I A), con la quale era tutto finito proprio a causa di questo triangolo
amoroso. Come finirà?
Come potete notare, il nostro gossip non ci lascia mai delusi!
A presto ragazzi!
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Gossip
Numero 3
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Liceo Ginnasio Statale “Omero”
Via del Volga, 4 - 20161 Milano tel. 02.6461084 02.66202604
Dall’all’mero
Fondato nel 2002
[email protected]
DIRETTORE RESPONSABILE
Marianna Hu
Tutti i numeri dell’Omero
126 Studenti nel 2013/2014
13 Professori
1 Preside
Personale non docente:
1 Tecnico
3 Collaboratori scolastici
1 Applicato alla segreteria
VICEDIRETTORE
Beatrice Bosio
CAPOREDATTORE CENTRALE
Elisa Cofano
DIRETTRICE ARTISTICA
Emilia Scatigno
GIORNALISTI
Marco Battisti, Teresa Bordoni, Martina Ceriani, Chiara Livia Ciccotto, Cecilia Gavazzoni, Francesca Giardini
COLLABORATORI
Giulia Golini
RESPONSABILE PROGETTO
Prof. Carmela Fronte