Balla che ti passa
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Balla che ti passa
Balla che ti passa Bruni Roberta Il battito convulso del suo cuore era l’unico rumore che riusciva a percepire nel silenzio perfetto e nella tensione palpabile dell’attesa. Perfino l’incessante ronzio delle zanzare si era calmato e l’atmosfera era immobile in quell’afosa serata di fine giugno nel piccolo locale sperduto nelle campagne della Pianura Padana. Si guardò attorno: le luci puntate sulla pista le impedivano di distinguere fra il pubblico i volti degli amici che erano venuti ad assistere alla sua esibizione, chi per fare il tifo per lei, chi per sfotterla il giorno dopo, ma anche questo faceva parte del gioco e andava bene così. Simona, la sua migliore amica, incrociò il suo sguardo e sollevò la mano con il pollice alzato in un gesto di incoraggiamento. Era lei la causa prima della sua presenza lì quella sera, lei le aveva proposto qualche anno prima di iscriversi ad un corso di salsa e bachata e solo per la compagnia lei aveva accettato, mai più immaginando che un tipo di ballo così sensuale l’avrebbe appassionata tanto. Con stupore aveva invece riconosciuto in quei ritmi il ritmo a cui pulsava la sua anima; quella musica, così piena di vita, le comunicava gioia di vivere, energia, spazzava via tensioni e malumori lasciandola rilassata e al tempo stesso ricaricata. La necessità di ballare in due la spinse poco per volta ad uscire da quel guscio in cui la sua innata timidezza troppo spesso la rinchiudeva e la brava ragazza, secchiona e un po’ noiosa, si trasformò gradualmente in una persona più aperta, gioiosa e un po’ fuori di testa. Cominciò ad andare a ballare una volta a settimana, poi due, ritrovandosi a fare cose che prima avrebbe ritenuto inconcepibili, come saltare le lezioni all’università per recuperare le ore di sonno perse in una serata di ballo o trascurare lo studio per partecipare ad uno stage di tre giorni. Il testardo impegno che era solita mettere in tutte le cose, l’aveva portata a diventare una discreta ballerina, anche se la vergogna che ancora provava nell’esibirsi con il corpo le impediva di mettere nei suoi movimenti quel tocco di sensualità che le avrebbe fatto fare il vero salto di qualità. “Più fluida, sembri un palo vestito! La bachata non ha tante figure, è tutta giocata sull’espressione corporea!” le ripeteva alla nausea Micky, il suo maestro. “E adesso eccomi qui, ad una gara di bachata, con questo odioso pieno di sé come partner!” pensò fra sé. Come chiamato in causa da quel pensiero, lui si voltò a guardarla. “Vedi di darti una calmata, stai tremando!” le sibilò. “Scusa, adesso mi passa.” Non poteva certo confessargli che tutta quell’agitazione non era dovuta alla gara in sé, ma al fatto di avere lui come cavaliere. Quel ragazzo aveva il potere di metterla a disagio: era uno dei migliori ballerini della zona e una salsa in coppia con lui avrebbe dovuto essere il top, ma le rare volte che la degnava di un invito era così agitata da non riuscire a godersi il ballo. Anche se stava ballando con lei, lui dava l’impressione di ballare da solo, tutto preso nell’autocompiacimento, usando la partner come semplice ornamento, uno strumento da utilizzare per mettersi in mostra. Si sentiva sbatacchiata come una banderuola al vento e andava in tilt, sbagliando anche le figure elementari, tanto che una sera lui l’aveva piantata in pista a metà ballo dicendole “sei un disastro, non posso fare una figura del genere!” Dopo quell’umiliazione aveva evitato il più possibile di avere a che fare con lui e quando Micky le aveva detto che sarebbe stato il suo partner alla gara di fine anno aveva cercato di protestare, adducendo come pretesto la mancanza di sintonia fra loro, ma alla fine aveva capitolato, stuzzicata dalla sfida di dimostrare a quel borioso stronzetto di non essere poi un tale disastro. Nonostante lui desse a vedere di snobbare la gara, disertando le prove e non mostrando il minimo impegno nello studio della coreografia, si era preparata con cura, provando e riprovando col maestro i passaggi critici. “Ho fatto del mio meglio” si disse. Chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e attese l’inizio della musica. “Ma perché gli ho detto di sì?” si chiese per l’ennesima volta facendo scorrere lo sguardo sulla quantità di amici e conoscenti accalcati a bordo pista “Farò una figura di merda!” Per lui il ballo era una questione di immagine, ciò che gli aveva permesso di uscire dal grigio anonimato che il suo metro e settanta scarso e il suo carattere introverso gli avevano imposto e raggiungere finalmente la posizione che gli spettava sotto i riflettori. Non era certo uno di quei ragazzi che si fanno notare e ben presto si era reso conto che la simpatia non era una dote sufficiente a garantire il successo con l’altro sesso. Amava tutti gli sport e col tenace allenamento si era scolpito un bel fisico muscoloso, ma gli mancava quel modo di porsi disinvolto, da “figo”, che fa la differenza fra un ragazzo piacevole e un conquistatore. Per le ragazze continuava ad essere l’amico ideale da cui farsi scarrozzare, con cui confidarsi, ma quando si trattava di venire al dunque erano sempre ragazzi più carini, brillanti e spavaldi a vincere il primo premio. Quando era in pista invece, sapeva esattamente come muoversi per attirare su di sé tutti gli sguardi, si sentiva sexy e sicuro di sé e le ragazze, che prima lo trattavano da sfigato e ridacchiavano alle sue spalle dei suoi approcci impacciati, facevano la fila per ballare con lui. Finalmente era LUI a concedere e rifiutare e a far cadere dall’alto i suoi “sì” e non considerava mai dame che non fossero alla sua altezza, eccezion fatta per le strafighe. “Fosse almeno carina...” Si voltò a guardare la sua partner: castana, capelli corti, faccia da brava ragazza, fisico esile, era la classica tipa insulsa. “Vedi di darti una calmata, stai tremando!” le sibilò innervosito, maledicendo ancora una volta il momento in cui si era fatto incastrare in quella situazione. La sua partner abituale era in vacanza e il suo maestro ne aveva approfittato per rifilargli quel baccalà travestito da donna. “Sei il mio migliore allievo, ma ballare sempre con Federica ti sta impoverendo. Ormai avete il pilota automatico, far coppia con dame diverse ti aiuterà a migliorare la guida e a ritrovare il gusto del ballo come relazione e non solo come successione di movimenti tecnicamente ineccepibili. Valentina è la persona giusta, ha raggiunto un buon livello tecnico e se la sai portare è un’ottima ballerina.” aveva risposto alle sue proteste. “Sì, in mezzo a un gruppo di orsi, forse. Ho un’immagine da preservare, non posso permettermi di classificarmi dietro a gente come Paolo o Sandro. Già mi immagino i commenti” “E allora balla meglio di loro! Un cavaliere davvero in gamba riesce a far fare bella figura anche a una ballerina mediocre, cosa che fra parentesi Valentina non è. Comunque se pensi di non essere all’altezza troverò qualcun altro". Quella provocazione aveva colpito nel segno, ed eccolo lì ad affidare la sua credibilità di ballerino a una partner con cui non avrebbe fatto un ballo nemmeno per noia. Con un sospiro rassegnato si preparò a limitare i danni. “Ok si va.” si disse quando finalmente il dj fece partire il brano musicale, rompendo quell’immobile, snervante attesa. Alzò lentamente la testa e cominciò a muoversi languida sul posto, tenendo il tempo in attesa che la musica cambiasse ritmo segnando l’inizio della coreografia vera e propria. E uno, due, tre, quattro... Lasciò che la musica penetrasse dentro di lei e prendesse possesso del suo corpo: braccia, gambe, muscoli, nervi... e improvvisamente non era più una timida studentessa di lettere, ma la star della serata, la ballerina con cui tutti vorrebbero ballare, la più sexy, la più ammirata. La pista si trasformò in un palcoscenico su cui era chiamata ad esibirsi, su cui VOLEVA esibirsi, per comunicare al suo pubblico quel groviglio di sensazioni esaltanti che la musica stava scatenando dentro di lei. Una base avanti, mezzo giro. Cercò lo sguardo del suo partner, gli sorrise e con fare provocante lo chiamò a sé. Un gioco di “ti cerco, ti respingo, mi insegui, ti sfuggo”, poi lui l’afferrò per un polso e l’attirò a sé in un arrotolamento. Si voltò a guardarlo e si smarrì nell’intensità dello sguardo di quegli occhi nocciola. Si sentì avvampare, le gambe divennero gelatina e dovette cercare il solido appoggio del suo corpo. “Sei stupenda, lascia perdere la coreografia e balla!” le sussurrò all’orecchio prima di lanciarla in un doppio giro concluso con un morbido casquet. Tornò con un movimento fluido in posizione verticale e si ritrovò stretta a lui nella posizione chiusa: fronte contro fronte, naso contro naso, la gamba destra fra le sue ginocchia. Sentì il suo respiro, leggermente affannoso per l’esaltazione del ballo, accarezzarle il collo e una piacevole sensazione di calore la pervase. Chiuse gli occhi, si abbandonò a quell’abbraccio avvolgente, ed era il suo corpo a guidarla, appoggiandola sulla musica e trasportandola di battuta in battuta, di passaggio in passaggio. Quei movimenti sensuali sul posto a stretto contatto fisico che prima non riusciva proprio a fare suoi, ora le venivano naturali come una passeggiata in via. Per la prima volta “sentì” davvero il suo corpo, la gioia di muoverlo nello spazio, di farlo interagire con un altro corpo e con la musica in un triangolo ideale in cui ogni elemento si trova in equilibrio perfetto con gli altri due. Non appena le prime note di “Lamento boliviano” irruppero dalle casse e si diffusero nell’aria percepì in lei un lieve cambiamento. La tensione si era dissolta; appoggiati schiena contro schiena, le mani intrecciate, la sentiva muovere fluida in sincronismo perfetto con i suoi movimenti. E uno, due, tre, quattro... Si staccarono con una base in avanti, mezzo giro... e si trovò di fronte una donna diversa. Lo sguardo ammiccante, un mezzo sorriso malizioso, ondeggiava il bacino in un perfetto base sul posto mentre con il dito lo chiamava provocante a sé. I loro sguardi si incrociarono e si incollarono come attratti da un’irresistibile forza magnetica. Dimenticò gli amici, la gara, la coreografia e si abbandonò al puro piacere di ballare interpretando la musica insieme alla partner, finalmente compagna con cui condividere emozioni e non più semplice specchio su cui riflettere la propria abilità. Improvvisò una sequenza di passaggi complessi e lei, dopo una piccola esitazione dovuta a quel cambiamento non concordato, lo seguì senza problemi, leggera come una libellula, assecondando i suoi movimenti in un’intesa che di rado aveva sperimentato. Proponeva una figura, senza bisogno di forzare la guida, e lei la eseguiva con naturalezza, quasi fosse diventata un’estensione del suo corpo, un tutt’uno che fluttuava sull’onda di quel ritmo magico. La musica si spense su un ultimo casquet, dal quale uscirono in un abbraccio. Rimasero ancora un istante così, a guardarsi negli occhi, lasciando che fossero i loro corpi e i loro sguardi a comunicare quell’oceano di emozioni che le parole non sapevano e non potevano esprimere. “Grazie.” si dissero quasi all’unisono, poi il boato degli applausi ruppe l’incantesimo e il locale, la gente, il dj, i giudici... tornarono a irrompere bruscamente nella loro realtà. “Vai Francesco!” urlò qualcuno e lui accennò un inchino, poi le fece fare una vuelta, presentandola alla sua meritata dose di applausi, alla quale aggiunse anche il suo. “Sei più brava di quel che pensassi, ragazzina!” “E tu meno odioso.” Scoppiarono a ridere, seppellendo sotto quella risata un’antipatia che quell’unico ballo era riuscito sgretolare. “Al prossimo ballo” la salutò lui “Vedremo…” ribatté con aria di sufficienza, e con un sorriso da “prendi in giro” lo piantò in asso. “Me lo sono meritato.” pensò divertito e restò lì, a guardarla allontanarsi con quell’andatura sexy che non le conosceva, chiedendosi chi fosse quella strana creatura, che in un’afosa serata di fine giugno una bachata aveva per un istante trasformato da bruco in splendida farfalla.