“Buskashi”. Lettera alla figlia dall`Afganistan

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“Buskashi”. Lettera alla figlia dall`Afganistan
19
ottobre2002
EMERGENCY
vitamine recensioniletterarie,cinematograficheemusicali acuradiPaoloBoschi
t LIBRI
Robert Louis Stevenson,
L’isola del tesoro (Einaudi)
Nonostante L’isola del tesoro –
riedito di recente dall’Einaudi nella
collana “Tascabili Einaudi” con un
saggio di Pietro Citati – sia stato
spesso apparentato alla narrativa
per ragazzi tout court, il romanzo di
Robert Louis Stevenson (1858-94)
regge da vero classico qual è alla
prova del tempo grazie agli ottimi
ingredienti miscelati nell’impeccabile ricetta letteraria: un protagonista giovane ma sveglio come Jim
Hawkins, un ambiguo villain del calibro Long John Silver, un viaggio
per mare sulla Hispaniola, un pugno
di vecchi bucanieri, l’autentica mappa del capitano Flint, una misteriosa
isola del tesoro. Stevenson dedicò al
figliastro Lloyd Osbourne (nel 1883)
questa romanzesca avventura che
equivale, per il piccolo protagonista,
ad un itinerario d’ingresso nella maturità, alla scoperta della spietatezza
che domina incontrastata i rapporti
umani nel mondo, spesso regolati
da un’etica di marca economica.
L’isola del tesoro prende avvio
quando Jim trova nel baule di Billy
Bones – vecchio lupo di mare morto
nella sua locanda, l’Admiral Benbow – una mappa per una fantomatica isola del tesoro e la consegna al
dottor Livesey ed all’aristocratico
Trelawney, che in breve organizzano la spedizione di ricerca. Il richiamo dell’oro di John Flint, pirata
d’inaudita ferocia, dividerà immediatamente l’equipaggio approdato
alla malsana isola tropicale: da una
parte Jim, Trelawney, Livesey, il capitano Smollett e pochi altri buoni,
dall’altra il resto della ciurma, un
tempo agli ordini di Flint, ora capeggiata del suadente cuoco John Silver
che, nonostante la sua gamba di legno, si rivelerà il più furbo e spietato
di tutti. Alla fine, con non poche difficoltà e grazie all’aiuto di Ben Gunn
(ex
bucaniere
abbandonato
nell’isola tre anni prima), i buoni
avranno la meglio, ma Jim Hawkins
resterà turbato per sempre dal tributo di sangue gravante sullo straordinario tesoro. Un grande classico
che, parafrasando Calvino, non finisce mai di dire qual che ha da dire,
intrigante per lettori di tutte le età.
t FILM
People I know,
regia di Daniel Algrant,
con Al Pacino, Téa Leoni, Kim
Basinger, Ryan O’Neal;
thriller/drammatico;
Usa/Gran Bret.; 2002; C.
Nessuna professione è più in stretta
connessione con le personalità che
conosci quanto il variegato mondo
dei Pr ed è per l’appunto questo il lavoro di Eli Wurman, guru newyorchese delle public relations, ora in
declino.
Eli è disposto a tutto pur di accontentare i propri clienti: può coprire
imbarazzanti cadute di stile, trovare
signorine compiacenti, stupefacenti
o reperire qualunque altra cosa gli
sia richiesta, offrendo al contempo
una sconfinata discrezione. I dettagli insignificanti dei suoi clienti possono pure finire sui rotocalchi: Eli
provvederà ad impedire che le informazioni davvero scottanti vadano in
pasto alla stampa. È proprio la riuscita ambientazione la principale
qualità di People I know, un atipico thriller che Daniel Algrant, già regista di molti episodi del fortunato
serial Tv “Sex and the City”, utilizza
come grimaldello narrativo per descrivere luci ed ombre del dorato
mondo dello showbiz. Ormai giunto
nella parabola discendente della sua
carriera di press agent, il protagonista può annoverare soltanto un pezzo da novanta tra i propri clienti, il
premio Oscar Cary Laurner, in procinto di tentare la carriera politica.
È appunto Laurner a disturbare Eli
Wurman per affibbiargli l’ennesima
patata bollente di una lunga serie:
ritrovare la stellina televisiva Jilli, rimetterla in sesto e convincerla ad
uscire di scena senza clamori eccessivi. Un compito apparentemente
normale, se non accadesse che Eli,
stremato da troppe pillole, finisse
per addormentarsi durante l’omicidio dell’arrogante attricetta affidata
alle sue discrete cure. Il tutto mentre
il protagonista sta cercando di organizzare una serata di beneficenza
cui presenzierà tutta la New York
che conta: l’ultimo grande evento
della sua carriera prima di uscire di
scena. Al Pacino è perfetto nel ruolo
del press agent stanco e disilluso.
People I know è liberamente ispirato
alla vita del PR newyorchese Bobby
Zarem.
Johan Padan a la descoverta
de le Americhe,
regia di Giulio Cingoli;
animazione; Italia; 2002; C.
Giulio Cingoli, cartoonist di lungo
corso, ha tratto il lungometraggio
d’animazione Johan Padan a la
descoverta de le Americhe dall’omonima opera teatrale del premio Nobel Dario Fo: il risultato è un
cartoon in gran parte alla vecchia
maniera (ovvero con la tecnica del
disegno a mano) ma che si avvale
delle più moderne tecniche di animazione digitale, soprattutto per
quanto riguarda gli sfondi e gli effetti speciali.
Johan Padan è ambientato nel primo Cinquecento ed incentrato sulle
mirabolanti avventure di un uomo
qualunque, il bergamasco Johan Padan, un giovane montanaro fuggito
da un campo d’addestramento militare di Lanzichenecchi che, dopo
aver riparato a Venezia ed essersi innamorato di una presunta strega,
scappando finirà a Siviglia e qui
s’imbarcherà, ignorando la destinazione, su una nave di conquistadores diretta alla volta del Nuovo
Mondo, in Florida. Scampato ad un
terribile naufragio insieme allo stalliere Trentatrippe, Johan Padan
s’imbatterà in un accampamento di
Indios momentaneamente sfuggiti
al rapace processo di schiavizzazione degli Spagnoli: dopo aver
evitato con uno stratagemma di
essere cannibalizzato insieme al corpulento compare, Johan Padan darà
mostra delle proprie versatili qualità
di indovino, cerusico, artificiere e
condottiero. Eletto sciamano del villaggio, Johan s’innamorerà, corrisposto, della bella Autè, imparerà a
conoscere ed apprezzare usi e costumi degli indigeni, improvvisandosi catechista ed organizzando
la resistenza della sua tribù d’adozione ai colonizzatori iberici.
Johan Padan è un coloratissimo
cartoon d’azione di sapore fiabesco,
dotato di un ritmo scoppiettante e
di dialoghi incalzanti: il plot principale è inframmezzato da splendide sequenze pittoriche memori
della lezione di Gauguin e ravvivate
dalle interpretazioni canore di Paola
Folli e di Fiorello, pimpante doppiatore del Johan Padan giovane, mentre è stato lo stesso Fo a prestare la
propria voce al protagonista da anziano.
Possession - Una storia
romantica,
regia di Neil Labute,
con Gwyneth Paltrow,
Aaron Eckhart,
Jeremy Northam, Jennifer Ehle;
sentimentale; Usa; 2002; C.
A Neil Labute piacciono le contaminazioni di generi, almeno stando al
suo ultimo film Betty love, riuscito
esempio di commedia satirica a tinte noir: non fa eccezione in tal senso
neppure Possession - Una storia
romantica, tratto dall’omonimo romanzo di Antonia Byatt. La trama è
incentrata su due storie d’amore
che si intrecciano nella vecchia
Inghilterra a cavallo tra passato e
presente: un amore letterario risalente alla rigida età vittoriana, finora
ignoto alla critica, che innesca la fatale scintilla tra i due studiosi che
stanno cercando di risolverne
l’intrigante mistero. Tutto prende
avvio quando il ricercatore americano Roland, giovane e squattrinato,
s’imbatte in un documento che potrebbe suggerire un legame tra il
poeta Randolph Henry Ash, da sempre considerato dai critici un inguaribile misogino e legato in modo
indissolubile alla moglie, Christabel
LaMotte, poetessa vittoriana meno
famosa, dichiaratamente lesbica e
felicemente convivente con una pittrice. Indagando sul mistero letterario a tinte rosa, Roland incontrerà
l’algida collega Maud, già amante
disillusa che, intrigata dall’enigma,
offrirà il suo contributo sul campo
ad una ricerca che, se confermata
dalle prove, potrebbe consentire ad
entrambi un notevole salto professionale. Grazie a nuovi indizi Roland
e Maud cominceranno a seguire le
tracce epistolari di Randolph e Christabel, sui luoghi agresti in cui la
fuga d’amore dei due andò in scena
un secolo prima. Ovviamente il mistero al centro di Possession sarà
svelato e finirà in qualche modo per
rivelarsi significativo anche per i protagonisti contemporanei, peraltro in
modalità insospettatamente perso-
nali. Complessivamente in parte il
cast, decisamente impeccabile
l’ambientazione vittoriana: Possession è un film sentimentale che
scorre via piacevolmente, riuscendo
ad intrigare con garbo lo spettatore
senza mai risultare stucchevole.
t DISCHI
Morcheeba, Charango [2002]
I Morcheeba tornano in pista con
Charango, animato come sempre
dalla splendida voce di Skye
Edwards e dalle soffuse sonorità dei
fratelli Paul e Ross Godfrey.
L’apertura dell’ultimo album del trio
londinese è affidata alle atmosfere
soft e vagamente jazzate di Slow
Down, poi il premiato Morcheeba-sound comincia a spiccare il volo
(e con esso le corde vocali della sempre superba Skye) con Otherwise,
marcata da un leggero retrogusto
orientaleggiante. Aqualung, al
contrario di quanto ci si potrebbe
attendere, non cita affatto i Jethro
Tull, bensì ci porta in un’isola sonora
indefinita dalla parti degli anni
Ottanta. A ruota arriva Sao Paulo,
ovvero il primo incontro dei Morcheeba con la bossa nova: ovviamente si tratta di un approccio sui
generis, contaminato con il jazz e lo
swing, comunque funzionale e molto intrigante. Il famigerato trip hop
di cui i Morcheeba erano tra i capofila torna in auge nella title track, col
gentile apporto di Peacewon, uno
dei classici brani riempitivi che il terzetto inglese ha sempre utilizzato finora nei primi tre album. Come al
solito il giochino collaborazionista si
rivela funzionale solo a tratti, o almeno quando è coinvolta anche la
voce della Edwards (come in Get
Along, per esempio, ancora con la
complicità di Peacewon: non a caso
il duetto con Kurt Wagner in What
New York Couples Fight About
(con Skye Edwards impegnata ai
cori) si rivela molto gradevole e la
simbiosi tra trip hop e jazz con Slick
Rick in Women Who Lose Weight
è semplicemente deliziosa. Detto
questo, è d’obbligo ribadire che i
brani più puristi restano i migliori:
come la morbida Undress me
now, l’eterea Way Beyond o Public displays of affection, caratterizzata da un refrain simil-western
molto efficace, l’ultima gemma prima di chiudere le danze con la strumentale The Great London Traffic
Warden Massacre. Complessivamente un bel disco: nonostante di
fatto non aggiunga niente di nuovo
alla musica dei Morcheeba Charango resta sopra la media di quanto
passa l’etere radiofonico.
I libri sono cortesemente offerti
dalla libreria SEEBER,
Via Tornabuoni 70/r, Firenze
Tel. 055215697
I dischi sono gentilmente offerti
da GHOST,
Piazza delle Cure 16/r, Firenze
Tel. 055570040
GRAFFI-GIORNALISTICO-TERRITORIALI
Viale Talenti: un’analisi a campione
Breve sarabanda di pensieri
Nonostante io abiti – più per caso che per
scelta – da trent’anni sul viale Talenti, va da
sé che non mi dispiacque di partecipare al
pranzo di strada qui organizzato per il trentennale del viale stesso, e me ne trovai
bene. Grazie al signor Carmine Marra, barbiere
“di
qualità”,
la
qualità
dell’organizzazione fu al di sopra di ogni
aspettativa.
Non ebbi il tempo di scriverne al momento
su questo foglio, né avrei dovuto, dato che
non sono giornalista cronista, ma semplicemente libera opinionista. Già ne è stato
scritto sotto altra testata da chi aveva titolo
per farlo. D’altra parte, fermo restando il
plauso per l’organizzazione, la mia Gatta
pagina precedente
Virtuale ha qualche graffio da allungare a
molti fruitori della festa.
Tanto per cominciare la brava micia prega
di scusare la sua padrona per non essersi
fatta viva con l’assessore Giani e col nostro
presidente Cruccolini, ma al momento in cui
stava per farlo si verificò vicino a loro il
mucchio di quelli che per un caffè gratis…
(L’animuccia no global della Bastiana non
era affatto disposta ad accettare quel caffè,
e si recò sola sola per i cavoli suoi nel bar
aperto nel territorio, a pagarsi di tasca sua
un espresso per il quale non dover di grazie
a nessuno). Invece, qualche tempo dopo, la
mia micia avrebbe avuto motivo di graffiare tutto quanto il quartiere.
Infatti soddisfattissima della cucina offerta
in detto pranzo, all’indomani andai alla ditta gastronomica e vi trovai – da buongustaia a largo raggio qual io sono – un eccellente couscous. Per forza di cose vi tornai dopo
un certo intervallo di tempo e non vi trovai
altro che cibi consacrati dalla tradizione. Il
cuoco mi confermò che ogni sua bravura un
po’ eccentrica nessuno l’accettava.
Va bene vestire a modo degli altri e mangiare a modo proprio – va bene la tradizione, il buon tempo antico, le “radici” - ma chi
si limita ai soli cibi del nonno, poveretto,
non sa quel che si perde.
Bastiana Contraria
(continua il prossimo mese)
“Buskashi”.
Lettera alla figlia
dall’Afganistan
In “Buskashì”, Gino Strada racconta ancora una volta la guerra che
ha visto nelle tante terribili ferite che colpiscono, 9 volte su 10,
dei civili innocenti. È il racconto di un viaggio attraverso quella
fase della guerra in Afganistan che ha inizio il 9 settembre
2001, giorno dell’assassinio di Ahmad Shah Massud, il leader
dell’Alleanza del Nord. È un viaggio clandestino e
controcorrente per raggiungere il paese quando tutti gli
occidentali si affrettavano ad andarsene e i confini in ingresso
erano chiusi; un viaggio a piedi, in jeep e a cavallo per le
montagne dell’Indukush per arrivare all’ospedale di Emergency
nel Panshir, un viaggio difficilissimo per raggiungere la Kabul
dei talebani sotto i bombardamenti americani. Il libro è
dedicato alla figlia Cecilia e si conclude con una lettera scritta al
momento del rientro in Italia nella primavera 2002, indirizzata a
lei e a tutti noi, se mai fossimo a corto di parole per dire il
nostro no alla guerra in Afganistan, in Iraq e ovunque nel
mondo.
Cara Cecilia
Spero che tu riesca a leggere questa mail. Oggi torno a casa, o
almeno mi metto in viaggio. Mi sembra di essere via da un
tempo lunghissimo. Ho bisogno di casa. È stato un periodo
difficile, passato tra stanchezza, rabbia, paura e soprattutto
tristezza. La guerra rende tristi. I morti che non abbiamo potuto
vedere, e quelli che abbiamo visto morire nei nostri ospedali. E i
feriti... quante vite segnate, molte per sempre.
Ci sarà chi ricorderà questa guerra per aver perso un occhio, o
una mano, o entrambe, e chi non ricorderà niente per quella
maledetta scheggia che gli ha toccato il cervello, e chi ricorderà
tutto, ogni volta che si troverà ad arrancare su una carrozzina.
Molte famiglie sono in lutto, molte stanno ancora soffrendo e
molte sono in rovina, più povere di prima e con una bocca in
più da sfamare. Più numerosi di prima sono gli orfani e le
vedove. Ho visto le vittime. Vere, reali, ho ancora negli occhi le
loro facce di esseri umani sofferenti.
Non credere una parola quando diranno che hanno “sconfitto il
terrorismo”. Sono bugie, enormi bugie che difenderanno con i
denti per coprire i propri crimini e i propri interessi. Ma i morti e
i feriti sono lì, se ne trovano i resti e la memoria, se si ha il
coraggio di farlo. Abbiamo curato più di duemiladuecento
persone, in questi mesi: l’ottantasette per cento erano civili.
Anche questa volta hanno assassinato migliaia di civili
innocenti, hanno fatto la stessa cosa dei terroristi che dicevano
di voler punire. Non credere una parola, ogni volta che
cercheranno di spiegare come sarà bella la guerra futura,
tecnologica, selettiva, “umanitaria”. Sarà solo un altro carico di
morte e miserie umane.
Venendo qui abbiamo fatto il nostro dovere, ed è stato utile. In
questi mesi, all’interno della guerra abbiamo lavorato molto
rattoppando ferite. E abbiamo capito che non possiamo tacere
di fronte ai crimini, anche quando compiuti in nome della
“civiltà”. Non ho visto giustizia in questi mesi, né pietà, non ho
visto ragione né umanità. Forse anche per questo ho bisogno di
casa.
Sarò sempre contro la guerra perché non sarei capace di vivere
pensando a te nel mezzo dell’orrore. Ti voglio bene, un bacio
Gino.
[tratto da Gino Strada, “Buskashì, Ed Feltrinelli, 2002]
Per informarsi, contribuire, partecipare:
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L’appello di Emergency: fuori l’Italia
dalla guerra
Vogliamo un mondo basato sulla giustizia e sulla solidarietà.
Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti
per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati.
Chiediamo che l’Italia, di fronte alla minaccia di un attacco
militare contro l’Iraq, non partecipi ad alcun atto di guerra, nel
rispetto della Costituzione.
Non vogliamo essere corresponsabili di nuovi lutti, né vogliamo
alimentare la spirale del terrore.
Basta guerre, basta morti, basta vittime.
Per aderire: www.emergency.it
Sono già tantissimi I cittadini, che hanno sottoscritto
l’appello oltre a personaggi della cultura e dello
spettacolo
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