clinica e terapia - CG Edizioni Medico Scientifiche
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numeroÊ 3Ê -Ê settembreÊ 2011 editoriale 4 La valutazione del contesto: dalle riflessioni di Saint Vincent allaÊ traduzioneÊ nelÊ modoÊ realeÊ Trimestrale. Anno VII • Prezzo di copertina E 9,50 • Poste Italiane. Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Torino n. 3/11. ISSN 18269826 IvoÊ Casagranda clinicaÊ eÊ terapia 5 RoleÊ ofÊ bedside-focusedÊ ultrasonographicÊ evaluationÊ inÊ theÊ criticalÊ patient:Ê aÊ caseÊ reportÊ AndreaÊ Bruzzone,Ê IreneÊ Ponassi,Ê CaterinaÊ Passalia,Ê EleonoraÊ Arboscello,Ê RiccardoÊ Ghio 9 TheÊ useÊ ofÊ theÊ biomarkerÊ "copeptin"Ê forÊ theÊ diagnosisÊ ofÊ acuteÊ chestÊ painÊ inÊ theÊ EmergencyÊ DepartmentÊ ElisaÊ Conti,Ê MarcelloÊ Guidi,Ê MarioÊ Cavazza 13 Sanguinamento da rottura di varici da un sito raro nell'ipertensione portale.Ê DiagnosiÊ differenzialeÊ conÊ leÊ causeÊ diÊ shockÊ ipovolemicoÊ acutoÊ inÊ emergenza Rosarino Procopio, Elio Scaramuzzino organizzazioneÊ eÊ formazione 15 LaÊ centralizzazioneÊ delÊ politrauma. Studio della realtà ferrarese e simulazione della presenza diÊ unÊ protocolloÊ concordato Luiigi Melcarne, Adelina Ricciardelli, Roberto Melandri, Marco Farinatti, Alessandro Gatti, Savino Occhionorelli 20 "GestioneÊ interattivaÊ diÊ eventiÊ critici":Ê ipotesiÊ diÊ unaÊ nuovaÊ tecnicaÊ formativa Cinzia Orsini, Elisabetta Cricca, Sandro Galavotti, Marina Mazzotti, Brunella Parma, Amedeo Corsi assistenzaÊ infermieristica 27 Il Triage Emergency Method Versione 2 (TEM v2). UnÊ nuovoÊ metodoÊ diÊ triageÊ intraospedalieroÊ Nicola Parenti, Vito Serventi, Rossella Miglio, Stefano Masi, Leopoldo Sarli contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza decision-making:Ê initialÊ resultsÊ ofÊ anÊ empiricalÊ study 35 ComplexÊ PierÊ LuigiÊ Baldi Il suicidio e il tentato suicidio: una sfida in emergenza-urgenza. 38 Rassegna critica ed esperienza dei PS della Provincia di Parma GianniÊ Rastelli,Ê MarcoÊ Trevia,Ê GiuseppeÊ Lippi,Ê GianfrancoÊ Cervellin “You are now included in PubMed. Congratulations! We can help you to reach new readers and potential subscribers around the world. Many publishers find that partnering with MEDLINE helps them to grow their subscription, circulation, and citation numbers” Inizia così il messaggio che lo scorso fine luglio ci ha comunicato che è stata accettata e indicizzata su PUBMED! Dopo oltre 6 anni dalla sua nascita, dopo aver superato diversi ostacoli, un grande risultato è stato ottenuto Un punto di partenza fondamentale per arrivare, entro pochi anni, ad ottenere citations e di riflesso raggiungere un impact factor. emergency care journal sommario Sommario Clinica e terapia Role of bedside-focused ultrasonographic evaluation in the critical patient: a case report Andrea Bruzzone, Irene Ponassi, Caterina Passalia, Eleonora Arboscello, Riccardo Ghio ........................... 5 The use of the biomarker "copeptin" for the diagnosis of acute chest pain in the Emergency Department Elisa Conti, Marcello Guidi, Mario Cavazza .................. 9 Sanguinamento da rottura di varici da un sito raro nell'ipertensione portale. diagnosi differenziale con le cause di shock ipovolemico acuto in emergenza Rosarino Procopio, Elio Scaramuzzino ....................... 13 Organizzazione e formazione La centralizzazione del politrauma. Studio della realtà ferrarese e simulazione della presenza di un protocollo concordato Luigi Melcarne, Adelina Ricciardelli, Roberto Melandri, Marco Farinatti, Alessandro Gatti, Savino Occhionorelli .... 15 Direttore responsabile: M. Cavazza, I. Casagranda Co-Direttori: C. Locatelli, B. Tartaglino Comitato Di reDazione Federico Miglio, Massimo Pesenti Campagnoni, Carlo Locatelli, Daniele Coen, Antonio Morra, Anna Fagiani, Libero Barozzi, Paolo Carraro, Paolo Danesino, Maurizio Mori, Franco Perraro, Mauro Frascisco, Cristina Mazzoleni, Daniele Ebbli, Giovanni Volpicelli, Mario Cavazza, Carolina Prevaldi segreteria Di reDazione Francesco Buccelletti, Enrico Ferri, Cristiano Lauritano, Tiziano Lenzi, Michele Santoro eDitore C.G. Edizioni Medico Scientifiche s.r.l. Via Candido Viberti, 7 - 10141 Torino, Italia Tel. 011.33.85.07 r.a. - Fax 011.385.27.50 E-mail: [email protected] Sito Web: www.cgems.it stampa: Ages Arti Grafiche s.r.l. - Torino Finito di stampare il 3/10/2011 Emergency Care Journal, periodico ufficiale della società scientifica AcEMC Registrazione al Tribunale di Torino per Emergency Care Journal n. 5935 del 17/01/2006. Poste Italiane. Spedizione in A.p. DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Torino. "Gestione interattiva di eventi critici": ipotesi di una nuova tecnica formativa Cinzia Orsini, Elisabetta Cricca, Sandro Galavotti, Marina Mazzotti, Brunella Parma, Amedeo Corsi .................. 20 Assistenza infermieristica Il Triage Emergency Method Versione 2 (TEM v2) Un nuovo metodo di triage intraospedaliero Nicola Parenti, Vito Serventi, Rossella Miglio, Stefano Masi, Leopoldo Sarli ........................................................................ 27 Contributi specialistici all'urgenza Complex decision-making: initial results of an empirical study Pier Luigi Baldi ....................................................... 35 Il suicidio e il tentato suicidio: una sfida in emergenzaurgenza. Rassegna critica ed esperienza dei PS della Provincia di Parma Gianni Rastelli, Marco Trevia, Giuseppe Lippi, Gianfranco Cervellin ................................................................ 38 AVVERTENZE: si fa presente che l’IVA è assolta all’origine dall’Editore a norma dell’art. 74 comma 1/C - DPR 633/1972. Inoltre gli articoli 1 e 5 del DM 29 dicembre 1989 esonerano gli Editori dall’emissione di fatture per la cessione di pubblicazioni per le quali è stato scelto il regime forfettario. © Copyright by C.G. Edizioni Medico Scientifiche s.r.l. Torino. Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica sono riservati, compreso quello di traduzione. Nessuna parte della rivista può essere riprodotta, contenuta in un sistema di recupero o trasmessa in ogni forma e con ogni mezzo elettronico, meccanico, di fotocopia, incisione o altrimenti, senza permesso scritto dell’Editore. 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Per ricevere senza alcun impegno maggiori chiarimenti, è a disposizione il Servizio Assistenza Clienti attivo dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 12,30 e dalle 13,30 alle 17,30. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 2 • Giugno 2011 • www.ecj.it Editoriale ............................................................. 4 3 MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal editoriale La valutazione del contesto: dalle riflessioni di Saint VincentÊ allaÊ traduzioneÊ nelÊ modoÊ realeÊ Ivo Casagranda emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it ECJ Senior Editor and Journal Founder 4 Molti dei lettori ricorderanno le due giornate di Saint Vincent su “Errore e responsabilità nelle organizzazioni sanitarie complesse”, il dibattito seguito alla presentazione del questionario che evidenziava il peso della medicina difensiva nelle decisioni dei medici, le proposte dei giuristi della Fondazione Federico Stella dell’Università Cattolica di Milano con la proposta di arrivare a una proposta legislativa che depenalizzasse l’errore medico in assenza di dolo e l’intervento del Consigliere della Corte di Cassazione Blaiotta che introduceva il concetto di contestualizzazione dell’errore. Questo intervento suscitò un ampio dibattito, proprio perché da parte dei medici d’urgenza si capiva come fosse importante che il mondo giuridico comprendesse le condizioni particolari, il “contesto”, in cui essi operano: affollamento, necessità di operare in multitasking, poco tempo a disposizione per la decisione, numerose interruzioni. Al termine del Convegno venne scritta la carta di Saint Vincent, un documento di consenso su errore e responsabilità nelle organizzazioni sanitarie complesse, che all’ultimo punto recita: “Per consolidare il rapporto di fiducia tra medico e paziente è indispensabile ridisegnare l’attuale modello di attribuzione della responsabilità penale e civile. Una ragionevole limitazione della responsabilità penale del sanitario ai soli eventi avversi realizzati con ‘colpa grave’, accompagnata dall’introduzione di programmi di giustizia riparativa in ambito sanitario e da un riordino delle norme in tema di assicurazione per la responsabilità civile che metta al centro le strutture che erogano prestazioni sanitarie e non i singoli operatori. Ciò consentirebbe di spezzare il circolo vizioso che induce molti sanitari, oggi, ad adottare comportamenti di medicina difensiva”. Alla luce di quanto scritto è utile esaminare la sentenza 16328/11 della Corte Suprema di Cassazione, quarta sezione penale, su ricorso avverso una precedente sentenza del giudice del Tribunale di Rossano di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 cod. proc. pen. nei confronti di [omissis] in ordine al reato di omicidio colposo in danno di [omissis] per non aver commesso il fatto. Il ricorso alla Corte di Cassazione era stato fatto nei confronti del medico di Pronto Soccorso e di un cardiologo, per imperizia, negligenza, comportamento omissivo, mancato approfondimento diagnostico e conseguente diagnosi clamorosamente erronea a cui seguiva la morte del paziente. La relazione al Consiglio della Corte è stata fatta dal dott. Rocco Marco Blaiotta. La relazione racconta la storia, passata e presente, in tema di colpa nell’esercizio della professione medica. Fino agli anni ’80 la responsabilità penale si configurava solo nei casi di colpa grave e cioè “di macroscopica violazione delle più elementari regole dell’arte”. Successivamente vi è stato un cambiamento del pensiero giurisprudenziale ritenendo che questo atteggiamento coprisse anche casi di effettiva superficialità da parte dei professionisti e che derivasse da una concezione paternalistica del rapporto medico-paziente. A partire dagli anni ’80 l’indirizzo giurisprudenziale muta radicalmente e la colpa professionale viene valutata sulla base delle regole generali contenute nell’articolo 43 del codice penale. Ritornando ai punti di novità della relazione Blaiotta, emerge il concetto di contesto che dovrebbe essere tenuto in conto nell’esprimere il giudizio. Vanno valutate le contingenze in cui siano presenti difficoltà o novità tecnico-scientifiche e dall’altro “aspetto mai prima enucleato esplicitamente, le contingenze nelle quali il medico si trova ad operare in emergenza quindi in quella situazione turbata dall’impellenza che [omissis] rende non di rado difficili anche le cose facili”. La relazione prosegue con una osservazione importante “quest’ultima notazione [omissis] apre alla considerazione delle contingenze del caso concreto che dischiudono le valutazioni sul profilo soggettivo della colpa, sulla concreta esigibilità della condotta astrattamente doverosa”. Infine la conclusione: “[omissis] una attenta e prudente analisi della realtà di ciascun caso può consentire di cogliere i casi nei quali vi è una particolare difficoltà nella diagnosi, sovente accresciuta dall’urgenza; e di distinguere tale situazione da quelle in cui il medico è malaccorto, non si adopera a fronteggiare adeguatamente l’urgenza o tiene comportamenti semplicemente omissivi, tanto più quanto la sua specializzazione gli impone di agire tempestivamente proprio in urgenza”. Per concludere, è probabile che nel prossimo futuro nella valutazione della colpa nell’esercizio della professione medica si distingueranno i casi in cui il medico è stato maldestro, non si è adoperato adeguatamente per risolvere il problema o ha adottato comportamenti omissivi, dai casi in cui vi è stata particolare difficoltà nel giungere alla diagnosi o da quelli in cui problemi legati al contesto sono stati causa di intervento non adeguato. Ancora dalla Carta di Saint Vincent. “Occorre considerare la medicina come una scienza che opera in contesti al contempo di profonda conoscenza e di grande incertezza [omissis] in caso di errori involontari, occorre superare la cultura della colpa orientata soltanto a individuare il colpevole di un avvento avverso. è auspicabile promuovere processi di just culture in cui i professionisti siano messi in grado di distinguere i comportamenti accettabili da quelli non accettabili”. P.S. I più attenti tra i Lettori avranno visto che a differenza delle altre volte non ho firmato l’editoriale come Editor in Chief di ECJ. Da questo numero ho, come si dice, passato la mano al dott. Mario Cavazza, che ringrazio per aver accettato con entusiasmo questo incarico. Questa decisione è maturata nel tempo per due motivi: il primo è che i numerosi impegni mi impedivano ormai di far fronte alle numerose responsabilità che la direzione di una rivista richiede e il secondo è la convinzione che un ricambio nella direzione porti nuovi stimoli e nuove idee. Mi rimane la profonda soddisfazione di essere riuscito, dopo aver fondato ECJ, a farla uscire regolarmente, pur tra mille difficoltà, per sei anni. Ma la soddisfazione maggiore è di lasciare la direzione dopo aver portato questa rivista, con l’aiuto di alcuni Amici sempre presenti, all’indicizzazione su Medline. Ringrazio l’Editore, il Direttore Editoriale e la sua équipe perché in tutti questi anni hanno permesso alla rivista di uscire regolarmente lasciandomi tutta la libertà possibile nell’impostazione della rivista e nella pubblicazione degli articoli. Infine un grazie di cuore a tutti i Lettori che in questi anni non ci hanno mai abbandonato. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal clinicaÊ eÊ terapia RoleÊ ofÊ bedside-focusedÊ ultrasonographicÊ evaluationÊ inÊ theÊ criticalÊ patient:Ê aÊ caseÊ reportÊ Andrea Bruzzone, Irene Ponassi, Caterina Passalia, Eleonora Arboscello, Riccardo Ghio Clinica Medica III, Dipartimento di Medicina Interna, Ospedale San Martino e Cliniche Universitarie convenzionate, Genova ABSTRACT tion, but also providing a “real time” evaluation of therapeutic regimen (hypovolemia versus excessive fluid embalance) and, last but not least, the chance to perform a close follow up of the ultrasonographic alterations (pleural effusion, signs of alveolar consolidation) pointed out at initial diagnosis. Moreworthly, it has been possible to identify the previous mentioned lesion before they had become evident to standard X-Ray chest evaluation. SINTESI Presentiamo il caso clinico di una donna di 80 anni che, in seguito ad un trauma di intensità lieve senza ripercussioni cliniche avvenuto qualche giorno addietro, presentava dispnea, dolore toracico ed ipotensione; l’ecografia eseguita “al letto” ha costitutito uno strumento molto utile nel conseguire una definizione diagnostica pressoché immediata (sindrome ARDS dovuta a contusioni polmonari), considerando ed escludendo nel contempo tutte le possibili diagnosi alternative con la mede- sima presentazione clinica; è stata possibile inoltre una valutazione in tempo reale dell’efficacia della terapia (ipovolemia versus sovraccarico volemico) e non ultimo per importanza, è stato eseguito un attento monitoraggio delle alterazioni ecografiche (versamento pleurico, segni di consolidamento polmonare) evidenziati alla diagnosi iniziale. Inoltre abbiamo rilevato che l’identificazione delle lesioni sopra menzionate è stato più precoce rispetto alla radiografia del torace standard. Introduction Reservoir 100% oxygen supply and fluid challenge with normal isotonic saline at a rate of 250 ml/30 minutes were started and a vescical catetherism was performed in order to monitor diuresis. Awaiting emocromocitometric and other clinical biochemical examinations, we performed bedside-focused emergency ultrasonography evaluation. Lack of collapse of inferior vena cava with inspiration ruled out a hypovolemic condition (Figures 1 and 2), the presence of free peritoneal fluid was excluded, while cardiac transtoracic exploration of the heart excluded acute left ventricular failure, cardiac tamponade and acute right ventricular dilatation due to severe pulmonary hypertension; chest ultrasonography detected a non-omogeneus pattern of multiple Blines arising from the pleural line, mostly in the left emithorax, with confluent consolidations zone and the presence of focal signs of parenchymal distruption with localized pleural effusion Bedside-focused ultrasonographic evaluation is a very useful tool, in addition to clinical examination, in order to define critical conditions eligible for a rapid diagnostic definition and an intensive therapeutic approach; herein we present a case report in which the coexistence of signs and symptoms common to different pathological conditions leads us to formulate multiple diagnostic hypotheses and to quickly resolve them with the aim of bedside-focused ultrasonography evaluation. CaseÊ reportÊ An 80-year-old caucasian woman was admitted to our hospital because of progressive dysphnea and rapid onset of chest pain – defined by “borderline” features suggestive of acute coronary syndrome1 – but absent of fever, cough and any other sympthoms. Her past medical history was unremarkable except for chronic haemodinamically stable atrial fibrillation not requiring antiarrhythmic drugs but treated with anticoagulant therapy. She referred of recent left thoracic trauma five days before and presented signs of wall thoracic ecchimosis. Upon clinical examination, airflow was adequate but she presented severe hypotension (80/50 mmHg), heart rate 110/min, Glascow Coma Scale 15/15, and dysphnea (respiratory rate 32/ min, SO2 80% with FiO2 0.21). Clinical, rectal and neurological examinations were normal without any evidence of gastrointestinal blood loss. Axillary temperature was 36.5°C, while her electrocardiogram revealed atrial fibrillation with normal ventricular rate and morphology. An arterial blood gas specimen (performed with Radiometer-ABL) revealed pH 7.35, PO2 35 mmHg, PCO2 48 mmHg, HCO3 25 mEq/l with calculated PaO2/FiO2 = 166 (with haemoglobin 9.0 mg/dl and lactate 2.6 mmol/l). Chest X-Ray examination did not detect any pathological findings in the lungs and ribs. Clinical suspicion of pulmonary embolism was unlikely according to Well’s Score and Ginevra score. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it We present the case report of an 80 years old woman with late posttraumatic (of low intensity without any immediate clinical alteration) onset of dysphnoea, chest pain and hypotension, in which bedside ultrasonography has been a very useful tool in immediate diagnostic definition (acute respiratory distress syndrome – ARDS due to multiple pulmonary contusions), considering and excluding all possible alternative diagnosis with the same clinical presenta- 5 Fig. 1 - Ultrasonography at admission. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. clinicaÊ eÊ terapia Table 1 Hematologic and chemistry laboratory values. Admission IIIÊ day emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Fig. 2 - Ultrasonography after three days. 6 (Figures 3, 4 and 5), which is a picture of classic alveolar-interstitial syndrome pattern according to applying classic guidelines2, while an alternative diagnosis of cardiogenic pulmonary edema, pneumothorax, pericardial tamponade and pulmonary embolism was excluded. Hematologic and chemistry laboratory values were: Ht 29,5%, Hb 92 g/l, white cell count 14,000/mm3, neutrophilis 12,700/mm3, platelet count 133,000/mm3, INR 2.45, fibrinogen 2.75 g/l, D-Dimer 142 μg/ml, total bilirubin 1,32 mg/dl, direct bilirubin 0,3 mg/ dl, albumin 2.9 g/l, ferritin 45 mg/dl, CRP 11 mg/l. Conventional I-troponin monitoring was normal as well as myoglobin (Table 1). The main diagnostic hypothesis was consistent with “acute respiratory distress syndrome” (ARDS) secondary to a pulmonary contusion. Therefore the diagnosis was confirmed by a thorax and abdominal contrasted-enhanced computed tomography Fig. 3, 4 - A dilatated IVC (IVC diameter > 20 mm) roules out hypovolemia; IVC is measured in the sub-xiphiod space in the long and trasversal axis, using the liver as a sonographic window. HbÊ (g/l) 92 60 2Ê weeksÊ after 104 MCV (fl) 71 76 78 WhiteÊ cellÊ (perÊ mm• ) 14000 2800 9600 PlateletÊ countÊ (perÊ mm• ) 133000 80000 204000 FibrinogenÊ (g/l) 2,75 3,93 3,2 TotalÊ bilirubinÊ (mg/dl) 1,32 1,34 0,98 scan, which revealed minimal bilateral pleural effusion with multiple parenchimal infiltrates compatible with post-contusive consolidations and hematoma of thoracic wall. A serious anemia and thromocytopenia have subsequently there occurred due to excessive platelet consumption, thus the patient received transfusion with two packed red cell units. The ultrasosnographic findings described above underwent to close follow up and correlation with clinical condition and therapy’s adjustement: - After first three days of fluid therapy at rate of 60-80 ml /h un- Fig. 5, 6 - Ultrasonographic pattern of parenchymal lung consolidation; hypoechoic subpleural focal images with or without pleural line gap, either isolated or multiple, appear as hypoechoic pleural-based focal images allowing ultrasound transmission, from which B-line-like artifacts arise, with confluent consolidations (“hepatization”). MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. clinicaÊ eÊ terapia Table 2 Aetiological classification of main causes of shock. HighÊ cardiacÊ output Hypovolemic Septic Cardiogenic Anaphylactic Extra-cardiacÊ obstructive Neurogenic Table 3 Diagnostic tools with comparison in rapidity of execution and availability referring to most common clinical abnormalities. Condition Test Rapid Available Upper: NGT Lower:Ê DRE +++ +++ Endoscopic + + Focused-US +++ +/++ CE-CT +/++ ++ Focused-US +++ +/++ ECG +++ +++ I-troponin + +++ Hypovolemic • Gastrointestinal bleeding • Peritoneal bleeding/ AAA • CVP low Cardiogenic • ACS Copeptin +++ ? • Structural hearth disease Focused-US +++ +/++ • Rhythm disturbance ECG +++ +++ • Aortic dissection/ rupture CE-CT +/++ ++ RX ++ +++ Focused-US +++ +/++ RX ++ +++ Focused-US +++ +/++ * Extra-cardiacÊ obstructive • Pneumothorax • Pleural effusion • Cardiac tamponade Focused-US +++ +/++ • Pulmonary embolism CE-CT +/++ ++ +++ +/++ Focused-US ** Fig. 7 - The presence of parenchymal disruption with localized pleural effusion. sion and extinguish at right lung after six days and at left lung after eight days. - Signs of alveolar consolidation begun to decrease after five days and were not relievable after eleven days, while pleural effusion was not reliable after seventeen days (outward follow up visit). Our patient was treated furthermore with oxygen, broad-spectrum antibiotics, low-molecular weight heparin (after suspension of dicumarolic therapy) and diuretics, obtaining a clinical and radiological remission in two weeks. With close ultrasonography monitoring it has been possible to “titrate” fluid and diuretic therapy according to haemodinamic conditions, in particular after three-five days of admission. Also use of anticoagulant therapy (low molecular weight heparin) was safer because of the faculty of exclude free blood loss at any time. Signs of alveolar consolidation became progressively less evident with course of antibiotic therapy(Figure 6), while resolution of “reactive” pleural effusion was slower. Discussion Rapid diagnosis and management of critical patients is strategic in the Emergency Department but hard in cases of unusual presentation or clinical abnormalities common to different pathologic conditions2-5. In our case report, careful anamnestic record, accurate physical examination and a few diagnostic tools – with the support of bedside-focused ultrasonography – allowed rapid diagnosis and effective treatment. The reliability of bedside-focused ultrasonographic evaluation of the chest in the critical patient is demonstrated by the study in BLUE6. Dyspnea with chest pain and hypotension generally indicates NotÊ validatedÊ yet. CanÊ excludeÊ pulmonaryÊ embolismÊ withÊ emodinamicalÊ instabilityÊ – useful for DVT. * ** til normalization of blood pressure, we could assist to a progressive lost of inspiratory inferior vena cava collapse (CVP exstimated 15-20 mmHg) with appearance of right lung Blines; so diuretic therapy was started and anemia (also due to emodiluition) was corrected. - In entire course of follow up no signs of left ventricular failure or pericardial effusion or free abdominal fluid were evident. - Lung B-lines became less evident after four days from admis- emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it LowÊ cardiacÊ output 7 Fig. 8 - Ultrasound control showes size reduction of lesion. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it clinicaÊ eÊ terapia 8 shock due to low cardiac output (Table 2) and suggestive for hypovolemic (bleeding), cardiogenic (acute coronary syndrome or acute vascular injury), or extra-cardiac obstructive (occupation of pleural space, acute cardiac tamponade, massive pulmonary embolism) conditions. While the use of a “pre-test probability” scoring system could rule out some pathological conditions (such as pulmonary embolism), the anamnestic recording of chest trauma and anticoagulant therapy associated with a normal ecg and the findings of moderate anemia and acute respiratory failure oriented our diagnostic pathway to a hypovolemic-post traumatic or pleuropulmonary acute condition (such as pneumothorax or emothorax or acute cardio-vascular rupture), despite a clinical cardiopulmonary examination without relevant pathologic findings (such as pleural effusion). Rapidly performed bedside ultrasonography could easily exclude all pathological hypotheses listed above, thus confirming our diagnosis of ARDS secondary to pulmonary contusion7-9. In the Table 3 we list the most appropriate diagnostic tools with comparison in rapidity of execution and availability according to our diagnostic hypothesis. Nowadays, largely standardized step-by-step protocols and guidelines assist every emergency Departments team, in order to “focus on” only some clinical and anatomic points of interest, and to make it simple to perform and very reproducible. FASTcRASh procedure (Focused Assessment Sonography for Trauma, cardiac failure, Respiratory failure, Acute abdomen and Shock), introduced a few years back, provides rapid clinical and ultrasonographic evaluation of critically ill patients and delivers rapid and reliable results in order to identify the main problems and quickly (less than ten minutes) refer the patient to the most appropriate diagnostic/therapeutic procedure2,9-11. Ultrasonographic examination of chest is very useful in an emergency approach of dysphnea/respiratory failure and often provides a more accurate diagnosis of acute cardio-pulmonary disorders compared to standard chest X-Rays; it may be performed at the patient’s bed and repeated frequently during follow up, thus avoiding unuseful patient transport and radiological exposition. With a “targeted approach”, recognition of pneumothorax, pleural effusion, parenchimal lung consolidation, diffuse interstitial infiltrates, pulmonary edema and other common conditions becomes very easy and accurate11-13. Conclusion Lung contusion is a frequent clinical entity but often remains undiagnosed – especially upon first evaluation – because a diagnosis is unlikely with a visit and chest radiography5,7,8. Although Tc is the gold standard for lung contusion diagnosis, it is expensive and subjects the patient to the risks of transport, contrast agent side effects and radiation and is therefore non-viable for the seriate monitoring of the patient. Various studies have demonstrated that chest ultrasonography can accurately detect lung contusion in blunt trauma victims: sensibility is 94.6%, specificy is 96.1%, positive and negative predictive values are 94.6% and 96.1% respectively and accuracy is 95%8. In an emergency situation, a traumatized patient showing signs of shock and acute respiratory deficiency poses a challenge for an eR doctor whose quick and precise diagnosis is needed in order to ensure an effective treatment. Pneumothorax and pleural effusion are accessible to ultrasound; information obtained from lung, cardiac, venous and abdominal analysis provides a bedside visual approach to the critically ill9,14-16; according to FASTcRASh method (Focused Abdominal Sonography for Trauma, cardiac arrest / failure, Respiratory arrest / failure, Acute abdomen and Shock) which constitutes an important tool and leads the intensivist to a more confident management and follow up of critically ill patients3. In our case report, in compresence of thoracic traumatism and possible structural heart disease, it is difficult to distinguish cardiogenic responsibility of haemodynamic alteration and pulmonary direct injury from the responsibility of pain defense in the respiratory distress. Furthermore, in case of arterial hypotension associated, a distinction between hypovolemic form ( iatrogenic or due to internal haemorrhage, especially in patient in anticoagulant therapy) and cardiogenic cause of hypotension itself became crucial. Disclosures: all authors declare no conflict of interest. References 1. American heart Association. Guidelines ACLS. AhA, Dallas, 2010. 2. Lichtenstein DA, goldstein I, Mourgeon e et al. comparative Diagnostic Performances of Auscultation, chest radiography, and lung ultrasonography in Acute Respiratory Distress Syndrome. Anesthesiology 2004; 100: 9-15. 3. Daniel A. Lichtenstein, MD Ultrasound in the management of thoracic disease. Crit Care Med 2007; 35: 250-261. 4. Tsubo T, Yatsu Y, Suzuki A et al. Daily changes of the area of density in the dependent lung region – evaluation using transesophageal echocardiography. Intensive Care Med 2001; 27:1881-1886 5. Lefcoe MS, Fox gA, Leasa DJ et al. 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MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. clinicaÊ eÊ terapia The use of the biomarker “copeptin” for the diagnosis of acute chest pain in the Emergency DepartmentÊ Elisa Conti, Marcello Guidi, Mario Cavazza Emergency Department, University Hospital of Bologna - S. Orsola-Malpighi ABSTRACT agnosis of AMI is associated more often with copeptin positive values (> 14 pmol/l) than the diagnosis of NCCP and UA. However, about a quarter of our patients in which the combination of copeptin and troponin in the first blood sample was negative, the final diagnosis was AMI. According to our results, the combination of the two negative markers does not allow a safe rule out of AMI at time zero. SINTESI L’obiettivo dello studio è di verificare se la determinazione delle copeptina, in associazione alla negatività dei valori della troponina, è in grado di accelerare la diagnosi di esclusione di infarto miocardico acuto (IMA) in pazienti con dolore toracico. Lo studio è stato condotto in modo retrospettivo su tre gruppi di pazienti selezionati in relazione alla loro diagnosi di dimissione: pazienti con infarto miocardico acuto senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI), dolore toracico non cardiaco (NCCP), angina instabile (UA). Confrontando i livelli plasmatici di copeptina, abbiamo rilevato che la diagnosi di IMA è più frequentemente associata a valori di copeptina positivi ( > 14 pmol/l) rispetto alla diagnosi di NCCP e UA. Comunque in circa un quarto dei nostri pazienti nei quali la determinazione di copeptina e della troponina nel primo campione ematico erano negativi, la diagnosi finale era di IMA. Questi dati mostrano che la combinazione negativa dei due biomarcatori non consente di escludere con sicurezza un IMA al tempo zero. Key words: copeptin, biomarkers, chest pain, emergency room. Background Copeptin, as an endogenous marker of stress and with his immediate release after the acute event, it seems to have a role in the early exclusion of acute myocardial infarction4. It is the c-terminal part of the vasopressin prohormone and is secreted from the neurohipophysis in equimolar amounts with argininevasopressin (AVP)5. Numerous studies have shown that AVP plays an important role in endogenous stress response and thromboembolism, which are the basis of the pathophysiology of acute coronary syndrome6,7. However, the measurement of plasma vasopressin is a difficult task for several reasons: first of all, more than 90% of vasopressin in the circulation is bound to platelets, leading to an underestimation of the hormone levels8; secondly, it is quickly eliminated from the blood9; finally, vasopressin is unstable in vitro, even when stored at -20°C10. To overcome these problems it was introduced a method of indirect measurement of vasopressin, which consists in measuring a much more stable peptide like copeptin. There was no decay of copeptin immunoreactivity after its storage at -20°C5. Nowadays chest pain is one of the most common causes leading to the Emergency Department (ED). It results in 5% of all visits1. The diseases that may occur with this symptom are different but, of all, cardiovascular diseases are those with the highest risk of death and, among cardiovascular diseases, acute coronary syndrome (ACS) is the most frequently involved. For this reason, among the many patients in the Emergency Department with chest pain, it is essential the early identification of those in whom the symptom is an expression of acute myocardial infarction (AMI) because these patients require timely and specific therapeutic approach. Actually the diagnosis of acute myocardial infarction uses myocardial necrosis markers, primarily troponin (Tn), which is the gold standard uniformly approved and recommended by the guide lines2. On the other hand, it is known that, as expression of cell necrosis, Tn is not released immediately at the chest pain onset, but with a progressive rise according to the evolution of AMI, so it may still be negative when the patient arrives in the Emergency Department. In fact, the diagnostic protocol of patients with suspected acute coronary syndrome (ACS) provides serial samples at 0, 6, and 12 hours from the arrival to determine the so-called “curve” of Troponin and intervene if it becomes indicative of necrosis3. In case of failure diagnosis and improper discharge the short term mortality is high but, on the other hand, the systematic hospitalization of all patients with suspected ACS causes an unnecessary increase in costs. It seems clear, therefore, the need to search for a biomarker with pathophysiological backgroundindependent cell necrosis which can be used in the ED to accelerate and improve the discrimination between chest pain due to an acute myocardial infarction from a chest pain of different origin. Objectives The aim of the study is to analyze cases of chest pain suspicious of acute coronary syndrome and whether the positivity of copeptin can support the final diagnosis of myocardial infarction, as demonstrated by the study of Reichlin4. From this study it was found that levels of copeptin < 14 pmol/l, in combination with negative troponin (≤ 0.03 ng/ml), would be able to exclude the diagnosis of myocardial infarction in the first sample with a diagnostic accuracy of 98%, more than troponin alone (86%). We propose to evaluate in the reality of an italian ED the reliability of the combination of troponin-copeptin to exclude the diagnosis of AMI with only a blood sample done at the arrival of the patient. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it The aim of the study is to assess if copeptin, in combination with negative troponin, is able to accelerate the rule-out of AMI in patients with chest pain. The study was retrospectively conducted on three groups of patients selected according to their discharge diagnoses: patients with non-ST elevation myocardial infarction (NSTEMI), non-cardiac chest pain (NCCP), unstable angina (UA). Comparing the levels of copeptin, we found that the di- 9 clinicaÊ eÊ terapia emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Table 1 Clinical characteristics of patients with NCCP and NSTEMI. 10 NCCP (53Ê patients) NSTEMI (43Ê patients) p AgeÊ (yrs)Ê 56Ê (35-83) 74Ê (46-84) <Ê 0.001 SexÊ (male/ female) 32/21 31/13 NS SystolicÊ bloodÊ pressureÊ (mmHg) 145Ê (106-210) 140Ê (110-200) NS DiastolicÊ bloodÊ pressureÊ (mmHg) 80Ê (65-110) 80Ê (60-110) NS DiabetesÊ MellitusÊ (%) 6Ê (11.3%) 8Ê (18.6%) NS HypertensionÊ (%) 18Ê (33.9%) 30Ê (69.7%) 0.01 SmokerÊ (%) 14Ê (26.4%) 6Ê (13.9) NS HyperlipidemiaÊ (%) 21Ê (39.6%) 19Ê (44.1%) NS ObesityÊ (%) 16Ê (30.1%) 7Ê (16.2%) NS FamilyÊ historyÊ of SCA (%) Missing for someÊ patients 17Ê (68%) 23Ê (65.7%) NS CopeptinÊ levelsÊ >Ê 14Ê pmol/lÊ (%) 10Ê (18.8%) 19Ê (44.1%) 0.01 StatisticalÊ testsÊ used:Ê MannÊ WhitneyÊ test:Ê valuesÊ areÊ presentedÊ asÊ medianÊ (range);Ê Chi-quadroÊ testÊ (c2). Methods Study design and population The study is conducted at the Emergency Department of Policlinico S. Orsola-Malpighi in Bologna. This is a retrospective study in which 122 patients were selected from a pool of 800 cases, collected from a previous prospective study on acute chest pain. The criteria for recruitment of this prospective study was patients over 35 years old and a chest pain onset within 24 hours, excluding traumatic cause. The 122 patients were selected based on their final diagnosis: 43 patients reported the final diagnosis of AMI NSTEMI, in order to test the sensitivity of copeptin; 53 had final diagnosis of non-cardiac chest pain (NCCP) to test the specificity of the marker. Finally, we have also selected a further group of 26 patients whose final diagnosis was found to be unstable angina (UA), in order to test whether the ischemia, when not accompanied by necrosis, is a stimulus to the release of copeptin. A written informed consent was obtained from all patients. RoutineÊ clinicalÊ assessmentÊ The patients followed a standard diagnostic and therapeutic protocol for assessing chest pain. Each patient was evaluated through an initial clinical diagnosis including history and physical examination, ECG, chest X-ray and a sample for routine blood tests, including troponin assay. The sample for the determination of copeptin was carried out in conjunction with the sample for troponin. Adjudicated final diagnosis The final diagnosis is defined as the diagnosis given at the moment of discharge from the hospital. The diagnosis of infarction NSTEMI is defined, in accordance with the criteria ESC/ACC2, as positivity of myocardial necrosis marker in association with symptoms of myocardial ischemia and/or ECG changes. The marker of necrosis of our reference is troponin T. It is indicated as positive, and therefore as an indicator of AMI, a value of troponin > 0.03 ng/ml in at least one of blood samples carried out at 0, 6, and 12 hours. Instead, patients with final diagnosis of non-cardiac chest pain have troponin levels ≤ 0.03 ng/ml and no evidence of cardiac origin of the pain according to the subsequent investigations. Finally, the term unstable angina indicates an angina that occurs at rest and has a sudden onset, sudden worsening, and stuttering recurrence over days and weeks. These patients have negative troponin values (≤ 0.03 ng/ml) because, although it is a pain of ischemic origin, this ischemia does not develop in to cardiac necrosis. BiochemicalÊ analysisÊ The values of troponin T (TnT) were obtained by the immunoassay Elecsys® Troponin T Company Cobas. The blood sample was drawn through peripheral venous access and collected in tubes containing lithium heparin. All were performed with sterile technique. Copeptin values were measured with the kit provided by the company copeptin Kryptor ® Brahms. Serum samples on which we have determined the markers were collected for the previous prospective study on acute chest pain and then cryopreserved until the time of our analysis. Results The characteristics of 96 patients diagnosed with NSTEMI and NCCP are shown in Table 1. Comparing the two groups, statistically significant variables are age and hypertension: in the group of NSTEMI, patients were older and among them hypertension was more frequent than in the group of NCCP. There were no significant differences in other cardiovascular risk factors. In the NSTEMI group the determination of troponin in the first sample was positive (> 0.03 ng/ml) in 19 out of 43 patients (with values between 0.04 and 0.69). Obviously, in the group of NCCP troponin was negative. Regarding copeptin levels, we considered as cut-off of positivity 14 pmol/l, as shown in Table 2 Frequency of cardiovascular risk factors in the NSTEMI group in relation to copeptin. Hypertension DiabetesÊ mellitus Smoker Hyperlipidemia Obesity Family history of SCA Missing for some patients CopeptinÊ >Ê 14Ê pmol/l (nÊ =Ê 19) 14 6 7 7 3 CopeptinÊ ≤ 14 pmol/l (nÊ =Ê 24) p 16 2 16 12 4 NS NS NS NS NS 6/13 17/22 NS MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. clinicaÊ eÊ terapia clinicaÊ eÊ terapia NSTEMI DTAÊ (controlÊ group) TestÊ positive 10Ê (a) 10Ê (b) TestÊ negative 14Ê (c) 43Ê (d) Specificity: d/(b+d)= 81.1% VP+: a/(a+b)= 50.0% Sensitivity: a/(a+c)= 41.6% VP-: d/(d+c)= 75.4% the work of Reichlin4. In the group of the NCCP, 10 out of 53 patients (18.8%) were positive, with values between 16.77 and 330, while among NSTEMI there were 19 positive cases out of 43 (44.1%), with values between 17.27 and 170.4. This difference in percentage was found to be statistically significant (p = 0.001). In the NSTEMI group, copeptin expressed as median was 10.88 (range 4-170.4), while in the group of NCCP was 5.91 (range 4-330). We further divided the two groups by sex, but there were no significant differences regarding the prevalence of positive copeptin. We also assessed the frequency of cardiovascular risk factors in the NSTEMI group by dividing it into two subgroups with copeptin positive and negative, but no statistically significant differences were obtained (Table 2). Table 4 Copeptin-troponin association in the NSTEMI group. Troponin + Troponin - CopeptinÊ + 10 (23%) 9 (21%) CopeptinÊ 14 (33%) 10 (23%) Comparing the NSTEMI group with the group of NCCP as a control group we were able to obtain the data of sensitivity, specificity, positive predictive value and negative predictive value of copeptin when associated with negative troponin values (Table 3). Crossing the data of troponin and copeptin in NSTEMI group, they resulted both positive in 21% of cases and both negative in 33%. In 21% copeptin was positive while troponin was negative and in the remaining percentage (23%) copeptin was negative while troponin was positive (Table 4). Figure 1 shows the relationship between values of troponin and those of copeptin in the 96 patients with NSTEMI and NCCP. In the group of patients with NSTEMI and negative troponin determination of copeptin does not add significant information to the diagnosis because it is positive in only 10 out of 24 patients (41,6%). Finally, we divided the group of NSTEMI into two subgroups according to the time between chest pain onset and arrival of the patient in the Emergency Department (Table 5). Contrary to what expected by an early marker, patients who presented emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Table 3 Specificity, sensitivity, positive predictive value and negative predictive value of copeptin, when associated with negative troponin values. 11 Fig. 1 - Copeptin levels according to discharge diagnosis and troponin T values. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. clinicaÊ eÊ terapia Table 5 Copeptin levels in relation to time elapsed between chest pain onset and arrival in the ED. Time 0-4 hours CopeptinÊ medianÊ (range) 9.445Ê (4-170.40) Time > 4 hours 13.57Ê (4-87.13) p 0.206 emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it within 4 hours of symptom onset had copeptin values lower than those that occurred later. In the end, we compared the group of patients with unstable angina (UA) with NSTEMI group. In the UA only 3 out of 26 cases (11.5%) had positive copeptin levels, with values between 16.36 and 25.06, compared with 19 out of 43 cases (44.1%) in the NSTEMI group. Similarly to the comparison of DTA and NSTEMI, also in this case the difference in percentage was a statistically significant. Discussion The purpose of this study was to verify if the values of copeptin may be useful for rapid rule out of acute myocardial infarction. This retrospective study involved cases of acute myocardial infarction NSTEMI with a non-pathological ECG, since these are the cases in which serological markers of myocardial damage are of great importance in the decision making. As a control group the study involved consecutive cases in which it was excluded the diagnosis of SCA, cases of non-cardiac chest pain (NCCP). According with expectations, we found that the diagnosis of NSTEMI was associated more often with positive values of copeptin than the diagnosis of NCCP. In the NSTEMI group, we also assessed the time between the chest pain onset and presentation of the patient in the Emergency Department. Our data showed that patients that arrived within the first 4 hours of symptom onset and with a negative troponin had copeptin values not higher than patients that arrived later, as we would have expected from a marker of early diagnosis. In more than a quarter of the cases (33%) in which the combination of copeptin and troponin was negative, the final diagnosis was NSTEMI. This percentage is too large to say that the combination of the two negative markers allows a safe ruleout of acute myocardial infarction. The negative predictive value of copeptin in association with negative troponin was 75.4%. It differs from the negative predictive value of 99.7% found by Reichlin, which guaranteed a rapid and reliable rule out of AMI, extremely useful in terms of clinical management. Finally, comparing the group with NSTEMI and the UA group, the difference in the percentage of positive copeptin cases puts the group of UA at the same level of the NCCP. This could mean that the ischemia, in absence of cardiac necrosis, is not a sufficient stimulus to the release of the marker. In summary, although copeptin is more frequently positive (> 14 pmol/l) in the NSTEMI group with a statistically significant difference compared with the control group (NCCP) and compared to the UA, this information can not be useful in terms of clinical management. Study limitations The main limitation of our study is the small number of patients: only 43 patients with diagnosis of AMI and only 53 cases of noncardiac chest pain for comparison. Secondly, what might explain the discrepancy of our data with those of Reichlin could be the patient selection. Reichlin included in his study patients with symptoms suggestive of ACS which means by definition patients with Chest Pain Score > 4. In our study we included cases of chest pain less selected from the clinical point of view in order to test the usefulness of the marker in a larger variability of patients with this symptom, characteristic of the Italian Emergency Department. This might explain the high copeptin values found in the group of NCCP. In fact, they might be due to diseases different from myocardial infarction, but presented with acute chest pain and caused the rise in endogenous marker of stress (for example: bronchopneumonia). However, it remains to explore the low negative predictive value found with our cases (75.4%). With further study we could analyze the proportion of patients with negative troponin and copeptin who received a final diagnosis of NSTEMI to understand what factors have affected the thesis on the rapid and safe rule out of AMI. Conclusions In conclusion, we can say, according to our results, that copeptin is involved in the endogenous stress response triggered by an acute myocardial infarction, but has no distinctive features wich make it useful in the clinical management of chest pain. References 1. Lee TH, Goldman J. Evaluation of the patient with acute chest pain. N Engl J Med 2000; 342: 1187-1195. 2. The Joint European Society of Cardiology/American College of Cardiology Committee. Myocardial infarction redefined. A consensus document of the Joint European Society of Cardiology/ American College of Cardiology Committee for redefinition of myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2000; 36: 959-969. 3. Ohman EM, Armstrong PW, Christenson RH, et al. 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Viene presentato, di seguito, il caso di una donna con cirrosi epatica scompensata, voluminosa ascite e sanguinamento da rottura di varici a livello dell’asse splenico che ha posto, sin dall’inizio, per come si è presentato, il problema di diagnosi differenziale con altre cause di shock ipovolemico. Tale caso si è concluso con l’exitus della paziente. CasoÊ clinico nerali. Si ha obnubilamento di sensorio e gasping; il GCS ha uno score di 7 per cui si procede all’intubazione. Si somministrano due fiale di dopamina in 250 cc di fisiologica e una sacca di sangue gruppo 0 (GRC). Si rileva un primo episodio di asistolia, quindi si procede con un ciclo di MCE, alla somministrazione di una fiala di adrenalina ed una di atropina ev, con la ricomparsa di un ritmo organizzato caratterizzato da complessi stretti e regolari. A questo punto una puntura esplorativa dell’addome mette in evidenza sangue libero in addome con liquido ascitico. Si invia in radiologia la paziente per TC toraco-addominale con mdc il cui esito rileva lo spandimento libero addominale da rottura delle vene ectasiche a livello dell’ilo splenico e diffuso versamento ascitico-ematico (Figura 1). Date le precarie condizioni emodinamiche della paziente e il rifiuto dei parenti a sottoporla ad intervento chirurgico di shunts, ella viene ricoverata nel reparto di rianimazione dove, in seguito ad altro episodio di asistolia, si constata l’exitus. Una donna di 66 anni viene trasportata dal 118 al nostro DEA in stato di shock e con un violento dolore in regione dorso-lombare sinistra insorto improvvisamente al proprio domicilio. La paziente, sofferente di cirrosi epatica con voluminosa ascite e trombosi della vena porta, era stata sottoposta in passato a legatura di varici esofagee sanguinanti. Al domicilio della signora, l’equipe del 118 rileva un GCS di 15 ed un grave stato ipotensivo con pressione arteriosa non rilevabile. Al suo arrivo al DEA, la paziente è pallida, agitata, lamenta un forte dolore in sede dorsolombare di sinistra. Non si individua la pressione arteriosa ed il polso carotideo è flebile. I parametri laboratoristici sono: • GB 7,7 x 103 • GR 3,58 x 106 • HB 10,2 g/dl • HCT 30,4% • PLT 71 x 103 • INR 1,05 • PT 11 sec • PTT 30 sec • Glicemia 65 mg/dl • Creatinina 1,04 mg/dl • K 4.00 mmol/l • NA 142 mmol/l L’ECG evidenzia un ritmo sinusale di 125 b/m, BBDX-incompleto, EAS. Il GCS è di 12 con peggioramento delle condizioni ge- Discussione La vena porta, che drena nel fegato il sangue del tratto addominale del sistema gastro-intestinale, della milza e del pancreas, è formata dall’unione della vena mesenterica superiore con la vena splenica (Figura 2). A livello dell’ilo epatico si divide nei rami segmentali, a livello dei sinusoidi il sangue proveniente dalle venule portali terminali confluisce con il sangue dell’arteria epatica, per passare emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it SINTESI 13 Fig. 1 - TC con mdc in sezioni assiali che evidenzia spandimento libero addominale da rottura varici ilo splenico, versamento ascitico. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it clinicaÊ eÊ terapia Fig. 2 – Sistema venoso portale. poi nelle vene sovra epatiche, le quali drenano a loro volta nella vena cava inferiore. La vena porta fornisce circa il 70% del flusso ematico del fegato e circa il 60% del suo fabbisogno di O2. La normale pressione portale è pari a 5-10 mmHg, quindi superiore alla pressione della vena cava inferiore di 4-5 mmHg (gradiente venoso portale). Valori superiori a 12 mmHg sono definiti come ipertensione portale2. Un aumento della stessa comporta la dilatazione dei circoli collaterali formatisi, la riduzione dello spessore della parete vascolare, l’aumento della tensione sulle pareti e infine la rottura del vaso. Le cause di ipertensione portale più frequenti sono: • Pre-epatiche: trombosi vena porta e splenica, sindrome di Banti. • Epatiche: tutte le cirrosi, schistosomiasi, fibrosi congenita. • Post-epatiche: sindrome di Budd-Chiari, cardiomiopatia, pericardite, ostruzione vena cava inferiore, scompenso cardiaco severo. L’ipertensione portale è asintomatica e i quadri clinici sono causati dalle sue complicanze, di cui le più importanti per drammaticità sono il sanguinamento acuto dalle varici esofagee e il sanguinamento dal fondo gastrico, quest’ultimo con un quadro meno drammatico, solo raramente il sanguinamento avviene da altre sedi. L’ematemesi di solito è massiva e senza dolore. La presenza di varici in un cirrotico è correlata strettamente con la severità della malattia epatica, espressa dallo score di Child-PughTurcotte3 (il 10-20% di pazienti Child A e il 70-80% di pazienti Child C sviluppa varici)4. La paziente rientrava in Child C. La mortalità in rapporto a ogni episodio emorragico è inferiore al 10% nelle cirrosi compensate in classe Child A, mentre sale a più del 70% in quelle in classe C. Il rischio di risanguinamento è elevato entro un anno dal primo episodio5. Il quadro clinico d’esordio del caso in esame ha posto il problema dell’inquadramento dello shock ipovolemico-emorragico complicato da asistolia. Secondo la classificazione dello shock ipovolemico da perdite ematiche nell’adulto6, la paziente, non presentando pressione sistolica né diastolica, frequenza cardiaca > 120, frequenza respiratoria > 20/m, stato mentale non cosciente, rientrava in classe IV. Dinanzi a questo quadro clinico e tenendo conto della patologia di base, era d’obbligo una diagnosi differenziale tra tutte le cause di shock. Si è supposta la diagnosi di un addome acuto causato da un plausibile problema vascolare: la rottura di varice da un sito raro, come confermato dalla TC addome; la rottura di aneurisma dell’aorta addominale (AAA) o la dissecazione aortica addominale; l’infarto della mesenterica7. Si è supposta la diagnosi di una pancreatite necrotico-emorragica, di una perforazione di organo cavo, di una peritonite. Tutti quadri drammatici con gravi compromissioni emodinamiche che necessitavano di riscontro diagnostico. In conclusione, il caso presentato porta ad una evidente considerazione: più è severa la malattia di base, più aumenta il rischio di complicanze e il grado di mortalità5,8. Inoltre, nonostante l’ematemesi sia l’evento più frequente in corso di cirrosi epatica scompensata, in caso di shock ipovolemico da perdite ematiche sono da valutare anche altre possibili cause. Bibliografia 1. Garsia Tsao G et al. Portal pressure, pressure of gastroesophageal varices and variceal bleeding. Hepatology 1985; 5: 419-424. 2. Lebrec D. Portal hypertension: size of esophageal varices and risk of gastrointestinal bleeding in alcoholic cirrhosis. Gastroenterology 1980; 79: 1139-44. 3. Management of acute upper and lower gastrointestinal bleeding. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) clinical guideline, September 2008. 4. Pagliaro L et al. 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Hepatology 1992; 16: 1343-49. 14 MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal organizzazioneÊ eÊ formazione LaÊ centralizzazioneÊ delÊ politrauma Studio della realtà ferrarese e simulazione della presenza di unÊ protocolloÊ concordatoÊ Luigi Melcarne, Adelina Ricciardelli#, Roberto Melandri**, Marco Farinatti°, Alessandro Gatti°, Savino Occhionorelli* Responsabile medico CO 118 Fe – Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara Direttore UO Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara °Medicina d’Urgenza – 118, Azienda USL Ferrara * Dipartimento Scienze Chirurgiche, Anestesiologiche e Radiologiche, Sezione Clinica Chirurgica – modulo operativo Chirurgia d’urgenza, Azienda Osp. Universitaria Sant’Anna, Ferrara # ** In un periodo in cui si chiede a tutti uno sforzo complessivo a un utilizzo più razionale degli ospedali, delle risorse e dei dipartimenti di emergenza, la centralizzazione – invio diretto del giusto paziente al giusto ospedale nel giusto tempo – permette una ottimizzazione delle risorse e una migliore gestione dei pazienti. In questa trattazione abbiamo studiato lo stato della centralizzazione nella realtà ferrarese in cui un protocollo di centralizzazione è oggi in fase di introduzione. Lo studio ha mirato a simulare la realtà qualora il protocollo fosse stato già attivo negli anni 2008 e 2009. I risultati hanno confermato non solo che un numero importante di pazienti con caratteristiche tali da richiedere un trattamento presso CTZ di Ferrara fossero invece stati indirizzati primariamente verso PST, ma anche come, viceversa, all’Arcispedale Sant’Anna siano giunti dalla periferia alcuni pazienti che non necessitavano di trattamenti avanzati. La letteratura evidenzia i vantaggi di una corretta centralizzazione per i pazienti politraumatizzati; lo studio, incentrato sulla realtà estense, dimostra altresì che la redazione di protocolli concordati che guidino gli operatori sanitari nella scelta della corretta destinazione del paziente politraumatizzato non comporterebbe un iperafflusso al centro hub di riferimento, ma piuttosto una migliore organizzazione complessiva dei servizi, con equa ripartizione tra hub e spoke. Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è sinonimo di garanzia di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso del politrauma in cui, ancor più del tempo, assume importanza la qualità delle cure. ABSTRACT In a time in which everybody’s asked a big effort to use hospitals, resources and emergency departments in a rational way, the Centralization – that is sending the right patient to the right hospital at the right time – allows an optimization of the resources and a better management of medical patients. In this study we examined the actual state of Centralization in the city of Ferrara where an experimental protocol of “centralization” has been introduced. This study has the purpose of simulating reality if the protocol had been introduced in the years 2008/2009. The results confirm not only that an important number of patients that were meant to be sent to the CTZ of Ferrara where instead sent to the PST but also that, on the contrary, patients from the suburbs that didn’t require advanced treatments were sent to the Sant’Anna hospital of Ferrara. So if medical literature already points out the advantages of a correct Centralization for patients with polytraumas; the study, based on the reality in Ferrara , shows how the creation of an agreed protocol with the goal to guide health workers at sending polytrauma patients to the right destination , instead of creating an excessive flow th the main hub, can improve the overall organization of health services, with an equal distribution between hub and spoke. When considering First Aid not always speed and rapidity guarantee survival; this is so much more real in the case of patients with polytrauma, where quality of cures assumes more importance than time. Introduzione morte3 nel mondo occidentale, la prima se si considera la fascia attiva della popolazione, ovvero compresa tra i 18 e i 40 anni4. In Italia i decessi annui per trauma sono circa 24.5005, dovuti innanzitutto a incidenti automobilistici, quindi domestici e sul lavoro6-8. La letteratura descrive l’evoluzione temporale della mortalità per trauma, tipicamente rappresentata da una curva trimodale caratterizzata da tre picchi: a pochi minuti dall’evento, morti immediate; a poche ore, morti precoci; e a distanza di giorni o settimane dal trauma, morti tardive9,10. La complessità della mortalità per trauma ha portato alla creazione di indici come il Preventable Death Rate (PDR), il quale cerca di stabilire la quota di morti evitabili qualora l’assistenza al paziente politraumatizzato fosse ottimale11,12. Gli “errori” nell’approccio all’assistito politraumatizzato possono essere suddivisi in tre macrogruppi: difetti nella gestione dei tempi, nel management del paziente e infine nelle lesioni non diagnosticate13. A tutt’oggi manca nella comunità scientifica internazionale un accordo sulla definizione di “politrauma”1. In questa trattazione ci si atterrà alla determinazione presente nella procedura aziendale “la golden hour del politrauma”, ovvero: "paziente con una o più lesioni d'organo o apparato che, singolarmente o per effetto cumulativo, sono tali da determinare una possibile compromissione di almeno una funzione vitale", preferendola alla più classica definizione di Trentz: “sindrome da traumatismo multiplo caratterizzato da un ISS > 17, con successiva reazione sistemica che può sfociare in disfunzione di organi e sistemi vitali non direttamente interessati dall’evento traumatico”2, mal applicabile all’ambiente extraospedaliero sul quale ci soffermeremo. Con più di cinque milioni di morti l’anno nel mondo e un livello di invalidità secondaria pari al doppio della mortalità, la patologia traumatica rappresenta la terza causa di MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it SINTESI 15 emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it organizzazioneÊ eÊ formazione 16 Volendo ridurre al minimo la quota di morti evitabili dovute a dismanagement dei tempi di gestione (24% del PDR) pre- e intraospedalieri (rispettivamente 9% e 15% del totale dei decessi evitabili), per anni si è affermato tra gli operatori del soccorso al politrauma il concetto di golden hour16-17: “vi è un’ora d’oro tra la vita e la morte. Se sei un paziente politraumatizzato in stato critico ti restano circa 60 minuti per sopravvivere. Potresti anche non morire durante questo tempo, ma dopo tre giorni o due settimane, ma qualcosa di irreparabile è accaduto al tuo corpo” (Cowley, 1976)18. Sebbene diffusamente accettata, questa teoria non è mai stata scientificamente dimostrata dalla letteratura19. Oggigiorno è più corretto intendere la golden hour non come un limite temporale categorico di 60 minuti entro il quale sottoporre il paziente alle cure del caso, ma come filosofia di lavoro che spinga l’operatore sanitario ad attivare tutte quelle procedure e quei protocolli che permettano un più rapido accesso alle cure definitive per il paziente20. Ovvero, come sintetizzava nelle sue “tre R” Trunkey: “get the Right patient to the Right hospital in the Right time”21, portare il giusto paziente, nel giusto ospedale, nel giusto tempo. Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è garanzia di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso di politrauma in cui, ancor più del tempo, assume importanza la qualità dell’assistenza sanitaria22-24. Organizzazione dei SIAT (sistema integrato assistenzaÊ alÊ trauma)Ê L’assistenza al paziente politraumatizzato è garantita in Emilia Romagna da un sistema dell’emergenza-urgenza costituito da25: • sistema di allarme sanitario dotato di un numero telefonico di accesso breve e universale (CO 118) • sistema territoriale di soccorso; • servizi e presidi ospedalieri collegati in rete secondo un modello hub & spoke26. Le risorse umane, i mezzi e le strutture che compongono il sistema vengono connesse in rete per assicurare un’assistenza tempestiva ed efficace delle emergenze-urgenze dal territorio alla definitiva collocazione del paziente. Questo modello organizzativo richiede l’integrazione dei diversi servizi e strutture e una formazione specifica e interdisciplinare del personale sanitario27. La rete, attorno alla quale si sviluppa il servizio di assistenza all’emergenza-urgenza, si realizza secondo un modello hub & spoke28 nel quale l’ospedale hub (solitamente un CTS) farà da centro di riferimento per gli spokes periferici con i quali resterà strettamente interconnesso. Tra gli spokes vi potranno essere alcuni che per le loro peculiarità e per la presenza di alcune specializzazioni assumono la duplice veste di spoke per l’hub principale e di hub rispetto agli ospedali periferici di zona29,30. In un sistema siffatto, le più alte specialità e professionalità vengono concentrate all’interno dell’hub di riferimento con ottimizzazione dell’offerta sanitaria e una migliore gestione delle criticità31-33. Una simile organizzazione richiede l’attivazione di protocolli di centralizzazione che guidino l’operatore sanitario nella scelta dell’ospedale di destinazione più appropriato al trattamento del paziente. La regione Emilia-Romagna è divisa in tre SIAT indipendenti: Emilia Orientale, Emilia Occidentale e Romagna). All’interno di ciascuno è possibile individuare tre diverse tipologie di ospedale: 1. CTS (Bologna Osp. Maggiore per il SIAT Emilia Orientale) che funge da hub per tutti gli ospedali di zona e nel quale sono concentrate le più alte specializzazione per il trattamento dei pazienti politraumatizzati – hub di riferimento. 2. CTZ (due per il SIAT Emilia Orientale, Ferrara e Modena) ovvero centri in grado, grazie alla presenza di alcune alte specializzazioni, di trattare alcuni casi di traumi maggiori – con veste di spoke rispetto a Bologna ma di hub per i PST delle rispettive province. 3. PST ovvero tutti gli ospedali maggiori in cui non dovrebbero essere inviati i pazienti politraumatizzati se non in particolari casi di necessità. Fig. 1 - Flow-chart centralizzazione per territorio, dipendenza Osp. del Delta – Lagosanto (FE). MaterialiÊ eÊ metodi L’importanza della centralizzazione già evidenziata dalla letteratura e la prossima attivazione di un protocollo di centralizzazione per la provincia di Ferrara, redatto tenendo conto delle linee guida più recenti, ci ha spinto ad analizzare la realtà ferrarese, ricercando i dati sui pazienti politraumatizzati nei territori che fanno capo ai PST periferici, escludendo quindi quanti fossero stati vittime di gravi traumatismi in territorio di pertinenza dell’Ospedale Sant’Anna (CTZ di riferimento) e quanti fossero giunti in ospedale con mezzi propri con riferimento agli anni 2008 e 2009. I documenti utilizzati per la raccolta dati sono stati le schede paziente 118 e i referti di Pronto Soccorso degli ospedali periferici, integrati, qualora deficitari, con le informazioni presenti nel sistema 118 N@t. Sulla base delle informazioni provenienti da questi documenti si è realizzata una simulazione dell’applicazione del protocollo, in maniera identica sia per i dati pre-hospital (ovvero ricavati dalle schede 118) sia per quelli in-hospital (dai referti PS). Per ogni paziente si è compilata una scheda di centralizzazione evidenziando dapprima i parametri fisiologici (quindi FR, GCS, Pa, RTS, PTS), poi i parametri anatomici, e infine i criteri anamnestici e di rischio, seguendo il percorso definito dalla flow-chart del “protocollo centralizzazione” e definendo quale MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. organizzazioneÊ eÊ formazione Pazienti provenienti da aree delle provincia di Ferrara di non diretta pertinenza del CTZ Sant’Anna che negli anni 2008 e 2009 fossero giunti in ospedale con codice “2 con avviso” o “tre”. Per un totale di 187 pazienti (104 nel 2008 e 83 nel 2009). 2. In-hospital – per il quale si è tenuto conto dei referti di Pronto Soccorso dei pazienti prima trasportati in un distretto periferico e solo successivamente centralizzati presso il nosocomio ferrarese con diagnosi di politrauma e codice di triage giallo o rosso. Il totale dei pazienti appartenente a questo gruppo è 75 (39 nel 2008 e 36 nel 2009). Nel complesso il numero dei pazienti presi in esame è stato di 262 (Tabella 1). Dallo studio della popolazione pre-hospital è emerso come nel 2008 il 51% dei pazienti sia stato indirizzato direttamente al PS di Ferrara contro un 47% destinato ai diversi spokes periferici; nel 2009, invece, il 57% è giunto al nosocomio ferrarese contro il 39% destinato ai PS periferici. Una variazione quindi non statisticamente significativa ma che assume importanza se si osservano i dati dei pazienti con codice 3, quindi quelli sicuramente più gravi. Per questi pazienti la quota di invii primari al PS di Ferrara è passata dal 68% del 2008 all’86% del 2009, un incremento significativo che sottolinea la sensibilizzazione del personale impegnato sulla strada al tema della centralizzazione. Interessanti sono anche le informazioni che risultano dai referti di Pronto Soccorso dei pazienti trasferiti prima in uno spoke periferico e solo secondariamente trasferiti a Ferrara; i tempi di permanenza negli anni 2008 e 2009 sono sovrapponibili, ovvero: • più di 2 ore 61-63%; • tra 1 e 2 ore 31-33%; • meno di 1 ora 4-8%. Quindi un importante ritardo nell’accesso alle cure definitive. Fig. 2 - Flow-chart centralizzazione per territorio, dipendenza Osp. di Argenta e Cento (FE) Tabella 1 Popolazione in esame. 2008 2009 2008Ê +Ê 2009 Prehospital 104 83 187 In-hospital Totale 39 36 75 143 119 262 sarebbe stata la destinazione dei pazienti secondo il protocollo confrontandola poi con quella reale (Figure 1 e 2). Sulla base dei documenti utilizzati, scheda 118 o referti PS, la popolazione è stata divisa in due gruppi: 1. Pre-hospital – per il quale si è tenuto conto della scheda 118. Simulazione Per quanto concerne il gruppo pre-hospital, realizzata la simulazione, è emerso come (Tabella 2): • dei pazienti inviati direttamente a Ferrara (103): – 80 sarebbero stati ugualmente inviati direttamente a Ferrara; – 21 sarebbero stati destinati a spokes periferici; – per 2 pazienti l’insufficienza di dati non ha permesso una ricostruzione verosimile; • dei pazienti inviati in spokes periferici (83): – 50 sarebbero ugualmente stati inviati in periferia; – 31 sarebbero stati direttamente centralizzati a Ferrara; – per 2 pazienti i dati sono risultati insufficienti. Riscrivendo i dati (Figura 3, Tabella 3): • Situazione reale senza protocollo: – 101 pazienti sono giunti a Ferrara; – 81 pazienti sono stati inviati in periferia. • Qualora fosse stato attivo il protocollo: – 111 pazienti sarebbero giunti a Ferrara, – 71 pazienti sarebbero giunti in periferia. Una differenza quindi non statisticamente significativa che sottolinea come l’introduzione del protocollo non comporterà un Tabella 2 Gruppo Pre-hospital - Numero di accessi al centro hub o allo spokes concordante o non concordante con il protocollo. InvioÊ concorde InvioÊ nonÊ concorde Dati insufficienti 2008 Ferrara 42 11 1 78% 20% 2% Spoke 29 19 1 59% 39% 2% 2009 Ferrara 38 10 1 74% 16% 10% Spoke 21 12 1 62% 35% 3% MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Risultati 17 organizzazioneÊ eÊ formazione emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Fig. 3 - Confronto tra il destino dei pazienti politraumatizzati riscontrato nello studio e quello atteso nel caso di applicazione del protocollo. 18 portunità di garantire una migliore riqualificazione professionale degli operatori del soccorso e una razionalizzazione delle risorse per l’azienda sanitaria. Coscienti dei limiti di una simulazione, abbiamo riconsiderato i singoli casi di traumatismo della provincia di Ferrara degli anni 2008 e 2009, escludendo quelli avvenuti nel territorio di pertinenza dell’Arcispedale Sant’Anna; per ognuno abbiamo definito, seguendo i criteri della “flow chat centralizzazione” (Figura 1 e Figura 2), quella che sarebbe stata la sua destinazione qualora il protocollo fosse già stato a regime, quindi abbiamo confrontato i risultati con la destinazione reale del paziente. Preme sottolineare come l’obiettivo non fosse quello di entrare nel merito della qualità dei trattamenti; seppur sia verosimile che, essendo l’Arcispedale Sant’Anna ospedale di II livello e quindi dotato di servizi e tecnologie più avanzate, i pazienti avrebbero avuto accesso a un trattamento più specialistico, l’indagine non vuole verificare un differente outcome dell’assistito (sarebbe impossibile), ma solo descriverne la differente destinazione. • Dai dati emerge come una percentuale cospicua dei pazienti inviati in periferia (37,5%), secondo il protocollo, sarebbe potuta essere inviata direttamente a Ferrara. • Importante è anche il dato dei pazienti inviati in prima battuta Tabella 3 Confronto tra il destino dei pazienti politraumatizzati riscontrato nello studio e quello atteso nel caso di applicazione del protocollo. Destinazione Situazione reale senzaÊ protocollo Situazione attesa conÊ protocollo Ferrara 101Ê pazientiÊ (80Ê +Ê 21) 111Ê pazientiÊ (80Ê +Ê 31) Spoke 81Ê pazientiÊ (50Ê +Ê 31) 71Ê pazientiÊ (50Ê +Ê 21) c2= 1,13 p = 0,2879 sovraccarico di arrivi al PS del nosocomio ferrarese, ma solo un’ottimale destinazione dei diversi pazienti alle cure più adatte. Infine, dai dati del gruppo in-hospital, si è cercato di dare una valutazione qualitativa del protocollo di prossima introduzione. Presupponendo che un buon protocollo sarebbe stato in grado di riconoscere la maggior parte delle criticità che avrebbero richiesto un diretto trasferimento al centro hub di riferimento, si è cercato di capire se i criteri fisiologici, anatomici e anamnestici presenti nel protocollo fossero sufficienti a identificare tutti i pazienti che avessero poi necessitato di cure presso il nosocomio ferrarese. Nel 66% dei casi (49 pazienti) il protocollo si è dimostrato in grado di riconoscere questi assistiti mentre nel 30% dei casi (22 soggetti) il protocollo non ha individuato questi pazienti come politraumatizzati. Per 3 pazienti la simulazione non appare verosimile (Figura 4, Tabella 4). Conclusioni Il 30% delle morti per trauma avviene nelle prime ore dopo l’evento (morti precoci). Per limitare il numero di questi decessi si aprono due strade principali: • implementazione dei livelli professionali, tecnologici, diagnostici e terapeutici offerti dalla struttura sanitaria (nascita dei trauma center); • attivazione di modelli organizzativi che permettano di ridurre il terapy-free-intervall sfruttando al meglio la golden hour del politrauma. Proprio tra queste seconde possibilità un elemento fondamentale è costituito dalla “centralizzazione” delle vittime di politrauma. La procedura, oltre a favorire una riduzione della mortalità e morbilità del paziente politraumatizzato, offre al sistema l’op- Fig. 4 - Analisi gruppo In-hospital - Capacità del protocollo di identificare i pazienti politraumatizzati necessitanti di primario accesso al centro hub con riferimento al totale dei pazienti negli anni 2008 e 2009. Tabella 4 Analisi gruppo In-hospital - Capacità del protocollo di identificare i pazienti politraumatizzati necessitanti di primario accesso al centro hub. ÊÊÊ 2008 2009 Totale Pazienti identificati daÊ criteriÊ protocollo 24 25 49 Pazienti non identificati daÊ criteriÊ protocollo 14 8 22 MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. DatiÊ nonÊ sufficienti 1 2 3 a Ferrara ma che, secondo il protocollo, avrebbero potuto avere come destinazione uno spoke periferico. La percentuale di questi pazienti è del 20%. Di fatto, questo ci permette di sostenere che l’introduzione del protocollo non dovrebbe comportare un aumento eccessivo di accessi al PS del Sant’Anna, ma piuttosto una migliore organizzazione complessiva dei servizi, con una equa ripartizione tra hub e spoke. Per 31 pazienti che nell’arco dei due anni sarebbero arrivati in più al PS ferrarese ce ne sarebbero stati 21 in meno, quindi con un aumento netto di sole 10 unità si scongiura il temuto sovraffollamento dei servizi di emergenza ferrarese. Il giusto paziente sarebbe trasportato al giusto ospedale senza variazione significativa nel numero complessivo degli accessi per i singoli PS. Nonostante il protocollo sia stato stilato sulla base di parametri ormai internazionalmente acquisiti, nel momento in cui entrerà a regime dovrà essere sottoposto ad audit semestrali e poi annuali al fine di verificare il livello di applicazione del documento, della sua capacità di identificare i casi di politrauma, del livello di over- e under-triage associato e delle eventuali migliorie da apportarvi. Sulla base dei dati del gruppo in-hospital, si è cercato di valutare l’efficacia del protocollo: si è partiti dall’assunto che un buon protocollo debba individuare la maggior parte dei casi che non possono essere trattati negli spokes periferici e che quindi richiedono un trasferimento diretto all’hub Sant’Anna. Sono stati quindi presi in esame tutti i casi di traumatismo giunti al PS ferrarese con codice giallo o rosso dopo un primario accesso a PS periferici; anche per questi pazienti, basandoci sui dati dei referti PS della periferia e del Sant’Anna, è stata compilata una possibile scheda di centralizzazione. Dal confronto dei risultati con la destinazione reale è emerso che la maggioranza dei pazienti rientrava nei parametri del documento, con percentuali, nei due anni in esame, del 61% e del 58%. I casi invece non riconosciuti dai parametri del protocollo come politraumatismi, ma che hanno richiesto ugualmente un trasferimento, sono correlati per lo più a lesioni maxillo-facciali, ovvero con necessità di un consulto specialistico, e a ESA senza segni di ipertensione endocranica diagnosticata dopo indagini di imaging. Quindi si conferma una buona efficacia del protocollo nell’individuare le criticità che necessitano di trattamento presso centro hub. In conclusione possiamo affermare che l’introduzione anche nella realtà ferrarese di un protocollo di centralizzazione comporterebbe una ottimizzazione delle risorse e una migliore gestione dei pazienti. Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è sinonimo di garanzia di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso del politrauma in cui, ancor più del tempo, assume importanza la qualità delle cure offerte. La creazione attorno all’assistito di un’isola di assistenza idonea e qualificata (come se fosse sempre in ospedale), l’ottimizzazione del servizio che garantisca un continuum operativo tra le fasi intra- ed extraospedaliere, le interconnessioni tra ospedali periferici e nosocomi ad alta specializzazione che accolgano i pazienti più critici sono la risposta migliore alla necessità di implementazione di tutti i servizi di emergenza-urgenza. Bibliografia 1. 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Trunkey – Trauma Center and trauma systems –JAMA 2003, vol 289, No 12:1566-7 Atto di intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle Linee Guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del PR 27 marzo 1992, G.U. n. 114 del 17 maggio 1996, Serie Generale Repubblica Italiana. Ministero Sanità Chiara, Cimbanassi, Fava – La rete organizzativa per la gestione del trauma in Italia –Emergency Care Journal, 2005, 1:36-42. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it organizzazioneÊ eÊ formazione 19 organizzazioneÊ eÊ formazione “Gestione interattiva di eventi critici”: ipotesi di una nuovaÊ tecnicaÊ formativa Cinzia Orsini, Elisabetta Cricca, Sandro Galavotti, Marina Mazzotti, Brunella Parma, Amedeo Corsi* UO 118 Dipartimento di Emergenza-Urgenza AUSL Rimini (RN) *UO Anestesia Rianimazione, Dipartimento Emergenza Urgenza, Ospedale Infermi Rimini (RN) SINTESI emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Nei piani di formazione sanitari, l’inserimento di tecniche che prevedono la partecipazione attiva dei discenti è una necessità stabilita dall’importanza di mantenere una professionalità elevata. Tale esigenza ha stimolato gli Autori alla creazione di un corso formativo che, privo di lezioni frontali, propone la 20 messa in gioco in primis dei vari operatori, con il duplice scopo di uniformare le modalità d’intervento e ridurre il margine d’errore. I risultati di tale esperienza, confermano la validità di questa metodica permettendo l’analisi e lo sviluppo di didattiche formative alternative. ABSTRACT The inclusion of techniques that schedule the operative participation of the learnes within the sanitary training plans, is a necessity due to the importance of keeping a high level of professionalism. The Authors have therefore been urged to establish a training course that, despite the lack of frontal lectures, proposes above all the per- sonal involvement of the various operators, for the double purpose of standardizing the intervention procedures as well as reducing the margin of error. The results of such an experience confirm the validity of this method, thus allowing the testing and development of alternative educational trainings. Introduzione ognuna delle quattro edizioni previste, è stata incoraggiata creando la “barra vitale”, una semplice banda colorata posta nell’angolo superiore dello schermo che aumentava o diminuiva in tempo reale, in base alla correttezza o meno delle manovre degli operatori sulla scena e che indirettamente corrispondeva all’evoluzione verso la guarigione o l’exitus del paziente; la presenza della barra e la sua talvolta inesorabile caduta hanno proposto, seppur in maniera virtuale, la tensione affrontata nella gestione di un evento avverso. Con il materiale a nostra disposizione, macchina fotografica compatta in grado di sviluppare filmati, il gruppo ha sceneggiato, ripreso e doppiato i casi clinici. In considerazione della scarsa tecnologia il montaggio delle singole scene, il doppiaggio, l’inserimento di suoni e selettive è stato eseguito in un secondo tempo. Le pause di discussione sono state evidenziate tramite l’inserimento di uno sfondo fisso inerente al caso. Certi che il filmato non poteva essere l’unico modello di scelta, sfruttando l’esperto informatico è nato un connubio tra vari programmi: Word, Windows Media Player e Power Point. Utilizzando Word, in base alla richiesta della platea, i vari presidi sanitari e non (zaino, monitor, aspiratore, ecc.) comparivano sullo schermo, rendendo possibile il variare della “barra vitale” in tempo reale (Figura 1). I presidi sono stati fotografa- è noto che la professionalità di un qualsiasi operatore sanitario è determinata da tre elementi distintivi fondamentali: il possesso di conoscenze tecniche aggiornate, di abilità manuali e di capacità comunicative e relazionali. Mantenere ad alti livelli l’aggiornamento di queste caratteristiche è sempre più difficile, non ultimo per l’accrescersi continuo dei cambiamenti tecnologici e organizzativi. Per soddisfare le esigenze formative e di addestramento del personale sanitario della nostra UO 118 Rimini, il gruppo ha realizzato un percorso formativo che, non sfruttando lezioni frontali, prevede una combinazione di simulazioni videoassistite con la partecipazione di attori e/o manichini, simulatore ECG e scenari proposti al computer. L'obiettivo del corso è indurre un contraddittorio, tra le varie professionalità in campo, su alcune problematiche di ordine organizzativo/scientifico, con lo scopo di uniformare le modalità d'intervento, fermo restando la professionalità di ognuno, l'unicità dei vari scenari e la validità del concetto di "agire per principi e non sempre e comunque per protocolli". MaterialiÊ eÊ metodiÊ L’idea, nata per opera di un medico e di un’infermiera che s’interessano di maxiemergenza, ha visto il coinvolgimento di colleghi che non si occupano solo di formazione, bensì di figure professionali con specificità precise ma variegate, tali da creare un gruppo policromo: un istruttore di PBLS e di Tecniche d'immobilizzazione e trasporto pazienti, al tempo stesso ottimo conoscitore di tecniche cinematografiche e informatiche, la referente della farmacia e materiali, un’istruttrice PTCH e ottima attrice. Supervisore e attento critico del frutto del nostro lavoro e medico super parte in fase di corso, il Direttore del Dipartimento Emergenza Urgenza e Responsabile Medico SET Rimini. La partecipazione attiva dei discenti, opportunamente suddivisi in gruppi di max 4/5 persone (equipaggio auto medica + equipaggio BLS) su un totale di 35 per Fig. 1 - Modalità di trasferimento a richiesta di presidi da computer tutor a maxischermo. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. organizzazioneÊ eÊ formazione mative. Le informazioni forniteci, peraltro in maniera anonima, sono state utili per valutare punti di forza e di debolezza e per definire gli orientamenti futuri. Il questionario, tuttavia, comprendeva alcuni quesiti non strettamente inerenti al nostro corso e/o Servizio, ciò nonostante è stato proposto in toto per non alterarne l’originalità. Gli Autori hanno deciso di estrapolare unicamente gli item inerenti alla realtà considerata. I casi clinici presentati nelle edizioni, riguardavano: • l’insufficienza respiratoria in età pediatrica; • le crisi convulsive in età pediatrica; • l’insufficienza respiratoria in adulto non responsiva a terapia classica; • l’incidente stradale con più coinvolti e disparità di mezzi di soccorso sul posto, per contemporaneo evento critico in zona limitrofa; • la sindrome da sommersione, in età pediatrica, complicata da patologia metabolica preesistente e traumatica conseguente. AnalisiÊ deiÊ dati Su 156 unità che afferiscono a Rimini Soccorso, il 56,6% ha partecipato al corso in questione e di questo l’87,7% si è reso disponibile alla compilazione del questionario. Esaminando la raccolta dei dati, suddivisa in vari argomenti secondo lo schema allegato (Tabella 1), dalla Figura 2/item A., risulta che il 75,9% ha recepito all’inizio del corso il target prefissato, mentre per l’87,3% (Figura 2/item A.3), sono stati raggiunti gli obiettivi formativi dichiarati. Considerando la Figura 3/item B.3, notiamo che il 74,7%, ha applicato nel quotidiano quanto acquisito, di questi il 63,3% (Figura 3/item B.4) dichiara, tuttavia, di percepire una certa difficoltà a utilizzare quanto appreso, imputando questo gap a un dislivello di conoscenze/competenze all’interno del contesto lavorativo. Analizzando il frammento del questionario inerente ai cambiamenti intervenuti nel contesto lavorativo e sulla persona (Figura 4) i risultati sono altrettanto interessanti, e nello specifico Fig. 2 - Obiettivi formativi. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it ti ed elaborati: il soggetto è stato delineato nei suoi contorni, eliminando lo sfondo o eventuali elementi aggiuntivi e in seguito salvato in GIF (Graphics Interchange Format). Questo ha permesso il suo utilizzo nelle varie esposizioni. Per l’impiego di Word abbiamo creato fogli elettronici di dimensioni superiori alla norma, composti di diverse pagine, con possibilità di avanzare in sinergia con l’evoluzione del caso proposto. All’atto della proiezione lo schermo è stato esteso e diviso in due parti: una visibile solo sul computer dell’operatore tutor, l’altra proiettata sul maxischermo della sala. Nella parte riservata all’operatore, sono state inserite le immagini in GIF, mentre sul maxischermo comparivano le immagini riguardanti la location in cui si svolgeva il caso clinico. In esecuzione di Word occorreva inserire filmati (ad es., tecniche di pervietà vie aeree, corretto posizionamento presidi d’immobilizzazione, ecc.) e file audio: si è provveduto a un collegamento specifico, senza dover uscire dal programma iniziale, caricandoli attraverso la funzione pulsante con esecuzione diretta del rispettivo formato. In questa tipologia di presentazione, la partecipazione dei discenti nella gestione interattiva dei casi è un elemento fondamentale ancor più risolutivo rispetto alla proiezione dei filmati, essendo gli stessi discenti a determinare l’evoluzione dell’evento. Questa metodologia, che può trovare detrattori in coloro che asseriscono non essere corretto focalizzare l’attenzione sull’errore per arrivare all’esatta esecuzione, ha viceversa avuto un riscontro positivo nel coinvolgimento dei partecipanti. L’esistenza di vecchi retaggi per cui il confronto è considerato da taluni come un momento di pubblico ludibrio e non un passaggio costruttivo obbligato ha suggerito a inizio corso la proiezione dei filmati in cui il gruppo si metteva in gioco in primis producendo un coinvolgimento e un’autocritica inaspettata. La valutazione sull’idoneità dei discenti è stata fatta in corso d’opera dagli stessi tutor, tramite compilazione di una scheda valutativa articolata sui seguenti parametri: 1. conoscenza dei protocolli operativi; 2. capacità d’integrazione con l’equipaggio; 3. capacità decisionale; 4. decisioni lesive per il paziente; il tutto su una scala di gradimento da insufficiente a ottimo, considerando l’idoneità pari al raggiungimento di almeno tre sufficienze. I casi clinici sono stati scelti in base alle problematiche scientifiche e specialmente organizzativo/decisionali che volevamo sviscerare: • La sicurezza operativa, definita da una strettissima collaborazione tra tutte le componenti sanitarie soprattutto in quei casi in cui l’ente che per eccellenza è deputato alla sicurezza dell’evento, VVF, non è interessato alla tipologia dello scenario. • La comunicazione, step fondamentale senza il quale qualsiasi protocollo o modello organizzativo crolla miseramente. • La definizione dei ruoli, principalmente dell’Infermiere Regolatore, che nella nostra realtà corrisponde all’infermiere dell’auto medica con compiti in primo luogo organizzativi e solo in un secondo momento sanitari. • L’utilizzo indiscriminato di ausili tecnologici cartografici che non devono sostituire la visione della cartografia cartacea, soprattutto in una realtà come la nostra in cui un’importante rete ferroviaria e una bretella autostradale attraversano l’area urbana ed extraurbana. • L’utilizzo “alternativo” di alcuni presidi d’immobilizzazione per situazioni non strettamente legate al loro uso abituale. • La centralizzazione. • Ultimo punto, ma non per questo meno importante, era fondamentale che il gruppo sapesse non solo la validità di quanto appreso dai discenti, ma soprattutto, in che misura fosse tangibile nel quotidiano la ricaduta di quanto recepito. A distanza di tre mesi dall’ultima edizione abbiamo distribuito un Questionario di valutazione d’impatto, redatto dall’AUSL di Rimini e inserito nel PAF (Piano Aziendale di Formazione), con lo scopo di raccogliere una serie d’informazioni relative soprattutto alla percezione dei risultati raggiunti tramite le attività for- 21 Fig. 3 - Applicazione delle conoscenze. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. 22 Tabella 1 emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it organizzazioneÊ eÊ formazione MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. organizzazioneÊ eÊ formazione Fig. 6 - Aspettative e soddisfazioni. Fig. 5 - Cambiamenti intervenuti nel contesto lavorativo. Fig. 7 - Bisogni e ricaduta formativa. all’interrogativo "Ritiene che il corso da lei frequentato sia stato utile per accrescere il suo senso di responsabilità nel contesto lavorativo?” (item C.6.3) la maggioranza di risposte positive raggiunge il 96%. Altrettanto alta la percentuale di apprezzamento (82%) sulla capacità esercitata dal corso nel migliorare il livello di autostima dell’operatore nell’ambito lavorativo (Figura 4/item C.6.4) Altro dato significativo (Figura 4/item C.6.6), il 95% dichiara che il corso ha migliorato il livello di fiducia nelle proprie capacità. All’item relativo ai cambiamenti nel contesto lavorativo (Figura 5/item E.1.1.), l’88% ritiene che il corso abbia influenzato positivamente il clima relazionale, aumentando la partecipazione, la comunicazione e la motivazione. Viceversa il 75% (Figura 5/item E.1.4.), ignora se il corso abbia avuto una qualche ricaduta in termini di efficacia. A distanza di tre mesi l’87,3% valuta positivamente la realizzazione di un corso di questo tipo (Figura 6/item F.2), il 75% ritiene molto utile l’avervi preso parte (Figura 6/item F.3) e il 96% lo consiglierebbe ad altri (Figura 6/item F.4). Rimane, nell’ambito della ricaduta formativa, la necessità da parte dell’88,2% (Figura 7/item G.2)di una formazione continua e aggiornata. Dato molto interessante emerge dal fatto che il 100% dei partecipanti ha diffuso all’interno della sua situazione lavorativa alcuni dei contenuti del corso, sia attraverso scambi formativi sia attraverso momenti dedicati (Figura 7/item G.3). • L’alta percentuale di discenti (63,3%) che percepisce una difficoltà all’utilizzo di quanto appreso a fronte di un 74,7% che asserisce di applicarlo nel quotidiano, si spiega se la chiave di lettura usata analizza due variabili: la partecipazione al corso “solo” del 56,6% del personale e la disomogeneità della stessa, caratteristica quest’ultima vagliata tra le motivazioni che avevano determinato la nascita del corso. • L’aumento del livello di fiducia nelle proprie capacità, dichiarato dal 95% dei partecipanti, può essere imputato alla mancanza di confronto e metodologie di ricerca che influenzano positivamente il lavoro; viceversa, ignorare se il corso ha avuto ricadute in termini di efficacia, a nostro parere, deriva dalla non specificità del questionario nei confronti di un servizio extraterritoriale, in cui l’attività professionale non è svolta in maniera collegiale come in ambito ospedaliero. • Decisamente positive le percentuali relative ai giudizi sul corso e alla sua utilità. Discussione La raccolta dei dati ha prodotto risultati confortanti per i docenti, ma ha anche evidenziato aspetti che meritano riflessione: ConclusioniÊ Dai dati raccolti si evince che l’ideazione e lo sviluppo di questa metodica formativa sono stati un momento positivo e costruttivo sia per i docenti sia per i discenti. Per i primi, la soddisfazione di aver trovato il giusto metodo per il raggiungimento degli obiettivi prefissati li ha stimolati nella creazione di nuove proposte formative. Per i discenti, è stato un momento di crescita sia professionale, derivata dalla discussione in campo, sia di aumentata autostima conseguente al confronto interprofessionale privo di elementi di “critica accusatoria”. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Fig. 4 - Cambiamenti intervenuti sulla persona 23 emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it organizzazioneÊ eÊ formazione 24 MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it organizzazioneÊ eÊ formazione 25 MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it organizzazioneÊ eÊ formazione 26 MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal assistenzaÊ infermieristica IlÊ TriageÊ EmergencyÊ MethodÊ VersioneÊ 2Ê (TEMÊ v2)Ê UnÊ nuovoÊ metodoÊ diÊ triageÊ intraospedaliero Nicola Parenti, Vito Serventi1, Rossella Miglio2, Stefano Masi3, Leopoldo Sarli4 Medico, Università di Parma, 1 Infermiere, Professore presso Università di Parma, 2 Professore di Biostatistica Università di Bologna, 3 Dipartimento di Pediatria e Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Meyer, Firenze, 4 Medico, Professore, Università di Parma. Il nostro scopo è stato di verificare se il TEM v1, un nuovo metodo di triage intraospedaliero con buona affidabilità inter- ed intraoperatore, raggiungesse un largo consenso tra esperti di triage italiani. Infine abbiamo cercato di migliorare il modello e creare un nuovo modello: il TEM v2. È stato condotto uno studio Delphi modificato con due rounds che includeva 25 esperti di triage. Il livello di consenso predeterminato è stato dell’80%. La percentuale di ritorno dei questionari è stata del 72% per il pri- mo round e 92% per il secondo. Dopo il primo round un insieme di 11 domande sul TEM v2 è stata inviata nuovamente ai partecipanti. Otto delle suddette domande hanno raggiunto un consenso dell’80% nell’ultimo round. Usando una tecnica Delphi modificata abbiamo sviluppato dal TEM v1 (Triage Emergency Method versione 1) il nuovo TEM v2 che ha raggiunto un largo consenso tra esperti di triage. A quanto ci risulta, questo è il primo studio italiano che usa una tecnica Delphi per raggiungere consenso su un metodo di triage e per migliorarlo. ABSTRACT Our aim was to check if TEM v1, a new four-level in-hospital triage with good inter- and intra-rater reliability, reaches a large consensus among Italian triage experts. Finally we tried to improve the model and to create a new model: TEM v2. A 2 round modified Delphi study was conducted including 25 triage experts. The predetermined consensus level was considered 80%. Total return rate was 72% (18/25), the return rate for round one and two was 92% (23/25) and 78% (18/23) respectively. After the first round, a set of 11 questions was sent with the new TEM v2. Eight items of round 2 reached more than 80% of consensus. Using the Delphi technique we developed from TEM v1, the new triage tool TEM v2 which reached a large consensus among a panel of triage experts. This is, to our knowledge, the first Italian study which uses the Delphi technique to reach consensus on a triage system and to improve it. Key words: triage; emergency department; Delphi technique; Italian emergency triage system. Introduzione simile al metodo Delphi, se il TEM v1, un modello con buona affidabilità inter- e intraoperatore per rating di priorità, raggiunga un largo consenso tra esperti italiani di triage. In questo caso, attraverso questo largo panel di esperti, cercheremo di migliorare il modello attuale e sviluppare un nuovo modello: il TEM v2. Il triage è il primo strumento di valutazione e selezione usato in Pronto Soccorso (PS) per stimare la priorità di valutazione medica dei pazienti. I più comuni sistemi di triage sono il traffic director, lo spot-check e il triage globale1. I principali metodi di triage in uso sono basati sulla misura di scale di priorità-gravità e sono a tre, quattro o cinque livelli di priorità. L’Australasian Triage Scale2, il Canadian Triage and Acuity Scale (CTAS)3, il Manchester Triage System (MTS)4 e l’Emergency Severity Index (ESI)5-8 sono tutti metodi di triage a 5 codici. Le linee guida sul triage in Italia suggeriscono un triage a quattro codici-colore di priorità9. Di conseguenza nel 2006-2007 abbiamo sviluppato un nuovo sistema di triage a 4 codici di priorità: il Triage Emergency Method (TEM v1, Figura 2 e Tabella 1 basato sulle linee guida italiane9. Questo nuovo metodo consta di un algoritmo decisionale e di una tabella allegata e richiede solo poche ore di formazione10. Inoltre il TEM v1 ha il vantaggio di stimare la quantità di risorse necessarie in PS per il paziente valutato. In un precedente studio pilota10, il TEM v1 ha mostrato una buona affidabilità inter- e intraoperatore relativa alla codifica di codici di priorità di triage e una buona accuratezza predittiva di possibile ricovero10. In Italia ci sono molte linee guida di triage sviluppate con il consenso di gruppi di lavoro e basate su flow-chart relative a sintomi guida presentati al triage. Ma, a quanto ci risulta, ci sono pochi dati sulla loro validità e affidabilità e pochi modelli in uso sono basati su largo consenso11. Lo scopo di questo studio è di verificare, attraverso un tecnica MetodiÊ DisegnoÊ delloÊ studio Uno studio tipo Delphi modificato è stato condotto da settembre 2008 a maggio 2009. Abbiamo seguito la metodologia Delphi descritta in precedenti studi e review12-16. Sono stati reclutati esperti di triage da 25 ospedali italiani: 19 infermieri e 6 medici. ProtocolloÊ delloÊ studio Il protocollo dello studio è mostrato nella Figura 1. Entrambi i rounds sono stati eseguiti usando questionari inviati con mail. La differenza principale tra il nostro studio e un classico studio Delphi è stata che in quest’ultimo tipo di studi gli esperti costruiscono il consenso su un argomento generale sul quale c’è notoria discordanza e dissenso, in questo studio, invece, gli esperti esprimono il loro parere e consenso su uno specifico metodo di triage già sviluppato. Quindi, abbiamo seguito la metodologia Delphi (due rounds sviluppati secondo i criteri di precedenti studi Delphi, criteri e definizioni di consenso e di “esperti” mediati dai suddetti studi) per raccogliere opinioni di esperti di triage su un nuovo metodo. Prima di iniziare, abbiamo perciò inviato MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it SINTESI 27 emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it assistenzaÊ infermieristica 28 Fig. 1 - Protocollo di studio (metodo Delfi). Fig. 2 - Algoritmo TEM v1. con mail l’algoritmo TEM v1 (Figura 2 e Tabella 1) e una breve guida a tutti i partecipanti. Abbiamo inoltre intervistato telefonicamente gli stessi per verificare il grado di comprensione dell’algoritmo. Per stabilire il protocollo dello studio e i criteri del primo round, è stata condotta una riunione con un gruppo di 4 clinici (2 infermiere e 2 medici con più di 10 anni di esperienza al triage e in medicina d’urgenza), 2 statistici (esperti di metodologia Delphi) e 2 amministrativi. Tutti gli esperti presenti alla suddetta riunione avevano ricevuto una copia del TEM v1 (Figura 2 e Tabella 1) con una breve guida all’uso del nuovo metodo e bibliografia relativa al TEM v1 e alla metodologia Delphi. Nel corso della riunione, dopo una presentazione del TEM v1 e della metodologia Delphi, fu loro chiesto di segnalare i criteri di inclusione e selezione dei partecipanti al processo tipo Delphi e di sviluppare il questionario del primo e secondo round del processo. Il gruppo in accordo con precedenti studi12-16, ha considerato “esperto” un medico dell’emergenza con esperienza di almeno 5 anni di triage. Poiché la prima figura professionale che gestisce un paziente all’arrivo in Pronto Soccorso è, di solito, un infermiere, il gruppo decise di arruolare nel “gruppo di consenso” più infermieri che medici. Gli statistici decisero, in accordo con i clinici, il numero di partecipanti e i criteri di inclusione. Dopo la riunione fu sviluppato il primo questionario con 22 domande semistrutturate (Tabella 2): 18 con risposte tipo “sì” o “no” (domande 1-18) e 4 con un grading di consenso su ogni parte dell’algoritmo TEM v1 (domande 19-22). Per ogni domanda i partecipanti potevano scrivere commenti e dovevano giustificare e motivare le loro risposte. In particolare, durante il primo round i partecipanti dovevano esprimere il loro consenso e/o dissenso su ogni parte dell’algoritmo (Step 1-3 della Figura 2) e della Tabella 1 usando una scala di con 5 livelli con da un massimo di 5 = pienamente d’accordo a un minimo di 1 = completamente in disaccordo. Inoltre, se consideravano incompleta la lista di “sintomi guida” della Tabella 1 o l’algoritmo del TEM v1 dovevano suggerire una nuova lista e apportare modifiche integrative all’algoritmo. Abbiamo inviato con mail: i questionari del primo round, il TEM v1 (Figura 2 e Tabella 1) e una breve guida di tre pagine del TEM v1. Fu mantenuto l’anonimato tra i partecipanti allo studio ai quali fu chiesto di rispondere entro quattro settimane ai questionari. In accordo con precedenti studi12-14, è stato considerato un livello di consenso raggiunto quello dell’80%, con 20/25 membri del gruppo in accordo. Il nostro scopo originale era quello di verificare se il gruppo di esperti ritenesse utilizzabile nei Pronto Soccorso italiani il TEM v1. Altre domande poste agli esperti furono: il TEM v1 è sembrato scientificamente corretto; completo; facile da comprendere e memorizzare; facile e veloce da consultare? Il questionario del secondo round fu inviato a tutti i partecipanti che avevano risposto al questionario del primo round. A quelli che non rispondevano furono inviati tre solleciti a intervalli di due settimane dal primo invio. I punti sui quali non si era raggiunto un consenso nel primo round furono illustrati a tutti i membri del gruppo con il riassunto dei risultati relativi agli altri punti dei questionari. Alla fine fu considerato raggiunto un consenso per i punti sui quali c’era una concordanza di pareri nell’80% dei membri del gruppo. PartecipantiÊ alloÊ studio Furono selezionati 25 partecipanti (19 infermiere e 6 medici) provenienti da sei regioni italiane. Poiché il sistema sanitario italiano è formato da Pronto Soccorso a basso e alto volume di pazienti (e crediamo che questa variabile potrebbe influenzare l’organizzazione del triage), abbiamo incluso tale variabile nei criteri di inclusione dei partecipanti. Così i criteri di inclusione dei partecipanti erano: infermieri e MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. assistenzaÊ infermieristica CODE SYMPTOMÊ ANDÊ SITUATIONÊ GUIDE RED VeryÊ highÊ riskÊ situations SevereÊ acuteÊ painÊ (VASÊ =Ê 9-10),Ê shock,Ê AMIÊ arrhythmia:Ê actualÊ chestÊ painÊ withÊ syncopeÊ and/orÊ arrhythmiaÊ and/orÊ dyspnea. AphasiaÊ and/orÊ numbnessÊ <Ê 3Ê h.Ê DyspneaÊ withÊ wheezeÊ orÊ laryngospasm.Ê MajorÊ trauma:Ê penetrating injury, severe facial trauma or cranial trauma with GCS ≤ 14, thoracic trauma with volet or dyspnea, abdominal trauma with SBP ≤ 90 mmHg, rachis trauma with sensitive-motor deficit, amputation of long bones,Ê openÊ fracturesÊ ofÊ long bones, 2nd or 3rd degree skin burns (> 30% adult or > 20% babies), eyes or airway burns, RTS ≤ 10. MultipleÊ traumaÊ withÊ majorÊ mechanismsÊ (fallÊ fromÊ 5Ê meters;Ê ejectionÊ outsideÊ aÊ vehicle;Ê orÊ pedestrianÊ runÊ down;Ê ageÊ <Ê 5Ê years.Ê SevereÊ intoxicationÊ (quantityÊ orÊ kindÊ ofÊ substanceÊ orÊ substanceÊ unknown)Ê withÊ dysphonia,Ê dysphagia,Ê chestÊ orÊ abdominalÊ pain.Ê StatusÊ epilepticus.Ê Headache with altered level of consciousnessÊ orÊ meningism,Ê seizuresÊ orÊ syncope. Hematemesis or other severe haemorrhage in action. Severe allergic reactions with dyspnea, dysphonia or severe hypotension. EmergencyÊ delivery;Ê eclampsia,Ê severeÊ vaginalÊ bleeding.Ê Children: severe dehydration, headache with GCS ≤ 14 orÊ lethargyÊ orÊ hypotonia,Ê abuse. YELLOW HighÊ riskÊ situations Cardiac: chest pain ≤ 6 h, syncope, arrhythmia, limbs ischemia, hypertension crisis (SBP > 200 mmHg), unstable hypotension (SBP < 100mmHg). Pneumology:Ê mildÊ dyspneaÊ (SaO2Ê 88-92%). Abdomen:Ê acuteÊ abdominalÊ pain,Ê vomitÊ andÊ diarrheaÊ withÊ dehydration,Ê hypovolemiaÊ (hypotension-tachycardia),Ê hematemesis,Ê melena,Ê severeÊ rectalÊ bleedingÊ inÊ action. Neurology: headache or with SBP > 200 mmHg,Ê headacheÊ afterÊ cranialÊ traumaÊ ifÊ anticoagulants.Ê ConsciousnessÊ alterationsÊ (agitation, drowsiness, acute confusion), GCS 8-14, aphasia or sensitive-motor deficit < 3 h, convulsions. Alcohol or drug abuse. Severe dizziness/vertigo or with headache or motor deficit.Ê ModerateÊ painÊ (VASÊ =Ê 7-8).Ê MinorÊ intoxication,Ê severeÊ allergicÊ reactionsÊ (extensiveÊ nettleÊ rash,Ê dysphonia,Ê angioedema,Ê multipleÊ hymenopteraÊ stingsÊ inÊ historyÊ ofÊ anaphylaxis). Infections: fever with lethargy, severe infection (rash or purpura), temperature > 39°, fever in immunodeficiency. Trauma:Ê concussiveÊ cranialÊ traumaÊ orÊ anticoagulants,Ê longÊ bones,Ê dislocation,Ê boneÊ deformation,Ê openÊ fractures,Ê severeÊ lacerations, crush syndrome, limb trauma without pulse, multiple trauma, major dynamic. Acute lumbar pain (if age > 40 yrs or in case of hypertension); severe glycemic failure in diabetes (40 mg/dl < glycemia > 300 mg/dl); sexual assault, severe or painful haemorrhageÊ orÊ mildÊ butÊ persistentÊ inÊ anticoagulantsÊ orÊ hypertensionÊ crisis. Renal-genitourinary:Ê scrotumÊ pain,Ê anuriaÊ orÊ oliguria. GynaecologyÊ andÊ obstetrics:Ê vaginalÊ bleedingÊ inÊ theÊ elderlyÊ orÊ pregnancyÊ withÊ pain;Ê deliveryÊ withÊ activeÊ contractionsÊ <Ê 5Ê min;Ê preeclampsia;Ê pelvicÊ pain.Ê Eye injury with alkali or acid, visual deficit; psychiatric symptoms in patient suffering from mental illness. SevereÊ orÊ mildÊ haemorrhageÊ (anyÊ cause) Child:Ê NewbornÊ <Ê 3Ê months;Ê moderateÊ dehydration,Ê severeÊ vomitingÊ orÊ diarrhea.Ê RecentÊ traumaÊ <Ê 12Ê h;Ê neonatalÊ crying,Ê recentÊ convulsion VASÊ =Ê VisualÊ AnalogicÊ Scale;Ê AMIÊ =Ê acuteÊ myocardialÊ ischemia;Ê GCSÊ =Ê GlasgowÊ ComaÊ Score;Ê SBPÊ =Ê systolicÊ bloodÊ pressure;Ê RTSÊ =Ê revisedÊ traumaÊ score;Ê SaO2Ê (%)Ê =Ê percentageÊ ofÊ oxygenÊ saturation. medici con più di 5 anni di esperienza in triage che al momento dello studio lavoravano in PS a basso (< 25.000 visite/anno) o alto (> 25.000 visite/anno) volume di pazienti. I partecipanti reclutati nello studio dovevano completare un questionario riguardante la loro esperienza lavorativa, dati anagrafici e formazione. RaccoltaÊ eÊ analisiÊ deiÊ dati I dati furono raccolti e archiviati da un ricercatore che era all’oscuro dello scopo dello studio. La qualità della raccolta dati fu curata da altri due ricercatori in doppio cieco. I partecipanti allo studio diedero il loro consenso al trattamento dei dati. Essendo uno studio di qualità non riguardante dati clinici e/o sensibili non sono state richieste altre autorizzazioni. Risultati La mediana dell’esperienza in triage intraospedaliero tra i partecipanti era di 10 anni (min-max = 5-18) con dodici “grandi esperti” (> 10 anni di esperienza). La percentuale totale di compilazione dei due questionari fu del 72% (18/25) con una percentuale di compilazione del 92% (23/25) e del 78% (18/23) al primo e secondo round. Gli esperti provenivano da 8 ospedali con PS a basso volume di pazienti e 13 ad alto volume. Negli ospedali dei membri del gruppo era svolto un triage al PS tipo spot-check e globale nel 39% (9/23) e 61% (14/23); in due PS non vi erano linee guida o protocolli di triage. Dopo il primo round, 10 dei 18 (56%) punti raggiunsero il livello di consenso prestabilito dell’80% (Tabella 2). Un punto raggiunse il 100% del consenso: “lo Step 1 è facile da capire”. I partecipanti concordavano sui seguenti punti: l’algoritmo TEM si poteva usare nei PS italiani; era scientificamente corretto e facile da capire. Inoltre risposero che gli Step 1 e 2 e la tabella allegata erano completi e facili da apprendere, lo Step 3 era facile da apprendere. Nessuna domanda con il grading di consenso (domande 19-22) raggiunse un consenso completo: valore mediano 3 o 4. I partecipanti non concordarono completamente su 8 punti: il TEM è completo, esaustivo e facile da memorizzare e consultare, veloce da consultare e potrebbe esser usato nell’attuale versione nei loro PS (Tabella 2). Infine, non pensavano che lo Step 3 fosse completo e che il TEM v1 necessitasse di un quinto livello di priorità. In particolare, il loro principale commento fu che il TEM v1 non era completo MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2010 • www.ecj.it Tabella 1 Tabella sintomi guida allegata all’algoritmo TEM v1. 29 assistenzaÊ infermieristica Tab Tab emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Tabella 2 Questionario del primo round. 30 Domande 1)Ê PensiÊ cheÊ ilÊ TEMÊ potrebbeÊ esserÊ usatoÊ perÊ eseguireÊ triageÊ neiÊ PSÊ italiani? 2)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ completi? 3)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ esaustivi? 4)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ siano scientificamente corretti? 5)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ faciliÊ daÊ memorizzare? 6)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ faciliÊ daÊ imparare? 7)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ faciliÊ daÊ consultare? 8)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ velociÊ daÊ consultare? 9)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ potrebberoÊ essereÊ usatiÊ nelÊ suoÊ PS? 10)Ê LoÊ StepÊ 1Ê dellÕ algoritmoÊ TEMÊ •Ê completo? 11)Ê LoÊ StepÊ 1Ê •Ê facileÊ daÊ imparare? 12)Ê LoÊ StepÊ 2Ê •Ê completo? 13)Ê LoÊ StepÊ 2Ê •Ê facileÊ daÊ capire? 14)Ê LoÊ StepÊ 3Ê • Ê completo? 15)Ê LoÊ StepÊ 3Ê •Ê facileÊ daÊ imparare? 16) La tabella dell’algoritmo TEM è completa? 17)Ê LaÊ tabellaÊ •Ê facileÊ daÊ imparare? 18)Ê PensiÊ cheÊ unÊ 5¡ Ê livelloÊ diÊ triageÊ potrebbeÊ essereÊ aggiuntoÊ alÊ TEM? 19)Ê QuantoÊ concordiÊ conÊ ilÊ contenutoÊ delloÊ StepÊ 1?Ê 20)Ê QuantoÊ concordiÊ conÊ ilÊ contenutoÊ delloÊ StepÊ 2? 21)Ê QuantoÊ concordiÊ conÊ ilÊ contenutoÊ delloÊ StepÊ 3?Ê 22)Ê QuantoÊ concordiÊ conÊ ilÊ contenutoÊ dellaÊ tabellaÊ delÊ TEM? RisposteÊ S“ Ê %Ê (n) 87Ê (20/23) 57Ê (13/23)Ê 52Ê (12/Ê 23) 83Ê (19/23) 65Ê (15/23) 83Ê (19/23) 61Ê (14/23) 57Ê (13/23) 70Ê (16/23) 96 (22/23) 100Ê (23/23)Ê Ê 87Ê (20/23) 91Ê (21/23) 78Ê (18/23) 91Ê (21/23) 83Ê (19/23) 91Ê (21/23) 57Ê (13/23) 3 3 4 3 C R Nota:Ê laÊ percentualeÊ diÊ rispostaÊ perÊ ilÊ primoÊ roundÊ fuÊ delÊ 92%Ê (23/25). Legenda:Ê InÊ nerettoÊ leÊ domandeÊ cheÊ nonÊ raggiunseroÊ ilÊ consenso. Ê ConcordanzaÊ •Ê espressaÊ nellaÊ medianaÊ conÊ unÊ rangeÊ =Ê 1Ê (totaleÊ discordanza)Ê ÐÊ 5Ê (totaleÊ concordanza). Ê TEMÊ =Ê TriageÊ EmergencyÊ Method;Ê PSÊ =Ê ProntoÊ Soccorso. ed esaustivo perché mancava di alcuni sintomi della sezione pediatrica e la tabella allegata (Tabella 1) all’algoritmo necessitava di sintomi relativi ai livelli di priorità inferiore (3, verde e 4, bianco). Altri commenti frequenti furono che: • il TEM v1 probabilmente necessitava di un software applicativo per rendere più facile e veloce la consultazione della tabella; • lo Step 3 necessitava di altri elementi per aiutare l’assegnazione del livello di priorità. Alcuni partecipanti suggerirono che l’ECG avrebbe potuto esser utile all’assegnazione del codice di priorità nei sintomi cardiaci e che i pazienti “fragili” (anziani e bimbi) avrebbero dovuto esser visitati più velocemente. Seguendo i commenti, le opinioni e le raccomandazioni dei membri del gruppo di esperti, l’algoritmo TEM e la tabella allegata furono modificati e rispediti per il secondo round. La nuova versione del TEM (TEM v2) è basata su un nuovo algoritmo e una nuova tabella (Figura 3 e Tabella 3). Le principali modifiche dell’algoritmo riguardano lo Step 3. Inoltre, per ridurre la sovrastima (over-triage), abbiamo cambiato il cut-off della frequenza cardiaca nel Box 1 (Figura 3). La nuova tabella include i sintomi guida per le priorità “verdi” e “bianchi” e una sezione pediatrica (Tabella 3). Dopo l’analisi del primo, round, un set di 11 domande fu inviato con mail relative al nuovo TEM v2 e un documento-guida al nuovo modello di 2 pagine (Tabella 4). Nel secondo round, abbiamo inviato gli otto punti che non raggiungevano il consenso nel primo round riguardanti il nuovo TEM v2 e tre nuove domande suggerite dai membri del gruppo di esperti riguardanti l’ECG e i pazienti fragili (Tabella 4). Tutti i punti del secondo sul nuovo TEM v2 raggiunsero più Fig. 3 - Algoritmo TEM v2. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. G V assistenzaÊ infermieristica Tabella 3 Tabella sintomi guida allegata all'algoritmo TEM v2. ROSSO PEDIATRICO < 12 anni (se non specificate valgono situazioni come nellÕ adulto) SituazioniÊ adÊ altissimoÊ rischio: PolsiÊ centraliÊ ridottiÊ conÊ marezzatureÊ oÊ palloreÊ cutaneoÊ <Ê 5Ê anniÊ 80Ê <Ê FCÊ >Ê 180 >Ê 5Ê anniÊ 60Ê <Ê FCÊ >Ê 160 <Ê 6Ê anniÊ PASÊ <Ê 60Ê mmHg >Ê 6Ê anniÊ PASÊ <Ê 80Ê mmHg DispneaÊ conÊ cianosiÊ e/oÊ FRÊ <Ê 15Ê oÊ >Ê 60Ê minÊ SaO2Ê <Ê 90%Ê ApneeÊ >Ê 10Ê secÊ Disidratazione severa con shock, cefalea con GCS < 13 o letargia o ipotonia. Ustione 2° o 3° > 20% bimbi, PTS ≤ 9 Convulsione febbrile in atto 40 < Glic. > 300 SINTOMI E SITUAZIONI GUIDA CattivoÊ aspettoÊ (cute pallida, sudata fredda, marezzata, cianosi, estremamente sofferente) SituazioniÊ adÊ altissimoÊ rischio: Cardiologico:Ê arrestoÊ cardiaco,Ê aritmieÊ maggiori,Ê doloreÊ toracico*Ê suggestivoÊ perÊ SCA,Ê segniÊ diÊ shock Pneumologico:Ê intubato,Ê dispneaÊ inÊ attoÊ severa Dolore:Ê dolore in atto insopportabile (NRS = 10) Neurologico: coma (GCS ≤ 8), afasia e/o deficit motori < 3 h. Male epilettico o convulsioneÊ inÊ atto.Ê AgitazioneÊ incontenibileÊ inÊ psicoticoÊ Trauma maggiore: ferite penetranti, facciale grave o cranico con GCS ≤ 14, toracico con volet o dispnea, addome con PAS < 90 mmHg, rachide con deficit sensitivo-motori, amputazione sovra polso o caviglia, ustione 2° o 3° grado (> 30% adulto),Ê RTSÊ <Ê 10;Ê conÊ FRM*Ê IntossicazioneÊ grave:Ê conÊ FRM* Emorragie:Ê ematemesiÊ oÊ altraÊ emorragiaÊ inÊ attoÊ massiva ReazioniÊ allergicheÊ severe con disfonia e stridor Ostetrici:Ê PartoÊ espulsivo,Ê eclampsia Severa disfunzionesegni vitali DoloreÊ toracicoÊ conÊ cattivoÊ aspetto,Ê segniÊ neurovegetativi,Ê tipico:retrosternaleÊ oÊ braccia-collo-mandibola, presso rio-stretta-morsa, profondo. L’ECG tipo STEMI può confermare codice rosso ** FRM = fattori di rischio maggiore (in lista 2 allegata) SituazioniÊ adÊ altoÊ rischio: Cardiache: dolore toracico acuto (≤ 6 h) o 6-24 h + FR*,Ê sincopeÊ conÊ *FR,Ê tachicardiaÊ oÊ bradicardiaÊ (BoxÊ 1),Ê segniÊ ischemiaÊ arti,Ê crisiÊ ipertensivaÊ (PASÊ >Ê 200Ê mmHg) Pneumologiche:Ê dispneaÊ inÊ attoÊ oÊ conÊ *FR Gastriche:Ê dolore addominale in atto moderato o intenso (NRS = 4-9) o acuto (≤ 6Ê h)Ê oÊ conÊ FR*.Ê VomitoÊ oÊ diarreaÊ conÊ disidratazione,Ê ematemesi,Ê melena-rettorragiaÊ profusa in atto. Neuro: 1°epis. diÊ cefalea o con FR*, afasia o deficit senso-motori 3-24 h, convulsioni, vertiginiÊ conÊ FR*,Ê agitazioneÊ inÊ psicotico DoloreÊ intensoÊ inÊ attoÊ (NRS = 8-9)Ê Intossicazioni:Ê sostanzeÊ tossicheÊ oÊ graveÊ perÊ quantitˆ Ê oÊ sostanzaÊ sconosciuta,Ê abusoÊ diÊ alcolÊ oÊ drogheÊ ReazioniÊ allergicheÊ severeÊ (orticariaÊ estesa,angioedema)Ê oÊ conÊ FRÊ Infezioni:Ê febbre con letargia, infezione severa: rush o porpora, t >39°, febbre in immunodepresso Traumi: cranico commotivo, amnesico o in TAO, o con stato confusionale o cefalea diffusa, fratture ossa lunghe, lussazioni, deformità ossee, frattura esposta, severe lacerazioni,Ê crushÊ sindrome,Ê traumiÊ artiÊ senzaÊ polsoÊ distale,Ê politrauma**,Ê amputaz.Ê sottoÊ polso e caviglia; ustioni 3° o 2° 9-30% sup.; 40 < Glic. > 300. Genito-urinario: niolenze sessuali, menorragia con dolore o profusa; dolore scrotale,Ê sanguinamentoÊ vaginaleÊ inÊ gravida;Ê partoÊ conÊ contraz.Ê 5-10Ê min;Ê pre-eclampsia,Ê dolore pelvico o addome o annessiale in gravida o moderato-forte (NRS = 4-8) in atto o ≤ 24 h. Pre-eclampsia. Anuria x 24 h. Oculistiche: lesioni occhio con alcali o acidi, deficit visivi Ê Emorragia moderata-severaÊ persistenteÊ conÊ *FR * GIALLO VERDE AbusiÊ (rich.Ê magistratoÊ e/oÊ atteggiamentoÊ sospetto) SonnolenzaÊ immotivata PalloreÊ e/oÊ aritmiaÊ sintomatica ModestaÊ cianosiÊ perioraleÊ e/oÊ dispneaÊ DistressÊ respiratorioÊ moderatoÊ (FRÊ 45-60Ê atti/min)Ê SaO2Ê 91-94% < 50 Glic > 200 Trauma cranico con riferita pdc < 12 h e/o ≥ 2 episodi Vomito; priapismo, parafimosi, ritenz. urinaria Infezioni: febbre con letargia o con infezione severa o: rush, porpora o petecchie; febbre in immunodepresso, febbre (> 38,5) in neonato (< 1 mese) o > 39C° bimbo(≤ 3 mesi). Confusione febbrile risolta da < 30’ o con esiti postcritici; scroto acuto+tumefaz. Dolore addominale in atto grave intenso (NRS = 7-9) BimboÊ <Ê 3Ê mesiÊ sintomatic.Ê DisidratazioneÊ moderataÊ (tempo refill > 3 sec), vomito o diarrea severa e ripetuta;Ê vomitoÊ biliareÊ ripetutoÊ (nelÊ lattanteÊ <Ê 30Ê ggÊ ancheÊ 1Ê episodio),Ê disidratazioneÊ conÊ statoÊ mentaleÊ alterato.Ê RecenteÊ traumaÊ <Ê 12Ê h,Ê piantoÊ inconsolabileÊ nelÊ neonato,Ê recenteÊ convulsioni.Ê Tumefazione addominale irriducibile, marcata distenzioneÊ addome UstioniÊ 5-10%Ê bimbiÊ <Ê 2Ê aa UstioniÊ 10-15%Ê bimbiÊ >Ê 2aa Ustioni circonferenziali e cavo orale e/o 2-3° testa, arti, genitali AbusiÊ senzaÊ atteggiamentoÊ sospetto BimboÊ <Ê 3Ê mesiÊ asintomatico AritmiaÊ asintomatica DispneaÊ eÊ lieveÊ alterazioneÊ dellaÊ FRÊ eÊ SaO2 ≥ 95% Febbre > 39°C in atto o anche riferita se > 3 mesi Dolore addome acuto in atto moderato (NRS = 4-6) VomitoÊ eÊ diarreaÊ conÊ disidratazioneÊ moderataÊ insorgenza acuta (+ episodi) tempo refill 2-3 sec e/oÊ ipotensioneÊ ortostatica,Ê diarreaÊ emorragica,Ê disidratazioneÊ eÊ irritabilitˆ Petecchie arti o volto senza febbre, sospetta malattia contagiosa, orticaria diffusa acuta (senza dispnea) Glic. < 60 Tr.Ê cranicoÊ senzaÊ pdcÊ e/oÊ <Ê 2Ê episodiÊ vomito * FR = fattori di rischio in lista 2 allegata Politrauma ≥ 2 distretti maggiori (torace, addome, bacino, cranio, rachide) ** Cardio:Ê palpitazioni,Ê doloreÊ toracicoÊ >Ê 6Ê oreÊ senzaÊ FR* con ECG ndp, ipertensione, sincopeÊ senzaÊ FRV* Pneumo:Ê dispnea soggettiva e/o riferita Gastro:Ê doloreÊ addominaleÊ >Ê 6Ê hÊ lieve-moderatoÊ eÊ senzaÊ FR,Ê vomito,Ê diarreaÊ senza disidratazione, melena riferita, rettorragia lieve, ernie asintomatiche, dispepsia, emorroidi Neuro/psico:Ê cefalea senza FR, afasia, deficit sensitivo-motori, disartria > 24 h; parestesie/insensibilitˆ ,Ê tremori;Ê diplopia,Ê vertiginiÊ senzaÊ FR;Ê problemiÊ psichiatriciÊ noti,Ê crisiÊ dÕ ansia,Ê sintomiÊ psichiatriciÊ minoriÊ Dolore: moderato in atto (NRS = 4-7) o moderato-insopportabile (NRS = 4-10) ultimeÊ 24Ê h ReazioniÊ allergicheÊ inÊ attoÊ minori Ortopedici:Ê lombalgia moderata non traumatica (NRS = 4-7); dolori artro-muscoloscheletrici moderati (NRS = 4-7), stiramenti muscolari, distorsioni minori MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2010 • www.ecj.it CODICE 31 assistenzaÊ infermieristica CODICE VERDE PEDIATRICO < 12 anni (se non specificate valgono situazioni come nellÕ adulto) SostanzaÊ aÊ bassaÊ tossicitˆ ,Ê causticoÊ nonÊ sintomatico,Ê pazienteÊ asintomatico ZoppiaÊ acuta TraumaÊ minoreÊ daÊ <Ê 12Ê h PatologiaÊ canaleÊ inguinale EruzioneÊ aÊ improntaÊ emorragica EruzioneÊ generalizzÊ daÊ <Ê 6Ê h EmaturiaÊ macroscopica Balanopostite PiantoÊ prolungatoÊ inÊ bimboÊ >Ê 6Ê mesi Tumefazione addominale riducibile UstioniÊ <Ê 5%Ê bimbiÊ <Ê 2Ê aa UstioniÊ <Ê 10%Ê bimbiÊ >Ê 2Ê aa ÊÊ SINTOMI E SITUAZIONI GUIDA Emorragie lievi in atto (no ematemesi) o < 6 h, facilmente controllabili Scompenso glicemico lieve (glic. = 40-300 mg/dl) IntossicazioniÊ minoriÊ (sostanzeÊ inerti,Ê nonÊ tossiche)Ê senzaÊ sintomi Infezioni: febbre in atto o con FR Traumi:Ê dinamicaÊ minore,Ê diÊ segmentiÊ minoriÊ oÊ 1Ê diÊ torace,Ê cranio,Ê addome,Ê bacino,Ê rachideÊ senzaÊ FR*; ferite minori, superficiali non complicate; distorsioni e lussazioniÊ segmentiÊ minoriÊ Ustioni 1° o di 2° con < 9% superfice corporea Urologici:Ê stranguria,Ê disuria,Ê pollachiuria,Ê oliguria,Ê ritenzioneÊ urina,Ê macroematuria,Ê herpesÊ genitale Ostetrici:Ê travaglioÊ conÊ contrazioniÊ >Ê 10Ê min Gineco:Ê mastiti,Ê sanguinamentiÊ vaginali,Ê leucorrea,Ê doloreÊ mestruale,vaginiti ORL: otalgia con febbre e/o otorrea, corpo estraneo Dermato:Ê esantemi-ecchimosi-petecchieÊ moltoÊ estesi Oculistici: dolore occhio, iperemia congiuntivale, fosfeni, fotopsie, metamorfopsie, emorragieÊ subcongiuntivali Odontostomatologici:Ê avulsione dente, frattura dente FR = fattori di rischio in lista 2 allegata RichiesteÊ diÊ esami,Ê immunizzazione,Ê consulenzeÊ (tranneÊ cardiologica,Ê neurologica,Ê chirurgica),Ê contraccezione,Ê rimozioniÊ punti ProblemiÊ sociali Traumi:Ê lesioni minori (abrasioni superficiali < 10 cm, contusioni di segmenti minori,Ê puntureÊ conÊ aghi,Ê contattoÊ materialeÊ organico) Stipsi cronica (NB no se alvo chiuso a gas e feci), singhiozzo Dolore lieve (NRS = 0-3) in atto e/o cronico Urologici:Ê pruritoÊ genitali,Ê problemiÊ genitaliÊ minori Gineco: alterazioniÊ mestruali,Ê problemiÊ genitaliÊ minori,Ê noduliÊ seno ORL: otalgia; faringodinia e/o rinite e/o sinusite senza altri sintomi e segni associati, tappoÊ cerume Dermato:Ê macule, foruncoli, pediculosi, zecche, esantemi circoscritti, cisti, noduli, ascessiÊ <Ê 4Ê cm,Ê dermatitiÊ daÊ contatto,Ê geloni,Ê ustioniÊ solari,Ê verruche,Ê idrossiadenite,Ê unghiaÊ incarnita,Ê pruritoÊ isolato Oculistici, calazi, blefariti, corpo estraneo con obiettività normale Odontostomatologia:Ê gengivorragia, carie, odontalgie lievi, afta, vescicole bocca (HVS),Ê gengivite,Ê candidosi,Ê linguaÊ rossa Ortopedici:Ê torcicollo,Ê ematomaÊ subungueale,Ê giraditoÊ (pusÊ periungueale),Ê morsiÊ animali,Ê puntureÊ insetti emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it * 32 VomitoÊ e/oÊ diarreaÊ senzaÊ segniÊ diÊ disidratazioneÊ aÊ insorgenza non acuta tempo refill < 2 sec Ustioni 1° estensione < 5% IngestioneÊ diÊ sostanzaÊ innocua,Ê pazienteÊ asintomatico TuttoÊ ci˜Ê colore cheÊ nonÊ rientraÊ negliÊ altriÊ codiciÊ BIANCO TuttoÊ ci˜Ê cheÊ nonÊ rientraÊ negliÊ altriÊ codiciÊ colore Tabella 4 Questionario del secondo round. 1) Pensi che l’algoritmo TEM e la tabella modificati siano completi? 2) Pensi che l’algoritmo TEM e la tabella modificati siano esaustivi? 3) Pensi che lo Step 2, modificato, dell’algoritmo TEM sia ora completo? 4) Pensi che la tabella modificata, dell’algoritmo TEM è ora completa? 5) Pensi che l’ECG potrebbe aiutare nella codifica al triage? 6) Se sì alla domanda 5, pensi che l’ECG potrebbe esser incluso nell’algoritmo TEM? 7) Pensi che i pazienti fragili dovrebbero esser visitati prima? 8) Pensi che un programma potrebbe rendere più facile da memorizzare il TEM? 9) Pensi che un programma potrebbe rendere l’algoritmo TEM più facile da consultare? 10)Ê PensiÊ cheÊ unÊ programmaÊ rendebbeÊ ilÊ TEMÊ v2Ê pi•Ê veloceÊ daÊ consultare? 11)Ê PensiÊ cheÊ ilÊ TEMÊ v2Ê potrebbeÊ esserÊ usatoÊ nelÊ tuoÊ PS? Nota:Ê laÊ percentualeÊ diÊ rispostaÊ perÊ ilÊ secondoÊ round fu del 78% (18/23). Legenda:Ê InÊ nerettoÊ leÊ domandeÊ cheÊ nonÊ raggiunseroÊ ilÊ consenso. Concordanza è espressa nella mediana con un range = 0 (totale discordanza) – 5 (totale concordanza). TEM = Triage Emergency Method; PS = Pronto Soccorso.Ê MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. Risposte Sì % (n) 83Ê (15/18) 89Ê (16/18) 94Ê (17/18) 94Ê (17/18) 83Ê (15/18) 83Ê (15/18) 78Ê (14/18) 89Ê (16/18) 89Ê (16/18) 89Ê (16/18) 94Ê (17/18) dell’80% del consenso. I partecipanti concordavano sull’introduzione dell’ECG nel TEM v2. Non credevano che il paziente fragile avrebbe dovuto avere un percorso più veloce (Tabella 4). Discussione In questo studio, il TEM v1 era considerato applicabile in PS da un ampio gruppo di esperti italiani di triage. Usando la metodologia degli studi di consenso tipo Delphi, abbiamo sviluppato dal TEM v1, il nuovo metodo di triage TEM v2 che ha raggiunto un largo consenso tra gli esperti di triage inclusi in questo studio. Questo è, a quanto ci risulta, il primo studio italiano che usa una metodologia Delphi con mail per raggiungere un consenso su un metodo di triage e per migliorarlo. Inoltre pochi studi hanno usato la tecnica Delphi applicata al triage. In passato sono stati condotti studi per costruire la validità di modelli di triage16-17 o per identificare il livello di consenso tra un gruppo di esperti in medicina d’urgenza su un set di indicatori di sovraffollamento in PS18. Molti sistemi di triage in uso sono basati sul consenso: l’Australasian Triage Scale2, il Canadian Triage and Acuity Scale (CTAS3, il Manchester Triage System (MTS)4 e l’Emergency Severity Index (ESI)5-8. Anche in Italia, tutti i metodi di triage sono basati sul consenso di esperti “locali”, pochi comunque raggiungono largo consenso e diffusione11. A parer nostro, i modelli di triage basati solo su consenso non costruito con una “metodologia” validata (tipo Delphi) sono deboli e aperti a obiezioni, ad esempio: perdita di rappresentatività degli esperti (potrebbero esser reclutati solo esperti con singole competenze)19, possibilità di conflitto di interessi tra singoli e tra società. Quindi, per migliorare la “qualità” del loro consenso, i metodi di triage dovrebbero esser sviluppati con metodologie validate per servizi di assistenza sanitaria19,20 come la tecnica Delphi o quella dei “gruppi nominali”. Il metodo Delphi è una tecnica di costruzione del consenso sviluppata per migliorare il decision making in una particolare area di interesse, dove le informazioni pubblicate sono inadeguate o contraddittorie20. Le principali caratteristiche sono20: • l’anonimato tra i partecipanti; • la “iterazione” (il processo si sviluppa in rounds, permettendo ai singoli di cambiare opinione); • il “feedback controllato” con la rappresentazione delle risposte del gruppo e relative percentuali di consenso (indicando la risposta di ogni individuo e la sua precedente risposta); • l’analisi statistica delle risposte del gruppo (usando misure dei risultati del giudizio del gruppo sulle questioni poste). In questo studio abbiamo deciso di usare il metodo Delphi perché in Italia non esiste unanimità sui metodi di triage: le linee guida italiane9 suggeriscono metodi di triage basati su 4 livelli di priorità ma non suggeriscono un unico metodo di triage intraospedaliero. Di conseguenza sono in uso, nel nostro Paese, numerosi e differenti metodi e protocolli di triage, con il risultato paradossale che questa difformità si riproduce all’interno di una stessa regione. Inoltre, nessuno di questi metodi di triage, a quanto ci risulta, è stato studiato con indicatori di affidabilità e validità. Abbiamo scelto di verificare il consenso sul TEM v1 tra un grande gruppo di esperti di triage italiani perché questo modello aveva mostrato, in un precedente studio pilota10, una buona affidabilità inter- e intraoperatore nell’assegnazione di codici di priorità di triage e accuratezza nel predire il ricovero dei pazienti valutati. Inoltre, potrebbe esser semplice da insegnare, imparare e consultare perché basato su un’unica flow-chart e tabella. Queste caratteristiche potrebbero rendere il TEM più fruibile in Pronto Soccorso. In questo studio la principale differenza con il metodo Delphi era che avevamo già un argomento specifico (il metodo di triage TEM v1) sul quale volevamo testare il grado di consenso tra un gruppo di esperti. Infatti, prima di iniziare lo studio, abbiamo inviato con mail, il TEM v1 e una breve guida a tutti i partecipanti. Abbiamo poi usato i criteri e la metodologia Delphi per modificare e migliorare il modello. Invece, gli altri studi Delphi in genere partono da un argomento generico sul quale si tenta di raggiungere un consenso. In questo studio ci fu una discreta percentuale di nuovo invio dopo due rounds: 72% (18/25) con un significativo decremento dopo il secondo round (dal 98% al 78%). Molti partecipanti non inviarono nuovamente il questionario per ragioni personali. Dopo il primo round emerse che il TEM v1 poteva esser usato nei PS Italiani solo dopo modifiche (Tabella 2). In particolare, il gruppo di esperti pensava che non era semplice da memorizzare e consultare e non rapidamente consultabile per la tabella allegata (Tabella 1). Inoltre, gli esperti consideravano questa tabella incompleta perché priva della sessione pediatrica e dei principali sintomi dei codici di priorità inferiori (3, verde e 4, bianco). Seguendo queste indicazioni abbiamo sviluppato un nuovo modello di triage, il TEM v2 (Figura 3, Tabella 3). Il principale limite del nuovo metodo è che potrebbe esser ugualmente difficile da consultare perché la tabella è ancora complessa. Comunque, prima di un’eventuale divulgazione e uso nei Pronto Soccorso, stiamo elaborando un software per agevolare la consultazione della tabella. Il TEM v2 raggiunse un largo consenso tra gli esperti di triage (Tabella 4). Questo studio ha i limiti legati alla metodica Delphi e al metodo TEM v2. Il primo è che potrebbe esserci un potenziale bias nella selezione dei partecipanti esperti20 perché non c’è accordo su chi sia un “esperto”. Abbiamo usato una rigorosa randomizzazione per selezionare i partecipanti: un gruppo molto ampio di infermieri e medici (per rappresentare tutte le figure professionali coinvolte nell’argomento), provenienti da ospedali e centri universitari, da ospedali con basso e alto volume di pazienti in PS e da PS con diversi metodi e organizzazioni di triage (triage globale, spot-check ecc.). Abbiamo seguito, per la selezione, i criteri di precedenti studi12-14. Un altro problema con la metodica Delphi è la scelta del livello di consenso: potrebbe esser arbitrario e c’è un’ampia variabilità in studi precedenti. Per questo studio fu scelto il più alto e usato un cut-off indicato dalla letteratura: ≥ 80%12,14,16. I limiti relativi a una diffusione e a un uso del metodo TEM v2 sono: • sino a ora solo il TEM v1, e non il TEM v 2, è stato testato per la validità e affidabilità; • il TEM v2 è ancora complesso da usare specialmente per la tabella associata: potrebbe essere utile un software per rendere più semplice e rapida la consultazione. In conclusione, a quanto ci risulta, questo è il primo studio che misura l’accordo su un metodo di triage italiano usando un metodo tipo Delphi. I nostri dati suggeriscono che il metodo a quattro livelli, TEM v2, nell’attuale versione potrebbe raggiungere un largo consenso tra esperti di triage italiani. Perciò sembra ragionevole e auspicabile valutare la sua performance e la sua validità in un vasto studio multicentrico. Al momento stiamo sviluppando un programma che semplifichi la sua consultazione e il suo utilizzo. Ringraziamenti Tutti gli esperti di triage reclutati in questo studio: Dall’Osso I, Granellini A, Brighi M, Cutispoto G, Arban M, Bramuzzo C, Gadda G, Bruschini L, Farina M, Lando D, Busato C, Giacomelli E, Gamberoni ML, Bello M, Vacca E, Cerrina O, Feroce D, Fabrizio I. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it assistenzaÊ infermieristica 33 assistenzaÊ infermieristica emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Bibliografia 1. Thompson J, Dains J. Comprehensive Triage. Reston Publishing Company Inc., 1982. 2. Standards Committee Council. National Triage Scale. J Emerg Med 1994; 6: 145-146. 3. Beveridge R. CAEP issues. The Canadian triage and Acuity Scale: a new and critical element in health care reform. 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BMJ 1995; 311: 376-380. 34 MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza ComplexÊ decision-making:Ê initialÊ resultsÊ ofÊ anÊ empiricalÊ study Pier Luigi Baldi Professor of General Psychology, Catholic University, Milan” ABSTRACT A brief survey of key literature on emotions and decision-making introduces an empirical study of a group of university students exploring the effects of decision-making complexity on error risk. The results clearly show that decision-making under stress in the experimental group produces significantly more errors than in the stress-free control group. Dopo l’esame di alcuni lavori scientifici su emozioni e processi decisionali, vengono esposti i primi dati di una ricerca sperimentale, condotta su un gruppo di studenti universitari, avente per oggetto gli effetti della densità decisionale sul rischio d’errore. I risultati mettono chiaramente in luce che le condizioni di carico decisionale, a cui è stato sottoposto il gruppo sperimentale, ne hanno determinato un numero di errori significativamente più elevato rispetto al gruppo di controllo. Introduction of hospitals, despite a gradual increase in demand for emergency treatment caused to a significant degree by increases in the numbers of immigrants and elderly people. All this, they say, is having a negative impact on emergency services as well as individual health workers8. Waiting times for treatment are getting longer and the system itself is increasingly unable to cope, while health workers often feel threatened by verbal and/or physical violence on the part of patients and their minders. In such circumstances, the greater likelihood of burn-out in health workers cannot be ignored. The negative emotional impact of burn-out and feeling physically threatened, and therefore the increased likelihood of error in a profession prone decision-making stress (i.e., neverending, obligatory, unavoidably hasty decision-making where pressure of time may be an appreciable stress factor, at least in subjective terms) will immediately be apparent. What is certain, however, is that in order to make well-founded observations about this state of affairs, we need solid research data able to predict the likelihod or otherwise of error when making decisions in clearly defined stress conditions. The incompleteness of exclusively rational explanations of various kinds of decision-making, and the need for an approach that takes account of emotion, have been evident in many psychological studies since Zajonc’s early findings were published in the late 1960s1. A survey of the literature raises interesting issues. According to Bower & Cohen2, emotions work as an attention filter: how stimuli are interpreted depends on the decision-maker’s mood at the time. Thus, an angry person might make radical, even destructive choices, while an anxious person would tend to avoid choosing altogether, or at any rate, choose what seems likely to be the least risky option. More recently, however, Bensi & Giusberti3 have speculated that anxiety gives rise to the diametrical opposite of this: anxious people will make a hurried decision – any decision – rather than endure their state of insecurity any longer. This is in line with what Garety, Hemsley and Wessely4 call the jumping to conclusions decision-making style, where decisions receive little or no considered thought. However, Bower & Cohen and Bensi & Giusberti’s conclusions need not be seen as mutually exclusive; they simply describe possible responses which vary according to the personalities of subjects and the situations they find themselves in. As regards the influence of positive moods on decision-making, Isen5 notes that they promote flexible, productive thinking, and therefore appropriate, creative decision-making. So Rumiati & Bonini6 seem fully justified in saying that “the belief that rational decision-making requires the elimination of emotional influence is an unwarranted limitation.” Neuroscientists have also stressed the importance of emotion in decision-making. One need only cite Antonio Damasio, among the most authoritative of neuroscientists concerned with decision-making, who proposes7 that somatic markers – automatic emotional associations responsible for identifying how acceptable decision choices are – play a fundamental role in decision-making. Adopting what seems to be a counter-intuitive approach, Damasio maintains that somatic markers precede rational thought, meaning that emotion, not reason, lies at the heart of decision-making. The implications of all this on activities that involve complex decision-making – those that take place in hospital emergency rooms being a prime example – will be evident. Rastelli, Cavazza & Cervellin8 speak of the “huge numbers of patients and massive, unmanageable overcrowding” in hospital emergency rooms that have long been a focus of study in the UK and USA. In recent decades, say the authors, the health services in the main European countries have gradually reduced not only the number of hospital beds per 1000 inhabitants but also the number AimÊ andÊ hypothesis The research study, still very much of an exploratory nature, attempted to induce in the experimental group a degree of decision-making stress greater than that in the control group using multiple-choice tests based on logical series. Assuming my hypothesis to be correct, the experimental group would have significantly lower scores than the control group. MethodÊ Participants Forty university students aged 19-25 years. Table 1 shows the composition of the sample. MaterialÊ andÊ procedure Fifteen multiple-choice alphanumeric logical series. In each series the correct answer was one of the three or four choices (see Table 2). Group members performed the task individually and remained anonymous at all times. I tried to introduce an element of decision-making stress by asking the participants to do the test as quickly as possible and giving them a new one as soon as they had finished the previous one. Further stress was added for half of the experimental group (totalling 5 males and 5 females) by giving them four choices; the remaining 5 males and 5 females had three choices. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it SINTESI 35 contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza the decision-making problems met with in real life, especially in a hospital’s emergency ward. However, it does clearly show that induced emotion and decision-making complexity have a far from negligible impact on error risk. Table 1 Composition of sample (n = 40). Males Females Choices Choices ThreeÊ Ê Ê Ê Ê Ê Ê Ê Ê Four ThreeÊ Ê Ê Ê Ê Ê Ê Ê Ê Four Group Total Experimental 5 5 5 5 20 Control 5 5 5 5 20 Total 10 10 10 10 40 emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Table 2 Example of alphanumeric logical series with three and four choices. 36 LogicalÊ series ThreeÊ choices FourÊ choices VUZ20Ê RQS16Ê NMO12 BAD8 HGI8 GHI8 HGI10 BAD8 GHI8 HGI8 The control group was given the same test without being asked to do it as quickly as possible. Here, too, 5 males and 5 females did the test with four choices, while the other 5 males and 5 females had three choices. Statistical analysis Pearson’s r correlation coefficient (product-moment correlation coefficient) between time taken and number of correct answers was calculated for all the participants. Student’s t-test revealed any significant differences between scores and time taken to complete the test, in terms of sex difference, test conditions and number of choices (Tables 3-5). ResultsÊ andÊ commentÊ The r correlation coefficient between time taken and number of correct answers was highly significant (n = 40; r = .43; p <.01), showing that working in stress-free conditions enhanced performance. The fact that allowing more time to do the test resulted in higher scores is in line with expectations: successful completion of alphanumeric series as challenging as the ones used in this experiment is undoubtedly facilitated by being able to work without strict time limits. T-test values were also as predicted, with significantly higher scores (p < .001) in the control group, which benefited from working in stress-free conditions. The lack of stress was reflected in the fact that they took significantly longer to do the test than the experimental group. Moreover, the added stress of having four rather than three choices resulted significantly higher scores for tests with only three choices. References 1. Zajonc RB. Attitudinal effects of mere exposure. J Pers Soc Psychol 1968, 9(2), 1-27. 2. Bower GH, Cohen PR. Emotional influences in memory and thinking: Data and theory. In: Clark MS, Fiske ST (eds). Affect and cognition: The 17th Annual Carnegie Symposium on Cognition. Erlbaum, Hillsdale (NJ), 1982. 3. Bensi L, Giusberti F, L’ansia e lo stile “salto alle conclusioni”. Atti del congresso AIP, Sezione di Psicologia Sperimentale. Cagliari, 18-20 settembre 2005. 4. Garety PA, Hemsley DR, Wessely S. Reasoning in deluded schizophrenic and paranoid patients: Biases in performance on a probabilistic inference task. J Nerv Ment Dis 1991, 179, 194-201. 5. Isen AM. Positive affect and decision making. In: Lewis M, Haviland JM (eds). Handbook of Emotions. Guilford, New York, 2000. 6. Rumiati R, Bonini N. Psicologia della decisione. 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ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm Stressful conditions ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs 7,3 2,49 ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm Stress-free conditions ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs t = -4,73*** 11,05 2,5 t-test on independent samples (n = 40). pÊ <Ê 0,001;Ê g.diÊ l.:Ê 38. *** ConclusionsÊ In my view, the most important finding of the study is the difficulty of performing under stress: being asked to do the test as quickly as possible, doing the test in the presence of someone probably perceived as a judge of performance, and the impossibility of being able to review all or part of one’s work before handing in the test to the examiner, may have jointly created a state of emotional unease. I don’t think having been able to briefly review answers before handing in the test would have narrowed the gap between the experimental group and control group scores, given the highly significant differences between them. The study certainly makes no claim to be a full simulation of Table 5 Score by number of choices. ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm ThreeÊ choices ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm FourÊ choices ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs 10,45 2,87 Ê 7,9 t = 2,8** 2,88 t-test on independent samples (n = 40). pÊ <Ê 0,01;Ê g.diÊ l.:Ê 38. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. ** contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza Il suicidio e il tentato suicidio: una sfida in emergenza-urgenza Rassegna critica ed esperienza dei PS della Provincia di Parma Gianni Rastelli°, Marco Trevia*, Giuseppe Lippi^, Gianfranco Cervellin§ °UO Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Ospedale di Vaio (Fidenza) – AUSL di Parma * Centro Salute Mentale DAI-SMDP Fidenza – AUSL di Parma ^ UO Diagnostica Ematochimica, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma § UO Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Il suicidio è un fenomeno di vasta rilevanza sociale, la cui frequenza varia in epoche e culture diverse. Nel mondo occidentale il suicidio è tra le prime 10 cause di morte, e tra le prime 3 nella fascia di età 15-44 anni: si stima un milione di morti suicidi all’anno nel mondo (oltre 2700 al giorno). In Italia sono riportate circa 4000 morti all’anno per suicidio (di cui 3000 ascrivibili al sesso maschile), ma è noto che il dato è sottostimato per varie comprensibili ragioni: mancata diagnosi in caso di causale incerta, reticenza di parenti, accompagnatori, ecc., difficoltà diagnostiche intrinseche (ad es., avvelenamenti). Le stime più prudenti riportano che per ogni suicidio riuscito sono stati messi in atto almeno 10 tentati suicidi. Il Pronto Soccorso (PS) rappresenta il luogo in cui afferisce l’80% dei casi di tentato suicidio, ed è quindi il luogo privilegiato per la loro intercettazione. Il PS è per molte persone il primo punto di contatto che può rappresentare una fonte di aiuto. Molte persone nei pochi giorni/settimane prima di commettere suicidio o di tentarlo seriamente hanno avuto contatti con il PS o con il medico di medicina generale (MMG). Dal momento che il rischio di ripetere il gesto è molto più elevato nelle settimane successive al tentativo precedente, è opportuna una rapida e solida presa in carico che parta proprio dal contatto con il PS o con il MMG. Il presente articolo si propone di esporre una sintesi delle indicazioni operative relative alla gestione del paziente suicidario. ABSTRACT Suicide is a public health problem with important social consequences. Its prevalence is highly variable across different ages and cultures. In western countries suicide accounts for several deaths, representing one among the ten leading causes, one among the three in the age group between 15 and 44 years. There are nearly one million suicidal deaths per year worldwide, i.e., more than 2700 per day. In Italy, ~4000 suicidal deaths (three fourth in males) are recorded each year, but – rather understandingly – the data are underestimated due to uncertainty in causal events, reticence of victim’s relatives and friends, occult poisoning. Moreover, at least ten attempted suicides are reported for each one accomplished. The Emergency Department (ED) represents the facility where more than 80% attempted suicides are referred and it is therefore the privileged location for their evaluation and prevention. ED represents for many people the first and often the only chance for asking and gathering help. Several persons had contact with ED or with their General Practitioner (GP) during the few days/weeks before suicide attempting. As such, since the risk of reiteration is much higher in the few weeks after a first attempt, a rapid and structured care of the patient is advisable, starting from ED or GP. The aim of this article is the description and the synthesis of the current indications for the care of suicidal patient. “L’animo mio, per disdegnoso gusto, credendo con morir fuggir disdegno, ingiusto fece contra me giusto” diana del proprio operare, soprattutto in alcune discipline. Tra tutte le cause di morte il suicidio presenta certamente diverse peculiarità: l’intenzione di morte e le conseguenti implicazioni emozionali, coinvolgenti anche parenti e amici della vittima. Il medico di Pronto Soccorso valuta in prima battuta oltre l’80% dei casi di tentato suicidio, ed è quindi lo specialista che maggiormente dovrebbe essere formato ad affrontare tale complessa problematica. Ciononostante, anche il recente Trattato di Medicina d’Emergenza-Urgenza della SIMEU dedica al suicidio e ai comportamenti autolesivi meno di una pagina. Lo psichiatra, rispetto al clinico, si confronta con meno frequenza con l’evento “perdita del paziente”, con l’unica eccezione del suicidio che, spesso, può anche venirgli imputato quale conseguenza di un errore diagnostico/terapeutico. Affrontare questi temi dunque è anche un modo per riflettere sulla nostra professione, sulla ricaduta che eventi dolorosi, talora esito di disperazione esistenziale senza pari, hanno sul professionista che, uomo tra gli uomini, ha però il dovere morale e deontologico (per chi attende il suo prossimo intervento) di superare, auspicabilmente rinforzandosi e arricchendosi. Dante. Inferno, XIII Suicidio di Pier delle Vigne Introduzione Parlare di suicidio e di comportamenti suicidari in ambito medico evoca, da sempre, vissuti personali intimi, dolorosi, esperienze professionali angoscianti e lacerazioni, talvolta insanabili, tra deontologia professionale, etica, ruolo sanitario e sensibilità individuale; non secondario è inoltre il sottile disagio che, anche in ambito medico, parlare di tali argomenti genera in chi li affronta o in chi viene posto a confrontarsi con essi. Il medico è, o dovrebbe essere – posto che ciò possa essere possibile – preparato ad affrontare la morte, la perdita del proprio paziente, l’obiettivo principale contro cui viene formato a combattere ma che, inevitabilmente, diventa compagna quasi quoti- MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it SINTESI 37 contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Fig. 1 - Tasso di suicidio nel mondo. Fonte WHO, 2002. 38 Fig. 2 - Tasso di suicidio in Italia. Fonte ISTAT. Il suicidio è un fenomeno di vasta rilevanza sociale, multideterminato, la cui frequenza varia in epoche e culture diverse. Nel mondo occidentale il suicidio è tra le prime 10 cause di morte, e tra le prime 3 nella fascia di età 15-44 anni: si stima un milione di morti suicidi all’anno nel mondo (oltre 2700 al giorno)1. In Italia, secondo dati ISTAT, sono riportate circa 4000 morti all’anno per suicidio (di cui 3000 ascrivibili al sesso maschile)2. I dati epidemiologici sui suicidi e i tentativi di suicidio provengono dall’autorità giudiziaria (verbali e rapporti di polizia e carabinieri) o da quella sanitaria (secondo i dati elaborati dall’Istituto di statistica sanitaria tratti dai certificati di morte). Tali dati, spesso non coerenti tra loro, sono (per parere unanime degli esperti) sottostimati per varie comprensibili ragioni: mancata diagnosi in caso di causale incerta, reticenza di parenti, accompagnatori, ecc., difficoltà diagnostiche intrinseche (ad es., avvelenamenti). Su base regionale il triste primato spetta al Friuli-Venezia Giulia con un tasso di 9,8 suicidi per 100.000 abitanti, mentre il dato più basso è riportato per la Campania con un tasso di 2,6 suicidi per 100.000 abitanti (CNEL)3. Le stime più prudenti riportano che per ogni suicidio riuscito sono stati messi in atto almeno 10 tentati suicidi. Le Figure 1 e 2 illustrano l’epidemiologia del suicidio a livello planetario e a livello nazionale. Il suicidio, pur essendo un gesto compiuto contro se stessi, esercita un violento impatto sugli altri, sia sui famigliari sia sulla società. La posizione della società nei confronti di tale comportamento è profondamente cambiata nel tempo in funzione delle epoche storiche, delle culture, delle sensibilità religiose e politico/sociali che nei secoli si sono succedute. Si è infatti assistito all’evoluzione della percezione del suicidio che, mentre in tempi molto lontani venne ritenuto gesto accettato e/o degno di ammirazione, diventò poi peccato o grave crimine, fino ad arrivare, in tempi più recenti, a essere ritenuto reazione estrema a eventi avversi o a condizioni psicopatologiche. Per avere un’idea delle ripercussioni sociali basti pensare che nel XV secolo per chi si uccideva – reato contro Dio e contro il Re – la legge inglese proibiva la sepoltura in terra consacrata, il corpo veniva profanato, al suicida venivano confiscati i beni e i parenti dovevano lasciare la città, umiliati, e ricominciare una nuova vita, sempre che vi potessero riuscire. Nel XVII secolo la crudeltà di tale castigo portò gradualmente alla patologizzazione del suicidio: si costituì una corte apposita per distinguere chi si suicidava in stato di “insania” da chi compiva un crimine e era dunque soggetto a profanazione del corpo e confisca dei beni. Il secolo XIX vide l’accentuazione di una prospettiva di valutazione medico-scientifica: vennero effettuate ricerche sull’ereditarietà e si cercarono ragioni biologiche al comportamento autosoppressivo. All’inizio del XX secolo, poi, il suicidio sembrò quasi sparire dai documenti ufficiali come causa di morte; nei regimi fascisti, comunisti e nazista il suicidio era considerato segno di inanità di razza o di infelicità della società e dunque non ammissibile4. Il suicidio può essere l’espressione, il sintomo, di uno specifico disturbo psicopatologico, ma ciò non avviene nella maggioranza dei casi: solo in poco più di un terzo di tutti i suicidi è ricostruibile una chiara storia psicopatologica. La maggior parte dei suicidi è meglio comprensibile, e descrivibile, in termini umani, esistenziali, filosofici che non puramente psichiatrici. Tristezza, depressione, sconforto, disperazione, angoscia e rassegnazione sono, prima di tutto, esperienze umane, vissuti e sentimenti individuali, intimi. Due sono i principali modelli utilizzati dall’uomo per tentare di comprendere il fenomeno: 1. Modello personologico (di estrazione psicoanalitica e antropofenomenica). Il suicidio può essere visto come espressione sintomatologica di depressione maggiore grave, di alcolismo, di schizofrenia e di altri quadri psicotici, così come di gravi disturbi di personalità. In termini psicoanalitici, il suicidio è stato considerato come omicidio mancato, come MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. espiazione della colpa, o metacomunicazione dell’autoaggressione. 2. Modello sociologico. Raggruppa le diverse ragioni sociali, economiche, storiche e culturali che sono state riconosciute alla base di molti suicidi; si comprende in quest’ambito anche il controverso rapporto collettività/individuo che spesso si riscontra nelle diverse posizioni della società verso gli atti suicidari. Forse l’esempio più noto di suicidio “sociologico” è rappresentato dal seppuku (più comunemente noto come harakiri, anche se tra i due termini esiste una differenza, in quanto il primo descrive un atto rituale, mentre il secondo un atto privato) del samurai, spesso rappresentante il compimento, l’apice, di un percorso di disciplina (il Bushido o via del samurai) o come reazione alla perdita del ruolo o del proprio onore. Nel seppuku il guerriero (bushi) si apre il ventre con la sua spada, poi viene finito dal suo migliore amico o dal suo discepolo prediletto con un colpo netto di spada che gli recide la testa (kaishaku), gesto che richiede una grande abilità e viene per questo affidato a persona accuratamente prescelta (il kaishakunin)5. In altri casi la primaria ragione appare la rabbia, la protesta sociale e/o politica. Paradigmatico e universalmente noto il caso di Jan Palach, lo studente cèco che il 19 gennaio 1969 si immolò nella piazza San Venceslao a Praga per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Con il suo atto estremo e il suo sacrificio egli dette vita alla ribellione di piazza che venne definita “Primavera di Praga”. è evidente che atti di tal genere non possono certo essere classificati, né tantomeno compresi, in termini di psicopatologia. Una delle classificazioni più importanti dei comportamenti suicidari, in termini sociologici, è quella che ci proviene dallo studio di Emile Durkheim che, pur essendo datato 1897, è ancora oggi considerato un riferimento per gli studi di suicidologia e per le ricerche sociologiche moderne sul suicidio6. Durkheim distingue tre forme principali di suicidi con rilevante componente sociale nel loro determinismo: suicidio egoistico, suicidio altruistico, suicidio anomico. Per Durkheim il suicidio egoistico è quello proprio di individui che si sono troppo distanziati dalla società, entrando in uno stato di isolamento ed estrema individualizzazione; il suicidio è definito altruistico quando la persona è troppo inserita nel tessuto sociale, tanto da essere depersonalizzata al punto da suicidarsi per soddisfare l’imperativo sociale (per Durkheim è la società che crea gli individui, e non viceversa) come la vedova indiana che accetta di esser posta sul rogo che brucerà il corpo del defunto marito, o il comandante di una nave che sta per affondare che decide di non salvarsi e morire insieme alla nave che si inabissa. L’ultima delle tre principali categorie è il suicidio anomico; per Durkheim l’anomia è una condizione di mancanza (o di grave perturbazione) dei sistemi di norme e valori che regolano la vita collettiva. Il suicidio anomico, tipico delle società moderne, sembra collegare il tasso dei suicidi con il ciclo economico: il numero dei suicidi aumenta sia nei periodi di sovrabbondanza sia in quelli di depressione economica. Pur se oggetto di varie confutazioni Durkheim ha segnato una tappa fondamentale all’interno del panorama della sociologia contemporanea. Psicopatologia e clinica ValutazioneÊ delÊ rischioÊ suicidario Sotto il profilo nosografico si distinguono: suicidio riuscito, tentato suicidio, velleità suicidaria, comportamenti autolesivi, suicidosi, equivalenti suicidari. Il suicidio riuscito, che può essere razionale o impulsivo, lascia solo il tempo ai familiari per elaborare il lutto, darsi pace e superare la perdita nonché, a chi studia l’argomento, per effettuare la cosiddetta autopsia psicologica e cioè la raccolta anamnestica, dai parenti o da altri conoscenti del suicida, di elementi psicopatologici pregressi di rilievo che possano essere utili nello studio, nella prevenzione e riduzione del rischio della condotte suicidarie. Il tentato suicidio (o suicidio mancato) è, di fatto, un suicidio vero e proprio che non è giunto a compimento solo per cause fortuite, casuali e non dipendenti dalla volontà del soggetto, che invece intendeva porre a compimento il suo intento. è certamente quest’ultimo il caso più impegnativo, sia dal punto di vista clinico, psicopatologico, sia da quello psicoterapico e relazionale. La velleità suicidaria, invece, costituisce un tentativo appena abbozzato di suicidio, che spesso si traduce in tagli superficiali, assunzione di piccole quantità di farmaci e/o tentativi compiuti in presenza di familiari o altre persone, che sottende più la voglia di dormire, allontanarsi dai problemi o richiamare l’attenzione degli altri su di questi o su di sé. Non va tuttavia sottovalutata perché potrebbe avere il significato di prova generale. Quanto ai comportamenti autolesivi propriamente detti (o suicidio focale), si tratta di severi attacchi all’integrità del proprio corpo con intento non primariamente suicidario, quanto per constatare che si è vivi e sensibili (o il contrario) al dolore, manipolare l’ambiente, gli altri, in modo da farsi accudire, oppure in modo da trasformare un dolore psichico in dolore fisico; sono questi sintomi e comportamenti (algofilia) assai caratteristici di pazienti affetti da gravi disturbi di personalità. Si parla invece di suicidosi (o di stile suicidario) per riferirsi a quei tentativi ripetuti nel tempo, talvolta stereotipati, tanto da configurare quasi uno stile di vita, o quantomeno di comunicazione, del soggetto. In ultimo gli equivalenti suicidari (suicidi subintenzionali), ovvero condotte che espongono in maniera volontaria o meno a rischio di morte (sport estremi, guida ad alta velocità, ecc.)7. I principali fattori di rischio8 rientrano nelle seguenti categorie: • anamnestici: familiarità per suicidio, pregressi TS; • generali: età > 45 anni, sesso: maschi > femmine; • presenza di malattie croniche invalidanti: ictus cerebri, IMA, neoplasie, lesioni cerebrali/spinali traumatiche; • socioeconomici e relazionali: stress economico-sociali, disoccupazione, migrazione, perdite, rottura equilibri; • psicopatologici: disturbi dell’umore: depressione maggiore, fase depressiva del disturbo bipolare, schizofrenia, disturbi di personalità con impulsività, dipendenza da sostanze, disturbi del comportamento alimentare, altri; • soggettivi: sentimenti di taedium vitae, colpa, autoaccusa, inguaribilità, solitudine, anedonia. Per quanto non sufficientemente esaustive, e non sempre utili nel determinare o condizionare le valutazioni diagnostico-terapeutiche, possono essere utile implementazione alla valutazione clinica alcune scale psicometriche, che mirano a rilevare e quantificare la gravità del rischio di suicidio9. Tra le più note ricordiamo: • Hopelessness Scale di A.T. Beck (1974), scala di 20 item per valutare la visione pessimistica della vita del soggetto; • Scale of a Suicidal Ideation (SSI) di A.T. Beck (1979), una rating scale di 19 item strutturata per valutare l’ideazione suicidaria; • Reasons for Living Inventory di M. Linehan (1983), composta da 48 item, che analizza le motivazioni che hanno i soggetti per prevenire i gesti autolesivi; • Suicide Assessment Scale (SAS) di B. Stanley (1986). Nell’ambito della psicopatologia diverse sono le condizioni cliniche in cui risulta elevato il rischio suicidario10. Innanzitutto i disturbi dell’umore: la depressione maggiore e il disturbo bipolare sono frequenti in casi di suicidio e tentato suicidio. L’ideazione suicidaria è più grave al primo episodio, se l’età è più giovane e se sono presenti anedonia, ansia e insonnia. Fortemente implicati anche gli stati misti, depressione atipica e depressione psicotica, la fase depressiva del disturbo bipolare, specie se vi è comorbidità con disturbo borderline di personalità e con l’uso di alcol e sostanze. Anche alcuni disturbi d’ansia, specie se associati ad abuso di alcolici e tratti impulsivi di personalità, sono correlati all’emergere di ideazione e comportamenti suicidari: disturbo da attacchi di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, ansia generalizzata, fobia sociale e disturbo post-traumatico da MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza 39 contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it Fig. 3 - Numero totale e percentuale di accessi per autolesione ai PS di Parma e Fidenza, anno 2009. 40 stress. Nell’ambito dei disturbi psicotici poi, è noto come il 10% di pazienti affetti da schizofrenia muoia suicida, percentuale paragonabile a quella nei pazienti con disturbo dell’umore. Il rischio inoltre è più elevato nei soggetti maschi, giovani, soli e disoccupati, di istruzione più elevata, esposti a frequenti ricadute, con sintomi affettivi sovrapposti. è importante altresì considerare come la gravità dei sintomi depressivi e positivi (deliri e allucinazioni, comportamento e ideazione disorganizzata) sia associata ad aumento del rischio, quella dei sintomi negativi (apatia, avolizione, impoverimento affettivo e della personalità) a diminuzione dello stesso. Anche alcuni tra i disturbi di personalità (disturbi borderline e antisociale di personalità e, in misura minore, il disturbo dipendente di personalità) sono considerati quadri psicopatologici associati ad aumento del rischio suicidario. Nei disturbi di personalità si registra soprattutto però una suicidalità cronica (stile suicidario), quindi si tratta più di tentativi che di comportamenti suicidari veri e propri. In questi casi il metodo tradizionalmente adottato è l’assunzione incongrua di farmaci. Il tentato suicidio in Pronto Soccorso AccoglienzaÊ eÊ presaÊ inÊ caricoÊ nelÊ DipartimentoÊ d’Emergenza-Urgenza Il Pronto Soccorso dell’ospedale rappresenta il luogo in cui afferisce l’80% dei casi di tentato suicidio, ed è quindi il luogo privilegiato per la loro intercettazione. è stato stimato che per ogni suicidio completo, vi sono 8-22 visite in PS per comportamenti suicidi11. Nella Figura 3 vengono rappresentate le quantità assolute e le percentuali sulla casistica totale di suicidi e tentati suicidi afferiti nell’anno 2009 presso i PS di Parma e di Fidenza-Vaio, cioè presso i due PS della Provincia di Parma. I dati sono stati estratti dalla causale di triage, e risultano pertanto fortemente sottostimati. Molti atti autolesivi emergono solo dopo un’approfondita valutazione medica, ma le diagnosi formulate possono essere molto varie, e pertanto si incontrano notevoli difficoltà nell’estrazione ex post di tutte le patologie (psichiatriche, traumatiche, tossicologiche) correlate a comportamenti suicidari. Il PS è per molte persone il primo punto di contatto che può rappresentare una fonte di aiuto. Molte persone nei pochi giorni/ settimane prima di commettere suicidio o di tentarlo seriamente hanno avuto contatti con il PS o con il MMG. Dal momento che il rischio di ripetere il gesto è molto più elevato nelle settimane successive al tentativo precedente, è opportuna una rapida e solida presa in carico che parta proprio dal contatto con il PS o con il MMG. Sfortunatamente, si osserva spesso un impressionante squilibrio tra l’assistenza fornita ai pazienti con potenziali intenzioni suicide e l’assistenza garantita ai pazienti con diagnosi “mediche”, malgrado il fatto che il suicidio rappresenti una così comune e spesso prevenibile causa di morte. Per molti pazienti, una visita in PS può essere l’unica opportunità di intervento prima di un suicidio compiuto12. La preoccupazione immediata in PS è quella di assicurare la rianimazione e la stabilizzazione appropriate adatte al singolo paziente. Tutti i pazienti che hanno effettuato un tentativo anticonservativo o si pensa abbiano tendenze suicide sono un potenziale continuo pericolo per sé stessi. Tali pazienti quindi necessitano di un ambiente sicuro e monitorato, e possono necessitare anche di un’osservazione a vista e di mezzi di restrizione fisici o chimici per poterli valutare. Così come nella cura preospedaliera, si raccomanda di utilizzare il quantitativo minimo sufficiente di mezzi di restrizione fisici e/o chimici. è utile, spesso indispensabile, somministrare già in PS una benzodiazepina (diazepam o lorazepam) e un farmaco antipsicotico (aloperidolo, clotiapina o clorpromazina) per ridurre l’agitazione e il pericolo potenziale per il paziente e per il personale13. Il medico d’urgenza ha un ruolo importante nel “prosciogliere dal punto di vista medico” il paziente, nel determinare cioè se i sintomi psichiatrici del paziente possano essere secondari a una patologia medica che richieda un trattamento medico piuttosto che psichiatrico. Lo scopo primario dell’anamnesi è di stabilire il grado di rischio imminente per il paziente. Il rischio di suicidio viene stabilito lungo un continuum che va dall’ideazione suicida da sola (relativamente meno grave) all’ideazione suicida con un piano (più grave). Non vi sono tuttavia evidenze che provino come gli screening per il rischio di suicidio riducano i tentativi di suicidio o la mortalità e non vi è nessuna prova definitiva che suggerisca la superiorità di uno strumento di screening rispetto a qualsiasi altro, specialmente nello scenario dell’emergenza-urgenza14. Una elevata percentuale dei suicidi portati a termine è associata con l’abuso di sostanze o con la depressione non trattati. Tutti i pazienti che non hanno tentato il suicidio ma che si presentano con una storia di depressione, abuso di sostanze, ansia o altri disturbi psichiatrici dovrebbero pertanto essere valutati di routine per l’ideazione suicida. Kapur et al.15 hanno riportato che, su 7612 persone arrivate in Pronto Soccorso per un atto di autolesionismo, la capacità di prevedere la ripetizione dell’atto era più bassa nei medici di PS che negli psichiatri e, rispetto agli psichiatri, era più sensibile ma meno specifica. Gli autori riportano che “in entrambi i gruppi, la maggioranza delle ripetizioni del tentativo di suicidio avveniva tra le persone giudicate a rischio basso o moderato”, e che “un approccio preventivo e di trattamento limitato alle persone ritenute ad alto rischio non è utile. Se ci si limitasse ad offrire un intervento alle sole persone giudicate ad alto rischio di ripetizione, verrebbe evitato meno di un quinto degli episodi di ripetizione del tentativo”. In assoluto, un precedente tentativo di suicidio è considerato il migliore predittore di un futuro suicidio portato a termine. è importante ricordare che circa il 30% delle persone che tenta Tabella 1. Algoritmo di Hirschfeld e Russel (da 16, modificato). Fattori di rischio sociodemografici: SessoÊ maschile,Ê etˆ Ê >Ê 60Ê aa,Ê vedovoÊ oÊ divorziato,Ê viveÊ solo,Ê problemiÊ economici, recente storia di difficoltà esistenziali. FattoriÊ diÊ rischioÊ clinici: Sindrome depressiva o schizofrenia, abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti, anamnesi + per precedenti tentativi o idee di suicidio, sentimenti di disperazione, grave stato ansioso, manifestazioni di attaccoÊ diÊ panico,Ê graveÊ prostrazione. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza Valutazione sinergica tra medico di Pronto Soccorso eÊ psichiatra Completato l’iter di accoglienza e la visita medica di Pronto Soccorso, una volta stabilizzate le condizioni fisiche del paziente, dipendenti dal tipo di lesioni autoinfertesi (intossicazione, ferite, traumi da precipitazione, ecc.) prosegue il percorso con la consulenza psichiatrica che dovrà poi portare alla decisione congiunta medico di PS-psichiatra. Anche quando il paziente rimane in carico al medico di PS le decisioni operative dovranno essere condivise tra lo stesso e il consulente psichiatra. Allo psichiatra pertanto viene richiesta una valutazione diagnostica più approfondita, che includa anche una stima del rischio di reiterazione; il consulente psichiatra ha il compito di definire un indirizzo diagnostico e un appropriato trattamento terapeutico che, nel caso del tentato suicidio, si configura nella scelta – concordata con il medico di PS – della più opportuna destinazione del paziente, una volta che sia stata completata la sopracitata “clearance medica”. è importante verificare in ogni paziente le ideazioni suicide, i propositi e i piani, prima di prendere delle decisioni: fondamentale argomentare e documentare bene la decisione dal momento che il suicidio ha pesanti implicazioni medico-legali. Lo standard professionale attuale è ricoverare, al limite anche coattivamente, ogni paziente che abbia compiuto un reale TS (necessità di un periodo protetto per l’elaborazione dell’accaduto) e/o che mantenga ideazioni, piani o propositi anticonservativi nel DEA dopo la visita medica e la consulenza psichiatrica. Il luogo più adatto per seguire un paziente in imminente pericolo di suicidio è il reparto ospedaliero di Psichiatria con un personale addestrato ad assistere questi pazienti. In alcuni casi i pazienti con ideazioni suicide, ma senza propositi e/o progetti, possono essere dimessi dopo approfondita valutazione. La decisione di dimettere deve essere presa con prudenza, condivisa tra lo psichiatra e il medico di Pronto Soccorso. Nel caso si decida per la dimissione deve essere soddisfacente il sistema di sostegno sociofamiliare e si devono dare informazioni, riferimenti telefonici del CSM/ospedale e istruzioni adeguate al paziente e ai familiari. Il follow-up è particolarmente importante per ogni paziente dimesso. Conclusioni L’importanza epidemiologica del suicidio, anche come causa di morte, e le sue pesanti implicazioni cliniche, assistenziali e medico-legali, comportano la necessità di una formazione specifica per il medico d’urgenza, che deve saper gestire non solo gli aspetti medici – conseguenti al trauma o all’intossicazione autoprocuratisi dal paziente, ma altresì gli aspetti psicologici e psicopatologici fondamentali. Ciò al fine di poter interagire sinergicamente nel modo più appropriato con lo specialista psichiatra che, inevitabilmente, verrà chiamato a collaborare alla gestione del caso almeno in una qualche fase del trattamento. Bibliografia 1. World Health Organization. World Report on Violence and Health. Chapter 7. Self-Directed Violence. WHO, Geneve, 2002, pp. 191-198. WHO SUicidal PREvention (SUPRE project): Suicidal prevention and special programmes. Disponibile sul sito: www.who.int/mental_health/prevention/ suicide/information/en/index.html. 2. Istituto Statistico Italiano (ISTAT). Disponibile sul sito: www.istat.it/dati/dataset/2009 0703_00/. 3. Consiglio Nazionale Economia e Lavoro (CNEL). Disponibile sul sito: www.cnel.it/cnel/browser/wizard. 4. Pietropolli Charmet G. Uccidersi. Il tentativo di suicidio in adolescenza. Raffaello Cortina, Milano, 2009, pp. 291-297. 5. Pinguet M. La morte volontaria in Giappone. Luni, Milano, 2007. 6. Durkheim E. Il suicidio. Studio di sociologia. BUR, Milano, 2007, pp. 211-268. 7. Anzallo C, Tesolin F, Lo Perfido A et al. I disturbi di personalità e la condotta suicidaria. Noos 2004; 10(4): 282-283. 8. Gliatto MF, Rai AK. Evaluation and treatment of patients with suicidal ideation. Am Fam Physician. 1999; 59(6): 1500-1506. 9. National Guideline Clearinghouse (NGC). Guideline summary: Practice guideline for the assessment and treatment of patients with suicidal behaviors. In: National Guideline Clearinghouse (NGC) [Web site], 2003. Disponibile sul sito: http://www.guideline.gov. 10. De Leo D, Pavan L, Baconcini C. Suicidio. Trattato Italiano di Psichiatria. Masson, Milano 1999, pp. 2402-2403. 11. Drug Abuse Warning Network, 2008: National Estimates of Drug-Related Emergency Department Visits. Drug-related suicide attemps: ED visits involving drug-related suicide attempts, 2008. U.S. DEPARTMENT OF HEALTH AND HUMAN SERVICES Substance Abuse and Mental Health Services Administration Center for Behavioral Health Statistics and Quality. DAWN Report. Disponibile sul sito: wwwdawninfo.samhsa.gov/. 12. Russinoff I, Clark M. I pazienti suicidi: valutazione e trattamento dei pazienti che si presentano per tentativi o ideazioni suicide. Emerg Med Pract (Edizione italiana) 2004; 5(11): 1-20. 13. Battaglia J, Moss S, Rush J et al. Haloperidol, lorazepam, or both for psychotic agitation? A multicenter, prospective, double-blind, emergency department study. Am J Emerg Med 1997; 15(4): 335-340. 14. No authors listed. Screening for suicide risk: recommendation and rationale. Ann Intern Med 2004;140(10): 820-821. 15. Kapur N, Cooper J, Rodway C et al. Predicting the risk of repetition after self harm: cohort study. BMJ 2005; 330: 394-395. 16. Hirschfeld RM, Russell JM. Assessment and treatment of suicidal patients. N Engl J Med 1997; 337(13): 910-915. MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it il suicidio ripeterà il tentativo entro un anno e circa il 10% di coloro che minacciano o tentano il suicidio alla fine si ucciderà davvero. L’algoritmo di Hirschfeld e Russel16, riportato nella Tabella 1, rappresenta un semplice strumento valutativo di facile applicazione anche per il non specialista. Dopo la raccolta dell’anamnesi e la valutazione dell’evento, al medico di PS rimane l’esame obiettivo (valutazione dei segni vitali, presenza di febbre, valutazione pupille e addome, quali segni indiretti di intossicazione, ricerca segni di traumatismi, valutazione dello stato mentale) e l’effettuazione dei necessari esami ematochimici e strumentali. è fondamentale ricordare e rapidamente escludere le più comuni cause metaboliche di alterazione comportamentale acuta. Tra queste particolare attenzione andrà posta a: ipoglicemia, iper- o ipotiroidismo, scompenso diabetico, iper- o iponatremia, ipercalcemia. Compito immediato del medico di PS è stabilire se sia indicata una rapida decontaminazione e/o trattamento antidotico (quando disponibile) in caso di ingestione extraterapeutica di farmaci. Il paziente suicidario può comportarsi in modo ostile e talora violento in PS. In tali casi è importante manifestare rispetto per la persona, non svalutare e non minacciare, creare un gruppo organizzato e non un assembramento confondente, creare un rapporto e un piano di condivisione, offrire un contatto fisico (mano), valutare l’ambiente e il rischio correlato, mettere in atto movimenti lenti e tono della voce basso e chiaro. L’esame psichico comporta la valutazione dell’attenzione, del linguaggio, dell’orientamento, di memoria, capacità visuo-spaziale e capacità concettuale, nonché della capacità introspettiva e di giudizio. 41 Buona pratica clinica e ricerca scientifica nell’urgenza-emergenza Congresso Nazionale Interdisciplinare Multidisciplinary National Congress Roma, 2–4 Novembre 2011 Aula Convegni – Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Piazzale Aldo Moro 7, Roma Meeting satellite: Stress lavoro-correlato degli operatori sanitari dell’emergenza 5 novembre 2011, ore 08.00 – 13.00 Aula Brasca Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” Largo Agostino Gemelli 8, Roma Richiesto accreditamento ECM Segreteria Scientifica e Organizzativa ACEMC C/O CNIT VIA SALVATORE MAUGERI 10, 27100 PAVIA TEL 0382 592.794 - FAX 0382 24605 WWW.ACEMC.IT [email protected] - [email protected] 2 novembre 2011 - mercoledì AULA A 08.15 08.50-9.00 09.00-09.15 09.15-11.15 11.15-11.35 11.35-12.35 12.35-13.15 13.15-14.20 14.20-16.20 Registrazione dei partecipanti Apertura dei lavori – saluti Dr. Ivo Casagranda (Presidente AcEMC), Prof. Nicolò Gentiloni Silveri (Presidente Eletto) Introduzione ai lavori Fulvio Moirano (Direttore Age.Na.S.) Incontri multidisciplinari di consenso Consenso su: Utilizzo delle troponine di ultima generazione nel setting dell’urgenza Nicola Binetti, Aldo Clerico, Marcello Galvani, Martina Zaninotto - Presentazione dei problemi - Valutazione delle evidenze scientifiche - Presentazione del documento di consenso predisposto dal gruppo di lavoro di esperti - Discussione - Proposte di ricerca Coffee break Quello che le linee guida non dicono (stato dell’arte, aspetti controversi e clinical policy): Embolia polmonare Enrico Barboni, Enrico Bernardi, Daniele Coen, Nazzareno Galiè - Stato dell’arte: dalla clinica alla terapia farmacologica - Aree di incertezza nelle linea guida - Clinical policy: approccio all’embolia polmonare in gravidanza con instabilità emodinamica - Clinical policy: gestione dell’embolia polmonare isolata dei rami segmentari o sub segmentari dell’arteria polmonare - Dimettere, osservare, ricoverare Lettura Magistrale: Interazione Laboratorio/clinica nel setting dell’urgenza Mario Plebani Lunch Incontri multidisciplinari di consenso Consenso su: Gestione del paziente agitato e violento Carlo Fraticelli, Marco Piccinelli, Nicola, Poloni, Bruno Tartaglino - Presentazione dei problemi - Valutazione delle evidenze scientifiche - Presentazione del documento di consenso predisposto dal gruppo di lavoro di esperti - Discussione - Proposte di ricerca 16.20-16.40 Coffee break 16.40-17.40 Incontri con l’esperto Gestione e trattamento dell’etilismo acuto in Pronto Soccorso Carlo Locatelli, Valeria M Petrolini 17.40-18.00 Test di verifica finale AULA B 09.15-10.15 NON ECM Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop Ecofast e utilizzo del mezzo di contrasto Libero Barozzi 10.15-11.15 Comunicazioni orali 11.35-12.35 NON ECM Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop Utilizzo del biomarcatore suPAR nella valutazione prognostica della sepsi Carlo Arfini, Ivo Casagranda, Jesper Eugen-Olsen 14.20-16.20 Comunicazioni orali 16.40-17.40 Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop Addestramento attraverso la simulazione avanzata per la prevenzione del rischio clinico Franco Orsini, Franco Tosato 3 novembre 2011 - giovedì AULA A 08.15 Registrazione dei partecipanti 09.00-10.30 Incontri multidisciplinari di consenso Consenso su: Utilizzo della pro calcitonina nel setting dell’urgenza Gianfranco Cervellin, Liviana Da Dalt, Giuseppe Lippi, Pierluigi Viale - Presentazione dei problemi - Valutazione delle evidenze scientifiche - Presentazione del documento di consenso predisposto dal gruppo di lavoro di esperti - Discussione - Proposte di ricerca 10.30-11.30 Incontri con l’esperto Patologie infettive emergenti Giuseppe Ippolito 11.30-11.50 Coffee break 11.50-13.20 Incontri con l’esperto L’utilizzo della ventilazione non invasiva dal domicilio all’ospedale Andrea Bellone, Raffaella Francesconi, Fabrizio Giostra, Federico Lari 13.20- 14.30 Lunch 14.30-15.10 Lettura Magistrale: Le Unità di Medicina per acuti Giuseppe Realdi 15.10-16.10 Quello che le linee guida non dicono (stato dell’arte, aspetti controversi e clinical policy): Sincope Fabrizio Ammirati, Michele Brignole, Daniele Coen, Giorgio Costantino - Stato dell’arte 3 novembre 2011 - giovedì - Aree di incertezza nelle linee guida - Clinical policy: la stratificazione del rischio a breve termine - Clinical policy: indicazioni e risultati del monitoraggio ECG prolungato - Dimettere, osservare, ricoverare 16.30-16.50 Coffee break 16.50-17.50 Incontri con l’esperto La gestione del paziente diabetico in coma iperosmolare Enrico Fiaccadori 17.50-18.00 Test di verifica finale AULA B 09.00-10.30 Comunicazioni orali 10.30-11.30 NON ECM Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop Soluzioni innovative della diagnostica decentrata per la medicina d’urgenza emergenza Moderatore: Luigi Zulli Relatore: Ivo Casagranda 11.30-11.50 Coffee break 14.30-16.30 Incontri multi disciplinari di consenso Consenso su: Gestione delle ferite traumatiche in Pronto Soccorso Fabio Brunato, Stefano Calderale, Fabrizio Palmieri, Ciro Paolillo, Carolina Prevaldi - Presentazione dei problemi - Valutazione delle evidenze scientifiche - Presentazione del documento di consenso predisposto dal gruppo di lavoro di esperti - Discussione - Proposte di ricerca 16.50-17.50 Comunicazioni orali 4 novembre 2011 - venerdì AULA A 08.15 Registrazione dei partecipanti 09.00-10.00 Incontri con l’esperto Intossicazione acuta mista CO-CN da esposizione a fumi di incendio Carlo Locatelli, Davide Lonati 10.00-11.30 Incontri multidisciplinari di consenso Consenso su: Valutazione e trattamento del bambino intossicato da monossido di carbonio Carlo Locatelli, Marco Marano, Giuliano Vezzani - Presentazione dei problemi - Valutazione delle evidenze scientifiche - Presentazione del documento di consenso predisposto dal gruppo di lavoro di esperti - Discussione - Proposte di ricerca 11.30-11.50 Coffee break 11.50-12.40 Lettura Magistrale: Integrazione tra tecnologia e biomarcatori Salvatore Di Somma 12.40-14.00 Lunch 14.00-16.00 Incontri multidisciplinari di consenso Consenso su: Diagnostica per immagini nel dolore addominale acuto dei quadranti inferiori Daniele Gui, Vittorio Miele, Francesco Rocco Pugliese, Massimo Valentino - Presentazione dei problemi - Valutazione delle evidenze scientifiche - Presentazione del documento di consenso 16.00-16.20 16.20-17.20 17.20-17.50 17.50-18.00 predisposto dal gruppo di lavoro di esperti - Discussione - Proposte di ricerca Coffee break Quello che le linee guida non dicono (stato dell’arte, aspetti controversi e clinical policy): Fibrillazione atriale Giuseppe Boriani, Francesco Buccelletti, Daniele Coen, Tiziano Lenzi - Stato dell’arte - Aree di incertezza nelle linea guida - Clinical policy: quando e come cardiovertire in urgenza - Clinical policy: quando e come iniziare il trattamento antitrombotico - Dimettere, osservare, ricoverare Premiazione Test di verifica finale AULA B 09.00-10.00 NON ECM Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop Le alterazioni idroelettrolitiche Pasquale Coppolecchia, Ivo Casagranda, Rodolfo Sbrojavacca 10.00-11.30 NON ECM Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop Valutazione dello stato immunitario antitetanico e profilassi in Pronto Soccorso Antonietta Filia, Carolina Prevaldi, Andrea Rocchetti, Augusto Tricerri, Maria Wirz 4 novembre 2011 - venerdì 14.00-15.30 NON ECM Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop Valutazione non invasiva del paziente instabile in Pronto Soccorso Nicola Di Battista, Simona Fusco, Francesco Savelli, Enrico Zucconi 15.30-16.00 Comunicazioni orali 16.20-17.20 Incontri con l’esperto Problematiche etiche e cliniche relative alla gestione del paziente endstage in Pronto Soccorso Mario Cavazza, Maurizio Mori, Massimo Pesenti Campagnoni, Antonio Spagnolo Meeting satellite: stress lavoro-correlato degli operatori sanitari dell’emergenza Roma, 5 novembre 2011 (ore 08.00 – 13.30) Aula Brasca – Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” Largo Agostino Gemelli 8 08.00 Registrazione dei partecipanti 08.30-08.40 Inizio lavori e saluto delle Direzioni Sanitaria e di Presidio Andrea Cambieri, Fabrizio Celani 08.40-09.00 Lo stress lavoro-correlato in Pronto Soccorso: overview del problema Nicolò Gentiloni Silveri, Ivo Casagranda 09.00-09.30 La tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro Giampaolo De Cassan, Lucilla Livigni, Nicola Magnavita 09.30-09.50 Le dimensioni psicosociali ed ergonomiche del problema Raffaella Ada Colombo, Sandra Re 09.50-10.10 Coffee-break 10.10-10.30 Presentazione dei risultati del questionario “Fonti e forme di disagio e malessere psicologico nell’attività del medico e dell’infermiere di Pronto Soccorso” Carlo Fraticelli, Michele Presutti 10.30-11.30 Tavola rotonda: i protagonisti commentano i risultati del questionario Silvana Benacquista, Antonio Bergamaschi, Giuseppe De Filippis, Valter Galante, Stefano Genio Massimo Magnanti, Teresa Petrangolini, Walter Ricciardi 11.30-12.30 Discussione 12.30-13.00 Le proposte della politica Ignazio Marino, Michele Saccomanno 13.00-13.30 Conclusioni Ivo Casagranda, Nicolò Gentiloni Silveri