L`ultimo viaggio di Attilio Camozzi: tornare a Lumezzane a casa

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L`ultimo viaggio di Attilio Camozzi: tornare a Lumezzane a casa
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Domenica 4 ottobre 2015 · GIORNALE DI BRESCIA
CITTÀ
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Il lutto
Addio a un protagonista dell’economia e della società bresciana
L’ultimo viaggio
di Attilio Camozzi:
tornare a Lumezzane
a casa della mamma
Maniche rimboccate. Lo stile di Attilio Camozzi
La camera ardente
è da ieri meta di persone
che rendono omaggio
all’amico imprenditore
Il lutto
Egidio Bonomi
LUMEZZANE. Attilio Camozzi è
tornato nella sua Lumezzane
in una giornata di mestizia anche meteorologica, con una
pioggerella atomizzata, a dispensare un palpabile senso
di tristezza. È tornato nella casa di via Tito Speri, costruita in
tempi andati accanto all’officina per quel «tutti insieme» che
è stata, è caratteristica e cemento della famiglia Camozzi
in passato, nel presente e, per
come la sintonia regna tra i
molti Camozzi di nuova generazione che hanno raccolto il
testimone del futuro.
La camera ardente. La salma è
stata composta nella casa avi-
San Sebastiano era iniziato l'afflusso di persone che, fisicamente, com’è nobile costume
in valle, vogliono manifestare
vicinanza, cordoglio, affetto,
sì, perché i «Camuhì», come sono per tutti, dispensavano e dispensano cordialità innata, Attilio ancora di più col suo fare
che mescolava l’ironia all’impegno più preoccupante.
ta. Attilio, avvertendo l’approssimarsi di quella che il teologo I fratelli. Geromino e Luigi soMartin Buber aveva chiamato no in sintonia nel ricordo
«l’ora della grande preoccupa- dell’amatissimo fratello: «Per
zione» aveva espresso la volon- noi - dicono sommessamente
tà di tornare appunto nella ca- - ha rappresentato moltissisa «dove era morta la mam- mo, eravamo uno parte degli
ma» alla quale i tre fratelli Atti- altri, sempre in sintonia anche
lio, Luigi e Geromiquando la discusno, erano fortemen- I fratelli: «Siamo
sione si faceva inte legati, soprattutto stati e siamo
tensa. Siamo stati
dopo la scomparsa ancora fortunati
e siamo ancora
del papà. È tornato
fortunati per queper questo
in quella Lumezzasto essere sempre
ne che lo aveva visto essere sempre
assieme, la cosa
fanciullo vivacissi- assieme, è la
migliore che si
mo, adolescente già cosa migliore»
possa immaginaallavorosottodipenre. Abbiamo andenza, poi precoce imprendi- che bravi figli che respirano
tore in una «stanza» della non quest’aria di concordia che Atampia casa del Villaggio Gob- tilio e noi abbiamo sempre colbi dove, per poter ospitare il tivato con passione pari a queltornio per la lavorazione di la dell’intrapresa. Il valore di
parti d’ottone, era stata buca- Attilio non è soltanto stato alta la parete del bagno.
tissimo per le nostre società,
ma pure per il suo senso della
La partecipazione. Ancor pri- cosa pubblica che lo ha reso
ma che la salma giungesse a un esempio particolare». Gero-
DAL TORNIO ALLA HOLDING
Gli inizi in casa.
Tutto è nato con un piccolo
tornio acquistato nel 1964 da
Attilio Camozzi, insieme ai suoi
fratelli. Per adattarlo alle
dimensioni dell’abitazione di
Lumezzane i neoimprenditori
furono costretti a forare un
muro.
Un gruppo diversificato.
Oggi il gruppo Camozzi è leader
nella pneumatica, nel
meccanotessile (con la Marzoli),
nelle macchine utensili (con
Ingersoll e Innse Berardi), nello
stampaggio, nelle lavorazioni
meccaniche e nei metalli
(Fonderie Mora).
Il fatturato.
Nel 2014 il fatturato consolidato
del gruppo è stato di 345 milioni,
il cash flow di 38, l’utile netto di
9. I dipendenti del gruppo sono
2.179.
L’internazionalizzazione.
Camozzi conta stabilimenti o
filiali in Germania, Austria,
Francia, Inghilterra, Olanda,
Svezia, Danimarca, Bielorussia,
Ucraina, Russia, Estonia,
Kazakistan, India, Cina, Vietnam,
Malesia, Stati Uniti, Messico,
Venezuela, Brasile.
La sua cittadina
Tutti ricordano il
duro lavoro, ma anche
la generosità di un
vero self made man
LUMEZZANE. Le reazioni del
mondo imprenditoriale a Lumezzane battono praticamente su una nota unisona: Attilio
ha rappresentato la generazione cosiddetta dei «pantaloncini corti, senza un soldo e che,
nel dopo guerra, ha fatto la Lumezzane che si è imposta nel
mondo».
Tale è il pensiero di Renzo
Cavagna che lo ha avuto al
fianco anche come sostenito-
mino, di suo, con voce lievemente velata aggiunge: «Io ho
un debito con Attilio e Luigi
perché quando hanno iniziato
a lavorare a casa, ho continuato come dipendente per non
far mancare alla famiglia uno
stipendio sicuro. Poi quando
le cose sono andate come si
sperava, mi hanno accolto in
azienda e da allora siamo sempre stati uniti…».
L’ultimo omaggio. Già fin da ie-
ri mattina la casa di via Tito
Speri era incapace a contenere i molti che vogliono rendere
omaggio all’imprenditore, ma
ancor più all’amico col quale,
magari, hanno condiviso momenti impressi nella mente.
«Fino all’ultimo, anche se la
malattia lo ha tenuto lontano
dall’ufficio - racconta il figlio
Lodovico - papà è rimasto un
uomo d’impresa: il mattino,
appena apriva gli occhi, inevitabilmente il pensiero lo portava alla sua azienda e alla sua
gente, i suoi dipendenti». //
Sulle colline del Garda
dove si è fatto stimare
«Ha fatto molto,
ma ha dispensato
altrettanto»
re del Lumezzane Calcio: «Un
amico caro - ricorda - oltre che
un imprenditore di razza. Ha
fatto parte di quella categoria
di imprenditori del calibro di
un Marsilio Pasotti, un Mario
Patti, capaci di sorgere dal nulla e di applicarsi come segno
quotidiano di vita».
Sulla stessa onda Massimo
Bossini, presidente della Fondazione «Le rondini» che ricorda soprattutto il senso di dover dare alla terra che gli ha
permesso di prosperità: «Attilio ha dato molto - dice andando sul ricordo - per questo sarà ricordato a lungo, ha dato
come tanti altri a Lumezzane,
ed io ne so qualche cosa per le
rondini».
Il parere di due imprenditori che si ricalca su quello degli
Con il figlio. Foto in ufficio con Lodovico
Il paese d’adozione
La dimora di
Polpenazze non era
luogo di riposo, ma di
cittadinanza attiva
POLPENAZZE. Gentile e disponi-
Il saluto. Una firma non di circostanza per salutare Attilio Camozzi
altri lumezzanesi concordi
nell’apprezzare un collega
che ha saputo dare più che ricevere.
Molti, già nella giornata di ieri, si sono recati di persona a
rendere omaggio alla salma,
nella casa di via Tito Speri, fra
strette di mano, abbracci e ricordi dei mille episodi d’una
vita lunga, ma che tutti avrebbero voluto ancora prolungata per quel senso di «immorta-
lità» che accompagna le persone egregie, passate facendo
molto e dispensando altrettanto.
Proprio per questo motivo
la figura di Attilio Camozzi è
destinata ad entrare a far parte
di quella ristretta rosa di persone indimenticabili che hanno
contribuito a fare la storia economica bresciana, ma hanno
saputo anche donare molto
agli altri. // E.BON.
bile, una figura molto distante
dallo stereotipo di imprenditore d’alto rango. «Nonostante
fosse a capo di un impero - per
il sindaco Andrea Dal Prete - è
sempre stato umile e modesto». Il paese d’adozione di Attilio Camozzi ne piange la
scomparsa. Polpenazze ha dato i natali alla moglie Giuliana
e proprio in paese ha sede uno
degli stabilimenti del gruppo:
«Generazioni di polpenazzesi
hanno lavorato per lui e continuano a lavorare nella sua
azienda. La Camozzi è qui da
oltre trent’anni - spiega il sin-
daco - ed è tra le più grandi realtà del paese, oltre che tra le
più presenti e attive nella comunità. Vi sono impiegate più
di duecento persone, per buona parte polpenazzesi, e alla luce del prossimo ampliamento
questo numero crescerà».
Il sindaco lo ricorda come
«persona dall’alta caratura
morale, vicina alle istituzioni e
ai problemi della comunità.
Tutt’altro che distante, Camozzi ha da sempre svolto un
ruolo attivo in paese, riconosciuto con gratitudine da tutti.
È stato infatti tra i fondatori
dell’Unione sportiva di Polpenazze e ne era presidente onorario». «Se il nostro torneo di
calcio è diventato tra i più importanti della provincia lo si
deve a lui». «Attilio Camozzi
non sarà dimenticato: è stato
tra le personalità che più hanno influito positiviamente sulla vita del paese». //
ALICE SCALFI
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GIORNALE DI BRESCIA · Domenica 4 ottobre 2015
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«Oggi piango
soprattutto un
grande amico»
Imprenditori amici. Camozzi con Pasini, Bonometti e Squinzi
Imprenditori amici
Ambrosi, Bonometti
e Pasini uniti nel
ricordare lo spessore
umano del Cavaliere
BRESCIA. «Perdo un amico pri-
ma di tutto». Giuseppe Ambrosi, Marco Bonometti e Giuseppe Pasini in queste ore sono
uniti dallo stesso sentimento.
La morte di Attilio Camozzi
è per loro la scomparsa di un
punto di riferimento, persona-
Il saluto della gente. La partecipazione dei lumezzanesi al lutto
Calcio, motori
e l’impegno
nel sociale
A Polpenazze. Attilio Camozzi dà il calcio d’inizio del torneo nel 2010
Il cavaliere e lo sport
Camozzi è stato vicino
anche all’Icaro Basket
ed ha promosso
il tennis in carrozzina
BRESCIA. Per Attilio Camozzi
lo sport era un po’ metafora di
vita. Perché come lui aveva creato un impero partendo con
un piccolo tornio, al tempo
stesso voleva che atleti, di tutti
i livelli e di tutte le estrazioni
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sociali, potessero creare una
piccola grande impresa grazie
ad un minimo contributo.
Così pensava e così agiva Attilio Camozzi, amante delle
emozioni che solo lo sport sa
dare. Fedele al suo pensiero,
aveva «restituito» parte della
sua fortuna in sponsorizzazioni. Per i privilegiati della Formula1, per i dilettanti che ogni
estate salgono a Polpenazze
per il torneo, ma anche per i
meno fortunati atleti in carrozzina. Calcio e motori le sue
grandi passioni, ma un impegno costante anche nel sociale
con i contributi dati all’Icaro
basket edal torneo open di tennis in carrozzina, che da più di
10 anni si svolge in città portando il nome della sua azienda.
Tangibile è stato soprattutto l’impegno per Polpenazze,
paese d’adozione. In Valtenesi dalla fine degli anni ’70 ha
contribuito
alla
crescita
dell’Unione Sportiva locale ed
in particolare del torneo notturno: il più amato in provincia, per il livello dei giocatori
dilettanti impiegati e per una
cornice gastronomica di primo livello. Non passava
un’estate senza che Camozzi
si presentasse al campo, spesso portando vip dello sport e
dello spettacolo. Anche a luglio, nonostante il «pressing»
della malattia, si presentò a
Polpenazze per le finali.
I motori erano l’altro grande
amore, tanto che lo portarono
a tredici anni di partnership in
F1, partecipando a 259 GranPremi con 35 vittorie e 104 podi complessivi. Per alcuni anni
diventò sponsor della McLaren e pose il suo marchio anche sull’alettone posteriore
della monoposto dell’indimenticato Ayrton Senna.
Ma gli piacevano tutti i bolidi, dalle moto alle auto da turismo, fino alle vetture d’epoca.
Non a caso fu tra i fondatori
del museo Mille Miglia in città: nel 2008 divenne vicepresidente, partecipando attivamente al rilancio della struttura. L’ultima fatica sul versante
motori con la presidenza
dell’Aci di Brescia, assunta
nell’agosto del 2014 e persa
nel febbraio scorso tra ricorsi
e controricorsi. //
FABIO TONESI
le prima ancora che imprenditoriale. «Per me è stato un maestro in questi anni, una guida»
dice sicuro Giuseppe Ambrosi
non nascondendo «il momento di dolore che sto vivendo
puressendomi preparato da alcuni giorni a dirgli addio». Da
una settimana infatti le condizioni del Cavaliere erano precipitate.«Tutti conosciamo le capacità imprenditoriale di Attilio, ma sono le caratteristiche
umane che di lui facevano un
uomo straordinario. Era saggio e divertente, aveva un humor fuori dal comune» è il pensiero del presidente della Ca-
CITTÀ
mera di Commercio. Marco
Bonometti era riuscito a convincere Attilio Camozzi a rientrare conle sue aziende nell’Associazione industriale bresciana, dalla quale era uscito non
senza polemiche in passato.
«Non potevamo fare a meno
di lui. Era un imprenditore che
è partito dal nulla, un uomo di
fabbrica che con tenacia e sacrificio ha costruito un impero» ricorda il presidente degli
industriali bresciani.
Anche Bonometti salutando
«l’amico Attilio, uomo del fare
e non del parlare» ne evidenzia soprattutto l’aspetto umano. «Dopo aver portato in alto
le sue aziende facendo conoscere Brescia in tutta Italia, si è
dedicato al territorio. Dallo
sport alla solidarietà si è messo a disposizione della società
per contribuire al miglioramento e allo sviluppo della nostra comunità». Giuseppe Pasini, presidente di Feralpi
Group, con Attilio Camozzi negli ultimi anni aveva condiviso
l’esperienza al Museo Mille Miglia, dove Camozzi amava ritirarsi tra un impegno e l’altro.
«Eroattaccatissimo a luial quale mi legava un grande affetto»
racconta Pasini. «Ha sempre
avuto un coraggio incredibile
e non l’ho mai sentito preoccupato. Agli imprenditori della
mia generazione - spiega Pasini - ha regalato sempre grandi
speranze per il futuro. Lui che
era partito dal nulla era e resta
un grande esempio che oggi
continuo a seguire. Posso solo
dirgli grazie». //
ANDREA CITTADINI
LA TESTIMONIANZA
Il sindacalista e l’imprenditore
ADESSO ATTILIO
POSSO SCRIVERTI
Maurizio Zipponi
N
on riesco a scrivere di te, caro
Attilio, posso però scriverti. Ci
siamo conosciuti da avversari,
tu imprenditore io sindacalista
della Fiom. Abbiamo attraversato grandi e
piccole vicende dal 1985 ad oggi e piano
piano siamo diventati amici. Hai sempre
rifuggito la banalità dei luoghi comuni e
della moda corrente quando imperavano,
anche a Brescia, gli speculatori finanziari.
Mi dicevi: «Le volpi finiscono sempre in
pellicceria» e così è stato. Mentre altri
giocavano in borsa tu investivi in
tecnologia, in innovazione, in marchi
conosciuti nel mondo, in assunzioni e
formazione. Ti dicevano che eri vecchio
perchè il futuro era fare soldi con i soldi,
carta che produce carta. Con pazienza hai
dimostrato che la progettazione, la
trasformazione del prodotto, il
cambiamento e l’automazione del ciclo
produttivo sono le azioni dell’uomo per
dare valore alle idee e agli oggetti che
passano di mano in mano generando
quella ricchezza non effimera che
permette di pagare gli stipendi e dare
profitti.
Così è stato, hai avuto ragione. E poi
partivi sempre dalla tua famiglia per
dimostrare che anche la fabbrica è un
luogo di relazioni in cui il lavoratore non
è il tuo nemico. Coinvolgere, condividere,
conoscere hanno permesso ai conflitti
che nascevano di trovare una soluzione
condivisa con il risultato di migliorare i
risultati dell’impresa. Guarda, mi dicevi,
che io sono stato operaio e iscritto al
sindacato, so che se va in crisi l’azienda
scompaiono sia l’imprenditore che il
lavoratore, dobbiamo fare squadra dentro
l’impresa e tra imprese altrimenti il
mondo ci travolgerà. Hai avuto solide
radici in azienda e nel territorio
bresciano, ma lo sguardo sempre vigile e
curioso sul mondo.
L’internazionalizzazione l’hai iniziata
quando ai più sembrava comodo starsene
seduti a casa propria e hai favorito
accordi sindacali quando era di moda la
logica dello scontro.
Hai avuto semplicemente la pazienza di
ascoltare e rispettare chi la pensava
diversamente. Insomma, caro amico, mi
hai dimostrato che esiste un agire per il
bene comune e per l’interesse generale
senza mai rinunciare a fare impresa.
Certo è stato faticoso soprattutto nei
momenti in cui ti sentivi solo. La spinta
per far prevalere il merito, la capacità di
faticare, la professionalità ha creato nelle
tue aziende una sorta di sentimento di
appartenenza.
Questo è ciò che consegni a chi oggi
lavora duro per uscire dalla crisi, dagli
imprenditori ai lavoratori.
Anche nei giorni scorsi, sempre con lo
spirito del combattente, con il tratto
affettuoso ed ironico ma molto, molto
determinato dicevi: «Dobbiamo
rivoluzionare il sistema di relazioni
industriali in Italia, imprese e lavoratori
devono insieme combattere le burocrazie
e riprendersi in mano il proprio destino».
Ancora una volta sento che questo è il
vero tema del cambiamento. Ci
proveremo, anche per te.