Addio al cavalier Camozzi dal tornio creò un impero

Transcript

Addio al cavalier Camozzi dal tornio creò un impero
CRONACA DI BRESCIA
Corriere della Sera Sabato 3 Ottobre 2015
7
BS
IL LUTTO L’IMPRENDITORE SI E’ SPENTO IERI A 78 ANNI
Addio al cavalier Camozzi
dal tornio creò un impero
Chi era
● Attilio Mario
Camozzi era
nato a Villongo,
in provincia di
Bergamo, nel
1937.
Cresciuto a
Lumezzane, nel
1964 ha dato
vita
all’omonimo
gruppo che
oggi conta oltre
2mila
dipendenti ed è
presente in 75
Paesi. Nel 2005
è stato
insignito
dell’onorificenza di Cavaliere
del Lavoro.
A fine giugno, finita l’assemblea di Aib, ci aveva scherzato
sopra. «Sono un lottatore» aveva
sorriso. Ha lottato oltre un anno,
ma alla fine Attilio Camozzi si è
arreso. Un male incurabile con il
quale fare i conti, nonostante
cure e operazioni, un peggioramento improvviso, che in pochi
giorni lo ha stroncato. E pensare
che un mese fa l’ultimo controllo era andato bene. Invece domenica il ricovero, le complicazioni, il ritorno a casa. È morto
ieri, nella sua abitazione di Polpenazze.
Nato a Villongo, in provincia
di Bergamo, nel 1937, Camozzi è
l’esempio del self made man lumezzanese. Cresciuto in una famiglia umile, non ha mai scordato le sue origini. E forse anche
da lì viene la sua attenzione per il
sociale: il Camozzi Italian Open
di tennis, la sponsorizzazione di
Medicus Mundi o dei velisti di
Homerus. Famiglia modesta, si
diceva. A 14 anni, Camozzi lavorava già nelle imprese meccaniche della Val Gobbia. Poi, nel
1964, decide per il salto: diventare imprenditore. La scorza è
quella lumezzanese, caparbia e
ingegnosa. Con i fratelli Luigi e
Giovanni avvia, a Lumezzane,
un’attività in proprio: la Camozzi
Lavorazioni Meccaniche conto
terzi. Produce componenti
pneumatici per l’automazione
La storia
di Wilma Petenzi
Quindici gattini straziati da
un doberman. Secondo l’accusa a scatenare il proprio cane
contro gli animaletti del nipote
sarebbe stato Luigi Boselli, 47
anni di Quinzano. Ma per il
giudice il fatto non sussiste e
ieri mattina il 47enne, difeso
dall’avvocato Alberto Scapaticci, è stato assolto. Ma non è
escluso un nuovo passaggio in
tribunale dell’ex imputato perché la parte offesa, cognato e
nipote (nessuna generalità per
tutelare il bambino) hanno già
presentato un altro paio di
querele. L’ultimo episodio si
sarebbe verificato lo scorso 10
Il Cavaliere
Attilio Camozzi,
78 anni, si è
arreso ieri a
una malattia
contro cui
lottava da
mesi. È morto a
Polpenazze
industriale. Parte tutto da una
stanza di casa, dove vengono sistemati i macchinari. Da lì germoglia un impero presente in 75
Paesi, con 2.300 dipendenti e
l’85% del fatturato frutto dell’export. «Intuizione, rischio e
determinazione: essere imprenditore significa questo» diceva.
Nel 1964 il primo tornio, nel 1973
il primo ufficio per le trattative
commerciali, nel 1977 il trasloco
a Polpenazze. Poi la crescita diventa internazionale. «Un’azien-
da viva è un’azienda che cresce e
crescere significa avere una visione globale». Nel 1980 Camozzi sbarca in Germania, nel 1986
negli Usa, poi Olanda, Inghilterra, Francia. Nel 1992 è la volta
della Cina, nel 1993 la Russia.
Oggi il gruppo copre l’intero
mappamondo, dall’India all’Argentina. Nel 2005 era diventato
Cavaliere del lavoro, onorificenza di cui andava fierissimo, una
sorta di coronamento di quel riscatto sociale partito dal tornio
Lite per eredità, strage di gatti
uccisi quindici piccoli animali
settembre, quando è stato ucciso l’ennesimo gatto: dopo essere stato aggredito dal cane, il
felino sarebbe stato schiacciato
da Boselli con il trattore. Il deplorevole gesto è anche stato
ripreso: nella denuncia presentata in procura dall’avvocato di
parte civile Alessandro Mainardi, ci sono anche le immagini
dell’aggressione, si riconosce il
47enne alla guida del trattore
mentre schiaccia il corpicino
del gatto.
Alla base del violento comportamento ci sarebbe una
questione di eredità ancora irrisolta, un contrasto tra fratello
e sorella che dura da diverso
tempo per la proprietà di una
vasta azienda agricola, che ha
portato Boselli in tribunale con
l’accusa anche di stalking. Sorella e cognato lamentavano atti persecutori da parte del congiunto e temendo anche per il
loro bambino avevano sporto
denuncia. Accusa poi rimessa
dalle parti offese, mentre per
l’animalicidio la procura ha
proseguito d’ufficio.
In aula l’imputato, prima
dell’avvio della fase finale del
processo, ha rilasciato dichiarazioni spontanee precisando
di «non avere mai minacciato il
bambino» e specificando che
nella proprietà, per evitare che
si verifichino incidenti «c’è un
cartello che vieta l’ingresso e il
divieto vale anche per mio cognato e per mio nipote».
Nel corso del processo Boselli ha anche precisato che il
suo doberman è estremamente
docile e non sicuramente un
cane pericoloso e aggressivo.
Ieri mattina il pubblico ministero ha chiesto una condanna
a quattro mesi. Ma per il giudice l’imputato non è responsabile della morte dei gattini ed è
stato assolto.
di Lumezzane. «Ero un bravo
tornitore, sa?» raccontava. Negli
anni ha salvato alcuni marchi
storici della meccanica bresciana, la Marzoli di Palazzolo, la Innse-Berardi di Brescia, le Fonderie Mora di Gavardo. Ma l’operazione che ha suscitato più clamore è stata quella della Innse di
Milano, acquisita dal gruppo nel
2009 dopo la clamorosa protesta
dei lavoratori, appollaiati per otto giorni su una gru. «Torno a
Polpenazze soddisfatto, mi piacerebbe invitare tutti i dipendenti della Innse per uno spiedo, dopo le tensioni di questi
giorni» aveva spiegato. Ad aiutare Camozzi nella trattativa il sindacalista Maurizio Zipponi,
«spalla» di molte operazioni. Vicino alla Compagnia delle opere,
Camozzi è rientrato in Aib a fine
2013, con la presidenza Bonometti.
Un anno fa, di questi tempi, i
fratelli Camozzi festeggiavano il
50° compleanno della loro
azienda al Museo Mille Miglia.
Altro suo pallino. Attorno al
millenario convento ha riunito
imprenditori e amici per rafforzare l’ossatura del progetto, rimesso in sesto nei conti. I soci
mettono insieme il gotha dell’imprenditoria bresciana, da
Ambrosi a Bonometti, da Beretta a Lonati. Il martedì non mancava quasi mai alla cena tra ami-
ci che si teneva nella taverna del
museo. La struttura di Sant’Eufemia per Camozzi era un punto
fermo anche del suo progetto
per l’Aci: studiare sinergie tra la
corsa e l’attività del museo. È rimasto presidente dell’Automobil Club di Brescia per poco più
di sei mesi. Le elezioni del 28
maggio 2014, dopo anni di commissariamento, avevano visto lo
scontro (mancato) tra due lumezzanesi, Attilio Camozzi e Aldo Bonomi. Tra i due, si sa, c’era
una antica rivalità, per questioni
legate al Lumezzane Calcio. «Ma
in questa sfida non c’è nulla di
personale, che vinca il migliore» aveva provato a spiegare Camozzi. È finita come si sa, con
conteggi, riconteggi, ricorsi e ribaltoni.
La passione per lo sport e la
dimensione internazionale del
gruppo lo hanno portato a storiche sponsorizzazioni: nel 1985 si
era avvicinato per la prima volta
alla Formula 1, firmando le auto
di Thierry Boutsen e Gerard Berger. Nel 1998 c’è anche il marchio Camozzi sulla vettura di
Hakkinen campione del mondo. Ma tra i cimeli che il cavaliere conservava più gelosamente
c’erano l’autografo e la foto con
Ayrton Senna.
Padre di tre figli (Ludovico,
Marco ed Ettore), nel 1996 Camozzi ha vissuto anche la controversa e dolorosa vicenda del
sequestro-lampo del figlio Marco. Alpino doc, amato da collaboratori e amici, era dotato di
una contagiosa ironia. Ma soprattutto aveva ragione lui: era
un gran lottatore.
Davide Bacca
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il processo
Macchinario dal Civile a Seriate
Perfusionista accusato di peculato
Una parte di apparecchiatura
medica dell’ospedale Civile del
reparto di cardiochirurgia è
stata trasportata, due anni fa,
al Bolognini di Seriate.
L’apparecchiatura era
inutilizzata nel reparto
bresciano e il macchinario non
è stato usato nemmeno
all’ospedale bergamasco.
Benché l’equipe medica del
Civile avesse una sorta di
convenzione per operare anche
nell’ospedale bergamasco, il
trasferimento della parte di
apparecchiatura non era
autorizzato. E del «trasloco»
sta rispondendo davanti ai
giudici un paramedico del
Civile, un perfusionista addetto
all’uso e alla gestione della
macchina cuore-polmone.
Giancarlo Tisi è accusato di
peculato. Il processo è ancora
in corso, l’ospedale Civile non
si è costituito parte civile,a
sostenere l’accusa il sostituto
procuratore Eliana Dolce. Nella
prossima udienza verrà sentito
il dirigente del reparto, il
cardiochirurgo Claudio
Muneretto. Sulla vicenda sono
stati sentiti anche altri
dipendenti del reparto. Tisi
non nega il trasporto, ma si
interroga: «Che danno ho
procurato?». (w.p.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA