La rosa nera | L`informazione libera
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17/05/2011 La rosa nera | L'informazione libera Numero 26 del 10/05/2011 HOME LA REDAZIONE CONTATTI ARCHIVIO martedì 17 maggio Addio ad Elizabeth Taylor E’ morta ieri a Los Angeles per una insufficienza cardiaca Elizabeth Taylor… Leggi... Editoriale Mostra 0 | 5 | 10 | 15 Articoli Ultimo Articolo Tutti gli Articoli I veri motivi per cui l’Italia oggi bombarda Gheddafi! Modifica art.1 della costituzione ...comunque vada a finire, la concessione trentennale dell’Eni in Libia sarà rispettata Che c’è da festeggiare per noi del SUD dopo 150 anni di offese, abusi e ruberie? Sport Tag Monnezza Day e Ospedale del Mare Le accozzaglie sicule portano i primi deludenti risultati e Bersani ha paura! 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Impastato, si celebra la giornata in memoria delle vittime del terrorismo. Ma cosa è cambiato dagli anni di piombo a oggi? Ritrovaci su Facebook La Rosa Nera Mi piace Mostra Attualità 0 | 5 | 10 | 15 Tutti gli Articoli Papa Wojtyla: piegarsi alle regole della “santità” Milioni di fedeli in lutto per la morte del leader spirituale Sai Baba Mostra 11 maggio alle ore 14.42 Torna il buco nell’ozono. Questa volta al Polo nord Moro e Impastato, vittime dello stesso Potere | La rosa nera www.larosanera.it L'informazione libera 0 | 5 | 10 | 15 11 i ll 14 41 A 161 persone piace La Rosa Nera. 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(e non solo) Ultimo Articolo La Rosa I veri motivi per cui l’Italia oggi bombarda Gheddafi! | La rosa nera www.larosanera.it L'informazione libera Tag La precarietà concilia l’insonnia Confessioni e segreti mai rivelati sugli intrighi e le grandi opere del Papa forse più amato del secolo scorso La Nera La Rosa Nera Il nuovo Editoriale di Politica sui perché della guerra in Libia. Articoli Ultimo Articolo Ti piace. Tag F rancesco V incenzo Raffaella Roberta Roberta S imona M aria Rosari G iuseppe G iuseppe C laudia P lug-in sociale di F acebook Criminalità: pubblicata la “mappa dei reati” XVI Giornata in ricordo delle vittime delle mafie 0 | 5 | 10 | 15 Articoli Ultimo Articolo Tutti gli Articoli Tag Sesso: tra astinenza e erotismo, donne e uomini a confronto Drunkoressia: disturbo alimentare firmato USA Jennifer Lopez: la donna più bella del 2011 Sole, bikini e dieta last minute Tra fantasie erotiche e astinenza creativa. 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Gli investigatori temono l'inquinamento delle falde acquifere Lettieri, 5 assessori a rapporto Mostra Economia Tag | 0 5 | 10 | 15 Articoli Ultimo Articolo Tutti gli Articoli Nuovo strappo ConfindustriaGoverno Calderoli: Marcegaglia arrogante Le manovre sui bilanci Fiat per avere uno sconto a Detroit La presidente degli industriali: riforme, non aiuti. Casini: bastaisterismi del governo. Applausi a dirigente della Thyssen Lo Stato in aiuto degli alunni disabili LINEA DI CONFINE LINK 2 http://www.larosanera.it/ Tag Caro manager, prima te ne vai, più ti pago L’aumento del costo della casa LINK 3 LINK 4 LINK 5 THE BEATALL 3/4 17/05/2011 La rosa nera | L'informazione libera Editore: A.C.S.P. C.F. 95094790631 - Registrazione Tribunale di Napoli n. 86 del 26.10.2010 per la diffusione elettronica e cartacea http://www.larosanera.it/ 4/4 17/05/2011 I veri motivi per cui l’Italia oggi bomb… Numero 26 del 10/05/2011 HOME LA REDAZIONE CONTATTI ARCHIVIO I veri motivi per cui l’Italia oggi bombarda Gheddafi! Sezioni MARTEDÌ, 10 MAGGIO 2011 16:00 NESSUN COMMENTO La vera guerra di Silvio Berlusconi contro Gheddafi comincia il 25 aprile dopo quarantotto ore di silenzio e alla vigilia di un delicato vertice a Roma con il presidente francese Nicolas Sarkozy. Un incontro dall’agenda molto più vasta di quello che i quotidiani non scrivano in quei giorni: oltre ai problemi dell’immigrazione, il dossier Lactalis-Parmalat e la sistemazione di Mario Draghi ai vertici della Bce, il premier italiano deve anche far accettare al presidente francese una dilazione degli investimenti francesi nel nucleare italiano. Berlusconi e Gheddafi, insieme in occasione della giornata di Per questo il Cavaliere decide di amicizia italo-libica presentarsi al summit con almeno una carta vincente che riguarda la Libia e che gli permetta di non soccombere proprio su tutta la linea. Sceglie di rendere pubblica una decisione già presa alcuni giorni prima, e per ragioni che poco hanno a che vedere con la Francia. Il 25 aprile, dalla propria residenza sarda di Villa Certosa, il presidente del Consiglio chiede a Palazzo Chigi di diramare un comunicato ufficiale: “L’Italia ha deciso di aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro obiettivi militari sul territorio libico”. L’aeronautica militare, sino ad allora impegnata a oscurare i radar, è stata autorizzata a fare fuoco con i missili. E’ uno scarto decisivo che ha deviato la politica estera sino a quel momento impegnata a mantenere un atteggiamento di cautela condiviso anche dalla Germania. Berlusconi sa bene di scatenare il mare già agitato dei rapporti con la Lega, sa pure che il passato coloniale italiano suggerirebbe una maggiore flemma, così come è avvertito della cogenza del trattato di amicizia da lui stesso stipulato con il colonnello libico. Eppure, è risultato imbarazzante questo ondivago atteggiamento decisionale del Cavaliere che sembra cedere troppo facilmente alle pressioni di Frattini e La Russa. Ricordate che appena dieci giorni prima Berlusconi aveva dichiarato che: “Gli alleati non possono chiederci di più. L’Italia ha un passato coloniale e queste cose non possono ripetersi. Noi in Libia abbiamo costruito, e fatto strade… Non possiamo certo andare a bombardare”. Perché quindi questo improvvisa contraddizione? Gli eventi decisivi si sono consumati tra il 19 e il 22 aprile. Prima con l’arrivo a Roma, protetto da un corteo di macchine blindate, servizi segreti e teste di cuoio dei carabinieri, diMustafa Abdul Jalil. Il capo dei ribelli libici, già ministro della Giustizia di Gheddafi, sigla un accordo verbale con Berlusconi (presente l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni). “Siamo i migliori amici dell’Italia”. Un patto favorito dai buoni uffici dell’Amministrazione americana (ritornata in buoni rapporti con l’Eni anche per l’indicazione – il precedente 4 aprile – di Giuseppe Recchi, ex manager di General Electric, alla presidenza dell’Ente idrocarburi). Il suggello lo ha messo, due giorni dopo, il 22 aprile, il senatore John Kerry incontrando Berlusconi. Ma è necessaria una premessa, perché tra il 19 e il 22 aprile è il Cav. a essersi convinto, per ultimo, a imprimere un’accelerazione nell’impegno militare. La trama che fa convergere su posizioni interventiste un ampio spettro dell’entourage berlusconiano e del sistema economico, diventato poi determinante nel premere sul presidente del Consiglio, è invece più complessa. Nei giorni immediatamente successivi all’approvazione della risoluzione 1973 dell’Onu, il sistema berlusconiano è diviso sull’atteggiamento da adottare, ma prevale la linea di cautela che Berlusconi condivide con Gianni Letta e con l’Eni (ma non solo), preoccupati per gli ingenti investimenti: 4 miliardi di euro in commesse italiane. Letta e Scaroni sono per una posizione attendista e cauta, la guerra è contro gli interessi nazionali. Nelle settimane precedenti i servizi segreti avevano avvertito della concomitanza di due potenziali grane: una rivolta borghese in Libia e un tentativo di colpo di stato da parte di un gruppo di ex gheddafiani a Bengasi. Due movimenti paralleli che, secondo i servizi coordinati da Gianni De Gennaro, stavano per saldarsi in una sommossa alla quale la Francia (e forse anche l’Inghilterra) non erano del tutto estranee. Ma si ritiene, in quei giorni, che Gheddafi (forte di 26 mila uomini) fosse in grado di resistere. Frattini e La Russa – da subito – al contrario di Letta si fanno portavoce del più schietto interventismo. La notte del 17 marzo Berlusconi, presente Letta, riceve a Palazzo Chigi il ministro La Russa e i più alti gradi delle Forze armate. Nel corso della riunione emergono le pressioni che l’Aeronautica militare comincia a praticare su La Russa. Ogni intervento internazionale significa investimenti, ammodernamento delle dotazioni, nuove commesse militari per il blocco dell’industria bellica.Tuttavia il posizionamento dell’asse Frattini-La Russa non sarebbe stato mai capace di condizionare – da solo – le decisioni di Berlusconi che infatti, nei giorni seguenti all’approvazione della risoluzione Onu 1973, dà il via libera a una trattativa segreta, utilizzando il ministro degli esteri gheddafiano Musa Kusa (da anni in contatto con i servizi italiani), per spiazzare gli anglo-francesi (il primo attacco missilistico di Parigi è del 19 marzo) e ottenere una uscita di scena pilotata del colonnello Gheddafi. Un complesso negoziato – poi fallito – condotto con l’attiva collaborazione del vicario apostolico a Tripoli, monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli. Quando, agli inizi di aprile, in seguito a intensi contatti con l’America (tra cui un viaggio dell’amministratore delegato dell’Eni) anche Letta e Scaroni si sono persuasi che Gheddafi non avrebbe mai vinto e che gli Stati Uniti – in cambio di un gesto di lealtà – si sarebbero fatti garanti degli interessi italiani di fronte all’arrembanza anglo-francese: sono gli stessi giorni in cui anche il ruolo di http://www.larosanera.it/?p=2549 Attualità Cinema E' vero che? Economia Editoriale La Nera La Rosa Napoli Notizie Flash Piano e Forte Politica Sport Who's who 1/2 17/05/2011 I veri motivi per cui l’Italia oggi bomb… Giorgio Napolitano diventa centrale. Ieri Frattini ha spiegato che Gheddafi potrebbe essere sconfitto entro le prossime tre-quattro settimane. Mentre il 15 maggio prossimo il dittatore rischia di essere incriminato dalla Corte penale internazionale. Alle 08:00 di giovedì 31 marzo, la Nato ha completato le operazioni di trasferimento del comando. La “coalizione dei volenterosi”, da cui l’America desiderava sfilarsi (considerando la Libia un obiettivo secondario), cede su richiesta formale dell’Italia il comando all’organismo atlantico. E’ un passaggio fondamentale per l’Italia, la cui diplomazia, su input del governo e in accordo con l’Amministrazione americana, ha stipulato un accordo implicito con Francia e Inghilterra. Gli anglo-francesi accettano di non guidare le operazioni, di diluirsi in un comando condiviso, di fare entrare l’Italia nella “partita” pur da una posizione defilata. Ma con una clausola: il disimpegno italiano dev’essere a termine. Se i negoziati segreti che l’Italia continuava a tessere – con crescente scetticismo anche di Berlusconi – per la resa di Gheddafi non avessero funzionato, il governo avrebbe dovuto poi partecipare attivamente alla missione militare. In realtà l’intenzione italiana – forse del Cavaliere – era quella di non dare nessun seguito a questi “accordi impliciti”, ma di approfittare dell’occasione per prendere tempo mantenendosi cautamente in equilibrio con una posizione giustificata da ragioni storiche, dal pragmatismo, dagli accordi interni con la Lega e anche dai rapporti con la chiesa cattolica. Ma in realtà la capacità persuasiva degli americani, che si erano fatti garanti di fronte a Francia e Inghilterra della posizione italiana, è risultata in seguito più efficace del previsto. Il dossier Libia è risultato decisivo per completare la fase di distensione energetica tra Roma e Washington. Se nel 2010 l’Amministrazione americana aveva sollevato dubbi sugli stretti legami fra Eni e i russi di Gazprom, adesso la situazione sembra essere cambiata anche per la possibile convergenza fra i progetti di oleodotti caucasici Southstream e Nabucco, un tempo considerati alternativi. E’ da ottobre che Scaroni muove le proprie pedine, ma è stato con la nomina a presidente dell’Eni dell’americanista Giuseppe Recchi (formalizzata ieri dal cda), e poi adesso con i contatti multipli sul dossier libico, che l’operazione di riavvicinamento agli Usa è stata completata “con uno scambio favorevolissimo”, e comunque vada a finire, la concessione trentennale dell’Eni in Libia sarà rispettata. Vincenzo Branca Mi piace Di' che ti piace questo elemento prima di tutti i tuoi amici. This entry was posted on martedì, maggio 10th, 2011 at 16:00 and is filed under Editoriale. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site. Lascia un commento Name (Required) E-mail (Required) Website INVIA LINEA DI CONFINE LINK 2 LINK 3 LINK 4 LINK 5 THE BEATALL Editore: A.C.S.P. C.F. 95094790631 - Registrazione Tribunale di Napoli n. 86 del 26.10.2010 per la diffusione elettronica e cartacea http://www.larosanera.it/?p=2549 2/2 17/05/2011 Moro e Impastato, vittime dello stess… Numero 26 del 10/05/2011 HOME LA REDAZIONE CONTATTI ARCHIVIO Moro e Impastato, vittime dello stesso Potere Sezioni MARTEDÌ, 10 MAGGIO 2011 23:17 NESSUN COMMENTO Ieri, 9 Maggio. Il 9 Maggio è una data cruciale nella storia contemporanea della nostra Italia, una data di cui tanto si è sentito, e di cui ancora a lungo sentiremo parlare. È il giorno dei misteri e delle bugie, il 9 Maggio, delle morti ingiuste e dei segreti, della rabbia e dei perché. Oggi, il 9 Maggio è ufficialmente data consacrata al ricordo delle vittime del terrorismo. Ma sembra ieri – e nel sentire collettivo, in fondo, davvero poco tempo sembra passato – quando quel 9 Maggio 1978 veniva ritrovato, nel bagagliaio di una Renault rossa a Roma, in via Caetani, simbolicamente a metà s trada tra le sedi della Democrazia Cristiana e del Partito Aldo Moro e Peppino Impastato, simboli della lotta al Potere e Comunista, il corpo senza vita di Aldo Moro, vittime degli anni di Piombo grande statista e leader, come diremmo oggi in un’accezione moderna, del partito democristiano, nonché simbolo quasi intramontabile (fino a quel fatidico 9 Maggio) della Prima Repubblica. Ma a morire, quel 9 Maggio non è solo Aldo Moro. Un altro fatto di cronaca getta la sua ombra insanguinata su quello stesso, maledetto 9 Maggio 1978, passando tuttavia quasi inosservato: la morte di Peppino Impastato, giornalista e attivista politico impegnato nella lotta e nella denuncia dei suoi compaesani – e parenti – mafiosi, con cui da sempre viveva a stretto contatto, quasi a braccetto, di quei molesti dirimpettai, suoi vicini di casa – i famosi 100 passi che separavano l’abitazione di Peppino Impastato da quella di un altro personaggio, purtroppo altrettanto noto, Don Tano Badalamenti, “Tano Seduto”, come soleva sbeffeggiarlo Peppino nel suo “Onda Pazza a Mafiopoli” su Radio Aut. Una vicinanza fisica che, piuttosto che spingere Peppino Impastato all’indifferenza dovuta all’abitudine, come fa chi alla fine non sente più la puzza del lerciume in cui è costretto a vivere, al contrario ne aumentò il disgusto, l’indignazione, il coraggio e la voglia di combattere per la pulizia, fisica e morale, del proprio paese, Cinisi, della propria terra, la Sicilia, e della propria patria, l’Italia. Attualità Cinema E' vero che? Economia Editoriale La Nera La Rosa Napoli Notizie Flash Piano e Forte Politica Sport Who's who Il 9 Maggio 1978 morivano due simboli della nostra storia. Anni bui, quegli anni Settanta. Anni di piombo, come furono chiamati poi, forse perché furono pesanti, pesanti come il piombo delle pistole che venivano usate per gli attentati. Pesanti come le bombe che mietevano morti innocenti. Pesanti come la paura, la diffidenza, quel terrore strategico che si spargeva come nebbia. Pesanti come solo gli ideali, talvolta, possono essere. Passati alla storia come gli anni delle Brigate Rosse, furono in realtà gli anni degli estremismi politici di ogni colore: i movimenti sessantottini, dissipatisi, si erano lasciati dietro una scia incerta, che all’ingresso negli anni ’70 si disperse in varie diramazioni, colorandosi di ideologie politiche che prima non le appartenevano; quel grande flusso di “rivoluzionari”, operai e studenti che lottavano indiscriminatamente contro la guerra in Vietnam e l’egemonia capitalistica degli States, e contro la dittatura comunista dell’URSS e l’oppressione dei regimi stalinisti, quell’immenso fiume che era stato il Sessantotto, si smembrò in piccoli defluenti, di minore larghezza ma di maggiore irruenza, che acquisirono, come l’acqua corrode le rocce e si arricchisce di minerali, i colori politici dei letti in cui si trovavano a scorrere. In Italia, più che nel resto del mondo, la scia del ’68 lasciò solchi profondi, aridi, violenti come lo sono solo i ciechi estremismi, neri come la cronaca degli omicidi, rossi come il sangue versato. Gli anni di Piombo furono gli anni degli estremismi che uccidono; delle Brigate Rosse che giustiziarono Aldo Moro, ma anche Walter Tobagi, gli anni delle stragi di innocenti, quella neofascista di Bologna, quella (presunta) anarchica di Piazza Fontana. Così li ricordano gli storici, quei fatali anni Settanta. Eppure, a leggere la cronaca degli anni successivi, pare quasi che gli storici si siano sbagliati, facendo coincidere gli anni di piombo con un lasso temporale tanto ristretto: anni di piombo, anni pesanti furono anche quelli degli omicidi di mafia, Peppino Impastato prima, ma anche, nei primi anni Ottanta, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinnici e Franco Imposimato, fino ad arrivare ai gloriosi anni ’90, alle stragi di Capaci e via D’Amelio. Falcone, Borsellino, Chinnici; Dalla Chiesa, Imposimato, Impastato, Moro. Tutti nomi silenziosamente legati da un unico filo che percorse quegli anni ’70, e ancora oltre fece sentire la sua presenza. A ben vedere, pare che gli anni di Piombo non siano mai finiti. Perché, se è vero che il Sessantotto fu una lotta proletaria per l’emancipazione delle masse da qualunque tipo e forma di potere autoritario, che fosse capitale o dittatura (comunista), allora fu, implicitamente, anche quel movimento politico che portò alla nascita di quei nuovi ideali, che poco dopo spianarono, ideologicamente parlando, la lotta alla criminalità organizzata, a quel potere ugualmente autoritario, parallelo (ma forse meglio organizzato) a quello dello Stato, e in qualche modo – in molti modi – ad esso sottilmente legato. Quella lotta alla mafia che fece altrettante vittime dei terroristi. Anni di piombo quelli del terrorismo estremista, anni di piombo quelli del terrorismo di stampo mafioso. La storia fluisce continuamente dentro e oltre se stessa, e non bastano le definizioni degli storici che tentano di creare un ordine logico laddove non può esserci che un significativo caos, a separare gli avvenimenti tra loro, a cercare di guardare alla storia come se fosse un insieme di piccole tessere di mosaico, anziché un’unica, grande http://www.larosanera.it/?p=2573 1/2 17/05/2011 Moro e Impastato, vittime dello stess… pennellata tracciata sulla tela con diverse sfumature. Alcuni storici considerano gli anni ’70 come un’occasione mancata: i cambiamenti sociali seguiti al boom industriale e culturale, a sua volta conseguenza della ripresa economica del Dopoguerra, avrebbero potuto dare l’avvio a un processo evolutivo in cui si sarebbero potute sfruttare le nuove energie politiche e culturali per risolvere gli annosi problemi della giovane Repubblica: la questione meridionale e la problematica della criminalità organizzata, per esempio. Invece, furono anni di violenza. Violenza dilagante, attacco ideologico “al cuore dello Stato”, anime allo sbando. Perdita (senza rimpiazzo) dei valori tradizionali. Un processo che, al contrario di quanto si sarebbe sperato, aprì piuttosto la strada a una involuzione socio-politica: la scoperta della P2, la degradante corruzione politica e morale, gli abusi di potere che infine suppurarono nello scandalo di Tangentopoli. Gli anni di piombo non sono davvero mai finiti. Anzi, a dirla tutta forse sono iniziati molto prima di quanto affermano gli storici: negli oscuri giochi di potere consumatisi all’ombra del lungo, prospero e apparentemente calmo dominio della Democrazia Cristiana, già esistevano in nuce tutti i presupposti che avrebbero condotto alla situazione politica successiva, agli anni di piombo e al terrorismo, agli omicidi di mafia e al sequestro di Aldo Moro, che, dopo più di 30 anni, cela ancora il mistero della sua morte. Già. Perché Aldo Moro non fu liberato? Perché la DC non trattò con le BR, come avrebbe fatto solo due anni dopo, dinanzi al rapimento di Ciro Cirillo, responsabile amministrativo del post-terremoto in Campania, chiedendo l’intercessione addirittura di Don Raffaele Cutolo? A muovere la mano dei killer c’è stato sempre lo stesso, invisibile potere. Brigatisti e mafiosi, P2, Andreotti e Cossiga. Una sola grande famiglia. Chi nelle vesti di burattino, chi di burattinaio, sono dettagli che non si conoscono con precisione, né si conosceranno probabilmente; ma, oggi come ieri, Moro e Impastato, sono vittime dello stesso potere, quel potere autoritario e semi-dittatoriale contro cui lottavano i sessantottini. E contro cui, in maniere diverse, lottavano anche Moro e Impastato, entrambi uccisi per essere messi a tacere. Impastato, perché denunciava gli illeciti mafiosi, Moro perché aveva palesato l’intenzione di aprire le porte del Governo al PCI, mossa che, in piena guerra fredda, era vista di cattivo occhio sia dall’ex URSS, che tutelava la purezza del proprio regime, sia dagli USA, che paventavano l’acquisizione di un certo peso politico da parte dei comunisti. Che sia stato lo Stato, o la mafia, suo riflesso illecito e armato, ad averli uccisi, non fa differenza. Perché tra Stato e mafia, la differenza era (ed è tuttora) poca. Tant’è vero che chi fu coinvolto all’epoca nel caso Moro era molto più vicino a Cosa Nostra di quanto si creda. Lo Stato ha anch’esso le sue armi per agire, usa altre braccia, molto spesso si nasconde dietro ideologie faziose. Come quelle che impedirono al Governo di Andreotti di aprire le trattative con le BR per il rilascio di Moro, imponendo la linea della fermezza contro quei comunisti terroristi, inconsapevoli attori di un dramma ben più grande di loro. Moro e Impastato avrebbero potuto essere, insieme agli altri che in quel periodo si batterono per lo sviluppo e la crescita culturale del nostro paese, gli uomini della svolta; invece restano vittime, sacrificali e innocenti, di un potere oscuro e misterioso, che continua a tenerci al giogo ancora oggi. Giuliana Gugliotti Mi piace A Marco Branca e altri 4 piace questo elemento. This entry was posted on martedì, maggio 10th, 2011 at 23:17 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site. Lascia un commento Name (Required) E-mail (Required) Website INVIA LINEA DI CONFINE LINK 2 LINK 3 LINK 4 LINK 5 THE BEATALL Editore: A.C.S.P. C.F. 95094790631 - Registrazione Tribunale di Napoli n. 86 del 26.10.2010 per la diffusione elettronica e cartacea http://www.larosanera.it/?p=2573 2/2 17/05/2011 La Mafiopoli di Peppino Impastato | L… Numero 26 del 10/05/2011 HOME LA REDAZIONE CONTATTI ARCHIVIO La Mafiopoli di Peppino Impastato Sezioni MARTEDÌ, 10 MAGGIO 2011 20:58 Attualità NESSUN COMMENTO Il problema della malavita organizzata esiste ancora, oggi più Giuseppe Impastato, meglio conosciuto come Peppino (Cinisi 5 Gennaio 1948 – Cinisi 9 Maggio 1978), è stato giornalista, conduttore radiofonico, politico ma soprattutto il simbolo dell’opposizione all’omertà mafiosa. Nato in una famiglia di origine mafiosa, il cui padre, Luigi, capo e membro di un clan, lo allontanò di casa poiché contrario alle ideologie del figlio, Peppino Impastato è oggi un esempio di coraggio, di libertà, di un paese migliore, unito contro la malavita. A lui si deve la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d’Italia, avvenuta un anno dopo la sua morte, il 9 Maggio del 1979, che vide la partecipazione di 2000 persone. che mai: ma, come dimostra Peppino Impastato, è possibile Cinema E' vero che? Economia Editoriale La Nera La Rosa Napoli Notizie Flash Piano e Forte Politica Sport Who's who Sin da piccolo fu un tenace attivista: entrando a far parte del PSIUP si avvicina alla vita politica, divenendo poi nel 1968 uno dei dirigenti dei gruppi di Nuova Sinistra. Nel 1978 si candida come consigliere comunale nella lista di Democrazia Proletaria, ottenendo simbolicamente la nomina dopo cinque giorni dalla morte. Peppino fa sentire la sua voce attraverso il giornalino “L’idea socialista”, sequestrato dopo pochi anni: allora Peppino decide di passare alla radio: nel 1977 fonda Radio Aut, emittente autofinanziata attraverso cui continua a urlare i delitti, i loschi affari mafiosi di Cinisi e di Terrasini. Ogni venerdì viene trasmesso il programma di satira “Onda pazza”, all’interno del quale Peppino sbeffeggia mafiosi e politici, denunciando ogni forma di illegalità attraverso storie, lettere, con lo scopo di sminuire e ridicolizzare “Don Tano seduto”, come apostrofa il boss mafioso di Cinisi, Gaetano Badalamenti, che fu mandante del suo omicidio. “spalare quella montagna di merda che è la Mafia” Peppino muore all’età di 30 anni, prima percosso brutalmente, poi fatto esplodere con una carica di tritolo che gli era stata legata al corpo. La sua unica colpa fu quella di aver parlato di ciò di cui non si doveva parlare: Cosa Nostra. All’inizio sembrava che Cosa Nostra, la mafia, l’avesse vinta. Infatti, immediatamente dopo il suo assassinio, avvenuto nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 lungo la tratta ferroviaria Cinisi.Palermo, la stampa, la magistratura e le forze dell’ordine pensarono a un atto terroristico finito male per l’attentatore (si era negli anni di piombo). Poco dopo, forse per occultare il crimine di stampo mafioso, si diffuse la notizia di un suicidio, notizia accreditata dal ritrovamento di una lettera, in realtà risalente a molti mesi prima, in cui Peppino scriveva: “voglio ab b andonare la politica e la vita”. Se ci si fosse fermati qui, probabilmente la verità non sarebbe mai venuta a galla. Ma Giovanni, fratello di Peppino, e la madre Felicia Bartolotta conoscevano troppo bene Peppino per reputarlo capace di un simile gesto: fu grazie alla loro costanza, e alla loro opera di denuncia, che le indagini proseguirono, grazie anche al sostegno offerto alla famiglia Impastato dai compagni di Peppino: sulla base di una cospicua documentazione, i familiari riuscirono a far riaprire il caso, archiviato per ben due volte nel corso degli anni, nel 1984 e nel 1992, e la matrice mafiosa del delitto venne finalmente alla luce. Una battaglia giudiziaria che si è conclusa solo nel 2002, con l’arresto di Vito Palazzolo, condannato a trent’anni di carcere, e l’ergastolo per Gaetano Badalamenti (morto a 80 anni il 30 Aprile 2004), già in carcere per una condanna a quaranta cinque anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York; per gli esecutori materiali dell’omicidio, Francesco Di Trapani e Nino Badalamenti non c’è stata invece nessuna condanna: la morte ha provveduto a portarseli via prima. Alla fine, giustizia è stata fatta. Ma, dopo più di vent’anni di lotta per la verità, si può ben parlare di colpevole, vergognoso ritardo. Oggi, Peppino viene ricordato per il suo impegno contro la Mafia: a lui sono dedicate associazioni, monumenti, canzoni e film. La stessa casa di Don Tano, posta appena a “100 passi” di distanza da casa degli Impastato, dopo essere stata confiscata alla Mafia, oggi appartiene all’Associazione Culturale Peppino Impastato e funge da centro culturale. “Un’occasione di rilancio e riscatto per la città di Cinisi” come ha affermato Giovanni Impastato al momento della consegna delle chiavi, in cui tutti speriamo vivamente. Simona Esposito Mi piace Di' che ti piace questo elemento prima di tutti i tuoi amici. This entry was posted on martedì, maggio 10th, 2011 at 20:58 and is filed under La Nera. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site. http://www.larosanera.it/?p=2569 1/2 17/05/2011 La Mafiopoli di Peppino Impastato | L… Lascia un commento Name (Required) E-mail (Required) Website INVIA LINEA DI CONFINE LINK 2 LINK 3 LINK 4 LINK 5 THE BEATALL Editore: A.C.S.P. C.F. 95094790631 - Registrazione Tribunale di Napoli n. 86 del 26.10.2010 per la diffusione elettronica e cartacea http://www.larosanera.it/?p=2569 2/2 17/05/2011 Sesso: tra astinenza e erotismo, donn… Numero 26 del 10/05/2011 HOME LA REDAZIONE CONTATTI ARCHIVIO Sesso: tra astinenza e erotismo, donne e uomini a confronto Sezioni Attualità MARTEDÌ, 10 MAGGIO 2011 20:47 Cinema NESSUN COMMENTO “La differenza tra l’amore e il sesso è che il sesso allevia le tensioni e l’amore le provoca”. Queste parole di Woody Allen riassumono in breve l’argomento. Non è un caso che siano state pronunciate da un uomo. I dati parlano chiaro: il maschio pone gli amplessi focosi sullo stesso livello del cibo e del sonno. Secondo una ricerca della Ohio State University di Mansfield, l’uomo pensa al sesso diciotto volte al giorno, più o meno ogni 158 secondi circa. Ultimo ritrovato per rigenerare il corpo e rilassare la mente? Una media ragionevole rispetto alle Una sana notte di...sesso! leggende metropolitane. Certo, lo studio ha dimostrato anche che esistono uomini e uomini, al pari delle donne. Nel corso dell’esperimento con un panel di controllo molto ampio, un uomo è riuscito a pensare al sesso ben 388 volte in un giorno, ma questo non fa media. Le donne non sono da meno. Dieci volte al giorno è un dato che attesta un netto miglioramento, da un punto di vista psicofisico, rispetto alle constatazioni degli anni precedenti. E' vero che? Economia Editoriale La Nera La Rosa Napoli Notizie Flash Piano e Forte Politica Sport Who's who Bando al romanticismo, oramai fuori moda. Il sesso è un’ottima soluzione per restare in forma, distendere i pensieri con un rilassamento psicofisico notevole. Che sia occasionale o stabile, il corpo a corpo è fondamentale. Ci sono periodi di astinenza forzata e non. I problemi fisici del partner o la fine di una relazione amorosa portano periodi, più o meno lunghi, di astinenza. Non vi siete mai resi conto che ve lo si può leggere sul viso e sul corpo? Ebbene sì. Eruzioni cutanee, nervosismo, insonnia, arrossamenti della pelle, mal di testa e stati d’ansia sono solo alcuni dei sintomi per rendervi conto che state arrivando al limite. Anche le fantasie erotiche notturne non vanno prese sotto gamba. Tranquilli, dopo un rapporto sessuale completo tutto sparisce e vi sentirete rinati. Questa condizione riguarda sia le donne sia gli uomini. Quest’ultimi difficilmente riescono a mascherare i loro pensieri diurni e notturni viste le reazioni fisiche che ne derivano. Sicuramente la masturbazione aiuta entrambi a non patire l’astinenza da contatto fisico. Fondamentale, però, è ricordare di come l’uomo prostata. Secondo alcuni studi, questo aiuta a mantenere un’ottima qualità dello sperma. Gli consigliano un orgasmo dalle tre alle quattro volte più di uno al giorno. Per quanto concerne il gentil alla salute, se non a quella mentale. Sempre più trovano nel sesso una valvola di sfogo. abbia bisogno di eiaculare per decongestionare la ridurre l’incidenza del tumore prostatico, oltre a esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la settimana e, per uomini con bassa fertilità, anche sesso, il rapporto fisico non comporta grandi danni frustrate ed insicure nella loro apparente sicurezza, Ultima moda delle over trenta è l’astinenza creativa. Si basa sulla necessità di approcciare con il partner con lentezza e senza sesso. A quanto risulta, i baci sono l’unico contatto concesso. La filosofia di David Jay non deriva da credenze religiose di alcun genere, bensì dal totale disinteresse verso il rapporto fisico. Nessuno si aggrega a questo gruppo di asessuati per delusioni passate o traumi. Qui la contemplazione e la meditazione prendono il ruolo della passione e del contatto. Roberta Santoro Mi piace A Giovanni Di Paola e altri 3 piace questo elemento. This entry was posted on martedì, maggio 10th, 2011 at 20:47 and is filed under La Rosa. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site. Lascia un commento Name (Required) E-mail (Required) http://www.larosanera.it/?p=2563 1/2 17/05/2011 Sesso: tra astinenza e erotismo, donn… Website INVIA LINEA DI CONFINE LINK 2 LINK 3 LINK 4 LINK 5 THE BEATALL Editore: A.C.S.P. C.F. 95094790631 - Registrazione Tribunale di Napoli n. 86 del 26.10.2010 per la diffusione elettronica e cartacea http://www.larosanera.it/?p=2563 2/2 17/05/2011 The Strokes – Angles | La rosa nera Numero 26 del 10/05/2011 HOME LA REDAZIONE CONTATTI ARCHIVIO The Strokes – Angles Sezioni MARTEDÌ, 10 MAGGIO 2011 20:47 Attualità NESSUN COMMENTO Amateli. Odiateli pure. Ma gli Strokes non riesco proprio ad essere indifferenti alle orecchie. Dopo la bellezza di cinque anni dal precedente First Impressions Of Earth ecco il loro nuovo lavoro, Angles, che punta a zittire critiche e voci su un presunto scioglimento del quintetto newyorkese. Angles apre le danze con Machu Picchu, ossia il funk che presta il fianco al rock e all’elettronica. La voce di Casablancas appare più filtrata e molto meno distorta, e in generale in tutto il disco si sentiranno spesso questi arrangiamenti decisamente “eighties”. Segue a ruota il singolone Under Cover Of Darkness, dal ritornello da stadio e dalle chitarre acide e come solito impastate egregiamente da Hammond Jr. e Nick L'evocativa copertina di Angles, nuovo lavoro degli Strokes, a Valensi, ciò che nel disco più si avvicina al dispetto delle voci di uno scioglimento del gruppo precedente lavoro come atmosfere e arrangiamenti. Two Kind Of Happiness ci rituffa negli anni ‘80, un pezzo con parecchi tempi doppiati alla batteria ed in generale molto energico, ma personalmente con poca personalità. You’re So Right farà storcese il naso a molti fan della prima ora, un riff assillante e una voce principale che va a braccetto con effetti degni di tastiera Casio, insomma una canzone che non avrebbe sfigurato nel disco solista di Casablancas. Taken For A Fool ci riporta nelle giuste atmosfere. Ritmi dritti e secchi, con echi lontani di Jam e Pavement, ciò che in fondo ci piace e ci piacerà ancora sentire dagli Strokes, diciamoci la verità. Games ci ricorda ciò che è il concept di questo disco, ossia melodie ‘70 e ‘80 riarrangiate per una guitar band. Sicuramente non un pezzo memorabile, ma tant’è. Call Me Back apre con un pizzicato di chitarra che strizza l’occhio ai bravi e fortunati Little Joy, ossia il progetto solista del batterista brasiliano Fabrizio Moretti. Cinema E' vero che? Economia Editoriale La Nera La Rosa Napoli Notizie Flash Piano e Forte Politica Sport Who's who Personalmente il pezzo che mi ha divertito di più è questa Gratisfaction, una ventata d’aria fresca dopo tastierine e voci computerizzate. Un pezzo alla Thin Lizzy e con una spruzzata di Glam Rock londinese, con chitarre efficaci ed un ritornello davvero “pub style”, uno dei picchi dell’album. Metab olism attacca con un ritmo sinistro ed incalzante, riuscendo a tenere ben attaccate le cuffie alle orecchie, ma senza mai aprirsi del tutto. Life Is Simple In The Moonlight chiuderebbe benissimo il precedente Room On Fire, ma potrebbe essere senza fare fatica il prossimo singolone-scala-classifiche, con quel suo ritornello non banale ma allo stesso tempo fruibile dagli ascoltatori più disparati. Insomma, con i suoi dieci pezzi ed una compatezza generale Angles potrebbe passare come un album di medio livello. Ciò che ovviamente fa la differenza è la personalità di un gruppo come gli Strokes, che sapientemente mettono lo zampino e svolgono il “compitino”. Una sorta di album/mantra contro malelingue e voci ormai incalzanti di “separazioni consensuali” verso i proprio progetti solisti. Poca ispirazione ma pezzi ben arrangiati e figli di esperienza ormai consolidata, sperando che il prossimo lavoro ci stupisca più per altro che per una tastierina anni ‘80 in più o in meno. E sperando che non passino altri cinque anni! Marco Della Gatta Mi piace Di' che ti piace questo elemento prima di tutti i tuoi amici. This entry was posted on martedì, maggio 10th, 2011 at 20:47 and is filed under Piano e Forte. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site. Lascia un commento Name (Required) http://www.larosanera.it/?p=2560 1/2 17/05/2011 The Strokes – Angles | La rosa nera E-mail (Required) Website INVIA LINEA DI CONFINE LINK 2 LINK 3 LINK 4 LINK 5 THE BEATALL Editore: A.C.S.P. C.F. 95094790631 - Registrazione Tribunale di Napoli n. 86 del 26.10.2010 per la diffusione elettronica e cartacea http://www.larosanera.it/?p=2560 2/2 17/05/2011 Kill Bin Laden, dalla realtà al cinema | … Numero 26 del 10/05/2011 HOME LA REDAZIONE CONTATTI ARCHIVIO Kill Bin Laden, dalla realtà al cinema Sezioni MARTEDÌ, 10 MAGGIO 2011 16:49 Attualità NESSUN COMMENTO Una ricerca durata anni tra le montagne del Pakistan e l’Afghanistan, una missione complicata dall’incidente di un elicottero Black Hawk, e infine l’uccisione del terrorista più temuto al mondo e la sua misteriosa sepoltura. La morte di Osama Bin Laden, così carica di avventura, sangue e segretezza, è lo spunto perfetto per un action movie in piena regola. Di azioni simili al superblitz dei Navy Seal ne è già pieno il cinema, ma di fronte a questo condensato “reale” di spettacolarità e azione, Hollywood è rimasta spiazzata, costretta stavolta ad inseguire l’attualità invece che anticiparla come una macchina dei sogni che si rispetti dovrebbe fare. Ma è pronta a recuperare. Cinema E' vero che? Economia Editoriale La Nera La Rosa Napoli Notizie Flash Piano e Forte Politica Sport Who's who Adesso che l’ex uomo più ricercato al mondo è stato fatto fuori, c’è chi ha già La regista Premio Oscar Kathryn Bigelow sarà la prima a messo il piede sull’acceleratore per portare sullo schermo la caccia al terrorista Osama Bin Laden portarne sullo schermo la rocambolesca cattura. Del resto, chi non si sarebbe aspettato un istant movie sull’operazione che ha portato all’uccisione del nemico americano numero uno? Profetica e veggente come Cassandra, Kathryn Bigelow è stata la prima ad averci preso, ma non abbastanza in tempo. Segnando un vero e proprio record nei tempi di reazione di Hollywood, la regista australiana – prima donna a vincere il Premio Oscar nel 2010 per il suo crudo e adrenalinico ritratto dei soldati in Iraq, The Hurt Locker - ad un film su Bin Laden aveva iniziato a lavorarci già da dicembre, assieme allo sceneggiatore ed ex giornalista Mark Boal. Titolo provvisorio: Kill Bin Laden. A dispetto di quanto il nome lasci immaginare, l’intenzione dei due autori era di realizzare un thriller semidocumentaristico sul tentativo fallito di assassinare lo sceicco del terrore, con un focus sulle dinamiche emotive all’interno del gruppo impegnato nella missione. Il film avrebbe dovuto concludersi con la fuga di Bin Laden, ma i recenti avvenimenti hanno cambiato le carte in tavola e spinto la regista a tornare sui suoi passi e a modificare lo script, nel tentativo di adeguare la finzione alla realtà. La premiata coppia Boal & Bigelow pare infatti intenzionata a riscrivere un copione già pronto aggiungendo i dettagli reali dell’operazione, come i 40 minuti dello scontro a fuoco che ha messo la parola fine sulla vita del leone jihadista. I tempi per aggiustare il tiro della sceneggiatura stringono inesorabilmente in vista delle riprese che potrebbero iniziare addirittura già a giugno, o comunque non appena saranno individuate le location più adeguate. Si vocifera che il set sarà in Afghanistan. Una scelta che desterebbe non poche perplessità in merito ai possibili pericoli per la sicurezza della troupe. In ogni caso, l’occasione è di quelle da non perdere, vista la risonanza mediatica che la scomparsa di Bin Laden ha suscitato in tutto il mondo. E ad Hollywood il solo pensiero di portarla sullo schermo fa fremere più di un produttore. In pole position c’è il rispolvero di un film targato Paramount fermo dal 2006, Jawb reaker tratto dall’omonimo romanzo di Garty Bernsten, un agente della CIA che partecipò alla fallimentare missione militare del 2001 sulle montagne di Tora Bora per eliminare la mente dell’attentato alle Torri Gemelle, a cui pare fosse interessato anche Oliver Stone. Ma il libro per cui si scatenerà una corsa ai diritti cinematografici sarà Seal Team Six – Memoirs Of An Elite Navy Seal Sniper, uno sguardo dall’interno sul commando che ha braccato e ucciso il ricercato numero uno al mondo. Insomma, tanta carne a cuocere che nel peggiore delle ipotesi potrebbe indurre la Bigelow a rinunciare del tutto al suo progetto, a questo punto un po’ troppo inflazionato. A onor del vero, Bin Laden e le sue gesta terroriste sono il pretesto cinematografico più usato negli ultimi dieci anni di film dedicati alle guerre in Afghanistan e Iraq e più in generale sul terrorismo internazionale. Basti citare ai film incentrati sulla tragedia dell’11 settembre, come United 93 di Paul Greengrass o World Trade Center di Oliver Stone; o quelli in cui Bin Laden era sullo sfondo come Leoni per Agnelli di Robert Redford, il docu-film di Michael Moore, Fahrenheit 9/11 e La 25ª ora di Spike Lee in cui il protagonista, lo spacciatore Monty Brogan, nel suo lungo monologo allo specchio impreca contro il terrorista: “In c**o a Osama Bin Laden, ad Al Qaeda e a quei cavernicoli retrogradi dei fondamentalisti di tutto il mondo. In nome delle migliaia di innocenti assassinati vi auguro di passare il resto dell’eternità con le vostre settantadue puttane ad arrostire a fuoco lento all’inferno”. Parole dure, ma che danno il senso di quello che l’America ha provato per questo supercattivo, ormai sconfitto. Enrica Raia http://www.larosanera.it/?p=2552 1/2 17/05/2011 Mi piace Kill Bin Laden, dalla realtà al cinema | … Di' che ti piace questo elemento prima di tutti i tuoi amici. This entry was posted on martedì, maggio 10th, 2011 at 16:49 and is filed under Cinema. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site. Lascia un commento Name (Required) E-mail (Required) Website INVIA LINEA DI CONFINE LINK 2 LINK 3 LINK 4 LINK 5 THE BEATALL Editore: A.C.S.P. C.F. 95094790631 - Registrazione Tribunale di Napoli n. 86 del 26.10.2010 per la diffusione elettronica e cartacea http://www.larosanera.it/?p=2552 2/2 17/05/2011 Chiaiano: sequestrata una parte della … Numero 26 del 10/05/2011 HOME LA REDAZIONE CONTATTI ARCHIVIO Chiaiano: sequestrata una parte della discarica Sezioni MARTEDÌ, 10 MAGGIO 2011 20:46 Attualità NESSUN COMMENTO A Napoli, si sa, la monnezza è ormai un po’ ovunque. Come la camorra e il clan dei Casalesi. La storica famiglia camorristica campana, pur avendo subito negli ultimi mesi notevoli perdite a causa degli arresti di molti dei suoi affiliati, appare sempre più un’organizzazione dagli ingranaggi ben oliati, che riesce a rafforzare costantemente le sue fila, al punto che potrebbe aver “allungato le mani” anche sulla discarica di Chiaiano. Pochi giorni fa, infatti, ad opera dei L'interno della cava di Chiaiano, parzialmente sequestrata in carabinieri del gruppo Tutela dell’Ambiente, seguito a una sospetta infiltrazione camorristica è avvenuto il sequestro di una parte della discarica napoletana – che, ab originem, era stata “pensata” come la discarica più sicura dell’emergenza e dell’Europa tutta – a causa di presunte infiltrazioni camorristiche nella realizzazione del sito. Circa 266 mq, finora liberamente utilizzati per sversare i rifiuti cittadini, sarebbero stati trattati con materiali scadenti e, dunque, non sarebbe possibile scongiurare del tutto la minaccia di inquinamento delle falde acquifere. Sono stati perquisiti anche alcuni laboratori di analisi, cui erano state affidate le valutazioni relative al terreno della attuale discarica prima che vi fosse sparsa l’argilla: gli investigatori temono, infatti, che i rilevamenti e i risultati degli stessi possano essere stati falsificati, pertanto le indagini attuali mirano a stabilirne la veridicità e ad esaminare i criteri in base ai quali sono stati effettuati. Attualmente sono sotto accusa due società, la Ibi e la Edil Car (rispettivamente la vincitrice e la subappaltatrice dell’appalto per la realizzazione del sito), per le quali si prospettano i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode in pubbliche forniture, traffico illecito di rifiuti e smaltimento non autorizzato di rifiuti, con l’aggravante di avere agito per agevolare clan camorristici. Cinema E' vero che? Economia Editoriale La Nera La Rosa Napoli Notizie Flash Piano e Forte Politica Sport Who's who Da molti mesi i cittadini di Chiaiano e il comitato antidiscarica si dichiarano preoccupati per la situazione in cui versa il sito che avvelena il loro territorio; già nel mese di marzo, dopo gli undici avvisi di garanzia inviati ai dirigenti delle suddette aziende appaltatrici, Antonio Musella ed Egidio Giordano – portavoce dei comitati e della Rete Commons – dichiaravano: “Lo Stato per poter aprire la discarica di Chiaiano è sceso a patti con i poteri criminali, e questa inchiesta è la riprova delle denunce da noi fatte in questi anni. Siamo davanti ad un disastro che viene fuori con grande ritardo. Bisogna mettere una parola fine alla vicenda di Chiaiano ed adoperarsi da sub ito per la b onifica dell’intera zona. È assurdo che la magistratura non ab b ia sequestrato la discarica: è come sostenere che un palazzo sia costruito con materiale scadente, ed una volta accertato il fatto si lasci costruire lo stesso senza scongiurare un disastro ulteriore”. Verrebbe da dire: oltre al danno, la beffa. Si, perché, mentre i cittadini manifestavano pubblicamente le loro preoccupazioni, quante altre tonnellate di monnezza sono state ammassate in una discarica non sicura per la popolazione? La richiesta dei comitati è stata evidentemente accolta in netto ritardo e solo in parte, dato che il sequestro di una porzione del sito non blocca l’accesso dei camion per lo sversamento, ma impedisce soltanto di raggiungere la zona della discarica dove i rifiuti vengono ammassati in altezza. Intanto, la situazione in città continua a peggiorare: sono oltre 300 le tonnellate di spazzatura abbandonate in strada e, mentre la rabbia e il panico serpeggiano tra i cittadini indignati, tornano in voga i roghi, le promesse mirabolanti dei politici e le delegazioni dell’esercito italiano. Il sequestro a Chiaiano rischia di aggravare ulteriormente l’emergenza e, soprattutto, di rappresentare una ulteriore sconfitta per la salute della Campania e dei suoi cittadini. Sara Di Somma Mi piace A 7 persone piace questo elemento. Di' che piace anche a te, prima di tutti i tuoi amici. This entry was posted on martedì, maggio 10th, 2011 at 20:46 and is filed under Napoli. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site. 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