LO SPORT DEI RE O IL RE DEGLI SPORT

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LO SPORT DEI RE O IL RE DEGLI SPORT
Passioni
LO SPORT
DEI RE
O IL RE I
DEGLI
SPORT?
lioni di persone in circa 80 paesi. E continua a raccontare nelle sue corse a rotta
di collo e nei colpi secchi delle stecche
di legno, simili a sciabolate, una fetta di
storia dell’umanità.
IL NOME
deriva dal
tibetano “pulu”, che indica un oggetto sferico.
Si gioca in tempi da sette minuti, i chukker
Prima disciplina globale
Il polo è il gioco di squadra più antico
del mondo. Lo hanno praticato fin dalla notte dei tempi i guerrieri nomadi, e
si è diffuso con le cavalcate dei popoli conquistatori (arabi, ottomani, mongoli) in tutta l’Asia, dall’India alla Cina fino
al Giappone. Lasciando tracce ovunque, tranne che nel mondo greco e romano. Si racconta che Alessandro Magno rispose sdegnato all’offerta di tregua
del sovrano dei persiani, Ciro il Grande, da consumarsi in un match distensivo di polo, con una metafora sprezzante del gioco: «Io sono la stecca e la terra
è la palla». E guerra fu. Per le truppe britanniche di stanza nel subcontinente indiano, il polo era l’addestramento principe dei reggimenti degli Ussari, la cavalleria leggera dell’Impero. Tanto si appassionarono gli inglesi che importarono
il gioco in madrepatria e lo esportarono anche in Argentina e negli Stati Uniti. Per molti, è il gioco elitario per eccellenza, destinato a nobili e milionari,
per tutti coloro che possono permettersi un cambio di quattro cavalli per match e di fare pratica nei verdi campi delle proprie tenute. Lo stilista Ralph Lauren ha adottato come simbolo del suo
marchio un giocatore di polo a cavallo,
così come La Martina, brand argentino
di abbigliamento sportivo (che equipaggia oltre alla propria anche la nazionale inglese), ha in effige due giocatori in sella. E questa idea di sport per
pochi è a tal punto consolidata che
le speranze di rientrare tra le discipline dei giochi olimpici per
l’edizione del 2020 (Tokyo) sono
ridotte al lumicino. Eppure questo
antico sport è praticato da più di 50 mi-
Febbre da
POLO
“Stigmatizzato” come gioco per milionari,
è in realtà praticato da oltre 50 milioni
di persone nel mondo – non solo teste
coronate e imprenditori – e mira a rientrare
nelle competizioni olimpiche.
E se la sua patria d’elezione rimane senza dubbio
l’Argentina, conta cultori anche in Italia
di Christian Benna
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l polo è un gioco per tutti. Prima disciplina globalizzata, pausa tra scorribande belliche e punto di contatto della storia tra i popoli, nelle sue cavalcate nel
corso dei millenni, ha imparato qualcosa da ogni nazione che ha incontrato. Le
regole sono (in apparenza) semplici: due
formazioni composte da quattro giocatori si affrontano in sella a cavalli e muniti di stecche di bambù con l’obiettivo
di mandare una palla di legno attraverso
due pali. Vince la squadra che segna più
punti. Grossomodo, assomiglia ancora
oggi alle caotiche partite amatoriali nella polvere delle steppe dell’Asia centrale in cui se le davano di santa ragione le
unità di cavalleria persiane e turcomanne. Ma basta andare a fondo dell’etimologia nel grande dizionario del polo per
farsi raccontare una storia millenaria, di
conquiste ed esplorazioni. Intanto la parola “polo” deriva dal tibetano “pulu”,
per indicare un oggetto sferico, come la
palla da gioco. La partita è divisa in tempi detti chukker (di circa sette minuti), in
cui i giocatori cambiano il cavallo, per
guidare in sella forze fresche e riposa-
te. Chukker deriva dall’hindi “chakar”,
mutuata dal sanscrito “chakra” (circolo,
ruota), termine assai noto ai cultori dello yoga e delle filosofie indiane, che ben
si addice al lungo viaggio di questo gioco. Una delle regole più famose - di origine militare - è quella della “Linea della Palla”, una linea immaginaria che va
dalla stecca che ha colpito, alla posizione della palla; questa linea è tracciata
con lo scopo di far avvicinare il giocatore alla palla in sicurezza. Si può notare,
infatti, che il movimento della stecca per
colpire la palla, dall’alto verso il basso, è
analogo al fendente che si vibra con una
sciabola da cavalleria.
Podio sudamericano
I
migliori giocatori si trovano in Argentina, diventata nell’ultimo secolo la depositaria della tradizione della disciplina
equestre. Tanto che il Paese è il maggior
detentore di titoli (ben tre) della Coppa
del mondo. Ma che c’entra il polo, gioco persiano diventato inglese dopo un
lungo apprendistato in India, con la terra
che ha dato, e continua a farlo, i na-
Uomini d’impresa a cavallo
Tra i vip più appassionati per il gioco del polo c’è senza dubbio Alfio
Marchini. L’imprenditore romano, candidato come indipendente a
sindaco della Capitale all’ultima tornata elettorale, ha giocato
per anni a livello agonistico nella squadra di Loro Piana ed è
stato convocato nella Nazionale italiana, vestendo la maglia
di capitano. Ma non è l’unico uomo d’impresa a
cimentarsi con questo sport. Anzi, per anni tanti
super manager e industriali, hanno guidato (e
sborsato fior di quattrini, in media solo un cavallo da
competizione vale circa 100 mila dollari) squadre
anche molto competitive. È il caso di Richard BrittenLong, ex gestore inglese di grandi fondi immobiliari,
ora a capo del Cirecester Park Polo Club, o del
businessman emiratino Ali Albwardy, patron del Dubai
Polo Team, ma anche di Edouard Carmignac, a capo
dell’omonima società di investimenti, del banchiere
venezuelano Victor Vargas, del finanziere svizzero Urs
Schwarzenbach (Interexchange) e di Jérôme Wirth,
fondatore della internet company Beweb.
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A sinistra: Edouard
Carmignac.
In basso: Alfio Marchini
di Loro Piana (in bianco)
durante i British Open
e il finanziere svizzero
Urs Schwarzenbach,
giocatore nel team
dei Black Bears
DATE
& DATI
600 a. C.
Il primo match
(documentato)
di polo della storia:
i turcomanni
sconfiggono i persiani
in un incontro
pubblico
BASTA
saper
cavalcare e seguire qualche lezione
pratica per appassionarsi al gioco
tali ai funamboli del calcio e agli scrittori dalla penna sofisticata come Borges o Soriano? Lo spiega Celia Alfie, Business Development Manager di Argentina Polo Day, la grande attrazione delle
700-1300
Con le loro
conquiste,
persiani, arabi
e ottomani
diffondono
il gioco
in Asia
Pampas, a Pilar, a 40 minuti da Buenos
Aires, dove ogni anno oltre 3 mila turisti
e sportivi vengono da tutto il mondo per
imparare (anche per un solo giorno di
pratica, divertendosi a cavallo e poi tutti davanti a un fumante asado di carne)
o a perfezionare i rudimenti del mestiere
del perfetto jugador. «I grandi commerci
britannici con l’Argentina e le migrazioni», afferma Alfie, «hanno portato il gioco fino al cono Sud del continente americano. E qui, nelle ampie pianure fertili delle pampas, il polo ha trovato la sua
Un amore nato nel corso dell’adolescenza
Intervista a un appassionato: Salvatore Ferragamo
«Un gentiluomo deve saper montare a cavallo». È nata così, quasi
come imposizione materna, la passione di Salvatore Ferragamo per il
gioco del polo. E pensare che appena 14enne, nei giorni delle prime
cavalcate, il nipote e omonimo del grande stilista italiano guardava con
un accenno di apprensione i giovani colleghi scatenarsi al galoppo.
Dunque, l’amore per il polo le è stato trasmesso da sua madre?
Indirettamente. Ci teneva molto che sapessi montare a cavallo. A
quell’epoca, da adolescente, studiavo in collegio in Inghilterra e non
manifestavo grande interesse per le discipline equestri che, anzi, mi
incutevano un po’ di timore. Ma è stato naturale, dopo le prime classi di
equitazione, cimentarsi con il polo. Me ne sono innamorato subito e nel
corso degli anni mi sono messo alla prova a tutti livelli, giocando anche
in squadra con il fuoriclasse argentino Adolfo Cambiaso (considerato
il miglior giocatore al mondo) e con i reali inglesi. Oggi per me il polo
è un’occasione di relax: gioco con i miei familiari in campagna o
in occasioni di beneficenza, come quelle organizzate per sostenere
Operation Smile, la onlus che aiuta i bambini affetti da labiopalatoschisi.
Quali sono i posti più belli dove giocare?
La “Mecca” è l’Argentina, dove ci sono cavalli in quantità e praterie
meravigliose. Ma anche la Florida merita.
Secondo lei, il polo dovrebbe tornare disciplina olimpica?
Il polo è uno sport di grande spettacolo, pertanto mi auguro che torni al più presto tra gli sport a cinque cerchi. Certo,
per una competizione olimpica dobbiamo immaginare tornei “Open”, senza i limiti degli handicap per partecipare,
che di fatto escludono i giocatori migliori.
È uno sport elitario, solo per pochi?
In Italia è un’attività relegata a pochi fortunati. Questo perché mancano le infrastrutture adeguate e la volontà di
promuoverlo, sebbene il nostro Paese vanti ottimi giocatori che l’hanno dimostrato vincendo il primo posto ai playoff
europei. In Inghilterra, invece, ci sono i pony club che riescono a rendere questo sport stupendo più accessibile.
Il Borro - Relais Chateaux, antico borgo medievale sulle colline toscane oggi di proprietà della famiglia
Ferragamo, tra percorsi benessere ed enogastronomici, offre la possibilità di escursioni a cavallo. Ci sono
progetti anche per il polo?
Le idee non mancano, però non è semplice realizzarle. Il polo è sport bellissimo ma anche pericoloso. Perciò ogni
progetto per coinvolgere giocatori anche poco esperti va valutato e organizzato attentamente.
Da grande appassionato di vini, quali consiglierebbe dopo una partita?
Senz’altro un rosso, magari da abbinare a un buon pranzo a base di asado argentino.
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1580
Nell’antica città
di Isfahan nasce
uno dei primi campi
di gioco
del polo. Oggi
lo stadio è
un parco pubblico
1600
1800
Akbar il
Grande,
terzo Moghul
dell’India,
lo decreta
gioco
nazionale
1863
Dall’India alla Gran Bretagna.
Il capitano John Watson,
del 13esimo reggimento
degli Ussari, codifica
per la prima volta le regole
di questo gioco asiatico che appassiona le truppe
inglesi di stanza nel Subcontinente
Nasce
il Calcutta Polo
Club, il più antico
del mondo,
ancora oggi
attivo e tra i più
prestigiosi
3
casa. Gli argentini usavano montare cavalli criollos, molto agili e facili da comandare. Questa razza è stata poi incrociata con specie da corsa dando origine al “polo argentino”, l’animale più
ammirato e richiesto dagli appassionati». Secondo Alfie, il polo non è un gioco così elitario e complesso come molti
lo dipingono. Così nasce Argentina Polo
Day, per mostrare ai turisti che in un
solo giorno si può imparare a giocare e
soprattutto ad appassionarsi. «Diventare
professionisti è un’altra cosa, ovviamente. Ma basta sapere cavalcare un poco e
in un paio di lezioni si può cominciare a
giocare». Anche un bel numero di professionisti vengono nella pampa ad allenarsi. Il caso più noto è quello di Jean
François Decaux, figlio del patron di JC
Decaux (Jean Claude), proprietario di
una delle estancia più belle d’Argentina,
La Bamba de Areco, in uno degli ultimi pueblos (San Antonio de Areco) dove
ancora vivono i gauchos. A La Bamba de Areco, aperta come agriturismo di
lusso per i turisti, per rilassarsi come per
fare pratica, si allena infatti la sua squadra, tra le più forti al mondo.
1874
Il numero
di giocatori
per squadra
viene limitato
a cinque. Nasce
la regola
del fuorigioco
8
Gli uomini della Royal Family sono tutti
professionisti del polo, dal principe Filippo (12)
a Carlo (5), William (1) e Harry (4), spesso
impegnati in tornei di beneficenza, per esempio
il Veuve Clicquot Manhattan Polo Classic (3).
Questo sport riscuote successo anche al cinema,
per esempio in Social Lion (6) è praticato da star
come Tommy Lee jones (7). Oggi, trionfa sul campo
l’argentino Nacho Figueras (2)
9
Berlino 1936 (9) è
l’ultima Olimpiade
per il polo. I tornei
appassionano da
sempre gli inglesi
(Hurlingham, foto 8),
a partire da Winston
Churchill (11), così come
gli americani. Tra questi,
i campioni Earle Wayne
e Earle Hopping,
padre e figlio (10)
12
I
7
5
l primo ‘900 è stato il periodo d’oro
del polo. Il Meadowbrook Polo Club
di New York si riempiva anche di 40
mila persone per assistere alle sfi-
In Argentina, all’Estancia
El Negrete, si disputa
il primo match ufficiale.
Il gioco è stato
importato
da rancheros
irlandesi e inglesi
10
4
L’aspirazione
ai cinque cerchi
1879
2
1
6
11
1900
Il polo è disciplina
olimpica,
ma soltanto
per poco:
verrà escluso
nel 1939
1915
1987
Nasce
l’associazione
Indoor Polo
Si inaugura
la prima
Coppa
del mondo;
viene disputata
ogni tre anni
1998
Oggi
Il Comitato
olimpico
internazionale
riconosce al
polo la qualifica
di sport
La disciplina
è praticata
in più di 60
Paesi da oltre
50 milioni
di persone
IL CASCO (CAP) È FORNITO
DI UNA CINGHIA
E DI UNA GRIGLIA METALLICA
PER PROTEGGERE TESTA E VISO.
È OBBLIGATORIO INDOSSARLO
Lo scorso settembre,
presso la Caserma
Santa Barbara, si è
tenuto il primo torneo
meneghino, l’Audi
Gold Cup: in campo
tanti argentini, ma
anche diversi italiani.
Nel nostro Paese
sono attive una
quindicina di squadre,
iscritte alla Fise, la
Federazione italiana
sport equestri. I polo
club non sono molti,
considerati i costi e
le dimensioni delle
strutture necessarie
per ospitare i match.
Tuttavia, l’Italia del
polo va forte; agli
ultimi campionati del
mondo la Nazionale
è arrivata terza, dietro
ad Argentina e Brasile.
La nostra squadra più
forte, vincitrice del
campionato italiano, è
quella dell’Argentario,
gli Avengers. Il club
più antico, fondato
negli anni ‘30, è il
Roma Polo Club: qui
si sono disputate le
Selezioni europee per
i Campionati mondiali
di Melbourne (2000)
e i Campionati
europei 2002.
LA CODA DEL CAVALLO
DEVE ESSERE SEMPRE
CORTA E INTRECCIATA
PER EVITARE CHE
LA STECCA SI IMPIGLI
LA BRIGLIA
CON PELHAM, UNITA
AL MARTINGALA,
AIUTA A GUIDARE
I MOVIMENTI
DELL’ANIMALE
LE ZAMPE SONO PROVVISTE DI FASCE
PER PROTEGGERLE DAGLI URTI
LA PALLA È DI LEGNO
O PLASTICA; PESA
TRA I 120 E I 135 GRAMMI
PER UN DIAMETRO
DI 78/80 MM
LA STECCA VIENE TENUTA
NELLA MANO DESTRA. REALIZZATA
IN BAMBÙ, LA LUNGHEZZA VARIA
A SECONDA DELL’ALTEZZA
DEL CAVALLO
GINOCCHIERE E STIVALI
NON DEVONO AVERE ELEMENTI
CHE POSSANO FERIRE ALTRI
GIOCATORI
de tra le squadre inglesi e americane. E
non c’era divo di Hollywood che non
provasse a salire in sella per cimentarsi; Walt Disney, giocatore appassionato, gli dedicò anche un cartone animato,
Mickey’s Polo Team. Nel 1935 negli Usa
si contavano 65 squadre e 2.500 giocatori professionisti. È in questo periodo
che il polo diventa disciplina olimpica
per essere poi declassato nel dopoguerra, uscendo dalle competizioni a cinque
cerchi. Non ci sono spiegazioni ufficiali e da allora le associazioni si battono
per tornare sul campo. Secondo David
Woodd, Chief Executive della Hurlingham Polo Association, una delle ragioni dell’attuale esclusione «è che il Cio
non intende aumentare le competizioni
che vedono coinvolti anche gli animali». Per il 2016, in Brasile, dove il polo
ha una lunga tradizione, il gioco non
è stato ammesso, al contrario di rugby
e golf. L’obiettivo è trovare spazio a Tokyo 2020. «Sarà molto difficile», ammette Wood. Un ostacolo è anche stabilire
handicap (l’unità di misura che stabilisce
l’abilità di un giocatore, ndr.) adeguati.
I tornei di polo utilizzano un sistema di
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accesso basato sul ranking dei giocatori e solo poche squadre, come l’Argentina (a quota 40, il massimo assoluto), dispongono di team con handicap di livello. Abbassandoli, come già accade per
la Coppa del mondo, si impedisce ai migliori atleti di partecipare. In attesa di
una decisione del Cio, il 2014 è comunque ricco di appuntamenti per gli appassionati. Oltre ai giochi equestri di Deauville in Francia, e i campionati europei
di Chantilly, Roma ospiterà, il 24 settembre, il Fip Ambassador’s Cup Roma Polo.
P
Che la partita abbia inizio.
© GettyImages (23), LaPresse (1), iStockphoto.com/ InterestingLight(1), /Helga Jaunegg (1), /ivan_baranov (6),
In Italia
LA SELLA HA STAFFILI
(CINGHIE DI CUOIO)
ALL’INGLESE
O ALL’ARGENTINA