n. 1 - Salute per tutti
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n. 1 - Salute per tutti
Vol. 4 - n. 1 - Gennaio-Aprile 2006 Indexed in EMBASE/Compendex Geobase/Scopus La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing) nei giovani: storia, origini, motivazioni psicologiche e problematiche mediche di un fenomeno emergente G. Raiola, M.C. Galati, F. Bianchi di Castelbianco, D. Salerno, P. Muscolo Aspetti etici e medico-legali nella “cura” del minore sieropositivo P. Delbon, A. Conti Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile Periodico quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1, comma 1 DCB Milano G. Mazzoni ESPERIENZA SUL CAMPO Indagine conoscitiva sui bisogni e comportamenti a rischio degli studenti di Lamezia Terme R. Renne, V. Carnei, V. Colacino FRONT LINE Per quanti adolescenti il faticoso processo di metamorfosi è impedito da troppi ostacoli oggettivi o è pagato con un disagio mentale? F. Franchini, N. Giusti Le nuove tecnologie M.P. Bagdadi CASO CLINICO Un giovane adolescente con macchie cutanee e “tumefazione” ossea al livello del cranio E.M. Manca, S. Bertelloni MAGAM NOTES Dietary habits of adolescents in public schools of Ludhiana, Punjab, India T. Aggarwal, D. Singh, R.C. Bhatia, P.C. Sobti La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia F. Calzolari, M.R. Gamberini, V. De Sanctis Editoriale Negli ultimi anni, il tatuaggio ed il piercing sono diventati una moda che si sta sempre più diffondendo fra i giovani. Armstrong e Murphy, in uno studio condotto nel 1997 su 2100 ragazzi americani, hanno visto che il 10% portava uno o più tatuaggi decorativi. Più della metà aveva fatto il primo tatuaggio verso i 14 anni di età. La maggior parte aveva un profilo scolastico soddisfacente e solo pochi facevano parte di una “gang”. Il tatuaggio racchiude in sé vari significati, quali individualismo, rischio, bellezza, libertà, legame affettivo, senso di appartenenza, provocazione, preferenze sessuali ed unicità. Tutti questi valori sono fondamentali per un adolescente che sta tentando di costruirsi una propria identità personale. Il counseling per un adolescente che richiede di tatuarsi necessita di adeguate conoscenze sulla “body art”. In particolare, il medico dovrà sapere come viene effettuato, le cure necessarie, le possibili complicanze e le tecniche per una eventuale rimozione. Il “tattoing” prevede: 1. la scelta di un “tattoo’s studio” 2. la scelta del disegno da riprodurre 3. la rasatura della cute 4. il disegno o riproduzione mediante stencil dell’immagine desiderata 5. la disinfezione della cute con antisettico ed apposizione di un sottile strato di gel 6. la distribuzione dell’inchiostro direttamente sulla cute oppure l’iniezione tra epidermide e derma con una pistola ad aghi 7. la disinfezione ed il bendaggio. Una volta effettuato il tatuaggio è necessaria una cura appropriata per conservare intatto il disegno e per prevenire le infezioni. Un piccolo sanguinamento si può verificare entro le prime 24 ore e la cicatrizzazione, in genere, avviene dopo 10-14 giorni. Nelle prime due settimane viene consigliato l’impiego di antibiotici topici, unguenti oleosi e vitamina E per ridurre l’estensione dell’escara. Le complicanze, non infettive, più comuni sono: una reazione da ipersensibilità al cinnabar (pigmento rosso) e la fotosensibilità al cadmio (pigmento giallo). Queste reazioni si verificano, in genere, nell’arco di poche settimane e causano un processo infiammatorio nel derma superficiale e profondo che porta ad una risposta granulomatosa. Le infezioni locali consistono nella impetigine, erisipela e foruncolosi. Le infezioni sistemiche (ad esempio epatite B, C, HIV) sono possibili ma in genere molto rare. Prima dell’avvento della laserterapia la rimozione del tatuaggio avveniva tramite escissione chirurgica ed impiego di tecniche abrasive o crioabrasive, che creavano inestetismi e complicanze locali. Il trattamento laser consiste nell’indirizzare sulla cute degli impulsi di luce ad alta energia che causano un rapido aumento della temperatura con conseguente frammentazione delle particelle di inchiostro, senza che avvenga una lesione della cute circostante. I residui di inchiostro vengono successivamente eliminati dai macrofagi locali ed allontanati dal circolo linfatico. In genere, i tatuaggi con molti colori e pigmenti metallici possono richiedere diverse sedute prima di essere completamente eliminati. In un adolescente che ha deciso di tatuarsi, il Medico dovrà discutere apertamente gli aspetti positivi e negativi del tatuaggio, fornire informazioni sul tipo di cure necessarie, spiegare le tecniche di rimozione e la sede corporea più appropriata per tatuarsi. È fondamentale consigliare all’adolescente di rivolgersi ad uno studio competente, valutando in particolare l’esperienza, l’igiene e gli strumenti utilizzati (che dovranno essere monouso). Il Ministero della Salute, sollecitato dal moltiplicarsi di luoghi dove è possibile praticare gli interventi e preoccupato della sicurezza di chi si sottopone a queste pratiche, ha emanato una circolare con la quale ribadisce l’obbligo di rispettare i requisiti di igiene e la sicurezza a tutela dei cittadini. Queste raccomandazioni sono state trasmesse agli assessorati regionali che devono provvedere alla loro applicazione. Nel documento, inoltre, viene confermato che i tatuatori hanno l’obbligo di frequentare un apposito corso per ottenere una sorta di patentino di idoneità. In conclusione, in considerazione della aumentata diffusione dei tatuaggi tra gli adolescenti sarebbe opportuno che il pediatra utilizzasse la visita come occasione per discutere tutti questi problemi. In questo modo l’adolescente verrà messo nella condizione di prendere una decisione consapevole e responsabile. Dal 2005 la RIMA avrà una nuova veste grafica per la quale desidero ringraziare la Casa Editrice Scripta Manent di Milano. A tutti Voi un invito a scriverci, dare suggerimenti, fare proposte e comunicarci le Vostre idee. Saremo lieti di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità. Vincenzo De Sanctis 1 S.I.M.A. Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza XIII CONGRESSO NAZIONALE Ferrara 19-21 Ottobre 2006 Segreteria Organizzativa CHRONOS Organizzazione e Servizi Via Scesa Gradoni, 11 - 88100 Catanzaro Tel. 0961/744565-707833 - Fax 0961/709250 e-mail: [email protected] www.organizzazionechronos.it Segreteria Scientifica e Comitato Organizzativo Patrizia Banin, Maria Rita Govoni, Monica Sprocati, Rita Tanas, Gianna Vaccari U.O. di Pediatria - Arcispedale S. Anna Corso Giovecca, 203 - 44100 Ferrara Tel. 0532/236934 - Fax 0532/247107 e-mail: [email protected] Vol. 4 - n. 1 - Gennaio-Aprile 2006 Sommario DIRETTORE SCIENTIFICO Vincenzo De Sanctis (Ferrara) COMITATO DI REDAZIONE Silvano Bertelloni Giampaolo De Luca Bernadette Fiscina Giuseppe Raiola Tito Livio Schwarzenberg COMITATO EDITORIALE Antonietta Cervo Salvatore Chiavetta Michele De Simone Ettore De Toni Teresa De Toni Piernicola Garofalo Maria Rita Govoni Carlo Pintor Luigi Ranieri Giuseppe Saggese Calogero Vullo INTERNATIONAL EDITORIAL BOARD Magdy Omar Abdou Mujgan Alikasifoglu Hala Al Rimawi Thaana Amer Mike Angastiniotis German Castellano Barca Yardena Danziger Oya Ercan Helena Fonseca Daniel Hardoff Christos Kattamis Nogah Kerem Praveen C. Sobti Ashraf Soliman Joan-Carles Suris Editoriale pag. 1 V. De Sanctis (Pisa) (Amantea, Cosenza) (New York, USA) (Catanzaro) (Roma) La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing) nei giovani: storia, origini, motivazioni psicologiche e problematiche mediche di un fenomeno emergente pag. 5 G. Raiola, M.C. Galati, F. Bianchi di Castelbianco, D. Salerno, P. Muscolo Aspetti etici e medico-legali nella “cura” del minore sieropositivo pag. 11 (Pagani, Salerno) (Palermo) (L’Aquila) (Genova) (Genova) (Palermo) (Ferrara) (Cagliari) (Catanzaro) (Pisa) (Ferrara) P. Delbon, A. Conti Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile pag. 17 G. Mazzoni Esperienza sul campo Indagine conoscitiva sui bisogni e comportamenti a rischio degli studenti di Lamezia Terme pag. 25 R. Renne, V. Carnei, V. Colacino Front Line Per quanti adolescenti il faticoso processo di metamorfosi è impedito da troppi ostacoli oggettivi o è pagato con un disagio mentale? pag. 29 (Alexandria, Egypt) (Istanbul, Turkey) (Irbid, Jordan) (Jeddah, South Arabia) (Nicosia, Cyprus) (Torrelavega, Spain) (Petah-Tiqva, Israel) (Istanbul, Turkey) (Lisbon, Portugal) (Haifa, Israel) (Athens, Greece) (Haifa, Israel) (Ludhiana - Punjab, India) (Doha, Qatar) (Lausanne, Switzerland) F. Franchini, N. Giusti Le nuove tecnologie pag. 31 M.P. Bagdadi Caso clinico Un giovane adolescente con macchie cutanee e “tumefazione” ossea al livello del cranio pag. 32 E. M. Manca, S. Bertelloni M A G A M notes Dietary habits of adolescents in public schools of Ludhiana, Punjab, India pag. 35 T. Aggarwal, D. Singh, R.C. Bhatia, P.C. Sobti SEGRETARIA DI REDAZIONE Gianna Vaccari (Ferrara) La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia pag. 45 STAFF EDITORIALE Direttore Responsabile Direzione Marketing Sviluppo e Nuove Tecnologie Consulenza grafica Impaginazione Scripta Manent s.n.c. F. Calzolari, M.R. Gamberini, V. De Sanctis Pietro Cazzola Armando Mazzù Antonio Di Maio Piero Merlini Clementina Pasina Via Bassini, 41 - 20133 Milano Tel. 0270608091 - 0270608060 / Fax 0270606917 E-mail: [email protected] Errata corrige Nel lavoro del prof. T.L. Schwarzenberg “L’evoluzione del concetto di privacy ed i suoi riflessi in pediatria ed in medicina dell’adolescente” pubblicato sulla R.I.M.A. (vol. 3, n. 3 - 2005) a pag. 16 è stato riportato ….. “per esprimere il consenso informato dai 16 ai 18 anni”. La versione corretta è ….. “dai 18 ai 16 anni”. Ci scusiamo per l’errore di stampa con l’Autore del lavoro. Nel Consiglio Direttivo della S.I.MA, per il prossimo triennio, sono stati eletti: Giuseppe Raiola (Presidente), Silvano Bertelloni (Vice Presidente), Luigi Ranieri (Segretario), Salvatore Chiavetta (Tesoriere), Michele De Simone, Piernicola Garofalo, Maria Rita Govoni (Consiglieri). In accordo alle norme statutarie, Vincenzo De Sanctis, per il 2006, continuerà a far parte del CD della S.I.M.A. in qualità di Past-Presidente. Registrazione Tribunale di Milano n. 404 del 23/06/2003 Stampa: Cromografica Europea s.r.l. Rho (MI) Abbonamento annuale (3 numeri) Euro 30,00. Pagamento: conto corrente postale n. 20350682 intestato a: Edizioni Scripta Manent s.n.c., via Bassini 41, 20133 Milano È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli. Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano 3 Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza XIII CONGRESSO NAZIONALE PROGRAMMA SCIENTIFICO GIOVEDÌ - 19 OTTOBRE 2006 ore 14.00 Riunione Gruppi di studio S.I.M.A ore 15.00 Registrazione ore 15.30 Inaugurazione, saluto delle Autorità ore 16.00 Presidente: V. De Sanctis (Ferrara) Lettura: L’obesità in età adolescenziale G. Saggese (Pisa) ore 16.30 PATOLOGIA ENDOCRINA E RIPRODUTTIVA Presidente: A. Cicognani (Bologna) Moderatori: L. Ruggiero (Lecce), L. Cavallo (Bari) VENERDÌ - 20 OTTOBRE 2006 ore 8.30-11.00 Tavola rotonda: L’ADOLESCENTE CON TRAUMA CRANIO-SPINALE Presidente: G. Bona (Novara) Moderatori: M. Bozzola (Pavia) E. Degli Uberti (Ferrara) L’accesso in Pronto Soccorso P. Di Pietro (Genova), P. Farina (Ferrara) Gli aspetti ortopedici, neuroradiologici, neurochirurgici e riabilitativi L. Massari(Ferrara), F. Calzolari (Ferrara), R. Padovani (Ferrara), N. Basaglia (Ferrara) Le complicanze endocrine C. De Sanctis (Torino), S. Einaudi (Torino) ore 11.00-11.30 Discussione SABATO - 21 OTTOBRE 2006 ore 8.30-10.15 PRENDERSI CURA DEGLI ADOLESCENTI Presidente: V. Vigi (Ferrara) Moderatori: C. Borgna (Ferrara), A. Mangiagli (Siracusa) ore 8.30 Educazione alla salute dal bambino all’adolescente G. De Luca (Cosenza) ore 8.50 Vaccinazioni nell’adolescente M. Lanari (Imola - Bologna) ore 9.10 Malattia di Anderson-Fabry A. Burlina (Padova) ore 16.30 L’adolescente con patologia endocrina: aspetti epidemiologici G. Raiola (Catanzaro) ore 17.50 L’outcome della pubertà anticipata nelle ragazze V. De Sanctis (Ferrara) ore 16.50 L’adolescente con sindrome metabolica F. Chiarelli (Chieti) ore 18.10 L’outcome dell'adolescente con pubertà ritardata A.M. Pasquino (Roma) ore 17.10 La patologia nodulare della tiroide P.N. Garofano (Palermo) ore 18.30 L’adolescente con sindrome di Rokitansky L. Tatò (Verona) ore 17.30 Il varicocele nell’adolescente G. Mazzoni (Roma) ore 11.30-12.00 Pausa caffé ore 12.00-13.30 Assemblea SIMA Relazione del Presidente e del Tesoriere ore 12.00-14.30 Esposizione Posters ore 14.30-15.30 I CONSULTORI PER I GIOVANI: ESPERIENZE A CONFRONTO Presidente: S. Bernasconi (Parma) Moderatori: A. Funaro (Cosenza), D. Lombardi (Lucca) Italia P. Salvini (Parma) Spagna G. Castellano (Torrelavega) Stati Uniti B. Fiscina (New York) ore 18.50-19.15 Discussione ore 16.00-17.30 Comunicazioni orali Presidente: E. Bigi (Ferrara) Moderatori: S. Bertelloni (Pisa), A. Cervo (Salerno), L. Ranieri (Catanzaro) ore 17.30-18.30 DIAGNOSI E TERAPIA DELLE VULVOVAGINITI Presidente: G. Mollica (Ferrara) Moderatori: F. De Luca (Messina), A. Vinattieri (Ferrara) Temi: Approccio ambulatoriale S. Chiavetta (Palermo) Percorso diagnostico Maria Rita Govoni (Ferrara) Terapia G. Russo (Milano) ore 18.30-19.00 Discussione ore 15.30-16.00 Discussione ore 9.30 Ambiguità dei genitali: outcome in età adolescenziale G. Chiumello (Milano) ore 9.50 -10.15 Discussione ore 10.15 Presidente: C. Vullo (Ferrara) Lettura: ipotesi per una valutazione obiettiva della maturazione personologica adolescenziale T.L.Schwarzenberg (Roma) ore 10.45-11.15 Pausa caffè ore 11.15-12.45 ADOLESCENTOLOGIA SPECIALISTICA Presidente: C. Pintor (Cagliari) Moderatori: A. Marchi (Pavia), I. Nicoletti (Firenze) ore 11.15 L’addome acuto A. Franchella (Ferrara) ore 11.35 L’acne: aspetti diagnostici e terapeutici V. Bettoli (Ferrara) ore 11.55 Le epididimiti M. De Simone (L’Aquila) ore 12.15 L’adolescentologo di fronte alle malattie psichiatriche T. De Toni (Genova) ore 12.15-12.45 Discussione ore 12.45-13.00 Conclusioni Presidente S.I.M.A., Presidente del Congresso Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing) nei giovani: storia, origini, motivazioni psicologiche e problematiche mediche di un fenomeno emergente Giuseppe Raiola1, Maria Concetta Galati2, Federico Bianchi di Castelbianco3, Domenico Salerno4, Patrizia Muscolo1 2 1 U.O. di Pediatra - U.O.S. di Auxoendocrinologia e Medicina dell'Adolescenza - A.O. “Pugliese-Ciaccio” - Catanzaro U.O. di Ematoncologia Pediatrica - U.O.S. Terapia delle Talassemie ed Emoglobinopatie - A.O. “Pugliese-Ciaccio”- Catanzaro 4 U.O. di Chirurgia Pediatrica. - U.O.S. di Day Surgery - A.O. “Pugliese-Ciaccio” - Catanzaro 3 Istituto di Ortofonologia - Roma Riassunto La popolarità e la diffusione dei piercing e dei tatuaggi è sicuramente aumentata negli ultimi anni in tutti i paesi del mondo. In questo lavoro descriviamo la storia, le origini e le particolarità delle varie forme di arte corporea. Vengono, inoltre, esaminate le motivazioni psicologiche che spingono i soggetti alla pratica della body art e viene presa in considerazione la possibilità che questo fenomeno, in particolar modo negli adolescenti, si associ a comportamenti a rischio. Parole chiave: tatuaggi, piercing, adolescenza, comportamenti a rischio. Body piercing and tattoos: history, origins, psychological aspects and medical problems of an emerging phenomenon Summary Body piercings and tattoos are very popular in many countries. We describe the history, origins and peculiarities of the various forms of body art and discuss the reasons and psychological aspects related to this practice. This paper also takes into consideration the possibility that body piercing and tattoos may be an indicator of adolescent risk taking behaviours. Key words: tattoo, piercing, adolescence, health-risk behaviours. Storia ed origini degli ornamenti corporei Da sempre l’uomo ha cercato di abbellire il proprio corpo per raggiungere ideali di bellezza, per motivi psicologici, sociali o religiosi. C’è sempre stata la ricerca di ornamenti “permanenti”, eseguiti mediante tatuaggi, scarnificazioni, marchi a fuoco, anelli o altri oggetti infilati nella pelle. In alcuni casi si è addirittura tra- sformato il corpo allungandone il collo (con la sovrapposizione di collane) e i lobi delle orecchie, restringendo il giro vita, accorciando i piedi, allungando le ossa del cranio, circoncidendo gli organi genitali, limando i denti (Tabella 1). Nelle società tribali lo scopo principale del piercing, dei tatuaggi, 5 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 piercing, prendendo spunto dalla Bibbia: E il Signore parlò a Mosè e gli disse: “Non vi taglierete in tondo i capelli ai lati della testa e non vi raderete ai lati della vostra barba. Non vi farete incisioni nella carne, né vi farete tatuaggi sulla pelle. Io sono il Signore (Levitico 19: 1, 27-28). Anche il Corano ha proibito questa pratica e, ancora oggi, l’Islam ortodosso, richiamandosi proprio a un passo del Libro Sacro, li ritiene marchi satanici (3). Per secoli considerati per lo più come simboli di marginalità e trasgressione, quindi malvisti dalla società, oggi incontrano invece un consenso diffuso: sono apprezzati da vip, da persone comuni, soprattutto giovani, che ne fanno bella mostra in discoteca, al mare, in palestra o per strada. Sembra che anche il pittore olandese Rembrandt, nel 1600, abbia fatto ricorso al piercing dell’orecchio. L’esame di molti autoritratti di questo artista, che evidenziano la deformazione del lobo dell’orecchio di sinistra, farebbero ipotizzare che questa fosse stata causata da ripetute infezioni provocate dall’orecchino. Negli anni 60-80 numerose subculture come quelle degli hippies, degli Hell’s Angels o dei punks, hanno iniziato a farsi praticare tatuaggi, più o meno estesi, per esprimere anche la ribellione nei confronti delle norme sociali correnti. Contemporaneamente nelle comunità gay si è affermato il piercing (dall’inglese to pierce, forare), specialmente tra i leathermen (dall’inglese “uomini che si vestono di pelle” negli ambienti sado-maso) e le tribe di San Francisco. Nella coppia omosessuale o sado-maso chi porta il piercing è solitamente lo “schiavo” e i suoi anelli ai genitali o ai capezzoli sono il simbolo di sottomissione al “padrone”. In particolare negli anni 70 i punks, oltre a fare abbondante uso di tatuaggi, hanno adottato il piercing, i capelli alla “moicana” e la colorazione dei capelli ispirata a quella dei guerrieri papua. Il piercing “leggero” oggi è semplicemente una moda, un modo per comunicare, che interessa persone di differente età, cultura e ceto sociale, anche se a praticarla sono soprattutto i giovani, che infilano monili sulle sopracciglia, alle labbra, al seno, alla lingua, all’ombelico e ad altre parti del corpo. Decorazioni corporee molto più “pesanti” e quindi completamente fuori dalla tendenza del momento, sono il dental piercing Tabella 1. Ornamenti permanenti. Tatuaggi Scarnificazioni Marchi a fuoco Anelli o altri oggetti infilati nella pelle Allungamento del collo (sovrapposizione di collane) Allungamento dei lobi delle orecchie Restringimento del giro di vita Accorciamento dei piedi Allungamento delle ossa del cranio Circoncisione degli organi genitali Limatura dei denti delle scarnificazioni, delle pitture corporali e delle decorazioni temporanee è quello di distinguere il ruolo che ogni membro assume all’interno della tribù. Inoltre, regolano i rapporti sia nel quotidiano che durante le cerimonie, rendendo immediatamente palese, al solo sguardo, una serie d’informazioni sull’individuo in rapporto al gruppo. Mentre le decorazioni hanno uno scopo principalmente cerimoniale, le modificazioni permanenti segnano, generalmente, momenti importanti della vita di un individuo. L’iniziazione all’età adulta, ad esempio, è un passaggio fondamentale comune a tutte le società tribali. La transizione dall’infanzia all’età adulta viene indicata attraverso un passaggio violento e doloroso, che simboleggia una morte ed una contemporanea rinascita, momento che resterà impresso sul corpo per tutta la vita. Il termine tatuaggio è di origine polinesiana e si riferisce ai più antichi strumenti per decorare la pelle: la parola polinesiana “tau tau” ricorda il suono prodotto dal bastoncino superiore quando batte contro quello inferiore durante l’applicazione del tatuaggio (ottenuto per puntura e immissione di pigmenti sotto la cute). Gli antichi autori Greci e Romani condannavano i tatuaggi considerandoli una pratica barbara (1, 2). L’avvento del Cristianesimo comportò una forte avversione nei confronti del tatuaggio e del Tabella 2. Motivazioni psicologiche legate all'impiego del piercing. Consentono di raggiungere ideali di bellezza seguendo i dettami della moda del momento Suscitano stupore e curiosità, catalizzando l'attenzione di chi guarda ed in molti casi, creano scandalo È un modo per essere al centro dell'attenzione, per uscire dall'anonimato, per trasgredire È un'espressione di “diversità” dalla massa (anche se poi la moda tende invece ad omologare i comportamenti, rendendo tutti simili nel loro voler essere diversi) È l'affermazione decisa di un diritto di disporre del proprio corpo come della propria identità e della propria vita Possono rappresentare un forte impegno con se stessi a ricordare un'esperienza, un amore, una persona, per tutta la vita Possono servire, specie nel piercing “pesante”, ad esorcizzare il dolore e la morte e guadagnarsi un pezzo di eternità 6 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing) nei giovani: storia, origini, motivazioni psicologiche e problematiche mediche di un fenomeno emergente ad esorcizzare il dolore e la morte e guadagnarsi un pezzo di eternità (Tabella 2). Negli adolescenti è molto sentita e sofferta la difficoltà di farsi ascoltare ed è per questo che i loro codici di comunicazione usano come canale privilegiato il corpo, che riesce così a trasmettere messaggi che altrimenti resterebbero inespressi. Corpi in trasformazione diventano il palcoscenico dei fatti della mente, interpreti di conflitti e angosce. La domanda “chi sarò?” può implicare un problema di identità corporea e psichica. L’identità si struttura su una precisa percezione del limite e sulla capacità di sopportarne la frustrazione e il dolore. La percezione di avere dei confini fisici è dunque per i ragazzi un grande ordinatore interno ed è su questi confini che si inscrivono tatuaggi e piercing. È importante ricordare come nella società attuale siano scomparsi i riti di passaggio: 20 o 30 anni fa erano molti i segnali che confermavano al ragazzo l’avvenuto cambiamento nella società (i pantaloni lunghi, le chiavi di casa, la patente, la ragazza, il servizio militare), attualmente questa iniziazione ufficiale non esiste più e forse l’unico cambiamento riconosciuto è il motorino. Ma è troppo poco, e non avendo più riconoscimenti ufficiali e pubblici dai quali trarre le giuste soddisfazioni il ragazzo, in modo autonomo senza l’aiuto e i consigli dei familiari, deve scegliersene degli altri. Il tatuaggio o il piercing sono gli atti prescelti dagli adolescenti per sostituire le cerimonie ufficiali, il piercing è addirittura considerato il primo anello di questo cambiamento, in quanto appartiene solo ai giovani. Generalmente il rito del piercing si svolge alla presenza di un amico, spesso più grande, ma non davanti a più persone, come invece avvenivano una volta le cerimonie d’iniziazione, ed è solo successivamente che si va a sfoggiare nel luogo affollato la prova superata per dimostrare che da quel momento si fa parte del gruppo. Tabella 3. Complicanze causate dal piercing. Aumento delle segnalazioni di effetti collaterali e complicanze associate al piercing In Inghilterra il 95% dei medici di famiglia ha dichiarato di trattare le complicanze dell'ombelico (40%), orecchio (35%), naso (12%), rafe della lingua (8%). La percentuale delle complicanze acute secondarie a piercing varia a seconda della: Sede Materiale utilizzato Esperienza dell'operatore Misure igieniche adottate Cura seguita dopo l'esecuzione Infezioni o sanguinamenti nel 10-30% dei soggetti Le infezioni batteriche (78%) sono causate da: Stafilococco aureo, Streptococco del gruppo A, Pseudomonas spp Le infezioni virali consistono in epatite fulminante, HIV, tetano, lebbra, tubercolosi, pseudolinfoma o linfoadenopatia (applicazione di capsule d’oro e brillantini), il branding (cicatrici ottenute attraverso una serie di bruciature provocate da oggetti in acciaio o ceramica resi incandescenti), l’ice kiss (bruciature ottenute dall’azoto liquido), il cutting (praticato usando strumenti molto affilati come bisturi chirurgici, senza andare molto in profondità; una volta guarito, il cutting si presenta come una sottile cicatrice in rilievo) o lo scaring (il metodo più antico per ottenere cicatrici. In questo caso vengono eseguite delle incisioni molto profonde, irritate con aceto o con carbone. Si tratta di scelte “estreme”, una sorta di acting out, che esprime e riesce a sedare i pensieri angoscianti che affollano la mente. Motivazioni psicologiche Rischi e complicanze associate alla pratica dei tatuaggi e piercing L’applicazione di un piercing o la pratica del tatuaggio consentono di raggiungere gli ideali di bellezza seguendo i dettami della moda del momento, suscitano stupore e curiosità, catalizzano l’attenzione di chi guarda e, in molti casi, creano scandalo. È un modo per essere al centro dell’attenzione, per uscire dall’anonimato, per trasgredire; è un’espressione di “diversità” dalla massa (anche se poi la moda tende invece ad omologare i comportamenti, rendendo tutti simili nel loro voler essere diversi); è l’affermazione decisa di un diritto di disporre del proprio corpo come della propria identità e della propria vita. Questi ornamenti possono rappresentare un forte impegno con se stessi a ricordare un’esperienza, un amore, una persona, per tutta la vita; possono servire, in particolare il piercing “pesante”, Attualmente, negli USA, il 10-13% degli adolescenti di età compresa tra i 12 e i 18 anni è tatuato, contro il 3% – 8% della popolazione generale (4, 5). La maggior parte della letteratura medica sui tatuaggi e sui piercing focalizza l’attenzione sui rischi e complicanze mediche, secondarie alle infezioni (6) e rischi comportamentali associati alla pratica del piercing (7, 8) (Tabella 3). Le infezioni possono essere la conseguenza del mancato ricorso alle pratiche igieniche necessarie nell’effettuare il piercing. Normalmente vengono impiegate delle pistole che sparano piccole capsule d’argento e oro, per evitare l’insorgenza di allergie ai metalli, il cui scopo è creare la strada per inserire il piercing di varia foggia e dimensione. 7 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Un lavoro di Carroll et al. eseguito su 552 adolescenti di età compresa tra i 12 e 22 anni ha mostrato che tatuaggi o piercing si associano ad una maggiore predisposizione ad assumere comportamenti a rischio (disturbi del comportamento alimentare, uso di droghe leggere e pesanti, condotta sessuale a rischio e suicidio). Secondo i dati emersi in questo lavoro, un maggior numero di comportamenti violenti sono stati riscontrati nei maschi con tatuaggi e nelle femmine con piercing del corpo. Il consumo di droghe leggere era associato sia ai tatuaggi che ai piercing nei soggetti più giovani, mentre il consumo di droghe pesanti, come la cocaina, i cristalli di metamfetamina ed ectasy, aumentava con l’incremento del numero dei piercing corporei. Un maggiore rischio di suicidio è stato osservato nei soggetti con tatuaggi o piercing praticati in età giovane. In generale questo rischio era maggiormente presente nelle ragazze con tatuaggi. Sebbene questi risultati non siano stati confermati in altri studi è necessario che i genitori, gli insegnanti e i medici sorveglino ed attuino misure preventive in questi adolescenti (9). tano un’ottima attività anti-pseudomonas oltre al riconosciuto effetto anti-stafilococcico ed alla capacità di penetrazione nella cartilagine. Tuttavia, il loro uso è limitato a pazienti con età superiore ai 18 anni per il potenziale rischio di causare il danno a livello della cartilagine di accrescimento. Altre complicanze includono: tetano cefalico (12), sindrome da shock tossico secondario all’assorbimento dell’endotosina prodotta dallo stafilococco aureo e glomerulonefrite pos-streptococcica (13-15). Sono state, inoltre, descritte reazioni allergiche, atopiche, granuloma sarcoide, pseudolinfoma e lesioni cheloidee (16-18). Naso Pericondriti granulomatose dell’ala nasale (19) ed endocarditi stafilococciche a livello della valvola mitrale (20) possono essere secondarie all’inserzione di piercing (il naso può essere colonizzato da stafilococchi). Altamente rischiosa è l’esecuzione del piercing sulla sella nasale, in quanto questa zona è attraversata da molti fasci nervosi. Orecchio Le varie parti dell’orecchio presentano diversi rischi per l’insorgenza di possibili complicanze. Le regioni cartilaginee del padiglione auricolare tendono a infettarsi molto più frequentemente rispetto al lobo. I batteri più frequentemente implicati sono lo stafilococco aureo e lo Pseudomonas aeruginoso (10), in minor misura il Proteus spp e il Lattobacillo. Sicuramente l’uso della pistola rappresenta un addizionale rischio per il pericondrio, in quanto applica una forza in grado di deformarlo, dissociandolo dalla cartilagine. La cartilagine avascolare (normalmente nutrita dal pericondrio) può poi divenire necrotica. Formazioni ascessuali e perdita della cartilagine sono potenziali complicanze che spesso richiedono interventi chirurgici. Nonostante un tempestivo trattamento antibiotico, di drenaggio e ripulitura della zona, sono state descritte spiacevoli deformità dell’orecchio (orecchio a “cavolfiore”) (11). Il trattamento di scelta nelle pericondriti auricolari è costituito dagli antibiotici chinolonici (ciprofloxacina). Questi ultimi presen- Figura 1. Piercing del naso. (Figura 1) Bocca Il piercing della lingua (Figura 2) può essere causa di numerose complicanze che possono mettere in serio pericolo la vita. Sono stati descritti ostruzione delle vie aree dovuta a edema post-piercing, intenso sanguinamento e shock ipovolemico (21). I più comuni problemi dentali includono scheggiature, lesioni e fratture delle cuspidi e abrasioni dentali selettive. Una delle più frequenti complicanze gengivali è il trauma della gengiva anteriore linguale; il piercing periorale o intraorale si può associare a significative deformità muco-gengivali (parodontopatie) (22) e può interferire con la masticazione. Altre complicanze secondarie a questa pratica includono: infezioni batteriche da Stafilococco aureo e Pseudomonas spp, endocardite da Neisseria o da Haemophilus parainfluenzae, angina di Ludwig e ascesso cerebrale (23-25). Figura 2. Piercing della bocca. 8 Figura 3 a-b. Piercing del capezzolo in un maschio ed una femmina. Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Figura 4. Piercing dell’ombelico. La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing) nei giovani: storia, origini, motivazioni psicologiche e problematiche mediche di un fenomeno emergente Figura 5. Piercing del glande. In alcune situazioni di emergenza gli ornamenti posti in cavità orale possono essere aspirati, interferire con l’intubazione o essere causa di sanguinamento. Figura 6. Piercing delle grandi labbra. smegma e lo svilupparsi di cattivi odori che avrebbero potuto offendere la sovrana. Le complicanze, riportate in letteratura, consistono in rotture uretrali (30), lesioni di grossi vasi sanguigni o nervi ed infezioni locali o diffuse (prostatiti, infezioni testicolari, malattia infiammatoria pelvica). Il rischio d’infezione aumenta se soggetti con piercing hanno rapporti sessuali mentre la ferita non è ancora cicatrizzata. Infine i condoms possono facilmente danneggiarsi nei soggetti con il piercing dei genitali e possono causare aperture permanenti dell’uretra con fuoriuscita di urina e liquido seminale, e priapismo (31). Capezzolo Il piercing del capezzolo (Figura 3 a-b) può causare mastite, endocardite batterica e galattorrea (26-28). Ombelico Reazioni allergiche secondarie a tatuaggi temporanei (Figura 7) Il piercing dell’ombelico (Figura 4) può esser causa di complicanze nel 40% dei casi. Sono state descritte: depigmentazione della cute, reazioni di rigetto ed endocardite da stafilococco aureo (29). I tatuaggi temporanei della pelle vengono impiegati da oltre 9000 anni, in oltre 60 Paesi, sia per adornare il corpo che per motivi religiosi. I Cristiani, gli Ebrei, i Musulmani, gli Indù ed i Buddisti hanno Genitali (Figure 5 e 6) impiegato, per ragioni sociali o religiose, il tatuaggio a base di henna. L’henna è estratto da una pianta, il cui nome botanico è Il piercing “Prince Albert” ha preso il nome dall’omonimo princiLawsonia (Inermis Alba). Le reazioni allergiche da henna sono pe, marito della regina Vittoria d’Inghilterra; si racconta che si state descritte molto raramente e includono dermatiti da contatto sottopose a tale pratica, prima di sposare la regina, probabil(32) e reazioni acute da ipersensibilità (33) (Figura 7). mente intorno all’anno 1825. In quel periodo Beau Brummel lanNegli ultimi anni una nuova moda è emersa nei paesi occidentaciò la moda di pantaloni maschili particolarmente aderenti; per li: l’applicazione di tatuaggi temporanei con pasta di henna. I tale motivo si rendeva indispensabile riuscire a posizionare e tatuaggi generalmente vengono applicati con sottili pennelli o mantenere il pene da un lato, in siringhe, da operatori di strada e modo da evitare la visione di durano 2-3 settimane prima di “antiestetici rigonfiamenti”. Per riusbiadirsi. scire a realizzare ciò, alcuni uomiRecentemente sono aumentate le ni si sottoponevano a piercing del segnalazioni di reazioni cutanee a pene, facendosi applicare un tale pratica, attribuite alla maggioanello che permetteva di fissarlo re concentrazione di PPD (p-phead un gancio posto all’interno dei nilendiamina), sostanza impiegapantaloni (anello da vestito). ta per ottenere tonalità più scure. Secondo altre versioni, il piercing L’esame istologico delle lesioni sarebbe servito al principe per ha rilevato una dermatite sponmantenere retratto il prepuzio evigiosa con densi infiltrati linfo-istoFigura 7. Reazione allergica secondaria a tatuaggio temporaneo. tando, quindi, l’accumulo di citari. (34). 9 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Conclusioni 16. Meijer C, Bredberg M, Fischer T, Widstrom. Ear piercing and nickel and cobalt sensitization, in 520 young Swedish men doing compulsory military service. Contact Dermatitis 1995; 32: 147-149. La pratica dei tatuaggi e dei piercing sta sempre più diffondendosi nella società occidentale, in particolare tra i giovani. Gli adolescenti, attraverso tali pratiche, desiderano inviare “messaggi”, per esempio la volontà di comunicare l’adesione al gruppo dei coetanei. Il piercing, il tatuaggio, il taglio dei capelli e l’abbigliamento fanno tutti parte di un codice ben preciso; così come alcune esagerazioni tradiscono la voglia di essere uguali agli altri e la paura di non farcela. C’è la spinta personale a spostare il confine della norma sempre più in là, oltre i confini dell’eccentricità, quasi sempre nel rispetto della regola che maggiore è la ricerca dell’eccesso maggiore è il disagio. Ed è proprio da quest’ultimo punto che deve partire la lettura che dobbiamo dare al fenomeno e, solo allora, saremo in grado di attuare interventi mirati. 17. Armstrong DK, Walsh MY, Dawson JF. Granulomatous contact dermatitis due to gold earrings. Br J Dermatol 1997; 1376: 776-778. 18. Lane JE, Waller JL, Davis LS. Relationship between age of ear piercing and keloid formation. Pediatrics 2005; 115: 1312-1314. 19. Folz BJ, Lippert BM, Kuelkens C, Wernaer JA. Hazaeds of piercing and facial body art: a report of three patients and literature review. Ann Plast Surg 2000; 45: 374-381. 20. Ramage IJ, Wilson N, Thomson RB. Fashion victim: infective endocarditis after nasal piercing. Arch Dis Child 1997; 77: 187. 21. Hardee PS, Mallya LR, Hutchinson IL. Tongue piercing resulting in hypotensive collapse. Br Dent J 2000; 24: 57-58. 22. Brooks JK, Hooper KA, Reynolds MA. Formation of mucogingival defects associated with intraoral and perioral piercing. Case report. JAMA 2003; 134: 837-843. 23. Bassiouny MA, Deem LP, Deem TM. Tongue piercing and associated oral and dental complications. Endod Dent Traumatol 2000; 16: 232-237. Bibliografia 1. Sanders CR. Customizing the body: the art and culture of tattooing. 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Tatoos and tattooing part II: gross pathology, histopatology, medical complications, and applications. Am J Forensic Pathol 1992; 131: 7-17. Corrispondenza: Dott. Giuseppe Raiola 14. McCarthy VP, Peoples WM. Toxic shock syndrome after ear piercing. Pediatr Infect Dis J 1988; 71: 741-742. Via XX Settembre, 37 88100 - Catanzaro Tel/Fax 0961/883118 e-mail: [email protected] 15. Zilinsky I, Tsur H, Trau H, Ornestein A. Pseudolymphoma of the earlobes due to ear piercing. Clin Exp Dermatol 1983; 8:199-200. 10 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Aspetti etici e medico-legali nella “cura” del minore sieropositivo Paola Delbon, Adelaide Conti Centro di Studio e di Ricerca di Bioetica in collaborazione con la Fondazione Internazionale Fatebenefratelli Cattedra di Medicina Legale, Università degli Studi di Brescia Riassunto Gli Autori intendono svolgere alcune riflessioni in relazione alle problematiche etiche e medico-legali connesse alla condizione di sieropositività nei minori, ed in particolare negli adolescenti, in relazione, ad esempio, al consenso all’effettuazione del test per l’accertamento dell’infezione da HIV, al rapporto minore – esercenti la potestà – medico, all’informazione, alla riservatezza, alle problematiche che possono presentarsi a scuola e altro. Parole chiave: adolescenti, sieropositività. HIV infected adolescents: ethical and medico-legal aspects Summary The Authors reflect on ethical and medico-legal questions about HIV infected adolescents, and in particular about request for HIV test, informed consent to perform an HIV test, adolescent – legal guardians – physician relationship, information, privacy, problems at school. Key words: adolescents, HIV infection. Attualmente la reale prevalenza dell’infezione da HIV negli adolescenti non è conosciuta, tuttavia è noto che la diffusione del virus nella fascia d’età 15-24 anni risulta in costante aumento: numerosi sono i fattori che influenzano la messa in atto di comportamenti sessuali a rischio negli adolescenti, “dalle limitate o confuse conoscenze sui comportamenti a rischio e/o sulle pratiche preventive, alla scarsa percezione del rischio personale, dovuta in parte a sentimenti di invulnerabilità o di sfida nei confronti del pericolo con conseguenze percepite come distanti da sé nello spazio e nel tempo; dall’assunzione saltuaria di alcol e/o sostanze stupefacenti ad una precoce attività di inizio dell’attività sessuale; dalla convinzione che il profilattico diminuisca il piacere sessuale e abbia scarsa efficacia, alle difficoltà pratiche nel procurarselo per imbarazzo nell’acquistarlo e/o difficile accessibilità per il costo elevato; dalle influenze sociali, culturali e religiose alla difficoltà di comunicazione tra i partner per scarsa confidenza o per differenze tra i sessi legate ad asimmetrie di ruolo maschio/ femmina” (1). Accanto a tali possibili fonti di trasmissione del virus nei minori deve essere considerata la realtà degli adolescenti nati già sieropositivi: la condizione di sieropositività in tali soggetti presenta significative problematiche di ordine etico, medico-legale, sociale, sia nei minori nati sieropositivi, sia nei soggetti che in età adolescenziale abbiano contratto l’infezione. L’approccio a tali problematiche può svolgersi vantaggiosamente solo entro un contesto rispettoso della posizione e degli interessi del minore, sin dal momento della comunicazione della diagnosi, ovvero dell’effettuazione del test per l’accertamento della condizione di sieropositività. Per quanto riguarda la richiesta del test, l’art. 5 (Accertamento dell’infezione) della Legge 5 giugno 1990, n. 135 (“Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”) stabilisce che “Nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse” e che “La comunicazione di risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezioni da HIV può essere data esclusivamente alla perso- 11 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 na cui tali esami sono riferiti”. L’attuale disciplina normativa sancisce dunque il principio della volontarietà dell’accertamento sierologico e, per quanto riguarda il destinatario delle informazioni relative all’esito dell’accertamento stesso, stabilisce il dovere del medico di comunicare esclusivamente alla persona interessata tali informazioni, oltre alla prognosi e alle prospettive terapeutiche, evidentemente compatibilmente con il livello “di cultura e di capacità di reazione e di discernimento” della persona stessa (2). La norma prevede dunque la regola del consenso della persona da sottoporre ad accertamento per il ricorso alla stessa misura diagnostica, ma non contiene alcun esplicito riferimento ai soggetti minori d’età. Anche rispetto alla fattispecie in esame pare dunque opportuno non trascurare le eterogenee ipotesi ad essa riconducibili, anche in relazione alle modalità di derivazione dell’infezione – trasmissione da parte dei genitori o a causa di comportamenti a rischio –, alle diverse fasce d’età ed alla capacità di comprensione del minore. La dottrina (3) tende ad affermare come l’avverbio “esclusivamente” contenuto nel citato art. 5 sarebbe da intendere “nel senso di escludere anche i genitori qualunque sia l’età di chi ha chiesto l’accertamento”, fermo restando che “l’accertamento possa essere dato ai genitori quando la relativa richiesta sia stata fatta da essi, come spesso può avvenire quando si tratti di bambini figli di genitori sieropositivi; e va posto il problema dell’eventuale intervento del Tribunale per i minorenni, perché sia fatto un accertamento sul neonato ove i genitori si rifiutino o comunque se ne disinteressino”. Così, ad esempio, qualora si intenda procedere all’effettuazione del test di sieropositività nei confronti di un bambino, che potrebbe non essere in grado di formare consapevolmente la propria volontà riguardo all’intervento diagnostico in esame, e dunque nel caso in cui debba – come di norma – essere richiesto il consenso degli esercenti la potestà, “la possibilità che il bambino sia stato infettato da un genitore può, in alcune circostanze, falsare il giudizio del genitore e spingerlo a negare il suo consenso per proteggere la sua situazione”: il medico dovrà in tal caso “valutare se il bambino sia capace di consentire al test per conto proprio” (4). Nel caso di un adolescente capace di formare consapevolmente la propria volontà in relazione al proprio stato di salute, il trattamento diagnostico in questione costituirebbe una delle fattispecie di trattamento sanitario rispetto alle quali si afferma l’autonomia del minore rispetto agli esercenti la potestà, a maggior ragione sulla base della lettera del citato art. 5 della Legge 135/ 1990. Il Legislatore, del resto, affronta la tematica del consenso al trattamento sanitario in caso di minori prevedendo diverse soluzioni, ovvero contemplando, accanto alla regola generale del consenso ai trattamenti sanitari prestato dagli esercenti la potestà nell’interesse del minore, ovvero nell’esercizio del potere – dove- re di cura della persona del minore del quale essi sono titolari, sia espliciti divieti per i minori nell’accesso a determinate pratiche sanitarie, sia regole specifiche che consentono l’accesso diretto del minore a determinate prestazioni (ad esempio, somministrazione di mezzi contraccettivi; interruzione volontaria di gravidanza). Le ultime fattispecie citate, congiuntamente alla normativa sulla prevenzione e sulla cura dell’Aids, riguardano del resto interventi sanitari che “coinvolgono non solo la salute in senso stretto, ma anche la riservatezza del soggetto minorenne” (5). Nel caso dell’accertamento della sieropositività, l’esigenza che si pone è infatti quella di “proteggere la riservatezza del minore anche nei confronti dei genitori”, in particolare “in ragione delle remore che avrebbero i minori a rivolgersi all’operatore sanitario” (6). Da una recente ricerca (7) effettuata su un campione di 181 studenti del terzo e quinto anno di due scuole medie superiori è emerso, tra i “fattori che ostacolano l’accesso degli adolescenti ai servizi che si occupano di AIDS, proprio “il timore di incontrare in questo tipo di servizio una persona che si conosce e che conosce anche la propria famiglia”, e la considerazione che “non si è certi che in questi servizi venga tutelata la privacy”: la sfiducia degli adolescenti verso i servizi sarebbe dunque legata anche al timore che in tali centri non sia garantito il rispetto della “privacy” della persona e quindi che gli operatori possano avvisare i genitori. La ricerca ha inoltre evidenziato la difficoltà degli adolescenti nel decidere di effettuare il test per accertare l’infezione da HIV, e il timore che i tempi di attesa tra la richiesta di appuntamento e l’appuntamento stesso possano indurre un cambiamento d’idea. Ai fini di agevolare l’accesso dei minori ai servizi che si occupano dell’accertamento dell’infezione da HIV parrebbe dunque necessario promuovere una serie di condizioni funzionali alla predisposizione di un servizio personalizzato, al quale poter accedere direttamente senza la necessità di prenotazione telefonica, in un adeguato contesto di counselling e tutela della riservatezza, ovvero all’interno di situazioni in cui si possano sentire accolti e accettati, in “una struttura non impersonale, non burocratica come un ufficio postale, ma basata su un rapporto personalizzato” (8). Nella prospettiva della tutela della riservatezza e della ricerca di un effettivo consenso informato all’accertamento in esame, riveste importanza fondamentale il fatto che l’offerta del test per l’HIV si svolga nell’ambito di un adeguato intervento di counselling, ovvero nell’ambito di un rapporto personalizzato con il medico, in grado di offrire un supporto qualificato alla persona interessata. Del resto, fondamentale importanza riveste l’effettuazione precoce del test, proprio al fine di una individuazione tempestiva dell’eventuale condizione di sieropositività, sia per la possibilità di trasmissione dell’infezione stessa, sia evidentemente per la tutela della salute della persona interessata (9). Anche la maggioranza delle associazioni che si occupano di 12 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Aspetti etici e medico - legali nella “cura” del minore sieropositivo Volume 4, n. 1, 2006 adolescentologia sostengono l’opportunità che siano i minori a poter richiedere il test direttamente, senza la necessaria autorizzazione dei genitori (10); d’altra parte una ricerca svolta nel Connecticut (11) ha rivelato come la rimozione dell’obbligo del consenso dei genitori ai fini dell’accertamento dell’infezione da HIV abbia comportato un incremento della richiesta dello stesso da parte degli adolescenti di età compresa tra tredici e diciassette anni. Tale dato rappresenta un risultato significativo: la vulnerabilità degli adolescenti e la natura strettamente personale degli interessi coinvolti nella situazione in esame rendono la consulenza e i test di sieropositività su base volontaria e riservata “uno strumento importante per la prevenzione dell’HIV”: “quando i test di sieropositività risultano negativi si ha una preziosa opportunità per consolidare l’importanza di comportamenti sicuri e rivolti alla riduzione del rischio. I giovani che invece risultano sieropositivi devono avere le cure del caso e la possibilità di discuterne con persone informate, dalle quali conoscere il significato della loro condizione e le responsabilità che ne conseguono verso se stessi e verso gli altri” (12). La riconosciuta possibilità di un accesso diretto da parte degli adolescenti al test di sieropositività, senza la necessità di previo consenso degli esercenti la potestà, e dunque il riconoscimento della capacità del minore di prestare un valido consenso a tale prestazione diagnostica, nell’ottica di un’autonoma gestione della propria sessualità, e nel rispetto della riservatezza del minore peraltro funzionale alla tutela della salute dello stesso, non eludono – come Alcuni evidenziano – la necessità che l’eventuale condizione di sieropositività risultante dal test non sia taciuta agli esercenti la potestà, richiedendo tale condizione “il supporto non solo dei tecnici, medici e psicologi, ma anche della famiglia” (13). Gli Autori, in particolare, in relazione alla richiesta di test per l’accertamento dell’infezione da HIV presentata da una ragazza sedicenne, colta dal dubbio di aver contratto il virus a causa dell’atteggiamento promiscuo del coetaneo con il quale intratteneva regolarmente rapporti sessuali, sottolineano l’opportunità di tenere distinti i problemi relativi “all’informazione, all’esercizio del consenso, alla tutela del segreto”. Se dunque è riconosciuto alla ragazza “pieno diritto a conoscere il significato dell’indagine che richiede, le conseguenze dell’eventuale riscontro di uno stato di sieropositività e le prospettive di trattamento della stessa”, e dunque, in ordine al consenso, “la capacità della minore di assumere un ruolo vincolante nella decisione se eseguire, o meno, il test”, maggior complessità presenta la questione relativa “all’opportunità di comunicare ai genitori il risultato dell’esame, anche se la questione riguarda, in ultima analisi, la sola eventualità di una risposta positiva per infezione da HIV”. Rispetto a tale ultima questione, gli Autori sottolineano l’indispensabilità della collaborazione dei genitori, e dunque, ferma restando la possibilità dell’accoglimento della richiesta di accer- tamento presentata dalla minore anche senza previo coinvolgimento dei genitori, sostengono che la comunicazione a questi ultimi dell’eventuale risultato positivo dell’esame debba costituire condizione indispensabile dell’effettuazione dell’accertamento, della quale la minore stessa deve essere informata, nell’ottica dell’instaurazione di un rapporto di fiducia con il personale della struttura sanitaria. Sembrerebbe dunque “logico ammettere sia per la tossicodipendenza, che per la sieropositività, che gli operatori siano autorizzati a rivelare la situazione ai genitori quando la loro collaborazione sia ritenuta necessaria perché si possano ottenere risultati utili” (14). Il rapporto di fiducia tra personale sanitario e minore troverà espressione dunque anche nella disponibilità che il medico dovrà mostrare “al momento della lettura, e dell’interpretazione, degli esiti dell’esame, offrendo al minore la propria collaborazione ed il proprio sostegno, qualora vi fosse la necessità di contattare i genitori e di comunicare loro non solo il dato di laboratorio, ma anche le sue implicanze medico-sociali” (15). Il coinvolgimento dei genitori, titolari del potere-dovere di cura dei figli, e dunque di regola legittimati ad esprimere il consenso ai trattamenti sanitari nell’interesse degli stessi, non deve escludere il coinvolgimento del minore nel corso di tutta la relazione terapeutica, fornendogli a tal fine, compatibilmente con l’età e con la capacità di comprensione, tutte le informazioni necessarie ad assumere consapevolezza della propria situazione clinica e ad esprimere liberamente la propria opinione riguardo ad essa, così come sancito dalla normativa sovranazionale. In tal senso, l’art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, e ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, prevede all’art. 12 che “Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità”. Anche la “Convenzione per la protezione dei diritti umani e della dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina”, ovvero la “Convenzione su diritti umani e biomedicina”, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 novembre del 1996, firmata da 11 degli Stati dell’Unione Europea il 4 aprile 1997, a Oviedo, stabilisce all’art. 6 (Tutela delle persone che non hanno la capacità di dare il consenso) che “Nei casi in cui secondo la legge un minore non possiede la capacità di dare il consenso a un intervento, l’intervento può essere effettuato solo con l’autorizzazione del suo rappresentante, o di un’autorità o di persona designata dalla legge” e che “Col crescere dell’età e del grado di maturità del minore, il parere di questi viene a essere preso in considerazione come un elemento sempre più determinante”. Così, l’art. 24 (Diritti del bambino) della Carta europea dei diritti fondamentali dell’Unione europea, approvata dal Parlamento 13 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 europeo il 14 novembre 2000, e proclamata formalmente a Nizza, il 7 dicembre 2000, prescrive che “I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità”. L’informazione sulla malattia e sulla sua evoluzione prognostica, sulla terapia, sulle possibili alternative, sulla qualità di vita futura, diviene presupposto fondamentale dell’ascolto del minore, che è “il testimone più attendibile della propria sofferenza, del proprio dolore, delle proprie paure, dei propri fantasmi; è il testimone più attendibile del proprio bisogno di vicinanza con le persone care o, forse, di distanza; è il più accreditato a investire fiducia nei confronti dei medici, della struttura sanitaria, dei giudici” (16). L’obbligo di informazione, e di acquisizione della volontà del minore, come precisato dal Codice di deontologia medica (1998) all’art. 34 (Autonomia del cittadino) deve essere adempiuto compatibilmente con l’età e con la capacità di comprensione del minore stesso. Nel 1999, una sentenza del Tribunale di Brescia ha affermato il diritto all’informazione del minore, in relazione ad una quattordicenne non informata in merito alla sua condizione clinica, e dunque incapace di formare una propria volontà consapevole al riguardo (17). In particolare, i Giudici hanno prescritto di informare la ragazza sostenendo che “Chi non può rimanere estraneo a tale scelta è peraltro la diretta interessata, la quale, ormai quattordicenne, deve poter conoscere la reale entità della sua malattia, le terapie praticabili e le loro caratteristiche [...]. Il minore grandicello è peraltro certamente un soggetto il cui consenso non può essere trascurato, specie con riguardo ai trattamenti sanitari particolarmente gravosi, o dolorosi, o controversi; tale indicazione pare emergere anche dalla Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, con l’ulteriore conseguenza dell’incoercibilità di una terapia rispetto ad un minore grandicello e maturo che non vi abbia consentito”. Nel caso dei minori nati sieropositivi, la comunicazione della diagnosi da parte dei genitori presenta profili di notevole complessità – legati in particolare al senso di responsabilità dell’infezione e alla difficoltà di affrontare serenamente il discorso sull’AIDS con il proprio figlio (18) –, ma diviene un momento indispensabile affinché il minore possa assumere consapevolezza della propria situazione ed elaborare ed esprimere liberamente dubbi, paure, emozioni. In tale contesto, fondamentale importanza assume l’offerta al minore di un effettivo supporto in ambito familiare, affinché lo stesso possa superare la depressione che si accompagna al momento di chiarificazione attraverso l’elaborazione della sofferenza e l’acquisizione di energie per affrontare la malattia (19). La comunicazione della diagnosi al minore e dunque la piena presa di coscienza della propria condizione clinica può costituire un presupposto fondamentale per l’assunzione di responsabi- lità da parte del minore stesso ovvero per una maggior aderenza alla terapia che comporta l’assunzione quotidiana e consistente di farmaci ed è destinata inevitabilmente ad incidere sull’andamento della vita quotidiana del minore. Se d’altra parte a lungo “la comunicazione al bambino è parsa fuori luogo in quanto si credeva che la prognosi fosse talmente drammatica da non consentirne la sopravvivenza oltre i 10 anni”, il graduale aumento della sopravvivenza dei bambini sieropositivi cui si è assistito negli ultimi anni ha posto “in modo sempre più pressante il problema della comunicazione al bambino della sua condizione” (20). A tal fine, nel 1997, sono state predisposte le “Linee guida per la comunicazione della diagnosi al bambino HIV positivo” (21) che forniscono significative indicazioni in materia: “Intervenire con un lavoro multidisciplinare; Comunicare prima di tutto e appena possibile con la famiglia per pianificare il percorso; Essere consapevoli che la comunicazione è un processo continuo nel tempo; Comunicare con il bambino in maniera “positiva” e scientificamente corretta; Mantenere una flessibilità di comunicazione che tenga conto dell’età e della maturazione del bambino; Impostare una comunicazione dialogata così da sollecitare domande da parte del bambino; Evitare l’accanimento informativo (dire tutto a tutti i costi); Rendere il bambino più “protagonista”; Stimolare l’intera famiglia a un dialogo continuo; Prevedere un tempo di verifica del processo di comunicazione”. La discussione delle scelte terapeutiche direttamente con il minore e la disponibilità all’ascolto delle sue esigenze e delle sue perplessità divengono dunque utili strumenti ai fini della responsabilizzazione dell’adolescente e del riconoscimento della sua individualità rispetto a problematiche che direttamente lo interessano e che sono destinate ad incidere pesantemente sulla sua esistenza. Conseguenza del riconoscimento dell’autonomia decisionale del minore potrebbe essere l’insorgenza di conflitti decisionali con gli esercenti la potestà, oltre alle possibili divergenze tra i familiari stessi o tra questi ultimi e i sanitari. Alcuni (22) sottolineano come in tali casi, “qualora dovesse fallire un’opportuna opera di persuasione e di mediazione, che sempre deve essere posta in atto da parte del medico, la soluzione potrebbe essere data dal ricorso al giudice”, preposto alla tutela dell’interesse del minore. La difficoltà di aderenza alla terapia antiretrovirale potrebbe del resto generare in alcuni adolescenti, proprio per le modalità e gli aspetti che la caratterizzano, la tendenza ad opporsi alla sua continuazione; d’altra parte, è ormai riconosciuto che “il principio dell’interesse del minore non può trovare effettiva applicazione se si considera il minore un soggetto semplicemente passivo: egli, nei limiti della propria capacità di discernimento ed in collaborazione con i genitori, concorre ad individuare il consenso 14 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Aspetti etici e medico - legali nella “cura” del minore sieropositivo Volume 4, n. 1, 2006 espresso dalla famiglia che l’ordinamento giuridico ritiene rilevante” (23). Ciò comporta la necessaria applicazione, anche rispetto alla fattispecie in esame, del principio secondo il quale “il consenso che produce effetti giuridicamente rilevanti non è quello espresso semplicemente dai genitori, ma è quello manifestato dai genitori in collaborazione con il figlio: all’interno della famiglia il progetto educativo si libera, con effetti prodotti anche esternamente, da uno schema di tipo potestativo che vede la volontà dei genitori prevalere su quella del minore in maniera autoritaria” (24). L’esigenza di tutela del minore sieropositivo si pone dunque non soltanto in termini di accertamento, cura, rispetto del diritto di sapere e dell’autonomia decisionale, ma anche ed in modo particolare quale esigenza di “evitare in concreto ghettizzazioni” del minore stesso, “per la diffusa convinzione del pericolo di contagio di cui sarebbe portatore”: è infatti “ingiustificato, e gravemente scorretto, emarginare il bambino che ha assoluto bisogno di rapporti per sviluppare la sua personalità” (25). La citata Legge n. 135 afferma esplicitamente la necessità di tutela del soggetto sieropositivo nelle attività sociali, scolastiche e sportive: l’art. 5 comma 5 stabilisce in proposito che “L’accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l’iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro”. L’esigenza di affermare esplicitamente tale diritto del minore, funzionale al perseguimento del pieno sviluppo della persona umana, si è posta anche alla luce di alcune situazioni verificatesi nel contesto scolastico, di opposizione alla frequenza di minori sieropositivi o presunti tali, ovvero di richiesta di provvedimenti di tutela nei confronti degli stessi da parte di gruppi di genitori di altri alunni (26). L’inserimento dei minori sieropositivi all’interno delle comunità sociali tipiche dell’età ha comportato e comporta dunque problematiche non indifferenti; d’altra parte tale inserimento deve svolgersi nel rispetto della tutela della riservatezza del minore stesso, ovvero del diritto a che la propria condizione non sia rivelata ai genitori degli altri minori, non essendovi alcun pericolo di trasmissione dell’infezione attraverso i comuni rapporti interpersonali (27). Tale esigenza trova espressione anche nella “Carta dei diritti del bambino sieropositivo”, firmata dall’associazione italiana di pediatria e dall’associazione “Essere bambino”, e presentata nel 1992 a Gardone Riviera in occasione del convegno “Il bambino e l’Aids: problemi sociali e di assistenza” (28). Tale documento sancisce infatti che il minore sieropositivo ha diritto “a frequentare la scuola di ogni ordine e grado e di accedere ai luoghi collettivi di gioco, di svago, e di attività sportive” e “alla riservatezza assoluta, se necessario, anche nei confronti degli educatori e degli assistenti che si occupano di lui. Qualunque figura venga a conoscenza della sua condizione (educatori, operatori sanitari o sociali e gli stessi familiari) non dovrà fornire informazioni pregiudizievoli per il bambino per qualunque fine [...]”. Nelle Premesse è quindi specificato che “il diritto alla riservatezza del minore HIV avrà preminenza rispetto alla facoltà del personale educativo ed assistenziale di venire informato sull’esistenza di tale patologia”. Così, anche la Dichiarazione dell’ANLAIDS, l’Associazione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS (29), relativa a diritti e doveri delle persone sieropositive sancisce che “Tutte le azioni tendenti a rifiutare i sieropositivi o a restringere la loro partecipazione nell’ambito familiare o ad attività collettive, incluse quelle sportive, scolastiche, devono essere considerate discriminatorie e sanzionate”. La condizione di sieropositività può peraltro essere fonte nello stesso adolescente di difficoltà e inquietudine nelle relazioni affettive e sociali, oltre che di un senso di inadeguatezza derivante essenzialmente dal confronto con i coetanei e dalla difficoltà di proiettarsi nel futuro in una dimensione progettuale. Numerose sono dunque le problematiche connesse alla sieropositività negli adolescenti: se la notevole presenza di comportamenti a rischio in tale fascia d’età richiede indubbiamente una intensa attività di prevenzione basata sulla formazione, un processo continuo e impegnativo, che coinvolga tutte le persone che si occupano degli adolescenti (30), restano comunque di non immediata soluzione alcuni importanti quesiti relativi alle modalità di informazione dei minori dell’eventuale condizione di sieropositività, a quali persone mettere eventualmente a conoscenza di tale situazione, ed in particolar modo in relazione alla “capacità psicologica del minore di gestire una realtà così sconvolgente, con tutte le conseguenze sul piano delle scelte quotidiane che essa comporta” (31). Bibliografia 15 1. Valli R., Luzi A.M., Bianconi M., Camoni L., Colucci A., Frati A., Gallo P., Rosa E., D’agostini A. La prevenzione dell’infezione da HIV, i giovani e le loro conoscenze: un’indagine su un campione di adolescenti italiani. Ann Ist Super Sanità 2002; 38: 377-386. 2. Toia P. Gli articoli 5 e 6 della Legge italiana sull’AIDS. Difficoltà attuative a livello regionale. In: Cattorini P. (a cura di). AIDS e leggi sull’AIDS. Principi etico-giuridici nelle strategie per l’accertamento e la prevenzione dell’infezione da HIV, in riferimento alla Legge 135/90. Milano: Europa Scienze Umane Editrice; 1993, p. 36. 3. Vercellone P. Il corpo del minorenne: i trattamenti sanitari. In: Zatti P. (diretto da). Trattato di diritto di famiglia, II, Filiazione. Milano; 2002, p. 993. 4. General Medical Council. Infezioni da HIV e AIDS: considerazioni etiche, 23 maggio 1993. In Raimondo A. (a cura di). Il segreto tra diritto dell’individuo ed interesse della collettività. Il paziente sieropositivo ed AIDS conclamato. Roma: CIC Ed. Internazionali; 1997, p. 74. 5. La Rosa E. 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Corrispondenza: Dott.ssa Paola Delbon Cattedra di Medicina Legale Università degli Studi di Brescia Piazzale Spedali Civili, 1 - 25123 Brescia Tel. 030/3995838 Fax 030/3995839 27. Assante G., Giannino P., Mazziotti F. Manuale di diritto minorile. Roma - Bari: Ed. Laterza; 2000, p. 35. 16 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile Guglielmo Mazzoni U.O.C. Chirurgia Pediatrica - Ospedale S. Camillo - Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, Roma Riassunto Il varicocele, cioè la dilatazione varicosa delle vene testicolari conseguente ad un flusso invertito all’interno del circolo spermatico interno, si manifesta nella maggior parte dei casi con la pubertà ed è considerato una importante causa di sterilità maschile. Tuttavia c’è grossa disparità d’opinione tra i vari specialisti se, quando e come trattare questa patologia. Per questo motivo è stata organizzata a Roma il 4-5 Novembre 2005 una “Consensus conference sul varicocele dell’adolescente”. Nel presente studio sono stati presi in considerazione i dati più significativi che sono emersi da tale evento. Non è più accettabile l’indicazione al trattamento con la sola visita clinica. È necessario effettuare una valutazione del reflusso con un Doppler o, meglio, con un ecocolordoppler che darà informazioni più complete fornendo dati anche sul volume di entrambi i testicoli, sul diametro delle vene, sulla possibile presenza di patologie associate. Non c’è un consenso univoco sull’importanza degli esami di laboratorio: L’FSH e l’Inibina B potrebbero fornire dati importanti sulla futura fertilità, ma occorrono lavori controllati su larga scala. Per quanto riguarda il trattamento, le preferenze chirurgiche sono la legatura retroperitoneale in blocco con risparmio di linfatici, la legatura subinguinale con tecnica microchirurgica e risparmio di arteria e linfatici. Le tecniche laparoscopiche e retroperitoneoscopiche non sono altro che metodiche moderne di approccio al retroperitoneo e tecnicamente non differiscono dalle legature chirurgiche in blocco o con risparmio di arteria, ma con costi più elevati e non dovrebbero essere considerate come prima scelta. Le tecniche sclerosanti hanno avuto un grosso consenso rispetto a precedenti simili eventi: la sclerosi retrograda non trova molti sostenitori nonostante la bassa invasività, probabilmente per l’alta incidenza di impossibilità, soprattutto nel paziente giovane, cosa che non avviene con la sclerosi anterograda, sempre possibile. L’associazione delle due metodiche (sclerosi antero/retrograda) ha il più alto grado di preferenza perché è comprensibile l’azione sinergica delle due singole procedure senza aumento d’invasività. Parole chiave: varicocele, infertilità, adolescenza. Current trends in adolescent varicocele Summary Varicocele, i.e., varicose dilation of the testicular veins following inverted flow within the internal spermatic circulation, occurs in the majority of cases in puberty and is considered to be one of the major causes of male infertility. Albeit, much controversy exists as to when and how this disorder should be treated. A “Consensus Conference on Varicocele in Adolescence” was, therefore, organized in Rome, 4-5 November, 2005, and the present report focuses on the most significant data emerging on that occasion. It is no longer feasible to proceed with treatment after only a clinical examination. Evaluation of the reflux by means of Doppler, or preferably, echocolourdoppler, is mandatory in order to obtain more complete information including data regarding the volume of both testes, diameter of the veins, the possible presence of associated diseases. At present, there is no general agreement concerning the importance of laboratory examinations: FSH and inhibin B may provide important data concerning future fertility, however large controlled research is necessary. As far as concerns treatment, the surgical procedures of choice are retroperitoneal en bloc ligature, sparing the lymphatic vessels and subingual microsurgical ligature sparing the artery and lymphatics. Laparoscopic and retroperitoneoscopic techniques are merely modern methods in the approach to the retroperitoneum and not technically different from surgical ligation, but with higher costs and should not be considered as first choice treatment. Sclerosing techniques gained wide approval at this Consensus Meeting compared to views previously expressed on such occasions. Retrograde sclerosis was accepted by only a few specialists despite the low invasiveness, probably due to the high incidence of impossibility to complete the procedure, particularly in young patients, which does not occur in antegrade sclerosis which is always possible. Association of these two procedures (ante/retrograde sclerosis) was well accepted because the synergic action of the two single procedures without increasing invasiveness is well known. Key words: varicocele, infertility, adolescence. 17 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Introduzione a quella della sterilità maschile, ed essendo improponibile il trattamento del 15% di tutti i giovani, occorre selezionare i pazienti che ne sono candidati (9, 10). Tuttavia la popolazione medica pediatrica non è ancora particolarmente sensibilizzata alla problematica sia per la presenza in letteratura di articoli contrastanti circa l’effettiva correlazione tra varicocele e fertilità (11), sia per la disparità di opinioni esistente tra i vari specialisti del settore come urologi pediatri, andrologi e urologi dell’adulto per quanto concerne l’indicazione al trattamento e le metodiche di trattamento più appropriate in età giovanile (12). “Se, quando e come il varicocele va trattato nel bambino e nell’adolescente” sono stati gli argomenti della “Consensus conference sul varicocele dell’adolescente” che si è svolta a Roma il 4-5 novembre 2005 presso l’Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, con l’egida congiunta della Società Italiana di Andrologia (SIA) e quella di Urologia Pediatrica (SIUP) ed il patrocinio delle Società di Pediatria (SIP), di Medicina dell’Adolescenza (SIMA) e di Chirurgia Pediatrica. Il varicocele, ovvero la dilatazione varicosa delle vene testicolari, può, specie nell’adulto, essere causa di fastidio, senso di peso, vero e proprio dolore a fitte o continuo. Però nella maggior parte dei casi è asintomatico e la sua importanza deriva dal fatto che è la più frequente causa di sterilità maschile, essendo presente in quasi la metà degli uomini che non possono avere figli (1). Studi epidemiologici hanno dimostrato che il varicocele compare già nel giovane e l’incidenza nell’adolescente (circa il 15-20%) è uguale a quella dell’adulto (2, 3). Lo sfiancamento delle vene, conseguente al reflusso di sangue dall’alto verso il basso nel circolo spermatico interno, comporta un ristagno intorno al testicolo ed un rallentamento dei metaboliti della gonade stessa. Ne deriva una ipertermia della regione scrotale che è ritenuta essere la causa più probabile delle alterazioni testicolari progressivamente ingravescenti, fino a diventare irreversibili (4, 5). Il trattamento del varicocele nell’adulto sterile comporta un ritorno alla fertilità normale solo nella metà dei casi trattati (5). Per questo motivo è consigliabile un’azione preventiva, poiché nel giovane ancora non sono presenti alterazioni irreversibili (6) ed il trattamento precoce consente una fertilità migliore di casi non trattati o trattati tardivamente (7, 8). Essendo, però, l’incidenza del varicocele di gran lunga superiore Materiale e Metodo Nell’anno 2005 un questionario sul varicocele dell’adolescente (Tabella 1) è stato inviato a tutti i soci SIA e SIUP e a diverse asso- Tabella 1 – Questionario sul varicocele. 1) Ritieni che il varicocele sia una patologia: Congenita a lenta evoluzione q Congenita scatenata dalla pubertà q Indicare il settore di competenza Pediatria-adolescentologia q Andrologia medica Andrologia chirurgica Chirurgia/urologia pediatrica Radiologia vascolare Endocrinologia q q q q Ad espressione solo nell’adulto q 2) Ritieni che lo sport, specie a livello agonistico: Sia causa di varicocele q Possa peggiorare un varicocele preesistente q Nessuna di queste q 3) Quanto ritieni importante l’esame obiettivo andrologico durante la visita di idoneità allo sport? Poco q Molto q Non so q 3) Ritieni che il varicocele sia causa di alterazione della fertilità maschile? NO q SI q 4) Pensi che sia opportuno il trattamento del varicocele in età pediatrico-adolescenziale? SI q NO q 5) Se no, perché: Il varicocele non va mai trattato q Il varicocele va trattato nell’adulto solo se causa dolori o infertilità q Prima della pubertà il varicocele non va trattato perché può guarire q 18 q Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile Volume 4, n. 1, 2006 6) Se sì, da che età? Sempre q Sempre, purché rientri in determinate caratteristiche q Solo dopo i 10 anni q Solo dopo i 15 anni q Solo dopo il completo sviluppo puberale q 7) In che posizione deve stare il paziente per valutare la presenza di varicocele? In piedi q Sdraiato q In entrambe le posizioni q 8) Indicazioni al trattamento del varicocele in età pediatrico-adolescenziale: A) Evidenza clinica (Classificazione di Dubin-Amelar: III grado) q B) Evidenza clinica (II o III grado) + ipotrofia testicolare q Testicolo 1 ml < del controlaterale q Testicolo 2 ml < del controlaterale q Testicolo 5 ml < del controlaterale q Testicolo 1 4 < del controlaterale q C) Evidenza clinica (III grado) + es. Doppler q a) Presenza di reflusso continuo q b) Presenza di reflusso provocato dal Valsalva q D) Evidenza clinica (III grado) + ecocolordoppler testicolare q (vedi 8C) a q b q + diametro vena maggiore>1 mm q (vedi 8C) a q b q + diametro vena maggiore>2 mm q (vedi 8C) a q b q + diametro vena maggiore>3 mm q E) Sospetto clinico + ecografia testicolare q F) Solo ecocolordoppler testicolare q Entità reflusso q Diametro vena maggiore q Volume testicoli q 9) Quale ritieni essere la metodica di trattamento più opportuna per il varicocele in età pediatricoadolescenziale? A) Chirurgica q Legatura retroperitoneale: solo venosa q in blocco q con risparmio linfatici q Legatura inguinale q Legatura microchirurgica con risparmio arterie/linfatici: subinguinale q inguinale q Laparoscopia: intraperitoneale q extraperitoneale q solo venosa q in blocco q Retroperitoneoscopia q B) Sclerosante q Sclerosi retrograda: accesso transfemorale q accesso transbrachiale q Sclerosi anterograda q Sclerosi Antero/Retrograda (contemporaneo accesso scrotale e transbrachiale) q C) Conservativa q Sospensorio q Astensione da sport q Farmacologica q 10) In alternativa a quella da te preferita, quale può essere la metodica di II scelta? …………………………………………………………………………………………………………………………………………… 11) In caso di insuccesso quale pensi essere l’iter più idoneo? Aspettare i 18 anni e regolarsi in base allo spermiogramma q 19 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Ripetere lo stesso trattamento q Scegliere una metodica diversa (II scelta) q Eseguire prima una flebografia (anterograda q retrograda q) e poi decidere q Ricorrere ad una metodica sclerosante: retrograda q anterograda q dipende dal I intervento q 12) In caso di varicocele bilaterale consigli: Nessun trattamento q Trattamento bilaterale sempre q Trattamento solo a sinistra sempre q Trattamento anche a dx se almeno II grado q Trattamento a sin se rientra nei criteri precedentemente esposti, controllo e valutazione dopo i 18 anni per il dx q 13) A che età ritieni possa essere utile eseguire uno spermiogramma? A 14 anni q A 16 anni q A 18 anni q 14) Quali esami di laboratorio ritieni possano essere utili nell’indicazione al trattamento del varicocele pediatrico-adolescenziale? Testosterone q FSH q LH q Inibina B q Test GnRH q Presenza/assenza di spermatozoi nelle I urine della mattina q Nessuno di questi q ciazioni pediatriche, di endocrinologi, andrologi medici e radiologi. La Consensus si è svolta in 2 giornate: la prima è stata dedicata alla visione diretta in videoconferenza dalla Camera Operatoria della Chirurgia Pediatrica del S. Camillo, di 5 interventi sul varicocele dell’adolescente con metodiche diverse, intervallati da relazioni di autorevoli esperti del settore; nella seconda giornata si è svolta la Consensus vera e propria con la raccolta dei dati sia con televoto diretto in sala congressuale sia dei questionari compilati dai congressisti non presenti al televoto. Le 100 risposte della Consensus sono state confrontate con le 155 pervenute prima dell’evento (Figura 1 a, b). Andrologi chirurghi e urologi pediatri sono stati gli specialisti più rappresentati, essendo i primi maggiori dei secondi nelle risposte pervenute prima dell’evento, il contrario alla Consensus. Hanno però partecipato anche pediatri/adolescentologi, andrologi medici, endocrinologi e radiologi rendendo quindi la Consensus polispecialistica. Risultati Viene effettuata un’analisi dei risultati ottenuti dal confronto di questi dati in relazione anche a precedenti simili eventi e dati della Letteratura, per quanto riguarda i quesiti più importanti: Alla domanda “Ritieni che il varicocele possa essere causa di alterazione della fertilità maschile?”, il 95% e il 99% delle risposte rispettivamente prima e in sede di Consensus sono state affermative. Alla domanda “Pensi che sia opportuno il trattamento del varicocele in età pediatrico-adolescenziale?”, l’86.1% e il 93.8% dei rispondenti sono d’accordo. Visita del paziente (Figura 2 a, b). Endocrinologi Radiologi vascolari Altro Urologi pediatri Pediatri/Adolescentologi Andrologi medici Andrologi chirurghi Figura 1. (valori riportati in percentuale). a: 155 questionari raccolti prima della Consensus b: 100 risposte della Consensus 20 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile Volume 4, n. 1, 2006 Mancante In piedi In entrambe le posizioni Sdraiato Figura 2. (valori riportati in percentuale). a: questionari raccolti prima della Consensus b: risposte della Consensus Solo ecocolordoppler Sospetto clinico+ecografia Evidenza clinica+ecocolordoppler Evidenza clinica +es. Doppler Evidenza clinica+ipotrofia testicolare Evidenza clinica (III grado) La maggior parte di coloro che hanno risposto sono concordi nell’affermare che il paziente debba essere visitato almeno in piedi, ma assolutamente non solo sdraiato. Indicazione al trattamento (Figura 3 a, b) Prima della Consensus il 50% dei rispondenti riteneva il solo esame clinico sufficiente a porre indicazione al trattamento, il 40% considerando indispensabile la presenza di ipotrofia testicolare. Alla Consensus il 73% dei rispondenti giudica necessario aggiungere alla clinica una valutazione strumentale. Solo il 25% consiglia il trattamento in esclusiva presenza di ipotrofia testicolare. Metodica di trattamento più opportuna nel giovane (Tabella 2) Il trattamento del varicocele consiste nell’interruzione del reflusso che può essere effettuato con legature chirurgiche delle vene refluenti o con l’iniezione dentro di esse di un farmaco sclerosante. Figura 3. (valori riportati in percentuale). a: questionari raccolti prima della Consensus b: risposte della Consensus retroperitoneo (15, 16) (queste ultime anche per via laparoscopica (17)), ciascuna con propri vantaggi e svantaggi. Le legature retroperitoneali Sono probabilmente le tecniche più largamente utilizzate per la cura del varicocele. Hanno il vantaggio di essere abbastanza semplici, rapide, con rare complicanze postoperatorie. Vengono eseguite con un’incisione di circa 4-5 cm lateralmente poco al di sotto dell’ombelico come quella per un’appendicite, per lo più a sinistra perché in genere il varicocele è da questo lato. Poiché le vene spermatiche hanno un decorso dalla superficie anteriore del corpo (plesso pampiniforme), alla regione posteriore in prossimità dei reni, l’accesso retroperitoneale alto prevede l’apertura della parete muscolare e questa manovra necessita di anestesia generale. Si distinguono in una legatura solo venosa, con risparmio dell’arteria che decorre parallela alla/e vena/e Metodiche chirurgiche Esistono diverse metodiche chirurgiche di legatura delle vene refluenti a livello subinguinale (13), inguinale (14) o più in alto nel 21 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Tabella 2. Preferenza di modalità di trattamento per il varicocele dell’adolescente. II Consensus conference SIA sul varicocele (Trieste 14/09/01) (%) 17° Congresso Nazionale SIUP (Roma 29/09/01) Questionari raccolti prima della Consensus Risposte alla Consensus (Roma 4/11/05) (%) (%) (%) Legatura Chirurgica generica 5 Legatura retrop. solo venosa (Ivanissevich) Legatura retrop. in blocco (Palomo) Legatura retrop. con risparmio linfatici Legatura retrop. 20 4 3 52 8 5 8 17 24 Legatura inguinale non microchirurgica 16 9 3 Legatura microchirurgica con risparmio arterie/ linfatici 21 23 19 11 6 3 2 Laparoscopia 20 Retroperitoneoscopia Derivazione microchirurgica 4 Sclerosi generica 2 6 Sclerosi Retrograda 11 Sclerosi Anterograda 24 3 9 Sclerosi Antero/Retrograda 8 15 17 2 19 superiori alle tecniche tradizionali per l’utilizzo di apparecchiature sofisticate. Le legature inguinali Questo accesso ha il vantaggio di poter ispezionare ed eventualmente legare vene extrafunicolari, come la spermatica esterna che possono essere responsabili di recidive dopo legatura di tutte le spermatiche interne. All’interno del canale inguinale, però, le vene sono più numerose e più difficilmente possono essere separate dall’arteria. Per questo motivo hanno un più alto numero di insuccessi. Le legature microchirurgiche subinguinali Viene descritta come la metodica a più bassa incidenza di recidive e complicanze se l’operazione viene condotta con l’ausilio del microscopio operatore, che permette di isolare ed escludere dalle legature le strutture arteriose e linfatiche. Proprio questo ne limita l’utilizzo, comporta tempi operatori più lunghi e spesso necessita di anestesia generale. Esistono, poi, le tecniche di derivazione microchirurgica in cui la vena spermatica viene collegata con un’altra vena come l’epigastrica. Lo scopo sarebbe quello di scaricare il sangue refluo dal testicolo in un altro territorio, impedendo, quindi, il reflusso dalla vena renale. Queste metodiche, negli ultimi anni, hanno perso molto credito per la loro complessità senza avere vantaggi rispetto alle metodiche tradizionali. (Ivanissevich), da una legatura in blocco di tutto il fascio vascolare (Palomo). La prima ha lo svantaggio di determinare una legatura spesso incompleta. La persistenza di esili rami venosi periarteriosi possono riattivare il reflusso verso il testicolo shuntando le legature dei rami più grossi. La ricorrenza del varicocele si manifesta in circa il 20% dei casi. La seconda, con una chiusura totale, ha una percentuale di successo molto più alta, del 95%, ma può causare l’interruzione dei vasi linfatici del testicolo che decorrono paralleli alle vene. In circa il 12% dei casi si manifesta per questo motivo un idrocele, cioè una raccolta di liquido intorno al testicolo. Nella metà di questi soggetti sarà necessario un secondo intervento chirurgico perché la raccolta persiste raggiungendo dimensioni considerevoli (18). Le legature retroperitoneali possono essere condotte anche per via laparoscopica: sull’addome vengono eseguite 3 incisioni di circa 2 cm attraverso le quali si fanno passare una telecamera e dei lunghi strumenti che vengono manovrati dall’esterno. La laparoscopia non comporta un miglioramento dei risultati né una riduzione dell’invasività, essendo sempre necessaria l’anestesia generale. Esistono, però, i potenziali rischi, anche se rari, di perforazione accidentale di organi endoaddominali e i costi sono nettamente 22 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile Volume 4, n. 1, 2006 Metodiche sclerosanti retrogrado con riduzione del tempo di scopia. L’opacizzazione del circolo venoso in entrambe le direzioni è più completa e l’iniezione della sostanza sclerosante contemporanea, antero/retrograda, determina un più prolungato contatto di questa sulle superfici interne delle vene favorendo una più sicura azione farmacologica. Nella tabella 2 abbiamo il confronto delle preferenze del tipo di trattamento prima e alla Consensus. Questi dati sono stati paragonati a quelli ottenuti in precedenti simili eventi come la II Consensus conference sul varicocele organizzata dalla SIA a Trieste il 14/09/01 (partecipanti in prevalenza andrologi e urologi dell’adulto) e una simile tenutasi nel corso del 17° Congresso Nazionale SIUP a Roma il 29/09/01 (partecipanti tutti urologi pediatri). Come è possibile constatare si è avuta una più ampia diversificazione delle opzioni terapeutiche con prevalenza della legatura retroperitoneale con risparmio di linfatici, della legatura microchirurgica con risparmio arterie e linfatici a livello inguinale o subinguinale e delle tecniche sclerosanti in passato ritenute di livello inferiore. Il confronto con i precedenti eventi mostra più similitudini con la Consensus SIA che con quella SIUP pur essendo all’attuale Consensus più rappresentati gli urologi pediatri rispetto agli andrologi dell’adulto. Negli ultimi 15 anni si sono sviluppate le tecniche sclerosanti che hanno il vantaggio di essere meno invasive, eseguibili in anestesia locale e, quindi, in Day Hospital. Sclerosi retrograda percutanea (19) Viene abitualmente eseguita attraverso l’incannulamento percutaneo della vena femorale. Un sottile catetere viene sospinto verso l’alto nella vena cava e, sotto controllo radioscopico, si inserisce nella vena renale sinistra e, quindi, nella vena spermatica, che da essa si origina. Presso la Radiologia Vascolare del S. Camillo, la sclerosi retrograda viene effettuata, preferibilmente, attraverso la vena alla piega del braccio (20). Tale modifica tecnica ha il vantaggio di essere meno invasiva dell’approccio transfemorale ed offre un più agevole raggiungimento del distretto renospermatico non solo a sinistra, ma, nei casi bilaterali, anche a destra, poiché il catetere progredisce dall’alto verso il basso. Una piccola quantità di anestetico locale nella sede della puntura attraverso la quale viene inserito il catetere è sufficiente per tutta la procedura. Una volta raggiunta la vena spermatica, si inietta, sotto controllo radioscopico, la sostanza sclerosante. Nella stessa seduta, se è presente un varicocele bilaterale, è possibile eseguire il trattamento sia a destra che a sinistra. Il paziente viene tenuto a riposo per qualche ora e dimesso in giornata. La tecnica è molto ben accettata per la bassa invasività anche dagli adolescenti, però, tanto più giovani sono i soggetti tanto più è difficile raggiungere il distretto reno-spermatico per spasmi, anomalie venose o presenza di valvole: l’impossibilità ad eseguire la sclerosi si aggira in età adolescenziale attorno al 14% (21). Sclerosi anterograda (22, 23) Previa anestesia locale della regione inguinale, si esegue un’incisione di circa 1 cm alla radice dello scroto e si isola direttamente una o più vene del plesso pampiniforme che vengono incannulate. Dopo aver effettuato un controllo radiologico mostrante il passaggio nelle vene spermatiche interne, si inietta la sostanza sclerosante. Successivamente la/e vena/e viene/vengono legata/e e la piccola ferita suturata con punti riassorbibili. Il ricovero è in Day Hospital con dimissione in giornata. Sclerosi antero/retrograda (24) Le precedenti metodiche, ormai largamente accettate per la loro bassa invasività, hanno una possibilità di successo intorno al 94%. L’esperienza acquisita con centinaia di casi, in cui abbiamo potuto evidenziare l’anatomia del circolo venoso testicolare, sia per via retrograda che per via anterograda, ci ha permesso di appurare che la maggior parte degli insuccessi è la conseguenza di una insufficiente sclerosi, per mancata visualizzazione di vene collaterali con una delle due tecniche precedenti. Abbiamo, quindi, pensato di associare le due procedure nella stessa seduta. Questo ci permette, mantenendo una ridotta invasività, di risolvere in prima battuta anche quei casi che fino a poco tempo fa erano soggetti a recidiva. La flebografia anterograda, visualizzando la vena spermatica, ne facilita l’incannulamento Conclusioni Da questa Consensus conference sul varicocele emergono chiaramente alcuni dati importanti che devono essere tenuti in considerazione dai pediatri ed adolescentologi: il varicocele è una patologia molto frequente, va attentamente ricercata e non sottovalutata durante l’esame clinico di ogni giovane. La visita deve essere effettuata sia in piedi che sdraiato: questo è molto importante nel paziente pediatrico dove si è soliti effettuare le visite in posizione supina. Per l’indicazione al trattamento non è più accettabile la sola visita clinica, troppo operatore dipendente (25), suscettibile di falsi positivi (iperafflusso vascolare normale nelle prima fasi di sviluppo), non in grado di valutare l’entità del reflusso e, quindi, separare i casi più importanti candidati al trattamento, dalle forme più modeste che vanno controllati nel tempo. A 18 anni, ma non prima, sarà possibile effettuare uno spermiogramma e considerare l’ipotesi di un trattamento nei soggetti con varicocele minore. L’ipotrofia testicolare, troppo spesso considerata la “conditio sine qua non” per procedere al trattamento (9), è in realtà l’espressione di un danno già avvenuto, che non sempre sarà recuperabile. Se si vuole ottenere un’azione preventiva, è necessario intervenire prima dell’instaurarsi dell’ipotrofia. La valutazione del reflusso deve essere effettuata almeno con un Doppler. L’ecocolordoppler darà informazioni più complete fornendo dati sul reflusso, sul volume di entrambi i testicoli, sul diametro delle vene, sulla possibile presenza di patologie associate. Di scarsa utilità, invece, la sola ecografia testicolare. Per quanto riguarda il trattamento, non vengono più ritenute valide metodiche chirurgiche come la legatura retroperitoneale solo venosa (Ivanissevich), per l’alta incidenza di recidive. La 23 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 stessa legatura in blocco (Palomo), considerata fino a poco tempo fa di prima scelta per le poche recidive, viene ormai scartata per l’alto numero di idrocele secondario, essendo ormai di gran lunga superata dalla legatura in blocco con risparmio di linfatici. Le tecniche laparoscopiche e retroperitoneoscopiche non sono altro che metodiche moderne di approccio al retroperitoneo e tecnicamente non differiscono dalle legature chirurgiche in blocco o con risparmio di arteria, ma con costi più elevati e non dovrebbero essere considerate come prima scelta. Se si vuole procedere con una legatura a livello inguinale o subinguinale, questa deve essere effettuata con tecnica microchirurgica per risparmiare strutture arteriose e linfatiche. Le tecniche sclerosanti hanno avuto un grosso consenso rispetto a precedenti simili eventi (vedi Consensus conference di Trieste e SIUP). Per la prima volta si è parlato e votato tre tecniche ben distinte: la Sclerosi Retrograda (SR), la Sclerosi Anterograda (SA) e la Sclerosi Antero/Retrograda (SA/R). Tra queste la SR trova meno sostenitori, probabilmente per l’alta incidenza di impossibilità, soprattutto nel paziente giovane, cosa che non avviene con la SA, sempre possibile, con ottimi risultati e possibile anche con la sola anestesia locale. L’associazione delle due metodiche (SA/R) ha il più alto grado di preferenza perché è comprensibile l’azione sinergica delle due singole procedure senza aumento d’invasività. Infine, la laboratoristica non sembra ancora offrire una certezza su cui basarsi per poter indirizzare al trattamento un giovane con varicocele, in quanto, a tutt’oggi, non sono disponibili markers che confermino un danno testicolare e predittivi di un possibile recupero funzionale. Certo è che l’importanza dell’individuazione precoce di questa patologia è la prevenzione del possibile danno sulla futura fertilità. Sono auspicabili per il prossimo futuro lavori su larga scala su esami di laboratorio come l’FSH e l’Inibina B. 7. Lenzi A., Gandini L., Bagolan P., et al. Sperm parameters after early left varicocele treatment. Fertil Steril 1998; 69: 347-349. 8. Belloli G, D'Agostino S, Zen F, Ioveno E. Fertility rates after successful correction of varicocele in adolescence and adulthood. Eur J Pediatr Surg 1995; 5: 216-218. 9. Diamond DA. Adolescent varicocele: emerging understanding. BJU Inter 2003; 92 (Suppl 1): 48-51. 10. Salzhauer EW, Sokol A, Glassberg KI. Paternity after adolescent varicocele repair. Pediatrics 2004; 114: 1631-1634. 11. Evers JLH, Collins JA. Assessment of efficacy of varicocele repair for male subfertility: a systematic review. Lancet 2003; 361: 184952. 12. 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Inter-observer variation in the results of the clinical andrological examination including estimation of testicular size. Int J Androl 2000; 23: 24853. Dott. Guglielmo Mazzoni 24 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Indagine conoscitiva sui bisogni e comportamenti a rischio degli studenti di Lamezia Terme Raffaela Renne, Vincenza Carnei, Vincenza Colacino Unità Operativa di Pediatria di Comunità - Distretto Sanitario del Lamentino Lamezia Terme Riassunto Questo studio riporta i risultati di un’indagine campionaria condotta su 516 studenti calabresi, di età compresa tra i 14 e 22 anni. Nel questionario sono stati inseriti diversi items. Il consumo di alcool coinvolgeva il 55% dei giovani, per quanto riguarda l’uso di droghe l’1% degli intervistati ammetteva di farne uso. Il 22% aveva fatto una visita medica nell’ultimo mese, il 61% negli ultimi 6 mesi ed il 17% da oltre un anno. I motivi di consultazione medica sono stati principalmente visite specialistiche di controllo e certificati medici (25%). Il 60% dei giovani ha richiesto di poter avere più informazioni sulla contraccezione, educazione sessuale e malattie sessualmente trasmesse. I genitori, la scuola dovrebbero essere i primi educatori dei ragazzi sui temi della sessualità ed i pediatri dovrebbero integrare questo compito in occasione dei controlli clinici ed i bilanci di salute. I Premessa l lavoro è nato come offerta di servizio che la Pediatria di Comunità fornisce alle scuole del territorio A.S. n. 6. La richiesta di intervento è partita da due istituti (Istituto Tecnico Commerciale “V. De Fazio” e Istituto Professionale Commerciale “L. Einaudi” di Lamezia Terme) nell’anno scolastico 2002-2003 in merito ai programmi di educazione alla salute previsti nelle scuole. Parole chiave: fabbisogni degli adolescenti, comportamenti a rischio, educazione sessuale, scuola. Pazienti e Metodi Negli incontri di programmazione tra operatori della scuola e dell’A.S. si è ravvisata la necessità di conoscere i reali bisogni dei giovani a livello socio-sanitario, partendo dai loro stili di vita. Si è quindi deciso di approntare uno strumento di ricerca di facile somministrazione limitando l’intervento su un campione stratificato della popolazione scolastica interessata. Tale questionario comprendeva una serie di items a risposta chiusa ed alcune a risposta multipla. È stato somministrato a 516 alunni pari al 25% della popolazione scolastica frequentante i due istituti interessati. Le classi di età considerate sono state 14-16 anni (55%), 17-19 ani (43%) e 20-22 anni (2%). Per quanto riguarda il sesso il 37% erano maschi ed il 63% femmine. Adolescents’ needs and risk behaviours in 516 students living in the South of Italy Summary This study reports the results of a survey on adolescent’ needs and risk behaviours in a group of 516 students, aged 14 to 22 years, living in Lamezia Terme – Italy. Alcohol consumption and drug abuse was registered in 55% and 1%, respectively. Twenty-two percent of adolescents had a medical examination in the last month and 41% in the last 6 months. Sixty percent of youth requested more information on contraception, sexual education and sexual transmitted diseases. The ideal learning environments for the sexual education are the family and the school. Pediatricians should integrate sexual education into clinical practice from early childhood through adolescence. Risultati Key words: adolescent needs, risk behaviours, sexual education, school. In relazione alla p ro ve ni e nz a dei giovani è emerso che il 64% era residente a Lamezia Terme, il 25% proveniva dai paesi del 25 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 distretto del lamentino, mentre l’11% non ha risposto alla domanda, indicando in tal modo la volontà di mantenere l’anonimato, pur essendo stato garantito questo aspetto nel questionario. Per quanto riguardava il p r a n z o il 98% rispondeva che veniva consumato a casa e solo il 2% fuori casa. L’alimentazione era “normale” nel 93% e solo nel 7% era “particolare” (intolleranza alimentare, dieta ipocalorica). L’aa tti v it à s p orti v a veniva praticata dal 64% dei ragazzi (il 2% non ha dato alcuna risposta). Il 41% praticava regolarmente uno sport, il 32% settimanalmente, il 27% occasionalmente. Dai dati emergeva che il co ns umo d i al c o ol coinvolgeva i giovani in percentuale elevata (55%); l’1% non ha risposto alla domanda. Sul totale delle risposte affermative, il 60% faceva uso di birra, il 21% consumava vino, il 19% consumava superalcolici. Il consumo di bevande alcoliche era giornaliero nel 6%, settimanale nel 16% ed occasionale nel 78%. Il consumo dell’alcool risultava condizionato dallo stato d’animo in cui si trovava il ragazzo: nel 24% se era felice, 7% se triste, 2% se preoccupato. Il 59% degli intervistati aveva bevuto in compagnia di amici. Il c on sumo di si g are tte tra i giovani intervistati risultava poco diffuso (26%). Il 3% non ha risposto alla domanda. Relativamente alla quantità di sigarette fumate giornalmente, il 31% ne fumava da 1 a 3, il 46% da 4 a 10 e il 23% ne consumava più di 10. Tra i fumatori solo il 44% dichiarava di voler smettere, il 39% di non voler smettere e il 17% non ha dato alcuna risposta. Per quanto riguarda l’uuso d i dro ghe la quasi totalità rispondeva di non farne uso (91%), l’1% ne ammetteva il consumo e il restante 8% preferiva non rispondere. Una sezione del questionario prevedeva domande circa la sa l ute d ei gi ova ni ed il consumo di farmaci. Dalle risposte raccolte risultava che il 22% aveva fatto una visita medica nell’ultimo mese, il 41% negli ultimi 6 mesi, il 17% da oltre un anno; il 20% preferiva non rispondere. I motivi di consultazione medica sono stati: visite di controllo o certificati medici per il 25%, visite specialistiche nell’8% degli adolescenti, rispettivamente per sintomi influenzali (20%), problemi osteo-articolari (6%), problemi legati ad incidenti (1%), motivi vari (14%), il restante 26% non ha specificato il motivo della visita medica. Il 13% faceva uso di farmaci, al momento dell’indagine, mentre l’84% non ne assumeva, il 3% non ha dato una risposta. Alle domande sulle allergie il 27% rispondeva sì e il 2% non rispondeva. Tra gli allergeni più diffusi troviamo: polvere 44%, polline e graminacee 34%, alimenti 12%, farmaci 4%, pelo di animali 4%, altro 2%. Sono risultate frequenti le allergie multiple. La parte finale del questionario prevedeva una serie di items riguardanti argomenti quali: la salute, il proprio aspetto fisico, il rapporto con i familiari, la scuola e domande volte a sondare gli stati d’animo, le aspettative per il futuro. I dati, in percentuale, vengono riportati nella Tabella 1. Dall’analisi dei dati su indicati, si possono cogliere alcune indicazioni in merito ai vissuti familiari, sociali, personale e sanitari degli adolescenti. Per quanto riguarda il rapporto con il loro corpo emergeva che i ragazzi erano preoccupati per il loro stato Tabella 1. Domande inserite nel questionario distribuito agli adolescenti (le risposte vengono riportate in %). Ho problemi nell’addormentarmi Mi sveglio durante il sonno Mi stanco facilmente Soffro di mal di testa Soffro di mal di stomaco Sono preoccupato/a per la mia salute Non mi piace il mio aspetto Vorrei essere più magro/a Sono terrorizzato/a all’idea di ingrassare Sono preoccupato/a per la salute di un mio familiare Mi piacerebbe cambiare qualcosa nel rapporto con mia madre Mi piacerebbe cambiare qualcosa nel rapporto con mio padre Sono soddisfatto/a della scuola Ho problemi a scuola Sono preoccupato/a per la scuola Sono preoccupato/a per il mio futuro A volte mi sento triste 26 Sì No Non so Non indicato 15 36 17 38 27 33 28 49 44 68 29 33 43 23 37 50 60 81 60 77 55 68 57 52 46 47 26 63 59 37 64 52 33 28 2 3 5 5 3 8 18 4 7 5 7 7 19 12 9 16 10 2 1 1 2 2 2 2 1 2 1 1 1 1 1 2 1 2 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Indagine conoscitiva sui bisogni e comportamenti a rischio degli studenti di Lamezia Terme Volume 4, n. 1, 2006 Tabella 2. Argomenti che desiderano approfondire gli adolescenti. Sessualità Malattie sessualmente trasmesse Contraccezione Droghe Alcool Trapianti Donazione di organi Alimentazione e disturbi collegati Incidenti e primo soccorso Altro Non indicato 60% 34% 31% 27% 16% 8% 4% di salute nel 33% degli intervistati, il 38% soffriva di mal di testa e il 27% soffriva di mal di stomaco. Il sonno era “disturbato” nel 36% dei casi. Il 52% non era soddisfatto del proprio aspetto corporeo, il 49% desiderava essere più magro ed il 44% era “terrorizzato” all’idea di ingrassare. In merito alla sfera delle relazioni familiari il 29% desiderava cambiare il rapporto con la madre ed il 33% il rapporto con il padre. Il 61% era preoccupato per lo stato di salute dei familiari. Per quanto atteneva la relazionalità con la scuola e lo studio, il 37% rispondeva di non essere soddisfatto della scuola, il 23% di avere “problemi” ed il 37% di essere preoccupato per la scuola. Il 50% dei giovani era preoccupato per il proprio futuro molti di loro (60%) a volte si sentivano tristi. Nell’ultima parte del questionario è stato proposto ai ragazzi di indicare gli argomenti che desideravano approfondire. Le risposte raccolte sono state sintetizzare nella Tabella 2. Corrispondenza: Dott.ssa Raffaela Renne AS 6 Lametia Terme Unità Distrettuale Materno - Infantile Via Scaramuzzino, 33 - Lamezia Terme Tel.: 0968/441787 e-mail: [email protected] Commento tempo, nei programmi di insegnamento delle scuole. In Svezia dal 1956 l’educazione sessuale è obbligatoria per tutti i ragazzi dai 7 ai 19 anni. Negli Stati Uniti è stata introdotta, come materia di insegnamento, nel 1965. La legge sull’istruzione, tuttavia, varia da Stato a Stato (3). In Francia è obbligatoria dal 1973, ma solo come informazione sessuale, nei programmi di scienze. In Belgio, Portogallo e Cipro l’educazione sessuale è considerata materiale interdisciplinare (3). In Italia, malgrado l’impegno di molte forze politiche e movimenti di opinione, una normativa organica in materia non è mai riuscita a superare lo stadio di proposta. Tuttavia, nonostante il vuoto legislativo, in molte scuole italiane si svolgono programmi di educazione alla salute socio-affettiva e sessuale, affidati a docenti, psicologi, medici e pedagogisti (3). La letteratura mette a disposizione una serie di metodologie per attuare un intervento di educazione sessuale nelle scuole. Per creare le condizioni più adatte allo svolgimento di un’adeguata comunicazione interpersonale ed un buon livello di apprendimento è necessario coinvolgere attivamente i ragazzi utilizzando le tecniche di lavoro in piccoli gruppi, role-playing, raccolta delle “domande segrete”, peer education. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che le lezioni frontali, sebbene debbano essere limitate, offrono la possibilità di sviluppare nei ragazzi la conoscenza e l’approfondimento di temi specifici. Varie proposte organizzative vengono, usualmente, utilizzate per proporre incontri di formazione nelle scuole. L’approccio da noi seguito nelle scuole medie e superiori viene riportato nella Tabella 1. In conclusione, occuparsi di educazione sessuale significa svolgere una attività educativa diretta a: 1. aiutare i ragazzi a prendere decisioni responsabili nell’am- Lo studio riporta i risultati di un’indagine campionaria condotta su 516 studenti calabresi, di età compresa tra i 14 e 22 anni. Nel questionario sono stati inseriti diversi items che riguardavano l’alimentazione, i comportamenti a rischio, la salute, il consumo di farmaci, l’aspetto fisico, il rapporto con i familiari, la scuola e le aspettative future. Nell’ultima parte del questionario è stato proposto ai ragazzi di riportare gli argomenti che desideravano approfondire. Il 60% degli intervistati ha indicato la sessualità, la contraccezione e le malattie a trasmissione sessuale. Usualmente, gli amici, il partner, i fratelli/sorelle ed i massmedia (giornali, settimanali, TV) rappresentano gli interlocutori o la principale fonte di informazione utilizzata dagli adolescenti per approfondire i problemi legati alla sessualità (1, 2). L a f ami g li a e l a sc u o la Da molti Esperti viene ritenuto che i genitori e la scuola dovrebbero essere gli educatori privilegiati degli adolescenti sui temi della sessualità. Si ritiene, infatti, che l’educazione sessuale svolta dai genitori possa avere effetti benefici sulla prevenzione dei comportamenti a rischio (2). Nonostante ciò, uno studio, condotto nel 2003, su 236 genitori di ragazzi ferraresi che frequentavano la terza media, ha messo in evidenza che i genitori si sentivano impreparati su diverse problematiche e desideravano approfondire argomenti quali: gli aspetti psicologici e relazionali (81%), la crescita e pubertà (60%), la sessualità (49%), i comportamenti a rischio (48%) e l’alimentazione (28%) (De Sanctis V; dati non pubblicati, 2004). Un’altra importante agenzia comunicativa è la scuola. Nei Paesi del Nord Europa l’educazione sessuale è entrata, da 27 bito delle relazioni interpersonali; 2. incoraggiare ad esaminare criticamente i propri valori, le proprie abitudini e quelle degli altri; 3. sviluppare la capacità di comunicazione e dialogo nei rapporti con gli altri; 4. rafforzare la stima in se stessi e l’immagine che si ha di sé; elementi questi importanti nel processo decisionale e nelle relazioni interpersonali; 5. esplorare sentimenti ed attitudini quali l’amore, la collera, il rispetto, la tristezza ed il dolore (3). Per poter svolgere efficacemente questi compiti il pediatra dovrà possedere una formazione ad hoc, che dovrà comprendere: a) padronanza delle conoscenza relative all’educazione sessuale; b) abilità tecniche di insegnamento che facilitino l’apprendimento; c) approfondita conoscenza degli aspetti medico-legali dell’età adolescenziale; d) conoscenza degli aspetti psicologici ed etici. Allo scopo di favorire una consulenza sia per gli adolescenti che per i loro genitori, il Committee on psychological aspect of child and family health and Committee on adolescence (4) hanno redatto un documento che ha lo scopo di promuovere cambiamenti responsabili nei giovani. I pediatri dovrebbero conoscere queste raccomandazioni allo scopo di fornire accurate informazioni sia ai genitori che agli adolescenti e sostenere la comunicazione tra genitori-figli-docenti sulla educazione sessuale (2). Vincenzo De Sanctis Direttore U.O. Pediatria ed Adolescentologia Arcispedale S. Anna, Ferrara Tabella 1. Ipotesi organizzativa per un ciclo di incontri sul tema dell’educazione sessuale per gli studenti delle scuole medie e superiori. 1. identificare in maniera chiara gli obiettivi 2. coinvolgere tutto il consiglio di classe, in particolare i docenti la cui disciplina è più specificatamente coinvolta nella conduzione dell’attività. L’insegnante referente dovrà informare brevemente i ragazzi dell’incontro che avranno con il professionista esterno alla scuola. È auspicabile una riunione con i genitori prima di incontrare i ragazzi 3. incontrare gruppi di studenti poco numerosi e già affiatati tra loro. Utilizzare un tempo minimo per sentire la classe (attese sull’incontro e su quali, fra i temi previsti, è preferibile concentrare l’attenzione) 4. porre una grande attenzione per far sì che l’educazione sessuale offerta sia adatta alla maturità dei ragazzi/e coinvolti, la quale non sempre corrisponde alla loro età anagrafica 5. richiedere la presenza degli insegnanti durante gli incontri (non è obbligatorio) 6. mettersi in sintonia con i bisogni e l’esperienza interiore di chi ascolta 7. rispondere alla domande degli studenti in modo adeguato 8. tenere in considerazione i particolari fattori culturali o religiosi che emergono nella discussione sull’argomento sessuale, e le aspettative dei genitori riguardo al livello di esplicitazione dei concetti e della presentazione che verrà fatta 9. favorire un intervento attivo dei ragazzi evitando la diretta esposizione di problemi personali 10. evitare qualsiasi atteggiamento di tipo “giudicante” 11. effettuare una verifica e valutazione, alla fine degli incontri, tramite questionari anonimi consegnati agli studenti 12. richiedere un incontro conclusivo con i Docenti per verificare l’efficacia del progetto svolto 13. offrire la possibilità ai ragazzi, ai docenti e genitori di incontri singoli con i professionisti coinvolti nel corso di formazione Bibliografia essenziale 1. De Sanctis V, Ravaioli E, Tangerini A. Adolescenza e sessualità. Riv Ital Pediatr (IJP) 2000; 26: 720-724 2. De Sanctis V, Vergine G, Pedretti S, Fiscina B. Sessualità ed educazione sessuale nell’adolescente. Prospettive in Pediatria 2005; 35: 115-122 28 3. De Sanctis V, Fiscina B, Mangiagli A, Campisi S, Vergine G. L’educazione sessuale nelle scuole. Quaderni Pediatria 2004; 3: 305-308 4. Committee on psychological aspects of child and family health and Committeee on Adolescence. Sexuality education for children and adolescents. Pediatrics 2001; 2: 498-502 Per quanti adolescenti il faticoso processo di metamorfosi è impedito da troppi ostacoli oggettivi o è pagato con un disagio mentale? F. Franchini*, N. Giusti** *Professore Associato del Dipartimento di Pediatria di Firenze **Assistente volontaria Torniamo indietro nel tempo Nell’antica Roma la levatrice prendeva il bambino ancora sporco di umori materni e lo deponeva al suolo. Il gesto si proponeva tre scopi: provocare il pianto del bambino al contatto con la terra; vedere se il piccolo fosse ben conformato e di conseguenza ben accetto agli dei nuziali; fargli salutare la Madre Terra. Poi il pater familias doveva sollevare il bambino da terra verso il cielo: questo significava accettare il neonato. Se il bambino fosse stato deforme o considerato illegittimo sarebbe stato invece esposto nella pubblica piazza. Una particolarità: il padre doveva sollevare verticalmente il figlio. Ciò significava che mentre la nascita biologica avveniva in senso orizzontale, quella sociale avveniva verticalmente. L’essere umano infatti si distingue dall’essere animale grazie alla posizione eretta. Quindi il gesto ieratico del pater riproponeva il significato etimologico del termine ALLEVARE (tirare su). Per noi pediatri ci sono due buchi culturali spaventosi: uno riguarda la vita prenatale, l’altro l’adolescenza. Per via dei miei figli io sono arrivato al dialogo con adolescenti e giovani; è il più difficile, il più delicato. È possibile per il pediatra il dialogo con questi giovani? Io rispondo di sì, ma a due condizioni: una l’aver cominciato questo dialogare, l’aver avuto la pazienza di dialogare per anni ed anni. Un rapporto tra due persone, e siano pure un padre e un figlio, non si improvvisa, si costruisce. Le famose ragioni del sangue in questo rapporto non c’entrano per niente. La paternità naturale ha un significato puramente animale; essa non ha neanche una briciola di importanza, nemmeno un’ombra se il padre non ha lavorato a trasformare il rapporto naturale in rapporto umano (F. Panizon). L’altra condizione che è indispensabile è la solidarietà. Se come adulti comprendiamo che facciamo parte psicologicamente di un mondo superato e che i nostri figli, anche quando sono mediocri, sono più avanti di noi perché sono nati dopo, perché capiscono certe cose del giorno d’oggi meglio di noi, perché usano più facilmente degli strumenti che il mondo d’oggi pone a loro disposizione; e dunque comprendiamo che possiamo aiutarli solo a patto di autocriticarci continuamente senza pietà. L’amore filiale è naturale, ma viverlo sinceramente tra i mille problemi di ogni giorno è difficile. I figli non imparano dalle parole ma dal comportamento del padre e della madre. La modernità con cui oggi abbiamo a che fare è spuria, di facciata: fare la settimana bianca, possedere un certo tipo di macchina, possedere particolari congegni elettronici. La vera modernità consisterebbe nella capacità di dire: “qui sto io e così penso io, ma rispetto gli altri”, quindi al di fuori del conformismo. Spesso trasferendo sugli adolescenti gli schemi mentali della società degli adulti si pensa 29 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 3, n. 3, 2005 ma: “Io sapeva bene i progetti ch’Ella formava su di noi e come per assicurare la felicità di una cosa ch’io non conosco ma sento chiamar casa e famiglia. Ella esigeva da noi il sacrificio non di roba né di cure ma delle nostre inclinazioni della gioventù e di tutta la nostra vita”. Il desiderio del figlio di seguire liberamente la propria vocazione poetica si scontrava con la volontà del padre di avviarlo alla carriera ecclesiastica “per la felicità d’una cosa che io non conosco ma sento chiamar casa e famiglia”. Il giudizio di Leopardi sull’educazione ricevuta dai genitori è molto severo e la sua poesia esprime bene il rimpianto per un’adolescenza e giovinezza vissute in solitudine, senza affetto e senza gioia alcuna e con un disperato desiderio d’amore, di vita e di felicità rimasto inappagato. Conclusioni che il figlio desideri vedere nel padre un uomo di vasta cultura o di posizione sociale elevata, di educazione raffinata o con un lavoro prestigioso o di grande notorietà. In realtà un uomo ammirevole agli occhi del figlio può fare qualsiasi lavoro purché vi si dedichi con serietà. Il ragazzo è fiero di suo padre per quello che fa, sia che lo faccia per il vicino di casa o per la comunità. Ripetendo quanto abbiamo detto, la vera modernità consiste nella autonomia critica del giudizio personale, nella capacità di dire: “qui sto io e così penso io, ma rispetto gli altri” e quindi al di fuori del conformismo fare scegliere l’adolescente il suo futuro. Ancor oggi ad esempio nella scelta del tipo di scuola secondaria vince la determinata volontà di padri alla cui onorata autorità di giudici, avvocati, professori di lettere, l’idea di un figlio in una scuola tecnica sembra una profanazione. Giacomo Leopardi uno dei più grandi poeti del XIX secolo in seguito ad un suo fallito tentativo di fuga da casa, scrive al padre una lettera in cui parlando di sé e di suo fratello, ad un tratto affer- Cosa deve fare il pediatra di fronte all’adolescente? Innanzi tutto prenderlo sul serio. Il pediatra può diventare la figura adulta più credibile, più incisiva e gradita per il bambino e l’adolescente, ma deve riuscire a farsi accettare (E. Bani). Solo in questo modo avrà compreso a pieno l’antico epigramma “un medico che sia solo medico non è neanche medico”. Bibliografia 30 1. Barbiellini-Amidei G. I nuovi ragazzi. Ed. Rizzoli, 1987. 2. Bettelheim B. Un genitore quasi perfetto. Ed. Feltrinelli, 1987. 3. Barbiellini-Amidei G. Ragazzo dove vai? Ed. Mondadori, 1990. 4. Dolto F. Adolescenza. Ed. Mondadori, 1990. 5. Parisi M.R. Il pensiero bambino. Ed. Mondadori, 1991. Le nuove tecnologie Masal Pas Bagdadi Psicoterapeuta Milano Indubbiamente le nuove tecnologie hanno cambiato la realtà di tutti noi, in modo particolare nella scuola e all’interno della vita familiare. Per tal motivo è necessario riflettere sui molteplici problemi psicologici che in un modo o nell’altro coinvolgono chi li usa; l’attenzione deve essere rivolta in particolare al mondo dell’infanzia e, in tal senso, è necessario creare nuove tecniche di intervento e più efficaci modalità relazionali che soddisfino i bisogni intellettuali ed emotivi dei ragazzi, ponendo particolare attenzione alle misure di protezione obbligatorie nei confronti dei minori. Il mondo delle tecnologie è molto affascinante ed eccitante per bambini-ragazzi che navigando su internet o a volte assistendo a programmi televisivi inadeguati alla loro età, possono avere disturbi psichici non indifferenti. I Cyber di per sé non hanno niente a che fare con le difficoltà che si presentano e ci colpiscono ogni tanto. Sono consapevole dei cambiamenti che sono avvenuti negli ultimi quindici-vent’anni, ma occorre sottolineare ai genitori e agli educatori che i bisogni fondamentali dei bambini d’oggi sono gli stessi dei bambini di ieri. La diversità riguarda piuttosto gli strumenti a loro disposizione per accedere alla conoscenza e alla realtà che li circonda. Sicuramente le capacità innate dei bambini a manipolare gli strumenti tecnologici nell’età evolutiva ci può essere utile per modificare le didattiche attualmente in uso. Naturalmente devono essere prese in considerazione le caratteristiche psico-fisiche del bambino nelle varie fasce d’età. Va precisato che la comprensione della maggior parte degli eventi che il bambino incontra nel suo cammino di crescita passa prima attraverso l’apparato emotivo e solo successivamente è investita dal processo razionale. Quindi, chi si occupa di educazione non deve dimenticare questi aspetti se desidera incidere positivamente nel suo operato. Certamente ci vogliono adulti capaci di relazionarsi con i bambini in modo creativo senza stabilire in anticipo tutto quello che deve succedere; lasciare spazio d’ascolto, è utile per capire cosa pensano i giovani e per stabilire un rapporto di fiducia preparandoli anche a eventuali pericoli insiti nella navigazione di internet. Andare in rete o chattare o usare il computer in modo inconsapevole è come mandare i figli fuori casa a sei anni da soli senza prepararli ai pericoli che possono incontrare. Il pericolo principale è che si perdano per strada o che facciano del male o ancora peggio che qualcun altro faccia loro del male. Mi torna in mente una bimba di 9 anni che aveva difficoltà con i compagni di scuola, paura degli estranei, del buio e dei giuochi competitivi. Aveva una passione sfrenata per il computer, ogni sera chattava con gli amici adolescenti dei suoi fratelli e i familiari le permettevano di fare tutto quello che voleva. Io l’ho subito definita una piccola tiranna. Comunque, gioca oggi gioca domani, la bimba si mise in contatto con sconosciuti, si spaventò e spense il computer. Ma conoscendo la grande curiosità dei bambini ho spiegato ai genitori il pericolo cui la loro figlia andava incontro e che sarebbe stato opportuno spostare il computer dalla sua stanza e controllare di più quello che faceva. Naturalmente ho spiegato ai genitori le altre difficoltà della bambina dando loro dei suggerimenti adeguati. Il computer e i suoi derivati posssono rafforzare o ampliare il senso di onnipotenza già presente nella struttura infantile e intralciare la loro crescita, creare senso di dipendenza, aumentare le confusioni tra il vero e il finto che in certi casi può provocare crisi psicotiche, in altri casi disturbi del sonno e, a volte, confusione nella sfera sessuale per le molteplici informazioni che riescono a scoprire in internet. Con tutto ciò, le nuove tecnologie sono utili e straordinarie per l’apprendimento, la comunicazione e per sviluppare anche la creatività. Ma, accanto all’uso corretto che deve tener conto, almeno nelle grandi linee, della griglia tradizionale dell’età evolutiva, è importante aprire regolarmente discussioni di gruppo su quello che i bambini vedono, scoprono in televisione e in internet, e sul loro pensiero a riguardo. Infatti, i gruppi di discussione assorbono e sciolgono le tensioni accumulate e “riordinano” le informazioni confuse. Le metodologie dell’insegnamento anche se possono essere molto utili e efficaci, non devono essere fini a se stesse, l’oggetto del nostro interesse deve sempre essere il bambino che abbiamo davanti a noi nella sua globalità e concretezza. 31 Caso Clinico Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Un giovane adolescente con macchie cutanee e “tumefazione” ossea al livello del cranio Riassunto La sindrome di Mc Cune-Albright è una condizione clinica causata dalla presenza di mutazioni post-zigotiche nel gene che codifica per la subunità α della proteina G (Gsα). Ne risulta un’attivazione costituzionale del sistema dell’adenilatociclasi proteina G-correlato in assenza di stimolazione specifica del recettore, con conseguente iperproliferazione cellulare e/o ipersecrezione ormonale, che interessa solo i tessuti derivati dalle cellule mutate. In base alla precocità dell’evento mutazionale, si realizza una sindrome classica (displasia fibrosa ossea poliostotica, macchie cutanee caffè-latte e pubertà precoce periferica) o una non classica (con soltanto una o due delle tre manifestazioni cliniche maggiori); possono essere inoltre presenti alcune manifestazioni minori (ipercortisolismo, ipertiroidismo, ipersecrezione dell’ormone della crescita, iperprolattinemia). Viene descritto un giovane adolescente di 11.5 anni affetto da sindrome di Mc Cune-Albright, la cui storia clinica era iniziata all’età di 5 anni e 4/12 con il riscontro di tumefazione cranica di consistenza dura in sede parietale sinistra, ma senza che fosse stata effettuata la diagnosi. Gli Autori riportano la eziopatogenesi, diagnosi differenziale ed il trattamento. Emanuela Maria Manca, Silvano Bertelloni Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Pisa Daniele, ritenuto affetto da neurofibromatosi di tipo 1 (NF1), giunge alla nostra osservazione per pubertà anticipata all’età di 11 anni, 6/12. La storia clinica di Daniele inizia all’età di 5 anni e 4/12, quando viene notata, dalla madre, una tumefazione cranica di consistenza dura in sede parietale sinistra. A tale tumefazione non si associa alcuna sintomatologia né soggettiva né oggettiva, ma il pediatra rileva alcune macchie caffè-latte a livello cutaneo (Figura 1). Il bambino viene inviato ad un centro di neurochirurgia pediatrica dove viene eseguita TC del cranio, che dimostra la presenza di un’alterazione osteo-strutturale nella sede della tumefazione. La TC mette inoltre in evidenza una riduzione della densità ossea e dello spessore a carico dell’osso parietale, frontale, temporale sinistro. Viene eseguita una biopsia ossea che documenta una displasia fibrosa ossea. I neurochirurghi in un primo tempo prospettano un intervento di asportazione della lesione ossea, che non viene eseguito per l’estensione a tutta l’emibase sinistra. Per l’associazione della displasia ossea e macchie cutanee caffèlatte si pone la diagnosi di neurofibromatosi; vengono eseguite una visita oculistica con ricerca dei noduli di Lisch e una valutazione audiometrica per la ricerca di lesioni indicative di neurinoma del nervo acustico, che risultano negative. Daniele viene seguito per alcuni anni ambulatorialmente senza che si verifichino variazioni significative né della tumefazione ossea cranica né delle macchie cutanee. Alla nostra prima osservazione, la valutazione auxologica dimostra una situazione nella norma per l’età del ragazzo (Tabella 1). Si conferma il rilievo di tumefazione cranica e di macchie cutanee caffè-latte distribuite simmetricamente davanti alla linea mediana a margini nettamente frastagliati (Figura 1). Tuttavia, i caratteri clinici e le indagini precedentemente effettuate non soddisfano i criteri per la diagnosi di neurofibromatosi (Tabella 2). Per la diagnosi di NF1 devono essere presenti almeno due criteri. Inoltre, le caratteristiche istologiche e radiologiche della lesione ossea unitamente alle caratteristiche delle macchie cutanee sono più indicative per un’altra patologia che si accompagna a displasia discromica della cute, cioè la sindrome di Mc CuneAlbright (McAs) (Tabella 3). Si esegue quindi una scintigrafia con tecnezio disfosfonato che Parole chiave: sindrome di Mc Cune-Albright, giovane adolescente, macchie caffè-latte, tumefazione ossa, scintigrafia ossea. A young adolescent boy with cafè-au-lait spots and skull bone swelling Summary Mc Cune-Albright syndrome is due to missense mutations in the gene codifying for α subunit of protein G (Gsα). The genetic anomaly provides a constitutive activation of adenylate-cyclase protein G-correlate in the absence of any receptor specific stimulus, which causes cellular hyperproliferation and/or hormonal hypersecretion. The α subunit mutation occurs in the zygote and involves only tissues derived from mutated cells. According to the precocity of the mutational event, either classical (bone fibrous displasia polyostotic, cafèau-lait skin spots with intended border, peripheral precocious puberty) or nonclassical (only one or two of the major clinical symptoms) syndrome may occur; other symptoms (hypercortisolism, hyperthyroidism, growth hormon hypersecretion, hyperprolactinemia) may be present, too. In this report, a young adolescent boy (11.5 years old) presenting for anticipated puberty is described. His clinic history begun at the age of 5.4 years with a hard bone swelling in left parietalis region of the skull. A delay diagnosis occurred till the present observation. The Authors report the etiopathogenesis, differential diagnosis and treatment. Key words: Mc Cune-Albright syndrome, young adolescent boy, cafè-au-lait skin spots, bone swelling, bone scintigraphy. 32 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 Tabella 1. Valutazione auxologica. Età (anni) Statura (cm) Peso (k g) Peso ideale ( kg ) Deficit ponderale ( %) Stadio puberale Volume testicoli (m l) Statura bersaglio (c m ) 11, 6/12 145,7 (50° centile) 40,0 44,2 10,5 G2 PH1 dx 4,0 sx 4,0 174,5 (50° centile) mette in evidenza diverse zone di iperaccumulo del radiofarmaco [teca cranica (regione parietale sinistra, parete orbitaria esterna sinistra), alcuni tratti costali (tratti laterali di IV, VI, VIII, IX, XI coste di sinistra) corpo dell’ileo, 1/3 prossimale della diafisi femorale sinistra e della fibula sinistra (Figura 2)]; tali reperti sono compatibili con una osteodisplasia poliostotica. Le indagini di laboratorio mettono in evidenza un aumento sia della fosfatasi alcalina totale (1482UI/l; v.n 80-640) che del suo isoenzima osseo (139 ng/ml; v.n <20) e dell’escrezione urinaria di fosforo (23,0 mg/kg/die; v.n < 21) in assenza di un incremento di paratormone. Tali reperti permettono di confermare la diagnosi di sindrome di Mc Cune-Albright. Commento e conclusioni Figura 2. Scintigrafia ossea con tecnezio bisfosfonato. La sindrome di Mc Cune-Albright è una condizione clinica causata dalla presenza di mutazioni “missense” nel gene che codifica per la subunità alfa della proteina G (Gsα). Ne consegue un’attivazione costituzionale del sistema dell’adenilato ciclasi proteina G-correlato in assenza di stimolazione specifica del recettore con iperproliferazione cellulare e/o ipersecrezione ormonale (4, 5). Le mutazioni del gene per la Gsα si verificano nello zigote dopo il concepimento per cui hanno una distribuzione a mosaico, interessando solo i tessuti derivati dalle cellule mutate come schematizzato in Figura 3. In relazione a tale meccanismo patogenetico, si hanno quadri clinici eterogenei e complessi in base al momento più o meno precoce di comparsa dell’evento mutazionale. Clinicamente, sono distinguibili due forme principali: la forma classica e quella non classica. La prima è caratterizzata dalla presenza della specifica triade sintomatologica, cioè macchie cutanee caffè-latte, displasia fibrosa ossea poliostotica e pubertà precoce periferica. Nella Figura 1. Macchie caffè-latte. Tabella 2. Criteri diagnostici di neurofibromatosi di tipo I (1). Macchie caffè-latte Neurofibromi Noduli di Lisch Freckling Glioma Alterazioni Ossee Ereditarietà ≥6 diametro = 5 mm in età prepubere diametro > 15 mm in età postpubere ≥2 oppure un neurofibroma plessiforme ≥2 Ascellare Inguinale Nervo ottico Displasia dello sfenoide o assottigliamento della parte compatta delle ossa lunghe entrambi con possibile pseudoartrosi Parenti di 1° grado con neurofibromatosi tipo I 33 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 1, 2006 bromatosi di tipo 1, sono la sindrome di Bloom (bassa statura armonica, eritema teleangectasico, viso stretto e lungo, macchie caffè-latte) e la sindrome di Silver-Russel (bassa statura armonica, asimmetria scheletrica, viso piccolo e triangolare, clinodattilia del V dito, macchie caffè-latte). Nella McAs, il trattamento dell’osteodisplasia sembra avvalersi della somministrazione di bifosfonati, cioè farmaci in grado di inibire l’attività osteoclastica. Uno studio multicentrico ha messo in evidenza che la somministrazione di pamidronato (1 mg/kg/die per tre giorni consecutivi ogni 6 mesi) ha determinato una riduzione del dolore osseo, una riduzione dell’incidenza di fratture e di anomalie dell’andatura mentre nessun effetto si è registrato sulle deformità ossee che tuttavia non sono aumentate nel periodo di trattamento (6). Non sono, tuttavia, disponibili studi randomizzati o caso-controllo né esperienze su ampie popolazioni di soggetti, difficili da effettuare anche per la rarità della malattia. Il trattamento della pubertà precoce periferica è molto difficoltoso dovendo utilizzare farmaci in grado di inibire la sintesi degli steroidi sessuali o bloccare la loro azione a livello periferico. Per la displasia cutanea non esiste trattamento mentre per le altre manifestazioni sono richiesti interventi terapeutici specifici in relazione al tipo di tessuto interessato e alle manifestazioni cliniche. Tabella 3. Caratteri clinici della Sindrome di McAs (2, 3). Manifestazioni cliniche Dati letteratura Nostro paziente Displasia fibrosa ossea poliostotica Pubertà precoce periferica Macchie cutanee caffè-latte 52/90 67/90 65/90 si no si Minori 25/90 no Maggiori Epatopatia Ipertiroidismo Iperprolattinemia Ipersecrezione di GH-IGF1 Ipercortisolismo Perdita renale di fosfati Ritardo psicomotorio Diplegia spastica dall’infanzia forma non classica sono presenti, come in Daniele, solo una o due delle tre manifestazioni cliniche maggiori. Solo in una ridotta percentuale di pazienti (Tabella 3) possono essere presenti manifestazioni minori come: ipercortisolismo, ipertiroidismo, ipersecrezione di ormone della crescita, iperprolattinemia. Si possono inoltre riscontrare alterazioni della funzione di fegato, rene, cuore, polmoni, che possono anche essere causa di morte. La diagnosi rimane eminentemente clinica. Data la natura postzigotica della mutazione genetica la sua ricerca nel sangue periferico è positiva solo in una minoranza di pazienti, mentre più frequentemente è possibile rilevarla in biopsie dei tessuti affetti. Per quanto riguarda la diagnosi differenziale le condizioni cliniche che hanno elementi comuni con la McAs, oltre alla neurofi- Bibliografia 1. Reynolds RM, Browning GG, Nawroz I, Campbell IW. Von Recklinghausen's neurofibromatosis: neurofibromatosis type 1. Lancet. 2003; 361: 1552-1554. 2. Albers N, Jörgens S, Deiss D, Hauffa B.P. McCune-Albright syndrome-The German experience. J Ped Endocrinol Metab 2002; 15: 897-901. 3. De Sanctis C, Lala R, Matarazzo P, Balsamo A, Bergamaschi R, Cappa M, et al. McCune-Albright Syndrome: A longitudinal Clinical Study of 32 Patients. J Ped Endocrinol Metab 1999; 12: 817-826. 4. Lambroso S, Paris F, Sultan C. Activating Gsα Mutations: Analysis of 113 patients with signs of McCune-Albright Syndrome-A European Collaborative study. J Clin Endocrinol Metab 2004; 89: 2107-2113. 5. Shenker A, Weinstein LS, Moran A, Pescovitz OH, Charest NJ, Boney CM et al. Severe endocrine and nonendocrine manifestations of the McCune-Albright syndrome associated with activating mutations of stimulatory G protein GS. J Pediatr 1993; 123: 509-518. 6. Lala R, Matarazzo P, Bertelloni S, Buzi F, Rigon F, De Sanctis C. Pamidronate treatment of bone fibrous dysplasia in nine children with McCune-Albright syndrome. Acta Paediatr 2000; 89: 188-193. Corrispondenza: Dott. Silvano Bertelloni Figura 3. Meccanismo patogenetico delle manifestazioni cliniche nella McAs: la mutazione post-zigotica (cellula nera) si trasmette solo ai tessuti che prendono origine dalla cellula portatrice della mutazione(5). Dipartimento di Pediatria Università degli Studi di Pisa Tel. 050/922743 e-mail: [email protected] 34 Dietary habits of adolescents in public schools of Ludhiana, Punjab, India MAGAM NOTES Section Editor: Bernadette Fiscina, New York Tanuj Aggarwal, Daljit Singh, R.C. Bhatia, Praveen C. Sobti Dayanand Medical College and Hospital, Ludhiana, Punjab, India Summary Objective: To study the dietary habits of adolescents in public schools in Ludhiana, Punjab, India and relate them to obesity. Material and Methods: One thousand adolescents of upper socio-economic status completed a prevalidated questionnaire including demographic data, dietary habits and exercise pattern. Weight and height of all the children were measured, and compared to the results of the questionnaire. Results: There were 500 boys and 500 girls. Out of the total study group, 60% were vegetarians, and vegetarianism was found in significantly more girls (67.8%) than boys (50.8%). On the other hand, eating meals outside the home once per week or more was significantly more frequent in boys (37.8%) as compared to girls (22.4%). In the study group, 85.3% of adolescents reported replacing meals with snacks, almost daily in 30.2% of boys and 20% of girls. The preferred snack items were patties/burger/hot-dogs, maggi/noodles/pasta, and chips/kurkura. Only 6.9% of adolescents reported eating snacks between breakfast and lunch, the time when they are in school. The majority of students (82% of boys and 86% of girls) spent up to Rs. 100/- week on snacks. About 20% of adolescents skipped meals at least once/twice a month. The meal skipped most often was breakfast (51.9%) and the most common reason reported for skipping meals was lack of time. Dieting as a reason for skipping meals was found in a small percentage (8.9%) of children. The overall rate of obesity was 3.4% with no significant difference between boys and girls, however significantly greater numbers of boys (15%) were over-weight as compared to girls (10%). Obesity was found to be more prevalent in children eating non-vegetarian food, and eating meals outside the home and replacing meals with snacks were found to be significantly more common in obese and overweight children than in adolescents with a normal body mass index. Aberrant dietary habits among adolescents are common. A comprehensive multilevel intervention involving parents, schoolteachers, health care professionals and media is warranted. Key words: dietary habits, vegetarians, obesity, adolescents. Introduction Today adolescents (10-19 years of age) constitute approximately one-fifth of the world’s population, with more than four-fifths of them living in developing countries. The growth and development of adolescents depend to a large extent on their nutrition. Along with the physical growth of puberty, emotional and intellectual development is also rapid. The emotional turmoil of the age commonly affects adolescent eating habits. New food habits may appear which have psychosocial and socio-economic causes, including peer influence, rejection of family constraints, search for autonomy and identity, increase of purchasing power, urbanization and the habit of eating outside the home (1, 2). The last two decades have witnessed tremendous changes in the food habits of the Indian population, especially in urban and semi-urban areas. Fast foods are replacing our traditional menu not only in restaurants and snack bars but in households as well. A number of factors contribute to the increasing trend of dining out, including the growing number of working mothers, increased dual income households, smaller families, higher incomes, more fast food outlets, increased advertising and promotion by large food service chains (3). Increased availability of fast foods results in increased volume of food obtained away from home, which may adversely affect the nutritional quality of the diet. The deleterious effect of the change in dietary pattern is witnessed by the 35 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 MAGAM NOTES ments. The association between television viewing and food consumption can be explained in part by the frequent references to food or the consumption of food that occurs during both commercials and prime-time programmes. The amount of time spent viewing television directly correlates with the request, purchase and consumption of foods advertised and also increases between-meal snacking (10). Thus television may have immense effect on dietary habits and excess viewing may predispose to childhood obesity. Punjab is a prosperous state, and Ludhiana, an industrial city, has a large population of affluent families who are exposed to modern lifestyles. Moreover, the living and eating patterns are rapidly evolving with the influence of western culture. Children belonging to high school/senior secondary classes are particularly vulnerable to external factors owing to newfound increasing incidences of obesity, hypertension, and diabetes, especially among younger generations (4). Since dietary behaviour tracks well from early childhood, the establishment of healthy eating patterns at a very young age might support better diet during childhood and subsequently in adulthood. Obesity is a global nutritional concern, and has increased dramatically among children over the past three decades. The prevalence of obesity has doubled in adults and children and tripled in American adolescents over the past two decades (5). The prevalence is also increasing in many countries in which previously the major nutritional disorder was malnutrition caused by limited calorie availability (6). School based data on obesity in India shows a prevalence of 5.6-24% among children and adolescents (7). The increasing incidence of Table 1. Distribution according to dietary habits. Diet Boys Girls Total p-value Vegetarian 254 (50.80) 339 (67.80) 593 (59.30) < 0.01* Non-vegetarian 173 (34.60) 77 (15.40) 250 (25.00) < 0.01* Veg+egg 73 (14.60) 84 (16.80) 157 (15.70) >0.05 Figures in parentheses indicate percentage. * Significant Table 2. Frequency of eating meals outside the home. Frequency Boys (n=500) Girls (n=500) Total ≤ Once a month 200 (40.00) 283 (56.60) 4.83 (48.30) Twice a month 111 (22.20) 105 (21.00) 216 (21.60) Once a week 151 (30.20) 93 (18.60) 244 (24.40) > Once a week 38 (7.60) 19 (3.80) 54 (5.70) Mean score 2.05 1.70 1.88 Figures in parentheses indicate percentage. Mean score=average no. meals outside/month. independence and the influence of peer pressure and exposure to media. Since limited data are available regarding the nutrition of adolescents belonging to well-to-do families of Punjab, the present study was conducted on the dietary habits of adolescents [grades 9-12] in public schools of Ludhiana. obesity in this population points towards the intake of too many calories, too little physical activity and a lot of time spent in sedentary behavior. The home and school environments play a major role in determining a child’s attitude towards the choice and consumption of individual foods. Children of private schools may be expected to enjoy good health due to better health awareness and lack of economic constraints (8) but erratic eating behaviour, such as unhealthy dieting, binge eating or meal skipping are common. The habit of snacking is also very common in school children. Home and canteens are the two main places where food is eaten, therefore it is important to provide a variety of nutritious snacks, especially in vending machines located in schools (9). Snacks may contribute significantly to a balanced diet, if the right food choices are taken. Adolescents and children are also a prime target audience for television advertise- Aims and objectives The study was carried out to assess the nutritional preferences of adolescents in public schools of Ludhiana, to compare the patterns in boys and girls, and to relate them to body mass index. Materials and methods The school based cross-sectional study was conducted on 1000 adolescents, including equal number of boys and girls in the IXXII standard in public schools of Ludhiana city. 36 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 MAGAM NOTES Table 3. Frequency of substituting snacks for meals. Frequency Boys Girls Total p-value 1-2xmonth 86 (17.20) 140 (28.00) 226 (22.60) < 0.01* 1xweek 181 (36.20) 173 (34.60) 354 (35.40) > 0.05 Almost daily 151 (30.20) 100 (20.00) 251 (25.10) < 0.01* Several times a day 8 (1.60) 14 (2.80) 22 (2.20) > 0.05 Never 74 (14.80) 73 (14.60) 147 (14.70) > 0.05 Figures in parentheses indicate percentage. * Significant Selection of schools and study subjects Results The present study was conducted in public schools of Ludhiana frequented by the affluent segment of the population, defined as those charging a monthly fee of Rs 1000/- or more per student. Three of 10 schools meeting the criteria were selected by a purposeful sampling procedure according to operational feasibility, that staff and students were willing to cooperate and that schools were in close vicinity to the hospital. All students from the IX-XII standard were selected and collection of data was continued until the required sample size was obtained. Forty-one percent (41%) of the students were 14 years old, 28.4% were 15 years old, 28.2% were 16, and 2.4% were 17. Of the total 1000 adolescents, 593 (59.3%) were vegetarians, 250 (25%) were non-vegetarians and 157 (15.7%) were ova-vegetarians (i.e. vegetarians who also consumed eggs) (Table 1). Vegetarianism was more common among girls (67.8%) as compared to boys (50.8%), whereas a larger percentage of boys (34.6%) were nonvegetarians as compared to 15.4% of girls. These differences were found to be statistically significant (p<0.01). As shown in Table 2, 51.7% of the study group ate meals outside the home more often than once a month, the trend being more common in boys. A large percentage (30.1%) admitted to eating out once a week or more. This does not include meals consumed at school. Adolescents also skipped meals. In the study group, 20.5% of adolescents skipped meals at least once or twice a month, 23.4% at least once a week, 12.9% more often than once a week and 18.3% almost daily. The difference between the boys and girls was not statistically significant. The meal skipped most often was breakfast (51.9%), the frequency being higher in girls. The most common reason for skipping meals was lack of time, as reported by 58.32% of the adolescents. This reason was cited more commonly by boys (68.2%) than girls (49.9%) and the difference was statistically significant. Dieting was a reason for skipping meals in a small percentage (8.9%). Taking snacks as a reason for skipping meals was more commonly seen in girls (33.4%) as compared to boys (25.7%) and this difference was statistically significant. In the study group 85.3% of the adolescents reported substituting snacks for meals (Table 3). Meals were replaced by snacks almost daily by 30.2% of boys and 20% of girls and this difference was statistically significant. Most (90%) of the adolescents in the study group preferred to eat snacks between lunch and dinner. This tendency was significantly more common in girls as compared to boys. Only 6.92% reported eating snacks between breakfast and lunch, i.e. when they are in school. The three most preferred snack items (in order) in boys were patties/burgers/hotdogs, maggi/noodles/ pasta and chips/ kurkura; Collection of data The students were required to complete a pre-validated questionnaire. Each question was first explained to the students, and queries clarified before seeking the written responses. For each student, demographic data were collected including age, sex, and parental occupation; dietary habits were then assessed. All of the questions were simple to answer and most of them were of a single response type. Anthropometric measurements Physical growth of all the selected adolescents was assessed by recording the body weight (kg) and height (cm) and by calculating the body mass index. Height and body weight of each student were measured by standard accepted techniques. A single observer made all the recordings. BMI of each subject was calculated using the formula: BMI= Weight (kg) Height (m2) Students with BMI ≥ 95th percentile for age and sex were considered obese and those with BMI ≥ 85th percentile as overweight (11). Statistical analysis The results were analyzed statistically by applying students’ ttest, Z-test and Chi-Square (χ2) test. P-value was calculated and value of p<0.05 was considered significant. 37 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 MAGAM NOTES in girls, they were chips/ Table 4. Time spent in viewing TV/sitting at computer. kurkura, maggi/noodles/pasta and patties/burger/hotdogs. Boys Girls p-value Time (hrs/day) Soft drinks ranked fourth in order of prefer<1 154 (30.80) 168 (33.60) > 0.05 ence in boys and eighth in girls. Both boys 1–4 286 (57.20) 264 (52.80) > 0.05 and girls, with a statistically significant > 4 60 (12.00) 68 (13.60) > 0.05 higher mean frequency in boys, consumed milk, chapati and vegetables almost daily Figures in parentheses indicate percentage. to several times a day. Meat, chicken and fish were consumed once or twice a month up to once or twice a week, less often in centage (82.3%) was non-vegetarian, whereas only 8.8% of veggirls as compared to boys. The adolescents consumed fruits and etarians and ovo-vegetarians were obese (Table 6). A normal juices once or twice a week to almost daily with no significant difbody mass index was more characteristic of vegetarians. ference between boys and girls. The majority of boys (84.4%) and The mean frequency of eating meals outside the home was girls (86.4%) reported the consumption of at least one fresh fruit found to be significantly higher in obese and overweight adolesper day. cents (Table 7). The mean scores of substituting snacks for Among the total of 62% of adolescents who wished to change meals were also significantly higher in obese and overweight their eating habits, 9.4% of boys and 24.6% of girls reported that adolescents as compared to adolescents with a normal body they would prefer to eat less. More boys (16.8%) than girls mass index. (12.2%) wished they would not eat junk foods. Interestingly, more When obese and overweight adolescents were compared to norboys (14%) than girls (3.2%) wished they would eat more and the mal adolescents, they had a significantly greater preference for difference was statistically significant. snacks, especially patties, burgers, hot-dogs, chips, kurkura, The majority of adolescents, 62.8% of boys and 65.4% of girls, maggi and noodles. Obese and overweight adolescents had a reported that they eat non-conventional foods because of persignificantly lower frequency of consuming fruits and juices. They sonal preference. Peer pressure affected a significantly greater more frequently consumed meat, chicken, eggs, cheese and number of boys (14.6%) than girls (9.8%). In the study group, TV wheat chapati. advertisement was not a major influence on the non-conventional food intake. As seen in Table 4, most of the adolescents in the study group, Discussion 57.2% of boys and 52.8% of girls, spent 1-4 hours a day watching TV or sitting at the computer. There was no significant differSnacks generally form an integral part of the diet for both children ence between the time spent by boys and girls. A significantly and adolescents. The increased appetite characteristic of this larger number of boys (32.4%) than girls (18.2%) performed reggrowth period leads some adolescents to satisfy their hunger with ular exercise. More girls than boys had an irregular (36.4% vs. fast foods that are high in sugar and fat and low in protein. Lack 29.6%) or occasional (45.4% vs. 38%) exercise schedule and the of activity plays an important role in the development, progression differences were statistically significant. The overall incidence of and perpetuation of obesity in adolescence. Physical inactivity obesity in the study group was 3.4%, with no significant differhas a prime role not only in the development of overweight and ence between boys and girls (Table 5). A significantly greater obesity, but also in the development of chronic diseases such as number of boys (15%) as compared to girls (10.2%) were overheart disease, diabetes, hypertension, cancer, bowel problems weight. and osteoporosis in later life. Obese children tend to become Out of the total number of 34 obese children, a significant perobese adults. The dietary patterns in obesity are complex and Table 5. Rates of obesity among school children 14-17 years of age. BMI Boys Girls Total p-value Obese 19 (3.80) 15 (3.00) 34 (3.40) > 0.05 Overweight 75 (15.00) 51 (10.20) 126 (12.68) < 0.05* Normal 406 (81.20) 434 (86.80) 840 (84.00) < 0.05* Total 500 500 1000 Figures in parentheses indicate percentage. * Significant 38 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 MAGAM NOTES Table 6. Relationship of food habits to body mass index. BMI Food habits Obese (34) Overweight (126) Normal (840) Vegetarian 3 (8.82) 54 (42.86) 536 (63.81) Non-vegetarian 28 (82.36) 25 (19.84) 197 (23.45) Vegetarian + Egg 3 (8.82) 47 (37.30) 107 (12.74) χ2 value: 47.24 p-value: < 0.001 Table 7. Relationships of eating meals outside and substituting snacks for meals with obesity. BMI Mean score of eating meal outside Mean score of replacing meals with snacks Obese 2.35 2.17 Overweight 2.01 1.91 Normal 1.84 1.74 p-values Between obese and overweight <0.05 Between obese and normal < 0.01 Between overweight and normal <0.05 Mean score=average number of events/month poorly understood. While individual nutrients have been implicated in obesity, few attempts have been made to identify eating habits in this regard. Most of the studies have been conducted on adults, with very little reported on the eating pattern-obesity relationship in children and adolescents. who also reported that more than half of adolescents like to eat meals outside the home in fast food restaurants and prefer junk food over regular meals. The present study also showed that 98.4% of adolescents skipped meals and that breakfast was the most commonly skipped meal (51.90%), followed by dinner (20.6%) and lunch (15.7%). In our study group 18.3% of students skipped meals almost daily and the frequency was similar in males and females. In the present study, the most common reason given for skipping meals was “no time” in 58.3%, with a significant difference between boys (68.22%) and girls (49.96%). The other reasons given were dislike for taste (36.2%), having snacks in place of meals (29.60%) and dieting (8.9%). In Neumark-Sztainer’s study (14), the reasons given by adolescents for dieting were to look better (87% of girls and 27% of boys), to improve health (18% of girls, 27% of boys), and at the suggestion of a parent or doctor (7% of girls and 14% of boys). Augustine et al. (15) noted that 20% of girls reported skipping meals as a plan for losing weight. In contrast, in the present study the major reason given for skipping meals was lack of time. The food frequency data provides information on patterns of food intake among our population of adolescents. It helps in determining the types of foods these adolescents are consuming and whether they are getting adequate nutrition. We found the items that Dietary habits Out of total 1000 adolescents, the majority (59.3%) were vegetarians, and more girls than boys were vegetarian (67.8% vs. 50.8%). The frequency of consuming eggs was lower than that of ingesting non-vegetarian foods. This was more common in girls than in boys, but the difference was not statistically significant (p>0.05). This report is in contrast with the previous study conducted by Kapil, Srivastava et al. (4), who found a higher intake rate of non-vegetarian items in adolescents of a high socio-economic group (50-60%). Bhatia et al. (12) in a study on nutrition and eating patterns among adolescents in Chandigarh, found that two-thirds of adolescents were vegetarian, and that the rate was higher in an urban population. Eating out has become popular. Youngsters prefer to go out with their friends for meals, though families also go out together. In the present study, 52 per cent of children ate meals outside the home with a frequency of more than once a month, boys more frequently than girls (60% and 43% respectively). The results of this study were consistent with the previous studies done by Baudier et al. (13), Bhatia et al. (12), and Lin et al. (3), 39 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 MAGAM NOTES females). Since snacking is part of the adolescent diet, it is important to provide a variety of nutritious snacks in schools and at home. Snacks may contribute to a balanced diet if right food choices are taken. Because of the genetic predisposition of the people of Punjab making them more susceptible to heart diseases as compared to people in other regions of the country and the west, the children should be especially careful to avoid junk food and to remain physically fit. In the present study, the prevalence of obesity was 3.8% in males and 3% in females. The rate of overweight (BMI > 85th percentile) was 15% in males and 10.2% in females. The overall incidence of obesity was 3.4% and of overweight was 12.68%. Our results showed that the majority of the students spent 1-4 hours daily watching television and/or sitting at the computer. One of the major reasons for childhood obesity is increased sedentary activity. Watching television requires no energy expenditure in excess of resting metabolic rates and it may reduce the time spent in more energy-consuming activities. This, coupled with poor dietary habits, can lead to a significant increase in the number of children with Type II diabetes and a predisposition to hypertension and coronary artery disease. were consumed almost daily/several times a day included milk, curd, dal, fruits and vegetables. The food items that were consumed less frequently (once/twice a month) included meat/chicken, fish and eggs. About 85% of adolescents reported eating one fresh fruit per day with no difference between males and females. In a study conducted by Susan et al. (16) on fruit and vegetable intakes of children and adolescents in the United States it was found that only one in five children consumed five or more servings of fruits and vegetables per day. Half of all children aged 218 years consumed less than a serving of fruit per day. The results of the present study show that the intake of fruits, vegetables and milk is satisfactory in our adolescents. High consumption of fruits was due to easy availability, nor was the cost factor a constraint among these subjects. Milk is the most acceptable drink for most growing children. Milk and milk products occupy a special place in the dietary menu of Punjabis, as is obvious from the results of the present study. This food group is known to be of a high nutritional quality and its frequent intake is a symbol of prosperity. Since the subjects in the present study belonged to an upper socio-economic group, the price of milk and milk products, although high, did not discourage their consumption. Surprisingly, the consumption of soft drink beverages was not common, according to our study. Summary and Conclusions 1. Of the total 1000 adolescents enrolled in the study, the majority were found to be vegetarians (59.3%) with a significant difference between boys (50.8%) and girls (67.8%). One fourth of the adolescents were non-vegetarians (34.6% of boys and 15.4% of girls); the rest were ovo-vegetarians. 2. Many of the adolescents (51.7%) liked to eat meals outside the home and 5.7% did so with a frequency of more than once a week. The frequency of eating meals outside the home was found to be higher in boys than in girls. 3. Substituting snacks for meals more than 1-2 times a month was seen in 77.4% of adolescents. Snacks replaced meals almost daily in 30.2% of boys and 20% of girls. Snacks were most commonly eaten between lunch and dinner. 4. A large percentage of adolescents (88.2%) skipped meals. Breakfast was the most commonly skipped meal and the main reason given was lack of time. Approximately 12% of students skipped meals more than once a week with no significant difference between boys and girls. 5. Snacks taken most often between meals were patties, burgers, hotdogs, maggi, noodles, pasta, chips and kurkura. Soft drinks were preferred more by boys than girls. About 84% of adolescents spent up to 100 rupees on snacks per week. 6. The food items most frequently consumed (almost daily/several times a day) included milk, vegetables, fruits and juices, dal and chapati. Non-vegetarian foods such as meat or chicken, fish and eggs were consumed less frequently by most of the adolescents. About 85% of adolescents ate one fresh fruit per day. Snacking In this report, the habit of substituting snacks for meals was found in 85.3% of adolescents. Out of 1000 adolescents, 25.1% replaced snacks for meals almost daily. This trend was found to be significantly more common in boys as compared to girls (p<0.01). Snacks were most commonly eaten between lunch and dinner (90%) whereas only 6.9% of subjects ate snacks between breakfast and lunch, that is, the time when they are in school. The most common items taken were patties/burgers/hot dogs, chips/ kurkura, maggi/noodles, followed by golgappas/tikkis, samosa/bread pakora and soft drinks. Kapil, Srivastava et al. (4), in their study on dietary practices and beliefs among adolescent girls, found that the practice of eating snacks between major meals was almost universal (92-100%). The present study was consistent with the study done by Bhatia et al. (12) on nutrition and eating patterns among adolescents in Chandigarh, which reported that 58.8% of adolescents preferred fast food items over regular meals. Among the junk food items, samosa (42.4%), tikki/chat (39.7%), noodles (25.4%), burger (24.5%) and pizza (23.3%) were preferred most by the adolescents. In the present study, the main reasons given by students for eating non-conventional foods were personal preference (62.8% of males and 65.4% of females), for a change (24.2% of males and 27.4% of females), and peer influence (14.6% of males and 9.8% of females). Only a few reported eating non-conventional food because of television advertisements (5.6% of males and 7.2% of 40 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 MAGAM NOTES 7. Most of the adolescents (60%) considered their food habits reasonable while only 5.8% regarded their food habits as bad. About 62% of adolescents wanted a change in their dietary habits. Girls preferred to eat less while boys preferred to eat more. A significant number of adolescents wished not to eat junk food and snacks in between meals. 8. The main reasons given for eating non-conventional food items were personal preference (64.6%) or for a change (26.8%). About 14.6% of boys ate non-conventional foods in the company of their friends. Only 5.4% of adolescents gave TV advertisements as a reason for eating non-conventional food items. 9. Fasting was observed by almost 30% of adolescents. The practice was more common in girls and the main reason given was religious beliefs. 10. About 55% of adolescents spent 1-4 hours per day watching television or sitting at the computer with no difference between boys and girls. 11. Only one fourth of the adolescents reported exercising regularly. Boys more commonly (32.4%) reported “doing regular exercise” as compared to girls (18.2%). 12. The overall incidence of obesity was found to be 3.4% with no statistically significant difference between boys and girls. Overweight was more common in boys (15%) as compared to girls (12.68%). 13. The majority of obese individuals were found to be non-vegetarian (82.36%) whereas only 23.45% of normal individuals were found to be non-vegetarian. 14. Eating meals outside the home and replacing meals with snacks were found to be significantly more common in obese and overweight children than in adolescents with a normal body mass index. Incorporate physical activities into daily routine e.g. walking or cycling to school. Promote active life-styles including at least one hour of vigorous play per day. Decrease sedentary behaviour Limit television viewing, sitting at the computer and other sedentary activities to less than 2 hours per day. Celebrations should be in the form of outdoor play or picnics rather than watching a movie. Health education Role of schools Introduce nutrition and physical education in the school curriculum. Make changes in the school food environment, such as increasing both the availability and promotion of healthier foods, which will have a positive effect on student’s food purchases. Actively involve students, food service staff, faculty and administrative staff in school food policy development and implementation. Role of parents Support children in making healthy changes in their diet. Knowledge, attitude and behaviour (modeling) must be considered when guiding adolescents in acquiring healthy food habits. Involve parents and food providers outside the school environment in nutrition education programmes. Role of doctors Recommendations Educate about weight control. Educate parents and adolescents in making healthy food choices. Discourage parent’s obsession with food intake and pleas for tonics. The required prescription is a comprehensive, multi-level intervention involving parents, schools, health care professionals, the media and adolescents themselves. Role of media Life style approach Ban unhealthy food advertisements. Promote healthy foodstuffs and active lifestyles. Promote sensible eating Healthcare personnel Emphasize nutrition rather than dieting. Restrict high calorie intake such as frequent snacking, eating out, celebrating with foods (cakes, chocolates) and drinks. Increase fruit and vegetable intake. Monitor body mass index along with height and weight in schools. Incorporate BMI charts in routine health records and monitor body mass index every year. Refer adolescents with BMI ≥ 95th percentile for in-depth medical assessment and treatment, and adolescents with BMI ≥ 85th percentile for further evaluation and counseling. Increase physical activity Encourage children to be active not only for weight control but also for general well being. 41 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 MAGAM NOTES The aim of preventive health care must be to help adolescents understand how to avoid present and future nutrition-related disease through the development of their capacity to make good dietary choices independently. 10. Miriam E. The effects of television on child health: implications and recommendations. Arch Dis Child 2000; 83: 289-292. 11. Rosner B, Prineas R. Loggie J, Daniels SR. Percentiles for body mass index in US children 5-17 years of age. J Pediatr 1998; 132: 211-222. 12. Bhatia V, Swami HM. An intervention study on nutrition and eating patterns among adolescents in Chandigarh. Project Report 2004. 13. Baudier F, Pinochet C, Baldi C, Ferry B et al. Diet study of adolescents in a department of France: breakfast, drinks and fast foods. Medicine et Nutr 1991; 27: 305-310. 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Sobti 1-FF HIG Flats, Rani Jhansi Road, Ludhiana, Punjab (India) Fax 0091-161-2302620 e-mail: [email protected] Sono lieto di annunciarVi che, grazie all’impegno e disponibilità della casa Editrice Scripta Manent di Milano, la Rivista Italiana di Medicina della Adolescenza ed Emothal sono disponibili on line. Per accedere alla consultazione delle riviste potete registrarVi gratuitamente al sito www.salutepertutti.it Un cordiale saluto a tutti e buona lettura Vincenzo De Sanctis 42 Aprile 2006 La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia Ferdinando Calzolari1, Maria Rita Gamberini2, Vincenzo De Sanctis2 U. O. di Neuroradiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, Arcispedale S. Anna U.O. di Pediatria ed Adolescentologia, Centro di Riferimento Regionale per la Diagnosi e Terapia delle Talassemie, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, Arcispedale S. Anna 1 2 Riassunto La RM rappresenta la metodica di elezione per lo studio del rachide nei soggetti talassemici. In questi pazienti può essere diagnosticata un’ampia varietà di alterazioni che giustificano dolori vertebrali o sintomi da compressione delle strutture nervose. Nei talassemici ipertrasfusi e sottoposti a terapia chelante si rilevano platispondilia, accumulo di ferro nel midollo osseo, degenerazione discale e ernie intraspongiose. Masse di tessuto emopoietico eterotopico possono essere diagnosticate in sede paravertebrale ed epidurale nei soggetti non correttamente trasfusi. Il tessuto emopoietico attivo ha un segnale RM simile al muscolo ed assume mezzo di contrasto; masse di tessuto emopoietico inattivo sono caratterizzate da prevalente componente adiposa e accumulo di ferro. risonanza magnetica, talassemia, accumulo di ferro, degenerazione discale, emopoiesi extramidollare Parol e chi av e: Comitato Editoriale MRI findings of the spine in thalassemia Summary A wide range of spinal abnormalities may be observed in thalassemic patients: MRI is a valuable tool for diagnosing vertebral pain causes or nerve roots and spinal cord compression. In hypertransfused and chelated patients abnormalities such as platyspondyly, vertebral iron deposition, disk degenerations and Schmorl’ s nodes are frequent. Paraspinal or epidural masses of extramedullary hematopoiesis are observed in inadequately transfused beta-thalassemic homozygotes patients and, more commonly, in untransfused patients with thalassemia intermedia. Active hematopoietic tissue has signal intensity similar to muscle and enhances after contrast media; older inactive masses reveal iron deposition or fatty replacement. MRI of the spine is useful in differential diagnosis of back pain and in the monitoring of deferoxamine-induced skeletal changes. Key wor ds: MRI, thalassemia, iron overload, disc degeneration, extramedullary hematopoiesis. Direttore Scientifico Vincenzo De Sanctis (Ferrara) Comitato di Redazione Vincenzo Caruso (Catania), Maria Concetta Galati (Catanzaro), Maria Rita Gamberini (Ferrara), Aurelio Maggio (Palermo) Comitato Editoriale Maria Domenica Cappellini (Milano), Marcello Capra (Palermo), Paolo Cianciulli (Roma), Gemino Fiorelli (Milano), Alfio La Ferla (Catania), Turi Lombardo (Catania), Carmelo Magnano (Catania), Roberto Malizia (Palermo), Giuseppe Masera (Monza), Lorella Pitrolo (Palermo), Michele Rizzo (Caltanisetta), Calogeo Vullo (Ferrara) Segretaria di Redazione Gianna Vaccari (Ferrara) E m ot h al Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 Introduzione Dolori ossei e articolari sono sintomi frequenti nei pazienti talassemici. Nel 25% dei casi sono localizzati a livello lombare (1). Il “dolore”, localizzato alla colonna o irradiato, e la comparsa di deficit neurologici causati da alterazioni o compressioni del midollo spinale e delle radici nervose rappresentano pertanto frequenti motivi di richiesta per uno studio morfologico del rachide nei giovani talassemici. Un’attenta analisi della sintomatologia e uno scrupoloso esame neurologico sono elementi fondamentali non solo per decidere se dovrà essere effettuato uno studio panoramico o limitato ad un segmento della colonna, ma anche per scegliere la metodica diagnostica più idonea per rispondere al quesito proposto, nel rispetto del rapporto costo (o rischio) / beneficio. La più esauriente analisi morfologica della colonna vertebrale o di un suo segmento dovrebbe consentire la rappresentazione sia del “contenente”, sia del “contenuto”. Le possibilità diagnostiche della radiologia convenzionale e della tomografia computerizzata (TC) nello studio del rachide sono ben note. La radiologia convenzionale consente studi panoramici della morfologia dell’allineamento vertebrale anche “sotto carico”, particolarmente utili nello studio delle scoliosi. D’altra parte, con le radiografie standard è possibile analizzare esclusivamente le vertebre, fornendo soltanto segni indiretti indicativi di patologia dei dischi intersomatici, delle meningi, del midollo spinale e delle radici nervose. La TC consente di studiare sia il contenente, sia il contenuto; tuttavia per motivi proteximetrici può essere utilizzata solo per l’analisi di segmenti vertebrali non troppo estesi. La rappresentazione assiale delle immagini non costituisce più un limite in quanto con le apparecchiature di ultima generazione è possibile ottenere anche ottime ricostruzioni multiplanari. Radiologia convenzionale e TC sono metodiche invasive, a causa dell’impiego di radiazioni ionizzanti; esse vanno pertanto utilizzate con estrema oculatezza, soprattutto nei giovani pazienti quali i talassemici che necessitano ripetuti controlli nel tempo. La risonanza magnetica (RM) rappresenta, attualmente, la metodica di elezione per lo studio del rachide, anche se esistono ancora difficoltà lega- te ai costi e all’accessibilità degli apparecchi che ne ostacolano l’impiego per studi routinari. L’assenza di invasività, le possibilità di rappresentazione panoramica e multiplanare, l’ottima visualizzazione del contenente e del contenuto costituiscono i vantaggi generali della RM. Alterazioni della colonna del talassemico La RM può diagnosticare un’ampia varietà di alterazioni vertebrali tipiche dei pazienti affetti da β-talassemia major. Dal punto di vista anatomo-patologico possono essere riscontrati diversi quadri in relazione al tipo e alla durata della terapia. Alterazioni morfologiche delle vertebre Nei soggetti non trasfusi o scarsamente trasfusi si rilevano più frequentemente: osteoporosi, accentuazione dell’aspetto trabecolare delle vertebre in senso verticale e deformazione biconcava dei corpi vertebrali. Possono, inoltre, riscontrarsi fratture patologiche e veri e propri “crolli” vertebrali (Figura 1), talvolta responsabili di compressione delle strutture nervose (2). Tali alterazioni, oggi meno frequenti rispetto al passato, sono state descritte con la radiologia convenzionale e la TC. In particolare, la TC si è dimostrata utile non solo per caratterizzare la struttura ossea dei corpi vertebrali dal punto di vista morfologico, ma anche per quantificarne la componente minerale dell’osso (3). La terapia ipertrasfusionale e il trattamento chelante hanno modificato il decorso naturale della β-talassemia major. I pazienti correttamente trasfusi e trattati con desferrioxamina (DF) manifestano nel tempo alterazioni vertebrali diverse da quelle tipiche dei soggetti non trasfusi o ipotrasfusi (2). Per quanto riguarda le alterazioni morfologiche delle vertebre, tipica di questa classe di pazienti è la cosiddetta platispondilia, alterazione caratterizzata da appiattimento dei corpi vertebrali (2, 4). A livello dorsale sono più frequenti assottigliamenti anteriori dei corpi vertebrali, con deformazioni a “cuneo” che comportano atteggiamenti cifotici. Al passaggio toraco-lombare sono invece 46 F i gu r a 1 . RM, immagine sagittale dipendente dal T2. “Crolli” dei corpi vertebrali di D12 e L3 (frecce). F ig u r a 2. RM, immagine sagittale dipendente dal T1. Platispondilia al passaggio dorso-lombare. Em o th al Ferdinando Calzolari, Maria Rita Gamberini, Vincenzo De Sanctis La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia più frequenti aspetti “biconvessi” dei corpi vertebrali (2) (Figura 2). Alcuni Autori hanno ipotizzato che tali alterazioni morfologiche vertebrali possono essere causate dalla diretta interferenza della DF con il metabolismo dei minerali (zinco, rame, magnesio) interessati nell’ossificazione encondrale, attraverso un meccanismo di chelazione o per tossicità diretta (2). Altri studi sostengono che la platispondilia sia dovuta alla deplezione del tessuto emopoietico determinata dall’alto regime trasfusionale. La ridotta pressione intramidollare non consentirebbe di sostenere adeguatamente il carico ponderale e gli stress bio-meccanici e di conseguenza porterebbe ad un progressivo appiattimento vertebrale (4). L’insorgenza o meno della platispondilia potrebbe inoltre dipendere dall’età in cui il paziente inizia la terapia chelante. È stata, infatti, descritta l’assenza di alterazioni vertebrali di questo tipo in soggetti trattati con DF dopo i 3 anni di vita, anche se in questa casistica l’effetto dell’età non può essere separato da quello della dose totale assunta (5). Accumulo di ferro nel midollo osseo Le alterazioni morfologiche vertebrali finora descritte dipendono dalle modificazioni strutturali del midollo osseo causate dalla malattia. La RM rappresenta la metodica di elezione per la rappresentazione e la caratterizzazione tessutale del midollo osseo. L’aspetto RM del midollo osseo assume caratteristiche peculiari nei pazienti talassemici. Il midollo osseo può essere distinto in midollo rosso, emopoieticamente attivo, e midollo giallo, emopoieticamente inattivo. La composizione dei due tipi di midollo è assai diversa. Il midollo rosso contiene il 40% di acqua, il 40% di grasso e il 20% di proteine; il midollo giallo il 15% di acqua, l’80% di grasso e il 5% di proteine (6, 7). La distribuzione del midollo rosso e del midollo giallo è dipendente dall’età. Nel neonato l’intero scheletro è pressoché interamente occupato da midollo rosso. Dai primi anni di vita si verifica una rapida conversione verso il midollo giallo dalla periferia verso lo scheletro assiale (6, 8). Utilizzando opportune sequenze e tecniche di acquisizione delle immagini, con la RM è abbastanza agevole differenziare il midollo giallo dal midollo rosso. Il midollo giallo appare pressoché isointenso rispetto al tessuto adiposo sottocutaneo; il midollo rosso appare ipointenso rispetto al grasso e lievemente iperintenso rispetto al muscolo (8). Con l’avanzare dell’età si rilevano un progressivo aumento di segnale (Figura 3) ed una progressiva riduzione della fisiologica assunzione contrastografica del midollo osseo vertebrale a causa del relativo aumento del tessuto adiposo (9). Figura 3. RM, immagini sagittali dipendenti dal T1. Rachide lombo-sacrale di soggetti non talassemici di sesso femminile, rispettivamente di 2 (a), 26 (b), 64 (c) e 73 (d) anni di età. Con l’aumento dell’età si rileva progressivo aumento di segnale dei corpi vertebrali, per la conversione da midollo rosso a midollo giallo. In c) si noti l’iniziale comparsa di midollo giallo attorno alla vena vertebrale centrale (freccia). 47 E m ot h al Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 Nel talassemico, l’aspetto alla RM del midollo osseo dipende non solo dall’età e dalla sede anatomica, ma anche dal tipo e dalla durata della terapia, trasfusionale e chelante (8). La deposizione di ferro nel midollo osseo determina la caratteristica riduzione del segnale RM, per accorciamento del tempo di rilassamento T2 ed effetti di suscettibilità magnetica (Figura 4). La deposizione di ferro nel midollo si verifica comunque nei siti ove è presente midollo rosso attivo, indipendentemente dalla presenza di terapia chelante (8). Infatti, è stato riportato come talassemici non trattati, di età inferiore ai 3 anni, presentino un segnale compatibile con midollo rosso sia nello scheletro assiale che periferico. Soggetti ipertrasfusi ma non chelati, di età compresa tra 6 e 8 anni, presentano deposizione di ferro nel midollo sia centrale che periferico. Infine pazienti ipertrasfusi e chelati, di età superiore ai 12 anni, presentano una più modesta deposizione di ferro nel midollo centrale, nonostante la chelazione, e da un aspetto “misto” del midollo periferico, con prevalenza di midollo giallo (8). L’accumulo di ferro, particolarmente severo nella β-talassemia major, genera radicali liberi responsabili di alterazioni tessutali (10). I radicali liberi rappresentano una causa di artropatie e possono favorire la degenerazione discale (11). Patologia degenerativa discale Nei pazienti trasfusi e trattati con DF si riscontrano frequentemente alterazioni di tipo degenerativo e calcificazioni asintomatiche dei dischi intervertebrali (2). Ancora si discute sull’eziopatogenesi della degenerazione discale, che sembra derivare dal danneggiamento dell’anulus fibrosus. La DF potrebbe rappresentarne una causa, poiché questi quadri sono meno severi nei soggetti non sottoposti a terapia chelante. È stato ipotizzato anche un effetto dannoso dell’accumulo di ferro, ma poiché nei casi controllo non trattati con DF era meno grave l’accumulo di ferro, non è possibile stabilire con esattezza se la discopatia sia causata dall’uno o dall’altro fattore (12). La degenerazione discale è più pronunciata in sede lombare ed è diffusa a più livelli rispetto alla patologia degenerativa discale riscontrabile in pazienti non talassemici (12). Figura 4. RM lombo-sacrale, immagini sagittali dipendenti dal T2. a) Soggetto normale; b) paziente talassemico. Nel paziente talassemico le vertebre hanno segnale molto meno intenso a causa dell’ accumulo di ferro. Riduzione di segnale anche dei dischi intersomatici, espressione di fenomeni degenerativi. Alla RM il disco degenerato appare ridotto di spessore e di segnale alterato, prevalentemente ipointenso nelle immagini dipendenti dal T2 per una progressiva disidratazione (Figura 4). Nei talassemici possono essere apprezzabili anche ernie intraspongiose di Schmorl (Figura 5). Nei pazienti sintomatici per dolore il midollo osseo circostante l’ernia intraspongiosa appare ipointenso nelle immagini dipendenti dal T1 e iperintenso nelle immagini dipendenti dal T2 (Figura 6). Questi aspetti RM denotano la presenza di edema vertebrale, non più visibile nei pazienti asintomatici (13). Scoliosi Alcuni studi riportano una più alta incidenza di scoliosi nei pazienti talassemici rispetto alla popolazione generale. La scoliosi dei talassemici sembra avere caratteristiche differenti rispetto alle scoliosi idiopatiche. Nei talassemici non si rileva differente prevalenza tra i sessi ed è particolarmente frequente la curvatura lombare sinistro-convessa. Tutti i talassemici scoliotici hanno un significativo ritardo della maturazione scheletrica. La gravità della scoliosi non correla con le caratteristiche della terapia trasfusionale, mentre i pazienti scoliotici sono da più lungo tempo sottoposti a terapia chelante rispetto ai non scoliotici (14, 15). 48 Figura 5. RM, immagine coronale dipendente dal T1 al passaggio dorso-lombare. Ernie intraspongiose (frecce) e platispondilia. Em o th al Ferdinando Calzolari, Maria Rita Gamberini, Vincenzo De Sanctis La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia F i g ur a 6 . RM dorsale, immagini sagittali dipendenti dal T2 (a), dal T1 (b) e dal T1 dopo mezzo di contrasto (c). Paziente talassemico affetto da forti dorsalgie, Ernie intraspongiose (frecce). Il segnale elevato nelle immagini dipendenti dal T2 (a), a cui corrisponde assunzione contrastografica (c), depone verosimilmente per edema vertebrale e fenomeni di angiogenesi. Emopoiesi extramidollare Figura 7. RM, immagine assiale dipendente dal T1 di una vertebra dorsale. All’interno del canale spinale si rileva una piccola masserella riferibile a tessuto emopoietico extramidollare epidurale (freccia), di segnale simile al midollo spinale (m). Il midollo spinale non è compresso. Nei pazienti con β-talassemia major irregolarmente trasfusi e nei pazienti con talassemia intermedia non trasfusi si rilevano frequentemente focolai di emopoiesi extramidollare in vari organi e apparati (16, 17). Un tessuto emopoietico eterotopico può essere riscontrato anche in sede paravertebrale o all’interno del canale spinale (Figura 7). Queste masse possono essere responsabili di sintomatologia dolorosa e di sintomi neurologici conseguenti a compressioni delle strutture nervose (16-21). Il tessuto emopoietico eterotopico appare generalmente ben delimitato, senza caratteristiche di tipo “infiltrante” (22). La presenza di emopoiesi paravertebrale può essere sospettata anche con radiografie del torace o della colonna vertebrale; d’altra parte le radiografie non possono rilevare localizzazioni all’ interno del canale spinale (21). Figura 8. RM, immagini coronali dipendenti dal T1, senza (a) e con mezzo di contrasto (b). Masse di tessuto emopoietico extramidollare paravertebrale in sede dorsale. L’ assunzione di mezzo di contrasto (espressa da segnale più intenso in b) depone per tessuto emopoietico “attivo”. 49 Focolai di emopoiesi eterotopica possono essere diagnosticati anche con TC. La RM ancor più della TC definisce correttamente sede, dimensioni e rapporti con le strutture nervose del tessuto emopoietico eterotopico paravertebrale e intracanalare (16, 17, 21). Le masse paravertebrali sono localizzate in prossimità delle articolazioni con le coste; sono tipiche anche le localizzazioni pre-sacrali (23). I focolai di emopoiesi eterotopica epidurale appaiono in genere come masse rotondeggianti o lobulate, omogenee, ben demarcate, situate prevalentemente nella parte posteriore del canale vertebrale, più frequentemente in sede dorsale. La proliferazione del tessuto emopoietico eterotopico all’interno del canale spinale potrebbe derivare da cellule totipotenti, dallo sviluppo di residui embrionari o dalla diretta diffusione dal midollo osseo vertebrale. Quest’ultima teoria, tuttavia, non spiegherebbe la localizzazione a distanza in altri organi (24). L’aspetto istologico delle masse di emopoiesi extramidollare dipende dalla durata della loro comparsa e dalla domanda eritropoietica del paziente. Precocemente si rilevano principalmente cellule mature e immature della serie eritroide e mieloide all’interno di strutture venose sinusoidali dilatate, più tardivamente le masse divengono eritropoieticamente inattive e sono caratterizzate da prevalenza di tessuto fibro-adiposo e depositi di ferro (17). La RM consente di caratterizzare il tessuto emopoietico eterotopico. Il tessuto “attivo” appare pressoché isointenso al midollo spinale nelle immagini dipendenti dal T1 ed assume mezzo di contrasto (Figura 8). Lesioni di basso segnale E m ot h al Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006 nelle immagini dipendenti dal T1 e dal T2, senza assunzione contrastografica, suggeriscono deposito di ferro. Un alto segnale, sia nelle immagini dipendenti dal T1 che in quelle dipendenti dal T2, depone per una degenerazione adiposa (17) (Figura 9). F ig u r a 9. RM, immagine assiale dipendente dal T2 a livello dorsale. Masse paravertebrali di elevato segnale, compatibili con tessuto emopoietico extramidollare a prevalente componente fibro-adiposa. Conclusioni La possibilità di rappresentare la morfologia delle vertebre, il segnale del midollo osseo, le alterazioni dei dischi intersomatici e l’eventuale presenza di tessuto emopoietico eterotopico rendono la RM fondamentale e peculiare nello studio del rachide del talassemico. Attualmente particolari apparecchiature consentono l’analisi della colonna vertebrale anche in ortostatismo (25). Questi esami potrebbero essere particolarmente utili per esaminare le curvature della colonna sotto carico nei talassemici scoliotici. I sintomi e il quadro clinico dei pazienti possono trovare un corrispettivo negli aspetti anatomopatologici dimostrabili con la RM. Inoltre, la RM può essere utile qualora si pongano problemi di diagnosi differenziale, ad esempio tra quadri neurologici dovuti a fenomeni compressivi su strutture nervose o, in alternativa, alla neurotossicità causata dalla DF (26). La diagnosi differenziale deve comunque comprendere anche altre patologie non specifiche della talassemia, che possono verificarsi in questi pazienti (Figura 10). Infine, il fatto che pazienti trasfusi e sottoposti a trattamento chelante dimostrino più frequentemente alterazioni vertebrali piuttosto che anomalie metafisarie suggerisce che l’analisi RM della colonna vertebrale è particolarmente indicata nel monitoraggio delle alterazioni ossee indotte dalla DF (2). Bibliografia 1. Onur Osivri A, Gümrük F, Altay Ç. Beta thalassemia: a report of 20 children. Clin Rheumatol 1999; 18: 42. 2. Hartkamp MJ, Babyn PS, Olivieri F. 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Il tessuto angiomatoso protrude posteriormente all’ interno del canale spinale, ove comprime le strutture nervose al passaggio cono midollare – cauda. Si notino piccole ernie intraspongiose al passaggio dorso-lombare e segnale relativamente ipointenso delle altre vertebre, dovuto ad iniziale accumulo di ferro. Em o th al Ferdinando Calzolari, Maria Rita Gamberini, Vincenzo De Sanctis La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia 5. Brill PW, Winchester P, Giardina PJ, Cunningham-Rundles S. Deferoxamine-induced bone dysplasia in patients with thalassemia major. Am J Radiol 1991; 156: 561. 6. Taccone A, Oddone M, Occhi M, Dell' Acqua AD, Ciccone MA. MRI “road-map” of normal age-related bone marrow. I. Cranial bone and spine. Pediatr Radiol 1995; 25: 588. 7. Vande Berg BC, Malghem J, Lecouvet Fe, Maldague B. Magnetic resonance imaging of the normal bone marrow. Skeletal Radiol 1998; 27: 471. 8. Levin TL, Sheth SS, Ruzal-Shapiro C, Abramson S, Piomelli S, Berdon WE. 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