n. 1 - Salute per tutti

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n. 1 - Salute per tutti
Vol. 4 - n. 1 - Gennaio-Aprile 2006
Indexed in
EMBASE/Compendex
Geobase/Scopus
La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing) nei giovani:
storia, origini, motivazioni psicologiche e problematiche mediche
di un fenomeno emergente
G. Raiola, M.C. Galati, F. Bianchi di Castelbianco, D. Salerno, P. Muscolo
Aspetti etici e medico-legali nella “cura” del minore sieropositivo
P. Delbon, A. Conti
Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile
Periodico quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1, comma 1 DCB Milano
G. Mazzoni
ESPERIENZA SUL CAMPO
Indagine conoscitiva sui bisogni e comportamenti a rischio
degli studenti di Lamezia Terme
R. Renne, V. Carnei, V. Colacino
FRONT LINE
Per quanti adolescenti il faticoso processo di metamorfosi è impedito
da troppi ostacoli oggettivi o è pagato con un disagio mentale?
F. Franchini, N. Giusti
Le nuove tecnologie
M.P. Bagdadi
CASO CLINICO
Un giovane adolescente con macchie cutanee e “tumefazione”
ossea al livello del cranio
E.M. Manca, S. Bertelloni
MAGAM NOTES
Dietary habits of adolescents in public schools of Ludhiana, Punjab, India
T. Aggarwal, D. Singh, R.C. Bhatia, P.C. Sobti
La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia
F. Calzolari, M.R. Gamberini, V. De Sanctis
Editoriale
Negli ultimi anni, il tatuaggio ed il piercing sono diventati una moda che si sta sempre più
diffondendo fra i giovani.
Armstrong e Murphy, in uno studio condotto nel 1997 su 2100 ragazzi americani, hanno
visto che il 10% portava uno o più tatuaggi decorativi. Più della metà aveva fatto il primo tatuaggio verso
i 14 anni di età. La maggior parte aveva un profilo scolastico soddisfacente e solo pochi facevano parte di una
“gang”.
Il tatuaggio racchiude in sé vari significati, quali individualismo, rischio, bellezza, libertà, legame
affettivo, senso di appartenenza, provocazione, preferenze sessuali ed unicità. Tutti questi valori sono fondamentali per un adolescente che sta tentando di costruirsi una propria identità personale.
Il counseling per un adolescente che richiede di tatuarsi necessita di adeguate conoscenze sulla
“body art”. In particolare, il medico dovrà sapere come viene effettuato, le cure necessarie, le possibili complicanze e le tecniche per una eventuale rimozione.
Il “tattoing” prevede:
1. la scelta di un “tattoo’s studio”
2. la scelta del disegno da riprodurre
3. la rasatura della cute
4. il disegno o riproduzione mediante stencil dell’immagine desiderata
5. la disinfezione della cute con antisettico ed apposizione di un sottile strato di gel
6. la distribuzione dell’inchiostro direttamente sulla cute oppure l’iniezione tra epidermide e derma con
una pistola ad aghi
7. la disinfezione ed il bendaggio.
Una volta effettuato il tatuaggio è necessaria una cura appropriata per conservare intatto il disegno e
per prevenire le infezioni.
Un piccolo sanguinamento si può verificare entro le prime 24 ore e la cicatrizzazione, in genere, avviene dopo 10-14 giorni. Nelle prime due settimane viene consigliato l’impiego di antibiotici topici, unguenti oleosi e
vitamina E per ridurre l’estensione dell’escara.
Le complicanze, non infettive, più comuni sono: una reazione da ipersensibilità al cinnabar (pigmento
rosso) e la fotosensibilità al cadmio (pigmento giallo). Queste reazioni si verificano, in genere, nell’arco di poche
settimane e causano un processo infiammatorio nel derma superficiale e profondo che porta ad una risposta granulomatosa.
Le infezioni locali consistono nella impetigine, erisipela e foruncolosi.
Le infezioni sistemiche (ad esempio epatite B, C, HIV) sono possibili ma in genere molto rare.
Prima dell’avvento della laserterapia la rimozione del tatuaggio avveniva tramite escissione chirurgica
ed impiego di tecniche abrasive o crioabrasive, che creavano inestetismi e complicanze locali.
Il trattamento laser consiste nell’indirizzare sulla cute degli impulsi di luce ad alta energia che causano
un rapido aumento della temperatura con conseguente frammentazione delle particelle di inchiostro, senza che
avvenga una lesione della cute circostante. I residui di inchiostro vengono successivamente eliminati dai macrofagi locali ed allontanati dal circolo linfatico.
In genere, i tatuaggi con molti colori e pigmenti metallici possono richiedere diverse sedute prima di
essere completamente eliminati.
In un adolescente che ha deciso di tatuarsi, il Medico dovrà discutere apertamente gli aspetti positivi
e negativi del tatuaggio, fornire informazioni sul tipo di cure necessarie, spiegare le tecniche di rimozione e la sede
corporea più appropriata per tatuarsi.
È fondamentale consigliare all’adolescente di rivolgersi ad uno studio competente, valutando in particolare l’esperienza, l’igiene e gli strumenti utilizzati (che dovranno essere monouso).
Il Ministero della Salute, sollecitato dal moltiplicarsi di luoghi dove è possibile praticare gli interventi e
preoccupato della sicurezza di chi si sottopone a queste pratiche, ha emanato una circolare con la quale ribadisce l’obbligo di rispettare i requisiti di igiene e la sicurezza a tutela dei cittadini. Queste raccomandazioni sono
state trasmesse agli assessorati regionali che devono provvedere alla loro applicazione. Nel documento, inoltre,
viene confermato che i tatuatori hanno l’obbligo di frequentare un apposito corso per ottenere una sorta di patentino di idoneità.
In conclusione, in considerazione della aumentata diffusione dei tatuaggi tra gli adolescenti sarebbe
opportuno che il pediatra utilizzasse la visita come occasione per discutere tutti questi problemi. In questo modo
l’adolescente verrà messo nella condizione di prendere una decisione consapevole e responsabile.
Dal 2005 la RIMA avrà una nuova veste grafica per la quale desidero ringraziare la Casa Editrice Scripta
Manent di Milano.
A tutti Voi un invito a scriverci, dare suggerimenti, fare proposte e comunicarci le Vostre idee. Saremo
lieti di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità.
Vincenzo De Sanctis
1
S.I.M.A.
Società Italiana di Medicina
dell’Adolescenza
Società Italiana di Medicina
dell’Adolescenza
XIII CONGRESSO NAZIONALE
Ferrara
19-21 Ottobre 2006
Segreteria Organizzativa
CHRONOS Organizzazione e Servizi
Via Scesa Gradoni, 11 - 88100 Catanzaro
Tel. 0961/744565-707833 - Fax 0961/709250
e-mail: [email protected]
www.organizzazionechronos.it
Segreteria Scientifica e Comitato Organizzativo
Patrizia Banin, Maria Rita Govoni, Monica Sprocati, Rita Tanas, Gianna Vaccari
U.O. di Pediatria - Arcispedale S. Anna
Corso Giovecca, 203 - 44100 Ferrara
Tel. 0532/236934 - Fax 0532/247107
e-mail: [email protected]
Vol. 4 - n. 1 - Gennaio-Aprile 2006
Sommario
DIRETTORE SCIENTIFICO
Vincenzo De Sanctis (Ferrara)
COMITATO DI REDAZIONE
Silvano Bertelloni
Giampaolo De Luca
Bernadette Fiscina
Giuseppe Raiola
Tito Livio Schwarzenberg
COMITATO EDITORIALE
Antonietta Cervo
Salvatore Chiavetta
Michele De Simone
Ettore De Toni
Teresa De Toni
Piernicola Garofalo
Maria Rita Govoni
Carlo Pintor
Luigi Ranieri
Giuseppe Saggese
Calogero Vullo
INTERNATIONAL
EDITORIAL BOARD
Magdy Omar Abdou
Mujgan Alikasifoglu
Hala Al Rimawi
Thaana Amer
Mike Angastiniotis
German Castellano Barca
Yardena Danziger
Oya Ercan
Helena Fonseca
Daniel Hardoff
Christos Kattamis
Nogah Kerem
Praveen C. Sobti
Ashraf Soliman
Joan-Carles Suris
Editoriale
pag. 1
V. De Sanctis
(Pisa)
(Amantea, Cosenza)
(New York, USA)
(Catanzaro)
(Roma)
La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing)
nei giovani: storia, origini, motivazioni psicologiche
e problematiche mediche di un fenomeno emergente pag. 5
G. Raiola, M.C. Galati, F. Bianchi di Castelbianco, D. Salerno, P. Muscolo
Aspetti etici e medico-legali nella “cura” del minore
sieropositivo pag. 11
(Pagani, Salerno)
(Palermo)
(L’Aquila)
(Genova)
(Genova)
(Palermo)
(Ferrara)
(Cagliari)
(Catanzaro)
(Pisa)
(Ferrara)
P. Delbon, A. Conti
Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile pag. 17
G. Mazzoni
Esperienza sul campo
Indagine conoscitiva sui bisogni e comportamenti a rischio
degli studenti di Lamezia Terme pag. 25
R. Renne, V. Carnei, V. Colacino
Front Line
Per quanti adolescenti il faticoso processo di metamorfosi
è impedito da troppi ostacoli oggettivi o è pagato
con un disagio mentale? pag. 29
(Alexandria, Egypt)
(Istanbul, Turkey)
(Irbid, Jordan)
(Jeddah, South Arabia)
(Nicosia, Cyprus)
(Torrelavega, Spain)
(Petah-Tiqva, Israel)
(Istanbul, Turkey)
(Lisbon, Portugal)
(Haifa, Israel)
(Athens, Greece)
(Haifa, Israel)
(Ludhiana - Punjab, India)
(Doha, Qatar)
(Lausanne, Switzerland)
F. Franchini, N. Giusti
Le nuove tecnologie
pag. 31
M.P. Bagdadi
Caso clinico
Un giovane adolescente con macchie cutanee e “tumefazione”
ossea al livello del cranio pag. 32
E. M. Manca, S. Bertelloni
M A G A M notes
Dietary habits of adolescents in public schools of Ludhiana,
Punjab, India pag. 35
T. Aggarwal, D. Singh, R.C. Bhatia, P.C. Sobti
SEGRETARIA DI REDAZIONE
Gianna Vaccari (Ferrara)
La risonanza magnetica della colonna vertebrale
nella talassemia pag. 45
STAFF EDITORIALE
Direttore Responsabile
Direzione Marketing
Sviluppo e Nuove Tecnologie
Consulenza grafica
Impaginazione
Scripta Manent s.n.c.
F. Calzolari, M.R. Gamberini, V. De Sanctis
Pietro Cazzola
Armando Mazzù
Antonio Di Maio
Piero Merlini
Clementina Pasina
Via Bassini, 41 - 20133 Milano
Tel. 0270608091 - 0270608060 / Fax 0270606917
E-mail: [email protected]
Errata corrige
Nel lavoro del prof. T.L. Schwarzenberg “L’evoluzione del concetto di privacy ed i
suoi riflessi in pediatria ed in medicina dell’adolescente” pubblicato sulla R.I.M.A.
(vol. 3, n. 3 - 2005) a pag. 16 è stato riportato ….. “per esprimere il consenso informato dai 16 ai 18 anni”. La versione corretta è ….. “dai 18 ai 16 anni”. Ci scusiamo per l’errore di stampa con l’Autore del lavoro.
Nel Consiglio Direttivo della S.I.MA, per il prossimo triennio, sono stati eletti:
Giuseppe Raiola (Presidente), Silvano Bertelloni (Vice Presidente), Luigi Ranieri
(Segretario), Salvatore Chiavetta (Tesoriere), Michele De Simone, Piernicola
Garofalo, Maria Rita Govoni (Consiglieri).
In accordo alle norme statutarie, Vincenzo De Sanctis, per il 2006, continuerà
a far parte del CD della S.I.M.A. in qualità di Past-Presidente.
Registrazione Tribunale di Milano n. 404 del 23/06/2003
Stampa: Cromografica Europea s.r.l.
Rho (MI)
Abbonamento annuale (3 numeri) Euro 30,00.
Pagamento: conto corrente postale n. 20350682 intestato a:
Edizioni Scripta Manent s.n.c., via Bassini 41, 20133 Milano
È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie
senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli.
Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento opporsi all’invio della rivista comunicando
per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano
3
Società Italiana di Medicina
dell’Adolescenza
XIII CONGRESSO NAZIONALE
PROGRAMMA SCIENTIFICO
GIOVEDÌ - 19 OTTOBRE 2006
ore 14.00 Riunione Gruppi di studio S.I.M.A
ore 15.00 Registrazione
ore 15.30 Inaugurazione, saluto delle Autorità
ore 16.00 Presidente: V. De Sanctis (Ferrara)
Lettura: L’obesità in età adolescenziale
G. Saggese (Pisa)
ore 16.30 PATOLOGIA ENDOCRINA
E RIPRODUTTIVA
Presidente: A. Cicognani (Bologna)
Moderatori: L. Ruggiero (Lecce),
L. Cavallo (Bari)
VENERDÌ - 20 OTTOBRE 2006
ore 8.30-11.00
Tavola rotonda: L’ADOLESCENTE
CON TRAUMA CRANIO-SPINALE
Presidente: G. Bona (Novara)
Moderatori: M. Bozzola (Pavia)
E. Degli Uberti (Ferrara)
L’accesso in Pronto Soccorso
P. Di Pietro (Genova), P. Farina (Ferrara)
Gli aspetti ortopedici, neuroradiologici,
neurochirurgici e riabilitativi
L. Massari(Ferrara), F. Calzolari (Ferrara),
R. Padovani (Ferrara), N. Basaglia (Ferrara)
Le complicanze endocrine
C. De Sanctis (Torino), S. Einaudi (Torino)
ore 11.00-11.30
Discussione
SABATO - 21 OTTOBRE 2006
ore 8.30-10.15
PRENDERSI CURA DEGLI ADOLESCENTI
Presidente: V. Vigi (Ferrara)
Moderatori: C. Borgna (Ferrara),
A. Mangiagli (Siracusa)
ore 8.30 Educazione alla salute dal bambino
all’adolescente
G. De Luca (Cosenza)
ore 8.50 Vaccinazioni nell’adolescente
M. Lanari (Imola - Bologna)
ore 9.10 Malattia di Anderson-Fabry
A. Burlina (Padova)
ore 16.30 L’adolescente con patologia
endocrina: aspetti epidemiologici
G. Raiola (Catanzaro)
ore 17.50 L’outcome della pubertà anticipata
nelle ragazze
V. De Sanctis (Ferrara)
ore 16.50 L’adolescente con sindrome
metabolica
F. Chiarelli (Chieti)
ore 18.10 L’outcome dell'adolescente
con pubertà ritardata
A.M. Pasquino (Roma)
ore 17.10 La patologia nodulare della tiroide
P.N. Garofano (Palermo)
ore 18.30 L’adolescente con sindrome
di Rokitansky
L. Tatò (Verona)
ore 17.30 Il varicocele nell’adolescente
G. Mazzoni (Roma)
ore 11.30-12.00
Pausa caffé
ore 12.00-13.30
Assemblea SIMA
Relazione del Presidente e del Tesoriere
ore 12.00-14.30
Esposizione Posters
ore 14.30-15.30
I CONSULTORI PER I GIOVANI: ESPERIENZE
A CONFRONTO
Presidente: S. Bernasconi (Parma)
Moderatori: A. Funaro (Cosenza), D. Lombardi (Lucca)
Italia P. Salvini (Parma)
Spagna G. Castellano (Torrelavega)
Stati Uniti B. Fiscina (New York)
ore 18.50-19.15
Discussione
ore 16.00-17.30
Comunicazioni orali
Presidente: E. Bigi (Ferrara)
Moderatori: S. Bertelloni (Pisa), A. Cervo (Salerno),
L. Ranieri (Catanzaro)
ore 17.30-18.30
DIAGNOSI E TERAPIA DELLE VULVOVAGINITI
Presidente: G. Mollica (Ferrara)
Moderatori: F. De Luca (Messina),
A. Vinattieri (Ferrara)
Temi:
Approccio ambulatoriale S. Chiavetta (Palermo)
Percorso diagnostico Maria Rita Govoni (Ferrara)
Terapia G. Russo (Milano)
ore 18.30-19.00
Discussione
ore 15.30-16.00
Discussione
ore 9.30 Ambiguità dei genitali: outcome
in età adolescenziale
G. Chiumello (Milano)
ore 9.50 -10.15
Discussione
ore 10.15 Presidente: C. Vullo (Ferrara)
Lettura: ipotesi per una valutazione
obiettiva della maturazione
personologica adolescenziale
T.L.Schwarzenberg (Roma)
ore 10.45-11.15
Pausa caffè
ore 11.15-12.45
ADOLESCENTOLOGIA SPECIALISTICA
Presidente: C. Pintor (Cagliari)
Moderatori: A. Marchi (Pavia), I. Nicoletti (Firenze)
ore 11.15 L’addome acuto
A. Franchella (Ferrara)
ore 11.35 L’acne: aspetti diagnostici
e terapeutici
V. Bettoli (Ferrara)
ore 11.55 Le epididimiti
M. De Simone (L’Aquila)
ore 12.15 L’adolescentologo di fronte
alle malattie psichiatriche
T. De Toni (Genova)
ore 12.15-12.45
Discussione
ore 12.45-13.00
Conclusioni
Presidente S.I.M.A., Presidente del Congresso
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
La pratica degli ornamenti
corporei (tatuaggi e piercing)
nei giovani: storia, origini,
motivazioni psicologiche
e problematiche mediche di
un fenomeno emergente
Giuseppe Raiola1, Maria Concetta Galati2, Federico Bianchi di Castelbianco3, Domenico Salerno4, Patrizia Muscolo1
2
1
U.O. di Pediatra - U.O.S. di Auxoendocrinologia e Medicina dell'Adolescenza - A.O. “Pugliese-Ciaccio” - Catanzaro
U.O. di Ematoncologia Pediatrica - U.O.S. Terapia delle Talassemie ed Emoglobinopatie - A.O. “Pugliese-Ciaccio”- Catanzaro
4
U.O. di Chirurgia Pediatrica. - U.O.S. di Day Surgery - A.O. “Pugliese-Ciaccio” - Catanzaro
3
Istituto di Ortofonologia - Roma
Riassunto
La popolarità e la diffusione dei piercing e dei tatuaggi è sicuramente aumentata negli ultimi anni in tutti i
paesi del mondo. In questo lavoro descriviamo la storia, le origini e le particolarità delle varie forme di arte corporea.
Vengono, inoltre, esaminate le motivazioni psicologiche che spingono i soggetti alla pratica della body art e viene presa
in considerazione la possibilità che questo fenomeno, in particolar modo negli adolescenti, si associ a comportamenti
a rischio.
Parole chiave: tatuaggi, piercing, adolescenza, comportamenti a rischio.
Body piercing and tattoos: history, origins, psychological
aspects and medical problems of an emerging phenomenon
Summary
Body piercings and tattoos are very popular in many countries. We describe the history, origins and peculiarities of the various forms of body art and discuss the reasons and psychological aspects related to this practice. This
paper also takes into consideration the possibility that body piercing and tattoos may be an indicator of adolescent risk
taking behaviours.
Key words: tattoo, piercing, adolescence, health-risk behaviours.
Storia ed origini
degli ornamenti corporei
Da sempre l’uomo ha cercato di abbellire il proprio corpo per
raggiungere ideali di bellezza, per motivi psicologici, sociali o
religiosi. C’è sempre stata la ricerca di ornamenti “permanenti”,
eseguiti mediante tatuaggi, scarnificazioni, marchi a fuoco, anelli o altri oggetti infilati nella pelle. In alcuni casi si è addirittura tra-
sformato il corpo allungandone il collo (con la sovrapposizione di
collane) e i lobi delle orecchie, restringendo il giro vita, accorciando i piedi, allungando le ossa del cranio, circoncidendo gli
organi genitali, limando i denti (Tabella 1).
Nelle società tribali lo scopo principale del piercing, dei tatuaggi,
5
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
piercing, prendendo spunto dalla Bibbia: E il Signore parlò a
Mosè e gli disse: “Non vi taglierete in tondo i capelli ai lati della
testa e non vi raderete ai lati della vostra barba. Non vi farete incisioni nella carne, né vi farete tatuaggi sulla pelle. Io sono il Signore
(Levitico 19: 1, 27-28).
Anche il Corano ha proibito questa pratica e, ancora oggi, l’Islam
ortodosso, richiamandosi proprio a un passo del Libro Sacro, li
ritiene marchi satanici (3).
Per secoli considerati per lo più come simboli di marginalità e trasgressione, quindi malvisti dalla società, oggi incontrano invece
un consenso diffuso: sono apprezzati da vip, da persone comuni, soprattutto giovani, che ne fanno bella mostra in discoteca, al
mare, in palestra o per strada.
Sembra che anche il pittore olandese Rembrandt, nel 1600, abbia
fatto ricorso al piercing dell’orecchio. L’esame di molti autoritratti
di questo artista, che evidenziano la deformazione del lobo dell’orecchio di sinistra, farebbero ipotizzare che questa fosse stata
causata da ripetute infezioni provocate dall’orecchino.
Negli anni 60-80 numerose subculture come quelle degli hippies,
degli Hell’s Angels o dei punks, hanno iniziato a farsi praticare
tatuaggi, più o meno estesi, per esprimere anche la ribellione nei
confronti delle norme sociali correnti. Contemporaneamente
nelle comunità gay si è affermato il piercing (dall’inglese to pierce, forare), specialmente tra i leathermen (dall’inglese “uomini
che si vestono di pelle” negli ambienti sado-maso) e le tribe di
San Francisco. Nella coppia omosessuale o sado-maso chi
porta il piercing è solitamente lo “schiavo” e i suoi anelli ai genitali o ai capezzoli sono il simbolo di sottomissione al “padrone”.
In particolare negli anni 70 i punks, oltre a fare abbondante uso
di tatuaggi, hanno adottato il piercing, i capelli alla “moicana” e
la colorazione dei capelli ispirata a quella dei guerrieri papua.
Il piercing “leggero” oggi è semplicemente una moda, un modo
per comunicare, che interessa persone di differente età, cultura
e ceto sociale, anche se a praticarla sono soprattutto i giovani,
che infilano monili sulle sopracciglia, alle labbra, al seno, alla lingua, all’ombelico e ad altre parti del corpo.
Decorazioni corporee molto più “pesanti” e quindi completamente fuori dalla tendenza del momento, sono il dental piercing
Tabella 1. Ornamenti permanenti.
Tatuaggi
Scarnificazioni
Marchi a fuoco
Anelli o altri oggetti infilati nella pelle
Allungamento del collo (sovrapposizione di collane)
Allungamento dei lobi delle orecchie
Restringimento del giro di vita
Accorciamento dei piedi
Allungamento delle ossa del cranio
Circoncisione degli organi genitali
Limatura dei denti
delle scarnificazioni, delle pitture corporali e delle decorazioni
temporanee è quello di distinguere il ruolo che ogni membro
assume all’interno della tribù. Inoltre, regolano i rapporti sia nel
quotidiano che durante le cerimonie, rendendo immediatamente
palese, al solo sguardo, una serie d’informazioni sull’individuo in
rapporto al gruppo. Mentre le decorazioni hanno uno scopo principalmente cerimoniale, le modificazioni permanenti segnano,
generalmente, momenti importanti della vita di un individuo.
L’iniziazione all’età adulta, ad esempio, è un passaggio fondamentale comune a tutte le società tribali. La transizione dall’infanzia all’età adulta viene indicata attraverso un passaggio violento e doloroso, che simboleggia una morte ed una contemporanea rinascita, momento che resterà impresso sul corpo per
tutta la vita.
Il termine tatuaggio è di origine polinesiana e si riferisce ai più
antichi strumenti per decorare la pelle: la parola polinesiana “tau
tau” ricorda il suono prodotto dal bastoncino superiore quando
batte contro quello inferiore durante l’applicazione del tatuaggio
(ottenuto per puntura e immissione di pigmenti sotto la cute).
Gli antichi autori Greci e Romani condannavano i tatuaggi considerandoli una pratica barbara (1, 2). L’avvento del Cristianesimo
comportò una forte avversione nei confronti del tatuaggio e del
Tabella 2. Motivazioni psicologiche legate all'impiego del piercing.
Consentono di raggiungere ideali di bellezza seguendo i dettami della moda del momento
Suscitano stupore e curiosità, catalizzando l'attenzione di chi guarda ed in molti casi, creano scandalo
È un modo per essere al centro dell'attenzione, per uscire dall'anonimato, per trasgredire
È un'espressione di “diversità” dalla massa (anche se poi la moda tende invece ad omologare i comportamenti,
rendendo tutti simili nel loro voler essere diversi)
È l'affermazione decisa di un diritto di disporre del proprio corpo come della propria identità e della propria vita
Possono rappresentare un forte impegno con se stessi a ricordare un'esperienza, un amore, una persona, per tutta la vita
Possono servire, specie nel piercing “pesante”, ad esorcizzare il dolore e la morte e guadagnarsi un pezzo di eternità
6
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing) nei giovani:
storia, origini, motivazioni psicologiche e problematiche mediche di un fenomeno emergente
ad esorcizzare il dolore e la morte e guadagnarsi un pezzo di eternità (Tabella 2).
Negli adolescenti è molto sentita e sofferta la difficoltà di farsi
ascoltare ed è per questo che i loro codici di comunicazione
usano come canale privilegiato il corpo, che riesce così a trasmettere messaggi che altrimenti resterebbero inespressi. Corpi
in trasformazione diventano il palcoscenico dei fatti della mente,
interpreti di conflitti e angosce. La domanda “chi sarò?” può
implicare un problema di identità corporea e psichica.
L’identità si struttura su una precisa percezione del limite e sulla
capacità di sopportarne la frustrazione e il dolore. La percezione
di avere dei confini fisici è dunque per i ragazzi un grande ordinatore interno ed è su questi confini che si inscrivono tatuaggi e
piercing.
È importante ricordare come nella società attuale siano scomparsi i riti di passaggio: 20 o 30 anni fa erano molti i segnali che
confermavano al ragazzo l’avvenuto cambiamento nella società
(i pantaloni lunghi, le chiavi di casa, la patente, la ragazza, il servizio militare), attualmente questa iniziazione ufficiale non esiste
più e forse l’unico cambiamento riconosciuto è il motorino. Ma è
troppo poco, e non avendo più riconoscimenti ufficiali e pubblici
dai quali trarre le giuste soddisfazioni il ragazzo, in modo autonomo senza l’aiuto e i consigli dei familiari, deve scegliersene
degli altri. Il tatuaggio o il piercing sono gli atti prescelti dagli adolescenti per sostituire le cerimonie ufficiali, il piercing è addirittura considerato il primo anello di questo cambiamento, in quanto
appartiene solo ai giovani.
Generalmente il rito del piercing si svolge alla presenza di un
amico, spesso più grande, ma non davanti a più persone, come
invece avvenivano una volta le cerimonie d’iniziazione, ed è solo
successivamente che si va a sfoggiare nel luogo affollato la
prova superata per dimostrare che da quel momento si fa parte
del gruppo.
Tabella 3. Complicanze causate dal piercing.
Aumento delle segnalazioni di effetti collaterali
e complicanze associate al piercing
In Inghilterra il 95% dei medici di famiglia ha
dichiarato di trattare le complicanze dell'ombelico
(40%), orecchio (35%), naso (12%), rafe della lingua
(8%).
La percentuale delle complicanze acute secondarie
a piercing varia a seconda della:
Sede
Materiale utilizzato
Esperienza dell'operatore
Misure igieniche adottate
Cura seguita dopo l'esecuzione
Infezioni o sanguinamenti nel 10-30% dei soggetti
Le infezioni batteriche (78%) sono causate da:
Stafilococco aureo, Streptococco del gruppo A,
Pseudomonas spp
Le infezioni virali consistono in epatite fulminante,
HIV, tetano, lebbra, tubercolosi, pseudolinfoma
o linfoadenopatia
(applicazione di capsule d’oro e brillantini), il branding (cicatrici
ottenute attraverso una serie di bruciature provocate da oggetti
in acciaio o ceramica resi incandescenti), l’ice kiss (bruciature
ottenute dall’azoto liquido), il cutting (praticato usando strumenti molto affilati come bisturi chirurgici, senza andare molto in
profondità; una volta guarito, il cutting si presenta come una sottile cicatrice in rilievo) o lo scaring (il metodo più antico per ottenere cicatrici. In questo caso vengono eseguite delle incisioni
molto profonde, irritate con aceto o con carbone. Si tratta di scelte “estreme”, una sorta di acting out, che esprime e riesce a
sedare i pensieri angoscianti che affollano la mente.
Motivazioni psicologiche
Rischi e complicanze
associate alla pratica dei
tatuaggi e piercing
L’applicazione di un piercing o la pratica del tatuaggio consentono di raggiungere gli ideali di bellezza seguendo i dettami della
moda del momento, suscitano stupore e curiosità, catalizzano
l’attenzione di chi guarda e, in molti casi, creano scandalo. È un
modo per essere al centro dell’attenzione, per uscire dall’anonimato, per trasgredire; è un’espressione di “diversità” dalla massa
(anche se poi la moda tende invece ad omologare i comportamenti, rendendo tutti simili nel loro voler essere diversi); è l’affermazione decisa di un diritto di disporre del proprio corpo come
della propria identità e della propria vita.
Questi ornamenti possono rappresentare un forte impegno con
se stessi a ricordare un’esperienza, un amore, una persona, per
tutta la vita; possono servire, in particolare il piercing “pesante”,
Attualmente, negli USA, il 10-13% degli adolescenti di età compresa tra i 12 e i 18 anni è tatuato, contro il 3% – 8% della popolazione generale (4, 5).
La maggior parte della letteratura medica sui tatuaggi e sui piercing focalizza l’attenzione sui rischi e complicanze mediche,
secondarie alle infezioni (6) e rischi comportamentali associati
alla pratica del piercing (7, 8) (Tabella 3).
Le infezioni possono essere la conseguenza del mancato ricorso alle pratiche igieniche necessarie nell’effettuare il piercing.
Normalmente vengono impiegate delle pistole che sparano piccole capsule d’argento e oro, per evitare l’insorgenza di allergie
ai metalli, il cui scopo è creare la strada per inserire il piercing di
varia foggia e dimensione.
7
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Un lavoro di Carroll et al. eseguito su 552 adolescenti di età compresa tra i 12 e 22 anni ha mostrato che tatuaggi o piercing si
associano ad una maggiore predisposizione ad assumere comportamenti a rischio (disturbi del comportamento alimentare, uso
di droghe leggere e pesanti, condotta sessuale a rischio e suicidio). Secondo i dati emersi in questo lavoro, un maggior numero di comportamenti violenti sono stati riscontrati nei maschi con
tatuaggi e nelle femmine con piercing del corpo. Il consumo di
droghe leggere era associato sia ai tatuaggi che ai piercing nei
soggetti più giovani, mentre il consumo di droghe pesanti, come
la cocaina, i cristalli di metamfetamina ed ectasy, aumentava con
l’incremento del numero dei piercing corporei. Un maggiore
rischio di suicidio è stato osservato nei soggetti con tatuaggi o
piercing praticati in età giovane. In generale questo rischio era
maggiormente presente nelle ragazze con tatuaggi.
Sebbene questi risultati non siano stati confermati in altri studi è
necessario che i genitori, gli insegnanti e i medici sorveglino ed
attuino misure preventive in questi adolescenti (9).
tano un’ottima attività anti-pseudomonas oltre al riconosciuto
effetto anti-stafilococcico ed alla capacità di penetrazione nella
cartilagine. Tuttavia, il loro uso è limitato a pazienti con età superiore ai 18 anni per il potenziale rischio di causare il danno a livello della cartilagine di accrescimento.
Altre complicanze includono: tetano cefalico (12), sindrome da
shock tossico secondario all’assorbimento dell’endotosina prodotta dallo stafilococco aureo e glomerulonefrite pos-streptococcica (13-15). Sono state, inoltre, descritte reazioni allergiche,
atopiche, granuloma sarcoide, pseudolinfoma e lesioni cheloidee (16-18).
Naso
Pericondriti granulomatose dell’ala nasale (19) ed endocarditi
stafilococciche a livello della valvola mitrale (20) possono essere secondarie all’inserzione di piercing (il naso può essere colonizzato da stafilococchi). Altamente rischiosa è l’esecuzione del
piercing sulla sella nasale, in quanto questa zona è attraversata
da molti fasci nervosi.
Orecchio
Le varie parti dell’orecchio presentano diversi rischi per l’insorgenza di possibili complicanze. Le regioni cartilaginee del padiglione auricolare tendono a infettarsi molto più frequentemente
rispetto al lobo. I batteri più frequentemente implicati sono lo stafilococco aureo e lo Pseudomonas aeruginoso (10), in minor
misura il Proteus spp e il Lattobacillo.
Sicuramente l’uso della pistola rappresenta un addizionale
rischio per il pericondrio, in quanto applica una forza in grado di
deformarlo, dissociandolo dalla cartilagine. La cartilagine avascolare (normalmente nutrita dal pericondrio) può poi divenire
necrotica. Formazioni ascessuali e perdita della cartilagine sono
potenziali complicanze che spesso richiedono interventi chirurgici. Nonostante un tempestivo trattamento antibiotico, di drenaggio e ripulitura della zona, sono state descritte spiacevoli deformità dell’orecchio (orecchio a “cavolfiore”) (11).
Il trattamento di scelta nelle pericondriti auricolari è costituito
dagli antibiotici chinolonici (ciprofloxacina). Questi ultimi presen-
Figura 1. Piercing del naso.
(Figura 1)
Bocca
Il piercing della lingua (Figura 2) può essere causa di numerose
complicanze che possono mettere in serio pericolo la vita. Sono
stati descritti ostruzione delle vie aree dovuta a edema post-piercing, intenso sanguinamento e shock ipovolemico (21).
I più comuni problemi dentali includono scheggiature, lesioni e
fratture delle cuspidi e abrasioni dentali selettive.
Una delle più frequenti complicanze gengivali è il trauma della
gengiva anteriore linguale; il piercing periorale o intraorale si può
associare a significative deformità muco-gengivali (parodontopatie) (22) e può interferire con la masticazione.
Altre complicanze secondarie a questa pratica includono: infezioni batteriche da Stafilococco aureo e Pseudomonas spp,
endocardite da Neisseria o da Haemophilus parainfluenzae,
angina di Ludwig e ascesso cerebrale (23-25).
Figura 2. Piercing della bocca.
8
Figura 3 a-b. Piercing del capezzolo in un maschio ed una femmina.
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Figura 4. Piercing dell’ombelico.
La pratica degli ornamenti corporei (tatuaggi e piercing) nei giovani:
storia, origini, motivazioni psicologiche e problematiche mediche di un fenomeno emergente
Figura 5. Piercing del glande.
In alcune situazioni di emergenza gli ornamenti posti in cavità
orale possono essere aspirati, interferire con l’intubazione o
essere causa di sanguinamento.
Figura 6. Piercing delle grandi labbra.
smegma e lo svilupparsi di cattivi odori che avrebbero potuto
offendere la sovrana. Le complicanze, riportate in letteratura,
consistono in rotture uretrali (30), lesioni di grossi vasi sanguigni
o nervi ed infezioni locali o diffuse (prostatiti, infezioni testicolari,
malattia infiammatoria pelvica).
Il rischio d’infezione aumenta se soggetti con piercing hanno rapporti sessuali mentre la ferita non è ancora cicatrizzata. Infine i condoms possono facilmente danneggiarsi nei soggetti con il piercing
dei genitali e possono causare aperture permanenti dell’uretra con
fuoriuscita di urina e liquido seminale, e priapismo (31).
Capezzolo
Il piercing del capezzolo (Figura 3 a-b) può causare mastite,
endocardite batterica e galattorrea (26-28).
Ombelico
Reazioni allergiche
secondarie a tatuaggi
temporanei (Figura 7)
Il piercing dell’ombelico (Figura 4) può esser causa di complicanze nel 40% dei casi. Sono state descritte: depigmentazione
della cute, reazioni di rigetto ed endocardite da stafilococco
aureo (29).
I tatuaggi temporanei della pelle vengono impiegati da oltre 9000
anni, in oltre 60 Paesi, sia per adornare il corpo che per motivi religiosi. I Cristiani, gli Ebrei, i Musulmani, gli Indù ed i Buddisti hanno
Genitali (Figure 5 e 6)
impiegato, per ragioni sociali o religiose, il tatuaggio a base di
henna. L’henna è estratto da una pianta, il cui nome botanico è
Il piercing “Prince Albert” ha preso il nome dall’omonimo princiLawsonia (Inermis Alba). Le reazioni allergiche da henna sono
pe, marito della regina Vittoria d’Inghilterra; si racconta che si
state descritte molto raramente e includono dermatiti da contatto
sottopose a tale pratica, prima di sposare la regina, probabil(32) e reazioni acute da ipersensibilità (33) (Figura 7).
mente intorno all’anno 1825. In quel periodo Beau Brummel lanNegli ultimi anni una nuova moda è emersa nei paesi occidentaciò la moda di pantaloni maschili particolarmente aderenti; per
li: l’applicazione di tatuaggi temporanei con pasta di henna. I
tale motivo si rendeva indispensabile riuscire a posizionare e
tatuaggi generalmente vengono applicati con sottili pennelli o
mantenere il pene da un lato, in
siringhe, da operatori di strada e
modo da evitare la visione di
durano 2-3 settimane prima di
“antiestetici rigonfiamenti”. Per riusbiadirsi.
scire a realizzare ciò, alcuni uomiRecentemente sono aumentate le
ni si sottoponevano a piercing del
segnalazioni di reazioni cutanee a
pene, facendosi applicare un
tale pratica, attribuite alla maggioanello che permetteva di fissarlo
re concentrazione di PPD (p-phead un gancio posto all’interno dei
nilendiamina), sostanza impiegapantaloni (anello da vestito).
ta per ottenere tonalità più scure.
Secondo altre versioni, il piercing
L’esame istologico delle lesioni
sarebbe servito al principe per
ha rilevato una dermatite sponmantenere retratto il prepuzio evigiosa con densi infiltrati linfo-istoFigura 7. Reazione allergica secondaria
a tatuaggio temporaneo.
tando, quindi, l’accumulo di
citari. (34).
9
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Conclusioni
16. Meijer C, Bredberg M, Fischer T, Widstrom. Ear piercing and nickel
and cobalt sensitization, in 520 young Swedish men doing
compulsory military service. Contact Dermatitis 1995; 32: 147-149.
La pratica dei tatuaggi e dei piercing sta sempre più diffondendosi nella società occidentale, in particolare tra i giovani. Gli adolescenti, attraverso tali pratiche, desiderano inviare “messaggi”,
per esempio la volontà di comunicare l’adesione al gruppo dei
coetanei. Il piercing, il tatuaggio, il taglio dei capelli e l’abbigliamento fanno tutti parte di un codice ben preciso; così come alcune esagerazioni tradiscono la voglia di essere uguali agli altri e la
paura di non farcela. C’è la spinta personale a spostare il confine della norma sempre più in là, oltre i confini dell’eccentricità,
quasi sempre nel rispetto della regola che maggiore è la ricerca
dell’eccesso maggiore è il disagio. Ed è proprio da quest’ultimo
punto che deve partire la lettura che dobbiamo dare al fenomeno e, solo allora, saremo in grado di attuare interventi mirati.
17. Armstrong DK, Walsh MY, Dawson JF. Granulomatous contact
dermatitis due to gold earrings. Br J Dermatol 1997; 1376: 776-778.
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Corrispondenza:
Dott. Giuseppe Raiola
14. McCarthy VP, Peoples WM. Toxic shock syndrome after ear piercing.
Pediatr Infect Dis J 1988; 71: 741-742.
Via XX Settembre, 37
88100 - Catanzaro
Tel/Fax 0961/883118
e-mail: [email protected]
15. Zilinsky I, Tsur H, Trau H, Ornestein A. Pseudolymphoma of the
earlobes due to ear piercing. Clin Exp Dermatol 1983; 8:199-200.
10
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Aspetti etici e medico-legali
nella “cura” del minore
sieropositivo
Paola Delbon, Adelaide Conti
Centro di Studio e di Ricerca di Bioetica in collaborazione con la Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Cattedra di Medicina Legale, Università degli Studi di Brescia
Riassunto
Gli Autori intendono svolgere alcune riflessioni in relazione alle problematiche etiche e medico-legali connesse alla condizione di sieropositività nei minori, ed in particolare negli adolescenti, in relazione, ad esempio, al consenso all’effettuazione del test per l’accertamento dell’infezione da HIV, al rapporto minore – esercenti la potestà – medico, all’informazione, alla riservatezza, alle problematiche che possono presentarsi a scuola e altro.
Parole chiave: adolescenti, sieropositività.
HIV infected adolescents: ethical and medico-legal aspects
Summary
The Authors reflect on ethical and medico-legal questions about HIV infected adolescents, and in particular about request for HIV test, informed consent to perform an HIV test, adolescent – legal guardians – physician relationship, information, privacy, problems at school.
Key words: adolescents, HIV infection.
Attualmente la reale prevalenza dell’infezione da HIV negli adolescenti non è conosciuta, tuttavia è noto che la diffusione del virus
nella fascia d’età 15-24 anni risulta in costante aumento: numerosi sono i fattori che influenzano la messa in atto di comportamenti sessuali a rischio negli adolescenti, “dalle limitate o confuse conoscenze sui comportamenti a rischio e/o sulle pratiche
preventive, alla scarsa percezione del rischio personale, dovuta
in parte a sentimenti di invulnerabilità o di sfida nei confronti del
pericolo con conseguenze percepite come distanti da sé nello
spazio e nel tempo; dall’assunzione saltuaria di alcol e/o sostanze stupefacenti ad una precoce attività di inizio dell’attività sessuale; dalla convinzione che il profilattico diminuisca il piacere
sessuale e abbia scarsa efficacia, alle difficoltà pratiche nel procurarselo per imbarazzo nell’acquistarlo e/o difficile accessibilità
per il costo elevato; dalle influenze sociali, culturali e religiose alla
difficoltà di comunicazione tra i partner per scarsa confidenza o
per differenze tra i sessi legate ad asimmetrie di ruolo maschio/
femmina” (1). Accanto a tali possibili fonti di trasmissione del
virus nei minori deve essere considerata la realtà degli adolescenti nati già sieropositivi: la condizione di sieropositività in tali
soggetti presenta significative problematiche di ordine etico,
medico-legale, sociale, sia nei minori nati sieropositivi, sia nei
soggetti che in età adolescenziale abbiano contratto l’infezione.
L’approccio a tali problematiche può svolgersi vantaggiosamente solo entro un contesto rispettoso della posizione e degli interessi del minore, sin dal momento della comunicazione della diagnosi, ovvero dell’effettuazione del test per l’accertamento della
condizione di sieropositività.
Per quanto riguarda la richiesta del test, l’art. 5 (Accertamento
dell’infezione) della Legge 5 giugno 1990, n. 135 (“Programma di
interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”) stabilisce che “Nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV se non
per motivi di necessità clinica nel suo interesse” e che “La comunicazione di risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti
per infezioni da HIV può essere data esclusivamente alla perso-
11
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
na cui tali esami sono riferiti”. L’attuale disciplina normativa sancisce dunque il principio della volontarietà dell’accertamento
sierologico e, per quanto riguarda il destinatario delle informazioni relative all’esito dell’accertamento stesso, stabilisce il
dovere del medico di comunicare esclusivamente alla persona
interessata tali informazioni, oltre alla prognosi e alle prospettive
terapeutiche, evidentemente compatibilmente con il livello “di
cultura e di capacità di reazione e di discernimento” della persona stessa (2).
La norma prevede dunque la regola del consenso della persona
da sottoporre ad accertamento per il ricorso alla stessa misura
diagnostica, ma non contiene alcun esplicito riferimento ai soggetti minori d’età.
Anche rispetto alla fattispecie in esame pare dunque opportuno
non trascurare le eterogenee ipotesi ad essa riconducibili,
anche in relazione alle modalità di derivazione dell’infezione –
trasmissione da parte dei genitori o a causa di comportamenti a
rischio –, alle diverse fasce d’età ed alla capacità di comprensione del minore.
La dottrina (3) tende ad affermare come l’avverbio “esclusivamente” contenuto nel citato art. 5 sarebbe da intendere “nel
senso di escludere anche i genitori qualunque sia l’età di chi ha
chiesto l’accertamento”, fermo restando che “l’accertamento
possa essere dato ai genitori quando la relativa richiesta sia stata
fatta da essi, come spesso può avvenire quando si tratti di bambini figli di genitori sieropositivi; e va posto il problema dell’eventuale intervento del Tribunale per i minorenni, perché sia fatto un
accertamento sul neonato ove i genitori si rifiutino o comunque
se ne disinteressino”.
Così, ad esempio, qualora si intenda procedere all’effettuazione
del test di sieropositività nei confronti di un bambino, che potrebbe non essere in grado di formare consapevolmente la propria
volontà riguardo all’intervento diagnostico in esame, e dunque
nel caso in cui debba – come di norma – essere richiesto il consenso degli esercenti la potestà, “la possibilità che il bambino sia
stato infettato da un genitore può, in alcune circostanze, falsare
il giudizio del genitore e spingerlo a negare il suo consenso per
proteggere la sua situazione”: il medico dovrà in tal caso “valutare se il bambino sia capace di consentire al test per conto proprio” (4).
Nel caso di un adolescente capace di formare consapevolmente la propria volontà in relazione al proprio stato di salute, il trattamento diagnostico in questione costituirebbe una delle fattispecie di trattamento sanitario rispetto alle quali si afferma l’autonomia del minore rispetto agli esercenti la potestà, a maggior
ragione sulla base della lettera del citato art. 5 della Legge 135/
1990.
Il Legislatore, del resto, affronta la tematica del consenso al trattamento sanitario in caso di minori prevedendo diverse soluzioni, ovvero contemplando, accanto alla regola generale del consenso ai trattamenti sanitari prestato dagli esercenti la potestà
nell’interesse del minore, ovvero nell’esercizio del potere – dove-
re di cura della persona del minore del quale essi sono titolari,
sia espliciti divieti per i minori nell’accesso a determinate pratiche sanitarie, sia regole specifiche che consentono l’accesso
diretto del minore a determinate prestazioni (ad esempio, somministrazione di mezzi contraccettivi; interruzione volontaria di
gravidanza).
Le ultime fattispecie citate, congiuntamente alla normativa sulla
prevenzione e sulla cura dell’Aids, riguardano del resto interventi sanitari che “coinvolgono non solo la salute in senso stretto,
ma anche la riservatezza del soggetto minorenne” (5).
Nel caso dell’accertamento della sieropositività, l’esigenza che
si pone è infatti quella di “proteggere la riservatezza del minore
anche nei confronti dei genitori”, in particolare “in ragione delle
remore che avrebbero i minori a rivolgersi all’operatore sanitario” (6).
Da una recente ricerca (7) effettuata su un campione di 181 studenti del terzo e quinto anno di due scuole medie superiori è
emerso, tra i “fattori che ostacolano l’accesso degli adolescenti
ai servizi che si occupano di AIDS, proprio “il timore di incontrare in questo tipo di servizio una persona che si conosce e che
conosce anche la propria famiglia”, e la considerazione che “non
si è certi che in questi servizi venga tutelata la privacy”: la sfiducia degli adolescenti verso i servizi sarebbe dunque legata
anche al timore che in tali centri non sia garantito il rispetto della
“privacy” della persona e quindi che gli operatori possano avvisare i genitori.
La ricerca ha inoltre evidenziato la difficoltà degli adolescenti nel
decidere di effettuare il test per accertare l’infezione da HIV, e il
timore che i tempi di attesa tra la richiesta di appuntamento e
l’appuntamento stesso possano indurre un cambiamento d’idea.
Ai fini di agevolare l’accesso dei minori ai servizi che si occupano dell’accertamento dell’infezione da HIV parrebbe dunque
necessario promuovere una serie di condizioni funzionali alla
predisposizione di un servizio personalizzato, al quale poter
accedere direttamente senza la necessità di prenotazione telefonica, in un adeguato contesto di counselling e tutela della riservatezza, ovvero all’interno di situazioni in cui si possano sentire
accolti e accettati, in “una struttura non impersonale, non burocratica come un ufficio postale, ma basata su un rapporto personalizzato” (8).
Nella prospettiva della tutela della riservatezza e della ricerca di
un effettivo consenso informato all’accertamento in esame, riveste importanza fondamentale il fatto che l’offerta del test per l’HIV
si svolga nell’ambito di un adeguato intervento di counselling,
ovvero nell’ambito di un rapporto personalizzato con il medico, in
grado di offrire un supporto qualificato alla persona interessata.
Del resto, fondamentale importanza riveste l’effettuazione precoce del test, proprio al fine di una individuazione tempestiva dell’eventuale condizione di sieropositività, sia per la possibilità di
trasmissione dell’infezione stessa, sia evidentemente per la tutela della salute della persona interessata (9).
Anche la maggioranza delle associazioni che si occupano di
12
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Aspetti etici e medico - legali nella “cura” del minore sieropositivo
Volume 4, n. 1, 2006
adolescentologia sostengono l’opportunità che siano i minori a
poter richiedere il test direttamente, senza la necessaria autorizzazione dei genitori (10); d’altra parte una ricerca svolta nel
Connecticut (11) ha rivelato come la rimozione dell’obbligo del
consenso dei genitori ai fini dell’accertamento dell’infezione da
HIV abbia comportato un incremento della richiesta dello stesso
da parte degli adolescenti di età compresa tra tredici e diciassette anni.
Tale dato rappresenta un risultato significativo: la vulnerabilità
degli adolescenti e la natura strettamente personale degli interessi coinvolti nella situazione in esame rendono la consulenza e
i test di sieropositività su base volontaria e riservata “uno strumento importante per la prevenzione dell’HIV”: “quando i test di
sieropositività risultano negativi si ha una preziosa opportunità
per consolidare l’importanza di comportamenti sicuri e rivolti alla
riduzione del rischio. I giovani che invece risultano sieropositivi
devono avere le cure del caso e la possibilità di discuterne con
persone informate, dalle quali conoscere il significato della loro
condizione e le responsabilità che ne conseguono verso se stessi e verso gli altri” (12).
La riconosciuta possibilità di un accesso diretto da parte degli
adolescenti al test di sieropositività, senza la necessità di previo
consenso degli esercenti la potestà, e dunque il riconoscimento
della capacità del minore di prestare un valido consenso a tale
prestazione diagnostica, nell’ottica di un’autonoma gestione
della propria sessualità, e nel rispetto della riservatezza del
minore peraltro funzionale alla tutela della salute dello stesso,
non eludono – come Alcuni evidenziano – la necessità che l’eventuale condizione di sieropositività risultante dal test non sia
taciuta agli esercenti la potestà, richiedendo tale condizione “il
supporto non solo dei tecnici, medici e psicologi, ma anche
della famiglia” (13).
Gli Autori, in particolare, in relazione alla richiesta di test per l’accertamento dell’infezione da HIV presentata da una ragazza
sedicenne, colta dal dubbio di aver contratto il virus a causa dell’atteggiamento promiscuo del coetaneo con il quale intratteneva regolarmente rapporti sessuali, sottolineano l’opportunità di
tenere distinti i problemi relativi “all’informazione, all’esercizio del
consenso, alla tutela del segreto”.
Se dunque è riconosciuto alla ragazza “pieno diritto a conoscere il significato dell’indagine che richiede, le conseguenze dell’eventuale riscontro di uno stato di sieropositività e le prospettive
di trattamento della stessa”, e dunque, in ordine al consenso, “la
capacità della minore di assumere un ruolo vincolante nella
decisione se eseguire, o meno, il test”, maggior complessità
presenta la questione relativa “all’opportunità di comunicare ai
genitori il risultato dell’esame, anche se la questione riguarda, in
ultima analisi, la sola eventualità di una risposta positiva per infezione da HIV”.
Rispetto a tale ultima questione, gli Autori sottolineano l’indispensabilità della collaborazione dei genitori, e dunque, ferma
restando la possibilità dell’accoglimento della richiesta di accer-
tamento presentata dalla minore anche senza previo coinvolgimento dei genitori, sostengono che la comunicazione a questi
ultimi dell’eventuale risultato positivo dell’esame debba costituire condizione indispensabile dell’effettuazione dell’accertamento, della quale la minore stessa deve essere informata, nell’ottica
dell’instaurazione di un rapporto di fiducia con il personale della
struttura sanitaria.
Sembrerebbe dunque “logico ammettere sia per la tossicodipendenza, che per la sieropositività, che gli operatori siano autorizzati a rivelare la situazione ai genitori quando la loro collaborazione sia ritenuta necessaria perché si possano ottenere risultati
utili” (14).
Il rapporto di fiducia tra personale sanitario e minore troverà
espressione dunque anche nella disponibilità che il medico
dovrà mostrare “al momento della lettura, e dell’interpretazione,
degli esiti dell’esame, offrendo al minore la propria collaborazione ed il proprio sostegno, qualora vi fosse la necessità di contattare i genitori e di comunicare loro non solo il dato di laboratorio, ma anche le sue implicanze medico-sociali” (15).
Il coinvolgimento dei genitori, titolari del potere-dovere di cura
dei figli, e dunque di regola legittimati ad esprimere il consenso
ai trattamenti sanitari nell’interesse degli stessi, non deve escludere il coinvolgimento del minore nel corso di tutta la relazione
terapeutica, fornendogli a tal fine, compatibilmente con l’età e
con la capacità di comprensione, tutte le informazioni necessarie ad assumere consapevolezza della propria situazione clinica
e ad esprimere liberamente la propria opinione riguardo ad essa,
così come sancito dalla normativa sovranazionale.
In tal senso, l’art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo,
approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20
novembre 1989, e ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991,
n. 176, prevede all’art. 12 che “Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente
la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del
fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo
conto della sua età e del suo grado di maturità”.
Anche la “Convenzione per la protezione dei diritti umani e della
dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina”, ovvero la “Convenzione su diritti umani e
biomedicina”, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio
d’Europa il 19 novembre del 1996, firmata da 11 degli Stati
dell’Unione Europea il 4 aprile 1997, a Oviedo, stabilisce all’art. 6
(Tutela delle persone che non hanno la capacità di dare il consenso) che “Nei casi in cui secondo la legge un minore non possiede la capacità di dare il consenso a un intervento, l’intervento
può essere effettuato solo con l’autorizzazione del suo rappresentante, o di un’autorità o di persona designata dalla legge” e
che “Col crescere dell’età e del grado di maturità del minore, il
parere di questi viene a essere preso in considerazione come un
elemento sempre più determinante”.
Così, l’art. 24 (Diritti del bambino) della Carta europea dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, approvata dal Parlamento
13
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
europeo il 14 novembre 2000, e proclamata formalmente a
Nizza, il 7 dicembre 2000, prescrive che “I bambini hanno diritto
alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi
possono esprimere liberamente la propria opinione; questa
viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in
funzione della loro età e della loro maturità”.
L’informazione sulla malattia e sulla sua evoluzione prognostica,
sulla terapia, sulle possibili alternative, sulla qualità di vita futura,
diviene presupposto fondamentale dell’ascolto del minore, che è
“il testimone più attendibile della propria sofferenza, del proprio
dolore, delle proprie paure, dei propri fantasmi; è il testimone più
attendibile del proprio bisogno di vicinanza con le persone care
o, forse, di distanza; è il più accreditato a investire fiducia nei
confronti dei medici, della struttura sanitaria, dei giudici” (16).
L’obbligo di informazione, e di acquisizione della volontà del
minore, come precisato dal Codice di deontologia medica
(1998) all’art. 34 (Autonomia del cittadino) deve essere adempiuto compatibilmente con l’età e con la capacità di comprensione del minore stesso.
Nel 1999, una sentenza del Tribunale di Brescia ha affermato il
diritto all’informazione del minore, in relazione ad una quattordicenne non informata in merito alla sua condizione clinica, e dunque incapace di formare una propria volontà consapevole al
riguardo (17).
In particolare, i Giudici hanno prescritto di informare la ragazza
sostenendo che “Chi non può rimanere estraneo a tale scelta è
peraltro la diretta interessata, la quale, ormai quattordicenne,
deve poter conoscere la reale entità della sua malattia, le terapie
praticabili e le loro caratteristiche [...]. Il minore grandicello è
peraltro certamente un soggetto il cui consenso non può essere
trascurato, specie con riguardo ai trattamenti sanitari particolarmente gravosi, o dolorosi, o controversi; tale indicazione pare
emergere anche dalla Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, con l’ulteriore conseguenza dell’incoercibilità di una
terapia rispetto ad un minore grandicello e maturo che non vi
abbia consentito”.
Nel caso dei minori nati sieropositivi, la comunicazione della diagnosi da parte dei genitori presenta profili di notevole complessità – legati in particolare al senso di responsabilità dell’infezione
e alla difficoltà di affrontare serenamente il discorso sull’AIDS
con il proprio figlio (18) –, ma diviene un momento indispensabile affinché il minore possa assumere consapevolezza della propria situazione ed elaborare ed esprimere liberamente dubbi,
paure, emozioni. In tale contesto, fondamentale importanza
assume l’offerta al minore di un effettivo supporto in ambito familiare, affinché lo stesso possa superare la depressione che si
accompagna al momento di chiarificazione attraverso l’elaborazione della sofferenza e l’acquisizione di energie per affrontare la
malattia (19).
La comunicazione della diagnosi al minore e dunque la piena
presa di coscienza della propria condizione clinica può costituire un presupposto fondamentale per l’assunzione di responsabi-
lità da parte del minore stesso ovvero per una maggior aderenza alla terapia che comporta l’assunzione quotidiana e consistente di farmaci ed è destinata inevitabilmente ad incidere sull’andamento della vita quotidiana del minore.
Se d’altra parte a lungo “la comunicazione al bambino è parsa
fuori luogo in quanto si credeva che la prognosi fosse talmente
drammatica da non consentirne la sopravvivenza oltre i 10 anni”,
il graduale aumento della sopravvivenza dei bambini sieropositivi cui si è assistito negli ultimi anni ha posto “in modo sempre più
pressante il problema della comunicazione al bambino della sua
condizione” (20).
A tal fine, nel 1997, sono state predisposte le “Linee guida per la
comunicazione della diagnosi al bambino HIV positivo” (21) che
forniscono significative indicazioni in materia:
“Intervenire con un lavoro multidisciplinare;
Comunicare prima di tutto e appena possibile con la famiglia per
pianificare il percorso;
Essere consapevoli che la comunicazione è un processo continuo nel tempo;
Comunicare con il bambino in maniera “positiva” e scientificamente corretta;
Mantenere una flessibilità di comunicazione che tenga conto dell’età e della maturazione del bambino;
Impostare una comunicazione dialogata così da sollecitare
domande da parte del bambino;
Evitare l’accanimento informativo (dire tutto a tutti i costi);
Rendere il bambino più “protagonista”;
Stimolare l’intera famiglia a un dialogo continuo;
Prevedere un tempo di verifica del processo di comunicazione”.
La discussione delle scelte terapeutiche direttamente con il
minore e la disponibilità all’ascolto delle sue esigenze e delle sue
perplessità divengono dunque utili strumenti ai fini della responsabilizzazione dell’adolescente e del riconoscimento della sua
individualità rispetto a problematiche che direttamente lo interessano e che sono destinate ad incidere pesantemente sulla sua
esistenza.
Conseguenza del riconoscimento dell’autonomia decisionale del
minore potrebbe essere l’insorgenza di conflitti decisionali con
gli esercenti la potestà, oltre alle possibili divergenze tra i familiari
stessi o tra questi ultimi e i sanitari. Alcuni (22) sottolineano come
in tali casi, “qualora dovesse fallire un’opportuna opera di persuasione e di mediazione, che sempre deve essere posta in atto
da parte del medico, la soluzione potrebbe essere data dal ricorso al giudice”, preposto alla tutela dell’interesse del minore.
La difficoltà di aderenza alla terapia antiretrovirale potrebbe del
resto generare in alcuni adolescenti, proprio per le modalità e gli
aspetti che la caratterizzano, la tendenza ad opporsi alla sua
continuazione; d’altra parte, è ormai riconosciuto che “il principio
dell’interesse del minore non può trovare effettiva applicazione
se si considera il minore un soggetto semplicemente passivo:
egli, nei limiti della propria capacità di discernimento ed in collaborazione con i genitori, concorre ad individuare il consenso
14
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Aspetti etici e medico - legali nella “cura” del minore sieropositivo
Volume 4, n. 1, 2006
espresso dalla famiglia che l’ordinamento giuridico ritiene rilevante” (23).
Ciò comporta la necessaria applicazione, anche rispetto alla fattispecie in esame, del principio secondo il quale “il consenso che
produce effetti giuridicamente rilevanti non è quello espresso
semplicemente dai genitori, ma è quello manifestato dai genitori
in collaborazione con il figlio: all’interno della famiglia il progetto
educativo si libera, con effetti prodotti anche esternamente, da
uno schema di tipo potestativo che vede la volontà dei genitori
prevalere su quella del minore in maniera autoritaria” (24).
L’esigenza di tutela del minore sieropositivo si pone dunque non
soltanto in termini di accertamento, cura, rispetto del diritto di
sapere e dell’autonomia decisionale, ma anche ed in modo particolare quale esigenza di “evitare in concreto ghettizzazioni” del
minore stesso, “per la diffusa convinzione del pericolo di contagio di cui sarebbe portatore”: è infatti “ingiustificato, e gravemente scorretto, emarginare il bambino che ha assoluto bisogno
di rapporti per sviluppare la sua personalità” (25).
La citata Legge n. 135 afferma esplicitamente la necessità di
tutela del soggetto sieropositivo nelle attività sociali, scolastiche
e sportive: l’art. 5 comma 5 stabilisce in proposito che
“L’accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l’iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l’accesso o il mantenimento di
posti di lavoro”.
L’esigenza di affermare esplicitamente tale diritto del minore,
funzionale al perseguimento del pieno sviluppo della persona
umana, si è posta anche alla luce di alcune situazioni verificatesi nel contesto scolastico, di opposizione alla frequenza di minori sieropositivi o presunti tali, ovvero di richiesta di provvedimenti di tutela nei confronti degli stessi da parte di gruppi di genitori
di altri alunni (26).
L’inserimento dei minori sieropositivi all’interno delle comunità
sociali tipiche dell’età ha comportato e comporta dunque problematiche non indifferenti; d’altra parte tale inserimento deve
svolgersi nel rispetto della tutela della riservatezza del minore
stesso, ovvero del diritto a che la propria condizione non sia rivelata ai genitori degli altri minori, non essendovi alcun pericolo di
trasmissione dell’infezione attraverso i comuni rapporti interpersonali (27).
Tale esigenza trova espressione anche nella “Carta dei diritti del
bambino sieropositivo”, firmata dall’associazione italiana di
pediatria e dall’associazione “Essere bambino”, e presentata nel
1992 a Gardone Riviera in occasione del convegno “Il bambino
e l’Aids: problemi sociali e di assistenza” (28).
Tale documento sancisce infatti che il minore sieropositivo ha
diritto “a frequentare la scuola di ogni ordine e grado e di accedere ai luoghi collettivi di gioco, di svago, e di attività sportive” e
“alla riservatezza assoluta, se necessario, anche nei confronti
degli educatori e degli assistenti che si occupano di lui.
Qualunque figura venga a conoscenza della sua condizione
(educatori, operatori sanitari o sociali e gli stessi familiari) non
dovrà fornire informazioni pregiudizievoli per il bambino per qualunque fine [...]”. Nelle Premesse è quindi specificato che “il diritto alla riservatezza del minore HIV avrà preminenza rispetto alla
facoltà del personale educativo ed assistenziale di venire informato sull’esistenza di tale patologia”.
Così, anche la Dichiarazione dell’ANLAIDS, l’Associazione
Nazionale per la Lotta contro l’AIDS (29), relativa a diritti e doveri delle persone sieropositive sancisce che “Tutte le azioni tendenti a rifiutare i sieropositivi o a restringere la loro partecipazione nell’ambito familiare o ad attività collettive, incluse quelle
sportive, scolastiche, devono essere considerate discriminatorie
e sanzionate”.
La condizione di sieropositività può peraltro essere fonte nello
stesso adolescente di difficoltà e inquietudine nelle relazioni
affettive e sociali, oltre che di un senso di inadeguatezza derivante essenzialmente dal confronto con i coetanei e dalla difficoltà di proiettarsi nel futuro in una dimensione progettuale.
Numerose sono dunque le problematiche connesse alla sieropositività negli adolescenti: se la notevole presenza di comportamenti a rischio in tale fascia d’età richiede indubbiamente una
intensa attività di prevenzione basata sulla formazione, un processo continuo e impegnativo, che coinvolga tutte le persone
che si occupano degli adolescenti (30), restano comunque di
non immediata soluzione alcuni importanti quesiti relativi alle
modalità di informazione dei minori dell’eventuale condizione di
sieropositività, a quali persone mettere eventualmente a conoscenza di tale situazione, ed in particolar modo in relazione alla
“capacità psicologica del minore di gestire una realtà così sconvolgente, con tutte le conseguenze sul piano delle scelte quotidiane che essa comporta” (31).
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21. Duse M., Soresina A., Ugazio A.G., cit.
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salute dei figli minori. Nota di commento a Trib. Min. Brescia, decr.
28 dicembre 1998 - C. App. Brescia, decr. 13 febbraio 1999 - Trib.
Min. Brescia, decr. 22 maggio 1999, in Nuova Giur. Civ. Comm., I,
2000, 214.
24. Grifani G., op. cit., p. 215.
25. Moro A.C. Manuale di diritto minorile. Bologna: Zanichelli; 2000,
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cella di vetro in aula per bimba con Aids, New York, 10 agosto
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Cinisello Balsamo (Milano), 18 ottobre 1988. In: Aids & Bambini.
Sintesi della rassegna stampa Ansa dal 1982 al 1997. Brescia:
Intermedia Editore; 1997.
Corrispondenza:
Dott.ssa Paola Delbon
Cattedra di Medicina Legale
Università degli Studi di Brescia
Piazzale Spedali Civili, 1 - 25123 Brescia
Tel. 030/3995838
Fax 030/3995839
27. Assante G., Giannino P., Mazziotti F. Manuale di diritto minorile.
Roma - Bari: Ed. Laterza; 2000, p. 35.
16
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Attualità in tema di varicocele
dell’età giovanile
Guglielmo Mazzoni
U.O.C. Chirurgia Pediatrica - Ospedale S. Camillo - Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, Roma
Riassunto
Il varicocele, cioè la dilatazione varicosa delle vene testicolari conseguente ad un flusso invertito all’interno del circolo spermatico interno, si manifesta nella maggior parte dei casi con la pubertà ed è considerato una importante causa di sterilità maschile. Tuttavia c’è grossa disparità d’opinione tra i vari specialisti se, quando e come trattare
questa patologia. Per questo motivo è stata organizzata a Roma il 4-5 Novembre 2005 una “Consensus conference sul
varicocele dell’adolescente”. Nel presente studio sono stati presi in considerazione i dati più significativi che sono emersi da tale evento. Non è più accettabile l’indicazione al trattamento con la sola visita clinica. È necessario effettuare una
valutazione del reflusso con un Doppler o, meglio, con un ecocolordoppler che darà informazioni più complete fornendo dati anche sul volume di entrambi i testicoli, sul diametro delle vene, sulla possibile presenza di patologie associate. Non c’è un consenso univoco sull’importanza degli esami di laboratorio: L’FSH e l’Inibina B potrebbero fornire dati
importanti sulla futura fertilità, ma occorrono lavori controllati su larga scala. Per quanto riguarda il trattamento, le preferenze chirurgiche sono la legatura retroperitoneale in blocco con risparmio di linfatici, la legatura subinguinale con tecnica microchirurgica e risparmio di arteria e linfatici. Le tecniche laparoscopiche e retroperitoneoscopiche non sono altro
che metodiche moderne di approccio al retroperitoneo e tecnicamente non differiscono dalle legature chirurgiche in
blocco o con risparmio di arteria, ma con costi più elevati e non dovrebbero essere considerate come prima scelta. Le
tecniche sclerosanti hanno avuto un grosso consenso rispetto a precedenti simili eventi: la sclerosi retrograda non trova
molti sostenitori nonostante la bassa invasività, probabilmente per l’alta incidenza di impossibilità, soprattutto nel
paziente giovane, cosa che non avviene con la sclerosi anterograda, sempre possibile. L’associazione delle due metodiche (sclerosi antero/retrograda) ha il più alto grado di preferenza perché è comprensibile l’azione sinergica delle due
singole procedure senza aumento d’invasività.
Parole chiave: varicocele, infertilità, adolescenza.
Current trends in adolescent varicocele
Summary
Varicocele, i.e., varicose dilation of the testicular veins following inverted flow within the internal spermatic
circulation, occurs in the majority of cases in puberty and is considered to be one of the major causes of male infertility.
Albeit, much controversy exists as to when and how this disorder should be treated. A “Consensus Conference on
Varicocele in Adolescence” was, therefore, organized in Rome, 4-5 November, 2005, and the present report focuses on
the most significant data emerging on that occasion. It is no longer feasible to proceed with treatment after only a clinical examination. Evaluation of the reflux by means of Doppler, or preferably, echocolourdoppler, is mandatory in order to
obtain more complete information including data regarding the volume of both testes, diameter of the veins, the possible
presence of associated diseases. At present, there is no general agreement concerning the importance of laboratory examinations: FSH and inhibin B may provide important data concerning future fertility, however large controlled research is
necessary. As far as concerns treatment, the surgical procedures of choice are retroperitoneal en bloc ligature, sparing
the lymphatic vessels and subingual microsurgical ligature sparing the artery and lymphatics. Laparoscopic and retroperitoneoscopic techniques are merely modern methods in the approach to the retroperitoneum and not technically different from surgical ligation, but with higher costs and should not be considered as first choice treatment. Sclerosing techniques gained wide approval at this Consensus Meeting compared to views previously expressed on such occasions.
Retrograde sclerosis was accepted by only a few specialists despite the low invasiveness, probably due to the high incidence of impossibility to complete the procedure, particularly in young patients, which does not occur in antegrade sclerosis which is always possible. Association of these two procedures (ante/retrograde sclerosis) was well accepted
because the synergic action of the two single procedures without increasing invasiveness is well known.
Key words: varicocele, infertility, adolescence.
17
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Introduzione
a quella della sterilità maschile, ed essendo improponibile il trattamento del 15% di tutti i giovani, occorre selezionare i pazienti che
ne sono candidati (9, 10). Tuttavia la popolazione medica pediatrica non è ancora particolarmente sensibilizzata alla problematica
sia per la presenza in letteratura di articoli contrastanti circa l’effettiva correlazione tra varicocele e fertilità (11), sia per la disparità di
opinioni esistente tra i vari specialisti del settore come urologi
pediatri, andrologi e urologi dell’adulto per quanto concerne l’indicazione al trattamento e le metodiche di trattamento più appropriate in età giovanile (12). “Se, quando e come il varicocele va
trattato nel bambino e nell’adolescente” sono stati gli argomenti
della “Consensus conference sul varicocele dell’adolescente” che
si è svolta a Roma il 4-5 novembre 2005 presso l’Azienda
Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, con l’egida congiunta della
Società Italiana di Andrologia (SIA) e quella di Urologia Pediatrica
(SIUP) ed il patrocinio delle Società di Pediatria (SIP), di Medicina
dell’Adolescenza (SIMA) e di Chirurgia Pediatrica.
Il varicocele, ovvero la dilatazione varicosa delle vene testicolari,
può, specie nell’adulto, essere causa di fastidio, senso di peso,
vero e proprio dolore a fitte o continuo. Però nella maggior parte
dei casi è asintomatico e la sua importanza deriva dal fatto che è
la più frequente causa di sterilità maschile, essendo presente in
quasi la metà degli uomini che non possono avere figli (1). Studi
epidemiologici hanno dimostrato che il varicocele compare già nel
giovane e l’incidenza nell’adolescente (circa il 15-20%) è uguale a
quella dell’adulto (2, 3). Lo sfiancamento delle vene, conseguente
al reflusso di sangue dall’alto verso il basso nel circolo spermatico
interno, comporta un ristagno intorno al testicolo ed un rallentamento dei metaboliti della gonade stessa. Ne deriva una ipertermia della regione scrotale che è ritenuta essere la causa più probabile delle alterazioni testicolari progressivamente ingravescenti,
fino a diventare irreversibili (4, 5). Il trattamento del varicocele nell’adulto sterile comporta un ritorno alla fertilità normale solo nella
metà dei casi trattati (5). Per questo motivo è consigliabile un’azione preventiva, poiché nel giovane ancora non sono presenti
alterazioni irreversibili (6) ed il trattamento precoce consente una
fertilità migliore di casi non trattati o trattati tardivamente (7, 8).
Essendo, però, l’incidenza del varicocele di gran lunga superiore
Materiale e Metodo
Nell’anno 2005 un questionario sul varicocele dell’adolescente
(Tabella 1) è stato inviato a tutti i soci SIA e SIUP e a diverse asso-
Tabella 1 – Questionario sul varicocele.
1) Ritieni che il varicocele sia una patologia:
Congenita a lenta evoluzione q
Congenita scatenata dalla pubertà q
Indicare il settore di competenza
Pediatria-adolescentologia
q
Andrologia medica
Andrologia chirurgica
Chirurgia/urologia pediatrica
Radiologia vascolare
Endocrinologia
q
q
q
q
Ad espressione solo nell’adulto q
2) Ritieni che lo sport, specie a livello agonistico:
Sia causa di varicocele q
Possa peggiorare un varicocele preesistente q
Nessuna di queste q
3) Quanto ritieni importante l’esame obiettivo andrologico durante la visita di idoneità allo sport?
Poco q
Molto q
Non so q
3) Ritieni che il varicocele sia causa di alterazione della fertilità maschile?
NO q
SI q
4) Pensi che sia opportuno il trattamento del varicocele in età pediatrico-adolescenziale?
SI q
NO q
5) Se no, perché:
Il varicocele non va mai trattato q
Il varicocele va trattato nell’adulto solo se causa dolori o infertilità q
Prima della pubertà il varicocele non va trattato perché può guarire q
18
q
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile
Volume 4, n. 1, 2006
6) Se sì, da che età?
Sempre q
Sempre, purché rientri in determinate caratteristiche q
Solo dopo i 10 anni q
Solo dopo i 15 anni q
Solo dopo il completo sviluppo puberale q
7) In che posizione deve stare il paziente per valutare la presenza di varicocele?
In piedi q
Sdraiato q
In entrambe le posizioni q
8) Indicazioni al trattamento del varicocele in età pediatrico-adolescenziale:
A) Evidenza clinica (Classificazione di Dubin-Amelar: III grado) q
B) Evidenza clinica (II o III grado) + ipotrofia testicolare q
Testicolo 1 ml < del controlaterale q
Testicolo 2 ml < del controlaterale q
Testicolo 5 ml < del controlaterale q
Testicolo 1 4 < del controlaterale q
C) Evidenza clinica (III grado) + es. Doppler q
a) Presenza di reflusso continuo q
b) Presenza di reflusso provocato dal Valsalva q
D) Evidenza clinica (III grado) + ecocolordoppler testicolare q
(vedi 8C)
a q b q + diametro vena maggiore>1 mm q
(vedi 8C)
a q b q + diametro vena maggiore>2 mm q
(vedi 8C)
a q b q + diametro vena maggiore>3 mm q
E) Sospetto clinico + ecografia testicolare q
F) Solo ecocolordoppler testicolare q
Entità reflusso q
Diametro vena maggiore q
Volume testicoli q
9) Quale ritieni essere la metodica di trattamento più opportuna per il varicocele in età pediatricoadolescenziale?
A) Chirurgica q
Legatura retroperitoneale: solo venosa q
in blocco q
con risparmio linfatici q
Legatura inguinale q
Legatura microchirurgica con risparmio arterie/linfatici: subinguinale q
inguinale q
Laparoscopia: intraperitoneale q extraperitoneale q
solo venosa q
in blocco q
Retroperitoneoscopia q
B) Sclerosante q
Sclerosi retrograda: accesso transfemorale q
accesso transbrachiale q
Sclerosi anterograda q
Sclerosi Antero/Retrograda (contemporaneo accesso scrotale e transbrachiale) q
C) Conservativa q
Sospensorio q
Astensione da sport q
Farmacologica q
10) In alternativa a quella da te preferita, quale può essere la metodica di II scelta?
……………………………………………………………………………………………………………………………………………
11) In caso di insuccesso quale pensi essere l’iter più idoneo?
Aspettare i 18 anni e regolarsi in base allo spermiogramma q
19
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Ripetere lo stesso trattamento q
Scegliere una metodica diversa (II scelta) q
Eseguire prima una flebografia (anterograda q retrograda q) e poi decidere q
Ricorrere ad una metodica sclerosante: retrograda q
anterograda q
dipende dal I intervento q
12) In caso di varicocele bilaterale consigli:
Nessun trattamento q
Trattamento bilaterale sempre q
Trattamento solo a sinistra sempre q
Trattamento anche a dx se almeno II grado q
Trattamento a sin se rientra nei criteri precedentemente esposti, controllo e valutazione dopo i 18 anni per il dx q
13) A che età ritieni possa essere utile eseguire uno spermiogramma?
A 14 anni q
A 16 anni q
A 18 anni q
14) Quali esami di laboratorio ritieni possano essere utili nell’indicazione al trattamento del varicocele
pediatrico-adolescenziale?
Testosterone q
FSH q
LH q
Inibina B q
Test GnRH q
Presenza/assenza di spermatozoi nelle I urine della mattina q
Nessuno di questi q
ciazioni pediatriche, di endocrinologi, andrologi medici e radiologi.
La Consensus si è svolta in 2 giornate: la prima è stata dedicata
alla visione diretta in videoconferenza dalla Camera Operatoria
della Chirurgia Pediatrica del S. Camillo, di 5 interventi sul varicocele dell’adolescente con metodiche diverse, intervallati da relazioni di autorevoli esperti del settore; nella seconda giornata si è
svolta la Consensus vera e propria con la raccolta dei dati sia con
televoto diretto in sala congressuale sia dei questionari compilati
dai congressisti non presenti al televoto. Le 100 risposte della
Consensus sono state confrontate con le 155 pervenute prima dell’evento (Figura 1 a, b). Andrologi chirurghi e urologi pediatri sono
stati gli specialisti più rappresentati, essendo i primi maggiori dei
secondi nelle risposte pervenute prima dell’evento, il contrario alla
Consensus. Hanno però partecipato anche pediatri/adolescentologi, andrologi medici, endocrinologi e radiologi rendendo quindi
la Consensus polispecialistica.
Risultati
Viene effettuata un’analisi dei risultati ottenuti dal confronto di questi dati in relazione anche a precedenti simili eventi e dati della
Letteratura, per quanto riguarda i quesiti più importanti:
Alla domanda “Ritieni che il varicocele possa essere causa di alterazione della fertilità maschile?”, il 95% e il 99% delle risposte
rispettivamente prima e in sede di Consensus sono state affermative. Alla domanda “Pensi che sia opportuno il trattamento del varicocele in età pediatrico-adolescenziale?”, l’86.1% e il 93.8% dei
rispondenti sono d’accordo.
Visita del paziente (Figura 2 a, b).
Endocrinologi
Radiologi vascolari
Altro
Urologi pediatri
Pediatri/Adolescentologi
Andrologi medici
Andrologi chirurghi
Figura 1. (valori riportati in percentuale).
a: 155 questionari raccolti prima della Consensus
b: 100 risposte della Consensus
20
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile
Volume 4, n. 1, 2006
Mancante
In piedi
In entrambe le posizioni
Sdraiato
Figura 2. (valori riportati in percentuale).
a: questionari raccolti prima della Consensus
b: risposte della Consensus
Solo ecocolordoppler Sospetto clinico+ecografia
Evidenza clinica+ecocolordoppler
Evidenza clinica
+es. Doppler
Evidenza clinica+ipotrofia testicolare
Evidenza clinica (III grado)
La maggior parte di coloro che hanno risposto sono concordi nell’affermare che il paziente debba essere visitato almeno in piedi,
ma assolutamente non solo sdraiato.
Indicazione al trattamento (Figura 3 a, b)
Prima della Consensus il 50% dei rispondenti riteneva il solo
esame clinico sufficiente a porre indicazione al trattamento, il 40%
considerando indispensabile la presenza di ipotrofia testicolare.
Alla Consensus il 73% dei rispondenti giudica necessario aggiungere alla clinica una valutazione strumentale. Solo il 25% consiglia
il trattamento in esclusiva presenza di ipotrofia testicolare.
Metodica di trattamento più opportuna nel giovane (Tabella 2)
Il trattamento del varicocele consiste nell’interruzione del reflusso che può essere effettuato con legature chirurgiche delle vene
refluenti o con l’iniezione dentro di esse di un farmaco sclerosante.
Figura 3. (valori riportati in percentuale).
a: questionari raccolti prima della Consensus
b: risposte della Consensus
retroperitoneo (15, 16) (queste ultime anche per via laparoscopica (17)), ciascuna con propri vantaggi e svantaggi.
Le legature retroperitoneali
Sono probabilmente le tecniche più largamente utilizzate per la
cura del varicocele. Hanno il vantaggio di essere abbastanza
semplici, rapide, con rare complicanze postoperatorie.
Vengono eseguite con un’incisione di circa 4-5 cm lateralmente
poco al di sotto dell’ombelico come quella per un’appendicite,
per lo più a sinistra perché in genere il varicocele è da questo
lato.
Poiché le vene spermatiche hanno un decorso dalla superficie
anteriore del corpo (plesso pampiniforme), alla regione posteriore in prossimità dei reni, l’accesso retroperitoneale alto prevede
l’apertura della parete muscolare e questa manovra necessita di
anestesia generale. Si distinguono in una legatura solo venosa,
con risparmio dell’arteria che decorre parallela alla/e vena/e
Metodiche chirurgiche
Esistono diverse metodiche chirurgiche di legatura delle vene
refluenti a livello subinguinale (13), inguinale (14) o più in alto nel
21
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Tabella 2. Preferenza di modalità di trattamento per il varicocele dell’adolescente.
II Consensus
conference SIA
sul varicocele
(Trieste 14/09/01)
(%)
17° Congresso
Nazionale SIUP
(Roma 29/09/01)
Questionari
raccolti prima della
Consensus
Risposte alla
Consensus
(Roma 4/11/05)
(%)
(%)
(%)
Legatura Chirurgica generica
5
Legatura retrop. solo venosa
(Ivanissevich)
Legatura retrop. in blocco
(Palomo)
Legatura retrop. con
risparmio linfatici
Legatura retrop.
20
4
3
52
8
5
8
17
24
Legatura inguinale
non microchirurgica
16
9
3
Legatura microchirurgica
con risparmio arterie/ linfatici
21
23
19
11
6
3
2
Laparoscopia
20
Retroperitoneoscopia
Derivazione microchirurgica
4
Sclerosi generica
2
6
Sclerosi Retrograda
11
Sclerosi Anterograda
24
3
9
Sclerosi Antero/Retrograda
8
15
17
2
19
superiori alle tecniche tradizionali per l’utilizzo di apparecchiature sofisticate.
Le legature inguinali
Questo accesso ha il vantaggio di poter ispezionare ed eventualmente legare vene extrafunicolari, come la spermatica esterna che possono essere responsabili di recidive dopo legatura di
tutte le spermatiche interne. All’interno del canale inguinale, però,
le vene sono più numerose e più difficilmente possono essere
separate dall’arteria. Per questo motivo hanno un più alto numero di insuccessi.
Le legature microchirurgiche subinguinali
Viene descritta come la metodica a più bassa incidenza di recidive e complicanze se l’operazione viene condotta con l’ausilio
del microscopio operatore, che permette di isolare ed escludere
dalle legature le strutture arteriose e linfatiche. Proprio questo ne
limita l’utilizzo, comporta tempi operatori più lunghi e spesso
necessita di anestesia generale.
Esistono, poi, le tecniche di derivazione microchirurgica in cui la
vena spermatica viene collegata con un’altra vena come l’epigastrica. Lo scopo sarebbe quello di scaricare il sangue refluo dal
testicolo in un altro territorio, impedendo, quindi, il reflusso dalla
vena renale. Queste metodiche, negli ultimi anni, hanno perso
molto credito per la loro complessità senza avere vantaggi
rispetto alle metodiche tradizionali.
(Ivanissevich), da una legatura in blocco di tutto il fascio vascolare (Palomo).
La prima ha lo svantaggio di determinare una legatura spesso
incompleta. La persistenza di esili rami venosi periarteriosi possono riattivare il reflusso verso il testicolo shuntando le legature
dei rami più grossi. La ricorrenza del varicocele si manifesta in
circa il 20% dei casi.
La seconda, con una chiusura totale, ha una percentuale di successo molto più alta, del 95%, ma può causare l’interruzione dei
vasi linfatici del testicolo che decorrono paralleli alle vene. In
circa il 12% dei casi si manifesta per questo motivo un idrocele,
cioè una raccolta di liquido intorno al testicolo. Nella metà di questi soggetti sarà necessario un secondo intervento chirurgico
perché la raccolta persiste raggiungendo dimensioni considerevoli (18).
Le legature retroperitoneali possono essere condotte anche per
via laparoscopica: sull’addome vengono eseguite 3 incisioni di
circa 2 cm attraverso le quali si fanno passare una telecamera e
dei lunghi strumenti che vengono manovrati dall’esterno. La
laparoscopia non comporta un miglioramento dei risultati né una
riduzione dell’invasività, essendo sempre necessaria l’anestesia
generale.
Esistono, però, i potenziali rischi, anche se rari, di perforazione
accidentale di organi endoaddominali e i costi sono nettamente
22
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Attualità in tema di varicocele dell’età giovanile
Volume 4, n. 1, 2006
Metodiche sclerosanti
retrogrado con riduzione del tempo di scopia. L’opacizzazione del
circolo venoso in entrambe le direzioni è più completa e l’iniezione
della sostanza sclerosante contemporanea, antero/retrograda,
determina un più prolungato contatto di questa sulle superfici
interne delle vene favorendo una più sicura azione farmacologica.
Nella tabella 2 abbiamo il confronto delle preferenze del tipo di trattamento prima e alla Consensus. Questi dati sono stati paragonati a quelli ottenuti in precedenti simili eventi come la II Consensus
conference sul varicocele organizzata dalla SIA a Trieste il
14/09/01 (partecipanti in prevalenza andrologi e urologi dell’adulto) e una simile tenutasi nel corso del 17° Congresso Nazionale
SIUP a Roma il 29/09/01 (partecipanti tutti urologi pediatri).
Come è possibile constatare si è avuta una più ampia diversificazione delle opzioni terapeutiche con prevalenza della legatura
retroperitoneale con risparmio di linfatici, della legatura microchirurgica con risparmio arterie e linfatici a livello inguinale o subinguinale e delle tecniche sclerosanti in passato ritenute di livello
inferiore. Il confronto con i precedenti eventi mostra più similitudini
con la Consensus SIA che con quella SIUP pur essendo all’attuale Consensus più rappresentati gli urologi pediatri rispetto agli
andrologi dell’adulto.
Negli ultimi 15 anni si sono sviluppate le tecniche sclerosanti che
hanno il vantaggio di essere meno invasive, eseguibili in anestesia
locale e, quindi, in Day Hospital.
Sclerosi retrograda percutanea (19)
Viene abitualmente eseguita attraverso l’incannulamento percutaneo della vena femorale. Un sottile catetere viene sospinto verso
l’alto nella vena cava e, sotto controllo radioscopico, si inserisce
nella vena renale sinistra e, quindi, nella vena spermatica, che da
essa si origina. Presso la Radiologia Vascolare del S. Camillo, la
sclerosi retrograda viene effettuata, preferibilmente, attraverso la
vena alla piega del braccio (20). Tale modifica tecnica ha il vantaggio di essere meno invasiva dell’approccio transfemorale ed
offre un più agevole raggiungimento del distretto renospermatico
non solo a sinistra, ma, nei casi bilaterali, anche a destra, poiché il
catetere progredisce dall’alto verso il basso.
Una piccola quantità di anestetico locale nella sede della puntura
attraverso la quale viene inserito il catetere è sufficiente per tutta la
procedura. Una volta raggiunta la vena spermatica, si inietta, sotto
controllo radioscopico, la sostanza sclerosante. Nella stessa
seduta, se è presente un varicocele bilaterale, è possibile eseguire il trattamento sia a destra che a sinistra. Il paziente viene tenuto
a riposo per qualche ora e dimesso in giornata. La tecnica è molto
ben accettata per la bassa invasività anche dagli adolescenti,
però, tanto più giovani sono i soggetti tanto più è difficile raggiungere il distretto reno-spermatico per spasmi, anomalie venose o
presenza di valvole: l’impossibilità ad eseguire la sclerosi si aggira in età adolescenziale attorno al 14% (21).
Sclerosi anterograda (22, 23)
Previa anestesia locale della regione inguinale, si esegue un’incisione di circa 1 cm alla radice dello scroto e si isola direttamente
una o più vene del plesso pampiniforme che vengono incannulate. Dopo aver effettuato un controllo radiologico mostrante il passaggio nelle vene spermatiche interne, si inietta la sostanza sclerosante. Successivamente la/e vena/e viene/vengono legata/e e la
piccola ferita suturata con punti riassorbibili.
Il ricovero è in Day Hospital con dimissione in giornata.
Sclerosi antero/retrograda (24)
Le precedenti metodiche, ormai largamente accettate per la loro
bassa invasività, hanno una possibilità di successo intorno al 94%.
L’esperienza acquisita con centinaia di casi, in cui abbiamo potuto evidenziare l’anatomia del circolo venoso testicolare, sia per via
retrograda che per via anterograda, ci ha permesso di appurare
che la maggior parte degli insuccessi è la conseguenza di una
insufficiente sclerosi, per mancata visualizzazione di vene collaterali con una delle due tecniche precedenti.
Abbiamo, quindi, pensato di associare le due procedure nella
stessa seduta. Questo ci permette, mantenendo una ridotta invasività, di risolvere in prima battuta anche quei casi che fino a poco
tempo fa erano soggetti a recidiva. La flebografia anterograda,
visualizzando la vena spermatica, ne facilita l’incannulamento
Conclusioni
Da questa Consensus conference sul varicocele emergono chiaramente alcuni dati importanti che devono essere tenuti in considerazione dai pediatri ed adolescentologi: il varicocele è una patologia molto frequente, va attentamente ricercata e non sottovalutata durante l’esame clinico di ogni giovane. La visita deve essere
effettuata sia in piedi che sdraiato: questo è molto importante nel
paziente pediatrico dove si è soliti effettuare le visite in posizione
supina. Per l’indicazione al trattamento non è più accettabile la
sola visita clinica, troppo operatore dipendente (25), suscettibile di
falsi positivi (iperafflusso vascolare normale nelle prima fasi di sviluppo), non in grado di valutare l’entità del reflusso e, quindi, separare i casi più importanti candidati al trattamento, dalle forme più
modeste che vanno controllati nel tempo. A 18 anni, ma non
prima, sarà possibile effettuare uno spermiogramma e considerare l’ipotesi di un trattamento nei soggetti con varicocele minore.
L’ipotrofia testicolare, troppo spesso considerata la “conditio sine
qua non” per procedere al trattamento (9), è in realtà l’espressione di un danno già avvenuto, che non sempre sarà recuperabile.
Se si vuole ottenere un’azione preventiva, è necessario intervenire
prima dell’instaurarsi dell’ipotrofia. La valutazione del reflusso deve
essere effettuata almeno con un Doppler. L’ecocolordoppler darà
informazioni più complete fornendo dati sul reflusso, sul volume di
entrambi i testicoli, sul diametro delle vene, sulla possibile presenza di patologie associate. Di scarsa utilità, invece, la sola ecografia testicolare. Per quanto riguarda il trattamento, non vengono più
ritenute valide metodiche chirurgiche come la legatura retroperitoneale solo venosa (Ivanissevich), per l’alta incidenza di recidive. La
23
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
stessa legatura in blocco (Palomo), considerata fino a poco tempo
fa di prima scelta per le poche recidive, viene ormai scartata per
l’alto numero di idrocele secondario, essendo ormai di gran lunga
superata dalla legatura in blocco con risparmio di linfatici. Le tecniche laparoscopiche e retroperitoneoscopiche non sono altro che
metodiche moderne di approccio al retroperitoneo e tecnicamente non differiscono dalle legature chirurgiche in blocco o con
risparmio di arteria, ma con costi più elevati e non dovrebbero
essere considerate come prima scelta. Se si vuole procedere con
una legatura a livello inguinale o subinguinale, questa deve essere effettuata con tecnica microchirurgica per risparmiare strutture
arteriose e linfatiche.
Le tecniche sclerosanti hanno avuto un grosso consenso rispetto
a precedenti simili eventi (vedi Consensus conference di Trieste e
SIUP). Per la prima volta si è parlato e votato tre tecniche ben
distinte: la Sclerosi Retrograda (SR), la Sclerosi Anterograda (SA)
e la Sclerosi Antero/Retrograda (SA/R). Tra queste la SR trova
meno sostenitori, probabilmente per l’alta incidenza di impossibilità, soprattutto nel paziente giovane, cosa che non avviene con la
SA, sempre possibile, con ottimi risultati e possibile anche con la
sola anestesia locale. L’associazione delle due metodiche (SA/R)
ha il più alto grado di preferenza perché è comprensibile l’azione
sinergica delle due singole procedure senza aumento d’invasività.
Infine, la laboratoristica non sembra ancora offrire una certezza su
cui basarsi per poter indirizzare al trattamento un giovane con varicocele, in quanto, a tutt’oggi, non sono disponibili markers che
confermino un danno testicolare e predittivi di un possibile recupero funzionale. Certo è che l’importanza dell’individuazione precoce di questa patologia è la prevenzione del possibile danno
sulla futura fertilità. Sono auspicabili per il prossimo futuro lavori su
larga scala su esami di laboratorio come l’FSH e l’Inibina B.
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Corrispondenza:
Tinga DJ, Jager S, Bruijnen C, Kremer J, Mansink HJ. Factors
related to semen improvement and fertility after varicocele
operation. Fertil Steril 1984; 41: 404-10.
Via Asmara, 10/A - 00199 Roma
Tel. 06/86214551
e-mail: [email protected]
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Dott. Guglielmo Mazzoni
24
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Indagine conoscitiva
sui bisogni
e comportamenti
a rischio
degli studenti
di Lamezia Terme
Raffaela Renne, Vincenza Carnei, Vincenza Colacino
Unità Operativa di Pediatria di Comunità - Distretto Sanitario del Lamentino
Lamezia Terme
Riassunto
Questo studio riporta i risultati di un’indagine campionaria condotta su 516 studenti calabresi, di età compresa tra
i 14 e 22 anni. Nel questionario sono stati inseriti diversi items. Il
consumo di alcool coinvolgeva il 55% dei giovani, per quanto
riguarda l’uso di droghe l’1% degli intervistati ammetteva di farne
uso. Il 22% aveva fatto una visita medica nell’ultimo mese, il 61%
negli ultimi 6 mesi ed il 17% da oltre un anno. I motivi di consultazione medica sono stati principalmente visite specialistiche di
controllo e certificati medici (25%). Il 60% dei giovani ha richiesto
di poter avere più informazioni sulla contraccezione, educazione
sessuale e malattie sessualmente trasmesse. I genitori, la scuola
dovrebbero essere i primi educatori dei ragazzi sui temi della
sessualità ed i pediatri dovrebbero integrare questo compito in
occasione dei controlli clinici ed i bilanci di salute.
I
Premessa
l lavoro è nato come offerta di servizio che la Pediatria di
Comunità fornisce alle scuole del territorio A.S. n. 6. La richiesta
di intervento è partita da due istituti (Istituto Tecnico Commerciale
“V. De Fazio” e Istituto Professionale Commerciale “L. Einaudi” di
Lamezia Terme) nell’anno scolastico 2002-2003 in merito ai programmi di educazione alla salute previsti nelle scuole.
Parole chiave: fabbisogni degli adolescenti, comportamenti
a rischio, educazione sessuale, scuola.
Pazienti e Metodi
Negli incontri di programmazione tra operatori della scuola e
dell’A.S. si è ravvisata la necessità di conoscere i reali bisogni dei
giovani a livello socio-sanitario, partendo dai loro stili di vita. Si è
quindi deciso di approntare uno strumento di ricerca di facile
somministrazione limitando l’intervento su un campione stratificato della popolazione scolastica interessata. Tale questionario
comprendeva una serie di items a risposta chiusa ed alcune a
risposta multipla. È stato somministrato a 516 alunni pari al 25%
della popolazione scolastica frequentante i due istituti interessati.
Le classi di età considerate sono state 14-16 anni (55%), 17-19
ani (43%) e 20-22 anni (2%). Per quanto riguarda il sesso il 37%
erano maschi ed il 63% femmine.
Adolescents’ needs and risk
behaviours in 516 students
living in the South of Italy
Summary
This study reports the results of a survey on adolescent’ needs and risk behaviours in a group of 516 students,
aged 14 to 22 years, living in Lamezia Terme – Italy. Alcohol consumption and drug abuse was registered in 55% and 1%, respectively. Twenty-two percent of adolescents had a medical examination in the last month and 41% in the last 6 months. Sixty percent
of youth requested more information on contraception, sexual
education and sexual transmitted diseases. The ideal learning
environments for the sexual education are the family and the
school. Pediatricians should integrate sexual education into clinical practice from early childhood through adolescence.
Risultati
Key words: adolescent needs, risk behaviours, sexual education,
school.
In relazione alla p ro ve ni e nz a dei giovani è emerso che il 64%
era residente a Lamezia Terme, il 25% proveniva dai paesi del
25
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
distretto del lamentino, mentre l’11% non ha risposto alla domanda, indicando in tal modo la volontà di mantenere l’anonimato,
pur essendo stato garantito questo aspetto nel questionario.
Per quanto riguardava il p r a n z o il 98% rispondeva che veniva
consumato a casa e solo il 2% fuori casa. L’alimentazione era
“normale” nel 93% e solo nel 7% era “particolare” (intolleranza
alimentare, dieta ipocalorica).
L’aa tti v it à s p orti v a veniva praticata dal 64% dei ragazzi (il 2% non
ha dato alcuna risposta). Il 41% praticava regolarmente uno
sport, il 32% settimanalmente, il 27% occasionalmente.
Dai dati emergeva che il co ns umo d i al c o ol coinvolgeva i giovani in percentuale elevata (55%); l’1% non ha risposto alla
domanda. Sul totale delle risposte affermative, il 60% faceva uso
di birra, il 21% consumava vino, il 19% consumava superalcolici.
Il consumo di bevande alcoliche era giornaliero nel 6%, settimanale nel 16% ed occasionale nel 78%.
Il consumo dell’alcool risultava condizionato dallo stato d’animo
in cui si trovava il ragazzo: nel 24% se era felice, 7% se triste, 2%
se preoccupato.
Il 59% degli intervistati aveva bevuto in compagnia di amici.
Il c on sumo di si g are tte tra i giovani intervistati risultava poco
diffuso (26%). Il 3% non ha risposto alla domanda. Relativamente
alla quantità di sigarette fumate giornalmente, il 31% ne fumava
da 1 a 3, il 46% da 4 a 10 e il 23% ne consumava più di 10. Tra i
fumatori solo il 44% dichiarava di voler smettere, il 39% di non
voler smettere e il 17% non ha dato alcuna risposta.
Per quanto riguarda l’uuso d i dro ghe la quasi totalità rispondeva
di non farne uso (91%), l’1% ne ammetteva il consumo e il restante 8% preferiva non rispondere.
Una sezione del questionario prevedeva domande circa la sa l ute d ei gi ova ni ed il consumo di farmaci. Dalle risposte raccolte
risultava che il 22% aveva fatto una visita medica nell’ultimo
mese, il 41% negli ultimi 6 mesi, il 17% da oltre un anno; il 20%
preferiva non rispondere. I motivi di consultazione medica sono
stati: visite di controllo o certificati medici per il 25%, visite specialistiche nell’8% degli adolescenti, rispettivamente per sintomi
influenzali (20%), problemi osteo-articolari (6%), problemi legati
ad incidenti (1%), motivi vari (14%), il restante 26% non ha specificato il motivo della visita medica.
Il 13% faceva uso di farmaci, al momento dell’indagine, mentre
l’84% non ne assumeva, il 3% non ha dato una risposta.
Alle domande sulle allergie il 27% rispondeva sì e il 2% non
rispondeva. Tra gli allergeni più diffusi troviamo: polvere 44%,
polline e graminacee 34%, alimenti 12%, farmaci 4%, pelo di animali 4%, altro 2%. Sono risultate frequenti le allergie multiple.
La parte finale del questionario prevedeva una serie di items
riguardanti argomenti quali: la salute, il proprio aspetto fisico, il
rapporto con i familiari, la scuola e domande volte a sondare gli
stati d’animo, le aspettative per il futuro.
I dati, in percentuale, vengono riportati nella Tabella 1.
Dall’analisi dei dati su indicati, si possono cogliere alcune indicazioni in merito ai vissuti familiari, sociali, personale e sanitari
degli adolescenti. Per quanto riguarda il rapporto con il loro
corpo emergeva che i ragazzi erano preoccupati per il loro stato
Tabella 1. Domande inserite nel questionario distribuito agli adolescenti
(le risposte vengono riportate in %).
Ho problemi nell’addormentarmi
Mi sveglio durante il sonno
Mi stanco facilmente
Soffro di mal di testa
Soffro di mal di stomaco
Sono preoccupato/a per la mia salute
Non mi piace il mio aspetto
Vorrei essere più magro/a
Sono terrorizzato/a all’idea di ingrassare
Sono preoccupato/a per la salute di un mio familiare
Mi piacerebbe cambiare qualcosa nel rapporto con mia madre
Mi piacerebbe cambiare qualcosa nel rapporto con mio padre
Sono soddisfatto/a della scuola
Ho problemi a scuola
Sono preoccupato/a per la scuola
Sono preoccupato/a per il mio futuro
A volte mi sento triste
26
Sì
No
Non so
Non indicato
15
36
17
38
27
33
28
49
44
68
29
33
43
23
37
50
60
81
60
77
55
68
57
52
46
47
26
63
59
37
64
52
33
28
2
3
5
5
3
8
18
4
7
5
7
7
19
12
9
16
10
2
1
1
2
2
2
2
1
2
1
1
1
1
1
2
1
2
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Indagine conoscitiva sui bisogni e comportamenti a rischio degli studenti di Lamezia Terme
Volume 4, n. 1, 2006
Tabella 2. Argomenti che desiderano approfondire gli adolescenti.
Sessualità
Malattie sessualmente
trasmesse
Contraccezione
Droghe
Alcool
Trapianti
Donazione
di organi
Alimentazione
e disturbi
collegati
Incidenti e
primo soccorso
Altro
Non indicato
60%
34%
31%
27%
16%
8%
4%
di salute nel 33% degli intervistati, il 38% soffriva di mal di testa e
il 27% soffriva di mal di stomaco. Il sonno era “disturbato” nel
36% dei casi. Il 52% non era soddisfatto del proprio aspetto corporeo, il 49% desiderava essere più magro ed il 44% era “terrorizzato” all’idea di ingrassare.
In merito alla sfera delle relazioni familiari il 29% desiderava cambiare il rapporto con la madre ed il 33% il rapporto con il padre.
Il 61% era preoccupato per lo stato di salute dei familiari.
Per quanto atteneva la relazionalità con la scuola e lo studio, il
37% rispondeva di non essere soddisfatto della scuola, il 23% di
avere “problemi” ed il 37% di essere preoccupato per la scuola.
Il 50% dei giovani era preoccupato per il proprio futuro molti di
loro (60%) a volte si sentivano tristi. Nell’ultima parte del questionario è stato proposto ai ragazzi di indicare gli argomenti che
desideravano approfondire. Le risposte raccolte sono state sintetizzare nella Tabella 2.
Corrispondenza:
Dott.ssa Raffaela Renne
AS 6 Lametia Terme
Unità Distrettuale Materno - Infantile
Via Scaramuzzino, 33 - Lamezia Terme
Tel.: 0968/441787
e-mail: [email protected]
Commento
tempo, nei programmi di insegnamento delle scuole. In Svezia
dal 1956 l’educazione sessuale è obbligatoria per tutti i ragazzi dai 7 ai 19 anni. Negli Stati Uniti è stata introdotta, come
materia di insegnamento, nel 1965. La legge sull’istruzione,
tuttavia, varia da Stato a Stato (3). In Francia è obbligatoria dal
1973, ma solo come informazione sessuale, nei programmi di
scienze. In Belgio, Portogallo e Cipro l’educazione sessuale è
considerata materiale interdisciplinare (3). In Italia, malgrado
l’impegno di molte forze politiche e movimenti di opinione, una
normativa organica in materia non è mai riuscita a superare lo
stadio di proposta. Tuttavia, nonostante il vuoto legislativo, in
molte scuole italiane si svolgono programmi di educazione alla
salute socio-affettiva e sessuale, affidati a docenti, psicologi,
medici e pedagogisti (3).
La letteratura mette a disposizione una serie di metodologie
per attuare un intervento di educazione sessuale nelle scuole.
Per creare le condizioni più adatte allo svolgimento di un’adeguata comunicazione interpersonale ed un buon livello di
apprendimento è necessario coinvolgere attivamente i ragazzi
utilizzando le tecniche di lavoro in piccoli gruppi, role-playing,
raccolta delle “domande segrete”, peer education.
Non bisogna, tuttavia, dimenticare che le lezioni frontali, sebbene debbano essere limitate, offrono la possibilità di sviluppare nei ragazzi la conoscenza e l’approfondimento di temi
specifici.
Varie proposte organizzative vengono, usualmente, utilizzate
per proporre incontri di formazione nelle scuole. L’approccio
da noi seguito nelle scuole medie e superiori viene riportato
nella Tabella 1.
In conclusione, occuparsi di educazione sessuale significa
svolgere una attività educativa diretta a:
1. aiutare i ragazzi a prendere decisioni responsabili nell’am-
Lo studio riporta i risultati di un’indagine campionaria condotta su 516 studenti calabresi, di età compresa tra i 14 e 22 anni.
Nel questionario sono stati inseriti diversi items che riguardavano l’alimentazione, i comportamenti a rischio, la salute, il
consumo di farmaci, l’aspetto fisico, il rapporto con i familiari,
la scuola e le aspettative future.
Nell’ultima parte del questionario è stato proposto ai ragazzi di
riportare gli argomenti che desideravano approfondire. Il 60%
degli intervistati ha indicato la sessualità, la contraccezione e
le malattie a trasmissione sessuale.
Usualmente, gli amici, il partner, i fratelli/sorelle ed i massmedia (giornali, settimanali, TV) rappresentano gli interlocutori
o la principale fonte di informazione utilizzata dagli adolescenti per approfondire i problemi legati alla sessualità (1, 2).
L a f ami g li a e l a sc u o la
Da molti Esperti viene ritenuto che i genitori e la scuola
dovrebbero essere gli educatori privilegiati degli adolescenti
sui temi della sessualità. Si ritiene, infatti, che l’educazione
sessuale svolta dai genitori possa avere effetti benefici sulla
prevenzione dei comportamenti a rischio (2). Nonostante ciò,
uno studio, condotto nel 2003, su 236 genitori di ragazzi ferraresi che frequentavano la terza media, ha messo in evidenza
che i genitori si sentivano impreparati su diverse problematiche e desideravano approfondire argomenti quali: gli aspetti
psicologici e relazionali (81%), la crescita e pubertà (60%), la
sessualità (49%), i comportamenti a rischio (48%) e l’alimentazione (28%) (De Sanctis V; dati non pubblicati, 2004).
Un’altra importante agenzia comunicativa è la scuola. Nei
Paesi del Nord Europa l’educazione sessuale è entrata, da
27
bito delle relazioni interpersonali;
2. incoraggiare ad esaminare
criticamente i propri valori, le proprie abitudini e quelle degli altri;
3. sviluppare la capacità di comunicazione e dialogo nei rapporti con gli
altri;
4. rafforzare la stima in se stessi e l’immagine che si ha di sé; elementi questi
importanti nel processo decisionale e nelle
relazioni interpersonali;
5. esplorare sentimenti ed attitudini quali l’amore, la collera,
il rispetto, la tristezza ed il dolore (3).
Per poter svolgere efficacemente questi compiti il pediatra
dovrà possedere una formazione ad hoc, che dovrà comprendere:
a) padronanza delle conoscenza relative all’educazione sessuale;
b) abilità tecniche di insegnamento che facilitino l’apprendimento;
c) approfondita conoscenza degli aspetti medico-legali dell’età adolescenziale;
d) conoscenza degli aspetti psicologici ed etici.
Allo scopo di favorire una consulenza sia per gli adolescenti
che per i loro genitori, il Committee on psychological aspect of
child and family health and Committee on adolescence (4)
hanno redatto un documento che ha lo scopo di promuovere
cambiamenti responsabili nei giovani. I pediatri dovrebbero
conoscere queste raccomandazioni allo scopo di fornire
accurate informazioni sia ai genitori che agli adolescenti e
sostenere la comunicazione tra genitori-figli-docenti sulla educazione sessuale (2).
Vincenzo De Sanctis
Direttore U.O. Pediatria ed Adolescentologia
Arcispedale S. Anna, Ferrara
Tabella 1. Ipotesi organizzativa per un ciclo di incontri sul tema dell’educazione sessuale
per gli studenti delle scuole medie e superiori.
1. identificare in maniera chiara gli obiettivi
2. coinvolgere tutto il consiglio di classe, in particolare i docenti la cui disciplina è più specificatamente coinvolta nella
conduzione dell’attività. L’insegnante referente dovrà informare brevemente i ragazzi dell’incontro che avranno con
il professionista esterno alla scuola. È auspicabile una riunione con i genitori prima di incontrare i ragazzi
3. incontrare gruppi di studenti poco numerosi e già affiatati tra loro. Utilizzare un tempo minimo per sentire
la classe (attese sull’incontro e su quali, fra i temi previsti, è preferibile concentrare l’attenzione)
4. porre una grande attenzione per far sì che l’educazione sessuale offerta sia adatta alla maturità dei ragazzi/e
coinvolti, la quale non sempre corrisponde alla loro età anagrafica
5. richiedere la presenza degli insegnanti durante gli incontri (non è obbligatorio)
6. mettersi in sintonia con i bisogni e l’esperienza interiore di chi ascolta
7. rispondere alla domande degli studenti in modo adeguato
8. tenere in considerazione i particolari fattori culturali o religiosi che emergono nella discussione sull’argomento
sessuale, e le aspettative dei genitori riguardo al livello di esplicitazione dei concetti e della presentazione
che verrà fatta
9. favorire un intervento attivo dei ragazzi evitando la diretta esposizione di problemi personali
10. evitare qualsiasi atteggiamento di tipo “giudicante”
11. effettuare una verifica e valutazione, alla fine degli incontri, tramite questionari anonimi consegnati agli studenti
12. richiedere un incontro conclusivo con i Docenti per verificare l’efficacia del progetto svolto
13. offrire la possibilità ai ragazzi, ai docenti e genitori di incontri singoli con i professionisti coinvolti nel corso
di formazione
Bibliografia essenziale
1.
De Sanctis V, Ravaioli E, Tangerini A. Adolescenza e sessualità.
Riv Ital Pediatr (IJP) 2000; 26: 720-724
2.
De Sanctis V, Vergine G, Pedretti S, Fiscina B. Sessualità ed
educazione sessuale nell’adolescente. Prospettive in Pediatria
2005; 35: 115-122
28
3.
De Sanctis V, Fiscina B, Mangiagli A, Campisi S, Vergine G.
L’educazione sessuale nelle scuole. Quaderni Pediatria 2004;
3: 305-308
4.
Committee on psychological aspects of child and family health
and Committeee on Adolescence. Sexuality education for
children and adolescents. Pediatrics 2001; 2: 498-502
Per quanti adolescenti il faticoso processo
di metamorfosi è impedito da troppi ostacoli
oggettivi o è pagato con un disagio mentale?
F. Franchini*, N. Giusti**
*Professore Associato del Dipartimento di Pediatria di Firenze
**Assistente volontaria
Torniamo indietro nel tempo
Nell’antica Roma la levatrice prendeva il bambino
ancora sporco di umori materni e lo deponeva al suolo.
Il gesto si proponeva tre scopi:
provocare il pianto del bambino al contatto con la terra;
vedere se il piccolo fosse ben conformato e di conseguenza
ben accetto agli dei nuziali;
fargli salutare la Madre Terra.
Poi il pater familias doveva sollevare il bambino da terra verso il
cielo: questo significava accettare il neonato. Se il bambino
fosse stato deforme o considerato illegittimo sarebbe stato invece esposto nella pubblica piazza. Una particolarità: il padre
doveva sollevare verticalmente il figlio. Ciò significava che mentre la nascita biologica avveniva in senso orizzontale, quella
sociale avveniva verticalmente. L’essere umano infatti si distingue dall’essere animale grazie alla posizione eretta. Quindi il
gesto ieratico del pater riproponeva il significato etimologico del
termine ALLEVARE (tirare su).
Per noi pediatri ci sono due buchi culturali spaventosi: uno
riguarda la vita prenatale, l’altro l’adolescenza. Per via
dei miei figli io sono arrivato al dialogo con adolescenti e
giovani; è il più difficile, il più delicato.
È possibile per il pediatra il dialogo con questi giovani?
Io rispondo di sì, ma a due condizioni: una l’aver cominciato questo dialogare, l’aver avuto la pazienza di dialogare per anni ed anni. Un rapporto tra due persone, e
siano pure un padre e un figlio, non si improvvisa, si
costruisce.
Le famose ragioni del sangue in questo rapporto non
c’entrano per niente.
La paternità naturale ha un significato
puramente animale; essa non ha
neanche una briciola di importanza,
nemmeno un’ombra se il padre non
ha lavorato a trasformare il rapporto naturale in rapporto
umano (F. Panizon).
L’altra condizione che è
indispensabile è la solidarietà. Se come adulti comprendiamo che facciamo
parte psicologicamente di
un mondo superato e che i
nostri figli, anche quando sono mediocri, sono più avanti di noi
perché sono nati dopo, perché capiscono certe cose del giorno
d’oggi meglio di noi, perché usano più facilmente degli strumenti che il mondo d’oggi pone a loro disposizione; e dunque comprendiamo che possiamo aiutarli solo a patto di autocriticarci
continuamente senza pietà.
L’amore filiale è naturale, ma viverlo sinceramente tra i mille problemi di ogni giorno è difficile. I figli non imparano dalle parole
ma dal comportamento del padre e della madre.
La modernità con cui oggi abbiamo a che fare è spuria, di facciata: fare la settimana bianca, possedere un certo tipo di macchina, possedere particolari congegni elettronici. La vera
modernità consisterebbe nella capacità di dire: “qui
sto io e così penso io, ma rispetto gli altri”,
quindi al di fuori del conformismo.
Spesso trasferendo sugli adolescenti gli schemi mentali della
società degli adulti si pensa
29
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 3, n. 3, 2005
ma: “Io sapeva bene i progetti ch’Ella formava
su di noi e come per assicurare la felicità di una
cosa ch’io non conosco ma sento chiamar
casa e famiglia. Ella esigeva da noi il sacrificio
non di roba né di cure ma delle nostre inclinazioni della gioventù e di tutta la nostra vita”.
Il desiderio del figlio di seguire liberamente la
propria vocazione poetica si scontrava con la
volontà del padre di avviarlo alla carriera ecclesiastica “per la felicità d’una cosa che io non
conosco ma sento chiamar casa e famiglia”.
Il giudizio di Leopardi sull’educazione ricevuta
dai genitori è molto severo e la sua poesia
esprime bene il rimpianto per un’adolescenza
e giovinezza vissute in solitudine, senza affetto
e senza gioia alcuna e con un disperato desiderio d’amore, di vita e di felicità rimasto inappagato.
Conclusioni
che il figlio desideri vedere nel padre un uomo di vasta cultura o
di posizione sociale elevata, di educazione raffinata o con un
lavoro prestigioso o di grande notorietà. In realtà un uomo ammirevole agli occhi del figlio può fare qualsiasi lavoro purché vi si
dedichi con serietà. Il ragazzo è fiero di suo padre per quello che
fa, sia che lo faccia per il vicino di casa o per la comunità.
Ripetendo quanto abbiamo detto, la vera modernità consiste
nella autonomia critica del giudizio personale, nella capacità di
dire:
“qui sto io e così penso io, ma rispetto gli altri” e quindi al di fuori
del conformismo fare scegliere l’adolescente il suo futuro. Ancor
oggi ad esempio nella scelta del tipo di scuola secondaria vince
la determinata volontà di padri alla cui onorata autorità di giudici,
avvocati, professori di lettere, l’idea di un figlio in una scuola tecnica sembra una profanazione.
Giacomo Leopardi uno dei più grandi poeti del XIX secolo in
seguito ad un suo fallito tentativo di fuga da casa, scrive al padre
una lettera in cui parlando di sé e di suo fratello, ad un tratto affer-
Cosa deve fare il pediatra di fronte all’adolescente?
Innanzi tutto prenderlo sul serio.
Il pediatra può diventare la figura adulta più credibile, più incisiva e gradita per il bambino e l’adolescente, ma deve riuscire a
farsi accettare (E. Bani).
Solo in questo modo avrà compreso a pieno l’antico epigramma
“un medico che sia solo medico non è neanche medico”.
Bibliografia
30
1.
Barbiellini-Amidei G. I nuovi ragazzi. Ed. Rizzoli, 1987.
2.
Bettelheim B. Un genitore quasi perfetto. Ed. Feltrinelli, 1987.
3.
Barbiellini-Amidei G. Ragazzo dove vai? Ed. Mondadori, 1990.
4.
Dolto F. Adolescenza. Ed. Mondadori, 1990.
5.
Parisi M.R. Il pensiero bambino. Ed. Mondadori, 1991.
Le nuove tecnologie
Masal Pas Bagdadi
Psicoterapeuta
Milano
Indubbiamente le nuove tecnologie hanno cambiato
la realtà di tutti noi, in modo particolare nella scuola e all’interno
della vita familiare. Per tal motivo è necessario riflettere sui molteplici problemi psicologici che in un modo o nell’altro coinvolgono chi li usa; l’attenzione deve essere rivolta in particolare al
mondo dell’infanzia e, in tal senso, è necessario creare nuove
tecniche di intervento e più efficaci modalità relazionali che soddisfino i bisogni intellettuali ed emotivi dei ragazzi, ponendo particolare attenzione alle misure di protezione obbligatorie nei confronti dei minori. Il mondo delle tecnologie è molto affascinante
ed eccitante per bambini-ragazzi
che navigando su internet o a
volte assistendo a programmi
televisivi inadeguati alla loro età,
possono avere disturbi psichici
non indifferenti. I Cyber di per sé
non hanno niente a che fare con
le difficoltà che si presentano e
ci colpiscono ogni tanto. Sono
consapevole dei cambiamenti
che sono avvenuti negli ultimi
quindici-vent’anni, ma occorre
sottolineare ai genitori e agli
educatori che i bisogni fondamentali dei bambini d’oggi sono
gli stessi dei bambini di ieri. La diversità riguarda piuttosto gli
strumenti a loro disposizione per accedere alla conoscenza e
alla realtà che li circonda.
Sicuramente le capacità innate dei bambini a manipolare gli strumenti tecnologici nell’età evolutiva ci può essere utile per modificare le didattiche attualmente in uso. Naturalmente devono essere prese in considerazione le caratteristiche psico-fisiche del
bambino nelle varie fasce d’età. Va precisato che la comprensione della maggior parte degli eventi che il bambino incontra nel
suo cammino di crescita passa prima attraverso l’apparato emotivo e solo successivamente è investita dal processo razionale.
Quindi, chi si occupa di educazione non deve dimenticare questi aspetti se desidera incidere positivamente nel suo operato.
Certamente ci vogliono adulti capaci di relazionarsi con i bambini in modo creativo senza stabilire in anticipo tutto quello che
deve succedere; lasciare spazio d’ascolto, è utile per capire
cosa pensano i giovani e per stabilire un rapporto di fiducia preparandoli anche a eventuali pericoli insiti nella navigazione di
internet. Andare in rete o chattare o usare il computer in modo
inconsapevole è come mandare i figli fuori casa a sei anni da soli
senza prepararli ai pericoli che possono incontrare. Il pericolo
principale è che si perdano per strada o che facciano del male o
ancora peggio che qualcun altro faccia loro del male.
Mi torna in mente una bimba di 9 anni che aveva difficoltà con i
compagni di scuola, paura degli estranei, del buio e dei giuochi
competitivi. Aveva una passione sfrenata per il computer, ogni
sera chattava con gli amici adolescenti dei suoi fratelli e i familiari
le permettevano di fare tutto quello che voleva. Io l’ho subito definita una piccola tiranna. Comunque, gioca oggi gioca domani, la
bimba si mise in contatto con
sconosciuti, si spaventò e spense il computer. Ma conoscendo
la grande curiosità dei bambini
ho spiegato ai genitori il pericolo
cui la loro figlia andava incontro
e che sarebbe stato opportuno
spostare il computer dalla sua
stanza e controllare di più quello
che faceva. Naturalmente ho
spiegato ai genitori le altre difficoltà della bambina dando loro
dei suggerimenti adeguati. Il
computer e i suoi derivati posssono rafforzare o ampliare il
senso di onnipotenza già presente nella struttura infantile e intralciare la loro crescita, creare senso di dipendenza, aumentare le
confusioni tra il vero e il finto che in certi casi può provocare crisi
psicotiche, in altri casi disturbi del sonno e, a volte, confusione
nella sfera sessuale per le molteplici informazioni che riescono a
scoprire in internet.
Con tutto ciò, le nuove tecnologie sono utili e straordinarie per
l’apprendimento, la comunicazione e per sviluppare anche la
creatività. Ma, accanto all’uso corretto che deve tener conto,
almeno nelle grandi linee, della griglia tradizionale dell’età evolutiva, è importante aprire regolarmente discussioni di gruppo su
quello che i bambini vedono, scoprono in televisione e in internet, e sul loro pensiero a riguardo. Infatti, i gruppi di discussione
assorbono e sciolgono le tensioni accumulate e “riordinano” le
informazioni confuse.
Le metodologie dell’insegnamento anche se possono essere
molto utili e efficaci, non devono essere fini a se stesse, l’oggetto del nostro interesse deve sempre essere il bambino che
abbiamo davanti a noi nella sua globalità e concretezza.
31
Caso Clinico
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Un giovane adolescente
con macchie cutanee
e “tumefazione” ossea
al livello del cranio
Riassunto
La sindrome di Mc Cune-Albright è una condizione
clinica causata dalla presenza di mutazioni post-zigotiche nel
gene che codifica per la subunità α della proteina G (Gsα). Ne
risulta un’attivazione costituzionale del sistema dell’adenilatociclasi proteina G-correlato in assenza di stimolazione specifica
del recettore, con conseguente iperproliferazione cellulare e/o
ipersecrezione ormonale, che interessa solo i tessuti derivati dalle
cellule mutate. In base alla precocità dell’evento mutazionale, si
realizza una sindrome classica (displasia fibrosa ossea poliostotica, macchie cutanee caffè-latte e pubertà precoce periferica) o
una non classica (con soltanto una o due delle tre manifestazioni
cliniche maggiori); possono essere inoltre presenti alcune manifestazioni minori (ipercortisolismo, ipertiroidismo, ipersecrezione
dell’ormone della crescita, iperprolattinemia). Viene descritto un
giovane adolescente di 11.5 anni affetto da sindrome di Mc
Cune-Albright, la cui storia clinica era iniziata all’età di 5 anni e
4/12 con il riscontro di tumefazione cranica di consistenza dura in
sede parietale sinistra, ma senza che fosse stata effettuata la diagnosi. Gli Autori riportano la eziopatogenesi, diagnosi differenziale ed il trattamento.
Emanuela Maria Manca, Silvano Bertelloni
Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Pisa
Daniele, ritenuto affetto da neurofibromatosi di tipo 1 (NF1), giunge alla nostra osservazione per pubertà anticipata all’età di 11
anni, 6/12. La storia clinica di Daniele inizia all’età di 5 anni e
4/12, quando viene notata, dalla madre, una tumefazione cranica di consistenza dura in sede parietale sinistra. A tale tumefazione non si associa alcuna sintomatologia né soggettiva né
oggettiva, ma il pediatra rileva alcune macchie caffè-latte a livello cutaneo (Figura 1).
Il bambino viene inviato ad un centro di neurochirurgia pediatrica dove viene eseguita TC del cranio, che dimostra la presenza
di un’alterazione osteo-strutturale nella sede della tumefazione.
La TC mette inoltre in evidenza una riduzione della densità ossea
e dello spessore a carico dell’osso parietale, frontale, temporale
sinistro. Viene eseguita una biopsia ossea che documenta una
displasia fibrosa ossea. I neurochirurghi in un primo tempo prospettano un intervento di asportazione della lesione ossea, che
non viene eseguito per l’estensione a tutta l’emibase sinistra. Per
l’associazione della displasia ossea e macchie cutanee caffèlatte si pone la diagnosi di neurofibromatosi; vengono eseguite
una visita oculistica con ricerca dei noduli di Lisch e una valutazione audiometrica per la ricerca di lesioni indicative di neurinoma del nervo acustico, che risultano negative. Daniele viene
seguito per alcuni anni ambulatorialmente senza che si verifichino variazioni significative né della tumefazione ossea cranica né
delle macchie cutanee.
Alla nostra prima osservazione, la valutazione auxologica dimostra una situazione nella norma per l’età del ragazzo (Tabella 1).
Si conferma il rilievo di tumefazione cranica e di macchie cutanee
caffè-latte distribuite simmetricamente davanti alla linea mediana
a margini nettamente frastagliati (Figura 1). Tuttavia, i caratteri clinici e le indagini precedentemente effettuate non soddisfano i
criteri per la diagnosi di neurofibromatosi (Tabella 2).
Per la diagnosi di NF1 devono essere presenti almeno due criteri.
Inoltre, le caratteristiche istologiche e radiologiche della lesione
ossea unitamente alle caratteristiche delle macchie cutanee
sono più indicative per un’altra patologia che si accompagna a
displasia discromica della cute, cioè la sindrome di Mc CuneAlbright (McAs) (Tabella 3).
Si esegue quindi una scintigrafia con tecnezio disfosfonato che
Parole chiave: sindrome di Mc Cune-Albright, giovane
adolescente, macchie caffè-latte, tumefazione ossa, scintigrafia
ossea.
A young adolescent boy with
cafè-au-lait spots and skull
bone swelling
Summary
Mc Cune-Albright syndrome is due to missense
mutations in the gene codifying for α subunit of protein G
(Gsα). The genetic anomaly provides a constitutive activation
of adenylate-cyclase protein G-correlate in the absence of any
receptor specific stimulus, which causes cellular hyperproliferation and/or hormonal hypersecretion. The α subunit mutation
occurs in the zygote and involves only tissues derived from
mutated cells. According to the precocity of the mutational
event, either classical (bone fibrous displasia polyostotic, cafèau-lait skin spots with intended border, peripheral precocious
puberty) or nonclassical (only one or two of the major clinical
symptoms) syndrome may occur; other symptoms (hypercortisolism, hyperthyroidism, growth hormon hypersecretion,
hyperprolactinemia) may be present, too. In this report, a
young adolescent boy (11.5 years old) presenting for anticipated puberty is described. His clinic history begun at the age of
5.4 years with a hard bone swelling in left parietalis region of
the skull. A delay diagnosis occurred till the present observation. The Authors report the etiopathogenesis, differential diagnosis and treatment.
Key words: Mc Cune-Albright syndrome, young adolescent
boy, cafè-au-lait skin spots, bone swelling, bone scintigraphy.
32
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
Tabella 1. Valutazione auxologica.
Età
(anni)
Statura
(cm)
Peso
(k g)
Peso ideale
( kg )
Deficit ponderale
( %)
Stadio
puberale
Volume testicoli
(m l)
Statura bersaglio
(c m )
11,
6/12
145,7
(50° centile)
40,0
44,2
10,5
G2
PH1
dx 4,0
sx 4,0
174,5
(50° centile)
mette in evidenza diverse zone di iperaccumulo del radiofarmaco [teca cranica (regione parietale sinistra, parete orbitaria esterna sinistra), alcuni tratti costali (tratti laterali di IV, VI, VIII, IX, XI
coste di sinistra) corpo dell’ileo, 1/3 prossimale della diafisi
femorale sinistra e della fibula sinistra (Figura 2)]; tali reperti sono
compatibili con una osteodisplasia poliostotica.
Le indagini di laboratorio mettono in evidenza un aumento sia
della fosfatasi alcalina totale (1482UI/l; v.n 80-640) che del suo
isoenzima osseo (139 ng/ml; v.n <20) e dell’escrezione urinaria
di fosforo (23,0 mg/kg/die; v.n < 21) in assenza di un incremento di paratormone. Tali reperti permettono di confermare la diagnosi di sindrome di Mc Cune-Albright.
Commento e conclusioni
Figura 2.
Scintigrafia ossea con
tecnezio bisfosfonato.
La sindrome di Mc Cune-Albright è una condizione clinica causata dalla presenza di mutazioni “missense” nel gene che codifica per la subunità alfa della proteina G (Gsα). Ne consegue
un’attivazione costituzionale del sistema dell’adenilato ciclasi
proteina G-correlato in assenza di stimolazione specifica del recettore con iperproliferazione cellulare e/o ipersecrezione ormonale (4, 5).
Le mutazioni del gene per la Gsα si verificano nello zigote dopo
il concepimento per cui hanno una distribuzione a mosaico, interessando solo i tessuti derivati dalle cellule mutate come schematizzato in Figura 3.
In relazione a tale meccanismo patogenetico, si hanno quadri clinici eterogenei e complessi in base al momento più o meno precoce di comparsa dell’evento mutazionale. Clinicamente, sono
distinguibili due forme principali: la forma classica e quella non
classica. La prima è caratterizzata dalla presenza della specifica
triade sintomatologica, cioè macchie cutanee caffè-latte, displasia fibrosa ossea poliostotica e pubertà precoce periferica. Nella
Figura 1.
Macchie caffè-latte.
Tabella 2. Criteri diagnostici di neurofibromatosi di tipo I (1).
Macchie caffè-latte
Neurofibromi
Noduli di Lisch
Freckling
Glioma
Alterazioni Ossee
Ereditarietà
≥6
diametro = 5 mm
in età prepubere
diametro > 15 mm
in età postpubere
≥2
oppure un
neurofibroma
plessiforme
≥2
Ascellare
Inguinale
Nervo
ottico
Displasia dello
sfenoide o
assottigliamento
della parte
compatta delle
ossa lunghe
entrambi con
possibile
pseudoartrosi
Parenti di 1°
grado con
neurofibromatosi
tipo I
33
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 4, n. 1, 2006
bromatosi di tipo 1, sono la sindrome di Bloom (bassa statura
armonica, eritema teleangectasico, viso stretto e lungo, macchie
caffè-latte) e la sindrome di Silver-Russel (bassa statura armonica, asimmetria scheletrica, viso piccolo e triangolare, clinodattilia del V dito, macchie caffè-latte).
Nella McAs, il trattamento dell’osteodisplasia sembra avvalersi
della somministrazione di bifosfonati, cioè farmaci in grado di inibire l’attività osteoclastica. Uno studio multicentrico ha messo in
evidenza che la somministrazione di pamidronato (1 mg/kg/die
per tre giorni consecutivi ogni 6 mesi) ha determinato una riduzione del dolore osseo, una riduzione dell’incidenza di fratture e
di anomalie dell’andatura mentre nessun effetto si è registrato
sulle deformità ossee che tuttavia non sono aumentate nel periodo di trattamento (6). Non sono, tuttavia, disponibili studi randomizzati o caso-controllo né esperienze su ampie popolazioni di
soggetti, difficili da effettuare anche per la rarità della malattia.
Il trattamento della pubertà precoce periferica è molto difficoltoso dovendo utilizzare farmaci in grado di inibire la sintesi degli
steroidi sessuali o bloccare la loro azione a livello periferico. Per
la displasia cutanea non esiste trattamento mentre per le altre
manifestazioni sono richiesti interventi terapeutici specifici in relazione al tipo di tessuto interessato e alle manifestazioni cliniche.
Tabella 3. Caratteri clinici della Sindrome di McAs (2, 3).
Manifestazioni
cliniche
Dati
letteratura
Nostro
paziente
Displasia fibrosa ossea
poliostotica
Pubertà precoce periferica
Macchie cutanee caffè-latte
52/90
67/90
65/90
si
no
si
Minori
25/90
no
Maggiori
Epatopatia
Ipertiroidismo
Iperprolattinemia
Ipersecrezione di GH-IGF1
Ipercortisolismo
Perdita renale di fosfati
Ritardo psicomotorio
Diplegia spastica dall’infanzia
forma non classica sono presenti, come in Daniele, solo una o
due delle tre manifestazioni cliniche maggiori. Solo in una ridotta
percentuale di pazienti (Tabella 3) possono essere presenti manifestazioni minori come: ipercortisolismo, ipertiroidismo, ipersecrezione di ormone della crescita, iperprolattinemia. Si possono
inoltre riscontrare alterazioni della funzione di fegato, rene, cuore,
polmoni, che possono anche essere causa di morte.
La diagnosi rimane eminentemente clinica. Data la natura postzigotica della mutazione genetica la sua ricerca nel sangue periferico è positiva solo in una minoranza di pazienti, mentre più frequentemente è possibile rilevarla in biopsie dei tessuti affetti.
Per quanto riguarda la diagnosi differenziale le condizioni cliniche che hanno elementi comuni con la McAs, oltre alla neurofi-
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Corrispondenza:
Dott. Silvano Bertelloni
Figura 3.
Meccanismo patogenetico delle
manifestazioni cliniche nella McAs:
la mutazione post-zigotica (cellula
nera) si trasmette solo ai tessuti
che prendono origine dalla cellula
portatrice della mutazione(5).
Dipartimento di Pediatria
Università degli Studi di Pisa
Tel. 050/922743
e-mail: [email protected]
34
Dietary habits
of adolescents
in public schools
of Ludhiana,
Punjab, India
MAGAM NOTES
Section Editor: Bernadette Fiscina, New York
Tanuj Aggarwal, Daljit Singh, R.C. Bhatia, Praveen C. Sobti
Dayanand Medical College and Hospital, Ludhiana, Punjab, India
Summary
Objective: To study the dietary habits of adolescents in public schools in Ludhiana, Punjab, India and
relate them to obesity.
Material and Methods: One thousand adolescents of upper socio-economic status completed a prevalidated questionnaire including demographic data, dietary habits and exercise pattern. Weight and height of all the children were measured, and compared to the results of the questionnaire.
Results: There were 500 boys and 500 girls. Out of the total study group, 60% were vegetarians, and vegetarianism was
found in significantly more girls (67.8%) than boys (50.8%). On the other hand, eating meals outside the home once per
week or more was significantly more frequent in boys (37.8%) as compared to girls (22.4%). In the study group, 85.3%
of adolescents reported replacing meals with snacks, almost daily in 30.2% of boys and 20% of girls. The preferred
snack items were patties/burger/hot-dogs, maggi/noodles/pasta, and chips/kurkura. Only 6.9% of adolescents reported
eating snacks between breakfast and lunch, the time when they are in school. The majority of students (82% of boys
and 86% of girls) spent up to Rs. 100/- week on snacks. About 20% of adolescents skipped meals at least once/twice a
month. The meal skipped most often was breakfast (51.9%) and the most common reason reported for skipping meals
was lack of time. Dieting as a reason for skipping meals was found in a small percentage (8.9%) of children.
The overall rate of obesity was 3.4% with no significant difference between boys and girls, however significantly greater
numbers of boys (15%) were over-weight as compared to girls (10%). Obesity was found to be more prevalent in children eating non-vegetarian food, and eating meals outside the home and replacing meals with snacks were found to be
significantly more common in obese and overweight children than in adolescents with a normal body mass index.
Aberrant dietary habits among adolescents are common. A comprehensive multilevel intervention involving parents,
schoolteachers, health care professionals and media is warranted.
Key words: dietary habits, vegetarians, obesity, adolescents.
Introduction
Today adolescents (10-19 years of age) constitute approximately one-fifth of the world’s population, with more than four-fifths of
them living in developing countries. The growth and development
of adolescents depend to a large extent on their nutrition. Along
with the physical growth of puberty, emotional and intellectual
development is also rapid. The emotional turmoil of the age commonly affects adolescent eating habits.
New food habits may appear which have psychosocial and
socio-economic causes, including peer influence, rejection of
family constraints, search for autonomy and identity, increase of
purchasing power, urbanization and the habit of eating outside
the home (1, 2).
The last two decades have witnessed tremendous changes in
the food habits of the Indian population, especially in urban and
semi-urban areas. Fast foods are replacing our traditional menu
not only in restaurants and snack bars but in households as well.
A number of factors contribute to the increasing trend of dining
out, including the growing number of working mothers, increased
dual income households, smaller families, higher incomes, more
fast food outlets, increased advertising and promotion by large
food service chains (3). Increased availability of fast foods results
in increased volume of food obtained away from home, which
may adversely affect the nutritional quality of the diet. The deleterious effect of the change in dietary pattern is witnessed by the
35
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
MAGAM NOTES
ments. The association between television viewing and food consumption can be explained in part by the frequent references to
food or the consumption of food that occurs during both commercials and prime-time programmes. The amount of time spent
viewing television directly correlates with the request, purchase
and consumption of foods advertised and also increases
between-meal snacking (10). Thus television may have immense
effect on dietary habits and excess viewing may predispose to
childhood obesity. Punjab is a prosperous state, and Ludhiana,
an industrial city, has a large population of affluent families who
are exposed to modern lifestyles. Moreover, the living and eating
patterns are rapidly evolving with the influence of western culture.
Children belonging to high school/senior secondary classes are
particularly vulnerable to external factors owing to newfound
increasing incidences of obesity, hypertension,
and diabetes, especially among younger generations (4). Since dietary behaviour tracks well from early
childhood, the establishment of healthy eating patterns at a very
young age might support better diet during childhood and subsequently in adulthood. Obesity is a global nutritional concern,
and has increased dramatically among children over the past
three decades. The prevalence of obesity has doubled in adults
and children and tripled in American adolescents over the past
two decades (5). The prevalence is also increasing in many
countries in which previously the major nutritional disorder was
malnutrition caused by limited calorie availability (6). School
based data on obesity in India shows a prevalence of 5.6-24%
among children and adolescents (7). The increasing incidence of
Table 1. Distribution according to dietary habits.
Diet
Boys
Girls
Total
p-value
Vegetarian
254 (50.80)
339 (67.80)
593 (59.30)
< 0.01*
Non-vegetarian
173 (34.60)
77 (15.40)
250 (25.00)
< 0.01*
Veg+egg
73 (14.60)
84 (16.80)
157 (15.70)
>0.05
Figures in parentheses indicate percentage. * Significant
Table 2. Frequency of eating meals outside the home.
Frequency
Boys (n=500)
Girls (n=500)
Total
≤ Once a month
200 (40.00)
283 (56.60)
4.83 (48.30)
Twice a month
111 (22.20)
105 (21.00)
216 (21.60)
Once a week
151 (30.20)
93 (18.60)
244 (24.40)
> Once a week
38 (7.60)
19 (3.80)
54 (5.70)
Mean score
2.05
1.70
1.88
Figures in parentheses indicate percentage. Mean score=average no. meals outside/month.
independence and the influence of peer pressure and exposure
to media. Since limited data are available regarding the nutrition
of adolescents belonging to well-to-do families of Punjab, the
present study was conducted on the dietary habits of adolescents [grades 9-12] in public schools of Ludhiana.
obesity in this population points towards the intake of too many
calories, too little physical activity and a lot of time spent in
sedentary behavior. The home and school environments play a
major role in determining a child’s attitude towards the choice
and consumption of individual foods. Children of private schools
may be expected to enjoy good health due to better health
awareness and lack of economic constraints (8) but erratic eating behaviour, such as unhealthy dieting, binge eating or meal
skipping are common. The habit of snacking is also very common in school children. Home and canteens are the two main
places where food is eaten, therefore it is important to provide a
variety of nutritious snacks, especially in vending machines located in schools (9). Snacks may contribute significantly to a balanced diet, if the right food choices are taken. Adolescents and
children are also a prime target audience for television advertise-
Aims and objectives
The study was carried out to assess the nutritional preferences of
adolescents in public schools of Ludhiana, to compare the patterns in boys and girls, and to relate them to body mass index.
Materials and methods
The school based cross-sectional study was conducted on 1000
adolescents, including equal number of boys and girls in the IXXII standard in public schools of Ludhiana city.
36
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
MAGAM NOTES
Table 3. Frequency of substituting snacks for meals.
Frequency
Boys
Girls
Total
p-value
1-2xmonth
86 (17.20)
140 (28.00)
226 (22.60)
< 0.01*
1xweek
181 (36.20)
173 (34.60)
354 (35.40)
> 0.05
Almost daily
151 (30.20)
100 (20.00)
251 (25.10)
< 0.01*
Several times a day
8 (1.60)
14 (2.80)
22 (2.20)
> 0.05
Never
74 (14.80)
73 (14.60)
147 (14.70)
> 0.05
Figures in parentheses indicate percentage. * Significant
Selection of schools and study
subjects
Results
The present study was conducted in public schools of Ludhiana
frequented by the affluent segment of the population, defined as
those charging a monthly fee of Rs 1000/- or more per student.
Three of 10 schools meeting the criteria were selected by a purposeful sampling procedure according to operational feasibility,
that staff and students were willing to cooperate and that schools
were in close vicinity to the hospital.
All students from the IX-XII standard were selected and collection
of data was continued until the required sample size was
obtained.
Forty-one percent (41%) of the students were 14 years old, 28.4%
were 15 years old, 28.2% were 16, and 2.4% were 17. Of the total
1000 adolescents, 593 (59.3%) were vegetarians, 250 (25%)
were non-vegetarians and 157 (15.7%) were ova-vegetarians (i.e.
vegetarians who also consumed eggs) (Table 1). Vegetarianism
was more common among girls (67.8%) as compared to boys
(50.8%), whereas a larger percentage of boys (34.6%) were nonvegetarians as compared to 15.4% of girls. These differences
were found to be statistically significant (p<0.01).
As shown in Table 2, 51.7% of the study group ate meals outside
the home more often than once a month, the trend being more
common in boys. A large percentage (30.1%) admitted to eating
out once a week or more. This does not include meals consumed
at school.
Adolescents also skipped meals. In the study group, 20.5% of
adolescents skipped meals at least once or twice a month,
23.4% at least once a week, 12.9% more often than once a week
and 18.3% almost daily. The difference between the boys and
girls was not statistically significant. The meal skipped most often
was breakfast (51.9%), the frequency being higher in girls. The
most common reason for skipping meals was lack of time, as
reported by 58.32% of the adolescents. This reason was cited
more commonly by boys (68.2%) than girls (49.9%) and the difference was statistically significant. Dieting was a reason for skipping meals in a small percentage (8.9%). Taking snacks as a reason for skipping meals was more commonly seen in girls
(33.4%) as compared to boys (25.7%) and this difference was
statistically significant. In the study group 85.3% of the adolescents reported substituting snacks for meals (Table 3). Meals
were replaced by snacks almost daily by 30.2% of boys and 20%
of girls and this difference was statistically significant.
Most (90%) of the adolescents in the study group preferred to eat
snacks between lunch and dinner. This tendency was significantly more common in girls as compared to boys. Only 6.92%
reported eating snacks between breakfast and lunch, i.e. when
they are in school. The three most preferred snack
items (in order) in boys were patties/burgers/hotdogs, maggi/noodles/ pasta and chips/ kurkura;
Collection of data
The students were required to complete a pre-validated questionnaire. Each question was first explained to the students, and
queries clarified before seeking the written responses. For each
student, demographic data were collected including age, sex,
and parental occupation; dietary habits were then assessed. All
of the questions were simple to answer and most of them were
of a single response type.
Anthropometric measurements
Physical growth of all the selected adolescents was assessed by
recording the body weight (kg) and height (cm) and by calculating the body mass index. Height and body weight of each student were measured by standard accepted techniques. A single
observer made all the recordings. BMI of each subject was calculated using the formula:
BMI=
Weight (kg)
Height (m2)
Students with BMI ≥ 95th percentile for age and sex were considered obese and those with BMI ≥ 85th percentile as overweight (11).
Statistical analysis
The results were analyzed statistically by applying students’ ttest, Z-test and Chi-Square (χ2) test. P-value was calculated and
value of p<0.05 was considered significant.
37
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
MAGAM NOTES
in girls, they were chips/
Table 4. Time spent in viewing TV/sitting at computer.
kurkura, maggi/noodles/pasta and patties/burger/hotdogs.
Boys
Girls
p-value
Time (hrs/day)
Soft drinks ranked fourth in order of prefer<1
154 (30.80)
168 (33.60)
> 0.05
ence in boys and eighth in girls. Both boys
1–4
286 (57.20)
264 (52.80)
> 0.05
and girls, with a statistically significant
>
4
60
(12.00)
68
(13.60)
>
0.05
higher mean frequency in boys, consumed
milk, chapati and vegetables almost daily
Figures in parentheses indicate percentage.
to several times a day.
Meat, chicken and fish were consumed
once or twice a month up to once or twice a week, less often in
centage (82.3%) was non-vegetarian, whereas only 8.8% of veggirls as compared to boys. The adolescents consumed fruits and
etarians and ovo-vegetarians were obese (Table 6). A normal
juices once or twice a week to almost daily with no significant difbody mass index was more characteristic of vegetarians.
ference between boys and girls. The majority of boys (84.4%) and
The mean frequency of eating meals outside the home was
girls (86.4%) reported the consumption of at least one fresh fruit
found to be significantly higher in obese and overweight adolesper day.
cents (Table 7). The mean scores of substituting snacks for
Among the total of 62% of adolescents who wished to change
meals were also significantly higher in obese and overweight
their eating habits, 9.4% of boys and 24.6% of girls reported that
adolescents as compared to adolescents with a normal body
they would prefer to eat less. More boys (16.8%) than girls
mass index.
(12.2%) wished they would not eat junk foods. Interestingly, more
When obese and overweight adolescents were compared to norboys (14%) than girls (3.2%) wished they would eat more and the
mal adolescents, they had a significantly greater preference for
difference was statistically significant.
snacks, especially patties, burgers, hot-dogs, chips, kurkura,
The majority of adolescents, 62.8% of boys and 65.4% of girls,
maggi and noodles. Obese and overweight adolescents had a
reported that they eat non-conventional foods because of persignificantly lower frequency of consuming fruits and juices. They
sonal preference. Peer pressure affected a significantly greater
more frequently consumed meat, chicken, eggs, cheese and
number of boys (14.6%) than girls (9.8%). In the study group, TV
wheat chapati.
advertisement was not a major influence on the non-conventional food intake.
As seen in Table 4, most of the adolescents in the study group,
Discussion
57.2% of boys and 52.8% of girls, spent 1-4 hours a day watching TV or sitting at the computer. There was no significant differSnacks generally form an integral part of the diet for both children
ence between the time spent by boys and girls. A significantly
and adolescents. The increased appetite characteristic of this
larger number of boys (32.4%) than girls (18.2%) performed reggrowth period leads some adolescents to satisfy their hunger with
ular exercise. More girls than boys had an irregular (36.4% vs.
fast foods that are high in sugar and fat and low in protein. Lack
29.6%) or occasional (45.4% vs. 38%) exercise schedule and the
of activity plays an important role in the development, progression
differences were statistically significant. The overall incidence of
and perpetuation of obesity in adolescence. Physical inactivity
obesity in the study group was 3.4%, with no significant differhas a prime role not only in the development of overweight and
ence between boys and girls (Table 5). A significantly greater
obesity, but also in the development of chronic diseases such as
number of boys (15%) as compared to girls (10.2%) were overheart disease, diabetes, hypertension, cancer, bowel problems
weight.
and osteoporosis in later life. Obese children tend to become
Out of the total number of 34 obese children, a significant perobese adults. The dietary patterns in obesity are complex and
Table 5. Rates of obesity among school children 14-17 years of age.
BMI
Boys
Girls
Total
p-value
Obese
19 (3.80)
15 (3.00)
34 (3.40)
> 0.05
Overweight
75 (15.00)
51 (10.20)
126 (12.68)
< 0.05*
Normal
406 (81.20)
434 (86.80)
840 (84.00)
< 0.05*
Total
500
500
1000
Figures in parentheses indicate percentage. * Significant
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
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Table 6. Relationship of food habits to body mass index.
BMI
Food habits
Obese (34)
Overweight (126)
Normal (840)
Vegetarian
3 (8.82)
54 (42.86)
536 (63.81)
Non-vegetarian
28 (82.36)
25 (19.84)
197 (23.45)
Vegetarian + Egg
3 (8.82)
47 (37.30)
107 (12.74)
χ2 value: 47.24 p-value: < 0.001
Table 7. Relationships of eating meals outside and substituting snacks for meals with obesity.
BMI
Mean score of eating
meal outside
Mean score of replacing meals
with snacks
Obese
2.35
2.17
Overweight
2.01
1.91
Normal
1.84
1.74
p-values
Between obese and overweight
<0.05
Between obese and normal
< 0.01
Between overweight and normal
<0.05
Mean score=average number of events/month
poorly understood. While individual nutrients have been implicated in obesity, few attempts have been made to identify eating
habits in this regard. Most of the studies have been conducted
on adults, with very little reported on the eating pattern-obesity
relationship in children and adolescents.
who also reported that more than half of adolescents like to eat
meals outside the home in fast food restaurants and prefer junk
food over regular meals.
The present study also showed that 98.4% of adolescents
skipped meals and that breakfast was the most commonly
skipped meal (51.90%), followed by dinner (20.6%) and lunch
(15.7%). In our study group 18.3% of students skipped meals
almost daily and the frequency was similar in males and females.
In the present study, the most common reason given for skipping
meals was “no time” in 58.3%, with a significant difference
between boys (68.22%) and girls (49.96%). The other reasons
given were dislike for taste (36.2%), having snacks in place of
meals (29.60%) and dieting (8.9%).
In Neumark-Sztainer’s study (14), the reasons given by adolescents for dieting were to look better (87% of girls and 27% of
boys), to improve health (18% of girls, 27% of boys), and at the
suggestion of a parent or doctor (7% of girls and 14% of boys).
Augustine et al. (15) noted that 20% of girls reported skipping
meals as a plan for losing weight.
In contrast, in the present study the major reason given for skipping meals was lack of time. The food frequency data provides
information on patterns of food intake among our population of
adolescents.
It helps in determining the types of foods these adolescents are consuming and whether they are getting
adequate nutrition. We found the items that
Dietary habits
Out of total 1000 adolescents, the majority (59.3%) were vegetarians, and more girls than boys were vegetarian (67.8% vs.
50.8%). The frequency of consuming eggs was lower than that of
ingesting non-vegetarian foods. This was more common in girls
than in boys, but the difference was not statistically significant
(p>0.05). This report is in contrast with the previous study conducted by Kapil, Srivastava et al. (4), who found a higher intake
rate of non-vegetarian items in adolescents of a high socio-economic group (50-60%). Bhatia et al. (12) in a study on nutrition
and eating patterns among adolescents in Chandigarh, found
that two-thirds of adolescents were vegetarian, and that the rate
was higher in an urban population.
Eating out has become popular. Youngsters prefer to go out with
their friends for meals, though families also go out together. In the
present study, 52 per cent of children ate meals outside the
home with a frequency of more than once a month, boys more
frequently than girls (60% and 43% respectively).
The results of this study were consistent with the previous studies done by Baudier et al. (13), Bhatia et al. (12), and Lin et al. (3),
39
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
MAGAM NOTES
females). Since snacking is part of the adolescent diet, it is
important to provide a variety of nutritious snacks in schools and
at home. Snacks may contribute to a balanced diet if right food
choices are taken. Because of the genetic predisposition of the
people of Punjab making them more susceptible to heart diseases as compared to people in other regions of the country and
the west, the children should be especially careful to avoid junk
food and to remain physically fit.
In the present study, the prevalence of obesity was 3.8% in males
and 3% in females. The rate of overweight (BMI > 85th percentile)
was 15% in males and 10.2% in females. The overall incidence of
obesity was 3.4% and of overweight was 12.68%.
Our results showed that the majority of the students spent 1-4
hours daily watching television and/or sitting at the computer.
One of the major reasons for childhood obesity is increased
sedentary activity.
Watching television requires no energy expenditure in excess of
resting metabolic rates and it may reduce the time spent in more
energy-consuming activities. This, coupled with poor dietary
habits, can lead to a significant increase in the number of children with Type II diabetes and a predisposition to hypertension
and coronary artery disease.
were consumed almost daily/several times a day
included milk, curd, dal, fruits and vegetables.
The food items that were consumed less frequently
(once/twice a month) included meat/chicken, fish and eggs.
About 85% of adolescents reported eating one fresh fruit per day
with no difference between males and females.
In a study conducted by Susan et al. (16) on fruit and vegetable
intakes of children and adolescents in the United States it was
found that only one in five children consumed five or more servings of fruits and vegetables per day. Half of all children aged 218 years consumed less than a serving of fruit per day. The
results of the present study show that the intake of fruits, vegetables and milk is satisfactory in our adolescents. High consumption of fruits was due to easy availability, nor was the cost factor
a constraint among these subjects.
Milk is the most acceptable drink for most growing children. Milk
and milk products occupy a special place in the dietary menu of
Punjabis, as is obvious from the results of the present study. This
food group is known to be of a high nutritional quality and its frequent intake is a symbol of prosperity. Since the subjects in the
present study belonged to an upper socio-economic group, the
price of milk and milk products, although high, did not discourage their consumption. Surprisingly, the consumption of soft
drink beverages was not common, according to our study.
Summary and Conclusions
1. Of the total 1000 adolescents enrolled in the study, the
majority were found to be vegetarians (59.3%) with a significant difference between boys (50.8%) and girls (67.8%). One
fourth of the adolescents were non-vegetarians (34.6% of
boys and 15.4% of girls); the rest were ovo-vegetarians.
2. Many of the adolescents (51.7%) liked to eat meals outside
the home and 5.7% did so with a frequency of more than
once a week. The frequency of eating meals outside the
home was found to be higher in boys than in girls.
3. Substituting snacks for meals more than 1-2 times a month
was seen in 77.4% of adolescents. Snacks replaced meals
almost daily in 30.2% of boys and 20% of girls. Snacks were
most commonly eaten between lunch and dinner.
4. A large percentage of adolescents (88.2%) skipped meals.
Breakfast was the most commonly skipped meal and the
main reason given was lack of time. Approximately 12% of
students skipped meals more than once a week with no significant difference between boys and girls.
5. Snacks taken most often between meals were patties, burgers, hotdogs, maggi, noodles, pasta, chips and kurkura. Soft
drinks were preferred more by boys than girls. About 84% of
adolescents spent up to 100 rupees on snacks per week.
6. The food items most frequently consumed (almost daily/several times a day) included milk, vegetables, fruits and juices,
dal and chapati. Non-vegetarian foods such as meat or
chicken, fish and eggs were consumed less frequently by
most of the adolescents. About 85% of adolescents ate one
fresh fruit per day.
Snacking
In this report, the habit of substituting snacks for meals was found
in 85.3% of adolescents. Out of 1000 adolescents, 25.1%
replaced snacks for meals almost daily. This trend was found to
be significantly more common in boys as compared to girls
(p<0.01). Snacks were most commonly eaten between lunch and
dinner (90%) whereas only 6.9% of subjects ate snacks between
breakfast and lunch, that is, the time when they are in school.
The most common items taken were patties/burgers/hot dogs,
chips/ kurkura, maggi/noodles, followed by golgappas/tikkis,
samosa/bread pakora and soft drinks.
Kapil, Srivastava et al. (4), in their study on dietary practices and
beliefs among adolescent girls, found that the practice of eating
snacks between major meals was almost universal (92-100%).
The present study was consistent with the study done by Bhatia
et al. (12) on nutrition and eating patterns among adolescents in
Chandigarh, which reported that 58.8% of adolescents preferred
fast food items over regular meals. Among the junk food items,
samosa (42.4%), tikki/chat (39.7%), noodles (25.4%), burger
(24.5%) and pizza (23.3%) were preferred most by the adolescents.
In the present study, the main reasons given by students for eating non-conventional foods were personal preference (62.8% of
males and 65.4% of females), for a change (24.2% of males and
27.4% of females), and peer influence (14.6% of males and 9.8%
of females). Only a few reported eating non-conventional food
because of television advertisements (5.6% of males and 7.2% of
40
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
MAGAM NOTES
7. Most of the adolescents (60%) considered their food habits
reasonable while only 5.8% regarded their food habits as
bad. About 62% of adolescents wanted a change in their
dietary habits. Girls preferred to eat less while boys preferred
to eat more. A significant number of adolescents wished not
to eat junk food and snacks in between meals.
8. The main reasons given for eating non-conventional food
items were personal preference (64.6%) or for a change
(26.8%). About 14.6% of boys ate non-conventional foods in
the company of their friends. Only 5.4% of adolescents gave
TV advertisements as a reason for eating non-conventional
food items.
9. Fasting was observed by almost 30% of adolescents. The
practice was more common in girls and the main reason
given was religious beliefs.
10. About 55% of adolescents spent 1-4 hours per day watching
television or sitting at the computer with no difference
between boys and girls.
11. Only one fourth of the adolescents reported exercising regularly. Boys more commonly (32.4%) reported “doing regular
exercise” as compared to girls (18.2%).
12. The overall incidence of obesity was found to be 3.4% with
no statistically significant difference between boys and girls.
Overweight was more common in boys (15%) as compared
to girls (12.68%).
13. The majority of obese individuals were found to be non-vegetarian (82.36%) whereas only 23.45% of normal individuals
were found to be non-vegetarian.
14. Eating meals outside the home and replacing meals with
snacks were found to be significantly more common in
obese and overweight children than in adolescents with a
normal body mass index.
Incorporate physical activities into daily routine e.g. walking or
cycling to school.
Promote active life-styles including at least one hour of vigorous play per day.
Decrease sedentary behaviour
Limit television viewing, sitting at the computer and other
sedentary activities to less than 2 hours per day.
Celebrations should be in the form of outdoor play or picnics
rather than watching a movie.
Health education
Role of schools
Introduce nutrition and physical education in the school curriculum.
Make changes in the school food environment, such as
increasing both the availability and promotion of healthier
foods, which will have a positive effect on student’s food purchases.
Actively involve students, food service staff, faculty and
administrative staff in school food policy development and
implementation.
Role of parents
Support children in making healthy changes in their diet.
Knowledge, attitude and behaviour (modeling) must be considered when guiding adolescents in acquiring healthy food
habits.
Involve parents and food providers outside the school environment in nutrition education programmes.
Role of doctors
Recommendations
Educate about weight control.
Educate parents and adolescents in making healthy food
choices.
Discourage parent’s obsession with food intake and pleas for
tonics.
The required prescription is a comprehensive, multi-level intervention involving parents, schools, health care professionals, the
media and adolescents themselves.
Role of media
Life style approach
Ban unhealthy food advertisements.
Promote healthy foodstuffs and active lifestyles.
Promote sensible eating
Healthcare personnel
Emphasize nutrition rather than dieting.
Restrict high calorie intake such as frequent snacking, eating
out, celebrating with foods (cakes, chocolates) and drinks.
Increase fruit and vegetable intake.
Monitor body mass index along with height and weight in
schools. Incorporate BMI charts in routine health records and
monitor body mass index every year.
Refer adolescents with BMI ≥ 95th percentile for in-depth
medical assessment and treatment, and adolescents with BMI ≥ 85th percentile for further evaluation and counseling.
Increase physical activity
Encourage children to be active not only for weight control but
also for general well being.
41
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
MAGAM NOTES
The aim of preventive health care must be to
help adolescents understand how to avoid present
and future nutrition-related disease through the development of their capacity to make good dietary choices independently.
10. Miriam E. The effects of television on child health: implications
and recommendations. Arch Dis Child 2000; 83: 289-292.
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patterns among adolescents in Chandigarh. Project Report 2004.
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United States. Arch Pediatr Adolesc Med 1996; 150: 81-86.
Correspondence to:
Dr. Praveen C. Sobti
1-FF HIG Flats,
Rani Jhansi Road,
Ludhiana, Punjab (India)
Fax 0091-161-2302620
e-mail: [email protected]
Sono lieto di annunciarVi che, grazie all’impegno
e disponibilità della casa Editrice Scripta Manent di Milano,
la Rivista Italiana di Medicina della Adolescenza
ed Emothal sono disponibili on line.
Per accedere alla consultazione delle riviste potete registrarVi
gratuitamente al sito
www.salutepertutti.it
Un cordiale saluto a tutti e buona lettura
Vincenzo De Sanctis
42
Aprile 2006
La risonanza magnetica della colonna vertebrale
nella talassemia
Ferdinando Calzolari1, Maria Rita Gamberini2, Vincenzo De Sanctis2
U. O. di Neuroradiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, Arcispedale S. Anna
U.O. di Pediatria ed Adolescentologia, Centro di Riferimento Regionale per la Diagnosi e Terapia delle Talassemie, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara,
Arcispedale S. Anna
1
2
Riassunto
La RM rappresenta la metodica di elezione per lo studio del rachide nei soggetti talassemici. In questi pazienti
può essere diagnosticata un’ampia varietà di alterazioni che giustificano dolori vertebrali o sintomi da compressione delle strutture nervose.
Nei talassemici ipertrasfusi e sottoposti a terapia chelante si rilevano platispondilia, accumulo di ferro nel midollo osseo, degenerazione discale e ernie intraspongiose.
Masse di tessuto emopoietico eterotopico possono essere diagnosticate in sede paravertebrale ed epidurale nei
soggetti non correttamente trasfusi. Il tessuto emopoietico attivo ha un segnale RM simile al muscolo ed assume
mezzo di contrasto; masse di tessuto emopoietico inattivo sono caratterizzate da prevalente componente adiposa e accumulo di ferro.
risonanza magnetica, talassemia, accumulo di ferro, degenerazione discale,
emopoiesi extramidollare
Parol e chi av e:
Comitato Editoriale
MRI findings of the spine in thalassemia
Summary
A wide range of spinal abnormalities may be observed in thalassemic patients: MRI is a valuable tool for diagnosing vertebral pain causes or nerve roots and spinal cord compression.
In hypertransfused and chelated patients abnormalities such as platyspondyly, vertebral iron deposition, disk degenerations and Schmorl’ s nodes are frequent.
Paraspinal or epidural masses of extramedullary hematopoiesis are observed in inadequately transfused beta-thalassemic
homozygotes patients and, more commonly, in untransfused patients with thalassemia intermedia. Active hematopoietic
tissue has signal intensity similar to muscle and enhances after contrast media; older inactive masses reveal iron deposition or fatty replacement.
MRI of the spine is useful in differential diagnosis of back pain and in the monitoring of deferoxamine-induced skeletal
changes.
Key wor ds:
MRI, thalassemia, iron overload, disc degeneration, extramedullary hematopoiesis.
Direttore Scientifico
Vincenzo De Sanctis (Ferrara)
Comitato di Redazione
Vincenzo Caruso (Catania), Maria Concetta Galati (Catanzaro), Maria Rita Gamberini (Ferrara), Aurelio Maggio (Palermo)
Comitato Editoriale
Maria Domenica Cappellini (Milano), Marcello Capra (Palermo), Paolo Cianciulli (Roma), Gemino Fiorelli (Milano),
Alfio La Ferla (Catania), Turi Lombardo (Catania), Carmelo Magnano (Catania), Roberto Malizia (Palermo),
Giuseppe Masera (Monza), Lorella Pitrolo (Palermo), Michele Rizzo (Caltanisetta), Calogeo Vullo (Ferrara)
Segretaria di Redazione
Gianna Vaccari (Ferrara)
E m ot h al
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
Introduzione
Dolori ossei e articolari sono sintomi
frequenti nei pazienti talassemici. Nel 25% dei
casi sono localizzati a livello lombare (1).
Il “dolore”, localizzato alla colonna o irradiato, e
la comparsa di deficit neurologici causati da alterazioni o compressioni del midollo spinale e
delle radici nervose rappresentano pertanto frequenti motivi di richiesta per uno studio morfologico del rachide nei giovani talassemici.
Un’attenta analisi della sintomatologia e uno
scrupoloso esame neurologico sono elementi
fondamentali non solo per decidere se dovrà
essere effettuato uno studio panoramico o limitato ad un segmento della colonna, ma anche per
scegliere la metodica diagnostica più idonea per
rispondere al quesito proposto, nel rispetto del
rapporto costo (o rischio) / beneficio.
La più esauriente analisi morfologica della colonna vertebrale o di un suo segmento dovrebbe
consentire la rappresentazione sia del “contenente”, sia del “contenuto”.
Le possibilità diagnostiche della radiologia convenzionale e della tomografia computerizzata
(TC) nello studio del rachide sono ben note.
La radiologia convenzionale consente studi
panoramici della morfologia dell’allineamento
vertebrale anche “sotto carico”, particolarmente
utili nello studio delle scoliosi. D’altra parte, con
le radiografie standard è possibile analizzare
esclusivamente le vertebre, fornendo soltanto
segni indiretti indicativi di patologia dei dischi
intersomatici, delle meningi, del midollo spinale
e delle radici nervose.
La TC consente di studiare sia il contenente, sia
il contenuto; tuttavia per motivi proteximetrici
può essere utilizzata solo per l’analisi di segmenti vertebrali non troppo estesi. La rappresentazione assiale delle immagini non costituisce più un
limite in quanto con le apparecchiature di ultima
generazione è possibile ottenere anche ottime
ricostruzioni multiplanari.
Radiologia convenzionale e TC sono metodiche
invasive, a causa dell’impiego di radiazioni ionizzanti; esse vanno pertanto utilizzate con estrema
oculatezza, soprattutto nei giovani pazienti quali i
talassemici che necessitano ripetuti controlli nel
tempo.
La risonanza magnetica (RM) rappresenta, attualmente, la metodica di elezione per lo studio del
rachide, anche se esistono ancora difficoltà lega-
te ai costi e all’accessibilità degli apparecchi che
ne ostacolano l’impiego per studi routinari.
L’assenza di invasività, le possibilità di rappresentazione panoramica e multiplanare, l’ottima
visualizzazione del contenente e del contenuto
costituiscono i vantaggi generali della RM.
Alterazioni della colonna
del talassemico
La RM può diagnosticare un’ampia
varietà di alterazioni vertebrali tipiche dei
pazienti affetti da β-talassemia major. Dal punto
di vista anatomo-patologico possono essere
riscontrati diversi quadri in relazione al tipo e
alla durata della terapia.
Alterazioni morfologiche
delle vertebre
Nei soggetti non trasfusi o scarsamente
trasfusi si rilevano più frequentemente: osteoporosi, accentuazione dell’aspetto trabecolare delle
vertebre in senso verticale e deformazione biconcava dei corpi vertebrali. Possono, inoltre,
riscontrarsi fratture patologiche e veri e propri
“crolli” vertebrali (Figura 1), talvolta responsabili di compressione delle strutture nervose (2).
Tali alterazioni, oggi meno frequenti rispetto al
passato, sono state descritte con la radiologia
convenzionale e la TC. In particolare, la TC si è
dimostrata utile non solo per caratterizzare la
struttura ossea dei corpi vertebrali dal punto di
vista morfologico, ma anche per quantificarne la
componente minerale dell’osso (3). La terapia
ipertrasfusionale e il trattamento chelante hanno
modificato il decorso naturale della β-talassemia
major. I pazienti correttamente trasfusi e trattati
con desferrioxamina (DF) manifestano nel tempo
alterazioni vertebrali diverse da quelle tipiche dei
soggetti non trasfusi o ipotrasfusi (2).
Per quanto riguarda le alterazioni morfologiche
delle vertebre, tipica di questa classe di pazienti è
la cosiddetta platispondilia, alterazione caratterizzata da appiattimento dei corpi vertebrali (2, 4).
A livello dorsale sono più frequenti assottigliamenti anteriori dei corpi vertebrali, con deformazioni a “cuneo” che comportano atteggiamenti
cifotici. Al passaggio toraco-lombare sono invece
46
F i gu r a 1 .
RM, immagine sagittale
dipendente dal T2.
“Crolli” dei corpi vertebrali
di D12 e L3 (frecce).
F ig u r a 2.
RM, immagine sagittale
dipendente dal T1.
Platispondilia al passaggio
dorso-lombare.
Em o th al
Ferdinando Calzolari, Maria Rita Gamberini, Vincenzo De Sanctis
La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia
più frequenti aspetti “biconvessi” dei corpi vertebrali (2) (Figura 2).
Alcuni Autori hanno ipotizzato che tali alterazioni morfologiche vertebrali possono essere causate dalla diretta interferenza della DF con il metabolismo dei minerali (zinco, rame, magnesio)
interessati nell’ossificazione encondrale, attraverso un meccanismo di chelazione o per tossicità
diretta (2). Altri studi sostengono che la platispondilia sia dovuta alla deplezione del tessuto
emopoietico determinata dall’alto regime trasfusionale. La ridotta pressione intramidollare non
consentirebbe di sostenere adeguatamente il carico ponderale e gli stress bio-meccanici e di conseguenza porterebbe ad un progressivo appiattimento vertebrale (4).
L’insorgenza o meno della platispondilia potrebbe inoltre dipendere dall’età in cui il paziente inizia la terapia chelante. È stata, infatti, descritta
l’assenza di alterazioni vertebrali di questo tipo in
soggetti trattati con DF dopo i 3 anni di vita,
anche se in questa casistica l’effetto dell’età non
può essere separato da quello della dose totale
assunta (5).
Accumulo di ferro
nel midollo osseo
Le alterazioni morfologiche vertebrali
finora descritte dipendono dalle modificazioni
strutturali del midollo osseo causate dalla malattia.
La RM rappresenta la metodica di elezione per la
rappresentazione e la caratterizzazione tessutale
del midollo osseo. L’aspetto RM del midollo osseo
assume caratteristiche peculiari nei pazienti talassemici.
Il midollo osseo può essere distinto in midollo
rosso, emopoieticamente attivo, e midollo giallo,
emopoieticamente inattivo. La composizione dei
due tipi di midollo è assai diversa. Il midollo
rosso contiene il 40% di acqua, il 40% di grasso
e il 20% di proteine; il midollo giallo il 15% di
acqua, l’80% di grasso e il 5% di proteine (6, 7).
La distribuzione del midollo rosso e del midollo
giallo è dipendente dall’età. Nel neonato l’intero
scheletro è pressoché interamente occupato da
midollo rosso. Dai primi anni di vita si verifica
una rapida conversione verso il midollo giallo
dalla periferia verso lo scheletro assiale (6, 8).
Utilizzando opportune sequenze e tecniche di
acquisizione delle immagini, con la RM è abbastanza agevole differenziare il midollo giallo dal
midollo rosso. Il midollo giallo appare pressoché
isointenso rispetto al tessuto adiposo sottocutaneo; il midollo rosso appare ipointenso rispetto
al grasso e lievemente iperintenso rispetto al
muscolo (8). Con l’avanzare dell’età si rilevano
un progressivo aumento di segnale (Figura 3) ed
una progressiva riduzione della fisiologica assunzione contrastografica del midollo osseo vertebrale a causa del relativo aumento del tessuto
adiposo (9).
Figura 3. RM, immagini sagittali dipendenti dal T1. Rachide lombo-sacrale di soggetti non talassemici di sesso femminile, rispettivamente
di 2 (a), 26 (b), 64 (c) e 73 (d) anni di età. Con l’aumento dell’età si rileva progressivo aumento di segnale dei corpi vertebrali, per la
conversione da midollo rosso a midollo giallo. In c) si noti l’iniziale comparsa di midollo giallo attorno alla vena vertebrale centrale (freccia).
47
E m ot h al
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
Nel talassemico, l’aspetto alla RM del midollo
osseo dipende non solo dall’età e dalla sede anatomica, ma anche dal tipo e dalla durata della
terapia, trasfusionale e chelante (8).
La deposizione di ferro nel midollo osseo determina la caratteristica riduzione del segnale RM,
per accorciamento del tempo di rilassamento T2
ed effetti di suscettibilità magnetica (Figura 4). La
deposizione di ferro nel midollo si verifica
comunque nei siti ove è presente midollo rosso
attivo, indipendentemente dalla presenza di terapia chelante (8).
Infatti, è stato riportato come talassemici non
trattati, di età inferiore ai 3 anni, presentino un
segnale compatibile con midollo rosso sia nello
scheletro assiale che periferico. Soggetti ipertrasfusi ma non chelati, di età compresa tra 6 e 8
anni, presentano deposizione di ferro nel midollo sia centrale che periferico. Infine pazienti ipertrasfusi e chelati, di età superiore ai 12 anni, presentano una più modesta deposizione di ferro nel
midollo centrale, nonostante la chelazione, e da
un aspetto “misto” del midollo periferico, con
prevalenza di midollo giallo (8).
L’accumulo di ferro, particolarmente severo nella
β-talassemia major, genera radicali liberi responsabili di alterazioni tessutali (10). I radicali liberi
rappresentano una causa di artropatie e possono
favorire la degenerazione discale (11).
Patologia degenerativa
discale
Nei pazienti trasfusi e trattati con DF si
riscontrano frequentemente alterazioni di tipo
degenerativo e calcificazioni asintomatiche dei
dischi intervertebrali (2). Ancora si discute sull’eziopatogenesi della degenerazione discale, che
sembra derivare dal danneggiamento dell’anulus
fibrosus. La DF potrebbe rappresentarne una
causa, poiché questi quadri sono meno severi nei
soggetti non sottoposti a terapia chelante. È stato
ipotizzato anche un effetto dannoso dell’accumulo di ferro, ma poiché nei casi controllo non trattati con DF era meno grave l’accumulo di ferro,
non è possibile stabilire con esattezza se la discopatia sia causata dall’uno o dall’altro fattore (12).
La degenerazione discale è più pronunciata in
sede lombare ed è diffusa a più livelli rispetto alla
patologia degenerativa discale riscontrabile in
pazienti non talassemici (12).
Figura 4. RM lombo-sacrale, immagini sagittali dipendenti dal T2. a) Soggetto normale; b) paziente
talassemico. Nel paziente talassemico le vertebre hanno segnale molto meno intenso a causa
dell’ accumulo di ferro. Riduzione di segnale anche dei dischi intersomatici, espressione di fenomeni
degenerativi.
Alla RM il disco degenerato appare ridotto di
spessore e di segnale alterato, prevalentemente
ipointenso nelle immagini dipendenti dal T2 per
una progressiva disidratazione (Figura 4).
Nei talassemici possono essere apprezzabili
anche ernie intraspongiose di Schmorl (Figura
5). Nei pazienti sintomatici per dolore il midollo
osseo circostante l’ernia intraspongiosa appare
ipointenso nelle immagini dipendenti dal T1 e
iperintenso nelle immagini dipendenti dal T2
(Figura 6).
Questi aspetti RM denotano la presenza di edema
vertebrale, non più visibile nei pazienti asintomatici (13).
Scoliosi
Alcuni studi riportano una più alta incidenza di scoliosi nei pazienti talassemici rispetto
alla popolazione generale. La scoliosi dei talassemici sembra avere caratteristiche differenti rispetto alle scoliosi idiopatiche. Nei talassemici non si
rileva differente prevalenza tra i sessi ed è particolarmente frequente la curvatura lombare sinistro-convessa. Tutti i talassemici scoliotici hanno
un significativo ritardo della maturazione scheletrica. La gravità della scoliosi non correla con le
caratteristiche della terapia trasfusionale, mentre
i pazienti scoliotici sono da più lungo tempo sottoposti a terapia chelante rispetto ai non scoliotici (14, 15).
48
Figura 5.
RM, immagine coronale
dipendente dal T1 al
passaggio dorso-lombare.
Ernie intraspongiose (frecce)
e platispondilia.
Em o th al
Ferdinando Calzolari, Maria Rita Gamberini, Vincenzo De Sanctis
La risonanza magnetica della colonna vertebrale nella talassemia
F i g ur a 6 .
RM dorsale, immagini sagittali
dipendenti dal T2 (a), dal T1
(b) e dal T1 dopo mezzo di
contrasto (c). Paziente
talassemico affetto da forti
dorsalgie, Ernie
intraspongiose (frecce). Il
segnale elevato nelle
immagini dipendenti dal T2
(a), a cui corrisponde
assunzione contrastografica
(c), depone verosimilmente
per edema vertebrale e
fenomeni di angiogenesi.
Emopoiesi extramidollare
Figura 7.
RM, immagine assiale
dipendente dal T1 di una
vertebra dorsale. All’interno del
canale spinale si rileva una
piccola masserella riferibile a
tessuto emopoietico
extramidollare epidurale
(freccia), di segnale simile al
midollo spinale (m). Il midollo
spinale non è compresso.
Nei pazienti con β-talassemia major
irregolarmente trasfusi e nei pazienti con talassemia intermedia non trasfusi si rilevano frequentemente focolai di emopoiesi extramidollare in
vari organi e apparati (16, 17). Un tessuto emopoietico eterotopico può essere riscontrato anche
in sede paravertebrale o all’interno del canale spinale (Figura 7). Queste masse possono essere
responsabili di sintomatologia dolorosa e di sintomi neurologici conseguenti a compressioni
delle strutture nervose (16-21).
Il tessuto emopoietico eterotopico appare generalmente ben delimitato, senza caratteristiche di
tipo “infiltrante” (22). La presenza di emopoiesi
paravertebrale può essere sospettata anche con
radiografie del torace o della colonna vertebrale;
d’altra parte le radiografie non possono rilevare
localizzazioni all’ interno del canale spinale (21).
Figura 8.
RM, immagini coronali
dipendenti dal T1, senza (a) e
con mezzo di contrasto (b).
Masse di tessuto emopoietico
extramidollare paravertebrale
in sede dorsale. L’ assunzione
di mezzo di contrasto
(espressa da segnale più
intenso in b) depone per
tessuto emopoietico “attivo”.
49
Focolai di emopoiesi eterotopica possono essere
diagnosticati anche con TC. La RM ancor più
della TC definisce correttamente sede, dimensioni e rapporti con le strutture nervose del tessuto
emopoietico eterotopico paravertebrale e intracanalare (16, 17, 21).
Le masse paravertebrali sono localizzate in prossimità delle articolazioni con le coste; sono tipiche anche le localizzazioni pre-sacrali (23).
I focolai di emopoiesi eterotopica epidurale
appaiono in genere come masse rotondeggianti o
lobulate, omogenee, ben demarcate, situate prevalentemente nella parte posteriore del canale
vertebrale, più frequentemente in sede dorsale.
La proliferazione del tessuto emopoietico eterotopico all’interno del canale spinale potrebbe
derivare da cellule totipotenti, dallo sviluppo di
residui embrionari o dalla diretta diffusione dal
midollo osseo vertebrale. Quest’ultima teoria,
tuttavia, non spiegherebbe la localizzazione a
distanza in altri organi (24).
L’aspetto istologico delle masse di emopoiesi
extramidollare dipende dalla durata della loro
comparsa e dalla domanda eritropoietica del
paziente. Precocemente si rilevano principalmente cellule mature e immature della serie eritroide
e mieloide all’interno di strutture venose sinusoidali dilatate, più tardivamente le masse divengono eritropoieticamente inattive e sono caratterizzate da prevalenza di tessuto fibro-adiposo e
depositi di ferro (17).
La RM consente di caratterizzare il tessuto emopoietico eterotopico. Il tessuto “attivo” appare
pressoché isointenso al midollo spinale nelle
immagini dipendenti dal T1 ed assume mezzo di
contrasto (Figura 8). Lesioni di basso segnale
E m ot h al
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 1, 2006
nelle immagini dipendenti dal T1 e dal T2, senza
assunzione contrastografica, suggeriscono deposito di ferro. Un alto segnale, sia nelle immagini
dipendenti dal T1 che in quelle dipendenti dal
T2, depone per una degenerazione adiposa (17)
(Figura 9).
F ig u r a 9.
RM, immagine assiale
dipendente dal T2 a livello
dorsale. Masse paravertebrali
di elevato segnale, compatibili
con tessuto emopoietico
extramidollare a prevalente
componente fibro-adiposa.
Conclusioni
La possibilità di rappresentare la morfologia delle vertebre, il segnale del midollo osseo,
le alterazioni dei dischi intersomatici e l’eventuale presenza di tessuto emopoietico eterotopico
rendono la RM fondamentale e peculiare nello
studio del rachide del talassemico.
Attualmente particolari apparecchiature consentono l’analisi della colonna vertebrale anche in
ortostatismo (25). Questi esami potrebbero essere particolarmente utili per esaminare le curvature della colonna sotto carico nei talassemici scoliotici.
I sintomi e il quadro clinico dei pazienti possono
trovare un corrispettivo negli aspetti anatomopatologici dimostrabili con la RM.
Inoltre, la RM può essere utile qualora si pongano problemi di diagnosi differenziale, ad esempio
tra quadri neurologici dovuti a fenomeni compressivi su strutture nervose o, in alternativa, alla
neurotossicità causata dalla DF (26).
La diagnosi differenziale deve comunque comprendere anche altre patologie non specifiche
della talassemia, che possono verificarsi in questi
pazienti (Figura 10).
Infine, il fatto che pazienti trasfusi e sottoposti a
trattamento chelante dimostrino più frequentemente alterazioni vertebrali piuttosto che anomalie metafisarie suggerisce che l’analisi RM della
colonna vertebrale è particolarmente indicata nel
monitoraggio delle alterazioni ossee indotte dalla
DF (2).
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50
F ig ur a 10 .
RM, immagini sagittali della
colonna lombo-sacrale di
paziente talassemico.
a) Immagine dipendente dal
T2; b) immagine dipendente
dal T1; c, d) immagini
dipendenti dal T1 dopo
soppressione del segnale del
grasso, rispettivamente senza
e con mezzo di contrasto.
Angioma di D12. Il segnale
iperintenso in T1 e T2 (a, b)
che si attenua dopo
soppressione del grasso (c)
depone per una prevalente
componente tessutale fibroadiposa; l’assunzione di
mezzo di contrasto (d) denota
anche la presenza di stroma
vascolare. Il tessuto
angiomatoso protrude
posteriormente all’ interno del
canale spinale, ove comprime
le strutture nervose al
passaggio cono midollare –
cauda. Si notino piccole ernie
intraspongiose al passaggio
dorso-lombare e segnale
relativamente ipointenso delle
altre vertebre, dovuto ad
iniziale accumulo di ferro.
Em o th al
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Corrispondenza:
Dott. Ferdinando Calzolari
U. O. di Neuroradiologia
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
Arcispedale S. Anna
Corso Giovecca 203 - 44100 Ferrara
e-mail: [email protected]