L`enigma Lusitania

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L’enigma
Lusitania
di Claudio Ressmann
N
L’orgoglio della Cunard
silurato da un U-boot
fa entrare gli USA nel
conflitto ma restano
gravi dubbi
sull’affondamento
egli
ultimi
mesi del 1906
i piani di costruzione del supertransatlantico Lusitania
(che sarebbe diventato
insieme al quasi gemello Mauritania l’orgoglio
della marineria britannica) fecero più volte la
spola tra l’Ammiragliato e il Cantiere John
Brown & Company di
Clydebank, una località
nel West Dumbartonshire, in Scozia.
Il motivo di questa stretta collaborazione era
da ricercarsi in un accordo intercorso nel lontano 1866 tra la Cunard, armatrice delle due navi,
ed il Governo britannico, secondo il quale il Tesoro avrebbe concesso alla Compagnia di navigazione un prestito di due milioni e mezzo di sterline gravato dell’esiguo interesse del due e mezzo
per cento ed avrebbe assicurato un sussidio annuo di 150.000 sterline, con l’obbligo, da parte
della Società armatrice, di mettere i due transatlantici a disposizione dello Stato in caso di necessità belliche, per il loro impiego come armed
merchant cruisers.
A tal fine, ovviamente, le due navi avrebbero
dovuto disporre sin dall’inizio di particolari requisiti costruttivi, come la realizzazione di rinforzi
strutturali adatti a sostenere il peso e le sollecitazioni di eventuali pezzi di artiglieria, la possibilità
di adibire alcuni ponti al trasporto di truppa con i
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relativi equipaggiamenti e così via.
Nessuna modifica
invece veniva richiesta
per il sistema propulsione del tutto innovativo: per la prima volta
su una grande nave il
vapore, prodotto da 25
caldaie Scotch, avrebbe
alimentato turbine
Parsons anziché macchine a espansione,
collegate a loro volta,
tramite gruppi riduttori, a quattro eliche. Una
potenza complessiva di 63.000 cavalli capace di
spingere il Lusitania ad una velocità massima di
oltre 25 nodi.
Una caratteristica quest’ultima che, tra l’altro,
avrebbe messo la nave nella condizioni di competere con successo nella gara per la conquista del
prestigioso Blue Riband (Nastro Azzurro), assegnato ogni anno alla nave più veloce in servizio sulle
rotte transatlantiche.
Nascita di un gigante
Così, alla fine del 1905, su uno scalo del Cantiere Wigham cominciò a delinearsi la grande sagoma del Lusitania, progettato dall’architetto Leonard Peskett, che con le sue 32.500 tsl fu, nella
storia delle costruzioni navali, la prima nave a superare quota 30.000 e fu in quel momento la più
grande costruzione mobile mai realizzata. Era lunga fuoritutto 240 m, larga al massimo 26,83 e po-
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Una bella cartolina a colori d’epoca della Cunard ci mostra un fiammante ed
orgoglioso Lusitania che esce dal porto di New York
teva ospitare 552 passeggeri nella prima classe,
460 nella seconda e 1.186 nella terza, con un
equipaggio di 800 persone.
Dopo il varo, avvenuto il 7 giugno 1906 alla
presenza di tutti gli abitanti di Clydebank, in un
tripudio di bandiere e di discorsi trionfalistici all’insegna del Britain rules the waves, un esercito di
maestranze e di operai venne impegnato a “vestire” l’interno del mastodontico scafo.
Nella prima classe fu realizzato un arredamento di sapore vittoriano addirittura sfarzoso, arricchito dalle più lussuose suppellettili che si fossero
mai viste su una nave. Nella parte prodiera era
disponibile un certo numero di alloggi per VIP,
ognuno dei quali dotato di soggiorno, sala di lettura e sala da fumo.
Per gli eventi mondani erano a disposizione
anche eleganti salotti: tra questi ve n’era uno in
stile Luigi XVI con mobili d’epoca comprati a
prezzi da capogiro da un antiquario parigino. I
passeggeri cultori dell’esercizio fisico potevano
frequentare una delle palestre, tutte dotate degli
attrezzi più moderni, oppure giocare a squash e
poi nuotare in piscina. Dopo l’attività fisica un
bagno turco era in grado di ospitare una trentina
di persone.
Per i passeggeri con vettura al seguito (pochissimi privilegiati, come è facile immaginare) era
disponibile un garage (sia pure di modeste dimensioni) nel quale le auto, opportunamente imbragate, venivano calate con una gru.
Le enormi spese per tutti questi costosi comfort, e per l’inevitabile corsa al gigantismo e alla
velocità, erano giustificate dall’obiettivo di sbara-
gliare la concorrenza sulla rotta transatlantica. Una competizione iniziatasi in
quei decenni tra compagnie di navigazione di Gran Bretagna e di Stati Uniti e
poi di Francia, Germania e Italia, culminata nel periodo tra le due guerre mondiali, passato alla storia come la stagione
d’oro degli ocean liner.
Le grandi e confortevoli navi erano
considerate, tra l’altro, una sorta di palcoscenico per i VIP che “facevano notizia”, i quali avevano l’opportunità di
mettersi in mostra in una ambientazione di grande fascino per l’immaginario
collettivo, facendo pubblicità a se stessi
e... alla Compagnia armatrice, ben felice
di ospitarli.
I trionfi e la guerra
Il viaggio inaugurale del Lusitania, al comando
del commodoro James Watt, fu effettuato il 7 settembre 1907 con partenza da Liverpool per New
Lusso e sfarzo, se vogliamo anche in eccesso, ma questa era la
moda dell’epoca, dominano nel grande salone da pranzo di 1ª
classe del bel transatlantico britannico
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York. Vi prese posto
nelle prime due classi
il fior fiore dell’aristocrazia e dell’alta borghesia del Regno Unito: un successo strepitoso che rimbalzò sulla stampa inglese con
grande enfasi.
Né fu il solo evento
ad interessare la stampa, poiché il mese successivo il Lusitania tornò alla ribalta dell’attualità per via della
conquista del Blue Riband: impiegò 4 giorni, 16 ore e 59 minuti
per collegare i due
estremi della traversata stabiliti dal regolamento del Trofeo.
Un ottimo inizio,
al quale fece seguito
un altrettanto felice
L’avviso fatto pubblicare
stato di servizio: le
dall’imperiale ambasciata
successive 200 travertedesca sul “New York
Tribune” del 1° maggio 1915,
sate si susseguirono
proprio sotto gli annunci
infatti con regolarità e
delle partenze per l’Europa
furono sempre confordella Cunard
tevoli e veloci.
Allo scoppio del
Primo Conflitto Mondiale, il Lusitania venne inscritto fra le unità ausiliarie della Royal Navy ed utilizzato per i collegamenti veloci tra Liverpool e New York.
Era appunto adibito a tale impiego il 1° maggio 1915, quando, ormeggiato al molo 54 di Manhattan, si apprestava a mollare gli ormeggi al comando del cap. William Thomas Turner, un veterano della Cunard.
L’atmosfera non era delle più distese per le notizie provenienti da un’Europa dilaniata dalla
guerra e, nel caso specifico, per un singolare annuncio a pagamento, opportunamente incorniciato, comparso il mattino dello stesso 1° maggio
sul “New York Tribune” e su altri giornali cittadini,
il cui testo vale la pena di riportare integralmente:
”Si ricorda a tutti i viaggiatori in procinto di attraversare l’Atlantico che è in atto lo stato di guerra tra la
Germania e i suoi Alleati da una parte, e la Francia e
la Gran Bretagna e i loro Alleati dall’altra. Si ricorda
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altresì che la zona delle operazioni comprende le acque britanniche e che, conformemente all’avviso
emesso dal Governo Imperiale di Germania, le navi
battenti bandiera della Gran Bretagna e dei suoi Alleati potranno essere distrutte in tali acque; pertanto i
viaggiatori che si imbarcheranno sulle suddette navi
lo faranno a loro rischio e pericolo. Ambasciata Imperiale di Germania - 22 aprile 1915”
Non era sfuggito davvero, tra l’altro, un dettaglio inquietante. Il testo recava la data del 22 aprile, ma era stato pubblicato proprio il giorno della
partenza del Lusitania. Risultava pertanto drammaticamente evidente come l’avvertimento avesse un preciso riferimento alla partenza del transatlantico.
Le disdette dei passeggeri cominciarono a fioccare sui tavoli della Cunard, e molti viaggiatori all’ultimo momento erano ancora incerti se partire
o no, al punto che lo stesso direttore della filiale
newyorchese il mattino della partenza tentò di
convincerne un folto gruppo radunatosi sulla
William Thomas Turner, il comandante del Lusitania la cui
grande esperienza niente avrebbe potuto contro il pericolo
rappresentato dal materiale bellico segretamente imbarcato sul
transatlantico
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banchina del molo 54, improvvisando un discorso rassicurante, enfatizzando soprattutto le doti di
velocità del transatlantico “che nessun sommergibile o nave da guerra sarebbe stato in grado di catturare
o affondare”.
Nonostante tali rassicurazioni, si presentarono
solo 1.257 passeggeri tra i quali 440 donne e bambini. Invece confermarono la loro presenza molti
VIP, tra i quali il miliardario Alfred Gwynne Vanderbilt, il noto impresario teatrale Charles Frohman, soprannominato il “re di Broadway”, l’editore Herbert S. Stone e il fashion designer Carrie
Kennedy.
Così come previsto, alle 14, il Lusitania, con un
equipaggio di 707 persone, dava inizio a quello
che sarebbe stato il suo ultimo viaggio.
Verso un tragico epilogo
Il tenente di vascello Walther Schwieger, comandante dell’U20 che avrebbe lanciato il siluro destinato ad innescare la
disastrosa deflagrazione che squassò lo scafo del Lusitania
La traversata fu effettuata alla velocità di 22
nodi fino alla costa meridionale dell’Irlanda dove,
secondo le istruzioni, doveva avvenire il congiungimento del transatlantico con l’incrociatore della
Royal Navy Juno, incaricato di effettuare la sua
scorta fino a destinazione.
Era il 7 maggio e sulla zona gravava una densa
nebbia per cui la velocità fu ridotta a 16 nodi. Gli
sguardi delle vedette (e di molti tra i preoccupatissimi passeggeri...) si sforzarono inutilmente di
scorgere la nave; il mancato avvistamento non era
Nelle stive del Lusitania
Fra le merci imbarcate dal Lusitania, come si evince dal manifesto di carico supplementare del transatlantico venuto alla luce all’inizio degli Anni 80 fra le carte del Presidente americano Roosevelt, figuravano: 1.271
casse di munizioni, 4.200 casse di cartucce, 3.863 casse di formaggio, 698 barili di burro, 184 casse di zaini e
sacchi a pelo e 323 balle di pelli grezze. Munizioni e cartucce erano legalmente imbarcabili in base ad una sentenza del 1910 sulla spedizione di “Merci non esplosive alla rinfusa”, ma formaggio, burro, sacchi a pelo e pelli
grezze, cosa avevano di strano? I generi alimentari, intanto, erano stati stivati a parte, e non con le altre derrate in spedizione; erano poi indirizzati ad una casella postale di Liverpool che faceva capo al sovrintendente dei
Servizi di Sperimentazione Navale dell’Arsenale di Shoeburyness.
Zaini, sacchi a pelo e pelli grezze erano invece stati spediti da Rehaboat (Maryland) ed Hopewell (Pennsylvania), località che non erano sedi di depositi di pellame o manufatti militari, ma di fabbriche della Du Pont de
Nemours and Company, una grande azienda chimica, a una ditta di Liverpool, la Babcock & Co., che produceva
fulmicotone, sostanza altamente esplosiva e sufficientemente instabile per detonare “per simpatia”. Strano anche che, a tragedia avvenuta, i proprietari di queste merci furono gli unici che non si presentarono a riscuotere
l’indennizzo che le società assicuratrici dovettero pagare.
Infine, nelle stive del Lusitania, in una piccola cala adibita a cella, si trovavano tre vittime delle quali non
conosciamo i nomi. Erano tre uomini sorpresi a fotografare (attività allora molto inconsueta) particolari costruttivi della nave (che era stata progettata per essere rapidamente convertita in unità militare) e del porto
(che per legge è varco di frontiera), ma furono visti, arrestati e rinchiusi nella cella per essere poi consegnati alla giustizia. Nell’affondamento annegarono senza scampo.
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La ricostruzione pittorica del disastro mostra perché il numero delle vittime fu
tanto elevato: le scialuppe del lato sinistro non poterono essere calate, mentre
quelle di dritta furono in parte sbalzate dalle gruette dalla concussione dello
scoppio: ne furono calate solo 6
di raggiungere anziché Liverpool il vicino porto di Queenstown.
La nave aveva assunto la nuova rotta,
quando alle 14.10 GMT venne colpita
sul lato dritto da un siluro dell’U-20, il
cui comandante aveva immediatamente
identificato il bersaglio per via degli inconfondibili quattro fumaioli cilindrici.
Immediatamente dopo, come confermarono tutti i superstiti, si udì una fortissima deflagrazione, come se fosse
scoppiata la santabarbara, molto più intensa della prima e con effetti ancora
più devastanti. Il transatlantico colò a
picco in 18 minuti su un fondale di 90
metri.
Turner si rese subito conto che non
c’era più nulla da fare e ordinò l’abbandono nave, mentre il marconista trasmetteva l’SOS con l’ ultima posizione:
Ten miles south Old Kinsale.
da attribuirsi alla scarsa visibilità, bensì al fatto
I soccorsi
che lo Juno aveva ricevuto l’ordine di rientrare alL’ammiraglio Coke mise subito in moto un’imla base irlandese di Queenstown (in gaelico Cobh)
ponente organizzazione di soccorsi alla quale prenella baia di Cork, che in quel momento era disero parte il vapore Bluehell, i rimorchiatori Warstante un centinaio di miglia dal Lusitania.
rior, Stormcock e Julia, nonché una miriade di barNelle vicinanze del transatlantico si trovava
che usate per i servizi portuali. Tra queste uno
invece, in agguato, il sommergibile tedesco U-20,
scalcinato scafo con propulsione a ruote (costruicomandato dal tenente di vascello Walther
to addirittura nel 1866) chiamato ironicamente
Schwieger, reduce dall’affondamento di due pi“Galopping Goose” (oca galoppante) riuscì a salvaroscafi inglesi: il Candidate e il
Centurion, rispettivamente della
Harrison Line e della White Star
Line.
Il capitano Turner ignorava
l’incombente minaccia (un comunicato dell’Ammiragliato alle
11.45 GMT non ne faceva menzione esplicita, anche se aveva
segnalato genericamente la presenza di sottomarini nella parte
meridionale della Manica) e aumentò la velocità a 18 nodi continuando la sua rotta fino alle
13.40 GMT, in vista del faro di
Old Head of Kinsale, distante
una trentina di miglia da Queenstown. Qui giunto Turner ricevette dal Naval Commander di
quella zona di mare, ammiraglio La prima pagina del New York Times con la notizia dell’affondamento e già un primo
accenno al fatto che Washington si apprestava a ricorrere a pesanti contromisure
Sir Charles Henry Coke, l’ordine
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Immediatamente dopo l’evento, la propaganda iniziò a
martellare l’opinione pubblica americana fino a far apparire
logica ed ineludibile la discesa in guerra del Paese contro la
Germania
re, trasferendoli sui rimorchiatori, centinaia di
naufraghi. Il suo timoniere, Thoms Brierley venne
decorato al valor civile e divenne molto popolare
nel Regno Unito.
Trovarono la morte nel sinistro 785 passeggeri
e 413 membri dell’equipaggio. Tra le vittime anche Alfred Vanderbilt, che prima di morire, come
riferirono molti testimoni, cedette ad una donna
con in braccio un bambino il proprio giubbetto
salvagente.
Perplessità e polemiche
Accolta con entusiasmo in Germania, la notizia suscitò una ondata di indignazione negli Stati
Uniti, dove l’azione fu definita un atto di inaudita
barbarie, come ebbe a dichiarare lo stesso presidente Woodrow Wilson. Il “New York Herald”
scrisse: “ Il mondo civile rimane sbigottito di fronte al
siluramento del Lusitania, con terribile perdita di vite
umane: vite di non combattenti, tra cui molti cittadini
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di Paesi neutrali. In un processo penale, se il movente,
l’intenzione e la premeditazione sono provati, il verdetto è di omicidio di primo grado. In questo caso la
Germania ha fornito addirittura in anticipo la prova
del delitto. Se mai ci fu sterminio premeditato, lo è
questa tragedia in mare”.
Insieme all’indignazione, la tragica fine del Lusitania diede il via in Gran Bretagna ad accese polemiche e feroci critiche nei confronti della Cunard e dell’Ammiragliato.
In realtà i punti poco chiari di tutta la vicenda erano numerosi, così come numerosi erano
gli interrogativi che ragionevolmente si pose l’opinione pubblica quando si venne a sapere che a
New York erano state caricate almeno 200 tonnellate di merce di natura non precisata, classificata priorità government: nè era stato possibile
consultare il manifesto di carico originale dal
momento che per effettuare la spedizione ne era
stato utilizzato un secondo esemplare, redatto in
termini generici.
Che cosa aveva provocato allora la seconda
esplosione? E, ancora, perché l’Ammiragliato dopo la perdita del Centurion e del Candidate non
aveva provveduto a dirottare tempestivamente il
Lusitania? Perché l’incrociatore Juno non si era
presentato all’appuntamento?
La verità ha cominciato a fare capolino dopo
circa 70 anni (vedi finestra a pag 27), anche se già
si sapeva che Lord Mersey, capo della Commissione d’Inchiesta nominata a suo tempo dalla British Law Courts, aveva appurato la presenza a bordo di circa 5.000 casse di cartucce e proiettili.
Circostanza, questa, confermata da 300
proiettili di fabbricazione statunitense recuperati
nel relitto, nel 2008, da un robot sottomarino
del miliardario americano Gregg Bemis, attuale
proprietario di quel che resta del Lusitania.
La stampa tedesca, dal canto suo, non mancò
di celebrare l’impresa come una grande vittoria
della Marina, e al tempo stesso di formulare un’
atroce ipotesi: tenuto conto dell’assenza dello Juno e del mancato allontanamento del Lusitania
dalla zona dell’agguato, si poteva ipotizzare che
fossero entrate in gioco implicazioni non necessariamente di carattere navale.
Del resto era prevedibile che il notevole impatto della notizia sull’opinione pubblica statunitense avrebbe contributo a rafforzare la corrente interventista già molto attiva nel Paese, anche se, in
realtà, l’entrata in guerra a fianco della Gran Bretagna avvenne solo due anni più tardi.
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