Elias Canetti Scoprire la letteratura

Transcript

Elias Canetti Scoprire la letteratura
Elias Canetti
Scoprire la letteratura
Andavo già a scuola da qualche mese, quando accadde una cosa solenne ed eccitante che determinò
tutta la mia successiva esistenza. Mio padre mi portò un libro. Mi accompagnò da solo nella stanza
sul retro dove dormivamo noi bambini e me lo spiegò. Era The Arabian Nights, le Mille e una
notte in un’edizione adatta alla mia età. Sulla copertina c’era un’illustrazione a colori, se non
sbaglio di Aladino con la lampada meravigliosa. Il papà mi parlò in tono molto serio e
incoraggiante e mi disse quanto sarebbe stato bello leggere quel libro. Lui stesso mi lesse ad alta
voce una storia: altrettanto belle sarebbero state tutte le altre. Dovevo cercare di leggerle da solo e
poi la sera raccontargliele. Quando avessi finito quel libro, me ne avrebbe portato un altro. Non me
lo feci ripetere due volte e sebbene a scuola avessi appena finito di imparare a leggere, mi gettai
subito su quel libro meraviglioso e ogni sera avevo qualcosa da raccontargli. Lui mantenne la
promessa, ogni volta c’era un libro nuovo, così che non ho mai dovuto interrompere, neppure per un
solo giorno, le mie letture.
Era una collana di libri per bambini, tutti volumi dello stesso formato quadrato. Si distinguevano
solo per la diversa illustrazione a colori in copertina. In tutti i volumi i caratteri erano di uguale
grandezza, così che si aveva l’impressione di leggere sempre lo stesso libro. Ma che collana
stupenda e impareggiabile! Non ce n’è mai stata un’altra simile. I titoli li ricordo tutti. Dopo le
Mille e una notte vennero le fiabe di Grimm, Robinson Crusoe, i Viaggi di Gulliver, i Racconti
tratti da Shakespeare, Don Chisciotte, Dante, Guglielmo Tell. Mi domando ora come fosse possibile
ridurre il poema di Dante per renderlo adatto ai bambini. Ogni volume aveva parecchie illustrazioni
a colori che però non mi piacevano, erano molto più belle le storie, non so nemmeno se oggi sarei in
grado di riconoscere quelle figure. Sarebbe facile dimostrare che quasi tutto ciò di cui più tardi si è
nutrita la mia esistenza era già contenuto in quei libri, i libri che io lessi per amore di mio padre nel
mio settimo anno di vita. Dei personaggi che poi non mi avrebbero più abbandonato mancava
soltanto Ulisse.
Ogni volta che avevo finito un libro, ne discutevo con mio padre e talvolta mi eccitavo a tal segno
che lui doveva calmarmi. Non mi disse mai però, come usano fare gli adulti, che le fiabe non sono
vere; e di questo gli sono particolarmente grato, forse le considero vere ancora oggi. Mi accorsi ben
presto che Robinson Crusoe era diversissimo da Sindbad il marinaio, ma mai mi venne in mente di
considerare quelle storie una meno importante dell’altra. L’Inferno di Dante in verità mi ispirò
qualche brutto sogno. Quando udii la mamma che diceva: «Jacques, quello non glielo avresti dovuto
dare, è troppo presto per lui» ebbi paura che papà smettesse di portarmi i libri e imparai a tener
nascosti i miei sogni. […]
Mio padre però non si lasciò affatto fuorviare e dopo Dante tentò con Guglielmo Tell. Fu in
quell’occasione che udii per la prima volta la parola «libertà». Mi disse in proposito qualcosa che
ho dimenticato, ma ricordo che aggiunse qualche parola sull’Inghilterra: per questo eravamo venuti
a vivere in Inghilterra, perché qui si era liberi. Io sapevo quanto lui amasse l’Inghilterra, mentre il
cuore della mamma era rimasto a Vienna. Mio padre si sforzava di imparare sempre meglio la
lingua inglese e una volta la settimana veniva in casa un’insegnante a dargli lezione. Notai che
pronunciava le frasi inglesi con una intonazione diversa da quando parlava tedesco, quel tedesco
che gli era familiare fin dall’infanzia e che quasi sempre usava con la mamma. Talvolta lo udivo
mentre ripeteva più volte singole frasi. Le pronunciava lentamente, come qualcosa di molto bello,
gli davano un grande godimento e le diceva più d’una volta. Con noi bambini ora parlava sempre
inglese, e lo spagnolo, che fino allora era stata la mia lingua, passò in secondo piano, ormai lo udivo
soltanto dagli altri, per lo più dai parenti anziani.
Il resoconto dei libri che leggevo voleva sentirlo soltanto in inglese, e suppongo di aver fatto rapidi
progressi grazie a quelle letture così appassionanti. Papà era molto contento quando raccontavo con
scioltezza. Ma ad ogni cosa che diceva lui attribuiva un peso particolare, e infatti rifletteva ben bene
prima di parlare per non fare errori e parlava quasi come un libro stampato. Ricordo le ore che
passavamo a discutere dei libri come ore solenni. ben diverse da quando il papà veniva a giocare
nella stanza dei bambini inventando continuamente nuovi scherzi.
L’ultimo libro che ricevetti da lui fu un libro su Napoleone. Era scritto dal punto di vista inglese e
Napoleone vi compariva come un crudele tiranno che voleva ridurre sotto il proprio giogo tutte le
nazioni, e in particolare l’Inghilterra. Stavo ancora leggendo quel libro quando mio padre morì. La
mia avversione per Napoleone è rimasta da allora ferma e incrollabile.
E. Canetti, La lingua salvata, trad. di A. Pandolfi e R. Colorni, Adelphi, Milano 1980