Kant? Una calamità

Transcript

Kant? Una calamità
Paolo Giannitrapani1
Kant? Una calamità
Sir Arthur William Bertrand Russell
Il titolo è un’espressione di Russell, esattamente dice:
«Subito dopo [che Hume ebbe sottoposto a critica l’induzione] Kant inondò il mondo filosofico di
confusione e di mistero, donde solo adesso comincia ad emergere. Kant ha la reputazione di essere il più
grande filosofo moderno, ma a mio giudizio egli fu una semplice calamità».2
Esamineremo il punto di vista che Bertrand Russell espresse in merito a Immanuel
Kant, il noto filosofo settecentesco tedesco, il quale tuttora occupa una parte centrale
nell’educazione impartita al giorno d’oggi a livello liceale, nel sistema scolastico italiano. Si
può senz’altro affermare che il trascendentalismo kantiano (da “trascendente” letteralmente
“oltrepassante”), ipotesi per cui secondo Kant si assume che il modo di conoscere la realtà
da parte dell’uomo dipenda da forme mentali standard, è tuttora un valido punto di
1Collaboratore Centro Insubrico “Carlo Cattaneo e Giulio Preti” (direttore Fabio Minazzi), Università degli Studi
dell’Insubria, Varese.
2Bertrand Russell, An Outline of Philosophy, 1927, ed. it. Sintesi filosofica, traduzione italiana di Aldo Visalberghi e
Annke Visser’t Hooft Musacchio, presentazione di Mario Dal Pra Firenze, la Nuova Italia Editrice, 1966.
1
riferimento nell’epistemologia moderna, (si pensi alla recente interpretazione del
“trascendentalismo storico-oggettivo”). Russell non ritiene valida la filosofia di Kant ma
non per questo non ne apprezza un indiscutibile merito quello di aver riflettuto sul problema
della conoscenza. Partendo dalla trattazione divulgativa dei manuali scolastici osserveremo
(n. 1) che quella riservata alla filosofia di Russell è ancor oggi sorprendentemente
incompleta (ignorare la scuola da cui tutti proveniamo e cui ci riferiamo, tenuto anche conto
dei legami tra scuola e accademia, data anche la natura di questi appunti, è impossibile).
Quale sia stato il destino di Russell in genere in ambiente italiano dove ha a lungo dominato
una cultura “grondante di idealismo” (come è stato detto) è lo scopo del n. 2. Entriamo nel
merito della discussione esaminando dapprima in che consiste la filosofia di Russell (n.3),
poi come Russell sia stato in gioventù kantiano per poi abbandonare il trascendentalismo
(n.4). Il n. 5 è dedicato alla critica espressa da Russell alla sintesi a priori kantiana (secondo
cui esiste una conoscenze dei fatti anteriore ai fatti).
1. Russell nell’istruzione media
Abbiamo accennato alla filosofia di Kant (almeno per la teoria della conoscenza),
quanto comunemente si sa su Kant, a livello medio, è ormai canonico è ampiamente
divulgato, meno forse è la filosofia di Kant come viene vista oggi dalle moderne scienze
cognitive che si preoccupano della domanda: “Oggi la gnoseologia di Kant ha valore?
Possiamo oggi spiegare il funzionamento della mente umana con la Critica della ragion
pura- la famosa opera di Kant, del 1781 - aperta sul tavolo? Proprio il punto di vista di
Russell su Kant è anche un’indicazione per la risposta a quest’ultima domanda. È ben
difficile riassumere cosa abbia rappresentato Russell in logica e in filosofia. A differenza che
per Kant rimandare ad un buon manuale scolastico liceale (pensiamo all’ottima
presentazione diKant che troviamo in Mario dal Pra, Sommario di storia della filosofia, vol.
II, La Nuova Italia, Firenze I ed. 1963) si rivelerebbe una mossa sbagliata. Il destino liceale
di Russell è sicuramente sfortunato: ignorato dal celebre manuale di Eustachio Paolo
Lamanna (Nuovo Sommario del 1961), che ha portato all’odio per la filosofia generazioni di
studenti, non ha avuto sorte migliore nelle pagine di pur buoni o addirittura blasonati
manuali liceali come quello stesso di Dal Pra, Armando Plebe (1966), Ludovico Geymonat
(1977), Giovanni Reale e Dario Antiseri (1983), Nicola Abbagnano e Giovani Fornero
(2006), che – è vero – riprendono tematiche russelliane come i limiti dell’empirismo, la
descrizione logica del mondo, id est l’atomismo logico (espressione usata da Russell stesso
per definire la sua filosofia) e financo la teoria che Russell dedicò al significato denominata
teoria delle descrizioni, ma che hanno tutti in comune l’ignorare una sintesi sulla valenza
dei Principia Mathematica con cui Russell (e il suo coautore Alfred Whitehead) presentava
al mondo la logica moderna, il suo simbolismo, fondava la matematica su basi logiciste, e
indicava le possibili strade di una filosofia analitica logico-scientifica, ormai imprescindibile
2
per articolare qualsivoglia argomento. Detti manuali ignorano del tutto il problema di una
discussione degli assiomi che sono a fondamento dei Principia, men che mai vengono
elencati e spiegati laddove si riportano nei manuali gli schemi del sillogismo aristotelico
della cui utilità nell’arco dei secoli non si è vista ombra.
2. Russell nella cultura Italiana: un atroce peccato
Pur alla lontana l’evoluzione scolastica riflette certa fortuna di Russell in Italia a livello
accademico o di pubblico colto, vale a dire un sostanziale respingimento, sicuramente con
gli anni corretto ma che resiste a livello liceale. Lo spiega Antonio Banfi nel 1945 che
osservava presentando il volume di Whitehead Science and the Modern World (1926)3 da lui
stesso tradotto, che l’opera era pressoché sconosciuta nel panorama culturale italiano come
lo erano pensatori come G. E. Moore e lo stesso Russell. Le ragioni addotte, a quell’epoca,
da Banfi per spiegare la freddezza di accoglienza verso Whitehead e Russell sono valide
ancor oggi, per certi aspetti. Banfi parla dunque di
«cecità volontaria che la filosofia italiana ha avuto negli ultimi decenni per riguardo alle correnti non
idealistiche, dato che il Whitehead con G. E. Moore, B. Russell, S. Alexander suol esser classificato tra i
rappresentanti inglesi del realismo critico. Il realismo, affermano i nostri idealisti, è un indirizzo superato,
un residuo di una mentalità invecchiata che si può di massima eliminare senza darsi la pena di conoscere e
discutere nei particolari. E il naturalismo che lo accompagna, proseguono i nostri spiritualisti, figli
illegittimi dell’idealismo, o anime belle di professione, è dottrina ‘formaliter perversa’. Così tutte le ragioni
son buone per elevare fitte siepi intorno alla riserva di caccia speculativa».
Nuove filosofie si stagliano all’orizzonte, osserva Banfi, dalla fenomenologia al nuovo
positivismo, si profila una nuovo umanesimo, critico, pronto a discutere i propri postulati
iniziali, ma gli idealisti e gli spiritualisti non intendono rinunciare ai loro, ritenendo che
metterli in discussione sia «un atroce peccato».
3. Russell: una filosofia analitica, empirica, realista
Veniamo alla filosofia di Russell. Per poi considerare la sua critica a Kant. L’evoluzione
della filosofia di Russell (con riferimento alla sola teoria della conoscenza, vale a dire
ignorando il Russell pedagogista, moralista, popolare o altre tematiche diverse) copre un
arco di tempo che va da The Problems of Philosophy (1912) e An Outline of Philosophy
(1927) a Human Knowledge: Its Scope and Limits (1948) per citare i testi più filosofici.
3 A. N. Whithead, La scienza e il mondo moderno, con una introduzione di Antonio Banfi, Valentino Bompiani, Milano
1945, p. 237.
3
La riflessione di Russell, dopo la grande stagione logica dei Principia Mathematica
(1901-13) e la costruzione di quella logica con cui è possibile descrivere qualsivoglia realtà
o ragionamento, si sviluppa intorno a due grandi interrogativi: (a) il simbolismo logico
formale (ad es. dico p · q, che si legge “p e q”, con p, q = proposizioni qualsiasi) si riferisce
oggettivamente a entità reali esterne dotate di una qualche esistenza o sono segni
convenzionali, governati da regole, ma che nulla dicono? (b) come giustificare la natura
della conoscenza umana? Essa deriva dalla sensibilità, d’accordo, ma come superare la
difficoltà per cui ammettere che tutto deriva dall’esperienza non deriva dall’esperienza?
La filosofia della conoscenza di Russell si avvale dei risultati della scienza e non
rinnega il buon senso, ha una triplice caratteristica di essere analitica, empirica e realista.
Dopo Russell chiunque voglia articolare un ragionamento di qualsiasi natura su qualsiasi
argomento non può più ignorare che i saperi vanno logicamente giustificati, fissando
premesse o postulati e asserzioni da dimostrare. In filosofia significa introdurre il metodo
logico-analitico: giustificare un certo corpo di conoscenze significa individuare le premesse
logiche, a presunte entità sostituire costruzioni logiche, col risultato di scoprire che «ogni
problema filosofico [ … ] non è affatto filosofico o è logico»4, l’analisi consiste nell’estrarre
dalla realtà dei fatti e dei concetti la corretta forma logica. La teoria del significato ne è un
‘applicazione: i segni denotano o significano ma vengono considerati simboli incompleti,
descrivo la x che denota con il precisare i predicati, solo l’osservazione stabilirà la corretta
interpretazione della x e la trasformazione della funzione proposizionale in proposizione v/f.
Un sistema ingegnoso per parlare logicamente anche senza sapere il denotatum.
L’analisi logica, l’avanzamento dei saperi, della scienza, pongono il filosofo e rivedere e
refutare le classiche e tradizionali distinzioni della storia del pensiero: tutte le filosofie
tradizionali vanno scartate, con il minor rispetto possibile per i sistemi del passato, dice
Russell (An Outline of Philosophy, 1927). Materia è sostituita da emanazioni da un centro
descritte da astrazioni matematiche ma non si sa cos’è questo centro; il mondo fisico o
natura è discontinuo e spiegato dalla teoria atomica e della relatività; gli eventi fisici nella
percezione sono spiegati in virtù di leggi causali; la vecchia coppia causa/effetto è sostituita
da leggi di tendenza; materiale/spirituale o mentale/fisico non ha più ragion d’essere, il
mentale diventa sempre più materiale il fisico sempre più astratto; si postula un monismo
dove a seconda delle interpretazioni o punti prospettici prevale il fisico o lo spirituale.
Questa visione dell’universo filosofico russelliano va tenuta presente dato che è all’interno
di essa che va colta la critica alla filosofia di Kant; Russell si misura con il Kant teorico
della conoscenza, riservandogli un capitolo, come vedremo, della sua History of Western
Philosophy (1945) ma sempre tenendolo presente in tutto l’arco della sua meditazione.
4 Bertrand Russell, Our Knowledge of the External World as a Field for Scientific Method in Philosophy, 1914, ed. it.,
La conoscenza del mondo esterno, traduzione di Maurizio Destro, introduzione di Bruno Widmar, Roma, Newton
Compton, 1971.
4
4. Kant e la geometria nel primo Russell
Eppure nella prima fase del suo pensiero Russell era stato kantiano ed hegeliano,
soprattutto hegeliano, influssi successivamente rinnegati. Nel suo An Essay on the
Foundations of Geometry5 (del 1897 e, non proprio tempestivamente, tradotti in italiano nel
1975) Russell, volendo occuparsi dei fondamenti della geometria, analisi che poi si sarebbe
evoluta nella ricerca dei fondamenti della matematica con la conseguente nascita della
logica necessaria per parlarne (esposta nei Principia Mathematica, 1910-13), attribuisce a
Kant il merito di aver per primo posto il problema dei fondamenti della geometria, con il
rinvenirne le basi nell’a priori umano dello spazio (soggettivo):
«Fu solo con Kant, il creatore della moderna epistemologia, che il problema geometrico ricevette una
forma moderna».
Russell in quest’opera giovanile traccia un’interessante storia della geometria dalle
geometrie non-euclidee a Klein, evidenziando che la geometria proiettiva può assurgere al
ruolo di elemento fondante di tutte le discussioni sullo spazio. La geometria proiettiva infatti
tratta proprietà dello spazio comuni a tutti gli spazi e non discrimina tra geometrie euclidee
e geometrie non euclidee (la discriminazione è affidata alla misurazione). Russell
abbandona la visione ortodossa kantiana sulla geometria e sposta il trascendentalismo
kantiano non su Euclide ma sugli assiomi della geometria proiettiva, da cui discende lo
spazio sia euclideo che non euclideo. Si vede che l’operazione di assumere gli assiomi della
geometria proiettiva è di ispirazione kantiana, trascendentalista, con l’a priori della forma
dell’esternalità che consiste nel considerare tutti gli spazi indipendentemente dall’esperienza
di ciascuno di essi. La relatività di Einstein avrebbe poi smentito i Foundations.
5. Il ruolo di Kant nella filosofia della conoscenzadi Russell
Russell parla diffusamente di Kant, oltre che nei già menzionati Foundations, nel cap.
VIII, dal titolo “Come è possibile la conoscenza a priori?”, de The Problems of Philosophy
(1912)6, inoltre, abbozzando una storia delle massime concezioni del mondo in An Outline
of Philosophy (1927) in cui, dopo aver introdotto Cartesio, Spinoza, Leibniz, parla di Hume
e Kant; in altre opere ancora è assiduo il riferimento a Kant come ad es. in History of
5Russell, Bertrand, An Essay on the Foundations of Geometry, 1897, 1956, ed. it. Id., I Fondamenti della geometria,
traduzione di Aldo Bonfirraro, Newton Compton, Roma 1975.
6Russell, Bertrand, The Problems of Philosophy, 1912, ed. it. Id., I problemi della filosofia, traduzione di Elena Spagnol
Milano, (Sonzogno 1922), Feltrinelli, (1959), 1970. [Con i seguenti saggi dal titolo: Apparenza e realtà, L’esistenza
della materia, La natura della materia, L’idealismo, Conoscenza per esperienza diretta e conoscenza per descrizione,
L’induzione, Come è possibile la conoscenza a priori, Il mondo degli universali, Ciò che sappiamo degli universali,
Vero e falso, Conoscenza, errore e opinione probabile, I limiti della conoscenza filosofica, Il valore della filosofia]
5
Western Philosophy del 19457 e nell’ultimo testo filosofico, Human Knowledge8, del 1948.
Si nota un costante riferimento quindi, al kantismo che scorre parallelo all’evoluzione stessa
del pensiero di Russell, il filosofo inglese,fondamentalmente preoccupato di giustificare la
conoscenza empirica. Una sintesi a priori è possibile introducendo postulati adeguati
integratori dell’impossibile puro empirismo ma non nei termini di Kant. La filosofia di Kant
propende verso l’idealismo a scapito di una corretta interpretazione dei dati offerti dalla
realtà la cui esistenza, come conferma la scienza e il buon senso, hanno validità
indipendente dalla percezione. Da considerare è che il pensiero di Russell subisce molteplici
variazioni pur sulla base immutata di essere, come detto, analitico, empirico, realista. Con la
svolta rappresentata dalla ritirata da Pitagora, la logica che inizialmente si poneva come
l’elemento in grado di descrivere gli enti esterni, le relazioni, gli universali, gli attributi,
diviene gradualmente un sistema analitico di segni. Traccia di questa evoluzione dal
realismo e platonismo verso l’analitico si trova nella critica a Kant espressa nei Problems
scritti due anni dopo l’immane sforzo dei Principia, Russell vede la giustificazione del PNC
(principio di non contraddizione) nell’essere costitutivo delle cose e non solo del puro
pensiero come è invece per Kant le cui tavole che ordinano i fenomeni sono mentali, mentre
successivamente, ad es, nella History il giudizio nei confronti del filosofo tedesco ha tono
diverso.
Eppure Kant ha avuto il merito, secondo Russell, di aver spostato l’attenzione sul
problema della conoscenza, di aver inoltre, conseguentemente, tentato per primo di fondare
epistemologicamente la geometria, fatto di enorme valenza da Euclide in poi. Un altro
merito che va riconosciuto a Kant è che di fronte all’irrigidirsi dello schieramento tra
conoscenza analitica e conoscenza empirica o “sintetica”, egli abbia introdotto la
conoscenza sintetica a priori, vale a dire una conoscenza che garantisce di anticipare fatti di
cui non abbiamo esperienza. Già fu merito di Hume l’aver considerato in modo nuovo che il
rapporto causa-effetto non è analitico o a priori ma che si tratta di una conoscenza che deve
attendere l’esito dell’esperienza. Per incidens, Russell non chiarisce l’origine storica del
termine “sintetico” quando è applicato per denotare dati di fatto empirici, la storia di
analitico/sintetico ci porterebbe da Leibniz fino a Quine passando per la geometria sintetica,
e Husserl, Wittgenstein etc.
Ma, per Russell, Kant ha ecceduto nel considerare che la conoscenza umana dipendesse
da come è costituita la mente; quella che Kant stesso definiva una rivoluzione copernicana
con il conferire al soggetto umano rilievo nel campo della conoscenza in realtà era, secondo
una di quelle espressioni tipicamente russelliane (ma il filosofo inglese si rivolge a tutti e
7Russell, Bertrand, History of Western Philosophy and its Connection with Political and Social Circumstances from the
Earliest Times to the present Day, 1945, ed. it., Id., Storia della filosofia occidentale e dei suoi rapporti con le vicende
politiche e sociali dall’antichità ad oggi, traduzione di Luca Pavolini, Longanesi, Milano 1948.
8Russell, Bertrand, Human Knowledge: Its Scope and Limits, 1948, ed. it. Id., La conoscenza umana. Le sue possibilità
e i suoi limiti, traduzione di Camillo Pellizzi, Longanesi, Milano 1963.
6
non alla ristretta cerchia dei dotti e che sono tutt’altro che “giornalistiche” come invece
apparvero a Michele Federico Sciacca), una controriforma tolemaica che mette al centro di
nuovo l’uomo spalancando le porte al successivo idealismo.
«Da Kant in poi, o forse sarebbe più giusto dire da Berkeley in poi, c’è stata, tra i filosofi, la tendenza,
che io considero errata, a consentire che la descrizione del mondo subisse in modo eccessivo l’influenza di
considerazioni derivate dalla natura della conoscenza umana [ ... ]. Nel descrivere il mondo la soggettività è
un vizio, Kant diceva di sé che aveva compiuto una rivoluzione copernicana, ma sarebbe più esatto se avesse
parlato di una ‘controriforma tolemaica’ poiché rimise l’uomo in quel centro dal quale Copernico l’aveva
detronizzato»9.
Conclude Russell: possiamo conoscere solo un infinitesimo dell’universo e dal punto di
vista cosmico la conoscenza umana è davvero irrilevante.
Nei Problems una decina di pagine sono dedicate alla sintesi a priori kantiana. Russell
riassume la conoscenza nei termini kantiani, chiarendo che i due elementi che entrano in
gioco nell’esperienza sono: a) l’oggetto fisico che produce i dati sensoriali, materia prima
della sensazione e b) la nostra natura umana che sistema nello spazio e nel tempo e nelle
relazioni formali a priori i dati di a).
«La soluzione proposta da Kant non mi sembra valida, ma è interessante; è però anche molto difficile, e
interpretata diversamente da filosofi diversi. Possiamo indicarla solo per sommi capi e molti seguaci del
sistema kantiano troveranno che anche questo semplice cenno è tale da fuorviare il lettore».10
Cosa ha di errato questo sistema della sintesi a priori delineato da Kant?
•
•
•
•
•
Un limite è che quel che possiamo conoscere è il fenomeno cioè l’oggetto come ci
vien dato dall’esperienza, ma nulla sappiamo dell’oggetto o cosa in sé. Russell pone
questa definizione: def. cosa in sé = oggetto fisico = causa delle sensazioni; distingue
la classe delle proprietà di cosa in sé e di oggetto; nessuna categoria si applica alla
cosa in sé;
la mente potrebbe cambiare; cosa garantisce che la nostra natura umana sarà costante
cioè in grado di ordinare sempre i fenomeni? Se la nostra natura cambiasse 2+2
potrebbe smettere di fare 4; «la nostra natura è un fatto come gli altri dell’esistenza»;
l’ordinamento a priori vale anche quando noi non ci pensiamo? Ecco un limite della
conoscenza a priori; le cose dovrebbero avere un certo ordine anche se non le
pensiamo;
le leggi del pensiero (si veda il principio di contraddizione) in realtà sono una
proprietà delle cose e non solo regole del pensiero (sono mentali per Kant);
quanto espresso sopra nell’ultima frase vale per ogni altro giudizio a priori: le
relazioni sono sussistenti e non solo poste dalla mente; 2+2 fa 4 e così dicendo non
esprimiamo un giudizio sui nostri pensieri ma su tutte le coppie effettive o possibili e
non perché la mente ci obbliga a crederci.
9Human Knowledge, op. cit,. Le citazioni che seguono sono tratte dalla medesima opera.
10Problems, op. cit.
7
La sintesi a priori di Kant è mentale e non è che imponga il vero alle cose.
Nella sua History (vinse il premio Nobel nel 1950 per la letteratura cinque anni dopo la
sua pubblicazione) troviamo il testo più esteso di Russell dedicato a Kant. In maniera
efficace e sintetica Russell espone Kant, in due sezioni, nella prima Russell ne espone la
filosofia, nella seconda si occupa specialisticamente della teoria kantiana dello spazio e del
tempo come viene affrontata dalla Critica della ragion pura, base della sintesi a priori.
Senza dimenticare il trattato sulla Pace perpetua. Con Kant viene a maturazione un
processo per cui «sottolineare il contrasto tra spirito e materia finisce col portare
all’asserzione che esista solo lo spirito», processo innescato da Kant e che porterà
all’idealismo ed a Hegel. Così è presentato Kant:
«Immanuel Kant (1724 – 1804) è considerato in genere il più grande dei filosofi moderni. Non posso
essere d’accordo con questo apprezzamento, ma sarebbe stolto non riconoscere la sua grande importanza».
«Hume, con la sua critica del concetto di causalità, lo [Kant] risvegliò dal suo ‘dormiveglia dogmatico’
(così almeno dice lui), ma questo risveglio fu solo temporaneo e presto Kant scoprì un sonnifero che gli
permise di riaddormentarsi».
«L’Enciclopedia Britannica rileva che non essendosi mai sposato conservò le abitudini della sua
gioventù studiosa fino a tarda età. Mi chiedo se l’autore di questa “voce” sia uno scapolo ovvero un uomo
ammogliato»
Per Russell il problema di Kant è dimostrare che la nostra conoscenza per quanto non
possa trascendere l’esperienza è nondimeno in parte a priori. Russell chiarifica le coppie
usate da Kant: analitico/sintetico; enunciati a priori/enunciati empirici. Non sempre infatti si
distingue tra sintetico ed empirico o tra analitico ed a priori. Nell’asserto analitico (Kant si
riferisce solo a quelli del tipo soggetto-predicato monadico) il predicato è parte del soggetto
e si basa sul PNC. “Il triangolo equilatero è un triangolo”, “triangolo” è compreso nel
concetto di triangolo equilatero ma è impossibile che il triangolo equilatero sia e non sia un
triangolo. L’asserto sintetico ci è noto per esperienza, sono sintetici tutti quelli non analitici.
L’enunciato empirico deriva dalla percezione sensoria mentre l’enunciato a priori non ha
fondamento nell’esperienza. Come è possibile la sintesi a priori? Merito di Kant – sulle
orme di Hume – è aver posto che è possibile una conoscenza sintetica a priori, Hume aveva
messo in dubbio l’analiticità di certe conoscenze a priori come il rapporto causale da lui
riportato nell’universo dell’esperienza empirica. La causa delle sensazioni è l’oggetto ed è
definito cosa in sé. Forme spazio-temporali e dodici categorie intellettuali dispongono e
ordinano le sensazioni o fenomeni o apparenze. L’applicazione dello s/t e delle categorie a
cose non sperimentate genera quattro antinomie. Le tre prove classiche dell’esistenza di Dio
sono demolite (ontologica, cosmologica, teleologica).
Russell affronta un’analisi critica logica della concezione dello spazio e del tempo
sostenuta da Kant e su cui si regge la sintesi a priori. L’argomento con cui Kant dimostra
che lo spazio è forma pura a priori in realtà non è valido per Russell. L’argomento di Kant è
divisa da Russell in quattro tesi (metafisiche):
1.
lo spazio non è un concetto ricavato da esperienze, ed è necessario
presupporlo,
2.
non possiamo immaginare che non ci sia uno spazio mentre possiamo
immaginare che non ci sia nulla nello spazio,
3.
bisogna presupporre “un solo” spazio,
8
4.
lo spazio è presentato come una infinita dimensione “data”.
Nella confutatio Russell osserva che:
1. Kant non garantisce né giustifica che le cose stiano in un certo modo nella realtà se si
rimane all’interno delle pure forme che non si applicano agli oggetti ma ai fenomeni;
2. evocando l’immaginazione Kant non può pensare di produrre argomenti logici;
3. Kant nega – ammettendo uno spazio – la pluralità degli spazi;
4. non dimostra come sia possibile, come dice, lo spazio come «infinita dimensione
data», come si giustifica questo ‘darsi’ di un infinito?
Kant fa uso della geometria come anticipazione dell’esperienza. Si tratta dell’argomento
n.5 (epistemologico o trascendentale). Ma la geometria, Kant questo non lo suppone,
significa due cose: a) scienza logica deduttiva, non sintetica e analitica; b) scienza empirica
ma sintetica e non analitica come ramo della fisica, come ad es. è impiegata nelle teorie
moderne cosmologiche., in cui il criterio basilare è la misurazione più che la deduzione
logica.
Kant fornisce ampio rilievo allo spazio piuttosto che al tempo. Riguardo al tempo «gli
argomenti sono essenzialmente gli stessi; l’aritmetica prende però il posto della geometria,
con la premessa che il contare richiede del tempo». Il passaggio dalla geometria
all’aritmetica è fondamentale, il contare richiede tempo, non è uno spunto giornalistico, in
2+5=7 non puoi trovare il 7 nella prima coppia ma devi sommarli prima l’uno poi l’altro, su
questa strada di una matematica sintetica e non analitica si getteranno le basi, in filosofia
della matematica, della corrente intuizionista che si rifà infatti ad Immanuel Kant.
9