Acido tranexamico: da negletto a farmaco salvavita

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Acido tranexamico: da negletto a farmaco salvavita
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Nr. 225
aprile 2012
Acido tranexamico: da negletto a farmaco salvavita
Chi l’avrebbe mai detto? Il “vecchio” acido tranexamico (Tranex, Ugurol e generici) è assunto agli
onori della cronaca (scientifica) per meriti acquisiti sul campo, che lo hanno visto candidare per
l’inserimento di forza (delle evidenze) nell’elenco dei farmaci essenziali, quelli cioè che
l’Organizzazione Mondiale della Sanità giudica basilari nell’armamentario terapeutico di ogni Paese,
industrializzato o in via di sviluppo che sia. C’è voluto uno studio indipendente, non sponsorizzato da
alcuna ditta produttrice (ragione per cui un risultato così importante è stato ignorato dai mass media),
per scoprire che un farmaco poco costoso, semplice da usare, da molti anni utilizzato nel trattamento
delle perdite ematiche mestruali (e tanto popolare in questa indicazione dall’essere diventato in alcuni
Paesi farmaco da banco) può salvare la vita di molte persone vittime di incidenti stradali.
Traumi e mortalità
I traumi rappresentano tuttora una delle principali cause di morte al
mondo. Ogni anno, più di un milione di persone muore per le
conseguenze di un incidente stradale. Gli incidenti stradali sono la
nona causa di morte e di invalidità, ma si prevede che nel 2020
diventeranno la terza causa1. Circa un terzo delle morti per trauma che
si verificano in ospedale è causato da una emorragia. L’emorragia
gioca un ruolo importante anche nel determinare le insufficienze
multiorgano. Tra le persone che muoiono ogni anno per trauma,
l’emorragia è responsabile di 600.000 decessi a livello mondiale.
Ogni anno,
più di 1.000.000
di persone muore
per le conseguenze
di un incidente
stradale
Il meccanismo dell’emostasi
L’emostasi è il processo fisiologico mediante il quale si arresta il sanguinamento da un vaso
sanguigno leso. Richiede l’attività combinata di fattori vascolari, piastrinici e plasmatici, così come di
meccanismi di controbilanciamento che limitano l’accumulo di piastrine e di fibrina nell’area
danneggiata. L’attività fibrinolitica, basata sulla conversione del plasminogeno in plasmina, un enzima
che degrada la fibrina dissolvendo i coaguli di sangue, si trova normalmente in una condizione di
equilibrio tra fibrinolisi e antifibrinolisi. In caso di intervento chirurgico maggiore o di trauma, il danno
tessutale altera questo equilibrio facendo prevalere la fibrinolisi.
Acido tranexamico
L’acido tranexamico è un derivato sintetico dell’aminoacido lisina. Legandosi competitivamente ai siti
di legame della lisina sulla molecola del plasminogeno, blocca l’attivazione del plasminogeno in
plasmina e previene la fibrinolisi. Il farmaco, indicato nel controllo dei sanguinamenti, viene impiegato
prevalentemente per trattare la menorragia e a scopo preventivo negli emofilici che devono sottoporsi
ad estrazioni dentarie. Alcuni odontoiatri lo usano per via topica nelle sedi cavitarie che sanguinano
abbondantemente. In ambito chirurgico, l’acido tranexamico si è dimostrato in grado di ridurre la
necessità di emotrasfusioni, senza tuttavia diminuire la mortalità2 e ha trovato sinora scarse
applicazioni. L’analogia delle risposte emostatiche in caso di intervento chirurgico e di trauma3 ha
portato alla realizzazione di uno studio su una casistica molto ampia e con misure di esito “forti” nel
contesto specifico della infortunistica stradale, il primo del suo genere.
Lo studio
Lo studio, randomizzato, controllato, in doppio cieco, denominato CRASH-2 (Clinical Randomisation
of an Antifibrinolytic in Significant Haemorrhage-2 consortium), è stato condotto in 274 ospedali di 40
Paesi. Ha confrontato gli effetti della somministrazione di acido tranexamico e di placebo sulla
mortalità, gli eventi occlusi vascolari e il fabbisogno di sangue in oltre 20.000 pazienti con trauma
maggiore ad alto rischio di emorragia clinicamente rilevante o con emorragia clinicamente rilevante in
atto4. L’acido tranexamico è stato somministrato entro 8 ore dall’incidente stradale con una prima
dose di carico di 1g e.v. in 10 minuti e una seconda dose di mantenimento, anch’essa di 1g, infusa
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lentamente nell’arco di 8 ore. Il principale criterio di valutazione di efficacia era rappresentato dalla
percentuale dei decessi per qualsiasi causa avvenuti in ospedale nelle 4 settimane successive al
ricovero. La mortalità totale è stata del 16% nei pazienti trattati con placebo e del 14,5% in quelli
trattati con acido tranexamico. La differenza a favore dell’acido tranexamico, corrispondente ad una
riduzione del rischio assoluto dell’1,5%, é significativa sotto il profilo
statistico, ma lo è ancora di più dal punto di vista medico: in pratica si
traduce in una vita salvata ogni 66 pazienti trattati.
L’acido tranexamico
Sulla base di questi risultati si calcola che l’acido tranexamico potrebbe
potrebbe evitare
evitare ogni anno 27.200 decessi in Cina, India, Stati Uniti e Gran
ogni anno
Bretagna e 55.000 nel mondo4.
55.000 decessi
Il farmaco ha ridotto la mortalità senza aumentare i rischi trombotici
nel mondo
legati alla formazione di microcoaguli all’interno delle arterie e delle
vene: questa rappresentava la principale preoccupazione legata al suo
meccanismo d’azione. L’incidenza di eventi occlusi vascolari fatali e
non fatali (ictus, infarto miocardico, embolia polmonare) è risultata infatti 0,3% e 1,4% nel gruppo
placebo contro 0,5% e 1,5% nel gruppo acido tranexamico. Peraltro, sulla sicurezza del farmaco
esistevano già dati confortanti: uno studio condotto in Svezia, dove l’acido tranexamico è disponibile
come farmaco da banco, non aveva osservato un aumento del rischio di tromboembolismo venoso5.
Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, tra i due gruppi non sono invece emerse differenze
nel ricorso alle emotrasfusioni (50% con acido tranexamico e 51% con placebo) e nel numero di unità
di sangue trasfuse. Ciò ha indotto gli sperimentatori a revisionare i dati adottando come misura di
esito principale la mortalità specifica per emorragia e non la mortalità per tutte le cause. Questa
analisi esplorativa, che ha correlato la tempistica del trattamento con gli esiti clinici, ha dimostrato in
modo inequivocabile che tanto più precocemente l’acido tranexamico viene somministrato tanto
maggiore è il beneficio e che l’uso tardivo può essere addirittura pericoloso6. Il trattamento con acido
tranexamico effettuato entro 1 ora dall’incidente stradale ha diminuito il rischio di morte per emorragia
dal 7,7% al 5,3%, pari ad una riduzione del rischio assoluto del 2,4%: significa salvare una vita ogni
42 traumatizzati gravi. Quando iniziato da 1 a 3 ore, l’acido tranexamico ha ridotto la mortalità per
emorragia, ma in misura inferiore, dal 6,1% al 4,8%, corrispondente ad una riduzione del rischio
assoluto dell’1,3%: in questo caso il numero di pazienti da trattare per evitare che uno di loro muoia
sale a 77. La somministrazione a distanza di oltre 3 ore dal trauma ha aumentato il rischio di morte
per emorragia: i decessi sono infatti risultati 144 (su 3.272 pazienti) contro 103 (su 3.362 pazienti)
trattati con placebo, pari al 4,4% contro 3,1%.
Il rinnovato interesse nei confronti dell’acido tranexamico ha portato alla realizzazione di studi nella
chirurgia urologica (prostatectomia) dove a basse dosi ha ridotto le emotrasfusioni7. Inoltre, l’analisi
dei dati dello studio CRASH-2 relativi ai traumi cranici8 ne ha fatto ipotizzare un impiego in altre forme
di sanguinamenti intracranici9. Non è da escludere che risultati positivi in un prossimo futuro si
possano ottenere anche nelle emorragie subaracnoidee che al momento sono gravate da un’elevata
mortalità (35%) e che, nonostante la terapia chirurgica, in molti pazienti provocano danni neurologici
residui.
A cura del dott. M. Miselli
Bibliografia
1. Peden M et al. The injury chart look: a graphical overview of the global burden of injury. Geneve: World Health Organisation, 2002.
2.Henry DA et al. Anti-fibrinolytic use for minimising perioperative allogenic blood transfusion. Cochrane Database Syst Rev 2007;
4:CD001886. 3. Levy JH et al. Antifibrinolytic therapy: new data and new concepts. Lancet 2010; 376:3-4. 4. Roberts I et al. Effects of
tranexamic acid on death, vascular occlusive events, and blood transfusion in trauma patients with significant haemorrhage (CRASH-2): a
randomised, placebo-controlled trial. Lancet 2010; 376:23-35. 5. Fraser IS et al. A benefit-risk review of systemic haemostatic agents. Drug
Saf 2008; 31:275. 6. The CRASH-2 collaborators. The importance of early treatment with tranexamic acid in bleeding trauma patients: an
exploratory analysis of the CRASH-2 randomised controlled trial. Lancet 2011; 377:1096-101. 7. Crescenti A et al. Intraoperative
administration of tranexamic acid to reduce transfusion rate in patients undergoing radical retropubic prostatectomy: double blind,
randomized, placebo controlled trial. BMJ 2011; 343:d5701. 8. CRAS-2 Collaborators. Effect of tranexamic acid in traumatic brain injury: a
nested randomised, placebo controlled trial (CRASH-2 Intracranial Bleeding Study). BMJ 2011; 343:d3795. 9. Roos YB. Tranexamic acid
for traumatic brain injury. BMJ 2011; 343:d3958.
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