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Progetto di ricerca
“Modello d’intervento realizzato dal Dipartimento della Protezione Civile in relazione
all’emergenza maremoto nello Sri Lanka”
LE OPERAZIONI DI EMERGENZA NELLE AREE NEL SUD EST ASIATICO
COLPITE DAL MAREMOTO DEL 26 DICEMBRE 2004
L’INTERVENTO DEL DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
RAPPORTO FINALE
CIRCOLAZIONE INTERNA
marzo 2006
In collaborazione con:
© ActionAid International Italia – marzo 2006
1
Il Rapporto è il frutto delle attività di un gruppo di ricercatori che hanno lavorato insieme in un
proficuo scambio di opinioni.
Stefano Olmeti, Roberta Ribero ed Ezio Margelli hanno contributo alla realizzazione della Prima Parte,
dedicata alla valutazione delle diverse fasi dell’intervento post Tsunami.
Per la Seconda Parte, a Giuseppe Ambrosio si deve la riflessione sui meccanismi di raccolta fondi.
Antonella Bucci, Gianni Rufini ed Ezio Margelli hanno messo a punto gli ultimi due capitoli, nei quali si
avanza la proposta per un Fondo Nazionale Emergenze.
Le attività sono state coordinate da Luca De Fraia, di ActionAid International.
ActionAid International, Amref, Missioni Cristiane per i ciechi nel mondo, Save the
Children, Terre des Hommes, VIS, WWF
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INDICE
INTRODUZIONE: OBIETTIVI, STRUTTURA E ARTICOLAZIONE DEL RAPPORTO . 4
PRIMA PARTE
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI........................................................ 5
FASE 1: LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio
2005) ........................................................................................................ 14
FASE 2: LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo) ............ 33
FASE 3: LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre) ...... 54
FASE 4: LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a
fine ricerca) ............................................................................................... 66
SECONDA PARTE
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI E LA TRASPARENZA
DELLA RACCOLTA FONDI NELL’INTERVENTO ITALIANO PER L’EMERGENZA
MAREMOTO NEL SUD EST ASIATICO .......................................................... 73
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC............. 81
RACCOMANDAZIONI PER LA CREAZIONE DI UN FONDO NAZIONALE
EMERGENZE .............................................................................................. 97
ALLEGATI
ALLEGATO 01- CRONOLOGIA INTERVENTO ITALIANO EMERGENZA SUD EST
ASIATICO ................................................................................................ 100
ALLEGATO 02 - TABELLE........................................................................... 106
ALLEGATO 03 - GLI ARTICOLI PIÙ SIGNIFICATIVI USCITI SULLA STAMPA
ITALIANA ................................................................................................ 116
ALLEGATO 04 – PRINCIPALI DOCUMENTI DI BACKGROUND ........................ 119
ALLEGATO 05 - BIOGRAFIE DEGLI AUTORI ................................................ 126
ALLEGATO 06 - INDICE DEI NOMI ............................................................. 128
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INTRODUZIONE: OBIETTIVI, STRUTTURA E ARTICOLAZIONE DEL RAPPORTO
Il lavoro di indagine qui presentato ripercorre gli eventi che hanno avuto luogo nel panorama degli
interventi italiani di emergenza nelle aree colpite dallo Tsunami. La ricerca nasce dall’iniziativa di
ActionAid International e delle organizzazioni del CINI. È il frutto di aggiornamenti periodici e
accompagna il lettore in uno spazio temporale compreso tra il 26 dicembre 2004, giorno della
catastrofe, e il 26 dicembre 2005.
Dal punto di vista metodologico l’indagine si è basata principalmente su dati di secondo livello raccolti
da diverse fonti pubbliche, prima tra tutte il sito del Dipartimento della Protezione Civile, un
indispensabile strumento informativo che risponde con i fatti alla trasparenza ricercata dal DPC.
Un’altra fonte di informazione sono le interviste raccolte dalle organizzazioni non governative in
occasione del secondo aggiornamento della ricerca (giugno 2005). Negli ultimi due aggiornamenti
(novembre 2005 e marzo 2006) si è deciso di realizzare nuove interviste con attori privilegiati.
Il Dipartimento della Protezione Civile, a seguito della presentazione del rapporto aggiornato al giugno
2005, ha deciso di contribuire alla realizzazione di una nuova versione della ricerca, ritenendo il
prodotto utile per raccogliere informazioni e per riflettere sul proprio operato. Alla Protezione Civile va
quindi riconosciuto il merito di aver aperto e incoraggiato gli spazi di confronto.
Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza la disponibilità di coloro che hanno contribuito
mettendo a disposizione la propria esperienza. Ci auguriamo di aver correttamente riportato le loro
opinioni e desideriamo ringraziarli vivamente.
La Prima Parte offre un’attenta valutazione degli interventi post Tsunami, organizzati
secondo le principali fasi temporali. Per ciascuna fase vengono presentati i fatti (gli
eventi), il dibattito (le interviste), i nodi emersi (il profilo strategico del DPC e il profilo
gestionale e organizzativo). Il testo è completato da una cronologia dei principali eventi
succedutisi nell’ambito dell’intervento italiano.
Il primo capitolo accompagna il lettore nella conoscenza del contesto attraverso una sintetica
descrizione della catastrofe e degli attori coinvolti negli interventi di emergenza. Si apre poi la
narrazione basata sulla cronologia. Nella prima fase si illustra l’avvio degli interventi di soccorso (dal
26 dicembre al 20 gennaio 2005). Nella seconda si mettono in primo piano gli elementi che hanno
determinato la scelta degli interventi da parte del Ministero degli Affari Esteri e del Dipartimento della
Protezione Civile (dal 20 gennaio al 21 marzo). Il terzo capitolo racchiude il periodo di tempo più
ampio, quello legato all’implementazione di tali interventi (21 marzo al 26 dicembre 2005). Nella
quarta fase, infine, si intende fare un bilancio di quanto emerso a un anno di distanza attraverso la
lettura dei fatti (le relazioni di monitoraggio e i report di controllo e aggiornamento).
La Seconda Parte propone una riflessione sui meccanismi di raccolta fondi, evidenziando
gli aspetti innovativi delle iniziative post Tsunami. Il Rapporto si chiude con la
presentazione degli argomenti a favore della creazione di un Fondo Nazionale Emergenze.
I materiali di background includono le principali fonti per la stesura di questo documento, ovvero
tabelle, articoli stampa, ordinanze e normative, convenzioni, documenti, studi, ricerche e link a risorse
sul web.
Con questo lavoro speriamo di aver contribuito alla riflessione sul sistema di intervento nei casi di
emergenza e sulla definizione di un nuovo modello di gestione di fondi privati, facendo emergere
alcuni nodi a essi collegati, quali i problemi di trasparenza, sussidiarietà, competenza e gestione.
I dati raccolti nella presente ricerca sono aggiornati al 20 febbraio 2006. Precedenti aggiornamenti
sono stati registrati a marzo, giugno e novembre del 2005 e sono parte integrante del documento qui
presentato.
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
Outline generale del fenomeno Tsunami e contesto
Il 26 dicembre 2004, alle ore 6.58 ora indonesiana, una frattura lunga mille chilometri si apre lungo
l'Anello di Fuoco del Pacifico, un perimetro vulcanico sotterraneo dove si scontrano i continenti
eurasiatico e indo-australe. Il terremoto sottomarino con magnitudo 9 della scala Richter, uno dei più
forti della storia degli ultimi cento anni, si abbatte a 250 km circa dalle coste di Sumatra e genera uno
Tsunami che spazza le coste dei Paesi affacciati sul golfo del Bengala e oltre. Ciclopiche masse
d'acqua spinte in superficie viaggiano a una velocità di 500-700 chilometri orari. L’onda dello Tsunami
colpisce un’area costiera vastissima che comprende Indonesia, Sri Lanka, India, Birmania, Malesia,
Maldive, Thailandia e si estende fino alle coste dell'Africa orientale in Somalia, Tanzania e Kenya.
Migliaia di persone vengono sorprese dalle onde che devastano la costa.
Il Paese maggiormente colpito è l'Indonesia, con oltre 200mila morti. Poi lo Sri Lanka con circa 30mila
morti, quindi l'India con circa 15mila e la Thailandia con 8mila morti. In Somalia si contano oltre 200
morti. Inclusi Bangladesh, Birmania, Malesia, Maldive, Seychelles, Somalia, Kenya e Tanzania, si stima
che lo Tsunami abbia colpito 2 milioni e 540 mila persone, mietendo quasi 300mila vittime (il dato
ufficiale è di 231.432, ma secondo le Nazioni Unite non si avrà mai un conteggio esatto dei morti), di
cui un terzo bambini. Oltre la metà delle vittime si registrano a Banda Aceh, sulla punta settentrionale
di Sumatra. Tra i 30 e i 90mila gli scomparsi, un milione e 800mila i senza tetto di cui, a un anno di
distanza, meno di un quinto - secondo valutazioni delle Nazioni Unite e dell'organizzazione umanitaria
Oxfam - ha ottenuto una sistemazione permanente, mentre la gran parte vive ancora in tende,
baracche e case di parenti e conoscenti. Gli orfani sono oltre 30mila e le vedove un numero
incalcolabile.
Fig. 1 - I luoghi della catastrofe
Fonte: ANSA
Il maremoto nell’Oceano Indiano è la più grave catastrofe di un 2004 che sarà ricordato come un
anno segnato dai disastri naturali. In Marocco, il 24 febbraio, un terremoto di 6,1 gradi Richter
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
sconvolge la regione settentrionale di Al Hoceima: 628 morti. Madagascar, 7 marzo: il ciclone Gafilo
causa 240 morti. Myanmar, 19 maggio: il più forte ciclone degli ultimi 40 anni uccide 220 persone.
Haiti e Repubblica Dominicana, 23-24 maggio: le inondazioni nel sud dell’isola causano più di 1.600
morti. Sud Est Asia, luglio - agosto: la stagione dei monsoni causa 1.240 morti tra Bangladesh, Nepal e
India nord-orientale. Cina, 13 agosto: il tifone Rananim uccide 164 persone. Caraibi e Stati Uniti, 8-16
settembre: l’uragano Ivan provoca 108 morti. Haiti, 17-19 settembre: le inondazioni provocate dalla
tempesta tropicale Jeanne causano 1.870 morti. Giappone, 22 ottobre: il tifone Tokage lascia 93 morti
nel sud-est del Paese. Filippine, novembre-dicembre: una serie di quattro tempeste sconvolge
l’arcipelago Chinnawat.
Le onde dello Tsunami hanno raggiunto lo Sri Lanka, la perla dell'Oceano Indiano, due ore dopo le
coste dell'Indonesia, vicine all'epicentro. La strage di 31mila vite poteva essere evitata con un efficace
sistema d'allarme, ma il mondo non aveva mai conosciuto un fenomeno del genere e quando il muro
d'acqua alto fino a dieci metri si è abbattuto sulla capitale Colombo e sulla costa orientale dell'isola era
ormai troppo tardi. A distanza di un anno, con 4.000 persone ancora considerate "disperse" e quasi
mezzo milione di sfollati, lo Sri Lanka ha pagato uno dei prezzi più alti, con un costo approssimativo
per la ricostruzione stimato dalla World Bank e da un consorzio delle banche asiatiche in un miliardo e
mezzo di dollari per case, attività economiche, sanità, educazione. Si può notare che se i dati resi noti
dagli organismi di coordinamento fossero veri, i fondi raccolti a livello mondiale sarebbero già quasi il
triplo di quelli necessari.
Gli attori: MAE, cooperazione decentrata, ONG, Comitato Aiuto Subito, telefonia e DPC
L’imponenza del cataclisma mobilita i consueti canali di soccorso, ai quali da subito si affiancano le
iniziative di solidarietà messe in moto da privati, associazioni e aziende, che prendono avvio in quasi
ogni parte del mondo. Nel panorama degli aiuti umanitari italiani in favore delle popolazioni del Sud
Est Asiatico emergono, a fianco dei soggetti istituzionali preposti (MAE, cooperazione decentrata,
ONG), soggetti nuovi o quanto meno “inconsueti” (DPC, Comitato Aiuto Subito, telefonia mobile). Per
facilitare la comprensione proponiamo una breve presentazione dei principali soggetti protagonisti
degli eventi che verranno descritti in questo testo (vedi allegato 1: Cronologia dell’intervento italiano
d’emergenza in Sud Est Asiatico).
MAE - DGCS
La cooperazione allo sviluppo in Italia è normata dalla Legge 49 del 26 febbraio 1987, "Nuova
disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo", che costituisce il punto di arrivo
di una lunga evoluzione legislativa.
La Legge 49 comprende in un unico ambito gli interventi ordinari, straordinari e di emergenza,
concepiti come diverse modalità di un'unica azione di cooperazione. La legge si ispira a principi
umanitari e di solidarietà verso i diseredati del mondo, come si legge nell'articolo introduttivo; sembra
aprire nuove opportunità a quei soggetti interessati a operare, anche in assenza di fini di lucro, nella
cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Accanto alle associazioni di volontariato cristiano o di
ispirazione laica e di sinistra, storicamente impegnate al fianco delle popolazioni più emarginate del
Terzo e Quarto mondo, la legge chiama tutto il complesso e articolato reticolo della società italiana gli Enti Locali, le strutture dell'Amministrazione decentrata dello Stato, le Università, i Sindacati - a
partecipare a questa attività definita "parte integrante della politica estera" del nostro Paese1. L'idea
raccolta dal legislatore nella L. 49 è di attivare nell'aiuto alle popolazioni emarginate dai processi di
sviluppo tutte le risorse economiche, tecniche, istituzionali, culturali e sociali che l'Italia può mettere in
campo, chiedendo a ciascuna di fornire il proprio specifico apporto.
1"La cooperazione allo sviluppo è parte integrante della politica estera italiana e strumento per la realizzazione degli obiettivi di
solidarietà tra i popoli e di piena realizzazione dei diritti fondamentali dell’uomo, ispirati ai principi sanciti dalle Nazioni Unite e
dalle convenzioni CEE-ACP; è finalizzata al soddisfacimento dei bisogni primari ed in primo luogo alla salvaguardia della vita
umana, all'autosufficienza alimentare, alla valorizzazione delle risorse umane, alla conservazione del patrimonio ambientale,
all’attuazione e al consolidamento di processi di sviluppo endogeno, nonché alla crescita economica, culturale e sociale dei Paesi
in via di sviluppo". (art. 1, comma 1)
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
Con la 49/87 si attribuisce un ruolo di corresponsabilità e di coinvolgimento al Paese beneficiario
dell'aiuto e si prevede che le iniziative di cooperazione siano "collegate prevalentemente nell'ambito di
programmi plurisettoriali concordati in appositi incontri intergovernativi con i Paesi beneficiari".
Il processo decisionale risulta articolato e presuppone un importante rafforzamento del ruolo del
Parlamento, al quale ogni anno, in sede di approvazione del bilancio di previsione e della legge
finanziaria, si chiede di discutere la proposta di spesa formulata dal Ministero degli Affari Esteri (MAE).
La previsione di spesa deve essere completata da una relazione previsionale e programmatica che
consente al MAE di esercitare un potere di proposta e, in particolare, di: presentare le motivazioni per
la ripartizione delle risorse finanziarie, per la scelta delle priorità – aree geografiche, singoli Paesi,
settori - nel cui ambito dovrà essere attuata la cooperazione allo sviluppo; indicare i mezzi di
intervento. Il documento programmatico viene discusso dal Parlamento congiuntamente alla relazione
consuntiva che il Ministero stila sulle attività svolte, la quale deve contenere precisi elementi di
valutazione dei risultati raggiunti.
Per quanto riguarda l'assetto organizzativo la Legge 49 in origine mantiene sostanzialmente le
strutture preesistenti: il comitato consultivo svolge la propria attività secondo modalità meno
vincolanti, mentre il Comitato Direzionale rafforza le proprie funzioni decisionali. Con la L. 49 viene
istituita la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) al cui interno si articolano
nuove strutture: tra queste, un'unità operativa per gli interventi straordinari, un ufficio di studio e
proposta per la promozione del ruolo della donna nei PVS e un'Unità Tecnica Centrale (UTC), a cui
sono affidati compiti di studio, valutazione e controllo degli interventi di competenza della Direzione
generale e la cui attività può essere coadiuvata dalla costituzione di unità tecniche locali nei PVS.
La Legge 49 introduce strumenti dedicati per garantire la trasparenza della gestione degli aiuti allo
sviluppo. Si prevede la pubblicazione delle delibere del Comitato Direzionale e del Direttore Generale
per la Cooperazione allo Sviluppo in un apposito bollettino (DIPCO) e l'istituzione presso la Direzione
Generale di una Banca dati in cui sono inseriti tutti i contratti, le iniziative e programmi connessi con
l'attività di cooperazione disciplinata dalla legge e la relativa documentazione. A tali strumenti si
aggiungono le relazioni al Parlamento predisposte dal Ministero degli Affari Esteri e del Ministero del
Tesoro per i settori di relativa competenza.
È importante sottolineare che le iniziative di cooperazione allo sviluppo che rientrano negli indirizzi
stabiliti dagli articoli 1 e 2 della Legge 49/87 non possono usufruire dei benefici previsti in mancanza di
accordo con i Paesi beneficiari. Soltanto le iniziative proposte da organizzazioni non governative
possono, in via eccezionale, essere ammesse ai benefici previsti anche in mancanza di richieste da
parte dei Paesi in via di sviluppo interessati, purché tali progetti siano adeguatamente documentati e
motivati da esigenze di carattere umanitario.
L’iter amministrativo predisposto per finanziare le iniziative delle ONG è tale che per cui, dal momento
della decisione di intervenire alla firma di una convenzione, con relativa erogazione dei contributi
finanziari, intercorrono non meno di sei mesi; tempi ai quali non si sottraggono neanche gli interventi
di emergenza.
Cooperazione decentrata
L'importanza della promozione di rapporti di sinergia tra le ONG e gli altri soggetti della cooperazione
allo sviluppo spinge a riflettere, nel caso italiano, su due istituzioni a volte trascurate nell'applicazione
della Legge 49/87: le Regioni e gli Enti Locali, che nell'attuale congiuntura nazionale e internazionale
esprimono potenzialità notevoli e giocano un ruolo strategico di grande importanza.
La legislazione italiana, riconoscendo espressamente tali soggetti e assegnando loro un ruolo anche
propositivo, costituisce un caso di eccellenza nel contesto della Comunità Europea, dove le realtà
istituzionali dei diversi Paesi non escludono ma neppure regolano in modo esplicito l'azione delle
autorità locali nel campo della cooperazione allo sviluppo.
La specificità italiana, tuttavia, non ha avuto sviluppi adeguati alle premesse poste. La Legge 49/87
riconosce gli Enti Locali quali soggetto di intervento (art.2) e le Regioni quali coordinatori degli
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
organismi di cooperazione presenti nel territorio. La cooperazione decentrata si situa in una posizione
intermedia, tra i macrointerventi degli organismi internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità,
Banca Mondiale, FAO, UNICEF) e le iniziative delle organizzazioni non governative (ONG).
Con la Legge 49/87 gli Enti Locali si assumono la responsabilità di una capacità progettuale propria,
sempre attenta a fare della cooperazione allo sviluppo un fatto non solo tecnico ma anche politico,
cioè di scelta per la società nel suo complesso. All'interno della cooperazione decentrata si può
mettere in evidenza lo stretto legame esistente tra centro e periferia che si istaura tra Enti Locali,
Ministero degli Affari Esteri e organizzazioni internazionali. Ma tale rapporto centro-periferia è messo
in ombra dall'innovazione portata dal ben più significativo rapporto periferia – periferia: la
cooperazione decentrata vuole infatti istaurare un rapporto tra eguali, cioè tra enti pubblici
responsabili della gestione di un territorio omogeneo e definito dal punto di vista amministrativo,
mettendo in relazione Amministrazioni del ‘Nord’ e del ‘Sud’ del mondo.
Uno dei fini dettati dalla Legge 49/87 è proprio la promozione, attraverso la cooperazione decentrata,
di un processo di interscambio e cooperazione internazionale fondato sul ruolo delle città e dei loro
territori, al fine di staccarsi sempre di più dagli orientamenti imposti dai "centri" di governo. La
cooperazione in questo modo si allontana dal modello di sviluppo che favorisce il trasferimento di
“know-how” a scapito della crescita di capacità autonome locali e mette a fuoco i soggetti istituzionali;
si contribuisce al rinforzo di strutture e organizzazioni private ma soprattutto pubbliche - conditio sine
qua non per lo sviluppo a lungo termine - in grado di adempiere alla funzione di programmazione e
gestione senza l'assistenza dall'estero. La cooperazione ha quindi il compito di adattarsi alle strutture e
ai bisogni delle istituzioni e delle popolazioni locali. Si passa perciò da una strategia di offerta
(proposte provenienti dal ‘Nord’) a una strategia di domanda (definita dai PVS). La strategia della
nuova cooperazione è perciò il sostegno istituzionale e gli Enti Locali sono lo strumento per eccellenza
per la realizzazione dei progetti di sostegno istituzionale. Un altro rapporto messo in evidenza dalla
cooperazione decentrata è quello tra pubblico e privato: il privato è legittimato a partecipare ai servizi.
L'ente può delegare le imprese alla realizzazione di certi progetti o può utilizzare degli ‘esterni’ per le
consulenze.
Negli ultimi anni l'impegno delle istituzioni locali è aumentato progressivamente, come indicano i fondi
del cofinanziamento; tuttavia, nonostante l'assetto legislativo favorevole e la disponibilità mostrata dai
diversi soggetti istituzionali e sociali in esso coinvolti, nel quadro globale di parziale e discutibile
attuazione della Legge 49/87 la parte relativa al decentramento si caratterizza per i ritardi e le
insufficienze che ne frenano l'avvio.
Nell’’attuale fase di ridefinizione globale della politica nazionale di cooperazione fattori diversi spingono
a cogliere il ruolo strategico che il decentramento può svolgere. Il decentramento offre la possibilità di
garantire una maggiore trasparenza decisionale e gestionale e, soprattutto, fornisce più ampie
opportunità di promuovere un processo di compatibilità dei molteplici interessi (imprenditoriali,
commerciali e solidaristici) attivi nel mondo della cooperazione. La cooperazione decentrata, in
particolare, sembra poter contribuire in modo significativo a un ampliamento del numero e della
qualità dei soggetti della cooperazione, favorendo l’ingresso della piccola e media impresa e la
creazione di reti territoriali. Il decentramento potrebbe costituire la forma decisionale e partecipativa
più adatta a promuovere il rafforzamento del radicamento sociale delle ONG e lo sviluppo di rapporti
triangolari tra queste ultime, le istituzioni pubbliche e i soggetti sociali. In ultimo si potrebbe
intravedere uno scenario internazionale caratterizzato da processi di apertura economica, di
globalizzazione e insieme di regionalizzazione, accompagnati nei PVS da significativi fenomeni di
ristrutturazione del tessuto produttivo e da forti spinte a un rafforzamento dei poteri locali. La
cooperazione decentrata può contribuire in modo particolare al consolidamento della
democratizzazione nei PVS, consentendo un maggior pluralismo dei soggetti istituzionali, economici e
sociali, favorito dall'attuazione di una modalità di azione più flessibile di quella che unisce le istanze
dei governi centrali e più adatta a sostenere programmi di sviluppo umano di base.
Organizzazioni non governative
Le organizzazioni non governative di cooperazione allo sviluppo in Italia nascono intorno agli anni ’60.
Le prime ONG sono espressione dell’associazionismo cattolico: un’esperienza già attiva dall’inizio del
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
XIX secolo attraverso le missioni nel Terzo Mondo e che nella metà degli anni Sessanta è una realtà
determinante, poiché unisce la scelta della testimonianza di fede con la manifestazione di solidarietà
verso la povertà e l’emarginazione. Gli interventi sono orientati su problemi quali la fame,
l’autosufficienza alimentare, l’assistenza sanitaria, l’apporto di risorse finanziarie, tecniche e umane per
lo sviluppo comunitario, soprattutto nelle zone rurali. La presenza laica (o comunque non legata alla
Chiesa) acquista peso solo dopo il 1968 ed è caratterizzata da un forte impegno politico volto a
sostenere le spinte al cambiamento degli assetti politici; le zone di maggior interesse sono l’Africa e il
Sud America. Negli anni Settanta le ONG, ‘cattoliche’ e ‘laiche’, cominciano a sviluppare teorie e
metodologie orientate al microsviluppo comunitario, fondato sull’autosufficienza: si sviluppa l’interesse
verso tecnologie “alternative” appropriate e si comprende che il semplice apporto di utensili,
attrezzature e denaro non è sufficiente a vincere una povertà che è prevalentemente di natura
strutturale. Se negli anni ’70 le ONG sono perlopiù organismi di volontariato, negli anni ’80 tale
identità cambia. La metamorfosi avviene di pari passo con un processo di istituzionalizzazione volto a
formalizzare un rapporto con il Ministero degli Affari Esteri che, da propositivo e positivo, si evolve
successivamente verso direzioni meno autonome e innovative.
Il prestigio delle organizzazioni non governative e il riconoscimento della loro insostituibile funzione si
basa su ragioni molto chiare: le ONG per tradizione operano in diretto e continuativo contatto con le
popolazioni rurali e urbane. Esse interpretano i problemi legati allo sviluppo con una diversa chiave di
lettura che pone l’attenzione non solo sugli aspetti economici, ma anche su quelli tecnici, sociali e
culturali.
Oggi le ONG italiane costituiscono un universo numeroso ed eterogeneo: attualmente le organizzazioni
riconosciute idonee dal MAE sono oltre un centinaio e ad esse vanno aggiunti gli organismi che
ricevono contributi esclusivamente dalla UE o da finanziamenti privati. Il riconoscimento di idoneità
consente di accedere al finanziamento ministeriale per la realizzazione dei progetti che le
organizzazioni presentano per l’approvazione al Comitato Direzionale (istituito dalla Legge 49). Le ONG
riconosciute idonee possono inoltre essere chiamate a gestire parzialmente o in toto programmi che
vengono decisi e istituiti all’interno della stessa Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo
(DGCS) del Ministero degli Affari Esteri.
Le ONG tendono ad associarsi in organizzazioni di secondo livello con finalità di lobby. In questo
Rapporto abbiamo citato solo due delle entità esistenti: l’Associazione delle ONG Italiane, che
raggruppa oltre 160 organizzazioni idonee per il MAE, e il CINI, che raggruppa sei organizzazioni
internazionali: ActionAid International, Amref, Missioni Cristiane per i ciechi nel mondo, Save the
Children, Terre des Hommes e WWF.
Comitato Aiuto Subito
Il “Comitato Aiuto Subito” è uno degli enti promotori della straordinaria raccolta fondi che ha preso
avvio dopo lo Tsunami. La prima volta viene istituito nel 1997 da un partenariato tra TG5 e Corriere
della Sera, in risposta a una grande mobilitazione spontanea per il terremoto in Umbria e Marche: nei
giorni successivi al sisma giunge direttamente alle redazioni del Tg5 e del Correre della Sera una
grande quantità di donazioni. I due Direttori Bortoli e Mentana decidono di canalizzare questa
solidarietà costituendo un Comitato di persone da essi fondato e presieduto da un generale dei
Carabinieri, Giuseppe Richero. L’organizzazione si costituisce di fronte a un notaio e assegna delega
operativa al Vicedirettore del TG5 e al dott. Astroni (Corriere della Sera). Il Comitato nasce quindi per
un evento ad hoc: nella denominazione stessa è indicata la specifica “Aiuto Subito per il terremoto
delle Marche e Umbria”. Dopo questa esperienza, il Comitato organizza una nuova raccolta in favore
del Molise, in occasione della quale viene impiegato lo stesso metodo poi utilizzato per il Sud Est
Asiatico: si sperimenta la raccolta per mezzo di SMS e si avvia la prima collaborazione con il
Dipartimento della Protezione Civile.
Due sono i principali obiettivi del Comitato:
• dare una risposta concreta all’emergenza attraverso un intervento tempestivo;
• rispondere ai lettori e telespettatori dal punto di vista delle garanzie: il Comitato nasce da un
rapporto fiduciario, pertanto intende mantenere l’impegno e la credibilità acquisita (il controllo
finanziario dei fondi viene mantenuto dal Comitato).
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
La volontà dei Direttori di allora e dei successivi è sempre stata quella di non diventare protagonisti di
queste iniziative, ma piuttosto di mantenere un ruolo di “collettore di risorse” e di garanti verso i
sottoscrittori, “in linea con il nostro compito di giornalisti e mettendo a disposizione le nostre
professionalità, senza mai pensare di strutturarci in ONG o Fondazione per operare direttamente”
(dall’intervista al dott. Vito Oliva). Per ogni nuova emergenza, pur mantenendo la stessa
denominazione “Aiuto Subito”, viene costituito un nuovo Comitato, con proprio statuto e con partner
differenti (a esclusione dei protagonisti mediatici - Tg5 e Corriere - che restano sempre i promotori).
Di volta in volta il Comitato sceglie i soggetti a cui far gestire le donazioni al fine di garantire in loco la
migliore realizzazione degli interventi. Tale scelta viene normalmente fatta dopo aver già avviato la
raccolta fondi: nello statuto del Comitato si definiscono i membri, i beneficiari e le deleghe esecutive,
ma solo nella prima riunione si entra nel merito del piano operativo, definendo tipo di intervento,
partner, soggetto gestore. Il Comitato mantiene comunque il controllo finanziario: si apre un apposito
conto corrente e i fondi vengono girati all’ente affidatario dopo la presentazione della documentazione
contabile.
Anche nel caso dello Tsunami è stata seguita questa prassi. Il Comitato ha avviato una propria
raccolta fondi. Le risorse raccolte attraverso CartaSI e c/c sono state convogliate su un conto corrente
ad hoc gestito direttamente dal Comitato, che eroga il contributo a consuntivo; i fondi raccolti con il
numero dell’SMS del Comitato sono invece confluiti nello stesso conto degli altri SMS solidali, con
numerazione 48580. Il Comitato ha poi individuato come ente gestore il Dipartimento della Protezione
Civile e ha stabilito quali interventi avrebbe finanziato tra quelli proposti dall’ente (come si evince dal
protocollo stilato nel gennaio 2005).
Il Comitato si è molto impegnato per garantire la trasparenza verso i propri clienti e donatori, tanto
che conserva un elenco di tutti i sostenitori e invia una specifica descrizione dell’intervento finanziato
qualora gli venga richiesto. Gli interventi realizzati vengono sempre divulgati anche attraverso i canali
informativi a disposizione del Comitato. Inoltre, il Comitato, accompagnato dallo stesso DPC, ha
partecipato a diverse missioni di monitoraggio per verificare come sono stati spesi i fondi raccolti.
(Fonte: sintesi dell’intervista realizzata con Vito Oliva, Tg5 - 15.11.2005; sintesi dell’intervista con
Gianluigi Astroni, Corriere della Sera - 27.03.06)
Telefonia (TIM, Telecom, Vodafon, 3, Wind) e RAI
Tra gli altri soggetti attivi nella raccolta fondi ricordiamo i maggiori operatori telefonici. Negli ultimi
anni la telefonia mobile e fissa, attraverso l’attivazione di numeri adibiti alla raccolta fondi con SMS, è
diventata uno dei principali collettori di donazioni in ambito nazionale.
Generalmente gli operatori mettono a disposizione di enti o associazioni che intendono fare una
raccolta fondi dei numeri prestabiliti per SMS. In questi casi si coordinano attraverso un tavolo tecnico
già attivo da alcuni anni per gestire la piattaforma e i numeri solidali disponibili. Ci sono casi di numeri
“aperti”, attraverso i quali possono passare donazioni anche di altri gestori di telefonia. Il caso dello
Tsunami è il primo in cui gli enti della telefonia mobile e fissa non sono soltanto dei collettori ma
diventano essi stessi promotori, poiché in questo caso non attendono la richiesta di un ente per
avviare la campagna, ma prendono una propria iniziativa, chiedendo sostegno ai clienti. Si avvia lo
stesso giorno del 26 dicembre 2004 una stretta collaborazione con i maggiori media (RAI, Mediaset e
TG5) per portare avanti una raccolta comune.
Successivamente gli operatori individuano il soggetto su cui far convogliare i fondi. In prima battuta
vengono presi in considerazione i soggetti già conosciuti dagli stessi enti di telefonia (Medici Senza
Frontiere, UNICEF etc.). Ad essi si chiede di verificare la possibilità di formare tra loro un comitato di
coordinamento, sul modello anglosassone, ma visti i tempi ridotti questa strada non risulta praticabile.
Dopo una serie di consultazioni si valuta che l’ente migliore da proporre per questo ruolo sia il DPC,
che risponde ai requisiti di trasparenza, efficacia e professionalità richiesti dai donatori, verificati in
alcune precedenti esperienze di collaborazione (si ricorda la raccolta fondi per l’Olsezia-Beslem).
Quindi l’SMS inviato riporta nel testo la destinazione al DPC.
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
Un altro ruolo importante svolto dalla telefonia è quello che si è avviato nelle prime fasi della tragedia
a supporto degli italiani dispersi. Il MAE per l’evento Tsunami convocò la telefonia per avviare le
procedure di emergenza. I gestori localizzarono la presenza dei propri clienti nella aree colpite e
inviarono SMS di avviso. Controllarono poi le schede dei singoli clienti per verificarne la disponibilità di
credito e riattivarla in caso di bisogno. Questa procedura portò fin dalle prime ore a sorprendenti
risultati.
Già da molto tempo la telefonia è un soggetto stabile negli incontri dell’Unità di Crisi del MAE e del
DPC, mettendo a disposizione i propri servizi per comunicazioni di emergenza; un esempio sono le
collaborazioni avviate per i “grandi eventi”2.
Visto il ruolo sempre più rilevante assunto nella raccolta fondi, la telefonia si è anche dotata di
strumenti di feedback per i donatori. Nel caso dello Tsunami, oltre a un messaggio di ringraziamento
immediatamente successivo alla donazione, si optò per una nuova formula di trasparenza: quella di
inviare nello Sri Lanka3 alcuni donatori selezionati tramite sorteggio. Un altro strumento attraverso il
quale si è data la massima trasparenza alla raccolta fondi è stata la puntuale pubblicazione degli esiti
della raccolta attraverso i media coinvolti.
Ci sembra importante ricordare che l’evento dello Tsunami ha dato modo di applicare l’emandamento
che detassa da IVA gli SMS solidali: a seguito di questo provvedimento dal 14 agosto del 2005 tutte le
donazioni - non solo quelle per calamità, ma anche quelle indirizzate ad altri fini - sono detassate.
(Fonte: sintesi delle interviste a Caterina Torcia, Vodafone, e a Paolo Di Bartolomei, TIM, 27.03.2006)
Il DPC: profilo istituzionale, organizzativo e di management
La funzione di protezione civile comprende tutte le attività necessarie a tutelare l'integrità della vita, i
beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da
catastrofi e da altri eventi calamitosi. In Italia, tale funzione è assegnata al Servizio Nazionale di
Protezione Civile istituito con la Legge n. 225 del 24 febbraio 1992 e composto dalle amministrazioni
dello Stato, centrali e periferiche, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici nazionali
e territoriali e da ogni altra istituzione e organizzazione pubblica e privata presente sul territorio
nazionale (art. 1 della Legge). Si tratta quindi di una funzione diffusa, alla quale concorrono diversi tipi
di attori (pubblici e privati) che costituiscono un sistema basato sul principio di sussidiarietà, in modo
che la responsabilità primaria di protezione civile venga stabilita in relazione alla competenza
territoriale e alla gravità dell’evento. Nel caso di emergenze di tipo nazionale, tale responsabilità spetta
direttamente al Dipartimento della Protezione Civile che, in generale, svolge attività di coordinamento
dell’intero Servizio, di previsione, di prevenzione etc.
Il Dipartimento della Protezione Civile (DPC) è attualmente collocato all’interno della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, a seguito di una laboriosa evoluzione normativa che nel suo itinerario aveva
anche previsto la trasformazione del Dipartimento in agenzia (d.lgs. 300 del 1999), ipotesi mai
tradotta in pratica. Alla luce della legislazione vigente, il Presidente del Consiglio assume la
responsabilità politica sulla funzione di protezione civile, esercitando le attività di impulso e controllo,
mentre il Dipartimento è la struttura operativa incaricata di tradurre in pratica gli indirizzi stabiliti a
livello governativo.4
La responsabilità direzionale del DPC è attribuita al Capo della Protezione Civile, che riceve dal
Presidente del Consiglio dei Ministri un incarico di durata triennale, rinnovabile e idealmente collegato
alla durata della legislatura5. È inoltre prevista la figura del Vicecapo, che assume le medesime
2 Il 24 settembre 2004 è stata =stipulata una convenzione tra telefonia e DPC per regolamentare l’invio di SMS informativi di
pubblica utilità; nella convenzione si parla anche dell’eventuale identificazione dei clienti destinatari dei messaggi e della
costituzione di gruppi di lavoro tra DPC e telefonia.
3 A seguito di questa iniziativa di particolare successo Vodafone ha deciso di avviare lo specifico progetto “segui il tuo euro”,
che dà la possibilità ai donatori delle diverse campagne di raccolta fondi di andare a visionare il progetto finanziato.
4 La responsabilità primaria del Presidente del Consiglio è stata recentemente ribadita nella Legge 401 del 2001 (art. 5).
5 La questione è regolata in via generale dal D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 come modificato dalla Legge 15 luglio 2002, n. 145
sul riordino della dirigenza statale. La stessa norma stabilisce inoltre che gli incarichi di funzione dirigenziale generale “cessano
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
funzioni e responsabilità del Capo in caso di vacanza, assenza o impedimento di qualsiasi natura e
durata6. Questo assetto pone le condizioni affinché l’attività decisionale e di direzione sia assicurata
anche in mancanza o assenza del responsabile.
La struttura del DPC è attualmente articolata secondo l’organigramma allegato, che comprende otto
unità organizzative di primo livello ulteriormente articolate in servizi. La nuova struttura è entrata in
vigore nel 2001 e, secondo quanto appreso nel corso delle interviste, tutte le posizioni di primo livello
sono attualmente ricoperte da figure dirigenziali – alcune delle quali assunte con contratto a tempo
determinato7.
Secondo quanto affermato da una nota presente sul sito web del Dipartimento della Protezione Civile ,
uffici e servizi concorrono ad assicurare le seguenti attività fondamentali:
•
•
•
•
•
•
•
•
promozione e coordinamento dell'intero sistema;
intervento diretto in caso di calamità nazionali;
definizione di procedure di intervento ed azione comuni a tutto il sistema;
orientamento della legislazione relativa alla prevenzione dei rischi;
sostegno alle strutture periferiche del sistema, specie le più deboli e meno dotate di risorse
proprie;
promozione e sostegno alle attività di formazione e alla crescita dell'associazionismo di protezione
civile;
informazione dell'opinione pubblica e di promozione della cultura della protezione civile, specie nei
confronti delle giovani generazioni;
regia nella costruzione e nella gestione delle reti informative indispensabili per la prevenzione dei
rischi.
decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo” (art. 19 comma 8) e che possono essere attribuiti a “persone di
particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero
aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano
conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e
postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni
statali, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza
universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.” (art. 19 comma 6). È il caso dell’incarico
attribuito all’attuale (marzo 2006) titolare, dottor Guido Bertolaso.
6 Come previsto dal D.P.C.M. 12 dicembre 2001. Al momento in cui si scrive (marzo 2006) la posizione di Vice-capo del DPC è
ricoperta dal dottor Vincenzo Spaziante.
7. Non è possibile approfondire ulteriormente l’organizzazione interna e le caratteristiche del personale del DPC (entità del
personale, caratteristiche qualitative organico, natura dei rapporti di lavoro dirigenziali) a causa della difficoltà di reperire
informazioni al riguardo. Si segnala che la posizione di responsabile del Servizio VI – Volontariato e Relazioni Istituzionali è
attualmente ricoperta dal Dottor Agostino Miozzo, responsabile anche della struttura temporanea di missione DPC in Sri Lanka.
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Parte Prima
IL TEATRO, IL DPC E GLI ALTRI ATTORI
Fig. 2 – Organigramma del Dipartimento della Protezione Civile
Fonte: DPC
In termini di funzionamento, l’azione del DPC si caratterizza per la possibilità di operare in condizioni
straordinarie e cioè in deroga all’ordinamento che regola il funzionamento della Pubblica
Amministrazione. Nel caso la situazione lo richieda, infatti, il Presidente del Consiglio può emanare
provvedimenti di necessità e urgenza (“ordinanze”) che autorizzano i vertici del DPC a operare in
deroga alla normativa vigente, ad esempio in materia di appalti e forniture, assunzioni del personale,
reperimento e impiego delle risorse finanziarie. Le deroghe introdotte tramite ordinanza, tuttavia,
devono essere limitate nel tempo e specifiche rispetto alle azioni da realizzare. Inoltre, trovano un
limite nel rispetto delle regole generali dell’ordinamento e, soprattutto, alla normativa comunitaria
riguardante gli appalti di lavori, di servizi e di forniture8.
L’operatività del DPC si estende al di fuori dei confini nazionali, attraverso iniziative concertate con
analoghe istituzioni di altri Paesi; mediante azioni condotte nell’ambito del Meccanismo comunitario di
protezione civile; attraverso interventi di emergenza internazionale gestiti direttamente. Tra questi
ultimi si segnalano, prima dell’evento Tsunami, gli interventi in Iran (terremoto di Bam) e in Ossezia
del Nord (Beslan). Dopo l’evento Tsunami, il DPC ha attivato missioni in Pakistan e in Sud-Sudan.
8 L’esigenza di non prevedere deroghe alle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie è stata recentemente ribadita nella
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22.10.2004 (art. 1).
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Parte Prima
LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
FASE 1: LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
I fatti
Alle 6.58 ora locale del 26 dicembre 2004, un terremoto sottomarino con magnitudo 9 della scala
Richter si abbatte a 250 km circa dalle coste di Sumatra. Il terremoto, uno dei più forti della storia
degli ultimi cento anni, genera uno Tsunami che spazza le coste dei Paesi che si affacciano sul golfo
del Bengala e oltre. L’onda dello Tsunami colpisce un’area costiera vastissima che comprende
Indonesia, Sri Lanka, India, Birmania, Malesia, Maldive, Thailandia e si estende fino alla Somalia e al
Kenya. Migliaia di persone vengono sorprese dall’onda devastante.
La presenza per le vacanze natalizie di numerosi turisti occidentali nelle località turistiche dell’area
colpita e l’immensa gravità della tragedia riempiono le prime pagine dei giornali di tutto il mondo.
L’eco sui mezzi di informazione è fortissimo, così come l’emozione generata.
In Italia il Capo del DPC, informato dell’emergenza9, predispone nella stessa giornata del 26 dicembre
una riunione di coordinamento con tutti gli esponenti delle strutture dello Stato interessate
(Presidenza del Consiglio, Unità di Crisi della Farnesina e Dipartimento della Protezione Civile) al fine
di avviare le operazioni di intervento. Le prime ore sono le più concitate. Si decide prontamente la
pianificazione dei primi interventi e l’assistenza ai connazionali sul posto. Grazie alle informazioni
fornite dalle rappresentanze diplomatiche e consolari in loco e in Italia dalla Protezione Civile, sono
individuate le zone più colpite: la Thailandia, lo Sri Lanka e le Maldive. Vengono, inoltre, date istruzioni
alle Ambasciate di inviare immediatamente personale qualificato nei luoghi colpiti, dove sono presto
creati punti di raccordo e uffici di collegamento per l’assistenza dei connazionali e per la conduzione
delle operazioni di evacuazione.
Lo stesso 26 dicembre 2004 il Governo italiano, attraverso l’Ordinanza n. 3389, dispone che “il
Dipartimento della Protezione Civile10 è autorizzato ad assumere tutte le iniziative e gli interventi utili
a consentire, anche alle componenti e alle strutture di protezione civile, di operare nell’attuale
contesto calamitoso assicurando ogni possibile assistenza a coloro che si trovano nelle zone
interessate dagli eventi, avvalendosi delle risorse umane e materiali all’uopo necessarie”.
In poche ore partono da Roma con destinazione Sri Lanka, Thailandia e Maldive tre squadre della
Protezione Civile, i rappresentanti dell’Unità di Crisi e 14 volontari del MAE, con il compito di assistere
e rimpatriare con voli speciali circa 3.500 italiani. Tutte le operazioni di primo soccorso vengono
pianificate in stretto coordinamento con le Unità di Crisi dei Paesi europei maggiormente interessati. Il
ponte aereo organizzato dal DPC si avvia il 26 dicembre con l’obiettivo da una parte di rimpatriare i
turisti europei e dall’altra di far giungere materiali e personale in loco: si eseguono in totale 52 voli,
riportando in Italia 4.308 passeggeri di cui 3.967 italiani e 342 stranieri (la Protezione Civile Italiana
ricopriva il ruolo di coordinamento europeo in Thailandia).
Un primo team composto da 4 persone della Protezione Civile italiana inizia a operare dal 27 dicembre
2004 a Malè, nelle Maldive, per assistere gli italiani da rimpatriare; il gruppo conclude le attività il 31
dicembre.
Un secondo team composto da sei persone della Protezione Civile italiana e da un funzionario del
Ministero degli Affari Esteri giunge a Colombo, in Sri Lanka, il 27 dicembre. Nelle prime ore del 28
dicembre viene raggiunto da un team sanitario dell’Azienda Ospedaliera di Pisa, composto da quattro
medici e quattro infermieri, che portano in loco l’attrezzatura per organizzare un Posto Medico
Avanzato – PMA (tende, materiale sanitario, medicinali). Il PMA viene installato a Unawatuna, nel sud
dell’isola. Un secondo PMA, con tre medici e tre infermieri della Regione Liguria, giunge in Sri Lanka il
29 dicembre. Questo secondo gruppo sanitario trova impiego a supporto delle operazioni di
evacuazione dall’area dei turisti italiani ed europei rimpatriati con i voli del ponte aereo e dell’attività di
ricerca e soccorso ai turisti italiani bloccati nelle località minori della costa. Nei primi due giorni del
9 In casi di emergenza italiana o estera la prassi consolidata è che vengano contattate l’Unità di Crisi o il Dipartimento
Protezione Civile. Da lì parte subito il coordinamento interistituzionale.
10 Il Dipartimento ha avuto precedenti esperienze di intervento all’estero, tra cui ricordiamo: terremoto in Algeria, terremoto in
Iran, tragedia di Beslam, incendio di una raffineria in Libia.
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Parte Prima
LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
gennaio 2005 anche l’unità sanitaria della Regione Liguria viene coinvolta nel trasferimento di una
parte del nucleo della Protezione Civile presente in Sri Lanka, che va a impiantare un PMA e un nucleo
operativo nel nord dell’isola, nei pressi di Tricomalee.
Un terzo team giunge a Phuket, in Thailandia, il 27 dicembre 2004. È composto da cinque persone
della Protezione Civile italiana, un rappresentante del Ministero degli Affari Esteri e una unità sanitaria
composta da tre medici, tre infermieri e due logisti della Regione Marche. Il gruppo ha operato
soprattutto per la ricerca, l’assistenza, il soccorso e il rimpatrio dei turisti italiani e di altre nazionalità
in difficoltà. Il nucleo di intervento sanitario ha individuato e assistito i feriti, ricoverati nelle strutture
sanitarie thailandesi, assicurando le condizioni per il loro rientro in patria. La prima fase di attività di
questo nucleo si è conclusa il 2 gennaio 2005.
Il MAE intanto attiva aiuti bilaterali nei confronti delle popolazioni colpite dal sisma, con l'invio a
Colombo di un volo della Cooperazione allo Sviluppo con 40 tonnellate di materiale di prima
assistenza, per un valore complessivo di 500.000 euro. La distribuzione dei materiali avviene a cura
del DPC, in contatto con l’Ambasciata italiana. L’operazione è coordinata da A. Miozzo, con la
collaborazione di A. Rubino e, per il MAE, di S. Zanini; viene organizzata una colonna di 10 camion e
vengono raggiunte anche aree sotto l’influenza del LTTE.
Per rispondere ai primi interventi di soccorso, il Governo italiano ha stanziato 10 milioni di euro, di cui
3 milioni di euro provenienti da fondi di emergenza attivati dalla Cooperazione del Ministero degli
Affari Esteri per interventi nei settori sanitario, alimentare, agricolo, dei trasporti e delle
comunicazioni. Quattro milioni di euro sono stati invece attivati dalla Protezione Civile e 3 milioni di
euro sono stati spesi per voli di carattere umanitario e militari11.
La Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) ha tre principali strumenti per operare
in casi di emergenza:
- dall’aeroporto di Brindisi, aerei sempre pronti con attrezzature stoccate (in collaborazione con
il WFP, programma alimentare ondiale). In questo caso è possibile far partire i voli entro 72
ore, dipende da quando arriva il via libera del Segretario Generale del MAE. Il vero problema
si presenta all’arrivo degli aerei perché il MAE non ha in loco strutture predisposte alla
logistica e allo smistamento dei pacchi. Si può anche chiedere all’Ambasciata locale di
occuparsene, mettendo a disposizione delle risorse. Per questa pratica il tempo richiesto è di
qualche settimana;
- fornire finanziamenti diretti ad agenzie ONU, che anticipano i soldi che poi vengono restituiti
dal MAE. Questa operazione è rapida ma, ovviamente, è a scapito della visibilità
dell’operazione, che viene comunque realizzata sotto bandiera ONU;
- seguire programmi di emergenza e ricostruzione con tempi lunghi (si danno soldi
all’ambasciata e si inviano esperti): occorre sempre qualche settimana prima di iniziare.
L’invio dell’aereo di Brindisi fu la prima delle operazioni messe in atto dal Ministero.
L’Italia, il primo tra i Paesi stranieri a essere presente nelle zone colpite12, ha fornito agli altri governi
europei utili suggerimenti per l’attivazione di soccorsi attraverso sistemi di tecnologia avanzata per
rintracciare i connazionali. Infatti, parallelamente all’avvio del ponte aereo, venivano inviati 15.000
SMS agli italiani presenti nelle zone colpite con la richiesta di fornire immediate notizie13 in
coordinamento con il Ministero Affari Esteri. Le aziende telefoniche hanno cercato attraverso i tabulati
i nominativi delle persone presenti in Sri Lanka, hanno mandato loro un messaggio, hanno verificato
che avessero credito per potersi mettere in contatto con i soccorsi qualora servisse. (Fonte: intervista
a Caterina Torcia, VODAFONE, 28.03.2006)
11 Fonte: Ministero Affari Esteri, “La gestione della crisi: il caso Tsunami”.
12 Fonte: Ministero Affari Esteri, “La gestione della crisi: il caso Tsunami”.
13 Si ricorda che in data 28 settembre 2004 veniva stilato anche un accordo tra le società di telefonia mobile e il DPC per la
gestione di SMS in caso di emergenza in Italia.
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Parte Prima
LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
Nel frattempo l’Unità di Crisi aveva istituito un numero verde14 per le segnalazioni: si raccolsero circa
20.000 telefonate di segnalazione dei familiari e dei conoscenti e furono registrate 8.000 segnalazioni.
In questo modo si è garantito attraverso i due strumenti un proficuo incrocio delle informazioni. Nelle
prime ore dopo il disastro negli elenchi dei dispersi si contavano 600 italiani15.
Contemporaneamente a Roma, nella sede dell’Unità di Crisi, si avvia un complesso lavoro di
identificazione dei morti e dei feriti che rientrano con gli aerei della Protezione Civile. Dopo pochi
giorni emerge che la ricerca dei dispersi e l’identificazione dei cadaveri costituiscono un problema più
grande del previsto: si conviene pertanto che la lista dei nominativi passi al Ministero degli Interni, che
prosegue il lavoro di incrocio dei dati e invia in loco alcuni specialisti per la rilevazione dei dati del
DNA. A Puket e a Colombo sono state istituite due strutture internazionali per i riconoscimenti delle
vittime: hanno partecipato per l’Italia sia personale diplomatico sia esperti dell’Unità di Crisi e del
Ministero degli Interni (Carabinieri e Polizia di Stato).
Un altro soggetto che si è mobilitato fin dai primi giorni successivi al maremoto sono le organizzazioni
non governative. Alcune ONG già presenti in loco hanno immediatamente inviato personale e aiuti
nelle zone colpite dall’emergenza; altre si sono da subito attivate inviando personale in loco. Le ONG
italiane presenti nei Paesi colpiti con propri volontari e con partner locali sono 16, concentrate
soprattutto in India e nello Sri Lanka16.
Il 30 dicembre 2004 viene convocata presso il Ministero degli Affari Esteri una prima riunione con i
rappresentanti delle organizzazioni non governative per il coordinamento degli aiuti ai Paesi colpiti dal
maremoto. Sono presenti il Ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, il responsabile del Dipartimento
della Protezione Civile, Guido Bertolaso, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta.
Il 31 dicembre, presso l’Unità di Crisi della Farnesina, si tiene una riunione con i rappresentanti delle
Regioni, Province, Comuni, Università, organizzazioni non governative, Sindacati, Imprese, agenzie
delle Nazioni Unite, Organizzazioni Internazionali, Croce Rossa Italiana ed enti impegnati nel campo
della solidarietà e del volontariato. L'incontro, voluto dal Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli
Esteri Gianfranco Fini, è presieduto dal Segretario Generale della Farnesina Umberto Vattani, e vi
partecipano anche il Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo Giuseppe Deodato, e
numerosi funzionari del ministero degli Esteri. Obiettivo è quello di avviare congiuntamente, anche in
considerazione della vastità delle aree del Sud Est Asiatico colpite dal recente maremoto e del numero
dei Paesi interessati, un piano coordinato di aiuti a breve e medio termine. Viene costituito presso il
MAE un coordinamento nazionale al fine di organizzare le risorse del nostro Paese disponibili per far
fronte all'emergenza.
Nel corso dell'incontro alla Farnesina viene presentata una prima mappatura delle iniziative già avviate
o in programmazione. L'attenzione si focalizza sui tre Paesi che hanno chiesto ufficialmente interventi:
Indonesia, Sri Lanka, Thailandia17. La discussione si concentra su iniziative concernenti programmi di
riabilitazione e ricostruzione, prevenzione igienico-sanitaria, nonché installazione, creazione e
ristrutturazione di strutture socio-sanitarie. A questo scopo si decide di inviare una missione tecnica
composta da esperti della cooperazione italiana, della CRI e dell'Istituto Superiore di Sanità.
Il primo gennaio il Ministro degli Esteri Fini annuncia che l’aiuto governativo italiano ammonterà a 70
milioni di euro. “Nell'ambito degli interventi che l'Italia si appresta ad avviare”, ha sottolineato Fini,
“un ruolo particolare verrà svolto dalla Croce Rossa Italiana”. Nello stesso giorno, in una successiva
dichiarazione, il capo della Farnesina ha inoltre affermato: “Per prima l'Italia si è adoperata per
sollecitare un intervento dell'Unione Europea, che ha condotto allo stanziamento di 10 milioni di euro
per l'Indonesia, 8 milioni di euro per lo Sri Lanka e 2 milioni per le Maldive. A livello multilaterale
14 Gestito attraverso contratto da una società di call center.
15 All'inizio si è temuto un bilancio devastante. Nel febbraio 2005 il Viminale stima che i morti siano 54, di cui 43 in Thailandia e
tre nello Sri Lanka. Solo ad un anno di distanza la Farnesina ha potuto stabilire la cifra esatta: 40 italiani morti, di cui tre in Sri
Lanka e 37 in Thailandia.
16 Fonte: Dossier AGI, Cooperazione Italiana allo Sviluppo: maremoto in Asia.
17 Fonte: verbale riunione pubblicato sul sito del MAE.
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Parte Prima
LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
l'Italia ha proposto una riunione del Club di Parigi per la ristrutturazione del debito commerciale dei
Paesi colpiti che avrà luogo a Parigi il 12 gennaio prossimo”. Il Ministro ha sottolineato che non si
tratta di cancellazioni, ma di “dilazionamenti a termine più o meno lungo”. Il 7 gennaio, in
Lussemburgo, l'Italia annuncerà l'insieme dei suoi interventi nel corso della riunione dei Ministri per la
Cooperazione allo Sviluppo dell'UE. “La riunione” ha detto Fini, “consentirà anche di mettere a punto
una linea d'azione comune dei Paesi dell'Unione, in vista della Conferenza dei Paesi donatori
convocata dalle Nazioni Unite per l'11 gennaio a Ginevra e dell'eventuale convocazione di una riunione
ad hoc dei ministri degli Esteri prima della sessione ordinaria del Consiglio prevista per il 31 gennaio”.18
Gli stanziamenti effettivi al 1 gennaio 2005 ammontano a soli 4 milioni di euro, i più spesi per
garantire i primi soccorsi.
Nel frattempo, al fianco delle istituzioni pubbliche e delle ONG che si sono attivate coerentemente con
i propri scopi statutari, si mette in moto la società civile, che manifesta una forte solidarietà;
immediatamente dopo la catastrofe vengono lanciate numerose sottoscrizioni per raccogliere fondi per
le vittime del maremoto. L’iniziativa più importante è generata dalla convergenza tra RAI, Mediaset e
Corriere della Sera e i principali operatori telefonici italiani (Telecom, TIM, Vodafone, “3”, Wind) che
lanciano una poderosa raccolta fondi attraverso l’SMS solidale. Nell’arco di poche ore, nella stessa
giornata del 26 dicembre, si decide di fare un’unica campagna che coinvolge i maggiori media italiani:
una scelta che, come dimostrano i risultati della cifra raccolta, è risultata vincente.
La raccolta fondi annovera tra i promotori il “Comitato Aiuto Subito” - per la prima volta istituito nel
1997 da un partenariato tra TG5 e Corriere della Sera in occasione del terremoto in Umbria Marche - e
i soggetti della telefonia (TIM, Telecom, Wind, “3”, Vodafone, Telecom) e la RAI. L’iniziativa si
conclude il 9 gennaio 2005 con un successo straordinario: vengono raccolti 43.963.044,6 euro19. I
fondi raccolti tramite SMS vengono detassati dall’IVA.20
Attraverso CartaSI e conto corrente, il “Comitato Aiuto Subito a favore degli Stati colpiti dal maremoto
del sud est asiatico” raccoglie circa 9 milioni di euro21, mentre la RAI devolve 2 milioni di euro,
corrispondenti al valore commerciale della pubblicità trasmessa nella giornata di lutto nazionale.
Il gruppo di donatori (RAI, Mediaset, TIM, Telecom, Wind, “3”, Vodafone) decide di far gestire le
donazioni al Dipartimento Protezione Civile. Il 29 dicembre 2005, per permettere l’utilizzo da parte
della Protezione Civile dei fondi raccolti dalle sottoscrizioni, il Governo promulga l’Ordinanza n. 3390
che recita: “Il Dipartimento della Protezione Civile è autorizzato a ricevere risorse derivanti da
donazioni ed atti di liberalità da destinare all’attuazione delle iniziative di cui all’Ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3389 del 26 dicembre 2004, anche coerentemente con le
relative finalizzazioni, se esistenti, e sempreché concretamente realizzabili; specificamente il
Dipartimento è autorizzato ad impiegare dette risorse, utilizzando procedure di somma urgenza, per
assicurare ogni possibile tipo di soccorso ed assistenza alle popolazioni colpite dagli eventi calamitosi,
anche mediante la fornitura di beni, servizi e la realizzazione di opere (…) Le risorse di cui al comma 1
affluiscono al Fondo per la Protezione Civile che manterrà distinta evidenza delle risorse stesse e della
relativa gestione”.
Per fare il punto sulla situazione nel Sud Est Asiatico e sulla seconda fase dei soccorsi viene convocata
una riunione a Palazzo Chigi. Con il Sottosegretario Gianni Letta si incontrano il Ministro degli Esteri
18 Fonte: Dossier AGI, Cooperazione Italiana allo Sviluppo: maremoto in Asia.
19 Dati Dipartimento Protezione Civile – comunicato stampa 11 marzo 2005.
20 Art. 10. Decreto Legge n. 315 30 dicembre 2004 - Gli addebiti, in qualunque forma effettuati dai soggetti che forniscono
servizi di telefonia, degli importi destinati dai loro clienti, mediante SMS, agli aiuti alle popolazioni del sud-est asiatico colpite da
catastrofico maremoto, sono esclusi dal campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto.
21 I 9 milioni di euro raccolti dal Comitato Aiuto Subito non sono gestiti direttamente dal DPC: la gestione finanziaria resta al
Comitato in un conto bancario proprio. Il DPC detiene e gestisce i fondi della telefonia, ma non quelli raccolti dal Comitato. Il
Comitato è un organo giuridico che ha obblighi di legge specifici, tra cui il dover rispondere direttamente ai propri sottoscrittori
su come e dove sono stati spesi i fondi raccolti. I gestori di telefonia sui fondi raccolti attraverso gli SMS non hanno obblighi di
legge, ma solo obblighi morali nei confronti dei donatori. Tutte le opere realizzate grazie ai fondi di Aiuto Subito si riconoscono
da una targa che riporta il nome del Comitato; le altre opere hanno una targa di riconoscimento “contributo italiano alla
ricostruzione”. (Fonte: intervista Oliva)
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Parte Prima
LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
Gianfranco Fini, il Vicepremier Marco Follini, i ministri dell'Interno e della Difesa, Beppe Pisanu e
Antonio Martino, il Presidente della Conferenza Stato-Regioni Enzo Ghigo, il Capo della Protezione
Civile Guido Bertolaso, il Capo dello Stato maggiore della Difesa Giampaolo Di Paola, il Capo della
Polizia Gianni De Gennaro, il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri Luciano Gottardo, il
Segretario Generale della Farnesina Umberto Vattani e il commissario straordinario della Croce Rossa
Maurizio Scelli22.
Con l’Ordinanza 3392 dell’8 gennaio 2005, la Presidenza del Consiglio sancisce la definitiva
assegnazione alla Protezione Civile della gestione dei fondi raccolti con le sottoscrizioni per il
maremoto. La stessa Ordinanza istituisce il Comitato dei Garanti, organismo di controllo definito a
livello politico “(…) per fronteggiare in termini di massima urgenza ed efficacia la situazione di grave
emergenza determinatasi nell’area del Sud Est Asiatico, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile
della Presidenza del Consiglio dei Ministri definisce, in raccordo con il Ministro degli Affari Esteri, le
necessarie iniziative di assistenza alle popolazioni interessate dai predetti eventi calamitosi di cui in
premessa, provvedendo per la realizzazione degli interventi e delle opere finalizzate al superamento
dell’emergenza medesima. A tal fine il Capo del Dipartimento della Protezione Civile è autorizzato, tra
l’altro, ad impiegare la flotta aerea nella disponibilità del Dipartimento medesimo nonché a fruire della
fornitura di beni e servizi comunque acquisiti o concessi, anche sulla base di atti di liberalità,
stipulando, ove necessario, i relativi atti convenzionali o d’intesa”. Il Comitato dei Garanti nominato
con apposito decreto dal Presidente del Consiglio risulta composto da: On. Giuliano Amato - Sen.
Giulio Andreotti - On. Emma Bonino - Prof. Andrea Monorchio - On. Giorgio Napolitano. L’Ordinanza
definisce anche la deducibilità dal reddito imponibile dei contributi offerti. Due giorni dopo (10
gennaio) si riunisce il Comitato23 che elegge come proprio portavoce l’On. E. Bonino.
Sembra che il problema della trasparenza nella gestione degli aiuti sia ritenuto a livello governativo di
fondamentale importanza, a tal punto che la stessa Ordinanza 3392 prevede anche l’istituzione di un
ulteriore organismo tecnico di controllo, nominato dal direttore della Protezione Civile, e viene
autorizzata la pubblicazione integrale degli atti relativi alla gestione dei fondi: “(…) al fine di assicurare
condizioni di assoluta trasparenza alle iniziative poste in essere dal Dipartimento della Protezione Civile
nell’impiego delle risorse… è autorizzata la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
nonché su quotidiani a diffusione nazionale e su Internet di tutte le iniziative e delle conseguenti
determinazioni adottate comportanti oneri finanziari. Fermi restando i controlli previsti
dall’ordinamento vigente, per una specifica azione di controllo di gestione nel corso delle attività
dipartimentali, con apposito provvedimento del Capo del Dipartimento della Protezione Civile è altresì
costituita una Commissione di garanzia per il tempestivo controllo legale e contabile delle azioni poste
in essere dal Dipartimento della Protezione Civile, composta da un Magistrato contabile, con funzioni
di Presidente, e da due esperti di riconosciuta professionalità, anche estranei alla Pubblica
Amministrazione”. Il 10 gennaio Il Capo del DPC Guido Bertolaso nomina24 il dott. Angelo Canale -
Vice Procuratore Generale della Corte dei Conti, il dott. Antonio De Santis - Dirigente I fascia del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, e il dott. Carlo Tixon - Dirigente II fascia del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, membri della commissione di garanzia.
Sempre il 10 gennaio il Sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver, in visita ufficiale nello Sri Lanka
- dove ha incontrato oltre al Primo Ministro, anche il Ministro degli Esteri Laskman Kadirganar -,
ribadisce che è la Farnesina che coordina tutti gli aiuti al Sud Est Asiatico. “È in corso una ricognizione
di esperti della Cooperazione della Farnesina – ha sottolineato la Boniver – proprio sulla base
dell'accordo della settimana scorsa tra il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini, quello dell'Interno
Giuseppe Pisanu, la Protezione Civile, la Croce Rossa, per individuare i possibili progetti di
ricostruzione nello Sri Lanka. Sarà poi la Farnesina a coordinare tutto quell'imponente flusso di aiuti e
22 Sul ruolo di Maurizio Scelli e della Croce Rossa Italiana nella vicenda vedasi l’articolo di Emanuele Giordana su Lettera 22
(http://www.lettera22.it) dal titolo “Ora e sempre Croce Rossa”, dove si prende in esame la possibilità che i fondi effettivamente
disponibili da parte del Ministero degli Esteri (4 milioni di euro) siano destinati alla gestione da parte della CRI.
23 Dalla sua costituzione all’11 aprile 2005, il Comitato si è riunito 5 volte fino.
24 Decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile - Costituzione della Commissione per il controllo sulla gestione
delle donazioni in favore delle popolazioni del Sud Est Asiatico colpite dal terremoto e dal maremoto del 26 dicembre 2004 - 10
gennaio 2005.
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di progetti che verranno realizzati sotto la supervisione della prima proiezione del sistema Paese che è
l'Ambasciata italiana” 25.
Lo stesso giorno dell’insediamento del Comitato dei Garanti, il 10 gennaio 2005, si svolge alla
Farnesina la riunione di coordinamento indetta dal Ministero degli Esteri. La riunione, presieduta dal
Segretario Generale, Ambasciatore Umberto Vattani, e coordinata dal Direttore Generale per la
Cooperazione allo Sviluppo, Min. Plen. Giuseppe Deodato, vede la partecipazione dei Ministeri (Difesa,
Ambiente, Agricoltura, Sanità, Interno, Pari Opportunità), Protezione Civile, CRI, Arma dei Carabinieri,
Vigili del Fuoco, Regioni ed Enti Locali, ONG impegnate nelle aree colpite, Agenzie ONU e OO.II.
specializzate in materia. L’incontro ha lo scopo di raccogliere informazioni in merito agli interventi
avviati dalle ONG e dagli Enti Locali e di definire il coordinamento tra le varie strutture impegnate. Alle
ONG viene richiesto di inviare una scheda contenente le attività in corso e i progetti da avviare.
Vengono fornite informazioni sui fondi resi disponibili dal Governo sulla cooperazione italiana (70
milioni di euro). Dei sette Paesi colpiti (India, Indonesia, Maldive, Myanmar, Sri Lanka, Somalia,
Thailandia), la DGCS ha proposto di concentrare l’attenzione sui tre i cui governi hanno chiesto aiuti:
Indonesia, Sri Lanka e Thailandia.
Durante la riunione del 10 gennaio 2005 vengono identificate alcune prime iniziative:
•
•
•
programma Regionale di Cooperazione Universitaria per la prevenzione delle catastrofi naturali
e gestione delle crisi umanitarie;
iniziativa a tutela dei minori vittime della catastrofe;
programma di intervento immediato in Sri Lanka.
Vengono inoltre definite una serie di missioni nei Paesi colpiti per la valutazione degli interventi da
effettuare e il coordinamento con l’azione della Protezione Civile. Bisognerà aspettare però sino al 26
gennaio26, dopo la visita del Ministro degli Esteri e del Ministro delle Pari Opportunità nel Sud Est
Asiatico, per vedere delineato un primo programma di azione nelle aree colpite dallo Tsunami.
A seguito della riunione del 10 gennaio 2005 presso la DGCS del Ministero degli Affari Esteri sulle
azioni a favore delle popolazioni colpite dal sisma e dal maremoto del Sud Est Asiatico, le Regioni
italiane, riuniti i tre coordinamenti interregionali interessati (Cooperazione Internazionale – capofila
Marche; Sanità – capofila Veneto; Protezione Civile – capofila Abruzzo), hanno approvato, in sede di
Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome, una proposta articolata in più punti:
1. disponibilità delle Regioni a farsi carico di programmi di seconda emergenza e di
riattivazione/cooperazione di medio periodo, coordinandosi tra loro e con le autorità nazionali;
2. costituzione di un’unità di coordinamento interregionale specifico composta dai tre Coordinatori
(Cooperazione Internazionale, Sanità e Protezione Civile) e dal Direttore dell’OICS, o loro sostituti;
3. richiesta al Ministero degli Affari Esteri di inserire nella task force da esso costituita anche una
rappresentanza delle Regioni;
4. proposta al Ministero degli Esteri, relativamente alla promozione di un’iniziativa a tutela dei minori
vittime della catastrofe, di farsi carico di un programma quadro affidato alle Regioni e da esse in
parte cofinanziato (attraverso finanziamenti, beni e servizi).
A partire da questa riunione la DGCS avvia una serie di incontri di coordinamento tra i diversi attori
sulla scena dell’aiuto italiano alle popolazioni colpite dallo Tsunami. In particolare viene annunciata la
costituzione di un’apposita task force presso il Ministero che ha il compito di mantenere i contatti e
sviluppare le linee d’azione previste. Viene definita una “Proposta di Partenariato Globale” che con una
modalità condivisa aggreghi le capacità operative, le competenze professionali specialistiche sia del
settore pubblico – a livello centrale e locale – sia del settore privato, garantendo un approccio di tipo
multidisciplinare e regionale: un tavolo ampio e aperto a tutti i possibili attori, nessuna iniziativa è da
considerarsi esclusiva, i progetti potranno essere individuati dal MAE, dal gruppo costituito o dalle
singole organizzazioni. Tutte le attività verranno coordinate con i Paesi interessati di concerto con le
25 Fonte: Dossier AGI, Cooperazione Italiana allo Sviluppo: maremoto in Asia.
26 Verbale MAE DGCS 26 gennaio 2005 – Coordinamento del piano di aiuti per il Sud Est Asiatico (vedi allegato).
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ambasciate italiane, già in costante contatto con le autorità locali. La Cooperazione italiana, infine, si è
detta disponibile all'istituzione di uffici operativi nelle località colpite dalla catastrofe.
Nell’ambito del coordinamento del Ministero degli Esteri la “task force minori” ha compiti consultivi e di
impulso riguardo a tutte le iniziative in favore dei minori in condizioni di particolare vulnerabilità nelle
aree colpite e agisce sinergicamente con la DGCS, secondo le modalità stabilite da quest’ultima. La
task force minori è composta da un gruppo ristretto di persone, particolarmente competenti nelle
tematiche minorili e altamente rappresentative dei vari attori di cooperazione in campo, quali, ad
esempio27:
• Ministero degli Affari Esteri-DGCS
• Ministeri competenti
• Regioni
• ONG italiane
• Università
• Enti Locali
• Organizzazioni Internazionali
Emma Bonino, al termine della riunione del comitato dei garanti del 10 gennaio 2005, annuncia
pubblicamente che l'intervento italiano per la ricostruzione dopo il maremoto si concentrerà in Sri
Lanka. L'intervento riguarderà due aree, dove l'Italia è già presente: Hunawatuna e Trincomalee. I
settori d'intervento sono già più o meno delineati: si tratta di quello sanitario, quello scolastico e
quello produttivo, per rilanciare l'economia.
Qualche giorno dopo, il capo missione della Protezione Civile italiana in Sri Lanka, Agostino Miozzo,
durante la visita a Kinnya del Sottosegretario agli Esteri On. Margherita Boniver, annuncia alla stampa
che oltre alla sistemazione dell’ospedale di Kinnya, la Protezione Civile si propone di iniziare un
intervento per rimettere in funzione l’ospedale di Matara. Il Dipartimento ha in mente inoltre di dar
vita a un “progetto pesca” con il quale intende acquisire pescherecci per le zone di Kinnya, Galle e
Matara e di ricostruire la “catena del freddo” per la conservazione e commercializzazione del pescato.
Vengono annunciati anche accordi con lo LTTE, le Tigri per la liberazione del Tamil, sulla base dei
quali sono state consegnate 36 tonnellate di aiuti nella città di Kilinochchi. Secondo Miozzo la missione
della Protezione Civile in Sri Lanka durerà circa 6 mesi28. La Protezione Civile italiana sembra molto
preoccupata di garantire la trasparenza nella gestione degli aiuti. Viene dichiarato alla stampa che il
Dipartimento sta studiando la possibilità di affiancare una società di revisione29 alla Commissione di
controllo e al Comitato dei Garanti. Il modello è simile a quello promesso dall’ONU (che ha incaricato
l’agenzia privata PricewaterhouseCoopers del controllo dell’aiuto umanitario internazionale); sono
previste inoltre pubblicità e monitoraggio delle iniziative via Internet, sui quotidiani nazionali e sulla
Gazzetta Ufficiale.
Negli stessi giorni si svolge a Ginevra un vertice tra i Paesi donatori sotto l’egida dell’ONU. Gli aiuti
promessi a livello internazionale per il Sud Est Asiatico ammontano a circa 10 miliardi di dollari.
L’esperienza di altri eventi simili (Filippine, Iran, Uragano Mitch, Costa d’Avorio, Haiti, Liberia) ha
dimostrato che gli aiuti promessi non corrispondono affatto a quelli effettivamente erogati. In quella
sede il Sottosegretario agli Esteri italiano Roberto Antonione elenca il contributo del nostro Paese: 115
milioni di euro a livello pubblico e 40 milioni dai privati. A livello internazionale (Club di Parigi) si
discute anche sulle ipotesi di moratoria del debito dei Paesi dell’area colpita dallo Tsunami. Secondo la
Banca Mondiale il debito estero complessivo dei Paesi colpiti dallo Tsunami ammonterebbe a 406
miliardi di dollari. Considerando che nel 2003 gli stessi Paesi hanno rimborsato ai creditori 68 miliardi
di dollari, le ventilate cifre relative agli aiuti promessi appaiono assolutamente sottostimate. India,
Thailandia e Malaysia non intendono inoltre accettare la sospensione del pagamento degli interessi sul
debito, in quanto ciò avrebbe sicure ripercussioni sulle loro posizioni nei mercati finanziari
internazionali.
27 Vedi verbali riunioni MAE.
28 Col decreto 3219 del 28 luglio si predispone la nuova struttura di Missione.
29 In realtà di tale proposta in seguito non troveremo più traccia.
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LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
Il 14 gennaio, presso il Ministero degli Esteri, si tiene la riunione di coordinamento degli aiuti italiani.
In quella sede il Direttore Generale della Cooperazione allo Sviluppo Deodato intende mettere a punto,
con il concorso della Protezione Civile e delle ONG, un piano di interventi in Sri Lanka, sulla base di
una prima mappatura degli interventi e delle proposte pervenute. Inoltre annuncia che il piano di
interventi si estenderà anche in Thailandia e in Indonesia. Viene annunciato l’invio in Sri Lanka di una
missione di esperti della Cooperazione Italiana, al fine di individuare i bisogni della popolazione
attraverso gli opportuni contatti con le autorità locali. Sulla base dei risultati di tale missione si passerà
alla fase operativa e di finanziamento. In loco vi sarà un’unità di riferimento che provvederà a una
doppia verifica: bisogni e disponibilità, al fine di definire i possibili interventi. La stessa procedura
seguita per il coordinamento degli interventi nello Sri Lanka verrà adottata anche per Thailandia e
Indonesia. Nella stessa riunione, la dott.ssa di Gennaro, rappresentante della Protezione Civile,
informa che i fondi privati gestiti dalla Protezione Civile saranno utilizzati per la maggior parte nello Sri
Lanka, dove il suddetto Dipartimento è già operante, in coordinamento con il Ministero degli Esteri e
con le ONG presenti in loco.
Lo stesso giorno il Ministro degli Esteri Fini, incontrando il Ministro degli Esteri indonesiano, afferma
che la scelta della riconversione del debito indonesiano per il 2005 è dovuta alla considerazione del
fatto che l’Indonesia è “il più grande Paese musulmano del mondo, che ha affrontato con successo
recenti elezioni giudicate libere e democratiche” e che “l’Italia apprezza la grande determinazione con
cui Giakarta combatte il terrorismo”.
Nel frattempo, sempre il 14 gennaio 2005, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi annuncia gli
stanziamenti italiani: complessivamente 150 milioni di euro, di cui 70 messi a disposizione dal Governo
(“che verranno gestiti dal MAE in collaborazione con la Protezione Civile”), 43,3 dalle donazioni private
(“28 milioni di euro sono stati raccolti attraverso SMS30, 4 milioni attraverso la telefonia fissa, 8 milioni
e 700mila tramite il sistema delle carte di credito e 2 milioni e 600mila grazie alla sottoscrizione diretta
sul fondo nazionale per la Protezione Civile” – di cui 2 milioni devoluti dalla RAI, n.d.a.), 38,2 di crediti
italiani che saranno condonati a Sri Lanka (7,2 milioni) e Indonesia (31 milioni) (“La Thailandia ha
invece ritenuto di non procedere in questa direzione”). (Dichiarazioni del Presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi tratte dal Dossier AGI)31.
Pochi giorni dopo, il 18 gennaio, con l’Ordinanza n. 3994 della Presidenza del Consiglio, viene istituito
un conto corrente specifico attraverso il quale sarà possibile far confluire al Fondo della Protezione
Civile i contributi raccolti attraverso l’iniziativa degli SMS (i quasi nove milioni raccolti dal Comitato
Aiuto Subito restano invece in un conto separato). Il giorno seguente vengono siglati protocolli
d’intesa tra Protezione Civile, Vodafone, Wind, Telecom Italia Mobile, Telecom, “3”, RAI, Mediaset. Tali
protocolli prevedono il versamento dei fondi sul conto corrente della Protezione Civile aperto con
l’Ordinanza 3994. In particolare l’articolo 2 prevede che l’individuazione degli interventi da effettuare
venga fatta d’intesa con gli operatori sottoscrittori. Il Dipartimento si impegna a rendicontare
quadrimestralmente le spese effettuate e a darne informazione, istituendo anche un apposito
organismo di collegamento con rappresentanti degli operatori di telefonia, della Rai, del Corriere della
Sera e di Mediaset.
Il 20 gennaio 2005 il MAE presiede una riunione del Programma Regionale di Cooperazione
Universitaria. Si concorda l’avvio di una missione il cui scopo è quello di preparare e sviluppare i
contenuti relativi a un programma Regionale di Cooperazione Universitaria per l’alta formazione nel
campo della Mitigazione dei Disastri Naturali.
Il dibattito
In questa prima fase il dibattito verte principalmente su due elementi:
30 Le raccolte dei singoli enti gestori di telefonia sono state proporzionali al numero di clienti. Non sono state fatte analisi
approfondite sul profilo dei donatori, ma tendenzialmente sono state elargite donazioni di basso importo. Si registrano però casi
in cui alcuni clienti hanno fatto donazioni di importo molto elevato.
31 Fonte: Dossier AGI, Cooperazione Italiana allo Sviluppo: maremoto in Asia.
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•
la gestione di fondi privati da parte di un Ente pubblico;
•
il ruolo del DPC e la possibile messa in ombra del MAE.
Nei primi giorni successivi alla catastrofe tutto procede secondo le abituali regole: Unità di Crisi, MAE e
DPC collaborano congiuntamente nel recupero degli italiani all’estero e nell’invio dei primi soccorsi,
mentre le ONG, secondo le proprie specificità, predispongono spedizione di materiali, raccolte fondi,
invio di volontari, cooperanti o operatori locali. La collaborazione sembra però diventare “interferenza”
quando entra in gioco un elemento straordinario, ovvero la raccolta fondi realizzata dai maggiori
gestori di telefonia e i più importanti media italiani. Come ricorda Miozzo, capo missione in Sri Lanka
per il DPC, in una intervista realizzata il 30.12.2005, “fu Bertolaso che mi preannunciò, mentre ero in
Sri Lanka, che si sarebbe concretizzato qualcosa di diverso dalla solita azione di soccorso e che
probabilmente si sarebbe trattato di un intervento più ampio. (..) Allora si iniziava ad intuire che la
raccolta fondi avrebbe apportato molti più fondi del previsto”.
L’imponente iniziativa viene generata dalla convergenza tra RAI, Mediaset e Corriere della Sera con i
principali operatori telefonici italiani (Telecom, Vodafone, “3”, Wind) per lanciare una raccolta fondi
attraverso l’SMS solidale. Il 26 dicembre il Comitato Aiuto Subito, come in precedenti occasioni, si
muove avviando i primi contattati con i gestori di telefonia mobile. Gli stessi gestori della telefonia
informano il Comitato che anche loro stanno organizzando una raccolta fondi attraverso l’invio di SMS
con unico numero. In contemporanea anche la RAI si sta muovendo per predisporre una donazione.
Attraverso un veloce giro di telefonate tra il TG5 Vito Oliva (Comitato Aiuto Subito), la RAI e i gestori
di telefonia, si decide di avviare un’unica raccolta fondi che mette insieme i diversi gestori e i principali
attori mediatici32 i quali, oltre ad avviare proprie raccolte fondi ed elargizioni, hanno sponsorizzato
attraverso i propri canali il numero dell’SMS solidale.
Come sottolinea Vito Oliva, Vicedirettore del TG5, “l’evento racchiude in sé una forte valenza anche
politica oltre che simbolica perché per la prima volta, intorno alla solidarietà si uniscono gestori
storicamente concorrenti, ma non solo (…)”. Va ricordato che normalmente la telefonia mobile si
adopera alla raccolta fondi sotto richiesta di un soggetto terzo: in questo caso la TIM ha proposto al
tavolo di coordinamento della telefonia (un ente tecnico preposto alla gestione dei numeri adibiti alla
raccolta fondi attraverso SMS) di promuovere direttamente la raccolta fondi. È nell’arco di poche ore,
nella stessa giornata del 26 dicembre, che si decide di fare un’unica campagna che coinvolge i
maggiori media italiani: tale scelta, come dimostrano i risultati della cifra raccolta, è risultata vincente.
Quando il gruppo di promotori (RAI, Mediaset, Tg5, TIM, Telecom, Wind, “3”, Omnitel) deve decidere
a quale ente far gestire le donazioni, il Comitato “Aiuto Subito”, forte di precedenti e soddisfacenti
esperienze di collaborazione, suggeriscono di delegare la gestione al Dipartimento Protezione Civile.
“Dal 2001, emergenza Molise, si è costruito tra Aiuto Subito e DPC un rapporto di reciproca e
soddisfacente collaborazione. (…) Prima di avviare la raccolta fondi avevo preventivamente sondato la
disponibilità del DPC, nella persona di Bertolaso, a ricoprire eventualmente l’incarico di gestori dei
finanziamenti raccolti. È a fronte della loro disponibilità che ci siamo mossi con le vie ufficiali per
avviare la raccolta”. (Fonte: intervista a V. Oliva, Vicedirettore Tg5 e referente esecutivo Comitato
Aiuto Subito, 15.11.2005)
Ciascuna azienda telefonica – sulla base delle proprie esperienze - ha inizialmente preso in
considerazione i soggetti che già conosceva (tra questi Unicef, Medici Senza Frontiere). “Si è anche
domandato che alcuni di questi soggetti si aggregassero intorno a un coordinamento al fine di
replicare il modello inglese, ma non era possibile realizzare niente di simile in poche ore, per cui
abbiamo optato per il DPC con cui avevamo già realizzato una raccolta fondi attraverso SMS solidali
per i bambini dell’Olsezia. Sapevamo che il DPC era un soggetto capace di operare in un contesto di
emergenza e anche in un contesto straniero”. (Fonte: intervista a Di Bartolomei, responsabile per TIM
della raccolta fondi SMS solidale).
32 Fonte: sintesi dell’intervista realizzata a Vito Oliva, Vicedirettore Tg5, 15.11.2005.
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Riguardo alla candidatura del DPC alla gestione dei fondi Oliva afferma: “A un anno di distanza rifarei
la stessa cosa perché per noi il DPC continua a essere un interlocutore serio ed efficace (…). Forse
però la cosa che doveva essere fatta meglio è una cernita dei soggetti presenti sul luogo (…). A fronte
di una emergenza così vasta per dimensioni territoriali e per ambiti coinvolti sarebbe stato importante
sapere quali soggetti, per storia o per competenza, potevano essere coinvolti nella gestione degli
interventi. Più è ampio il panorama della catastrofe più è necessario che ci siano soggetti forti
diversificati. Tornando indietro il DPC sarebbe sempre uno degli interlocutori da prendere seriamente
in considerazione, ma potrebbero essercene altri ugualmente validi da vagliare (…). Questo però è un
lavoro che dovrebbe esser fatto preventivamente perché poi nell’emergenza si deve decidere tutto
molto velocemente: ci vorrebbe forse una banca dati pragmatica e immediata che metta in luce le
specificità dei diversi soggetti nei diversi Paesi”. (Fonte: intervista a Vito Oliva, Vicedirettore Tg5 e
referente esecutivo Comitato Aiuto Subito, 15.11.2005)
Vito Oliva del Tg5, in qualità di rappresentante degli enti collettori di donazioni, sottolinea che ha
sponsorizzato la partecipazione del DPC “perché durante l’esperienza in Molise si era costruito col DPC
un rapporto di reciproca e soddisfacente collaborazione”. Tale soddisfazione nasce dalla rispondenza
esistente tra richieste del Comitato e facoltà del DPC: “le caratteristiche della struttura del
Dipartimento consentono al Comitato di mantenere una totale autonomia sulla raccolta e la gestione
dei fondi. (..) Il DPC si occupa dello svolgimento dei lavori, degli appalti, della gestione e ci invia i
documenti contabili. Manteniamo quindi un totale controllo finanziario a garanzia dei nostri donatori. Il
Comitato tra l’altro interviene sulla definizione degli interventi”. Nel protocollo d’intesa firmato in
occasione del maremoto in Asia, il Comitato entra infatti nel merito di quali sono gli interventi su cui
impiegare i fondi33: il programma Muthur, per la cui realizzazione ci si avvarrà dell’ausilio di ONG sotto
responsabilità del DPC, e il programma Galle, che verrà realizzato direttamente dal DPC.
Vito Oliva sottolinea però un altro fondamentale elemento che ha condizionato la sponsorizzazione del
DPC e cioè “quella capacità normativa che rende veloce ed efficiente qualsiasi avvio di collaborazione.
Inoltre il DPC ci garantiva un’autonomia e un controllo finanziario che altri enti anche per struttura
giuridica non avrebbero potuto darci”. (Fonte: intervista al Vicedirettore di Tg5 Vito Oliva, 15.11.05)
Al riguardo il Vicecapo del Dipartimento Vincenzo Spaziante afferma: “Il DPC ha un potere normativo
straordinario fondato sulle dichiarazioni di emergenza: il Presidente del Consiglio, sentito il Consiglio
dei Ministri, decreta lo stato di emergenza nazionale; sulla base di questo decreto, in base alla L.
225/92, le modalità realizzative vengono definite attraverso ordinanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri, in cui si descrivono tutte le modalità di erogazione degli interventi. In questo caso si fece
un’ordinanza sulla possibilità di raccolta dei soldi”. Egli ricorda però anche che “nel Decreto Legge
convertito c’è un secondo periodo importante che dice che per gli interventi di cui art 11 comma 2
della L. 49 possono essere adottate anche le ordinanze di cui art 5 comma 3 della Legge 225 (che è
la nostra normativa). Ovviamente il titolare del potere di ordinanza rimane il Presidente del Consiglio,
non è che si trasferisce: dice che questo strumento è messo a disposizione anche degli interventi della
49. Questo non si è ancora mai concretizzato. Se la Cooperazione avesse l’esigenza di richiedere il
ricorso a uno strumento normativo straordinario potrebbe farlo. Si sono estese agli interventi le facoltà
normative della DPC (sempre centrata sulla Presidenza)”. (Fonte: intervista al Vicecapo del DPC,
Vincenzo Spaziante, 19.10.2005)
Ci sembra interessante a questo punto sottolineare il focus di un’intervista successivamente realizzata
con Vincenzo Spaziante (30.12.2005): in essa si mette in evidenza che non sono soltanto le possibilità
di legge, ma è anche la “cultura” con cui si amministrano le istituzioni pubbliche a determinare una
maggior o minor propensione all’attivismo34.
33 Nelle riunioni esecutive del Comitato vengono deliberati di volta in volta gli interventi. Come ci spiega sempre il dott. Vito
Oliva “Con lo Tsunami abbiamo anche sperimentato una nuova procedura che ci permette di essere costantemente aggiornati.
Il DPC stila dei verbali descrivendo le opere necessarie e il Comitato sulla base dei propri obiettivi assegna la realizzazione degli
interventi. (…)” . In generale questo meccanismo funziona “grazie alla presenza di nostri giornalisti nelle zone d’intervento: da
una parte i “servizi” raccontano l’evento e tengono informati i donatori, dall’altra le segnalazioni di emergenza e i dati che si
raccolgono sono per noi la fonte prima di informazione per decidere quali interventi realizzare”. (Fonte: intervista a V.Oliva)
34 Lo stesso concetto si può ritrovare nel discorso di ringraziamento di Bertolaso per la laurea honoris causa che gli viene
conferita nel 2005.
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È importante sottolineare come la gestione da parte del Dipartimento di fondi raccolti dal Comitato
Aiuto Subito non abbia nel passato innescato nessuna critica, così come nessuna polemica sia stata
provocata dalla realizzazione di interventi all’estero da parte del DPC. Il dubbio quindi è che le
polemiche nel caso Tsunami si siano innescate soprattutto perché la risposta alla raccolta fondi è
risultata molto più imponente del previsto. Al termine della raccolta35, il 9 gennaio 2005, i fondi
ammontavano infatti a 43.963.044,6 euro36.
Sulla scena si sono presentati molti attori fortemente intenzionati ad assumere il ruolo di protagonisti
per la gestione di tali fondi. L’Ordinanza n. 3390, con cui la Presidenza del Consiglio delibera che il
Dipartimento della Protezione Civile è autorizzato a ricevere risorse derivanti da donazioni e atti di
liberalità da destinare all’attuazione delle iniziative a favore delle popolazioni del Sud Est Asiatico,
appare infatti il risultato di un braccio di ferro che si svolge tra Ministero degli Esteri, Protezione Civile
e Croce Rossa Italiana sulla gestione degli aiuti da destinare alle aree colpite dal maremoto.
Il 4 gennaio 2005 Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile, concede
un’intervista al quotidiano La Repubblica 37 ("Vogliono gestire i nostri soldi? La Protezione Civile non
si ritira") nella quale attacca il Ministero degli Esteri in merito all’intenzione di gestire direttamente
l’intervento in Asia. “Alla Farnesina qualche diplomatico ha tentato di toglierci questi soldi: voi li
raccogliete, poi li date a noi - mi hanno detto. Ho risposto che era impossibile, non ci sarà una
missione Arcobaleno bis: siamo organizzati, abbiamo capacità e tecnologia per realizzare progetti di
cooperazione all'estero. Se a qualcuno dispiace, pazienza". Così Bertolaso riassume le sue posizioni.
Chiarisce inoltre che ci sono due filoni nella gestione degli aiuti: uno istituzionale, che sarà gestito dal
Ministero degli Esteri e dalla Croce Rossa, l’altro – che riguarda i fondi raccolti dai privati attraverso le
sottoscrizioni – sarà gestito direttamente dalla Protezione Civile. Il titolare della Farnesina, Gianfranco
Fini, risponde lo stesso giorno38 in maniera inequivocabile alla denuncia fatta dal direttore della
Protezione Civile sulla gestione dei fondi raccolti per le vittime del maremoto: "L'ordinanza del
Presidente Berlusconi stabilisce chiaramente che i fondi raccolti per aiutare le popolazioni del Sud Est
Asiatico saranno gestiti dalla Protezione Civile".
In realtà dietro le tensioni per la gestione dei fondi a molti è apparso che si nascondessero anche
vecchie ruggini tra i dirigenti della Protezione Civile e la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo
del Ministero Affari Esteri39. Infatti sia Bertolaso sia Miozzo sono stati funzionari dell’unità tecnica della
DGCS, passati poi successivamente alla Protezione Civile. In un’intervista realizzata a posteriori il
Vicecapo del DPC Spaziante afferma “La DGCS ha pensato si trattasse di post emergenza e di ripresa
sociale ed economica della popolazione; così il MAE, ritenendo una attitudine propria più che una
competenza il cimentarsi con le attività di medio e lungo periodo, ha apparentemente manifestato del
risentimento. Non c’è però mai stato un tentativo vero e proprio di appropriazione di queste risorse.
Noi avevamo il compito richiesto da milioni di sottoscrittori di gestire i fondi e lo abbiamo fatto.(…)”
(Fonte: intervista al Vicecapo del DPC, Vincenzo Spaziante, 19.10.2005). Le polemiche quindi
appaiono sfumate grazie al trascorrere del tempo.
Anche le ONG entrano nel dibattito sulla gestione dei fondi privati raccolti, sentendosi espropriati del
proprio ruolo all’interno dei principi di sussidiarietà. Il 4 gennaio 2005 Sergio Marelli, Presidente
35 Occorre considerare che oltre a questa raccolta fondi se ne sono avviate molte altre (sia da parte di privati che di enti locali)
che sono perdurate per lunghi mesi. Su questi fondi non ci sono dati certi né analisi puntuali. Alcune fonti giornalistiche parlano
di almeno altri 50 milioni raccolti tra donazioni private e cooperazione decentrata, ma sugli importi non siamo riusciti a
raccogliere che frantumate e non esaustive informazioni su giornali locali, siti e televisioni private. Non ci sentiamo in grado di
fare una stima dei fondi complessivamente raccolti in Italia.
36 Dati Dipartimento Protezione Civile – comunicato stampa, 11.03.2005.
37 La Repubblica – intervista a Guido Bertolaso di Alberto Mattone, 4.01.2005.
38 La Repubblica – intervista a Gianfranco Fini “Alla Protezione Civile la gestione dei fondi per l’Asia”, 4.01.2005.
39 Su questo punto vedasi l’interessante articolo senza firma comparso su Lettera22 (http://www.lettera22.it) intitolato: “B&M
versus F&D – Come la Farnesina ha perso (e continua a perdere) i suoi uomini migliori”, dove si delinea una lotta intestina tra
uomini del dipartimento della protezione civile, DCGS MAE e Croce Rossa Italiana.
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Parte Prima
LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
dell'Associazione delle ONG italiane, esprime con amarezza “Non è decoroso apprendere dai giornali
che ci sono polemiche e incertezze sui fondi privati raccolti per aiutare le popolazioni colpite dallo
Tsunami: il Governo informi, urgentemente ed ufficialmente, su questi fondi''. Marelli - riferendosi alla
controversia fra la Protezione Civile e la Croce Rossa Italiana sulla gestione dei fondi - sottolinea che
''di tutto ora c'è bisogno, ma non delle lotte di chi dovrà accaparrarsi i fondi. Il Governo deve
informare subito, per dovere di trasparenza, sulla gestione dei fondi. Noi al momento, non sappiamo
chi li ha, come verranno distribuiti e soprattutto, per cosa e dove”. “A noi – prosegue - non
interessano le polemiche, noi continuiamo a lavorare per salvare le persone. Ciò che sappiamo è che
sia la Cooperazione allo Sviluppo sia la Protezione Civile hanno entrambe specificità da valorizzare. La
decisione sui fondi spetta al Governo che dovrà assumersi la responsabilità. L'unica cosa che non
vogliamo è un Arcobaleno due''. ''Kofi Annan - osserva ancora Marelli - ha invitato tutti i governi a
devolvere i fondi alle agenzie dell'ONU e alle ONG. Se lo ha detto il segretario generale dell'ONU un
motivo ci sarà”.
Nei primi giorni della vicenda hanno espresso il proprio dissenso anche le organizzazioni internazionali
autonome dai finanziamenti pubblici, ma forti delle raccolte fondi private. “Le nostre organizzazioni
inizialmente si sono irrigidite con il DPC perché ha gestito fondi raccolti dai cittadini italiani che, a
nostro parere, erano da destinare alle organizzazioni non profit che fanno raccolta fondi costruendo
dialogo e partecipazione civile. Inoltre, il DPC ha in qualche modo ‘occupato’ spazi mediatici che
riteniamo essere legittimamente della società civile, invece che costruire sinergie”. Il rischio oggi è che
“avendo normato – seppur a posteriori- la possibilità del Governo di occuparsi di fund raising per
azioni di emergenza, è possibile che vedremo sempre di più questi soggetti (prima ONU, adesso DPC)
fare raccolta fondi a scapito di quelle organizzazioni che fanno raccolta per avvicinarsi alla società
civile”. (Intervista del 13.01.2006 a Raffaele Salinari, portavoce del CINI)
Risulta pertanto una valutazione condivisa il fatto che la raccolta fondi per lo Tsunami sia stata una
buona occasione persa per mettere a modello un nuovo sistema di sussidiarietà. Dal punto di vista
operativo basti pensare che se i fondi non fossero stati gestiti da un organo di governo si sarebbe
potuto intervenire anche nei luoghi politicamente più difficili, senza incorrere nell’ingerenza di Stato
che, invece, ha fatto optare per più facili interventi nelle aree dello Sri Lanka, lasciando al proprio
destino Paesi complessi come il Myanmar, in cui a fatica cercano di apportare il loro supporto alcune
organizzazioni non governative. Dal punto di vista politico viene ad annullarsi il principio stesso di
sussidiarietà nel momento in cui un ente dello Stato gestisce - come nel caso degli SMS - fondi che
derivano da atti di liberalità e donazioni, poiché a un ente statale dovrebbero competere precisi e
definiti compiti istituzionali finanziati dall’erario.
“I soggetti istituzionali pubblici, oltre a rispettarsi tra di loro, dovrebbero saper rispettare anche i
soggetti della società civile impegnati nelle emergenze e nella cooperazione internazionale, senza
pretendere di rappresentarli tutti o di sostituirsi ad essi. Al contrario, vanno valorizzate le loro
specificità, esperienze e competenze, al fine di una più ampia, coordinata ed efficace azione basata
sulla sussidiarietà e complementarietà in una dinamica visione di ‘sistema Paese’ ”. (Fonte: “Gli
interventi nel Sud Est Asiatico aprono seri interrogativi sulle competenze e i rapporti istituzionali nelle
attività di cooperazione con i Paesi terzi” di Nino Sergi)
Dura la presa di posizione da parte del settimanale dedicato al no profit Vita, che in un editoriale del
15 gennaio scrive: “Spiace anche che il liberale Berlusconi continui a mettere insieme i fondi pubblici e
privati, una confusione che è sempre stata la madre di ogni spreco e possibile corruzione. Lo Stato si è
messo una volta di più in mezzo istituendo questa volta persino l’SMS statale; la Protezione Civile e il
Ministero degli Esteri litigano; le ONG40 corrono in ordine sparso. Chi controllerà? Chi dirà quanto e
come verranno spesi questi soldi? Quanti andranno persi?”
Effettivamente le organizzazioni internazionali del CINI e quelle dell’Associazione delle ONG, sebbene
fossero concordi nel denunciare la gestione dei fondi privati in mano al DPC, non hanno sviluppato
40 A smentita di quanto affermato dal settimanale Vita, Sergio Marelli, rappresentante dell’Associazione delle ONG italiane,
nell’intervista da noi realizzata ha sottolineato, come vedremo anche più avanti, che c’è stato un forte coordinamento delle ONG
fin dai primi momenti. I rapporti interistituzionali sono stati mantenuti dall’Associazione delle ONG e non si sono avuti contatti
bilaterali tra ONG e istituzioni.
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LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
una linea comune per rafforzare la contestazione. Addirittura, come notifica Salinari, portavoce del
CINI “(…) sullo Tsunami abbiamo avuto comportamenti diversi. Convergenza solo all’inizio come
giudizio critico sulla gestione pubblica di raccolta fondi privati. Ma lì le strade si sono divise. Alcune
ONG dell’Associazione si sono assoggettate a diventare organismi esecutori e il loro potere di critica è
venuto meno”.
Come vedremo nello sviluppo delle fasi successive, alcune ONG aderenti all’Associazione
parteciperanno infatti attivamente alla conduzione di progetti finanziati con i fondi privati gestiti dal
DPC, diventando enti attuatori di interventi in Sri Lanka e aprendo quindi da subito l’interlocuzione col
Dipartimento. Ma come ricorda Sergio Marelli “Le ONG italiane si sono mobilitate e hanno iniziato a
operare in maniera tra loro coordinata già dal 27 dicembre, prima quindi che arrivasse qualsiasi tipo di
finanziamento esogeno alle nostre risorse. (…) Qualunque tipo di fondi esterni ed esogeni a noi sono
arrivati dopo un po’ di tempo, c’è stata una fase di almeno due/tre mesi dove noi ONG, come in tutte
le altre occasioni, siamo intervenuti, siamo partiti e nel frattempo abbiamo iniziato a interloquire con
tutti quei meccanismi pubblico - istituzionali che hanno iniziato a raccogliere, metter a disposizione e
gestire fondi, ma la nostra attività è partita il 27 di dicembre (…)”. (Fonte: intervista a Sergio Marelli,
10.11.2005)
Le organizzazioni internazionali che fanno capo al CINI hanno invece deciso di operare per
fronteggiare lo Tsunami solo attraverso le interlocuzioni locali già in atto, senza cercare legami con il
DPC. “Le nostre ONG si sono attivate partendo dalle interlocuzioni con i partner in loco. Essendo
organizzazioni internazionali, abbiamo interloquito anche con il nostro network internazionale oltre che
con le altre organizzazioni del network presenti in loco. Abbiamo così avviato una raccolta fondi a
livello internazionale, come facciamo sempre, attraverso raccolte fondi autonome, ma non abbiamo
aperto nessun dialogo con il DPC, questo per tre ordini di motivi:
a) il DPC ha annunciato di operare con una sola nazione, lo Sri Lanka, senza occuparsi degli altri
Paesi;
b) metodologicamente le azioni del CINI e le azioni del DPC sono difficilmente combinabili
essendo di natura diversa ricostruzione/sviluppo da una parte ed emergenza dall’altra);
c) politicamente, non convince il processo per cui i fondi raccolti dagli SMS solidali vengono
affidati alla gestione della Protezione Civile che autonomamente stava decidendo dove e con
chi collaborare. Collaborare con il DPC avrebbe significato avvalorare una modalità di gestione
distorsiva del rapporto pubblico-privato”. (Fonte: intervista a Salinari – CINI il 13.01.2006)
Il CINI apre pertanto un’interlocuzione con il DPC solo a fine gennaio, quando propone una
valutazione congiunta della gestione dei fondi raccolti dai messaggi solidali. “A metà gennaio abbiamo
ritenuto l’evento interessante dal punto di vista politico perché mobilitava alla cooperazione un
ulteriore soggetto che non solo era esecutore diretto dell’aiuto – evento, questo, già di per sé poco
chiaro perché, all’origine, non ci risultava che l’emergenza internazionale fosse uno spazio di manovra
del DPC, ma che fosse piuttosto di pertinenza della Croce Rossa -, ma addirittura diventava un
soggetto che eroga fondi alle ONG le quali, di fatto, assumono il ruolo di enti esecutivi. Per capire quel
dato che stava cambiando i rapporti di forza dentro il mondo della cooperazione e dell’emergenza
abbiamo proposto una valutazione del percorso legislativo dal quale tutto questo nasceva. In quella
fase non abbiamo ottenuto risposta, nonostante le 3-4 differenti proposte di valutazione. La risposta è
giunta più avanti, a seguito del lavoro realizzato indipendentemente da ActionAid International nel
giugno 2005”. (Fonte: intervista a Salinari – CINI, 13.01.2006)
Come abbiamo sottolineato in precedenza, il dibattito nella prima fase dello Tsunami verte, oltre che
sulla gestione di fondi privati da parte di un ente pubblico, anche sulla possibile messa in ombra del
MAE. L’ipotesi è infatti è che con la gestione del DPC, al di là dell’efficienza ed efficacia dimostrata,
irrompa nello scenario degli aiuti umanitari un terzo soggetto che a posteriori si vede riconoscere
esplicitamente il ruolo di soggetto titolato a svolgere operazioni di emergenza al di fuori dei confini
nazionali. Gli viene riconosciuta una funzione di subcontractor e, quindi, una capacità di
organizzazione e gestione di pezzi di società civile: un ruolo che prima dello Tsunami era appannaggio
solo del MAE. Si delinea dunque il tema della ripartizione di competenze e poteri tra sviluppo ed
emergenza, tra DPC e MAE, col rischio tra l’altro, secondo Salinari del CINI “che poiché la maggior
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LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
parte delle azioni di politica estera assumono peso grazie alla capacità mediatica, si darà
un’importanza sempre più rilevante alle vicende legate all’emergenza”.
Dal punto di vista istituzionale, la competizione tra Ministero degli Esteri e Protezione Civile per la
gestione delle donazioni dei privati cittadini è esemplificativa delle debolezze del sistema della gestione
delle emergenze. Non è questo sicuramente il primo caso, in quanto anche in passato le istituzioni
italiane non si sono certo distinte per la capacità di intervento in scenari di catastrofe umanitaria. Il
protagonismo di alcuni dei funzionari ha ulteriormente aggravato la situazione, portando a veri e
propri scontri anche sul versante politico/istituzionale. Quello che sembra in gioco, in realtà, non è
tanto la gestione dell’intervento nelle aree colpite dallo Tsunami, quanto il futuro stesso della
cooperazione italiana allo sviluppo. La “politica dei piccoli passi41” inaugurata dal Governo per
sostenere le aspirazioni del Dipartimento della Protezione Civile ad ampliare le proprie competenze
rispetto agli interventi fuori dal territorio nazionale ha generato la reazione da parte del Ministero degli
Esteri, che si è sentito sottrarre le competenze che la legge sulla cooperazione vigente gli assegna.
Probabilmente la Protezione Civile aspira a quel ruolo di “Agenzia per la cooperazione allo sviluppo” di
cui si è più volte discusso. Lo Tsunami è diventato quindi il terreno di scontro tra due logiche
istituzionali che hanno dovuto, almeno per il momento, trovare un punto d’incontro. Tale accordo,
però, si sta rivelando molto labile: per l’intervento in Sri Lanka sembra si sia risolto in una specie di
“spartizione geografica” della aree d’intervento tra Protezione Civile e Ministero, ma nell’ambito
dell’attuazione concreta dei programmi non è escluso che si generino sovrapposizioni e conflitti.
In tutta la prima fase dello Tsunami è tangibile come il ruolo del MAE risulti incerto e secondario. Il
Ministero degli Esteri e la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo hanno tentato di
svolgere un ruolo di coordinamento tra le diverse strutture attivate (Ministeri, Regioni, Province,
Comuni, organizzazioni non governative). Dal Dossier “AGI, Cooperazione Italiana allo Sviluppo:
maremoto in Asia”, risulta che la riunione di coordinamento delle ONG italiane, svoltasi il 10 gennaio
2005 e presieduta dal Direttore Generale della Cooperazione, Giuseppe Deodato, si è conclusa con la
certezza che sarebbe stata la Direzione Generale della Farnesina per la Cooperazione e lo Sviluppo a
coordinare gli aiuti alle regioni colpite dal maremoto. “Salutiamo questo 'tavolo' con grande favore
perché il coordinamento degli aiuti è la prima garanzia della loro riuscita”, ha affermato al termine
della riunione Sergio Marelli, Presidente dell'Associazione ONG italiane che raggruppa più di 160 ONG.
“Soddisfazione” è stata espressa dal commissario straordinario della Croce Rossa Italiana, Maurizio
Scelli, “per la cabina di regia creata in seno alla direzione generale della Farnesina per la Cooperazione
allo Sviluppo, allo scopo di coordinare i soccorsi alle regioni colpite dal maremoto. (…) Siamo tutti
motivati e caricati per poter dare il meglio. Il rischio era di dare il meglio di sé ma da soli, oggi
invece», ha dichiarato Scelli al termine del vertice con le ONG, “siamo coordinati, con una ‘testa
pensante’ per poter dare aiuto e sollievo alle popolazioni colpite. La Croce Rossa ha già disposto le
strutture necessarie per allestire due ospedali da campo e per fronteggiare le esigenze più urgenti di
natura sanitaria42”.
Ma al di là degli sforzi di coordinamento emersi dalle prime riunioni, l’azione della DGCS MAE appare a
molti osservatori, sia interni sia esterni, piuttosto lenta e farraginosa. Già pochi giorni dopo la riunione
di coordinamento del 10 gennaio le organizzazioni non governative italiane esprimono il loro dissenso
sulla gestione dell’emergenza maremoto; Ministero degli Esteri e Protezione Civile collaborano solo
formalmente, ma in realtà si combattono sul terreno di una strisciante concorrenza. Gli stessi operatori
del Ministero sono molto critici rispetto alla scarsa operatività sul campo dimostrata. Un esempio di
queste posizioni si può trovare tra gli articoli de “Il Cosmopolita”43, organo del Coordinamento CGIL
del Ministero degli Affari Esteri. In alcuni interventi si lamenta la mancanza di una politica coerente
della cooperazione italiana e l’eccessivo protagonismo contrapposto ad una sostanziale inefficienza.
“Un Paese come il nostro, definito di media potenza, dovrebbe dialogare con le agenzie ONU per il
recupero di una azione internazionale coerente, in modo da operare scelte precise di politica di
41 Su questo tema vedasi l’interessante e articolato documento di Nino Sergi, Presidente di Intersos – “Gli interventi nel Sud Est
Asiatico aprono seri interrogativi sulle competenze e i rapporti istituzionali nelle attività di cooperazione con i Paesi terzi”.
42 Fonte: Dossier AGI, Cooperazione Italiana allo Sviluppo: maremoto in Asia.
43 Il Cosmopolita - Agenzia di informazione a cura della
http://www.ilcosmopolita.it
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Fp Cgil Coordinamento esteri – 17 gennaio 2005 –
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LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
cooperazione, utilizzando anche gli strumenti della macro-economia, come ad esempio la
cancellazione del debito, ma soprattutto rendendo più trasparente il processo di collaborazione tra gli
attori pubblici e privati. (…) Dei 70 milioni di euro messi a disposizione dal Governo, di cui nuovi sono
solo 35 milioni, non sappiamo ancora nulla, se non che verranno utilizzati probabilmente per l’infanzia.
Nulla sappiamo di cosa avverrà della cancellazione del debito, né di quale sarà la collaborazione
effettiva con la Protezione Civile, né di quali saranno le procedure efficaci e trasparenti che si vorranno
utilizzare. L’impressione è che la DGCS non sappia come muoversi, offuscando così il ruolo di
coordinamento del Ministero degli Esteri nel suo insieme”.
Nell’ambito delle ONG c’è chi, come Guido Barbera44, Presidente del CIPSI, argomenta: “Lo Tsunami
ha dimostrato che la cooperazione della società civile locale e internazionale è viva ed attiva… la
cooperazione istituzionale, o meglio – gli aiuti pubblici allo sviluppo – soprattutto in Italia deve essere
rifondata. Con urgenza. (…) La cooperazione non può essere un elemento qualificante della politica
estera, se questa viene gestita dalla Protezione Civile”. Al contrario, Antonio Raimondi, Presidente del
VIS, considera ormai chiusa l’esperienza con il Ministero degli Esteri45, chiedendo a gran voce
l’istituzione di un nuovo “Ministero della Cooperazione e della Solidarietà Internazionale che nulla
abbia a che vedere con il Ministero degli Affari Esteri” e difendendo dalle critiche la Protezione Civile
italiana.
Dal Ministero ci si attendeva un ruolo più deciso nella direzione del coordinamento tra l’intervento
pubblico e quello privato, tra la cooperazione decentrata e quella nazionale e internazionale, ma al di
là dei timidi tentativi, questo ruolo non è stato svolto e si è delineato uno scenario confuso, nel quale
le istituzioni raccolgono fondi direttamente dai cittadini anziché favorire le organizzazioni private in
questo loro naturale compito; utilizzano le organizzazioni internazionali per la distribuzione dei fondi;
costringono le ONG a un ruolo di completa subalternità alle scelte imposte; non approfondiscono le
necessità dei beneficiari degli interventi e si limitano a costruire sistemi di controllo che non sempre
risultano adeguati.
Ulteriori critiche al Governo derivano dal fatto che esso “non reperisce fondi specifici per l’emergenza
maremoto, ma si limita a stanziamenti virtuali e a utilizzare i fondi reperiti dalla popolazione”. Quando
il 14 gennaio 2005, il Presidente del Consiglio Berlusconi annuncia gli stanziamenti italiani complessivamente 150 milioni di euro -, la comunicazione trova decisamente poco favorevoli le ONG
italiane: si teme il rischio che gran parte delle risorse stanziate per il maremoto (35 milioni)46 vengano
in realtà rastrellate dai fondi ordinari per la cooperazione allo sviluppo. Il commento del Presidente
dell’Associazione delle ONG italiane Marelli è significativo: “È come far pagare l’emergenza maremoto
ai bambini del Ghana”. 47 A un anno quasi di distanza registriamo purtroppo che “Contro ogni nostra
più lucida previsione o aspra critica si è attinto al fondo della cooperazione e non a un fondo
straordinario. Tutto ciò non è solo un’aberrazione politica, ma è anche un mal funzionamento della
prassi: se ci fosse stato un fondo straordinario ora si sarebbe potuto provvedere con provvedimenti
normativi ad hoc un accantonamento, così invece anche i finanziamenti promessi per lo Tsunami
44 Tsunami: canto del cigno della cooperazione di Guido Barbera in Solidarietà Internazionale, Cipsi, 28.02.2005.
45 Protezione Civile e ONG: un binomio per l’emergenza, la riabilitazione e lo sviluppo di Antonio Raimondi – Presidente VIS – in
“Villaggio Volint” http://www.volint.it .
46 Si osservi che nei 72,5 milioni di euro stanziati dal Governo per interventi di emergenza, di riabilitazione e di ricostruzione, ci
sono:
- 35 milioni di euro, contributo del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
- 35 milioni di euro, contributo MAE (16 milioni di euro sul canale multibilaterale in risposta all’appello delle Nazioni Unite; 19
milioni di euro sul canale bilaterale);
- 2,5 milioni di euro, contributo del Ministero per l’Ambiente.
(Fonte: MAE, LA gestione della Crisi, il caso Tsunami)
47 Contemporaneamente in un’intervista dell’8 gennaio 2005 Emma Bonino affermava: “Sarebbe una guerra fra poveri, ma
sono sicura che il nostro Governo, come molti altri, non lo farà. E poi c'è il Parlamento che è lì anche per controllare”.
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LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
rientreranno in tutte le disgrazie che il fondo di cooperazione sta vivendo e vivrà nei prossimi anni”.
(Intervista a Sergio Marelli, 10.10.2005)
I promotori della campagna “Sbilanciamoci” (34 organizzazioni) diffondono infatti un documento
unitario48 nel quale denunciano “i ritardi e le lentezze politiche e operative dell’azione del Governo
italiano che in queste prime due settimane hanno riguardato le modalità di intervento sul campo, le
decisioni in materia di allocazione delle risorse, la determinazione di una cabina di regia per la
gestione di tutti gli interventi (…)”. Inoltre sostengono che “non sono state delineate strategie e piani
operativi organici per Paese e per tipologia di interventi che facciano capire all’opinione pubblica cosa
stiano facendo e in che direzione si stiano muovendo le istituzioni italiane (…)”. Sottolineano, infine,
“(…) le divisioni e le competizioni tra le Amministrazioni pubbliche nella gestione dell’intervento e che
hanno visto contrapposte la Protezione Civile al Ministero degli Affari Esteri, che ancora oggi non sono
del tutto chiarite e risolte e che hanno inficiato e inficiano l’efficacia dell’azione italiana sul campo.
Queste divisioni possono produrre evidenti sovrapposizioni e duplicazioni di interventi, come nel caso
dell’installazione di ospedali da campo (della Protezione Civile e della Croce Rossa), dell’invio degli
aiuti e delle missioni di valutazione”. 49
Purtroppo la competizione tra istituzioni ha reso difficile un dialogo indispensabile per sviluppare una
riflessione, oltre che una programmazione condivisa sugli obiettivi e sui fini di una politica estera di
lungo termine con i Paesi colpiti dallo Tsunami: tutto ciò risulta ancor più grave dal momento che gli
interventi venivano gestiti e cofinanziati da un’istituzione di governo (il Dipartimento) e finanziati e
coordinati (anche se su questo dato non tutti si sono trovati concordi) dal Ministero degli Affari Esteri.
Le istituzioni hanno operato in una visione di breve periodo anche al proprio interno: il MAE e il DPC si
sono “spartiti” i ruoli, perdendo l’occasione di sperimentare concretamente un nuovo “sistema” di
cooperazione.
L’occasione dello Tsunami ha messo in luce anche le debolezze del “terzo settore”. Le ONG hanno
scontato una certa incapacità di essere effettivamente coinvolte in attività di tipo emergenziale e
post-emergenziale. Tale ruolo è stato ricoperto da un soggetto pubblico e il dibattito interno tra le
organizzazioni non governative in questo ambito è sicuramente ancora da sviluppare. Il nuovo modello
di cooperazione non è forse molto chiaro nemmeno alle stesse ONG, che se da un lato rivendicano
giustamente il riconoscimento del loro ruolo di soggetti e interpreti della società civile e di
collegamento con le realtà nel Sud del mondo, dall’altro si trovano schiacciate tra il Governo - che,
nell’occasione dello Tsunami, ha voluto rendersi protagonista diretto dell’aiuto, arrivando a gestire sia
la raccolta sia l’impiego degli aiuti in prima persona, attraverso un Dipartimento che dipende dalla
Presidenza del Consiglio -, e le inefficienze del sistema stesso, che non è ancora adeguatamente
preparato ad affrontare in modo specifico le emergenze.
Se chiare e conosciute sono le posizioni istituzionali del Ministero degli Affari Esteri (MAE), a cui
istituzionalmente e incontestabilmente è affidato il compito di definire scelte e strategie politiche nei
rapporti con gli altri Stati, e della DGCS, a cui la Legge 49/87 affida il compito di realizzare le attività di
cooperazione con i Paesi terzi (dalle attività per fronteggiare le emergenze a quelle per favorire lo
sviluppo), è invece meno nota la posizione istituzionale del DPC rispetto alle risposte alle emergenze
internazionali già previste dalla Legge 49/87. Il mandato a operare forse si può anche costruire
ordinanza per ordinanza, ma ad oggi sembra mancare un riconoscimento forte tra gli altri soggetti
operanti nella cooperazione. Al momento la legittimità appare una condizione necessaria ma non
sufficiente per ricoprire una posizione di rilievo tra i soggetti competenti: scopriremo con il tempo se la
prassi porterà a un cambiamento nel sistema finora conosciuto.
48 Il testo integrale del documento è disponibile in allegato e si trova sul sito della Campagna “Sbilanciamoci” all’indirizzo:
http://www.sbilanciamoci.org. Sbilanciamoci è una campagna promossa da oltre trenta organizzazioni della società civile che
analizza gli orientamenti di politica economica che emergono dalla legge Finanziaria e dal Bilancio dello Stato e sviluppa
proposte alternative, puntuali e sostenibili su come usare la spesa pubblica per la società, l'ambiente e la pace.
49 La valutazione conclusiva di Sbilanciamoci non è condivisa da A. Miozzo, che sottolinea il fatto che non ci sono state né
duplicazioni né sovrapposizioni tra gli interventi della Protezione Civile e quelli della Croce Rossa poiché i luoghi di intervento
sono stati diversi.
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Parte Prima
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I nodi emersi
Il profilo strategico
1. Per entità e modalità, la raccolta fondi condotta dai soggetti privati ha prodotto sul “mercato”
italiano delle donazioni un effetto di spiazzamento, riducendo la disponibilità di risorse per ONG e altri
soggetti della società civile. La successiva scelta di destinare le risorse (private) raccolte al DPC
(soggetto pubblico) ha ulteriormente amplificato gli effetti di tale spiazzamento. Pur considerando
l’unicità del fenomeno, si segnalano i seguenti aspetti:
a. la raccolta fondi avviata dai comitati e dalle società di telefonia è stata un’iniziativa autonoma,
condotta da privati e come tale legittima;
b. la scelta di individuare un assegnatario unico, evitando di suddividere le risorse tra diversi
soggetti (ad esempio, attraverso finanziamenti di singole ONG), è comprensibile innanzitutto
alla luce della complessità di gestione del ciclo delle operazioni di assegnazione, finanziamento
e controllo (di spesa e di risultato), per la quale i donatori non sono evidentemente attrezzati;
c.
se si escludono le organizzazioni multilaterali, appare del resto evidente la difficoltà di
individuare un attore alternativo nel panorama nazionale. Le condizioni strutturali e operative
del Ministero degli Affari Esteri, soggetto ugualmente pubblico, sono note così come le
ripercussioni negative sulla capacità della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo di
generare e finanziare attività progettuali. Le ONG italiane, dal canto loro, si muovono
individualmente e perseguono strategie autonome e competitive di raccolta fondi. Non
possono quindi costituire, né lo desiderano, un potenziale interlocutore al quale affidare la
gestione di un’operazione così complessa;
d. è utile tuttavia sottolineare che al momento della decisione – inizio del gennaio 2005 – anche
la capacità del DPC è allo stato potenziale, non avendo il Dipartimento gestito operazioni di
simile entità e complessità in passato50;
e. alla luce delle informazioni disponibili, la scelta di destinare al DPC l’intero importo della
raccolta – che in quanto privata è in ogni caso valutabile solo in termini di opportunità – è
quindi legata principalmente al fatto che il Dipartimento viene percepito come soggetto
credibile, attendibile e in grado di mobilizzare le risorse in tempi coerenti con le attese dei
donatori.
2. Dal punto di vista pubblico, l’autorizzazione al DPC a ricevere i finanziamenti privati presenta
certamente numerose implicazioni meritevoli di attenzione. Segnaliamo, in particolare, le seguenti:
a. in considerazione della consistenza e della rilevanza dell’intervento, l’autorizzazione del
Governo al DPC rafforza la legittimazione del Dipartimento a operare internazionalmente in
una prospettiva non limitata al search and rescue. Nasce il problema – o l’opportunità – di una
riflessione concreta sulla natura e sul concetto di emergenza internazionale, nonché sulle
logiche decisionali e operative necessarie alla sua gestione;
b. la nuova prospettiva di azione del DPC rende evidente e amplifica il problema del
coordinamento con l’azione del MAE, anch’esso formalmente incaricato di attività di
emergenza. Se si esclude l’immediatezza della gestione della crisi, il coordinamento e
l’integrazione tra questi soggetti sembrano di difficile attuazione pratica, affidati a riferimenti
formali o dichiarazioni di principio. A prescindere dalle polemiche, la divergenza nell’azione da
parte dei due soggetti pubblici appare evidente sin da questa prima fase;
50 Abbiamo raccolto l’opinione di Agostino Miozzo, capo della missione, su questo punto. Miozzo sottolinea che non si è mai del
tutto pronti ad affrontare un’emergenza di quel genere. Lo Tsunami è stato un “battesimo” per tutti i soggetti coinvolti.
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Parte Prima
c.
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la destinazione di risorse private a una struttura pubblica (incardinata nella Presidenza del
Consiglio dei Ministri, pur godendo di una certa autonomia funzionale) pone un vincolo alla
individuazione delle aree di intervento, comportando che il Paese beneficiario “approvi”
l’intervento governativo e quindi limitando le possibili destinazioni51;
d. l’accettazione dell’incarico da parte del DPC pone il problema di individuare con chiarezza le
responsabilità di indirizzo strategico. Il Governo promette – e mantiene nel tempo, stando alle
dichiarazioni del Vicecapo Spaziante – condizioni di autonomia al DPC in relazione alla scelta e
alla realizzazione degli interventi. Ciò è coerente con la natura dell’incarico, ma richiede di
discutere se la definizione del mandato risulta affidata:
1. ai donatori, con la conseguenza che l’azione di un soggetto pubblico si svolga dietro
mandato di un soggetto privato (una scelta, questa, da approfondire sotto il profilo
dell’opportunità);
2. al DPC, anche nel caso in cui i donatori non vadano oltre la definizione di un mandato
generico, con il rischio che il DPC autodefinisca di fatto il proprio mandato;
3. al Comitato dei Garanti, al quale tuttavia è attribuito il compito di “garantire un’efficace
supervisione dell’azione di gestione da parte del DPC” (art. 1 comma secondo Ordinanza
PCM 3392) e non un’attività di indirizzo strategico.
Ordinanze e protocolli d’intesa stipulati con i soggetti finanziatori attribuiscono genericamente
la responsabilità di definizione degli interventi al DPC senza ulteriori specificazioni (ad
esempio, “Il Dipartimento si impegna a individuare d’intesa con gli operatori [donatori, NdR] e
a realizzare sotto la propria responsabilità gli interventi in favore delle popolazioni del Sud Est
Asiatico” – art. 2 protocollo d’intesa con operatori telefonia), non contribuendo a chiarire
un’impostazione che richiede necessariamente una riflessione.
È possibile che nell’immediatezza della prima fase l’autorizzazione a operare sia stata concessa dal
Governo dopo una valutazione sommaria delle implicazioni sopra riportate, che sollevano alcune
questioni di interesse generale. Appare tuttavia meno convincente che anche in momenti successivi
queste riflessioni rimangano implicite e non vengano sviluppate e rese pubbliche all’interno di un
policy paper o un documento di indirizzo strategico. Si tratta tuttavia di un problema legato non solo
all’azione del DPC, ma più in generale al complesso degli interventi italiani nel Sud Est Asiatico.
3. La previsione di un sistema di controllo basato su due organismi indipendenti, il Comitato dei
Garanti e la Commissione di garanzia, è condivisibile in quanto assicura attenzione sia agli aspetti
strategici (interventi) sia a quelli amministrativi. La scelta delle persone nominate conferma la serietà
dell’impostazione, anche se in linea di principio ulteriori riflessioni sono necessarie in merito
all’opportunità che le nomine siano di competenza del Presidente del Consiglio e del Capo del
Dipartimento della Protezione Civile.
Il profilo organizzativo e gestionale
1. Alla luce di quanto emerso nell’analisi, la gestione della prima emergenza si dimostra efficace, sia
dal punto di vista della reattività del DPC (operatività dell’unità di crisi interna e del comitato operativo
nazionale) sia del coordinamento inter-istituzionale con altri soggetti, in particolare con l’Unità di Crisi
del MAE.
2. Anche in considerazione del fatto che la disponibilità dei finanziamenti - in un’entità inattesa - viene
resa nota al DPC a pochi giorni dall’evento, il DPC dimostra una notevole capacità nel passare da un
intervento di search and rescue (intervento dal 26.12 all’1.01.2005) a una prospettiva di missione con
orizzonte temporale più esteso. Le condizioni che favoriscono questo passaggio sembrano essere le
seguenti:
51 Abbiamo raccolto l’opinione di Agostino Miozzo, capo della missione, su questo punto. Miozzo sottolinea come nel caso del
Programma Tsunami non ci siano stati “vincoli politici”. Ill DPC non ha chiesto l’”approvazione” dei propri interventi, in presenza
della richiesta d’intervento da parte dello Sri Lanka. Le ONG hanno svolto un ruolo fondamentale nell’assicurare la migliore
relazione possibile con le comunità beneficiarie.
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31
Parte Prima
LO TSUNAMI E I PRIMI SOCCORSI (dal 26 dicembre 2004 al 20 gennaio 2005)
a. le ordinanze emanate tra il 26 dicembre e l’8 gennaio, che forniscono le basi normative per
l’azione del DPC e legittimano interventi in condizioni di somma urgenza e in deroga al d.lgs.
165/2001 per quanto riguarda la mobilitazione di risorse umane;
b. la capacità della struttura centrale del DPC di utilizzare tale base normativa per ripensare la
logica dell’intervento raccordandosi con il personale inviato in Sri Lanka;
c.
la reattività del personale del DPC presente in loco, in grado di mobilitare immediatamente
dall’Italia – sulla base di proprie esperienze e competenze - gli esperti necessari a una prima
identificazione dei bisogni.
3. Il rilievo dell’ordinanza, strumento specificamente previsto per l’azione in contesti di emergenza,
costituisce evidentemente una condizione favorevole per un’azione reattiva e rapida del DPC, anche se
non è da sopravvalutare in quanto si limita a definire spazi e modalità di azione che poi devono
trovare una realizzazione pratica. Nell’analisi di quanto avvenuto in questa prima fase sotto il profilo
della definizione della capacità operativa potenziale dei vari soggetti, è inoltre importante segnalare
quanto stabilito dall’art. 2 del Decreto-Legge n. 2 del 19 Gennaio 2005, che di fatto amplia i margini di
manovra a disposizione del Ministero degli Esteri – peraltro in parte già previsti dalla L. 49/98 e dai
regolamenti attuativi - per interventi in condizioni di emergenza. Rimane dubbio, tuttavia, in quale
misura il MAE sia realmente in grado di sfruttare tale spazio operativo con la necessaria rapidità e
capacità organizzativa.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
FASE 2: LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
I fatti
Come abbiamo visto, con l’Ordinanza n. 3994 della Presidenza del Consiglio del 18 gennaio viene
istituito un conto corrente specifico attraverso il quale sarà possibile far confluire al Fondo della
Protezione Civile i contributi raccolti attraverso l’iniziativa degli SMS. Il giorno seguente vengono siglati
protocolli d’intesa tra Protezione Civile, Vodafone, Wind, Telecom Italia Mobile, Telecom, RAI,
Mediaset che prevedono il versamento dei fondi sul conto corrente della Protezione Civile. Il
Dipartimento della Protezione Civile si impegna a rendicontare quadrimestralmente le spese effettuate,
istituendo anche un apposito organismo di collegamento con i rappresentanti degli operatori di
telefonia, della Rai e di Mediaset.
Dopo l’incontro del 20 gennaio 2005 con i rappresentanti dei sottoscrittori, il Dipartimento della
Protezione Civile emette una nota informativa che definisce esattamente la quantità dei fondi raccolti
e le modalità di gestione. In particolare si specifica in tale nota che:
• complessivamente le donazioni ammontano a 45.067.707,33 euro;
• le donazioni saranno versate al Fondo per la Protezione Civile sia direttamente sia attraverso un
apposito conto corrente bancario aperto dal Dipartimento della Protezione Civile, ai sensi
dell’Ordinanza n. 3394/2005. Tale modalità è stata prevista allo scopo di far fruttare le somme
donate in attesa del loro effettivo utilizzo. Gli interessi maturati sul predetto conto andranno ad
aggiungersi alle somme derivanti dalle donazioni e utilizzati per le medesime finalità;
• il Dipartimento della Protezione Civile predisporrà il quadro degli interventi, acquisito il consenso
dei Paesi interessati e ottenuta la necessaria approvazione in ambito governativo. Il quadro degli
interventi sarà quindi sottoposto all’intesa dei promotori delle sottoscrizioni o dei donatori;
• le risorse saranno utilizzate esclusivamente per ripagare il costo vivo degli interventi, al netto di
ogni onere e spesa di carattere amministrativo, organizzativo e logistico, che rimarrà a completo
carico del Dipartimento della Protezione Civile.
Inoltre, si ribadisce la funzione di controllo del Comitato dei Garanti e della Commissione di controllo e
si sottolinea che verrà data pubblica informazione attraverso il sito Internet della Protezione Civile, i
quotidiani, Televideo e la Gazzetta Ufficiale. Non si fa invece riferimento a controlli da affidare ad
agenzie esterne, nonostante in precedenza il Vicedirettore della Protezione Civile Spaziante avesse
dichiarato alla stampa che tale possibilità era allo studio.
Sul versante del MAE vengono definite una serie di missioni nei Paesi colpiti per la valutazione degli
interventi da effettuare (tra queste la missione della cooperazione universitaria) e il coordinamento
con l’azione della Protezione Civile. Il 26 gennaio52, dopo la visita del Ministro degli Esteri e del
Ministro delle Pari Opportunità nel Sud Est Asiatico, si delinea un primo programma di azione nelle
aree colpite dallo Tsunami. Sono individuate come prioritarie le regioni di Batticaloa, Ampara e
Hambantota in Sri Lanka.
Riguardo alle aree di intervento promosse dal programma MAE, è interessante sottolineare che il
documento di verbale della riunione di coordinamento del 14 gennaio esibisce in allegato le proposte
emerse nella riunione dei Coordinamenti interregionali, da cui si evince che le Regioni chiedono al
Governo di “allargare le aree di intervento delle Regioni anche a quei Paesi che non hanno richiesto
aiuti (ad esempio, l’India), ove enti territoriali omologhi alle Regioni lo richiedano”53..
È previsto, in collaborazione con la FAO, un programma di riabilitazione nel campo della pesca,
centrato sul sostegno comunitario. Restano da definire un programma inerente alla riabilitazione di
abitazioni e di edifici di pubblica utilità e la promozione e sviluppo del settore privato, anche attraverso
il microcredito.
52 Verbale MAE DGCS 26 gennaio 2005 – Coordinamento del piano di aiuti per il Sud Est Asiatico (vedi allegato).
53 Verbale della riunione dei Coordinamenti interregionali del 12 gennaio 2005.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Intanto, sul versante del DPC, tra il 21 e il 31 gennaio 2005 il Comitato dei Garanti si riunisce due
volte. In questa fase vengono definiti gli interventi da effettuare in Sri Lanka sotto la gestione del
Dipartimento.
Il 3 febbraio vengono pubblicati i prospetti relativi agli interventi della Protezione Civile e di alcune
ONG in Sri Lanka. Da tali documenti risulta che i fondi saranno utilizzati secondo quanto descritto nella
la tabella 1.
Tab. 1– Costi degli interventi per donatore e DPC, al 3 febbraio 2005
TIPOLOGIA INTERVENTO
INTERVENTO D'EMERGENZA
INTERVENTO TRINCOMALEE
INTERVENTO GALLE
INTERVENTO MATARA
INTERVENTO MUTHUR
INTERVENTI NON RIPARTIBILI
PER AREA
COSTI DONATORI
6.750.000,00
8.567.500,00
4.863.750,00
5.488.750,00
6.370.000,00
8.450.000,00
COSTI DPC
2.750.000,00
789.500,00
605.750,00
594.750,00
480.000,00
850.000,00
COSTI TOTALI
9.500.000,00
9.357.000,00
5.469.500,00
6.083.500,00
6.850.000,00
9.300.000,00
TOTALE GENERALE
40.490.000,00
6.070.000,00
46.560.000,00
Fonte: Dipartimento Protezione Civile
Dalla nota introduttiva pubblicata dalla Protezione Civile si evince che:
i programmi di intervento costituiscono il risultato delle attività dispiegate dalla struttura di missione
del Dipartimento, presente in Sri Lanka fin dalle prime ore successive al maremoto. Alla loro
predisposizione hanno collaborato in maniera attiva e propositiva numerose organizzazioni non
governative italiane e organismi internazionali impegnati nel medesimo territorio;
le iniziative sono state oggetto di consultazioni e di intese con le Autorità locali, sia per ciò che
riguarda le priorità di intervento che per l’individuazione dei territori, e di preliminari condivisioni da
parte delle strutture centrali e periferiche del Ministero degli Affari Esteri (Direzione Generale per la
Cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e Ambasciata d’Italia in Sri Lanka);
gli interventi proposti sono stati ricondotti a programmi organici di azione che hanno come
denominatore comune una stessa area di riferimento territoriale, ovvero una finalizzazione di tipo
settoriale;
gli interventi proposti sono stati oggetto di una attenta attività istruttoria, che ha consentito di definire
le finalità e le caratteristiche fondamentali dei singoli interventi, ivi compresa una prima indicazione
dei fabbisogni finanziari relativi a ciascuno di essi, ove possibile anche attraverso una ulteriore
articolazione per tipologie principali di spesa;
a seguito della positiva valutazione espressa dal Comitato dei Garanti e delle intese intervenute con i
promotori delle sottoscrizioni e i donatori, il Dipartimento della Protezione Civile avvierà ora il
necessario lavoro di definizione puntuale delle concrete modalità di attuazione di ciascuna iniziativa,
dei relativi tempi e delle conseguenti previsioni di spesa, anche attraverso una serrata attività di
concertazione con i soggetti attuatori individuati. Gli ulteriori approfondimenti istruttori saranno ancora
più rigorosi per quei progetti che al momento sono accompagnati dall’indicazione “in corso di
valutazione”.
Organizzazioni non governative, organismi internazionali o altri soggetti istituzionali cureranno la
materiale esecuzione dei singoli interventi, assumendo la veste di “soggetti attuatori”. La qualifica di
“soggetto attuatore” implica che il Dipartimento della Protezione Civile manterrà la responsabilità
piena ed esclusiva dell’iniziativa in termini di indicazioni e direttive sulle realizzazioni, di monitoraggio
costante delle attività e di controllo finale sui risultati conseguiti e sulle spese effettuate. In sostanza, il
Dipartimento accompagnerà costantemente la realizzazione dei progetti da parte dei relativi “soggetti
attuatori”, in tal modo facendosi carico della relativa responsabilità, mettendo a frutto nella maniera
più proficua la capacità operativa, il consolidamento territoriale e la specificità tecnica di altri soggetti
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
particolarmente qualificati e opportunamente vagliati. I rapporti tra il Dipartimento e ciascun soggetto
attuatore saranno disciplinati da apposite convenzioni, che verranno stipulate entro il termine massimo
di 30 giorni. È importante sottolineare che il Dipartimento, a garanzia di un intervento efficiente, ha
favorito la flessibilità della struttura di missione, capace di strutturarsi sulla base delle esigenze
contestuali (esperti per l’identificazione dei progetti nella prima fase, esperti di gestione durante
l’implementazione e infine esperti della rendicontazione in fase conclusiva).
Relativamente agli aspetti finanziari va preliminarmente chiarito che la dimensione complessiva dei
programmi di intervento proposti non è strettamente correlata all’importo delle donazioni, tenuto
conto che:
•
l’importo finale delle donazioni non è ancora compiutamente delineato, essendo tuttora aperte
talune sottoscrizioni ed essendo state preannunciate nel frattempo altre donazioni al momento
non ancora formalizzate o quantificate;
•
la dimensione finanziaria di taluni progetti non è ancora pervenuta a un punto istruttorio
conclusivo;
•
a seguito dell’intervenuta intesa con i sottoscrittori, dovranno ora completarsi le interlocuzioni con
tutti i soggetti attuatori, per giungere alla puntuale e definitiva individuazione delle azioni da
intraprendere e dei relativi oneri, che costituiranno il punto di riferimento certo dei diversi
progetti.
Il Dipartimento ribadisce che la scelta di un solo Paese (Sri Lanka) e di specifiche aree facilita il
monitoraggio e il controllo diretto dell’impiego delle risorse e riduce al minimo i costi logistici e di
gestione degli interventi anche se ciò non comporta l’esclusione di interventi futuri anche in altri Paesi,
soprattutto in Indonesia, a Sumatra. Come sappiamo ciò non è mai avvenuto.
La scelta delle località dove si attua il “Programma di emergenza” sono quelle dove il Dipartimento si è
attivato sin dal giorno successivo all’arrivo in Sri Lanka e dove è stato richiesto l’intervento da parte
dalle Autorità locali. Su questo fatto, come sappiamo, si sono accese diverse polemiche poiché lasciare
i fondi raccolti alla gestione di un ente privato avrebbe consentito di intervenire senza rischio di
ingerenza politica anche in altri Paesi - altrettanto gravemente colpiti - in cui i Governi locali hanno
dichiarato di non accettare gli aiuti internazionali. In questo modo non si è potuto apportare alcun
aiuto a intere popolazioni.
I programmi predisposti nelle aree prescelte sono strutturati con la stessa metodologia e prevedono
interventi soprattutto in cinque settori: la sanità e le condizioni igienico sanitarie, la scuola e le
strutture di accoglienza per i bambini, il ripristino o l’impianto di presidi locali di protezione civile,
l’assistenza alla popolazione rimasta senza abitazione e il sostegno ai pescatori per la ripresa
dell’attività.
Considerando la prima ripartizione tra gli organismi esecutori dei fondi assegnati in data 3 febbraio
2005 (Tabella 2 in Allegato), notiamo che una gran parte di essi sarà amministrata direttamente dal
Dipartimento della Protezione Civile; una quota consistente verrà gestita attraverso la FAO, alcuni
interventi verranno effettuati dal Ministero dell’Interno e dall’Istituto Superiore di Sanità, mentre i
restanti fondi verranno utilizzati da sette organizzazioni private.
Il 15 febbraio 2005 vengono firmate le prime convenzioni tra il Dipartimento della Protezione Civile e
le ONG per un totale di 13.744.759.43 euro. Due di queste convenzioni (MAGIS 1.331.606 euro – AIBI
1.404.738,8 euro) sono perfezionate anche se nel prospetto presentato risultavano ancora in corso di
valutazione. In una nota del 5 marzo il Dipartimento dichiara che "tutte le somme relative agli
interventi delle ONG nello Sri Lanka, derivanti dalle donazioni degli italiani, sono già disponibili per le
organizzazioni stesse”. Il Dipartimento della Protezione Civile ha fatto presente ciò alle diverse ONG
impegnate e rimane in attesa di ricevere da esse l'indicazione delle coordinate bancarie e le
fideiussioni previste nelle convenzioni, per poter procedere all'erogazione dei fondi dopo aver
eliminato in partenza ogni possibilità di intralcio o di impedimento burocratico. I dati pubblicati alla
data del 15 febbraio però non corrispondono a tali affermazioni, in quanto gli enti che risultano
convenzionati non coprono tutte le somme allocate. Né risulta chiaro come verranno effettivamente
impegnate le somme a disposizione diretta della Protezione Civile.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Le convenzioni54 vengono stipulate tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della
Protezione Civile e le organizzazioni non governative principalmente in due date: il 15 febbraio e il 15
marzo 2005. Ciascuna convenzione riguarda un intervento specifico: in alcuni casi (Alisei – COSV–
CISP– CESVI– GVC – VIS), infatti, ne sono state stipulate due, mentre in un caso (Movimondo) tre. Il
testo delle convenzioni è redatto sulla base di un unico modello e, nel secondo articolo, definisce
l’esatto ammontare del finanziamento concesso. Nell’articolo 3 si specifica che gli organizzazioni non
governative opereranno come soggetti attuatori “sulla base delle direttive che verranno impartite dal
Dipartimento e sotto la responsabilità piena ed esclusiva dello stesso”. Questo elemento prefigura la
subordinazione delle ONG al Dipartimento della Protezione Civile sul piano delle scelte di attuazione.
Nell’articolo seguente si sancisce che l’ONG deve completare l’intervento entro un periodo assegnato,
che va da un minimo di 4 mesi (Movimondo) fino a un massimo di 15 (VIS). In tutti i casi gli interventi
devono essere avviati entro 30 giorni dalla comunicazione del decreto di registrazione della
convenzione.
Per le condizioni di applicazione degli interventi si fa riferimento all’Accordo Quadro di Partenariato di
55
ECHO (Ufficio Umanitario della Commissione Europea) con le organizzazioni non governative.
L’articolo 5 delle convenzioni definisce le modalità di finanziamento secondo le seguenti regole: per
ottenere la prima tranche di fondi (40%) ciascuna ONG deve presentare una garanzia fideiussoria pari
al 10% del finanziamento richiesto. Un’altra fideiussione dovrà essere presentata per ottenere la
seconda tranche del finanziamento (50%). Il restante 10% sarà versato a seguito della
rendicontazione dei lavori. Tali condizioni finanziarie56 hanno suscitato critiche da parte delle ONG, che
le hanno giudicate macchinose e possibile fonte di rallentamenti nell’avvio e nella gestione dei
progetti.
Nei successivi articoli seguono le indicazioni sulle modalità di verifica e di comunicazione tra
Dipartimento e ONG.
Risulta che il responsabile di tutti i progetti è il dott. Agostino Miozzo della Protezione Civile. A ogni
convenzione è allegato un breve testo (all’incirca 8/10 pagine) contenente la sintesi dell’intervento da
realizzare, il cronogramma e il budget sintetico. Non viene allegato il budget analitico, per cui le voci
di spesa di riferimento sono generali; si tratta di una prassi che risente ancora fortemente del contesto
emergenziale, in linea con modelli ECHO a cui si è chiesto di adeguarsi. L’assenza di budget analitici
segnala in ogni modo che al momento della stipula della convenzione non sono stati presentati al
Dipartimento della Protezione Civile elementi molto approfonditi per delineare gli interventi che
verranno realizzati. Oltre un terzo dei finanziamenti57 previsti per gli interventi delle ONG vengono
affidati a un unico consorzio (SOLINT per la cifra totale di 4.837.450 euro) mentre il finanziamento
massimo raggiunto da una singola ONG ammonta a 3.705.000 euro (VIS).
Il Ministero Affari Esteri, nel frattempo, sta sviluppando il suo intervento in due direzioni: da una parte
il coordinamento con le Regioni italiane, che si sono anch’esse attivate all’indomani della catastrofe,
dall’altra l’iniziativa per la tutela dei minori in collaborazione con il Ministero delle Pari Opportunità.
54 I testi delle convenzioni sono disponibili sul sito della Protezione Civile, all’indirizzo http://www.protezionecivile.it .
55 Nel novembre 1991 la Commissione Europea ha istituito ECHO con il compito di riunire sotto un’unica struttura le capacità
necessarie a fronteggiare l’emergenza, migliorando il coordinamento tra i Paesi membri, gli altri donatori, le ONG e le agenzie
internazionali specializzate. Dal 1° gennaio 2004 è in vigore il nuovo Accordo Quadro di Partenariato (Framework Partnership
Agreement o FPA) che definisce anche per le ONG i ruoli e le responsabilità nella realizzazione delle operazioni umanitarie
finanziate dalla Commissione Europea. Nell’accordo sono previsti ambiti di lavoro comune tra ONG ed ECHO per rendere più
efficace l’aiuto umanitario finanziato dalla Commissione. Il testo e la documentazione sul FPA è disponibile presso:
http://europa.eu.int/comm/echo/partners/fpa_ngos_en.htm .
56 In una nota del 15 marzo 2005 il Dipartimento della Protezione Civile precisa che “l'importo di ciascuna convenzione non
viene a ricadere per intero sulle risorse derivanti dalle donazioni, in quanto, così come previsto dai protocolli di intesa sottoscritti
con i donatori e con i promotori delle sottoscrizioni, rimarrà a carico del Dipartimento ogni onere e spesa di carattere
amministrativo, organizzativo e logistico connessa all'intervento.”
57 Vedi tabella allegata “Convenzioni tra Dipartimento Protezione Civile e ONG italiane”.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Ai tavoli di coordinamento presso il MAE sono presenti rappresentanti sia del Ministero Pari
Opportunità sia delle Regioni. La collaborazione si svolge soprattutto sul piano della tutela dei minori58,
anche se le Regioni sono coinvolte direttamente nella programmazione di attività di post emergenza59.
Quanto al programma regionale per la tutela dei minori vittime della catastrofe coordinato dal MAE
(che verrà sviluppato con la collaborazione delle regioni italiane e delle ONG), si prevede una missione
congiunta del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero per le Pari Opportunità, con il coinvolgimento
di rappresentanti delle Regioni.
Dal 22 gennaio 2005 al 7 febbraio una missione tecnica congiunta DGCS/Regioni visita i Paesi del Sud
Est Asiatico più colpiti dal maremoto del 26 dicembre 2004 (Indonesia, Sri Lanka e Thailandia), con lo
scopo di individuare le località di intervento, i settori operativi, i potenziali enti realizzatori e le
istituzioni pubbliche e private locali e internazionali (sistema multilaterale compreso) in grado di
consentire la fattibilità del Programma quadro a medio e lungo tempo che il MAE intende realizzare in
collaborazione con le Regioni italiane.
Il 9 febbraio 2005 il Comitato Direzionale MAE DGCS delibera lo stanziamento fondi per gestione in
loco Sri Lanka e fondo esperti.
Sempre sul fronte del MAE il 17 marzo si conclude la missione congiunta della DGCS con il sistema
Universitario riguardo al Programma Regionale di Cooperazione Universitaria60 per la prevenzione delle
catastrofi Naturali e la Gestione delle Crisi Umanitarie. Oltre allo Sri Lanka, anche l’Indonesia viene
ritenuta area prioritaria dalla DGCS del Ministero. In particolare, i possibili settori di intervento previsti
in tale Paese sono:
• sanità pubblica, servizi sanitari, salute mentale, banca del sangue;
• alloggi per sfollati e riabilitazione/ricostruzione unità abitative distrutte;
• riabilitazione delle infrastrutture comunitarie;
• risanamento ambientale in aree rurali e urbane;
• riabilitazione e ripresa dell’agricoltura e della pesca;
• credito e microcredito alle piccole imprese;
• iniziativa regionale di promozione dei diritti dei minori;
• iniziativa regionale di preparazione alle emergenze.
Non ci si nasconde però che l’intervento in Indonesia è più complesso poiché la situazione interna del
Paese non permette ancora una valutazione compiuta delle azioni da sviluppare. La Thailandia, invece,
non viene presa in considerazione in quanto non ha ancora richiesto ufficialmente specifici interventi,
anche se con buona probabilità anche in tale Paese si svilupperà l’intervento a favore dei minori.
In un comunicato dell’11 marzo 2005 il Dipartimento della Protezione Civile dichiara che “i programmi
di intervento diretto del DPC sono 11. Il relativo importo complessivo è pari a Euro 23.700.000 di cui
Euro 22.060.000 a carico delle donazioni ed Euro 1.640.000 a carico del Fondo per la Protezione
Civile. Tali interventi si trovano al momento a diversi stati di avanzamento. Alcuni sono già in corso di
esecuzione (per una spesa complessiva pari ad Euro 3.300.000), per altri (Euro 6.700.000 circa) sono
stati disposti i progetti preliminari e sono in corso o stanno per essere avviate le procedure di
aggiudicazione attraverso confronti concorrenziali di offerte sia per la progettazione esecutiva che per
58 Vedi a questo proposito il rapporto di missione stilato da Mario Gay – esperto OICS (Osservatorio Interregionale
Cooperazione allo Sviluppo) disponibile in allegato e presso il sito web http://www.oics.it/news/.
59 "Le Regioni italiane - ha commentato l'assessore emiliano-romagnolo alla protezione civile Marioluigi Bruschini - desiderano
esprimere concretamente la loro solidarietà a favore delle popolazioni colpite dal maremoto, intervenendo non solo in questa
fase di emergenza, ma anche e soprattutto nel medio periodo, quando sarà necessario avviare azioni di carattere più strutturale
per la ricostruzione".
60 La missione, terminata il 17 marzo, era composta dai Rettori delle Università per Stranieri di Perugia, Prof.ssa Stefania
Giannini (per il coordinamento del network universitario italiano), degli Studi di Roma Tor Vergata, Prof. Alessandro Finazzi
Agró, degli Studi di Palermo, Prof. Giuseppe Silvestri, del Politecnico di Milano, Prof. Giulio Ballio, dagli Esperti in Catastrofi
Naturali Prof. Fausto Marincioni dell’Università Politecnica delle Marche e Prof. Fabrizio Ferrucci dell’Università della Calabria, e
per la Cooperazione allo Sviluppo dal Cons. Amb. Antonio Morabito. Scopo della missione era quello di preparare e sviluppare i
contenuti relativi a un programma Regionale di Cooperazione Universitaria per l’alta formazione nel campo della Mitigazione dei
Disastri Naturali.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
la realizzazione. Per gli altri progetti, di maggiore complessità, quale ad esempio il programma per il
Villaggio di Muthur, sono in corso le progettazioni preliminari”.
Sul capitolo dei fondi SMS la Protezione Civile si è riservata una quota consistente per interventi diretti
(22.766.161.50 euro, pari al 48,9% dei fondi privati raccolti). Una parte è stata utilizzata per gli
interventi di emergenza (9.000.000 euro), il resto in gran parte verrà utilizzato per la ricostruzione
degli ospedali di Matara (4.000.000 euro) e di Kinnya, distretto di Trincomalee (3.500.000 euro). È
prevista anche la ricostruzione di scuole nel distretto di Galle e in quello di Trincomalee. Riguardo ai
due ospedali sono stati pubblicati gli accordi con le autorità locali e sono disponibili61 le planimetrie
degli interventi da realizzare, oltre a brevi relazioni esplicative. (Si veda Tabella 3 in Allegato)
Per quanto riguarda l’ospedale di Matara, il Dipartimento della Protezione Civile, sulla base di un
accordo con il Ministero della Salute dello Sri Lanka62, ha individuato63 tra gli interventi urgenti a
sostegno della popolazione quello di creare una nuova struttura di pronto soccorso con annessa sala
operatoria per interventi minori, una struttura per la medicina d’urgenza e la sistemazione di nuovi
locali per la banca del sangue. L’area individuata e ritenuta idonea allo scopo è quella che al momento
accoglie i locali magazzino e i locali della banca del sangue. Il nuovo magazzino sarà costruito in
un’altra zona, interna all’area ospedaliera in prossimità di una delle strade d’accesso, oggi occupata da
due edifici fortemente degradati e in disuso. Nel testo dell’accordo di ricostruzione pubblicato non si fa
riferimento ai tempi previsti per la consegna delle opere.
L’ospedale di Kinnya, andato completamente distrutto a causa dello Tsunami, verrà invece costruito ex
novo in un’area che precedentemente ospitava una fabbrica tessile dismessa nel centro della città. In
febbraio è stato siglato un accordo64 con le autorità locali della durata di un anno prorogabile che
prevede la costruzione del nuovo ospedale. Il Dipartimento ha reso pubblica una prima breve
relazione65 riguardo alla fattibilità del progetto.
Per quanto riguarda gli interventi sull’edilizia scolastica l’accordo66 del 16 marzo 2005 tra il Ministero
dell’educazione dello Sri Lanka e il Dipartimento della Protezione Civile, relativamente alla ricostruzione
dell’edificio scolastico di Thotagamuwa nel distretto di Galle, prevede la ricostruzione della locale
scuola danneggiata dal maremoto. I costi totali per la ricostruzione ammontano, secondo la relazione
preliminare67 di fattibilità del progetto, a circa 409.000 euro. Nella documentazione pubblicata sul sito
non sempre sono riportati precisi riferimenti ai tempi di realizzazione e alla quantificazione analitica dei
costi, né alle procedure di realizzazione (mezzi, personale impiegato, eventuali appalti, utilizzo di
personale locale); la pianificazione di dettaglio avviene in una fase successiva.
Tra il 15 e il 17 febbraio sono state stipulate 15 convenzioni con le ONG, mentre le relative
registrazioni da parte degli Organi di controllo sono intervenute il 3 marzo. La notifica delle
registrazioni è stata trasmessa alle ONG interessate il 9 marzo. Sono pervenute al Dipartimento della
Protezione Civile tutte le richieste di erogazione delle anticipazioni per le 15 convenzioni che sono
state soddisfatte entro 24 ore dal ricevimento, per un importo complessivo di 5.377.903,97 euro.
61 La relazione e le planimetrie sono disponibili sul sito http://www.protezionecivile.it.
62 Accordo di ricostruzione dell’ospedale di Matara – Dipartimento Protezione Civile – Ministero Salute Sri Lanka, 22.02.2005.
63 Dipartimento Protezione Civile – Sintesi della relazione tecnica del progetto preliminare dell’edificio magazzino e dell’edificio
pronto soccorso e banca del sangue presso il General hospital di Matara – Ing. Bruno G. La Monaca – Ing. Massimiliano
Severino, 22.02.2005.
64 Dipartimento Protezione Civile – Governo Sri Lanka – Memorandum of understanding, 24.02.2005.
65 Dipartimento Protezione Civile – New Kinnya Hospital Preliminary drawing – Arch. Sandro Coppari – Ing. Andrea Veschi,
22.02.2005.
66 Ministero dell’Educazione Sri Lanka – Lettera di approvazione per la ricostruzione dell’edificio scolastico di Thotagamuwa,
16.03.2005.
67 Dipartimento Protezione Civile italiana – New Thotagamuwa School Preliminary drawing – Ing. E. De Francesco –Ing. Angelo
G. Pizza – Arch. M. Licciardello, 13.03.2005.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Le altre 9 convenzioni stipulate il 15 marzo sono state registrate in data 1° aprile 2005. A seguito
immediato di tale registrazione sono state soddisfatte altre due richieste di erogazione delle
anticipazioni per un ulteriore importo di 385.626,40 euro, portando così il totale delle anticipazioni per
le ONG a 5.763.530,37 euro.
L’ultima convenzione prevista per la realizzazione di interventi in Sri Lanka (la venticinquesima) è stata
invece registrata con AISPO il 24 giugno 2005 (l’abbiamo inserita già in questa tabella per facilitare la
lettura complessiva dei dati riferiti a progetti in loco).
Il valore dei contributi concessi dal Dipartimento della Protezione Civile italiana a tali progetti con le 25
convenzioni risulta essere di 19.596.752,93 euro, di cui 16.743.044,6 a carico dei fondi privati e il
restante 14,5 % a carico dei fondi della DPC.
Il costo complessivo dei progetti è di 20.265.555,9 euro (alcuni progetti sono cofinanziati da parte
delle ONG). Alcuni progetti presentano anche una quota di cofinanziamento. (Si veda Tabella 4 in
Allegato)
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Fig. 3 - Localizzazione degli interventi italiani in Sri Lanka sulla base delle convenzioni siglate con DPC
Localizzazione progetti altri enti
localizzazione progetti ONG
Fonte: Dati Protezione Civile - Elaborazione ActionAid International Italia
Il 21 marzo 2005 vengono pubblicate le convenzioni del DPC con Banca Etica/Etimos – Istituto
Superiore di sanità – FAO – Vigili del Fuoco, per un totale di 7.175.400 euro. Sono state registrate il
primo aprile e si è quindi provveduto all’erogazione dell’anticipo previsto per la convenzione con
l’Istituto Superiore di Sanità per un importo di 270.160 euro.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Le convenzioni con altri enti sono particolarmente interessanti poiché definiscono una serie di
programmi che non sono direttamente riconducibili a singoli progetti, ma a interventi più generali
nell’ambito sanitario, della sicurezza alimentare e del microcredito.
Degna di attenzione è la convenzione con Banca Etica e con il suo consorzio Etimos. Dalla
convenzione risulta che nel mese di febbraio il Dipartimento della Protezione Civile ha commissionato
a Etimos uno studio di fattibilità per l’avvio di linee d’intervento finalizzate al sostegno di attività di
microfinanza in Sri Lanka. A Banca Etica viene assegnato un contributo di 3.000.000 di euro che essa
trasferirà progressivamente al consorzio Etimos.
Banca Etica svolgerà un’attività di controllo68 e verifica delle attività svolte dal consorzio Etimos,
garantendo al Dipartimento una funzione di advisor riguardo all’andamento del programma di attività.
Rispetto a tale convenzione, integrata da un Piano di intervento di Banca Etica/Etimos, c’è da notare
che una quota abbastanza consistente del contributo69 è riservata alla copertura di spese di assistenza
tecnica, monitoraggio e controllo effettuate appunto da Banca Etica ed Etimos. Dal piano di intervento
allegato si apprende che verranno destinati 1.844.960 euro ad enti creditizi e organizzazioni locali e
1.440.000 euro a interventi accompagnatori di progetti di ONG italiane (VIS – GVC - Iscos – Ricerca e
Cooperazione).
In un caso non vi è collegamento tra il progetto individuato e le aree danneggiate dal maremoto: si
tratta della zona di Kandy, dove si sviluppa un intervento del VIS e un progetto di AIBi, due ONG che
erano già presenti sul territorio prima della catastrofe.
Anche nel caso della convenzione con la FAO70, la possibilità di utilizzare da parte di quest’ultima il
trasferimento a organizzazioni partner di elementi subcontrattuali potrebbe portare a un
rifinanziamento di alcuni progetti realizzati in loco da parte delle ONG italiane.
La convenzione con l’Istituto Superiore di Sanità riguarda la valutazione sociosanitaria e nutrizionale e
il monitoraggio dell’efficacia degli interventi sanitari italiani nei distretti di Trincomalee, Galle, Matara.
Il progetto si propone di “supportare il sistema informativo sanitario cingalese, rafforzandone la
capacità di indagine e l’attendibilità e la completezza…”. Complessivamente vede impegnati sei esperti
(epidemiologi, analisti economici, laboratoristi) e prevede la costruzione di due laboratori di sanità
pubblica e due stazioni diagnostiche mobili.
La convenzione con il Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Ministero dell’Interno si riferisce al
potenziamento delle strutture locali di prevenzione nei distretti di Galle, Matara e Trincomalee. In
questa convenzione la parte relativa al piano economico è ridotta a poche informazioni, ovvero
soltanto tre voci generali. Non ci sono riferimenti a piani di fattibilità dell’intervento, che deve essere
ancora definito nei particolari.
Il 21 marzo 2005, sul sito del Dipartimento della Protezione Civile compare la notizia che sono state
“firmate tutte le convenzioni previste dai piani operativi approvati dal Comitato dei Donatori e dal
Comitato dei Garanti nelle riunioni del 31 gennaio e del 15 marzo”71.
In questo arco di tempo anche il Ministero degli Esteri destina i 70 milioni di euro per l’area dello
Tsunami (a questi vanno aggiunte le contabilizzazioni delle operazioni di riduzione e cancellazione del
debito). In Indonesia 9 milioni e 450mila euro sono messi a disposizione dell’Ambasciata italiana per
progetti a favore di donne e bambini, costruzione di alloggi, riabilitazione delle attività produttive,
servizi sanitari e formazione nella sanità pubblica. Per quanto riguarda la Thailandia, risulterebbero
stanziati circa 900mila euro per interventi a favore dei minori.
68 Appare singolare che Banca Etica, che risulta tra gli associati del Consorzio Etimos, svolga un’azione di controllo su una
struttura di cui è parte integrante e a cui ha affidato l’esecuzione del programma.
69 Su un totale di 3.000.000 euro , 250.000 euro per costi di supporto + 200.000 euro per costi amministrativi + 90.000 euro di
IVA – corrispondente al 18% del totale.
70 Si riferisce al progetto FAO denominato OSRO/SRL/504/ITA “Emergency assistance for the rehabilitation in the Tsunamiaffected districts of Trincomalee, Matara, Galle and Hambantota – Sri Lanka”.
71 Come vedremo però alcune convenzioni sono state firmate successivamente.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Fino al 12 dicembre 2005 erano stati impiegati soltanto 35 dei 70 milioni72. Di questi 7 milioni e
150mila euro sono stati destinati all’Ambasciata italiana in Sri Lanka73 per interventi in campo sanitario,
psico-sociale e per la ricostruzione nei distretti di Ampara, Batticaloa, Hambantota e Kalutara da
affidare a organizzazioni non governative.
Una parte preponderante degli aiuti gestiti dal Ministero degli Esteri (circa 16 milioni di euro) è stata
utilizzata per finanziare organizzazioni internazionali. Fra queste: FAO (9,5 milioni di euro per progetti
legati alla pesca); UN Habitat (il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti sostenibili per 1,5
milioni di euro); Organizzazione Mondiale della Sanità (500mila euro); Programma Alimentare
Mondiale (4 milioni di euro); Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (500mila euro). Un
milione e cinquecentomila euro sono utilizzati per spese di missione. Al totale complessivo di 35 milioni
di euro vanno aggiunti 7,2 milioni di cancellazione del debito dello Sri Lanka e 25 milioni di euro di
conversione del debito indonesiano.
Nello specifico, sullo Sri Lanka riportiamo alcuni dati e tabelle resi pubblici dagli uffici dalla
Cooperazione italiana. (Vedi Tabella 5 in Allegato). Il totale dei fondi allocati nel Paese sono
17.440.000 euro, di cui 2.140.000 della cooperazione decentrata (pari al 12%) e 6.600.000 di fondi
emergenza MAE in loco (pari al 38%); nei fondi multilaterali sono stati stanziati 7.700.000 euro
(ovvero il 44% del totale), mentre sui fondi emergenza MAE si sono predisposti 1.000.000 euro (cioè il
6%). Le ONG che si sono attivate nelle partecipazioni ai progetti sono: AFMAL, ALISEI, ASIA, CIPSI,
CISP, CISS, CONSORSO UNIVERSITARIO HYPERDEM, COOPI, COSV, CROCE ROSSA. A gestione
diretta: GUS, GVC, ICEI, INTERSOS, ISCOS, ISS, MOVIMONDO, OVERSEAS, RICERCA
COOPERAZIONE, UCODEP, UNIVERSITA' CATTOLICA, VIS. Le ONG sono state contattate attraverso
una lettera che chiedeva loro di presentare progetti. Le risposte sono state numerose e la somma dei
progetti per i quali si chiedeva un contributo era superiore all’importo stanziato, per cui alcuni progetti
non sono stati selezionati (fra i materiali di background, la lettera del MAE ad AAI).
I settori di intervento del MAE in Sri Lanka sono stati: 4 progetti rivolti a donne e minori per un
importo complessivo di 1.000.000 euro; 35 progetti di ricostruzione per un totale di 10.786.484 euro e
7 progetti nell’area Sanitaria per un importo di 2.747.730 euro.
Come si evince dalla Tabella 6 in Allegato, la cooperazione decentrata svolge un ruolo sempre più
importante nei contesti d’emergenza e rappresenta un elemento fondamentale della strategia della
cooperazione italiana in Sri Lanka. Il suo contributo integra e aumenta la sostenibilità degli interventi
finanziati, garantendo la continuità di questi oltre il mandato dell’emergenza. Come sottolinea Mario
Gay dell’OICS in un suo rapporto di missione e in una intervista realizzata il 19.02.2006, il problema
maggiore degli interventi in Sri Lanka è proprio l’assenza di una “messa a fuoco da parte dei diversi
enti/istituzioni” di un ruolo futuro della cooperazione italiana, e probabilmente sarà compito della
cooperazione decentrata “ereditare” i contatti maturati nell’ambito degli interventi e delle zone in cui il
DPC e la cooperazione italiana hanno operato.
72 Il Sole 24 ore, “Tsunami, l’Italia fa mezzo passo indietro”, di Marco Magrini e Valentina Melis, 16.05.2005.
73 Delibera Comitato Direzionale DGCS MAE – Atto n. 18 del 9 febbraio 2005.
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Fig. 4: La cooperazione decentrata in Sri Lanka Parte Prima
Fonte: MAE
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Totale del contributo a integrazione dei progetti
della Cooperazione Italiana: euro 2.140.000
Comitato 26 dicembre di Palermo
Comune di Palermo
Regione Toscana,
Provincia di Bolzano,
Circondario
Emploese Valdelsa,
Lega Coop Italia
CISS
Comune di Modena
OVERSEAS
UCODEP
Movimondo
Regione Toscana
CISP
ASIA
Regione Lombardia,
Comune di Imperia
ICEI
Istituto italiani all'estero
Provincia di Trento
Regione Lombardia
VIS
CIPSI
GUS
Regione Lombardia, Personale
regionale, Università Cattolica
del Sacro Cuore
Universita
Cattolica
Citta’ di Prato e Regione Marche
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Tab. 7 - Quadro generale progetti finanziati dal MAE attraverso il multilaterale -15 gennaio
2006
AGENZIA UN
FAO
WFP
UNHABITAT
DESCRIZIONE
Distretti
ONG italiane
coinvolte
Programma integrato per la riabilitazione del settore della pesca
CIPSI, GUS,
nelle zone colpite dallo Tsunami nei distretti di Hambantota,
ISCOS, UCODEP,
Ampara e Batticaloa - DURATA 24 mesi Implementato con il
Hambantota
RICERCA E
Ministero della Pesca e delle Risorse Acquatiche -14 progetti con
Ampara
COOPERAZIONE,
8 ONG italiane - Riabilitazione attivita’ produttive per famiglie di
Batticaloa
ICEI, ALISEI,
pescatori - 3.128 le famiglie beneficiarie (14 villaggi)
ASIA
Iniziativa di emergenza volta alla ricostruzione di scuole colpite
dal maremoto Tsunami in Sri Lanka - DURATA 12 mesi
Implementato con il Ministero dell'Educazione - 7 progetti con 7
ONG italiane - Riabilitazione di 145 scuole e fornitura di generi
alimentari e strumentario per le cucine.
ALISEI, GUS,
Trincomalee ASIA, RICERCA E
Batticaloa COOPERAZIONE,
COSV,
Ampara
Jaffna
INTERSOS,
MOVIMONDO
Programma di ricostruzione partecipata per le popolazioni colpite
Kalutara
OVERSEAS, ASIA,
dallo Tsunami nei distretti di Ampara, Kalutara, e Hambantota
Ampara
UCODEP, GUS
Hambantota
FONDI TOTALI
FINANZIAM.
MAE EURO
4.200.000
2.000.000
1.500.000
7.700.000
Fonte: MAE - 2005
Apparentemente il MAE si è mosso seguendo una nuova tendenza: agire direttamente e, ove possibile, fare
a meno dei normali strumenti di mediazione implementativa (ONG internazionali e UN), ritenendo che
questo riducesse i tempi di esecuzione e i costi di gestione.
In relazione agli aiuti pubblici allo sviluppo occorre sottolineare la specificità di alcuni attori: la cooperazione
decentrata e le maggiori Banche di Sviluppo (WB e ADB) sono i soggetti che hanno caratterizzato gli
interventi di emergenza e post emergenza, sia per l’entità dell’impegno finanziario sia per i risvolti che
questo protagonismo comporta. Per la prima volta in modo eclatante, infatti, entrambi questi attori sono
entrati direttamente nella fase di gestione dell’emergenza, senza limitare il proprio ruolo al finanziamento.
Hanno dimostrato una straordinaria velocità di erogazione e cercato di caratterizzare il proprio contributo
con l’intento di influenzare il processo di pacificazione dell’area. Mentre la cooperazione decentrata ha
utilizzato un approccio di intervento classico (fornitura di beni e servizi e sviluppo comunitario), le Banche
sono ricorse a strumenti innovativi e per certi versi spregiudicati, quali il Cash Grant per la ricostruzione
delle case, ovvero la consegna di denaro direttamente nelle mani dei beneficiari.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
Il dibattito
Dalla metà del gennaio 2005 in poi l’attenzione dei mezzi d’informazione nei confronti dell’emergenza
maremoto e della gestione degli aiuti diminuisce. Si tratta, però, di un momento cruciale perché esige la
messa in pratica delle dichiarazioni fatte. È una fase molto delicata durante la quale si manifestano i
contrasti nella gestione degli aiuti. Ma i media risultano poco interessati a monitorare la vicenda.
Nella notte tra il 28 e il 29 marzo un violento terremoto sull’isola di Nias, 125 chilometri al largo di Sumatra,
fa temere il ripetersi della catastrofe del 26 dicembre 2004. Fortunatamente ciò non accade, anche se si
devono contare purtroppo altre 658 vittime. Questa volta l’allarme Tsunami viene dato con tempestività,
provocando il panico degli abitanti delle zone già colpite; non si genera però alcuna onda anomala. È in
questa occasione che sui media di tutto il mondo la questione Tsunami riprende quota. In Italia, in
particolare, destano preoccupazione le condizioni di un missionario e l’allarme creato tra i turisti presenti
nelle aree colpite dal precedente maremoto.
Il terremoto sull’isola di Nias offre ai media lo spunto per ricordare anche che, in realtà, molti degli aiuti
promessi a livello internazionale per le vittime del maremoto di dicembre non sono mai giunti a
destinazione74. La stampa italiana imputa la colpa soprattutto alla burocrazia dei Paesi destinatari degli aiuti,
piuttosto che approfondire le ragioni del divario tra le promesse fatte e quelle effettivamente mantenute da
parte dei Paesi donatori.
I vertici della Protezione Civile, intanto, ricordano75 che stanno per essere realizzate “circa 300 case, due
ospedali, 20 scuole e la fornitura di centinaia di barche” e, anche se riconoscono le difficoltà dell’avvio, si
dicono sicuri di poter portare a termine il lavoro “con rigore e trasparenza”.
I quotidiani italiani riprendono a indagare le polemiche tra le ONG, la Protezione Civile e il Ministero degli
Esteri.
Da una parte, come abbiamo visto, alle ONG non fa certo piacere76 che il Governo si sia sostituito ad esse
nella ricerca di fondi da sottoscrizioni private. Le ONG coinvolte nell’operazione della Protezione Civile si
lamentano77 poi di non aver ancora ricevuto la disponibilità all’utilizzo dei fondi promessi. Ritornano voci e
sospetti sulla competizione tra Protezione Civile e Ministero degli Esteri per la gestione degli aiuti.
Le ONG, in una nota dell’11 marzo, ribadiscono la necessità di essere maggiormente coinvolte nei processi
decisionali e chiedono un incontro specifico con il Comitato dei Garanti: "Constatiamo con soddisfazione la
tempestività e l'efficacia dell'azione della Protezione Civile, così come emerso dalla prima relazione della
Commissione dei Garanti sulle attività sin qui svolte” – dichiara Sergio Marelli, Presidente dell'Associazione
ONG Italiane - "e ora, dopo una prima fase di confronto e parziale collaborazione con la Protezione Civile
limitatamente agli aspetti tecnici di alcuni singoli progetti, ci aspettiamo, in virtù della nostra quarantennale
esperienza specifica in materia di aiuti umanitari e cooperazione allo sviluppo, di essere coinvolti
direttamente nella definizione delle strategie di intervento”. (Fonte: Vita, Paolo Manzo, 11.03.2005)
Il 29 marzo, in un’intervista al Sole 24 ore, Emma Bonino annuncia per il giorno successivo una riunione tra
il Comitato dei Garanti e il Presidente delle ONG italiane78; l’On. Bonino polemizza nei confronti della
richiesta di un maggiore coinvolgimento avanzata dalle ONG: “domani abbiamo come Comitato di Garanti
un incontro a Roma con il Presidente del coordinamento fra le ONG. Noi garanti abbiamo un compito non di
gestione dei fondi e delle operazioni, ma di monitoraggio, lavoro che abbiamo preso molto sul serio, inutile
dirlo. E sulla base dei dati che ho, posso dire che in Sri Lanka operavano da molto tempo Movimondo, i
Gesuiti e i Salesiani. Tutti gli altri si sono attivati dopo lo Tsunami. Ora, la Protezione Civile ha vagliato i loro
progetti seguiti da un tavolo congiunto presso l'Ambasciata italiana a Colombo, il 17 febbraio ha firmato
74 Il Sole 24 ore del 29 marzo 2005, “Gli aiuti mai arrivati” di Alberto Negri – L’Unità del 30 marzo 2005, “Pochi gli aiuti arrivati
nell’Asia devastata dallo Tsunami” di Gabriel Bertinetto.
75 Corriere della Sera del 8 marzo 2005, “ Sri Lanka, un tetto per 300 famiglie: Grazie Italia” , di Costantino Muscau.
76 A questo proposito l’articolo di Michele Smargiassi su La Repubblica del 21 febbraio, “Tsunami, la colletta-SMS mette in crisi i
volontari”, seguito dalla replica del 28 febbraio di Guido Bertolaso sullo stesso quotidiano “Così usiamo i fondi per lo Tsunami”.
77 Il Sole 24 ore del 4 marzo 2005, “Il maremoto scatena gli SMS ma la burocrazia li ferma”, di Marco Magrini e Valentina Melis.
78 Il Sole 24 ore del 29 marzo 2005, “Bonino: sui fondi allo Sri Lanka chiarimento domani con le ONG” , di Mario Margiocco.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
alcune convenzioni per un totale di 15 e per oltre 13 milioni di euro, e il 18 ha scritto a varie ONG
chiedendo una fideiussione com'è prassi in questi casi, e un numero di conto corrente. Venerdì 11 marzo
era arrivata una sola risposta. Poi c'è stata la richiesta dell'incontro di domani dove ben volentieri sarò
presente”.
L’onorevole Bonino mette quindi in evidenza la mancata presenza delle ONG italiane in Sri Lanka prima dello
Tsunami, e la loro presunta inefficienza dal punto di vista amministrativo. L’indomani però la pace sembra
fatta tra Protezione Civile e ONG italiane79: il Presidente dell’Associazione ONG italiane, Sergio Marelli
“esprime grande soddisfazione per la decisione di creare per le emergenze future un tavolo decisionale
paritetico”. Da parte sua l’On. Bonino dichiara80 “il Dipartimento non intende portare avanti progetti a
medio-lungo termine, al di là della realizzazione di quelli per cui sono stati firmati gli impegni”, facendo di
fatto notare che gli interventi successivi non coinvolgeranno la Protezione Civile.
In merito ai prospetti presentati dal DPC, vi sono alcune questioni che meritano un approfondimento. La
principale critica emersa in questa fase è la mancata trasparenza dei criteri di ammissione per
l’assegnazione dei fondi, delle procedure adottate e delle priorità definite; si sottolinea l’ assenza di una call
pubblica con chiari criteri di ammissione e di valutazione81. Abbiamo provato a capire meglio i processi di
assegnazione dei fondi raccogliendo il parere di uno dei protagonisti della vicenda, il dott. Miozzo, capo
missione per il DPC in Sri Lanka, intervistato il 19.10.2005.
Riguardo all’identificazione delle aree, dall’intervista si apprende che “Le zone di intervento sono state
decise in concerto con Ambasciatore e Autorità locali. Sono state scelte da subito le aree raggiungibili via
strada, per cui le aree a Sud (scelta sempre concordata con Ambasciata e Autorità locali), mentre a
Trincomalee siamo andati perché ci è stato chiesto dalle Autorità locali. Durante le missioni di fattibilità e in
tutti i memorandum redatti si può vedere come ricoprissi il ruolo tecnico, mentre l’Ambasciatore si
assumeva il compito politico”. La Protezione Civile ricorda che al momento dell’istruttoria non poteva esservi
“una definizione dettagliata delle concrete modalità di attuazione di ciascuna iniziativa, dei relativi tempi e
delle conseguenti previsioni di spesa”. Come si evince dai dati pubblicati sul sito, per alcuni soggetti non è
stato possibile definire l’esatta entità dei costi degli interventi.
Rimane il fatto che per parecchio tempo non si trova traccia della documentazione preparatoria relativa agli
altri interventi previsti da organismi diversi dalla Protezione Civile, che ammontano a oltre sette milioni di
euro dei fondi già allocati in precedenza. Al momento non esistono per gli altri enti disposizioni analoghe a
quelle previste per le ONG dal decreto citato in precedenza.
Riguardo alle convenzioni con enti dobbiamo notare che esse non sembrano essere (salvo il caso di Banca
Etica che è basato su uno studio di pre-fattibilità) il risultato di un’attenta azione preparatoria, ma piuttosto
rispondono all’esigenza della Protezione Civile di intervenire in ambiti non previsti dai restanti programmi. È
sicuramente interessante, però, che il Dipartimento abbia considerato la necessità di agire sul microcredito
per avviare processi virtuosi di sviluppo e la connessione con un’agenzia delle Nazioni Unite, che fornisce un
respiro internazionale a un’iniziativa fino a allora scollegata dal sistema degli aiuti internazionali.
Cercando di far luce sulle procedure di selezione e identificazione dei progetti apprendiamo da Agostino
Miozzo che “le interlocuzioni con gli enti attuatori è stata automatica. Non ci sono state call, bandi (…): la
nostra sede era nella stessa struttura dell’Ambasciata, per cui risultò tutto molto facile a livello di
comunicazione. Le organizzazioni facevano prima un passaggio obbligato con l’Ambasciata, e dopo,
completata l’analisi dei bisogni, proponevano un progetto. La presentazione dei progetti veniva fatta
direttamente in loco. Non c’erano criteri rigidi nella selezione dei progetti: abbiamo dettato alcuni
orientamenti generali (ad esempio nel settore della pesca), poi si è trattato di un progressivo adattamento”.
E infatti “non ci sono stati progetti non accettati: normalmente sono stati solo riorientati. Abbiamo prima
79 Avvenire del 31 marzo 2005, “Alle ONG la metà delle donazioni italiane. Un protocollo per le emergenze future”, di Luca Liverani.
80 Il Sole 24 ore del 31 marzo 2005, "Aiuti: si spegne la polemica italiana”.
81 Il Dipartimento precisa che la selezione delle ONG è avvenuta nel quadro definito dalla legge 49 (cooperazione internazionale) e dal
sistema dell’associazionismo che collabora con la Protezione Civile. Le ONG internazionali idonee ai sensi della Legge 49 dovrebbero
tenere presente che la lingua di lavoro per le attività di coordinamento è l’italiano. La presenza sul teatro delle operazioni di personale
che parla italiano diventa cruciale.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
terminato l’identificazione dei soggetti (ONG e altri enti), poi li abbiamo contattati, abbiamo descritto quali
criteri di massima volevamo per i progetti, fornendo un orientamento generale agli interventi da proporre”.
I settori di intervento “erano quelli classici. In un caso come questo evidentemente i progetti da sviluppare
sono legati alla pesca, alle infrastrutture… Non ci voleva molta fantasia per definire i settori in cui sviluppare
gli interventi”. Tanto che alcune proposte di progetto “avrebbero potuto essere pianificate anche a tavolino
da un qualsiasi esperto di emergenza (…). Alcuni progetti mostravano un’identificazione ‘granitica’ e questo
capitava soprattutto per le ONG da anni presenti sul territorio. Altri ‘neo arrivati’, a volte, hanno fatto
un’identificazione del progetto più emotiva o più ‘standard’, ma nonostante ciò hanno avuto forti e
significative evoluzioni nell’attuazione dei progetti (..)”.
Da quanto emerso dall’intervista sembra che non siano stati accettati solo alcuni progetti privi
dell’agreement con le comunità locali (lettera di appoggio in loco). Anche ActionAid International ha
presentato una proposta al DPC, ma non le sono state comunicate le motivazioni per l’esclusione82.
Se da una parte la Protezione Civile ci tiene a ribadire che “alla loro predisposizione hanno collaborato in
maniera attiva e propositiva numerose organizzazioni non governative italiane e Organismi Internazionali”,
“le iniziative sono state oggetto di consultazioni e di intese con le Autorità locali (…) e di preliminari
condivisioni da parte delle strutture centrali e periferiche del Ministero degli Affari Esteri”, occorre però
considerare che molte delle organizzazioni prescelte non avevano precedentemente attivi programmi
nell’area; anzi, alcune di esse non hanno mai effettuato interventi di sviluppo non solo in Sri Lanka, ma
nemmeno negli altri Paesi colpiti dallo Tsunami, bensì si tratta di ONG giunte in loco solo a seguito della
catastrofe. Quindi il criterio dell’esperienza sul territorio è stato tenuto presente solo in parte.
82 . Durante successivi colloqui abbiamo comunque avuto modo di comprendere una possibile causa di esclusione. Uno dei prerequisiti
per partecipare ai processi di selezione era la padronanza della lingua di servizio, ovvero l’italiano. Purtroppo, avendo solo operatori
locali, AAI non ha potuto soddisfare questa precondizione.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
KENYA
SOMALIA
MALDIVE
MALESIA
BIRMANIA
THAILANDIA
INDONESIA
INDIA
SRI LANKA
Tab. 8 – Presenze prima del 26 dicembre 2006 delle ONG con convenzione DPC nelle aree colpite dal
maremoto*
AFMAL
AISPO
AIBI
ALISEI
CESVI
CISP (Solint)
COOPI (Solint)
COSV (Solint)
GUS
PROGETTO SUD
GVC
INCONTRO TRA I POP.
INTERSOS (Solint)
ISCOS
MAGIS
MOVIMONDO (Solint)
RICERCA E COOP.
VIS
Progetto attivo prima del maremoto 2004
Intervento di sostegno o adozione a distanza
* sono esclusi eventuali interventi realizzati in partnership con altri enti
Fonti: Ass. ONG Italiane – Guida alla cooperazione e al volontariato SOCI Comune Milano - Siti web delle organizzazioni
Se si valuta il quadro offerto da questa tabella, è evidente che non sono state scelte soltanto le ONG
presenti in loco prima dello Tsunami, ma anche quelle che sono giunte nei Paesi colpiti a seguito della
catastrofe: “Le ONG si sono mobilitate subito per rispondere all’emergenza. Ve n’erano alcune già presenti
in loco - VIS, Movimondo, AIFO, AIBI e altre - che si sono adoperate mettendo a disposizione fondi propri e
riuscendo a ottenere la riconversione di parte dei fondi di altri progetti che non sarebbero più stati
realizzabili in tempi brevi, e tante altre ONG che sono partite già il 28 dicembre per apportare il proprio
sostegno, senza ancora sapere cosa sarebbe accaduto. Non si parlava ancora di SMS, di Protezione Civile
etc… Siamo quindi partiti senza sapere cosa sarebbe stato il futuro”. (Fonte: intervista a rappresentante di
ONG, 10.11.2005)
Secondo il Portavoce del CINI, Salinari, “la firma delle convenzioni da parte di una decina di ONG aderenti
all’Associazione ONG dopo le critiche di Marelli mette in risalto la debolezza della struttura. Inoltre, buona
parte delle ONG che hanno stilato le convenzioni non erano mai state prima in Sri Lanka: anche questo dato
indebolisce l’Associazione che, invece, chiedeva di rafforzare il valore aggiunto delle ONG presenti in loco”.
In relazione alle scelte dei soggetti attuatori Agostino Miozzo ci risponde infatti che “i fondi sono stati
destinati in parte al volontariato e in parte al DPC: un filone di interventi che possiamo chiamare ‘bilaterale’
è stato destinato al Dipartimento (ad esempio la ricostruzione di scuole e ospedali), e questo ammonta a
circa il 50% dei fondi, mentre per interventi più sociali si è impegnato il ‘volontariato italiano’ definito dalla
L. 49 e dalla LDPL 194.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
A questi si è aggiunto successivamente un incarico alla FAO perché ha apportato una proposta d’intervento
che abbiamo ritenuto particolarmente rilevante.
Pertanto i criteri di ammissione alle selezione di cui si è dotato il DPC sono stati:
a) ONG presenti in loco (VIS, MAGIS - Gesuiti, Movimondo)
b) ONG riconosciute dalla 49 o riconosciute dal DPC come entità di volontariato (cioè riconosciute idonee
dal LDPL 194)
Non abbiamo accettato ONG non riconosciute dal MAE o da noi”.
Particolari i processi che hanno accompagnato la scelta degli altri soggetti attuatori: oltre alle ONG idonee al
MAE hanno operato con i fondi degli SMS anche altre strutture, quali i Vigili del Fuoco, Opere delle
Misericordie e ANPAS.
“L’identificazione dell’Istituto Superiore, Vigili del Fuoco, FAO, Banca Etica è stata parte del processo: si
sono individuati dei bisogni e sono stati identificati dei progetti. La consultazione con le ONG si avvia sin dai
primi di gennaio e si conclude sul piano formale solo dopo che sappiamo quanti fondi privati abbiamo da
gestire e dopo che abbiamo fatto le prime verifiche sui territori. La prima ondata di convenzioni con le ONG
‘classiche’ avviene intorno a marzo. La seconda coinvolge enti diversi. (…) Il contratto di partenariato che si
è istaurato con i diversi soggetti è frutto di un ‘processo’, al momento, per esempio, non abbiamo un albo di
riferimento come quello del MAE (…). Il nostro è un modello adattatativo, dipende dalle circostanze” (Fonte:
intervista a Miozzo)
Miozzo fa presente che “tali organizzazioni sono intervenute fin dalle prime ore di emergenza:i Vigili del
Fuoco perché fanno parte della nostra struttura, mentre Misericordie e ANPAS sono le due principali
associazioni di volontariato che operano con il DPC e anche i loro volontari sono partiti con noi fin dalle
prime ore. Tutte queste organizzazioni hanno seguito lo stesso percorso delle ONG, ovvero la presentazione
dei progetti e la successiva selezione”.
Proviamo a esplicitare il processo di assegnazione: a gennaio il DPC prende contatto con gli enti:
Associazione ONG e altre istituzioni. A metà febbraio chiede che le ipotesi progettuali siano presentate in
forma di framework, tenendo conto degli orientamenti (aree e settori d’intervento) stabiliti. Inizialmente c’è
stata quindi una molteplicità di proposte che sono state analizzate solo dalla struttura di missione in loco.
Sicuramente la professionalità di Miozzo, per vent’anni dirigente negli uffici di emergenza della Farnesina,
ha permesso di selezionare correttamente i progetti presentati, però in questa fase del processo il DPC si
ritrova sprovvisto di procedure ad hoc per la valutazione. Una volta verificata la congruenza con gli
orientamenti accordati e la conformità delle stime di costo, il framework viene allegato alle convenzioni che
vengono firmate a partire da marzo. A maggio si chiede un ridimensionamento quantitativo e puntuale della
scheda tecnica attraverso una descrizione minuta e piani operativi di dettaglio.
In sintesi, la procedura adottata dal DPC, come sintetizza Miozzo, è stata:
•
•
•
•
•
•
La
•
•
•
•
gennaio: conoscenza del luogo, identificazione di aree e settori di intervento;
gennaio: identificazione dei soggetti, contatti preliminari, acquisizione (con modifiche) del modello
ECHO;
febbraio: verifica delle idee progettuali;
metà febbraio: stesura convenzione con un allegato tecnico (framework di progetto e stima dei costi) ;
marzo: firma convenzioni;
maggio: raccolta piani operativi con descrizione minuta.
selezione dei progetti mette in evidenza alcuni elementi che vale la pena sottolineare:
assenza di call o bandi;
presentazione e discussione del progetto in loco;
orientamento ed eventuale “ri-direzionamento” dei progetti da parte del DPC;
condizione non necessaria l’essere in Sri Lanka prima del maremoto.
In sintesi il dubbio è che non si tratti tanto di un modello “adattivo”, come lo stesso Miozzo ricordava in un
intervista, ma piuttosto di un modello “occasionale”. Sembra quasi che i fondi inizialmente siano stati gestiti
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
con la diligenza e la responsabilità di “un buon padre di famiglia”, senza procedere ad atti pubblici di
selezione e di aggiudicazione, ma basandosi su conoscenze dirette capaci di soppesare la serietà e la
professionalità delle singole realtà coinvolte. Non si trova alcuna traccia pertinente alla pubblicizzazione
della chiamata a presentare progetti, ai criteri di ammissibilità, agli organi preposti alla selezione, agli iter
procedurali da avviare per partecipare alla valutazione, alle graduatorie. Tornano quindi ancora una volta ad
aprirsi le discrasie sulla natura “pubblica-privata” di questi fondi.
I grandi assenti da questo scenario sono spesso sembrati proprio i beneficiari della solidarietà
internazionale, le popolazioni locali colpite dal maremoto. Oscurati in una prima fase dall’eccessiva
attenzione dei mezzi d’informazione alle conseguenze per gli occidentali coinvolti, sono stati relegati poi al
ruolo di meri destinatari della “meritevole opera” delle nostre istituzioni. Poco ci è stato detto sul loro
coinvolgimento nelle decisioni riguardanti l’intervento di solidarietà internazionale sui loro territori. D’altra
parte riteniamo non completamente giustificabile e comprensibile l’atteggiamento di alcuni Governi locali
che hanno rifiutato o osteggiato l’intervento della cooperazione internazionale.
Le straordinarie vicinanze tra i programmi del MAE e i progetti affidati dal DPC, sia per soggetti che per
contenuto, pongono inoltre ulteriori quesiti relativi al reale coordinamento presente in loco83. L’affollamento
di attività umanitarie nelle aree colpite, con il relativo scoordinamento, anziché portare a una rapida
soluzione dei problemi per le popolazioni locali rischia di accentuare le disuguaglianze e le situazioni di
disagio ed emarginazione già presenti prima del maremoto.
Il Dipartimento della Protezione Civile, per le ragioni a cui ci riferivamo, è stato sicuramente il più attivo e
quello che nel breve termine ha raggiunto i migliori risultati. Tutto ciò però a prezzo di una certa
sommarietà, soprattutto nella scelta degli interlocutori e degli interventi. La giustificata preoccupazione di
offrire trasparenza nella gestione si è scontrata con l’esigenza di fare presto. Non sempre il risultato è stato
convincente. È pur vero che lo sforzo di trasparenza è stato notevole. La pubblicazione dei dati e della
documentazione su Internet e attraverso i mezzi di informazione è stata finora un elemento di sicura novità
rispetto alla gestione degli interventi precedenti da parte della pubblica amministrazione. Inoltre, ci sono
voluti molti mesi per fare chiarezza sul ruolo, la dimensione effettiva e i dettagli dell’intervento diretto della
Protezione Civile italiana.
Il Dipartimento pubblica sul proprio sito prospetti aggiornati sugli interventi: sono esposti in forma sintetica
gli elementi informativi di base relativi ai programmi di intervento che ha predisposto per l’utilizzo delle
risorse finanziarie che gli italiani hanno messo a disposizione. Certamente da migliorare invece la
trasparenza nell’azione del Ministero degli Esteri e della Direzione Generale per la Cooperazione allo
Sviluppo84. Anche se in occasione dello Tsunami c’è stato un timido accenno d’inversione di rotta,
attraverso, ad esempio, la pubblicazione di dati su Internet, tale slancio è poi andato perso, con il risultato
che non appaiono ancora chiari né l’entità reale dell’intervento della Cooperazione italiana né i piani specifici
di realizzazione.
83 Abbiamo chiesto se esisteva una struttura di coordinamento e lo stesso DPC afferma che “Non si sono costruite strutture di
coordinamento, è stata fatta però attenzione affinché non ci fossero delle sovrapposizioni sugli ambiti di intervento (…)” (Fonte:
intervista a Miozzo, 10.11.2005).
84 In base alla legge, alla Dgcs è operativa "una banca dati in cui sono inseriti tutti i contratti, le iniziative, i programmi connessi con
l'attività di cooperazione disciplinata dalla presente legge e la relativa documentazione. L'accesso alla banca dati è pubblico salvo i
limiti previsti dall'ordinamento" (AGI).
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
I nodi emersi
Il profilo strategico
1. In merito alla fase di definizione degli interventi da parte del Dipartimento della Protezione Civile , sulla
base di quanto emerso nel corso dell’analisi, si evidenziano i seguenti aspetti:
a. il quadro delle iniziative e l’individuazione dei soggetti attuatori sembra il frutto di un processo
decisionale incrementale, sviluppato per aggregazione di interventi singoli, individuati sulla base di
input esterni presi in considerazione secondo un criterio temporale e successivamente raggruppati
per area e infine attivati sulla base dell’esigenza di mobilitare rapidamente le risorse disponibili.
Questa impostazione presenta evidentemente alcuni limiti, solo in parte giustificabili alla luce delle
caratteristiche di un teatro di post emergenza e delle modalità con le quali l’intervento si è venuto a
creare. In termini di replicabilità, è evidente la necessità di dotarsi di criteri e procedure più
organiche e puntuali per quanto riguarda la sollecitazione e individuazione dei possibili soggetti
attuatori;
b. la natura e l’orizzonte temporale di alcuni dei progetti prescelti conferma l’ambiguità della natura
“emergenziale” dell’intervento complessivo, alimentando l’esigenza di una riflessione sulle
caratteristiche delle operazioni di emergenza e post emergenza;
c.
il processo istruttorio e quello decisionale sono stati gestiti dalla struttura locale del DPC, in stretto
raccordo con la sede di Roma e in collegamento con diversi soggetti operanti localmente e in Italia.
Ciò conferma la capacità del Dipartimento di combinare le esigenze di rapidità di azione e di
consultazione, evitando che l’una prevalga sull’altra e operando contemporaneamente sul terreno e
in Italia. Si ha tuttavia la sensazione che sul fronte interno tale condivisione si riduca spesso a una
“presa d’atto”, come nel caso dei rapporti con il MAE, oppure a una forma di controllo ex-post,
come nel caso dell’approvazione del piano da parte del Comitato dei Donatori e dei Garanti;
d. sembra evidente, in particolare, l’assenza di un’integrazione programmata con l’attività del MAE,
che sviluppa, seppur lentamente e in modo poco percepibile dall’esterno, una propria attività
istruttoria parallela, anche attraverso l’istituzione – nel febbraio 2005 - di una propria Unità Tecnica
in Sri Lanka. La divaricazione iniziale tra i due soggetti si conferma, quindi, anche in termini
strutturali e di programma;
e. anche l’assenza di un collegamento organico e sistematico con l’azione di Regioni ed Enti Locali
richiede una riflessione. In primo luogo, le Regioni e gli Enti Locali sono una componente intrinseca
del sistema nazionale di Protezione Civile ed è necessario comprendere come l’intero sistema (e non
solo il DPC) possa posizionarsi nel contesto delle emergenze internazionali. In secondo luogo,
l’interlocuzione tra MAE e Regioni in tema di cooperazione costituisce un secondo sistema che
rischia di sovrapporsi al primo e produrre duplicazioni;
f.
nonostante il quadro contraddittorio emerso nel corso dell’analisi, alla luce delle informazioni
disponibili sembra confermato che nel processo di elaborazione strategica le ONG italiane operano
come attori individuali impegnati in una forma di interlocuzione bilaterale con il DPC e in
competizione tra loro per l’accesso alle risorse finanziarie, al di fuori di un coordinamento
complessivo potenzialmente in grado di massimizzare i vantaggi di sistema;
g. il coinvolgimento delle ONG in qualità di “soggetti attuatori”, inoltre, configura per le ONG un ruolo
di “agenzia tecnica” dedicata alla produzione delle attività e dei servizi necessari alla traduzione in
concreto della funzione esercitata dal DPC. Anche se nel caso specifico questa riduzione di
autonomia strategica non si verifica (il DPC approva progetti presentati - quindi concepiti - dalle
singole ONG piuttosto che “assegnare” alle ONG obiettivi autonomamente elaborati), il modello
sottinteso da questa impostazione dovrebbe indurre le ONG a una riflessione sul proprio
posizionamento;
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
h. la scelta del DPC di destinare una parte consistente delle risorse a interventi da gestire direttamente
appare legittima, anche sul piano dell’opportunità. Mentre l’elaborazione strategica (identificazione
dei bisogni e delle funzioni necessarie a soddisfarli) è o dovrebbe essere condivisa con i soggetti
finanziatori, la responsabilità della definizione delle attività necessarie alla realizzazione di tali
funzioni è chiaramente assegnata al DPC e sembra appropriato che a tale responsabilità
corrisponda anche un’autonomia decisionale, fatta salva l’esigenza di motivare le decisioni.
Il profilo organizzativo e gestionale
1. In questa fase la struttura di missione DPC si consolida, anche sulla scorta dell’Ordinanza 3402 (del 25
febbraio 2005) che, tra l’altro, autorizza il reclutamento aggiuntivo di personale esterno (fino a 15 esperti,
che si aggiungono ai sei previsti dalle precedenti ordinanze, contrattualizzati con regime di collaborazione
coordinata e continuativa e la possibilità di 5 ulteriori mandati professionali, oltre che di reclutare personale
locale). Questa autorizzazione, e le facoltà conseguenti, vengono motivate alla luce delle esigenze di somma
urgenza. È tuttavia importante segnalare che in una successiva Ordinanza, la n. 3417 del 24 marzo 2005
(art. 13 comma n. 2), il trattamento giuridico, economico, fiscale e previdenziale di esperti e collaboratori
viene equiparato a quanto previsto per gli incarichi di esperto ai sensi della L. 26 febbraio 1987, n. 49 –
circostanza che sottrae l’impiego di tale personale alla logica derogatoria dell’eccezionalità, riconducendolo a
un ambito ordinariamente normato e regolato.
2. Benché nell’Ordinanza manchi un riferimento esplicito, è presumibile che la configurazione della missione
sia riconducibile alla fattispecie delle “strutture di missione”. Si tratta di una forma organizzativa flessibile
prevista tra quelle attuabili dalla presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi della specifica normativa
vigente (in particolare art. 7 comma 4 del d.lgs. 303 del 30 Luglio 1999 e provvedimenti successivi) in vista
di obiettivi e programmi ben definiti e da conseguire in un arco di tempo determinato. Una conferma
indiretta giunge dal fatto che, nell’ambito della medesima Ordinanza n. 3402, viene istituita una seconda
struttura di Missione del DPC per quanto concerne le attività post emergenza nella città di Beslan.
Quest’ultimo fatto è anche una conferma diretta della proiezione internazionale del DPC e della sua
operatività in contesti successivi all’immediata emergenza (l’evento traumatico a Beslan avviene nel
settembre 2004).
3. Anche in questa fase il processo direzionale DPC appare fluido lungo la direttrice Bertolaso (Capo DPC) –
Spaziante (Vicecapo) – Miozzo (responsabile di Missione). Contribuiscono a generare tale fluidità il peculiare
assetto direzionale del DPC basato sull’intercambiabilità delle figure di Capo e Vicecapo e la chiara
distribuzione delle responsabilità centro-periferia. Dal punto di vista organizzativo, tuttavia, gioca un ruolo
determinante anche una cultura direzionale omogenea, fondata su una medesima visione organizzativa e
spiegabile anche alla luce delle biografie delle persone in carica. Questa cultura sembra poggiare su una
ricerca sistematica degli spazi di azione effettivamente disponibili, orientando prassi e comportamenti verso
i risultati da perseguire secondo modalità compatibili con il rispetto delle prescrizioni e normative vigenti. La
seguente dichiarazione del Capo del DPC riassume la visione organizzativa evidenziata nel corso delle
interviste:
“Le burocrazie nei loro comportamenti spesso si fanno interpreti di [una] confortevole rassegnazione
all’esistente, traducendola in inerzia e passività e azzerando il valore del tempo. Per noi il tempo esiste,
spesso è il nemico da battere: occorre arrivare prima, esserci, attivarsi immediatamente. Altre realtà vivono
il tempo in maniera del tutto diversa: gelose delle loro competenze, avviano iter procedurali destinati ad
arenarsi in qualsiasi momento, e convivono senza disagio con procedimenti in corso magari da anni che non
hanno prodotto e che spesso non produrranno alcun risultato concreto. È questo – non l’unico – un motivo
importante della ragione per cui la Protezione Civile spesso viene vissuta come una sorta di indebita
violenza, come una forzatura della volontà di altri, perché obbediamo a logiche opposte, ci muoviamo anche
dal punto di vista normativo con regole che riconoscono il valore del tempo, operiamo calando sul tavolo la
carta della responsabilità, ci attiviamo e non ci rassegniamo fino a quando non abbiamo tentato tutte le
strade per raggiungere gli obiettivi che ci vengono affidati. Ecco perché è più difficile gestire il confronto
con le burocrazie di questo tipo, attive al centro come in periferia, piuttosto che governare un’emergenza85.
85 Il brano è tratto dalla relazione di Guido Bertolaso “Prevedere, prevenire e gestire le emergenze: un possibile metodo di governo
delle complessità”, Roma – 17 novembre 2005, Villa Mondragone, Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
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Parte Prima
LA SCELTA DEGLI INTERVENTI (dal 20 gennaio al 21 marzo)
4. Per quanto riguarda le procedure, due aspetti sono rilevanti:
a. l’apertura di due distinti conti correnti (presso la struttura di missione – Ordinanza n. 3417 e presso
la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ordinanza n. 3394) e le modalità previste per la
movimentazione delle risorse (Capo e Vicecapo DPC per il conto principale, sotto il controllo della
Commissione di Garanzia, e responsabile di Missione per il conto locale) combinano esigenze di
rapidità decisionale, chiarezza delle responsabilità, mappatura e controllo di trasferimenti e
impieghi;
b. la decisione di adottare il framework ECHO ad attività già iniziate, adattandolo alle caratteristiche
dell’intervento, alla luce delle informazioni raccolte sembra riflettere l’esigenza di:
1. dotarsi appena possibile di un punto di riferimento organico, certo e condiviso per lo sviluppo
degli interventi e il dialogo con i soggetti attuatori. A questo proposito la collaborazione
instaurata con le ONG (peraltro più esperte e competenti sull’utilizzo delle procedure)
costituisce un interessante esempio di governance degli interventi;
2. rinunciare a soluzioni immediatamente disponibili ma poco funzionali e potenzialmente in grado
di compromettere alcune dimensioni dell’intervento (rapidità gestionale, regolarità,
rendicontazione etc.); in questo senso si può interpretare la rinuncia alle procedure MAE;
3. definire, apprendere e metabolizzare una procedura specifica per gli interventi DPC, replicabile
in futuro.
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Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
FASE 3: LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
I fatti
A fine marzo risultano firmate tutte le convenzioni con ONG per progetti in loco. Il valore dei contributi
concessi dal Dipartimento della Protezione Civile a tali progetti è di 19.596.752,93 euro, di cui
16.743.044,6 a carico dei fondi privati e il restante 14,5% a carico dei fondi della DPC. Il costo
complessivo dei progetti è di 20.265.555,9 euro (alcuni progetti sono cofinanziati dalle ONG). Altre
convenzioni vengono stipulate nei mesi successivi con gli enti preposti al monitoraggio: la SIM, Punto
Sud e ActionAid International.
Il 7 aprile 2005 la Protezione Civile emette una direttiva per la gestione degli interventi diretti, facente
riferimento “alle procedure previste dall’Accordo Quadro di ECHO – Ufficio Umanitario della
Commissione Europea”, analogamente a quanto previsto nelle convenzioni stipulate con le ONG e gli
altri enti. Alla struttura di missione in Sri Lanka spetta la definizione dei requisiti tecnici e dei capitolati,
la predisposizione dei bandi di gara o delle richieste di offerta, la valutazione delle offerte, la stesura
dei contratti. Il Dipartimento provvederà alle aggiudicazioni formali, alla stipula dei contratti e alla
gestione di eventuali contenziosi.
Sul sito del Dipartimento della Protezione Civile il 21 marzo 2005 compare la notizia che sono state
“firmate tutte le convenzioni previste dai piani operativi approvati dal Comitato dei Donatori e dal
Comitato dei Garanti nelle riunioni del 31 gennaio e del 15 marzo”. Ciò appare impreciso, in quanto
due convenzioni, quella con l’ANPAS e quella con la Confederazione Nazionale delle Misericordie
d’Italia, portano in realtà la data del 12 aprile 2005 (per un importo complessivo di 718.607,29 euro).
Nel caso dell’ANPAS la scheda di progetto risulta presentata il 21 marzo per un intervento della durata
di 18 mesi da realizzarsi nel Distretto di Galle; per quanto riguarda l’intervento della Confederazione
Nazionale delle Misericordie d’Italia, si tratta di un intervento di 12 mesi da realizzarsi nei distretti di
Trincomalee e Batticaloa86.
L’importo totale delle sei convenzioni fino a questo momento firmate con enti diversi da ONG è pari a
7.894.007,29 euro; i progetti sono distribuiti in tutte le zone colpite dal maremoto, con concentrazione
nei distretti di Galle e Trincomalee.
Il 26 maggio 2005 viene pubblicato dal Dipartimento della Protezione Civile un decreto87 contenente le
modalità di gestione degli interventi realizzati dalle ONG. Tale documento, che per le regole generali
fa riferimento al già citato accordo di partenariato di ECHO, specifica meglio gli adempimenti ai quali
sono sottoposte le ONG nel quadro delle convenzioni stipulate. In particolare, stabilisce che: i progetti
possono avere una proroga massima di tre mesi; l’invio di una relazione intermedia deve avere luogo
entro un mese dal termine del progetto; una relazione finale deve essere approntata al massimo entro
3 mesi dalla conclusione delle attività. Il decreto definisce la tipologia dei costi eleggibili e specifica
anche alcuni “criteri di flessibilità” che permettono alle ONG di modificare i programmi previsti sia
direttamente in alcuni casi, sia dietro necessaria approvazione da parte del Dipartimento.
Da febbraio a settembre 2005 sono state stipulate tutte le 25 convenzioni previste dal programma
generale degli interventi, comprese quelle per il monitoraggio, per un importo complessivo di
19.955.056,16 euro, di cui 17.101.346,83 a carico delle donazioni e 2.823.709,33 a carico del Fondo
per la Protezione Civile88. Nell’aggiornamento del DPC del 10.10.2005 si aggiunge una generica voce
“monitoraggio” a cui fanno capo tre differenti organizzazioni: SIM, Progetto Sud e la nostra
organizzazione, ActionAid International.
86 Il testo della convenzione tra DPC e la Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia, pubblicato sul sito del
Dipartimento, non contiene l’allegato con la descrizione del progetto da realizzarsi.
87 Dipartimento della Protezione Civile – Decreto Modalità di gestione dei progetti da parte delle ONG nelle aree del Sud Est
Asiatico colpite dallo Tsunami del 26 dicembre 2004 – 26 maggio 2005.
88 Al 12 dicembre 2005 il dato di riferimento ai pagamenti effettuati è pari a 14.159.298,57 euro.
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Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
Il Comitato dei Garanti, nella seduta del 21 gennaio 2005, raccomandava al Dipartimento di affiancare
alle proprie attività il ruolo di una società di monitoraggio in grado di svolgere un controllo qualitativo
sull’esecuzione degli interventi in corso nello Sri Lanka, misurando il grado di avanzamento delle
attività previste per i singoli progetti, nonché l’efficienza e l’efficacia dei risultati conseguiti. Sulla base
di tale raccomandazione il 19 maggio 2005 il Dipartimento conferiva alla SIM - Società Italiana di
Monitoraggio S.p.A., che vanta una importante esperienza proprio nello specifico settore degli
interventi umanitari d’emergenza -, l’incarico di curare il monitoraggio delle operazioni. Il rapporto
intermedio della SIM89, presentato in sintesi nel capitolo successivo, rappresenta un primo bilancio
sull’intervento italiano nel Sud Est Asiatico in risposta al maremoto del 26 dicembre 2004.
Il dato complessivo per l’attività di monitoraggio prevede uno stanziamento di 205.500 euro,
finanziato per 135.500 euro con fondi del DPC, e per il rimanente con fondi privati.
Questo dato risulta poco eloquente dal momento che:
•
è impossibile fare uno scorporamento degli effettivi finanziamenti alle singole organizzazioni (è il
solo caso in cui non è stata fatta una suddivisione per enti sulla base delle convenzioni firmate);
•
non si capisce se i fondi privati di cui qui si parla facciano parte della raccolta SMS o di una
successiva raccolta (sul sito del DPC si legge che per il finanziamento di tale attività il
Dipartimento si è rivolto a diversi soggetti, chiedendone la disponibilità a sostenere almeno in
parte l’iniziativa. La disponibilità è stata assicurata da tre istituzioni bancarie, che hanno già
deliberato la concessione di un contributo: la Compagnia di San Paolo, la Banca Popolare di
Vicenza e la Banca Cassa di Risparmio di Firenze. Il Dipartimento si è fatto carico del residuo
finanziamento necessario).
Da parte nostra possiamo fare chiarezza sul fatto che la convenzione con ActionAid International viene
firmata nel settembre 2005 e ha una durata di 7 mesi. Il Dipartimento si impegna a fornire ogni
informazione richiesta e un contributo finanziario di 15.000 euro comprensivo di IVA, unicamente
destinato ai costi vivi effettivamente sostenuti dall’Associazione (missioni, trasferte, riproduzioni o
pubblicazione documenti), restando in ogni caso escluso che il contributo possa essere utilizzato per la
remunerazione di personale. Obiettivo del nostro intervento è svolgere un’attività di ricerca volta a
descrivere il modello complessivo di intervento messo in atto dal Dipartimento per la gestione delle
emergenze conseguenti al maremoto del 26 dicembre 2004.
In totale vengono quindi firmate 31 convenzioni per progetti in loco e tre per il monitoraggio. Gli
importi variano da un minimo di 15.000 euro a un massimo di 3.000.000 euro. In data 10 ottobre
2005 il Dipartimento ha pubblicato uno stato di attuazione aggiornato delle assegnazioni, che
riportava i dati consultabili nella Tabella 9 in Allegato. Per la lettura della sintesi delle assegnazioni al
10 ottobre 2005 (Tabella 10), si ricorda che i costi imputati al monitoraggio vengono considerati
(come fa il DPC) destinati a organizzazioni non governative, nonostante solo due (Punto Sud e
ActionAid International) dei tre soggetti chiamati in causa abbiano tale natura (la SIM è una S.p.A.).
Tab. 10 – Sintesi delle assegnazioni al 10.10.2005
costo a
carico donazioni
costo
a carico DPC
costo
totale
ONG
16.743.044,60
2.853.708,33
19.596.752,93
DPC
22.766.161,50
2.129.573,60
24.895.735,10
ALTRO
7.026.746,56
1.072.760,73
8.099.507,29
Fonte – Elaborazione ActionAid International su dati della Protezione Civile
%
sul totale
37,26
47,34
15,40
n°
interventi
25
6
11
89 Il rapporto è interamente pubblicato sul sito della Protezione Civile.
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Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
Grafico 1 – Assegnazione fondi al 10.10.2005
30.000.000,00
25.000.000,00
20.000.000,00
costo a carico donazioni
costo a carico DPC
costo totale
15.000.000,00
10.000.000,00
5.000.000,00
ONG
DPC
ALTRO
Fonte: Elaborazione ActionAid International su dati della Protezione Civile
A fronte dell’aggiornamento del 12.12.2005, l’importo delle donazioni disponibili affidate al
Dipartimento della Protezione Civile per la realizzazione di interventi nelle aree del Sud Est Asiatico
colpite dallo Tsunami è pari a 47.354.372,33 euro. In aggiunta a tale importo, a valere sul Fondo della
Protezione Civile, è stata resa finora disponibile la somma di 6.056.043,56 euro. L’importo complessivo
disponibile è quindi pari a 53.410.415,89 euro (in data 15 dicembre 2005).
Il programma generale degli interventi ha una dimensione finanziaria pari a 52.875.298,45 euro, di cui
46.819.254,89 a carico dei donatori e 6.056.043,56 a carico del Dipartimento della Protezione Civile.
L’importo residuo derivante dalle donazioni (537.117,44 euro) costituisce un fondo di riserva per
eventuali ulteriori interventi anche di natura integrativa rispetto a quelli già in corso.
Il programma, a seguito di alcune rimodulazioni approvate dal Comitato dei Garanti, consiste in 42
progetti di intervento, 25 dei quali oggetto di convenzioni con organizzazioni non governative, sette90
oggetto di convenzione con altre organizzazioni e organismi nazionali e internazionali e 10 realizzati
direttamente dal Dipartimento della Protezione Civile.
Da una rielaborazione dei dati forniti dal DPC, vediamo che i principali settori di intervento dei progetti
gestiti da ONG o altri enti sono: sviluppo socio economico (43%), pesca (21%) e sanità (15%) così
ripartiti:
90 Questo dato, ripreso dallo stato di attuazione del DPC al 10.10.2005, probabilmente tiene conto della convenzione con la
SIM, che però non è disponibile per cui non è stata considerata precedentemente. Una volta presa visione della convenzione
con la SIM, soggetto “altro”, sarà inoltre possibile rettificare la ripartizione dei fondi, che fino a qui ha incluso i costi allocati per
la valutazione fra quelli per le ONG.
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56
Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
Tab. 11 Distribuzione per settori e per tipo di soggetti
ONG
Enti
Istruzione
300.000
Monitoraggio
205.500
Pesca
2.809.044
3.000.000
Ripristino condizioni di vita
3.811.450
718.607
Sanità
3.548.414
675.400
sistema igienico sanitario
926.500
Sviluppo socioeconomico locale
8.201.344
3.500.000
19.802.252
7.894.007
TOTALE
300.000
205.500
5.809.044
4.530.057
4.223.814
926.500
11.701.344
27.696.260
Fonte: DPC – prospetto approvato dai Garanti il 10.10.2005 – 7° aggiornamento - rielaborazione ActionAid International
Il 100% degli interventi di istruzione, monitoraggio e sistema igienico sanitario, l’84% dei progetti
relativi al settore del ripristino condizioni di vita e sanità e il 70% delle opere di sviluppo
socioeconomico locale vengono realizzati da ONG. Solo nei progetti legati alla pesca gli altri enti
partecipano in maniera considerevole con il 51,64% dei fondi.
Si ricorda che questi dati non tengono conto dei progetti gestiti direttamente dal DPC, che consistono
nel 48,9% dei fondi privati raccolti con SMS.
Come abbiamo ricordato precedentemente, lo sviluppo degli interventi viene accompagnato da attività
di controllo. Le verifiche sull’operato del Dipartimento della Protezione Civile in Sri Lanka sono
esercitate da due diversi organismi, istituiti con l’Ordinanza 3392 dell’8 gennaio 2005 dalla Presidenza
del Consiglio, il Comitato dei Garanti e la Commissione di garanzia per il controllo contabile e di
legalità. Nel periodo gennaio – maggio 2005, il Comitato si riunisce cinque volte, la Commissione
sette.
Al Comitato dei Garanti il Governo ha assegnato la funzione di supervisione dell'azione di gestione
delle risorse da parte del Dipartimento della Protezione Civile. Non si tratta quindi di una funzione di
controllo vero e proprio, quanto appunto di un’attività di garanzia. Il Comitato dei Garanti ha assunto
anche un ruolo di gestione dei contatti con le parti coinvolte nell’azione di cooperazione italiana. A più
riprese infatti ha avuto rapporti sia con il Ministro degli Esteri sia con le ONG, nonché con i media. In
particolare tiene i rapporti con il “Comitato dei Donatori” che riunisce i rappresentanti degli enti e
aziende (gestori telefonici, mezzi di comunicazione, comunità religiose) che hanno deciso di affidare la
gestione dei fondi raccolti al Dipartimento della Protezione Civile. La segreteria del Comitato è presso il
Dipartimento della Protezione Civile.
Di
•
•
•
•
particolare interesse invece sono i cinque report prodotti dalla Commissione di controllo:
I report - marzo 2005
II report - aprile 2005
III report maggio 2005
IV report – luglio 2005
• V report - settembre 200591
Nel primo report, dell’8 marzo 2005, la Commissione ha dovuto affrontare una questione preliminare
concernente la definizione delle regole contabili cui sottoporre la gestione delle donazioni e, in
particolare, il loro regime giuridico. Occorreva infatti trovare una sintesi tra la natura oggettivamente
“privata” delle donazioni e la necessità che la gestione delle stesse fosse affidata a un organismo
pubblico. I fondi sono stati versati su un conto corrente bancario e la Commissione ha il potere di
verificarne la movimentazione. In questo caso assistiamo a una prima eccezione alle regole stabilite
nella gestione di fondi pubblici; infatti la Commissione di controllo riconosce che “il prelevamento di
somme dal conto corrente bancario avverrà secondo le tipiche prassi bancarie e quindi il Dipartimento,
anche in questa fase, si muoverà sulla base di regole privatistiche, che consentiranno fluidità e
soprattutto rapidità di intervento” 92. Per quanto riguarda le convenzioni con gli organismi esecutori,
91 Testi disponibili presso il sito del Dipartimento Protezione Civile http://www.protezionecivile.it.
92 Primo Report della Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni poste in essere dal Dipartimento della
Protezione Civile in favore delle popolazioni del Sud Est Asiatico colpite dal maremoto del 26 dicembre 2004 – 8 marzo 2005.
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Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
alla data del report la commissione riconosce come giuridicamente impegnati 13.444.759,93 euro, che
gravano sulle risorse derivanti dalle donazioni. Le convenzioni, stipulate con le ONG, sono regolate
secondo le modalità previste dall’Accordo Quadro di Partenariato ECHO - Ufficio Umanitario della
Commissione Europea, in vigore dal 1° gennaio 2004. La Commissione rileva anche che “alla data del
presente ‘report’ non sono risultate spese a carico del fondo donazioni private”.
Dal report risulta che nei giorni dal 24 al 27 febbraio due componenti della Commissione si sono recati
in Sri Lanka per visitare le attività del Dipartimento. La stessa Commissione riconosce che la durata di
tale visita non ha permesso di effettuare controlli amministrativi in loco, riservandosi la possibilità di
ulteriori missioni nell’area93.
Nel secondo report della Commissione si descrive una missione effettuata in loco da un componente
della struttura di controllo. Per quanto riguarda la spesa allocata sulle risorse ordinarie della
Protezione Civile, risultavano iscritte alla struttura in loco entrate pari a circa 156.724,82 euro, quasi
totalmente spese e giustificate. Riguardo alle convenzioni approvate con le ONG e con gli altri
organismi pubblici la Commissione ha preso atto che “la totalità dei progetti è, per così dire, ‘in
marcia’; alcuni sono in fase più avanzata, altri meno; e ciò per motivi di vario genere…” 94. La
Commissione quindi preannuncia un ulteriore controllo riguardante i progetti delle ONG e degli altri
enti e “ravvisa l’opportunità che il Dipartimento, da subito, provveda a richiedere alle ONG e agli altri
soggetti interessati elementi conoscitivi aggiornati sullo stato operativo dei singoli progetti e
soprattutto sulle spese sostenute…”.
Nel secondo report non si fa riferimento ai progetti in corso del Dipartimento della Protezione Civile, il
quale ne aveva annunciato, in data 11 marzo, l’avviata esecuzione per circa 3.300.000 euro di spesa e
l’avvio delle procedure di aggiudicazione per ulteriori 6.700.000 euro. Ciò appare singolare,
considerando che tali interventi costituiscono una parte notevole delle attività da realizzarsi con le
donazioni percepite.
In data 7 aprile 2005 il Dipartimento della Protezione Civile ha emesso un documento95 contenente le
“Direttive concernenti modalità e procedure per l’utilizzo delle risorse destinate alla realizzazione degli
interventi nelle aree del Sud Est Asiatico colpite dal maremoto del 26 dicembre 2004”. In tale
documento si fa riferimento innanzitutto al sistema di conti bancari messi in atto per la raccolta delle
donazioni e l’impiego delle risorse in loco. In pratica esiste un “Conto Italia” sul quale sono depositate
le somme raccolte dai cittadini. Il 25 febbraio 2005 l’Ordinanza della Presidenza del Consiglio n. 3402
ha autorizzato l’apertura di un conto corrente bancario anche nello Sri Lanka (denominato “Conto Sri
Lanka DPC”) il quale però deve essere alimentato con risorse tratte dal Fondo per la Protezione Civile
e non dal Conto Italia, e dovrà essere utilizzato esclusivamente “per le sole finalità concernenti
l’acquisizione di beni e servizi ad uso della struttura di missione”. Il 24 marzo 2005 l’Ordinanza 3417
della Presidenza del Consiglio autorizza l’apertura in Sri Lanka di un secondo conto corrente,
denominato “Conto Sri Lanka – donazioni” sul quale verranno trasferite dal Conto Italia somme
derivanti dalle donazioni e destinate alla realizzazione degli interventi diretti da parte della Protezione
Civile. La direttiva definisce poi le rispettive competenze tra il Dipartimento e la struttura di missione
in loco. Le spese effettuate in loco vengono registrate e trasmesse trimestralmente. Il primo
rendiconto è previsto per il 30 giugno 2005: durante i cinque mesi successivi al maremoto non si sono
potuti visionare pubblicamente gli accertamenti della gestione delle spese realizzate in loco.
93 Cit. Primo report Commissione controllo (…) “La brevità della visita e il carattere ricognitivo della stessa non hanno
consentito particolari approfondimenti e del resto questa prima visita, preparatoria di ulteriori accertamenti in loco, non aveva lo
scopo di effettuare uno specifico “controllo” . Va tuttavia detto, per i profili che interessano questa Commissione, che ciò che si
è visto giustifica ampiamente positive aspettative in ordine ai criteri e alle modalità di gestione delle donazioni (…)“.
94 Secondo Report della Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni poste in essere dal Dipartimento della
Protezione Civile in favore delle popolazioni del Sud Est Asiatico colpite dal maremoto del 26 dicembre 2004 – data non
ricavabile dal documento pubblicato.
95 Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile – Direttive concernenti modalità e procedure per
l’utilizzo delle risorse destinate alla realizzazione degli interventi nelle aree del Sud Est Asiatico colpite dal maremoto del 26
dicembre 2004, Roma, 7.04.2005.
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Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
La Commissione ha rilevato regolarità e conformità alla vigente legislazione da parte del Dipartimento
della Protezione Civile ma non è stata in grado di valutare adeguatamente la correttezza dell’impiego
dei fondi degli organismi esecutori e nemmeno della Protezione Civile stessa per quanto attiene ai
progetti direttamente gestiti. Ciò significa che se non è facile coniugare le esigenze di flessibilità
tipiche dell’intervento di emergenza con il rigore nella gestione delle pratiche amministrative, a
maggiore ragione occorre che gli organismi deputati al controllo pubblico siano messi in grado di
operare nel modo più efficace possibile.
Nel terzo report della Commissione vengono riportati i risultati della missione effettuata in loco dal 20
al 23 maggio da due componenti della struttura di controllo per una verifica dello stato di attuazione
dei progetti di cui alle convenzioni stipulate tra il Dipartimento della Protezione Civile e le ONG; la
verifica – tesa a comprendere, in vista dell’esame dei rendiconti, le attenzioni contabili poste
localmente in essere e le difficoltà operative incontrate nell’attuazione dei progetti – ha nel contempo
consentito di accertare lo stato dell’arte relativo ai progetti in questione. La visita, attuata in
collaborazione con il nucleo di esperti operanti presso la Missione della Protezione Civile in Sri Lanka,
ha riguardato iniziative collocate nel distretto di Galle e in località Negombo realizzate da: CISP, COSV,
Alisei, Movimondo, VIS. La missione, si ricorda, ha avuto uno scopo conoscitivo e non ispettivo. È
interessante notare come una delle difficoltà registrate dalla Commissione venga imputata a “carenze
nella progettazione iniziale, che è stata condizionata dalla comprensibile non adeguata conoscenza
delle realtà locali o da informazioni errate o incomplete fornite dalle stesse amministrazioni locali”.
Questo mette ancora più in luce i limiti della selezione iniziale dei progetti e/o degli enti attuatori da
parte del DPC. A riprova di ciò si evince nello stesso documento che solo il VIS, ONG già storicamente
presente in loco, ha realizzato positivamente tutti gli interventi in oggetto.
È solo nel IV report che si parla di verifica dei progetti direttamente eseguiti dal DPC. La missione ha
avuto luogo nella prima decade del mese di agosto. Com’è noto i progetti in questione riguardano
principalmente scuole, ospedali e in genere edifici pubblici. La verifica, essenzialmente, si è basata
sull’analisi degli atti custoditi presso l’archivio della Struttura di Missione DPC a Colombo; nello stesso
contesto si sono svolti colloqui informativi con il personale (“esperti”, funzionari amministrativi) a vario
titolo impegnato nella realizzazione dei progetti in questione. La missione ha verificato la corretta e
completa raccolta di tutti gli atti relativi ai passaggi formali delle procedure avviate dalla fase
dell’analisi dei bisogni a quella progettuale, a quella dell’avvio della fase propriamente esecutiva
dell’opera.
Tale “ricostruzione” è apparsa conforme ai “quadri” riepilogativi (“database”) elaborati e aggiornati
con gli strumenti informatici e, sotto il profilo delle spese, con le risultanze contabili. Nel documento si
sottolinea inoltre l’importanza di registrare anche i contatti diretti e non formalizzati con le autorità
locali per rispondere all’esigenza di tramandare la completa conoscenza dello stato del procedimento
al personale di volta in volta assegnato alla struttura di missione. Si prendono inoltre in esame altre
modifiche da apportare al sistema di archiviazione in banca dati. Riguardo alle procedure adottate
dalla missione in loco, l’analisi della documentazione ha consentito di verificare che è stata posta in
essere una procedura (standard) che sotto il profilo della trasparenza e della correttezza appare
esente da rilievi sostanziali96.
La Commissione ha inoltre ‘colto l’occasione’ per chiedere elementi informativi sui progetti seguiti dalla
FAO, dai Vigili del Fuoco e dall’Istituto Superiore di Sanità. Si registra un forte ritardo del progetto
FAO, nonostante la Protezione Civile abbia già erogato all’organizzazione la somma di 3.000.000 euro,
pari al costo totale dell’intervento. Gravi ritardi anche dell’Istituto Superiore di Sanità che, alla data del
report, aveva già riscosso il 40% dell’importo previsto in convenzione, pari a 270.160 euro (su di un
totale di 675.400 euro). Banca Etica e Vigili del Fuoco stanno invece proseguendo le attività secondo i
tempi.
96 Nel documento si mette in risalto che nelle procedure messe applicate si è tenuto conto sia delle regole e dei principi ECHO,
pur se in parte motivatamente derogati, sia delle regole e prassi locali, per giungere infine a un risultato che viene definito
positivo sotto il profilo della trasparenza e della legalità: Non si declinano le rilevanze “non sostanziali” registrate.
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LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
Oggetto di esame del V report è una gara d’appalto. Importante sottolineare che nel computo
finanziario degli interventi non era stata tenuta in considerazione l’applicazione da parte del Ministero
delle Finanze dello Sri Lanka delle disposizioni per garantire “Facilitazioni sul pagamento dell’imposta
sul valore aggiunto (VAT) per donazioni/acquisti di beni e servizi da parte di organizzazioni e persone
impegnate nei lavori di riabilitazione delle aree colpite dallo Tsunami ”, norme sollecitate anche da
parte del Dipartimento. Se l’esclusione non può avere valore “retroattivo” sulla VAT già pagata, tale
applicazione pone comunque la necessità di riformulare il piano economico/finanziario di tutti gli
interventi per i quali non si è ancora giunti al pagamento e il “risparmio” conseguito dovrà essere
oggetto di attento monitoraggio. Infine, in questo rapporto si sottolinea la questione del prezzo a base
d’asta che, a quanto sembra, non corrisponde più alle esigenze di mercato.
Tra le attività di controllo e monitoraggio rientra anche una missione organizzata dal DPC che ha
avuto luogo dal 25 al 30 giugno. Vi hanno preso parte: E. Bonino, A. Monorchio, A. Canale, due
Direttori Generali e un Vicedirettore della Farnesina, rappresentanti di aziende telefoniche ed enti
promotori delle sottoscrizioni (Tim, Vodafone, H3G, Wind e Telecom, Tg1, Corriere della Sera e Tg5),
cinque donatori sorteggiati (Dario Cucè, Dario Scancarello, Alessandra Kurre, Marco Muretto, Luciano
Travaglino). I giornali raccolgono diversi commenti, tutti estremamente positivi, dei partecipanti alla
missione97.
Il 12 dicembre 2005, con l’Ordinanza del DPC, si prevede una diversa disciplina per l’alimentazione del
Conto Italia, consentendo anche il trasferimento delle risorse relative alla quota parte di finanziamento
posta a carico del Dipartimento per gli interventi a gestione diretta, questo perché a seguito
dell’avvenuta stipula dei primi contratti per la realizzazione dei diversi lavori diretti da parte del DPC è
emersa l’esigenza di assicurare la correttezza dei pagamenti nei termini stabiliti dai contratti stessi,
evitando il rischio di interruzione dei lavori per temporanea carenza di risorse finanziarie.
Il dibattito
In fase di gestione degli interventi i temi al centro del dibattito sono quelli legati alla funzione di
coordinamento (ONG /Dpc e Dpc/MAE) e alla trasparenza. Se delle procedure, pur non
sufficientemente chiare, per la identificazione dei progetti gestiti da ONG esistevano, poco possiamo
invece dire per i progetti gestiti direttamente dal DPC e per quelli gestiti da altri enti. Per parecchio
tempo non si trova traccia della documentazione preparatoria relativa agli altri interventi previsti da
organismi diversi dalla Protezione Civile, che ammontano a oltre sette milioni di euro dei fondi già
allocati in precedenza. Non esistono disposizioni analoghe a quelle previste per le ONG dal decreto
2271 citato in precedenza da applicarsi agli altri enti.
Nella documentazione pubblicata non sempre si fa riferimento preciso ai tempi di realizzazione e alla
quantificazione analitica dei costi, né alle procedure di realizzazione (mezzi, personale impiegato,
eventuali appalti, utilizzo di personale locale) per quanto riguarda i progetti gestiti dal DPC.
Alcune incongruenze emergono in merito alle convenzioni firmate con altri soggetti. Nel caso della
convenzione firmata con la Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia, nel testo pubblicato
sul sito del Dipartimento non è presente l’allegato con la descrizione del progetto da realizzarsi, che si
trova invece nelle altre convenzioni. Nel caso dei Vigili del Fuoco risulta insufficiente la parte relativa al
piano economico, che viene espresso in sole tre voci generali. Non vi sono, inoltre, riferimenti a piani
di fattibilità dell’intervento, il quale deve essere ancora definito nei particolari98.
Sembrerebbe quindi che il Dipartimento abbia posto particolare attenzione a definire gli interventi e i
rapporti con le organizzazioni non governative, mentre nel caso dei propri interventi diretti e nei
rapporti con gli altri enti non pare che ci sia stata una simile attenzione, nonostante sul totale dei
fondi raccolti l’impegno diretto del Dipartimento costituisca oltre il 47% delle disponibilità: i criteri di
definizione degli interventi diretti del DPC e la documentazione analitica relativa non sono
97 Si rimanda alla rassegna stampa presente sul sito della Protezione Civile, www.protezionecivile.it .
98 Nel caso dei Vigili del Fuoco si è tenuto conto della natura pubblica del soggetto, essendo parte del Ministero degli Interni.
L’oggetto della realizzazione sono stazioni di Vigili del Fuoco.
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Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
adeguatamente illustrati e le modalità di gestione dei progetti da parte delle ONG pubblicate con il
decreto del 26 maggio 2005 non riguardano gli interventi diretti dal DPC.
I report dei comitati di controllo stimolano ulteriori riflessioni sulla gestione complessiva degli
interventi. Come era possibile prevedere, gli interventi si sono dimostrati più efficienti laddove le
organizzazioni avevano già un contatto forte con il territorio; questo, come abbiamo già avuto modo di
sottolineare, dovrebbe far riflettere sulle modalità di selezione degli interventi che, come abbiamo
visto, sono state troppo informali. La sintesi tra la natura oggettivamente “privata” delle donazioni e la
necessità che la gestione delle stesse seguisse le regole di trasparenza di un organismo pubblico
avrebbe dovuto essere un problema da affrontare già in fase di selezione degli interventi. Le difficoltà
in cui si sono imbattuti alcuni soggetti poco affini al lavoro di cooperazione in Paesi all’estero dimostra
come l’emergenza internazionale non possa essere un terreno da delegare solamente a tecnici: vi
sono competenze, sensibilità e visioni specifiche che non vanno sottovalutate, soprattutto se,
allontanandosi da una impostazione miope, si intende l’emergenza come una fase antesignana allo
sviluppo, ancora di più in Paesi economicamente o politicamente deboli.
Riguardo alla selezione e poi alla gestione dei progetti da parte delle ONG, il Presidente
dell’Associazione delle ONG italiane, Sergio Marelli, afferma che “L’intervento in Asia ha funzionato
bene perché fin dall’inizio tutte le istituzioni - quindi DPC, MAE e Nazioni Unite in loco - hanno
riconosciuto come interlocutore esclusivo e privilegiato l’Associazione delle ONG e non c’è stata una
ricerca a doppio senso della singola ONG: da subito c’è stata una interlocuzione coordinata con il
soggetto rappresentativo delle ONG”, ma questa tesi non trova una conferma dagli altri i soggetti
intervistati, che invece segnalano una sostanziale assenza dell’Associazione e una interlocuzione
bilaterale tra ONG e DPC. Miozzo sottolinea che solo il gruppo SOLINT si è presentato al DPC come
gruppo coordinato, ma tutte le altre ONG si sono mosse individualmente, anzi sono state proprio le
riunioni indette dal DPC a garantire un minimo di coordinamento tra le organizzazioni. L’Associazione
ONG entra in scena in Italia quando richiede di essere interlocutore del gruppo dei Garanti, richiesta
che fu tra l’altro accolta, ma qui si parla di circa febbraio, marzo. (Fonte: intervista a Mozzo,
30.12.2005)
Un ruolo sostanziale sembra invece aver avuto l’Associazione ONG per la definizione delle procedure
da adottare per la gestione dei fondi: l’Associazione infatti non solo ha suggerito al DPC l’uso delle
procedure ECHO, ma ha fornito anche tutti i materiali (moduli, manuali, metodologie) anche
attraverso corsi di formazione realizzati in loco per i funzionari del Dipartimento. (Fonte: intervista a
Sergio Marelli, 10.11.2005)
Questa scelta, come abbiamo già sottolineato, è stata suggerita e sollecitata al DPC dalle ONG che
“hanno non solo fornito tutti i moduli e le procedure, ma si sono occupate anche di promuovere corsi
di formazioni in loco sull’applicazione delle procedure ECHO per l’emergenza, apportando, anche in
questo caso, un importante contributo” (fonte: intervista a responsabile di ONG, 10.11.2005)
“Il DPC non aveva adottato in origine dei formati compatibili con ECHO per cui bisognava arrivare a
una convergenza tra lo stato di decisioni già prese, le convenzioni firmate e la possibilità di applicare
quello che di determinante dell’FPA andava adottato. Da questa necessità nasce un tavolo di
discussione tra ONG e DPC sul bisogno di definire i riferimenti su modalità, modulistica, procedure,
etc. Si è fatto un esercizio: di comune accordo si sono costruiti strumenti compatibili sia con il
contratto quadro sia conle procedure dell’Amministrazione pubblica (decreto del 26 maggio). È stata
un’opera di convergenza e limatura dell’FPA. Dal 26 maggio in poi si è iniziato a lavorare con un
linguaggio comune per tutti. Non si è adottata la normativa del MAE perché ha troppe aree non
definite soprattutto nel caso di emergenza”. (Fonte: intervista a Davide Martina, Progetto Sud,
19.12.2005)
Solo in data 26 maggio 2005 viene quindi pubblicato dal Dipartimento della Protezione Civile un
decreto99 contenente le modalità di gestione degli interventi realizzati dalle ONG.
99 Dipartimento della Protezione Civile – Decreto Modalità di gestione dei progetti da parte delle ONG nelle aree del Sud Est
Asiatico colpite dallo Tsunami del 26 dicembre 2004, 26 maggio 2005.
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Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
Anche in relazione al MAE si sono aperti ampi dibattiti. Nella seconda fase dell’intervento, la
Protezione Civile è risultata manifestamente più attiva della Direzione Generale per la Cooperazione
allo Sviluppo (DGCS) che è la sezione del Ministero Affari Esteri deputata alla gestione dei programmi
di cooperazione internazionale del nostro Paese. Ma questo è dovuto anche alle difficoltà di
movimento proprie del MAE che ha solo tre strumenti per operare in casi di emergenza.
I fondi stanziati dal MAE non sono minimamente equiparabili a quelli promessi nella fase più acuta del
dopo maremoto. Anche la stampa registra difficoltà crescenti100 - non solo da parte dell’Italia101 - a
mantenere le promesse rispetto ai fondi stanziati per la cooperazione in generale e per i Paesi colpiti
dal maremoto in particolare. Le ONG fanno pressione affinché si possano destinare su queste aree dei
fondi di cooperazione che possano dar vita a quei nuovi progetti che si stanno accendendo sui territori
in cui le ONG stanno operando. Le opinioni nell’ambito del mondo della cooperazione internazionale
sono contrastanti, ma appare chiara la necessità di rivedere in modo approfondito il sistema della
Cooperazione italiana, per quanto attiene sia la gestione delle emergenze sia le attività di sviluppo.
Il rapporto intermedio della SIM102 nel presentare un primo bilancio sull’intervento italiano nel Sud Est
Asiatico a risposta del maremoto del 26 dicembre 2004 esordisce affermando che “l’apparato locale
del DPC svolge un proficuo coordinamento, tiene rapporti con gli enti nazionali e locali responsabili dei
singoli progetti e con gli enti realizzatori, offre assistenza tecnica e mantiene sotto osservazione i
progetti e il quadro generale del Programma. Questa funzione sistemica costituisce l’apporto
fondamentale del DPC, apporto che mantiene unitarietà nell’intervento italiano e senza il quale il
Programma si sarebbe facilmente disgregato in una moltitudine di attività meramente episodiche”. Ci
domandiamo come questa frase si collochi nelle dichiarazioni registrate in più occasioni dal MAE sul
proprio ruolo di “coordinamento di tutti gli interventi in loco” (si veda nella prima sezione le
dichiarazioni di Fini, Boniver, Deodato), e ci chiediamo anche come a questa frase risponderebbero le
ONG presenti in loco che hanno ben messo in evidenza la loro particolare propensione a operare per
coordinamento a prescindere dalla presenza del DPC. “In Sri Lanka, come in tutti gli altri Paesi, ci
organizziamo attraverso un coordinamento che riunisce tutte le ONG presenti” ma che non vede
partecipe allo stesso tavolo il DPC “perché non ci si può coordinare, nel senso di prendere assieme
delle decisioni, se un soggetto non è disponibile a discutere sulle proprie politiche: noi ci coordiniamo
tra ONG come abbiamo sempre fatto e poi andiamo in delegazione al DPC per far sapere quali sono le
nostre posizioni. Di fatto non ci facciamo coordinare da nessuno”. (Rappresentante di una ONG
presente in loco, intervista del 10.11.2005)
Durante l’implementazione degli interventi, non si placa l’irrisolta polemica sui ruoli di DPC e MAE. Il
26 giugno, a margine di un incontro di missione che si è tenuto a Colombo con i rappresentanti delle
ONG e delle Onlus, l'Ambasciatore italiano in Sri Lanka Salvatore Zotta, in scadenza di mandato (dopo
tre giorni si è ritirato in pensione), afferma: ''La politica estera bisogna farla fare a chi è preparato.
Orecchianti e improvvisatori combinano solo guai. Gli uomini che hanno lavorato qui sono stati
bravissimi - precisa -, ma il problema non sono le persone ma l'approccio alla politica. Non si può fare
politica internazionale senza saperne nulla. L'Italia ha fatto una gran bella figura qui, ma non ci si può
affidare all'improvvisazione''. Da queste parole prendono le distanze il Direttore Generale per l'Asia
Pacifico, la Protezione Civile e il rappresentante del Comitato dei Garanti Emma Bonino. Replica
Pacifico: “Qualunque cosa sia stata detta dall'Ambasciatore è stata detta a titolo personale. La
posizione della Farnesina è quella della Protezione Civile: c'è una totale sinergia e un totale
apprezzamento per quello che sta facendo''. Anzi, aggiunge Pacifico, ''Questo è uno di quei casi in cui
il sistema Italia può essere orgoglioso di quello che sta facendo e che ci è riconosciuto anche a livello
internazionale''. Parole identiche da parte di Spaziante: ''Stiamo procedendo in piena intesa con il
Ministero degli Esteri, con i suoi tecnici e con il suo titolare politico. Riteniamo che sia necessario
operare in questa maniera e per questo abbiamo messo in piedi un'iniziativa congiunta. Qualsiasi voce
polemica su questa vicenda è una stonatura inaccettabile che contraddice la verità". Noi, ha aggiunto
100 Avvenire - 4 giugno 2005, “Tsunami. Ricostruzione ombra”, di Luca Miele.
101 Avvenimenti – 3 giugno 2005, “Cooperazione, l’insostenibile assenza”, di Valerio Calzolaio.
102 Il rapporto è interamente pubblicato sul sito della Protezione Civile.
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Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
Spaziante, ''non facciamo politica estera, ma stiamo operando nella piena e assoluta intesa con i
vertici della Farnesina''.
Bertolaso, in risposta a una mozione con cui un gruppo di senatori 'guidato' dal deputato verde
Fiorello Cortiana chiedevano che i fondi non andassero a fomentare il turismo sessuale, due giorni
dopo replica: “Due dei saggi e cinque degli italiani che hanno dato il loro contributo via cellulare sono
in queste ore nello Sri Lanka proprio per toccare con mano il nostro lavoro: saranno loro, domani sera,
una volta tornati, a dirci che cosa stiamo facendo, come stiamo spendendo i soldi che gli italiani, e
non il Governo, è bene ribadirlo, ci hanno affidato e se abbiamo improvvisato (chiaro il riferimento alle
dichiarazioni del locale Ambasciatore italiano, Salvatore Zotta, NdR)". Di una cosa Bertolaso si è detto
comunque convinto: "Come Italia, abbiamo dato prova di come si interviene nel momento
dell'emergenza, ma daremo prova anche di come si gestisce il 'dopo', con interventi tempestivi,
corretti e al di sopra di ogni sospetto". Risulta difficile ritenere risolte le polemiche.
I nodi emersi
Il profilo strategico
1. In questa fase due importanti provvedimenti normativi introducono novità consistenti nel sistema
italiano di gestione degli interventi di emergenza internazionale:
a. nel marzo 2005 viene emanato il Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35 riguardante, tra l’altro,
“disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e
territoriale”. In maggio il decreto viene successivamente convertito nella Legge 80 del 14
maggio 2005 con modifiche che introducono modalità operative più flessibili per la gestione
amministrativa di attività da parte di strutture locali del Ministero degli Esteri. In particolare, il
comma 15-sexies dell’articolo 1 prevede che ”per la realizzazione degli interventi di emergenza
di cui all'articolo 11 della Legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, mediante
fondi accreditati alle rappresentanze diplomatiche, il capo missione può stipulare convenzioni
con le organizzazioni non governative che operano localmente”, una facoltà precedentemente
non contemplata;
b. nel maggio 2005 viene emanato il Decreto Legge 31 maggio 2005, n. 90 riguardante
“disposizioni urgenti in materia di protezione civile”. In luglio il decreto viene successivamente
convertito nella Legge 152 del 26 luglio 2005, che introduce almeno tre elementi di estrema
importanza:
•
•
•
la titolarità in materia di protezione civile viene attribuita al Presidente del Consiglio
dei Ministri (art. 4 comma 1);
è prevista l’applicabilità della normativa sullo stato di emergenza e sui poteri di
Ordinanza (art. 5 L. 225/92 e art. 5-bis L. 401/2001) “anche agli interventi all’estero
del Dipartimento della Protezione Civile, per quanto di competenza in coordinamento
con il Ministero degli Affari Esteri” (art. 4 comma 2);
viene prevista la possibilità che le ordinanze di protezione civile possano essere
adottate anche per gli interventi di emergenza previsti dalla Legge di cooperazione
“su richiesta della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo” (art. 4
comma 2).
In sostanza:
a. viene rafforzato il legame diretto tra Presidenza del Consiglio e Protezione Civile;
b. viene definitivamente normata, a posteriori, l’azione internazionale della Protezione Civile;
c. vengono introdotte alcune misure per promuovere un’azione più efficace ed efficiente da parte
del Ministero degli Esteri.
Rispetto a quest’ultimo punto, tuttavia, è opportuno sottolineare che:
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63
Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
a. le misure normative non producono di per sé maggiore flessibilità ed efficienza, essendo
necessario un adeguamento delle modalità, delle prassi e della cultura organizzativa. Questo
rilievo ripropone il tema dell’adeguatezza gestionale e organizzativa del MAE, nonché della sua
capacità di auto-rinnovamento;
b. l’estensione della possibilità del ricorso ai poteri di ordinanza alle attività di emergenza del
MAE prevede due condizioni oggi difficilmente riscontrabili: (1) un coordinamento tra MAE e
DPC attualmente esistente solo sulla carta; (2) una capacità effettiva, da parte del MAE, di
operare con la rapidità e la flessibilità consentita dal regime delle ordinanze.
In generale, si tratta di provvedimenti di un certo rilievo che introducono novità importanti ma si
stratificano sulle norme precedenti, rendendo ulteriormente evidente l’esigenza di una
regolamentazione organica degli interventi di emergenza e di cooperazione internazionale.
Il profilo gestionale e organizzativo
1. In questa fase la struttura di missione DPC raggiunge il culmine dell’attività operativa, riguardante
sia gli interventi in gestione diretta sia i progetti assegnati ai soggetti attuatori. L’articolazione
strutturale e funzionale della missione viene consolidata attraverso il decreto del Capo del DPC del 28
luglio 2005, che chiarisce responsabilità e attribuzioni di ruoli e uffici, prevedendo quattro distinti
ambiti:
•
•
•
•
funzione segreteria e coordinamento (un responsabile e non più di tre unità di personale);
funzione amministrazione e finanza (un responsabile e non più di quattro unità di personale);
funzione monitoraggio (un responsabile e non più di tre unità di personale);
nucleo di esperti (un coordinatore e non più di venti esterni nominati dal Capo del
Dipartimento).
La struttura appare progettata secondo criteri di razionalità organizzativa e il modello che ne deriva è
quello tipico degli interventi di cooperazione internazionale che richiedono l’implementazione di
numerose azioni in un arco di tempo medio-lungo.
2. La missione opera sotto la supervisione del responsabile di missione (Miozzo), che esercita il proprio
incarico in stretto raccordo con il Capo (Bertolaso) e il Vicecapo (Spaziante) del Dipartimento della
Protezione Civile . Alla luce di quanto emerso nelle interviste, i tre professionisti condividono
esperienze, storie professionali e soprattutto una visione organizzativa comune che contribuisce a
spiegare la rapidità e l’efficacia del processo direzionale del DPC. A questo proposito, l’analisi ha
permesso di identificare i seguenti punti di attenzione:
•
•
•
la pluriennale esperienza pregressa di Bertolaso e Miozzo presso la DGCS del MAE;
la sostanziale equiparazione di ruoli tra Capo e Vicecapo DPC, che in pratica permette una
completa fungibilità dei ruoli;
una logica di management orientata all’azione diretta, con intenso coinvolgimento in frequenti
interventi sul terreno.
A bilanciamento del rischio di un assetto organizzativo troppo dipendente dalle persone attualmente in
carica è stata segnalata l’adozione di alcune misure, tra le quali la rotazione del personale DPC di
missione e il coinvolgimento del personale in attività di formazione professionale e sul terreno. In
particolare, l’avvicendamento sistematico (su base mensile) del personale DPC distaccato è stato
segnalato come condizione per prevenire la creazione di nicchie di competenza o privilegio e favorire
un apprendimento generalizzato in merito alla gestione degli interventi di emergenza sul terreno. Pur
in assenza di maggiori dettagli, queste misure sembrano confermare l’intenzione di creare una
capacità organizzativa e operativa replicabile.
3. Secondo quanto emerso dalle interviste, il gruppo di esperti esterni aggregati alla struttura di
missione registra nel tempo un progressivo ricambio dei professionisti coinvolti, in considerazione
dell’evoluzione dello stato della missione e in particolare del passaggio (intorno alla metà del 2005) da
attività di impostazione e definizione del quadro dei rapporti (anche contrattuali) ad attività tecniche di
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64
Parte Prima
LO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI (dal 21 marzo al 26 dicembre)
realizzazione degli interventi in gestione diretta. Si tratta di una circostanza non confermata ma
plausibile alla luce del quadro informativo generale disponibile.
4. In questa fase è possibile anche considerare la gestione dei rapporti tra la struttura di missione e
altri soggetti operanti localmente. Nonostante le limitate informazioni disponibili e la presenza di punti
di vista discordanti emersi nell’analisi, si può riscontrare che:
•
•
•
•
la missione DPC sembra gestire in modo costruttivo le relazioni con le autorità locali;
la missione DPC è presente nei tavoli tematici e di coordinamento con le organizzazioni
internazionali e le altre agenzie operanti localmente;
esiste uno stretto coordinamento con le ONG e gli altri soggetti attuatori; tale coordinamento
è tuttavia prevalentemente di tipo bilaterale, consistendo nell’insieme delle relazioni
necessarie alla gestione del ciclo del progetto;
esistono forme di collaborazione con la struttura tecnica locale della DGCS, nel frattempo
costituitasi; questa collaborazione è tuttavia di natura non istituzionale e prevalentemente
affidata all’integrazione spontanea tra esperti delle due missioni.
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65
Parte Prima
LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a fine ricerca)
FASE 4: LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a fine ricerca)
I fatti
A fronte dell’aggiornamento del 12.12.2005, l’importo delle donazioni disponibili affidate al
Dipartimento della Protezione Civile per la realizzazione di interventi nelle aree del Sud Est Asiatico
colpite dallo Tsunami del 26 dicembre 2004 è pari a 47.354.372,33 euro. In aggiunta a tale importo, a
valere sul Fondo della Protezione Civile, è stata resa finora disponibile la somma di 6.056.043,56 euro.
L’importo complessivo disponibile, alla data del 12 dicembre, è quindi pari a 53.410.415,89 euro.
Il programma generale degli interventi ha una dimensione finanziaria pari a 52.875.298,45 euro, di cui
46.819.254,89 a carico dei donatori e 6.056.043,56 a carico del Dipartimento della Protezione Civile.
L’importo residuo derivante dalle donazioni (537.117,44 euro) costituisce, al momento, un fondo di
riserva per eventuali ulteriori interventi anche di natura integrativa rispetto a interventi già in corso.
Il programma, a seguito di alcune rimodulazioni approvate dal Comitato dei Garanti, consiste in 42103
progetti di intervento, 25 dei quali oggetto di convenzioni con organizzazioni non governative, sette
oggetto di convenzione con altre organizzazioni e organismi nazionali e internazionali e 10 realizzati
direttamente dal Dipartimento della Protezione Civile. Sono state stipulate tutte le 25 convenzioni con
le ONG previste dal programma generale degli interventi, per un importo complessivo di
19.955.056,16 euro, di cui 17.101.346,83 euro a carico delle donazioni e 2.823.709,33 euro a carico
del Fondo per la Protezione Civile. Sempre in data 12 dicembre 2005 erano stati effettuati pagamenti
per 14.159.298,57 euro.
Si evince inoltre che sono state stipulate sette convenzioni con altri enti per un importo complessivo
previsto di 8.099.507,29 euro, di cui 7.026.746,56 a carico delle donazioni e 1.072.760,73 a carico del
Fondo per la Protezione Civile. Sono stati effettuati pagamenti per 4.910.895,96 euro. Quattro
convenzioni sono state stipulate tra l’8 e il 21 marzo, rispettivamente con Istituto Superiore di Sanità,
Dipartimento dei Vigili del Fuoco, Banca Popolare Etica-Consorzio Etimos e FAO, per un importo
complessivo di 7.175.400,00 euro. Le convenzioni sono state registrate il primo aprile e si è già
provveduto all’erogazione dell’anticipo previsto per la convenzione con l’Istituto Superiore di Sanità per
un importo di 270.160 euro. Il 12 aprile sono state stipulate due ulteriori convenzioni con la
Confederazione delle Misericordie d’Italia e con l’Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze,
per un importo complessivo di 718.607,29 euro. L’importo totale delle sei convenzioni è, pertanto, pari
a 7.894.007,29 euro. L’ultima convenzione è stata stipulata con la SIM, soggetto preposto al
monitoraggio degli interventi, ma al momento il documento non è ancora visionabile sul sito.
Gli interventi gestiti direttamente dal Dipartimento della Protezione Civile sono dieci, per un importo
complessivo di 24.895.735,00 euro, di cui 22.691.161,50 a carico di donazioni e 2.129.573,5 a carico
del Fondo per la Protezione Civile. Tali interventi si trovano in diversi stati di avanzamento. Sono stati
effettuati pagamenti per 2.411.379,63 euro, cui si aggiunge la somma di 13.460.847,43 euro già
oggetto di anticipi, in termini di impegni o di spese, da parte del Dipartimento della Protezione Civile,
non ancora contabilizzati ai fini del necessario reintegro.
103 Vedi nota 70 e nota 90.
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66
Parte Prima
LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a fine ricerca)
Riassumendo: le dimensioni finanziarie complessive del programma d’intervento della Protezione Civile
italiana in Sri Lanka hanno avuto la seguente dinamica:
Tab. 12 – Dinamica della dimensione finanziaria complessiva
STATO DI ATTUAZIONE
VALORE COMPLESSIVO
3 FEBBRAIO 2005
46.560.000,00 EURO
10 MARZO 2005
48.982.153,93 EURO
1 APRILE 2005
51.235.134,65 EURO
12 APRILE 2005
51.307.160,88 EURO
6 SETTEMBRE 2005
52.726.496,22EURO
10 OTTOBRE 2005
52.591.996,22 EURO
12 DICEMBRE 2005
53.410.415,89 EURO
Fonte: Elaborazione ActionAid International su dati Protezione Civile italiana
Riguardo alla capacità di spesa il sito del DPC ci fornisce alcuni dati così riassumibili: delle spese
complessive già realizzate il 41% sono del Dipartimento della Protezione Civile con 13.460.847,42
euro, il 44% sono spese delle ONG con 14.159.298,57 euro e il 15% sono delle altre organizzazioni
che hanno speso 4.910.895,95 euro.
Un ulteriore primo rendiconto dell’esperienza si può desumere dal rapporto intermedio della SIM104
presentato nel settembre 2005, che fa una prima fotografia dell’andamento dei progetti italiani nel
Sud Est Asiatico in risposta al maremoto del 26 dicembre 2004.
Riprendiamo qui soltanto una sintesi del Rapporto, rimandando in allegato al Rapporto stesso che
presenta anche una tabella riassuntiva di tutti i progetti. Tra i progetti in evidenza per i risultati già
conseguiti o la loro impostazione, il rapporto SIM cita ad esempio: ALISEI (progetto n. 15), VIS (n. 2),
DPC (n. 29 – intervento di prima emergenza), CESVI (n. 5); secondo il rapporto, l’investimento di
tempo ed energia nella preparazione di tutta la documentazione (autorizzazioni, disegni preliminari ed
esecutivi) nel caso di questi progetti promette una rapida realizzazione delle attività. Uno stato di
realizzazione avanzato viene registrato invece per COSV n. 6 e INTERSOS n. 10, INCONTRO TRA I
POPOLI n. 21, COOPI n. 18, ISCOS-CISL n. 23.
Fra i progetti che appaiono in ritardo si segnalano: MAGIS n.3, MOVIMONDO n. 12, GVC nn.19 e 20,
ANPAS n. 40, ALISEI n. 16, RICERCA E COOPERAZIONE n. 24, VIGILI DEL FUOCO n. 26,
MISERICORDIE n. 41, ISS n. 25, DPC nn. 31 e 34, 44 e 45. Per quanto riguarda questi ultimi si tratta
di progetti di maggiori dimensioni e soggetti a deliberazioni di policy governative (fonte: Relazione
della prima missione in Sri Lanka di monitoraggio della SIM - Settembre 2005). Tutti i dettagli della
situazione sono forniti in rapporti di progetto allegati (il tutto è pubblicato sul sito del Dipartimento)
Il rapporto propone infine una tabella di sintesi costruita attraverso tre categorie di giudizio scelte
come le più adatte a una rappresentazione complessiva dello stato concreto dei progetti e delle
circostanze in cui si realizzano. I tre criteri sono: scopo, tempistica, completamento.
1.
Scopo: grado di corrispondenza di quanto realizzato (o in corso di realizzazione) a quanto
progettato. In tal senso, si distinguono i progetti completamente corrispondenti da quelli
corrispondenti solo in modo parziale. Fra i secondi si distinguono quelli che hanno subito
modifiche migliorative; oppure adattamenti di circostanza; ovvero mutamenti discutibili, di
significato incerto o che potevano essere evitati.
A. Del tutto corrispondente
B. Corrispondente parzialmente
B¹ Modifiche introdotte nel progetto per migliorarlo
B² Modifiche introdotte nel progetto per adeguamento a circostanze
B³ Modifiche discutibili
2.
Tempistica di realizzazione: grado di corrispondenza ai tempi previsti. In tal senso, si
distinguono i progetti completamente corrispondenti da quelli corrispondenti solo in modo
104 Il rapporto è interamente pubblicato sul sito della Protezione Civile.
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67
Parte Prima
3.
LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a fine ricerca)
parziale. Fra i secondi si distinguono quelli che hanno subito ritardi giustificati dall’introduzione
di miglioramenti; oppure ritardi dovuti a circostanze locali; ovvero ritardi che potevano essere
evitati.
A. Completamente corrispondente
B. Corrispondente parzialmente
B¹ Ritardi giustificati dall’introduzione di miglioramenti
B² Ritardi dovuti a circostanze locali
B³ Ritardi che potevano essere evitati
Completamento: previsione di completamento. Si distinguono i progetti il cui completamento
non appare presentare difficoltà da quelli a completamento aleatorio. Si suddividono in base a
tre diverse tipologie di difficoltà: oggettive o, comunque, fuori controllo dell’ente realizzatore;
superabili con una maggiore applicazione di risorse organizzative, di iniziative e di
cooperazione da parte di autorità e beneficiari; dovute alla scarsa efficienza dell’ente
esecutore. Chiaramente, a quest’ultima sotto-categoria si dovrebbe prestare particolare
attenzione nel prosieguo del monitoraggio.
A. Completamento previsto senza particolari difficoltà
B. Completamento previsto con difficoltà
B¹ Ostacoli oggettivi
B² Ostacoli superabili o in corso di superamento
B³ Ostacoli dovuti a circostanze che si sarebbe potuto evitare
Le informazioni contenute nella Tabella Maestra sotto riprodotta schematizzano i tratti principali di
ciascun progetto, ma non sostituiscono i rapporti-progetto e hanno l’unico scopo di dare un quadro di
riferimento per la gestione operativa dei progetti delle ONG e degli altri enti (a esclusione di quelli
gestiti direttamente dal DPC).
Se globalmente si registra un andamento favorevole nella realizzazione del Programma, nello
specifico, usando i criteri definiti in precedenza, si nota un esito riassunto nella tabella seguente.
Tab 13: tabella maestra dello stato e degli esiti dei progetti gestiti da ONG e altri enti
Fonte: rapporto SIM, settembre 2005
Le considerazioni a cui giunge il Rapporto sono le seguenti. “Circa lo Scopo, buona parte degli
interventi è in corso di realizzazione secondo quanto progettato - probabilmente quelli con poche
componenti e una chiara definizione tecnica. Una parte consistente è stata realizzata con modifiche
migliorative. Il totale delle due prime categorie è un ottimo 71%. Attenzione alle circostanze concrete
è data dalla sostanziosa quota di Progetti modificati per circostanze oggettive locali (B²). Non
inaspettatamente si sono incontrati eventi, regolamenti, priorità, decisioni determinanti di carattere
non prevedibile a distanza, nella loro specificità. In totale, le tre categorie danno un 93%, con un
residuo molto modesto. La categoria Tempo presenta uno sparpagliamento. Il 73% dei Progetti ha
subito dei ritardi, con un importante 24% di casi (B³) in cui i ritardi potevano probabilmente essere
evitati. Incoraggiante appare l’indicazione della categoria Completamento, in quanto la classe molto
più numerosa è rappresentata dai progetti il cui completamento non presenta ostacoli. Questa
categoria, assommata a quella dei progetti con ostacoli superabili o in via di superamento, eccede la
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68
Parte Prima
LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a fine ricerca)
somma delle altre due categorie, ove sono presenti condizionamenti forti e dubbi sulla capacità di
superamento, quanto meno nei tempi pertinenti a interventi d’emergenza105.
Queste osservazioni riguardano i progetti, non gli enti realizzatori. Quindi non devono essere lette
come attribuzione di meriti o demeriti, ma solo come informazioni utili a eventuali interventi
migliorativi nella realizzazione dei Progetti in ritardo o con ostacoli nel completamento”. (Fonte: SIM,
Relazione della prima missione di monitoraggio. Sri Lanka, settembre 2005)
Sempre dai dati forniti dal sito del DPC riguardo lo stato di avanzamento degli interventi possiamo
rilevare che dei 22 cantieri aperti (su 10 progetti) in gestione al DPC possiamo contare 3 cantieri
conclusi, 11 aperti, 4 in corso e 4 gare d’appalto in corso. Per il dettaglio vedi la Tabella 14 in Allegato.
Non sono stati invece forniti i dati sull’avanzamento lavoro delle altre organizzazioni.
Riguardo alla gestione delle ONG possiamo invece considerare conclusi 8 cantieri (32%) e aperti 17
(68%) dei 25 complessivi. Anche in questo caso il DPC presenta il dettaglio dei progetti sul sito
www.protezionecivile.it (vedi Tabella 16 in Allegato).
Il dibattito
Ulteriori elementi di bilancio sull’esperienza di ricostruzione attraverso i fondi privati per le vittime dello
Tsunami li abbiamo raccolti attraverso interviste ad attori privilegiati nel mese di ottobre e novembre
del 2005106. Sulla base delle opinioni raccolte, possiamo sintetizzare il punto di vista degli attori
rilevanti nel contesto dell’emergenza in Sri Lanka.
Da una rilettura delle interviste realizzate con Miozzo e Spaziante, possiamo dire che i rappresentanti
del Dipartimento della Protezione Civile promuovono l’esperienza: soddisfazione per i risultati raggiunti
per efficacia ed efficienza. A parte alcune iniziali incomprensioni che ci sono state e che sono state
enfatizzate fin troppo da alcuni mass media, operativamente ha funzionato tutto alla perfezione e il
Dipartimento ha dimostrato, in risposta alla mala gestione dei fondi dell’Arcobaleno, che le donazioni
possono essere gestite non solo efficacemente, ma anche con elevato rigore e trasparenza.
Un fattore migliorato a seguito dell’esperienza dello Tsunami è il rapporto con il sistema di
decentramento. Per effetto del decreto112 le Regioni hanno un ruolo di legislazione e quindi anche di
operatività concorrente allo stato in materia di protezione civile. In occasione degli aiuti nel Sud Est
Asiatico non sempre si era applicato il modello della “concertazione centrale e operazione periferica”.
L’intervento nel Sud Est Asiatico ha però posto in essere il riconoscimento del ruolo di coordinamento
della DPC non tanto attraverso una modifica normativa, quanto attraverso la prassi. Questa asserzione
viene avvalorata dal fatto che in Pakistan ci si è mossi subito secondo un nuovo modello di intervento
che prevede il coordinamento delle Regioni107.
Sempre prendendo spunto dalle interviste, possiamo dire che i soggetti collettori sono soddisfatti del
grande successo dell’impresa e ritengono ormai consolidata la possibilità di fare massa critica di fronte
alle catastrofi attraverso una mobilitazione collettiva. Sottolineano che “non avrebbe senso farsi
concorrenza tra sottoscrittori perché la posta in gioco è alta”. Il metodo dell’SMS con numero unico è
funzionato ed è vincente: non sarebbe possibile fare raccolta di donazioni in modo diverso e ottenere
gli stessi risultati. L’importante è non “ingolfare” le raccolte: i soggetti collettori devono mantenere
forte il loro ruolo di garanzia per cui è fondamentale farsi portavoce solo di iniziative che poi si è in
grado di controllare e seguire dal punto di vista dell’informazione. Riguardo al Pakistan, per esempio, il
Comitato Aiuto Subito ha preferito non impegnarsi direttamente, ritenendo di non disporre di risorse
sufficienti per seguire il prosieguo dell’iniziativa e perché, visto il contesto in cui si consumava la
105 In relazione alla scelta degli interventi nel Rapporto si scrive: “Dato che la raccolta dei fondi è stata fatta per l’emergenza
maremoto, sarebbe opportuno che interventi con finalità diverse, per quanto perfettamente valide, rimanessero un’eccezione”.
Osservazione condivisibile sebbene, come abbiamo già scritto, nel caso degli SMS riteniamo che gli italiani abbiano donato in
uno stato di totale inconsapevolezza sull’uso che si sarebbe fatto del loro denaro, pertanto risulta difficile ponderare il grado di
“pertinenza” delle azioni intraprese.
106 Quando si realizzano le interviste si è da poco consumata una violenta catastrofe in Pakistan dove, a causa di un forte
terremoto, si sono registrati più di 70.000 morti. Tale circostanza viene presa in considerazione durante i colloqui.
107 Vedi nota precedente.
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69
Parte Prima
LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a fine ricerca)
catastrofe, si prefigurava una elevata probabilità di non raggiungere i risultati attesi. Per il Pakistan il
Comitato ha pertanto preferito, dopo essersi accertato che il DPC intendesse intervenire solo con
azioni di primo soccorso, adoperarsi come sponsor di un intervento dell’UNICEF (altro suo
collaboratore già collaudato). Inoltre, tutti i collettori sottolineano la grande trasparenza sui conti oltre
che una elevata partecipazione alle scelte. Si sono sempre fatte riunioni periodiche e il DPC è molto
puntuale in tutti i suoi aggiornamenti. Gli enti collettori sono in più occasioni andati in missione con il
DPC a verificare quanto stesse avvenendo. (Fonte: sintesi delle interviste a Vito Oliva, Gianluigi
Astroni, Paolo Di Bartolomei, Caterina Torcia)
Un altro importante interlocutore della cooperazione italiana sono le Regioni. La preoccupazione che si
rileva nelle parole di Mario Gay dell’OICS non riguarda il bilancio degli interventi realizzati, anzi è
evidente l’ottimo lavoro svolto da ciascuno dei soggetti presenti in Sri Lanka, quanto le prospettive
future. L’unità di emergenza del MAE, come d’altra parte il DPC, prevede di chiudere le operazioni al
massimo entro settembre 2006, e le previsioni di una eventuale nuova fase si fondano sui progetti
promossi dalle ONG (ufficio VII della DGCS) e sui programmi MAE/Regioni, ma l’eventuale nuova fase
di una cooperazione italiana in Sri Lanka non è stata messa a fuoco da nessun ente o istituzione,
anche se tutti la auspicano. La presenza di ONG sia negli interventi della DPC che in quelli del MAE ha
dato modo di attivare una serie di contatti che probabilmente dovranno essere convogliati in una
strategia di sviluppo più ampia e condivisa. È comunque importante analizzare alcuni temi sostanziali:
la logica dell’emergenza geograficamente definita non ha infatti dato modo di riflettere né su altre
aree problematiche (war affected areas) né sui soggetti istituzionali e sociali (social economic affected
subjects). Su questi pilastri bisogna identificare le strategie di lungo-medio periodo. (Fonte: sintesi
intervista a Mario Gay e documento di missione realizzato da Gay nel 16 febbraio 2006)
Tra gli interlocutori significativi che abbiamo ascoltato non potevano mancare i rappresentanti delle
ONG che hanno operato in loco. Per le organizzazioni non governative l’esperienza dello Tsunami è
stata più che positiva. Le ONG hanno messo in atto, secondo la loro ormai consolidata metodologia,
una struttura di coordinamento che ha apportato ottimi risultati. Non è stata determinante la presenza
del DPC per i risultati ottenuti, ma è stato fondamentale lo spirito collaborativo e il coordinamento con
cui le ONG ormai da decenni operano in aree di sviluppo o di emergenza. I buoni risultati si sono
raggiunti anche grazie alla naturale attenzione verso la conoscenza dei contesti, la valorizzazione dei
partner, lo spirito di reciprocità che contraddistingue l’operare di queste organizzazioni.
Le ONG hanno messo a punto una “pianificazione Paese” (ad esempio, vengono definiti protocolli su
questioni quali l’acqua, la sanità), ovviamente in accordo con le organizzazioni internazionali. Riguardo
alla presenza del DPC, le ONG dichiarano che non vi è stata alcuna restrizione sulla scelta degli
interventi. Quanto alle procedure, è stata la stessa Associazione delle ONG a proporre l’utilizzo del
contratto ECHO: sempre l’Associazione ha fornito manuali, modulistica, metodologia e ha curato la
formazione dei funzionari della Protezione Civile per la buona gestione degli interventi. Indubbio
elemento facilitante è stata invece la disponibilità quasi immediata dei fondi da parte del DPC. Si
sottolinea infine il forte rapporto costituitosi con le realtà territoriali, che sicuramente avrà un
prosieguo. (Fonte: intervista con un Presidente di ONG)
Abbiamo ascoltato anche la voce del rappresentante dell’Associazione ONG italiane. Il coordinamento
ha funzionato bene anche perché fin dall’inizio tutte le istituzioni, DPC-MAE e Nazioni Unite in loco,
hanno riconosciuto come interlocutore esclusivo e privilegiato l’Associazione delle ONG: non c’è stata
la ricerca a doppio senso della singola organizzazione, ma da subito si è instaurata una interlocuzione
coordinata con il soggetto rappresentativo delle ONG. Il tavolo di coordinamento delle ONG ha
pertanto sempre partecipato unitariamente alle riunioni e agli incontri interistituzionali sia in loco che
in Italia. Si tratta di una procedura consolidata e non eccezionale, indipendente dalla presenza o meno
di stanziamenti pubblici o esterni, come conferma anche l’esperienza dei tavoli di coordinamento in
Thailandia e in Iraq. Si ricorda anche che il coordinamento delle ONG italiane in Sri Lanka parte prima
che raccolta fondi o i finanziamenti pubblici siano in essere. Si sottolinea invece l’importanza di dare
modo anche al Ministero degli Affari Esteri di velocizzare l’erogazione dei finanziamenti attraverso
adeguate modifiche: il DPC ha potuto farlo certamente grazie alla sua competenza, ma soprattutto
perché normativamente può farlo. Infine si ricorda che sul piano del coordinamento interistituzionale il
MAE ha ricoperto proficuamente l’importante e sostanziale ruolo che gli compete di raccordo delle
© ActionAid International Italia – marzo 2006
70
Parte Prima
LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a fine ricerca)
politiche di cooperazione a cui ciascun soggetto che interviene deve richiamarsi. (Fonte: intervista a
Sergio Marelli)
Infine abbiamo ascoltato il rappresentante del CINI che sottolinea alcuni sostanziali cambiamenti
strutturali apportati dalla vicenda della gestione di fondi privati da parte del DPC:
a) prima dello Tsunami il ruolo di soggetto titolato a svolgere emergenze spettava prevalentemente al
MAE, che chiamava eventualmente in appoggio il DPC. Con lo Tsunami assistiamo a un protagonismo
diretto della DPC che, pur essendo titolata per legge ad agire indipendentemente dal MAE ( Legge
152|2005), di fatto stabilisce non solo un doppio canale di intervento, ma si propone nella gestione
dell'emergenza come il soggetto principale;
b) si sta delineando una ripartizione di competenze e poteri tra sviluppo ed emergenza, tra DPC e
MAE, e poiché la maggior parte delle azioni di politica estera assume peso grazie alla capacità
mediatica, si rischia di attribuire un’importanza sempre più rilevante alle vicende legate all’emergenza;
c) avendo sistematizzato con questo intervento la possibilità del Governo di occuparsi di fund raising
per azioni di emergenza, è possibile che vedremo sempre di più questi enti (prima ONU, adesso DPC)
raccogliere fondi a scapito di quelle organizzazioni che fanno raccolta per avvicinarsi alla società civile.
Infine, il più grave tra questi temi è il fatto che il ruolo del DPC nella politica estera, in qualche modo,
rappresenta un’ulteriore espropriazione parlamentare delle decisioni legate alla geopolitica e alla
politica estera a favore di meccanismi verticistici. Nella riforma della legge di cooperazione bisogna
vedere se si manterrà questo bicefalismo politico o se si cercherà di eliminarlo: solo a quel punto
potremo capire quali i sono i processi decisionali in campo e se sarà il Presidente del Consiglio a
decidere se andare in Sri Lanka a scapito di una condivisa scelta parlamentare. (Fonte: intervista a
Raffaele Salinari)
Nel bilancio del lavoro svolto in aiuto alle popolazioni colpite dallo Tsunami non possiamo non
prendere in considerazione i mass media, che in qualche modo sono stati co-protagonisti assieme ad
altri soggetti della vicenda. Non solo sono stati sostenitori di raccolte fondi imponenti, ma anche il
veicolo di grandi aspettative; riteniamo che l’elevata attenzione verso la rapidità di elargizione dei
fondi abbia in parte determinato un’eccessiva pressione sulle organizzazioni preposte alla scelta degli
interventi. Spesso quindi i media non sono stati semplicemente i testimoni dei dibattiti in corso, ma
sono divenuti essi stessi protagonisti nelle discussioni. A un anno di distanza, in concomitanza con il
primo anniversario del disastro, proponiamo quindi una breve raccolta (vedi allegato 3) di alcuni degli
articoli più significativi pubblicati dalla stampa italiana.
In conclusione avremmo voluto anche ascoltare il bilancio di quelli che sono i veri protagonisti e che
fino a questo momento abbiamo omesso: i beneficiari. Di loro abbiamo sentito parlare solo attraverso
gli articoli di giornale, raramente ne abbiamo conosciuto i volti per mezzo di qualche intervista, anche
se solo nei giorni della catastrofe e solo quando lo schermo non era impegnato a farci conoscere la
storia di qualche nostro connazionale vittima o testimone della tragedia. Si è parlato spesso di numeri
in questi mesi: quanto è stato raccolto, quanto è stato speso, quanti progetti sono stati avviati, quante
convenzioni stipulate, quanti i metri della buffer zone, quanti ospedali aperti, quante case ripristinate,
quanti latrine costruite, anche nelle convenzioni si susseguono i numeri delle ordinanze e dei decreti
dei mesi di durata; poco, troppo poco si è invece detto delle persone che hanno beneficiato di questi
interventi e ancor meno si è dato spazio alle loro storie, se non a ridosso di ricorrenze e anniversari.
I nodi emersi
L’analisi condotta nei capitoli precedenti evidenzia che il DPC sta operando in modo sostanzialmente
coerente con il mandato ricevuto. Pur con i limiti evidenziati, in parte riconducibili all’esigenza di
costruire progressivamente l’assetto necessario alla gestione di un evento di queste proporzioni,
l’intervento del DPC sembra essere ispirato da e orientato a garantire le seguenti condizioni:
•
•
•
rapidità decisionale, anche se talvolta a discapito di chiarezza e sistematicità;
attenzione ai rapporti con i soggetti a vario titolo coinvolti, pur nell’ambito di tensioni latenti o
espresse;
imprenditorialità ed efficacia gestionale nella realizzazione diretta degli interventi e nel governo di
quelli affidati ai soggetti attuatori;
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71
Parte Prima
•
•
LA SITUAZIONE AD UN ANNO DI DISTANZA (dal 26 dicembre 2005 a fine ricerca)
bilanciamento tra operatività immediata e creazione di condizioni strutturali di medio periodo,
come evidenzia ad esempio lo sviluppo del framework ECHO;
attivazione di diversi tipi di controllo e rendicontazione a diversi livelli, inclusa pubblicità e
trasparenza su molte notizie e documenti.
A livello di sistema italiano di gestione delle emergenze internazionali, l’intervento che vede
protagonista (per capacità propria, decisioni esterne e difficoltà di altri soggetti) il DPC ha un impatto
forte, che mette in evidenza alcuni limiti strutturali e introduce sull’onda dell’emergenza misure e
aggiustamenti con effetti “di sistema”, facendo sorgere interrogativi ai quali è necessario dare
risposta.
Competenze in materia di gestione dell’emergenza internazionale
L’esperienza post Tsunami ha rafforzato la legittimità formale dell’azione internazionale del DPC,
confermando nel contempo quella del MAE. Il quadro che se ne ricava è ambiguo, così come poco
chiare sono le forme e le modalità in cui dovrebbe consistere il coordinamento operativo tra DPC e
MAE, previsto da tutte le norme. È possibile prevedere per l’Italia una politica chiara che: (1) fornisca
una visione unitaria della filosofia di intervento italiano in contesti di emergenza e cooperazione; (2)
illustri il ruolo atteso dai diversi soggetti (MAE, DPC, Regioni ed Enti Locali, ONG) potenzialmente
interessati e/o coinvolgibili; (3) chiarisca in modo sostanziale il quadro delle regole, delle
responsabilità e dei rapporti all’interno del quale i soggetti pubblici dovrebbero operare, in particolare
per quanto riguarda il collegamento tra DPC e MAE?
MAE e DGCS
Quali sono i veri motivi che frenano l’azione del MAE in situazioni di emergenza? È possibile che il
protagonismo del DPC (nell’evento specifico) e il quadro normativo (peraltro in evoluzione) facciano
ombra a limiti strutturali interni (indirizzo, dotazioni, sistemi, prassi e comportamenti)? Per quale
motivo sono disponibili informazioni numerose e aggiornate sugli interventi e le decisioni del DPC,
mentre non esistono informazioni pubbliche facilmente accessibili sull’azione del MAE nella stessa
area?108 In quale misura il modello operativo e l’esperienza del DPC possono essere trasferiti alla
DGCS? Esiste un interesse a che ciò avvenga? E quali sarebbero le condizioni necessarie?
ONG
L’esperienza post Tsunami conferma la tendenza delle ONG italiane a muoversi in ordine sparso, sia
sul piano strategico sia sul terreno. Esiste un interesse a promuovere forme di aggregazione che
permettano a gruppi di ONG di riposizionarsi sullo scenario italiano e internazionale incrementando la
propria visibilità e influenza? Sono possibili o desiderabili azioni di riflessione comune finalizzate ad
assicurare la qualità dell’intervento complessivo, prescindendo in parte dall’interesse specifico dei
singoli attori? Quali azioni di governance sono possibili da parte pubblica per incorporare le ONG (e più
in generale la società civile) nel sistema nazionale di gestione delle emergenze internazionali? Qual è il
posizionamento desiderato da parte delle ONG e quale è il contributo reale che il sistema delle ONG e
le singole ONG possono apportare a tale sistema?
Donatori
L’analisi evidenzia il problema della capacità dei donatori privati di esercitare le funzioni di indirizzo e
controllo. In linea generale, è accettabile che le scelte sull’impiego delle risorse siano di fatto
demandate ai soggetti attuatori? Chi si assume la responsabilità di fronte alla collettività di raccogliere
risorse finanziarie per interventi di solidarietà non dovrebbe dotarsi della capacità di esercitare tali
funzioni? Esiste l’esigenza di regolamentare in modo più organico questo tipo di operazioni?
108 Al momento in cui si scrive (marzo 2006), le informazioni più aggiornate del sito www.cooperazioneallosviluppo.it, sezione
“Emergenza Tsunami” risalgono al 17 marzo 2005.
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Parte Seconda
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI DI RACCOLTA FONDI
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI E LA TRASPARENZA DELLA
RACCOLTA FONDI NELL’INTERVENTO ITALIANO PER L’EMERGENZA MAREMOTO NEL SUD
EST ASIATICO 109
Con quale grado di consapevolezza i tantissimi micro-donatori a favore della Missione Tsunami, quelli
dell’euro per intenderci, hanno seguito l’evolversi dell’utilizzo dei fondi, dalla progettazione degli
interventi alla realizzazione delle attività, dalla negoziazione tra istituzioni per la paternità della
gestione dei fondi, al controllo contabile e al monitoraggio ?
Questa domanda, che è sinceramente provocatoria, guida le considerazioni che seguono, fermo
restando che le cifre donate sono state certamente trascurabili a livello individuale, ma non per questo
senza valore poiché anche la micro-solidarietà è bene comune, anche se l’atto del dono è compiuto,
come nel caso dello Tsunami, sull’onda di un’assoluta emotività.
La domanda di fondo resta tuttavia la seguente: quale peso abbia il donatore (o il micro-donatore) in
un’occasione come lo Tsunami, quale rispetto sia necessario nei suoi confronti, quale meccanismo di
rappresentanza possa essere eventualmente attivato, in sintesi quale concetto di trasparenza e quindi
di fiducia valga in una situazione del genere.
Dopo più di un anno dal tragico evento, con il distacco dall’emotività e con un pizzico di razionalità di
analisi, possiamo probabilmente guardare alla Missione Tsunami come a un laboratorio che ci deve
condurre necessariamente, e in modo più deciso rispetto al passato, a immaginare nuove modalità di
relazione, senza abbandonare le cose buone fatte, ma mantenendo la centratura sul concetto di
“dono” in quanto artefice di un’enorme generosità.
Sgombriamo però subito il campo da qualsiasi possibile incomprensione: i fondi raccolti, in
considerazione dell’enorme sforzo compiuto da parte di tutte le istituzioni coinvolte (profit, non profit e
Amministrazioni pubbliche, statali e locali), saranno sicuramente utilizzati nel modo migliore, un
assioma che ci aiuterà nella semplificazione, lasciando da parte le polemiche fini a se stesse.
Puntiamo invece a comprendere le dinamiche, le relazioni, gli sviluppi, utilizzando gli schemi e i
modelli della raccolta fondi.
Il fund raising
Per poter analizzare quanto accaduto in occasione della Missione Tsunami ci pare importante
riprendere qualche concetto di base del fund raising.
Letteralmente la traduzione di “fund raising” è “innalzamento/elevamento di fondi”, un
comportamento proattivo e dinamico di strategie e conseguenti azioni affinché aumentino,
coerentemente con gli obiettivi e la mission, attraverso un flusso costante, le risorse destinate alle
attività e ai progetti. Si tratta quindi di un processo continuo, interno a un’organizzazione, e non di
un’attività sporadica.
Senza ombra di dubbio è possibile affermare che il fund raising nasce all’interno del mondo delle
organizzazioni non profit, essendo quest’ultimo basato su un meccanismo di scambio cosiddetto
“solidale” diverso da quello esistente per le altre categorie; lo Stato, che utilizza in maniera
caratteristica il prelievo coattivo di risorse per svolgere la propria missione, e il Mercato, che usa
invece in prevalenza il prezzo come strumento di equilibrio tra domanda e offerta di beni e servizi.
Il fund raising è inoltre basato su una particolare dimensione del concetto di interesse, nel senso di
reciprocità, di partecipazione; in pratica attraverso il fund raising si crea una relazione tra donatore e
beneficiario ed è fondamentale che tale relazione sia mantenuta il più possibile alla pari affinché si
riesca a creare vero valore sociale, attraverso l’autonomia della comune azione volontaria.
109
Bibliografia di riferimento, segnalata dall’Autore, a cura di Giuseppe Ambrosio (esperto di management delle aziende non
profit, docente presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi e direttore di VITA Consulting):
AA.VV., La crisi dell’umanitario, Communitas n. 2, Vita, Milano, 2005
AA.VV., Il nonprofit italiano al bivio, a cura di Stefano Zamagni, Egea, Milano, 2002
AA.VV., Manuale di Economia delle aziende non profit, a cura di Federica Bandini, Cedam, Padova, 2003
Ambrogetti, F., Coen Cagli, M., Milano, R., Manuale di fund raising, Carocci Editore, Roma, 1998
Fiorentini, G., Organizzazioni non profit e di volontariato, Etas Libri, Milano, 1997
Melandri, V. e Masacci, A., Fund raising per le organizzazioni non profit, Il Sole 24 Ore, Milano, 2000
Stiglitz, J., Principi di microeconomia, Bollati Boringhieri, Torino, 1994.
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Parte Seconda
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI DI RACCOLTA FONDI
Fig.4. Relazione Donatore – Beneficiario – Cliente/Utente.
A cura dell’Autore.
Il meccanismo di scambio “solidale” fa riferimento a un doppio circuito, laddove da una parte esiste un
cliente/utente che riceve una prestazione di servizi o un bene relazionale (2), mentre dall’altra c’è
l’organizzazione non profit in qualità di beneficiario che riceve dal donatore quanto necessita per
realizzare i propri obiettivi (1). Quindi tra colui che riceve la prestazione e colui che paga perché essa
venga realizzata non vi è un legame diretto. Il donatore, direttamente oppure attraverso la non profit,
riceve a sua volta dal cliente/utente un riscontro che dà il senso della partecipazione alla causa di
solidarietà o di disagio (3). Riassumere in poche righe quali siano le motivazioni che spingono un
individuo a donare è molto difficile, anche se alcune schematizzazioni ci possono aiutare. Ad esempio
è possibile fare una distinzione tra la presenza di un legame emotivo con l’organizzazione, per averla
conosciuta direttamente o per il tramite di familiari o amici o attraverso le persone che in essa
operano, e la presenza di un interesse più razionale inteso come il grado di coinvolgimento o di
consenso nei confronti della causa. Nell’ambito di diverse ricerche e studi si rilevano invece in modo
più dettagliato i motivi della donazione: l’idea di solidarietà e di dono, il senso del dovere, l’ideologia o
i valori personali, i motivi fiscali etc.
Questo doppio circuito, che possiamo definire “privato”, nel senso che coinvolge soggetti che hanno
natura privatistica, rappresenta la modalità di relazione della stragrande maggioranza delle
organizzazioni non profit definite “filantropiche”, proprio per la caratteristica di sopravvivere grazie alle
elargizioni di soggetti diversi da coloro che beneficiano delle loro attività.
Ci pare interessante sottolineare in questo schema lo scambio che si attua al punto 1) in cui, a fronte
di una richiesta/sollecitazione di donazione da parte del beneficiario attraverso degli strumenti ad hoc
di contatto collettivo (televisione, radio, giornali etc.) oppure diretto (mailing, telemarketing etc.),
viene effettuata la donazione che utilizza strumenti classici (banca, posta, carta di credito, etc.)
oppure innovativi e tecnologici (SMS, Internet etc.).
L’esperienza pluriennale delle realtà non profit ha portato a elaborare il processo di fund raising come
un percorso articolato in diverse fasi (si veda lo schema seguente) che prima di definire gli strumenti
parte necessariamente da una lettura approfondita della missione e degli obiettivi che ci si pone con la
richiesta di fondi. In pratica si cerca di rispondere ai seguenti quesiti: chi si vuole servire attraverso il
proprio intervento; quali bisogni o richieste si vogliono soddisfare; attraverso quali modalità si
intendono realizzare le proprie attività.
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Parte Seconda
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI DI RACCOLTA FONDI
Fig. 5. Ciclo di fund raising.
4
VALUTAZIONE DEI
RISULTATI E
PREDISPOSIZIONE
DI CORRETTIVI PER
IL FUTURO
1
ANALISI DELLA
MISSION E STESURA
DEL “DOCUMENTO
BUONA CAUSA”
3
INDIVIDUAZIONE E
APPLICAZIONE
DELLE TECNICHE E
DEGLI STRUMENTI
DA UTILIZZARE
2
SEGMENTAZIONE
DEL TARGET E
SCELTE DI
POSIZIONAMENTO
A cura dell’Autore.
Infine, uno dei più importanti studiosi del fund raising, Hank Rosso, usa dire “fund raising is the noble
art of teaching people the joy of giving”. E quando parla di “people” intende gli individui, coloro che
costituiscono la comunità all’interno della quale l’organizzazione opera. Al contrario per le imprese, le
fondazioni, le Amministrazioni pubbliche, anche nel momento in cui dovessero procedere ad attività di
“giving” diretto, cosa che ormai è diventata una consuetudine, subentra un concetto mediato, o
negoziato, di interesse.
Cosa è successo in occasione della Missione Tsunami
Quando il 26 dicembre avviene il disastro la primissima fase di intervento concerne la gestione
dell’emergenza finalizzata all’individuazione, assistenza e rimpatrio degli italiani che si trovano nei
luoghi della sciagura.
Nella stessa giornata e in quelle immediatamente successive le due iniziative principali di
sottoscrizione di fondi a favore del Sud Est Asiatico proposte a livello nazionale decidono di mettersi
insieme: quella del comitato Aiuto Subito, promosso da Corriere della Sera e TG5 e Rai; quella delle
aziende della telefonia. Si scelgono come canali di raccolta da una parte i sistemi di SMS solidali e
dall’altra le carte di credito e il conto corrente.
Dalle ultime informazioni ufficiali (ottobre 2005) si evince che la somma complessiva delle donazioni
raccolte ammonta a 47.179.528,12 euro.
Per la gestione di queste donazioni, su proposta del Comitato Aiuto Subito, viene individuato il
Dipartimento della Protezione Civile il quale, in virtù di una ordinanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri, viene autorizzato a ricevere risorse derivanti da donazioni e atti di liberalità da destinare
all’attuazione delle iniziative a favore del Sud Est Asiatico. Le liberalità confluiscono nel Fondo della
Protezione Civile, mantenendo distinta evidenza.
Le decisioni relative ai progetti da finanziare e agli interventi da realizzare sono prese dal Dipartimento
della Protezione Civile d’intesa con gli operatori della telefonia e il Comitato Aiuto Subito.
Alla fine le risorse raccolte vengono destinate per il 48% circa a interventi operati direttamente dal
Dipartimento della Protezione Civile e per la restante parte a interventi delle ONG e di altre
organizzazioni in qualità di “soggetti attuatori”.
Analizzando ciò che è capitato si osservano due soggetti “nuovi” che si inseriscono nel meccanismo di
scambio “solidale”: il Dipartimento della Protezione Civile e le imprese private del mondo delle
telecomunicazioni e della comunicazione.
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Parte Seconda
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI DI RACCOLTA FONDI
Si può dire che, a differenza dello schema classico, è diventato ormai frequente che soggetti diversi
(pubblici o privati) realizzino attività di fund raising non tanto per finanziare proprie iniziative (che
sarebbe un assurdo, anche se corretto) ma a favore di altri, quasi sempre di organizzazioni non profit.
Fig. 6 Relazione Donatore – Beneficiario – Cliente/Utente nel caso delle iniziative post Tsunami.
A cura dell’Autore.
L’esperienza della Missione Tsunami, come altre, è da leggere proprio secondo questa logica che però,
oltre a non essere “neutra” rispetto all’intero processo di fund raising, potrebbe alla lunga minare una
storia e una consuetudine anche di tipo gestionale, maturata dalle organizzazioni non profit in tanti
anni di attività.
In pratica, nel percorso della donazione si sono aggiunti come intermediari le imprese che hanno
promosso la raccolta, quelle che hanno messo a disposizione gli strumenti per la raccolta stessa e poi
un ente pubblico direttamente collegato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Protezione Civile.
Con il percorso indicato dal numero 1 si rappresenta il passaggio delle risorse donate, in cui si
evidenzia un aumento dei passaggi che non è indenne da un aumento dei costi di transazione (e
banalmente anche solo di quelli collegati alla burocrazia delle varie istituzioni coinvolte) e da un rischio
di maggiori asimmetrie informative; analizzando la riga tratteggiata, quella cioè che riguarda il feedback del fund raising, emergono altresì alcune dinamiche distorte collegate questa volta alla
contropartita di scambio basata sulla partecipazione e la vicinanza alla causa (in questo caso quasi
esclusivamente elementi di emotività). In pratica, tutti i soggetti intermediari (imprese, DPC, non
profit) hanno parlato di “nostri donatori”, rivendicandone impropriamente l’appartenenza. In un caso
però si trattava “solo” di clienti emotivamente coinvolti dalla tragedia che usavano uno strumento
finalizzato alla raccolta fondi (l’SMS) e nell’altro di cittadini italiani partecipi alla tragedia di una
popolazione, ma che non avevano scelto razionalmente una rappresentanza istituzionale come sintesi
della propria volontà di donare.
In pratica, come si è già accennato, un atto tipicamente individuale, il dono, è stato sostituito da
un’azione collettiva attraverso l’intervento degli intermediari.
Tutto ciò non è sbagliato, ma semplicemente pericoloso: ogni attività svolta per finalità solidaristiche
da parte dello Stato e del Mercato è il frutto di una mediazione; si inserisce un intermediario tra il
donatore e il beneficiario che per ragioni ovvie (di propri interessi istituzionali) non potrà essere neutro
nella relazione, si porterà appresso il proprio sistema di riferimento e ciò determinerà una automatica
svalutazione del “dono”.
Per riagganciarsi al discorso precedente sulla pericolosità dell’intermediazione si potrebbe arrivare a un
assurdo. L’intermediario (impresa o amministrazione che sia) potrebbe scalzare completamente
l’organizzazione non profit (che per sua natura è già un intermediario rispetto al bisogno sociale,
anche se questa attività costituisce la sua missione specifica, il suo sistema di interessi istituzionali),
proponendosi come diretto erogatore del servizio.
Tutto ciò non potrebbe funzionare per almeno due ragioni. La prima è testimoniata dalle teorie che
parlano dei fallimenti del Mercato e dello Stato come motivo per la nascita di uno spazio di operatività
del Terzo settore. La seconda ragione, forse più operativa, sta nella capacità intrinseca e unica del non
profit di costruire intorno a sé il coinvolgimento e la partecipazione di persone e istituzioni, attraverso
la costruzione della “gioia di donare”.
La trasparenza nell’azione di fund raising
Il concetto di trasparenza è qualcosa di estremamente complesso, a differenza di quanto si possa
pensare, e in un certo senso è addirittura scontato che nella realtà delle cose la trasparenza come
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Parte Seconda
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI DI RACCOLTA FONDI
derivazione di trasparente, di cristallino, sinonimo di chiarezza e di limpidezza, sia più un’utopia che
una possibilità110.
È anche vero che nella definizione il concetto di trasparenza assume immediatamente una doppia
valenza, di tipo oggettivo (chiarezza, pubblicità) e di tipo soggettivo (assenza di ogni volontà di
occultamento e di segretezza), così mentre su un piano oggettivo si potrebbe raggiungere
tecnicamente una ineccepibile trasparenza, in quanto a chiarezza e pubblicità, nella realtà, la
dimensione soggettiva potrebbe minare il concetto stesso attraverso la volontà di nascondere
particolari anche rilevanti dell’oggetto. Possiamo quindi dire che la trasparenza oggettiva è necessaria
ma non è sufficiente, in quanto potrebbe scontrarsi comunque con una “non” trasparenza soggettiva;
quest’ultima diventa l’obiettivo più importante da perseguire.
Quindi la trasparenza in assoluto non esiste, se non nelle ipotesi teoriche di alcune correnti
dell’economia di mercato. Infatti, nella concorrenza perfetta si parla di disponibilità perfetta delle
informazioni per gli operatori interessati affinché possano scegliere la migliore alternativa possibile,
ma a confutare tale assunto alcuni autori importanti in realtà parlano di asimmetrie informative,
specificando che tra venditore e compratore (che nel fund raising sarebbero il beneficiario e il
donatore) il primo possiede un numero maggiore di informazioni che porterà a sicuro vantaggio in
occasione di una transazione.
Seguendo il piano soggettivo della trasparenza emerge uno stretto legame con il concetto di
reputazione che è una sorta di garanzia che ciò che è stato promesso verrà effettivamente mantenuto
sulla base di un’esperienza passata e di una continua attenzione alla crescita e allo sviluppo della
reputazione stessa; quest’ultima diviene anche una barriera all’entrata importante, tale per cui il
soggetto che ha costruito con il tempo la propria reputazione difficilmente potrà essere scalzato. Si
può dire in sintesi che una costruzione attenta della reputazione può effettivamente garantire una
discreta trasparenza soprattutto nella dimensione soggettiva.
Infine, una delle pre-condizioni della reputazione è la fiducia. Tale condizione consente, sulla base di
adeguate riflessioni, di lavorare sul senso di appartenenza e quindi automaticamente attivare circuiti
virtuosi che possono portare alla condivisione della missione e degli obiettivi delle attività. La fiducia
permette di dimostrare, attraverso strategie collaborative con gli attori sociali, la propria disponibilità e
capacità di interpretare e di soddisfare i bisogni dell’ambiente di riferimento, sostenendone il
cambiamento. La fiducia è generata dalle relazioni di reciprocità, ovvero da una relazione biunivoca
nella quale un soggetto dona a qualcuno gratuitamente sulla base di un’aspettativa reciproca.
Il percorso che conduce al risultato della trasparenza soggettiva è sintetizzato nello schema seguente
e coinvolge in maniera fondamentale la trasparenza oggettiva.
Fig. 7 Relazioni Reciprocità – Fiducia – Reputazione - Trasparenza
A cura dell’Autore
Come affrontare nello specifico il tema della trasparenza nelle attività di fund raising?
110 Una definizione tratta da Wikipedia vede la trasparenza in contrapposizione con la “privacy” intesa come la capacità di un
individuo o di un gruppo di bloccare la diffusione di informazioni ad altri che non siano volutamente oggetto delle informazioni
stesse (www.wikipedia.org).
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Parte Seconda
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI DI RACCOLTA FONDI
Ci sono due aspetti tra loro collegati: quello della accountability, cioè il complesso delle tecniche e il
sistema di misurazione, di controllo e di valutazione delle performance delle organizzazioni, e quello
dell’etica del fund raising.
Riflettendo sull’accountability la prima questione da porsi è la seguente: quale performance è
necessario misurare, controllare, valutare nel caso del fund raising e più in generale delle iniziative
non profit ? E di conseguenza quali strumenti sono più efficaci per assolvere a tale compito ?
Certamente esiste un dato inconfutabile: gran parte delle relazioni attivate nell’ambito delle iniziative
non profit non hanno esclusivamente una rilevanza economica, che sarebbe più facilmente misurabile
attraverso il principio di economicità, ma hanno al contrario una marcata rilevanza sociale. Ciò vale
anche per il fund raising che, pur esprimendo una prestazione di tipo economico, fa riferimento a una
controprestazione che è di tipo metaeconomico e a un obiettivo finale che è di tipo sociale. Quindi la
performance dovrebbe prevedere una prima analisi di economicità (è in questa fase, ad esempio, che
si fa riferimento all’annosa questione del costo del fund raising) e un secondo step, ben più
importante, che dovrebbe invece entrare nello specifico dell’impatto sociale dei fondi erogati,
misurando cioè il beneficio socio-economico di quanto erogato.
Alla luce di queste considerazioni, gli strumenti che si possono utilizzare possono essere distinti tra:
strumenti a finalità economiche, spesso di natura contabile (ad esempio il bilancio d’esercizio e il
report finanziario), oppure a finalità sociali (ad esempio il bilancio sociale).
Per quanto riguarda invece l’etica della raccolta fondi, essa risponde in maniera molto precisa a un
bisogno di trasparenza. Alcuni principi e regole di riferimento sono stati elaborati dal mondo stesso
delle organizzazioni che basano la propria attività sulla raccolta fondi. In Italia è stata ad esempio
scritta una “Carta della Donazione” che, attraverso una autoregolamentazione delle singole realtà,
consente di “consolidare un contesto di fiducia e trasparenza in cui possano moltiplicarsi le
opportunità di donazione in campo sociale”111.
La Carta della Donazione è strutturata in tre sezioni: diritti dei donatori; responsabilità delle
organizzazioni che fanno raccolta fondi; regole, metodologie di raccolta e sistemi di rendicontazione.
Tralasciando un’analisi dettagliata del documento, andiamo a recuperare esclusivamente il concetto di
trasparenza elaborato a più riprese nella Carta.
Tra i diritti dei donatori si parla di trasparenza e completezza di informazione sull’organizzazione nel
senso della sua struttura operativa, degli organi di governo, ma anche della missione e delle finalità
che si perseguono. Inoltre, si parla di trasparenza e completezza di informazione sull’iniziativa da
sostenere, sia sulle finalità, i tempi e le modalità, sia sui risultati ottenuti attraverso la donazione.
Proprio nell’ambito dei diritti dei donatori si può inserire un concetto che possiamo definire di
trasparenza “istituzionale” che attraverso meccanismi indipendenti di tipo intraorganizzativo (comitati
di garanzia, comitati di controllo, comitati di donatori e/o beneficiari etc.) ha l’obiettivo di verificare da
una parte il rispetto della mission dell’organizzazione e dall’altra parte l’utilizzo corretto, finalizzato agli
obiettivi previsti, dei fondi raccolti, per i quali si chiede il coinvolgimento di individui e imprese.
Per quanto riguarda la parte della responsabilità delle organizzazioni è interessante riprendere tutto il
paragrafo settimo, dove si parla di trasparenza e in cui si afferma: “le organizzazioni si impegnano a
rendere conto ai donatori e ai destinatari delle loro attività sociali, evidenziando la relazione tra le
finalità annunciate e l'utilizzo effettivo dei fondi raccolti. Pertanto le organizzazioni si impegnano a
curare la redazione e la pubblicizzazione in modo chiaro, veritiero e puntuale, con mezzi adeguati alle
proprie dimensioni e attraverso l'utilizzo di regolari scritture contabili, della loro situazione patrimoniale
e finanziaria, in modo da rendere manifesti sia la provenienza che l'utilizzo di tutte le risorse
economiche amministrate. Inoltre, a fornire al pubblico e ai donatori una chiara e veritiera
informazione sugli scopi che esse perseguono, sulle finalità, i tempi e le modalità d'attuazione delle
iniziative da sostenere, nonché sulle attività svolte attraverso l'impiego dei fondi stessi. Si impegnano,
infine, a non promuovere alcuna raccolta di fondi se non accompagnata da una chiara e veritiera
informazione sugli scopi e sulle attività per i quali verranno impiegati i fondi stessi”.
Cosa è successo in occasione della Missione Tsunami
Il tema della trasparenza è forse quello più controverso nell’ambito della Missione Tsunami. Da una
parte infatti non si può non riconoscere ai soggetti intermediari (imprese della comunicazione,
Protezione Civile, organizzazioni non governative) la buona volontà e la forte determinazione
111 Tratto dalla premessa
www.istitutoitalianodonazione.it.
alla
Carta
della
donazione
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che
è
possibile
scaricare
integralmente
dal
sito
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Parte Seconda
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI DI RACCOLTA FONDI
nell’attivare meccanismi di trasparenza, dall’altra parte però, facendo riferimento a quanto appena
affermato, emergono elementi di criticità. Andiamo per ordine.
A pochissimi giorni dalla catastrofe, e più precisamente l’8 gennaio, il Presidente del Consiglio dei
Ministri nomina un Comitato dei Garanti composto da personalità istituzionali di altissimo profilo:
Giuliano Amato, Giulio Andreotti, Emma Bonino, Andrea Monorchio, Giorgio Napolitano.
Dopo appena due giorni, il 10 gennaio, viene nominata dal Dipartimento della Protezione Civile una
Commissione di controllo contabile composta da dirigenti dello Stato di grande professionalità ed
esperienza: il dott. Angelo Canale – Vice Procuratore Generale della Corte dei Conti, il dott. Antonio De
Santis – Dirigente I fascia del Ministero dell’Economia e delle Finanze e il dott. Carlo Tixon – Dirigente
II fascia del Ministero dell’Economia e delle Finanze. La Commissione di controllo contabile ha
elaborato sei rapporti, il primo il 12 gennaio 2005, l’ultimo il 3 febbraio 2006.
Emergono quindi quasi istantaneamente, da una parte la necessità di “tutelare” i donatori privati, e
dall’altra lo stile della trasparenza della Missione Tsunami gestita dal Dipartimento della Protezione
Civile. Uno stile di tipo “istituzionale” - con riferimenti chiari a personalità e professionisti del sistema
politico-istituzionale -, che non ha tenuto conto della possibilità di inserire all’interno dei Comitati
personaggi provenienti dalla Società civile oppure professionalità di indubbio valore. Tale scelta
sembra peraltro abbastanza obbligata soprattutto per quanto concerne la Commissione di controllo
contabile, dato che tutto il sistema di gestione amministrativa e finanziaria scelto per la Missione
Tsunami fa riferimento al sistema della contabilità pubblica, seppur con ampi margini di manovra.
Successivamente il 19 maggio 2005 la Protezione Civile decide di affidare incarico alla Società Italiana
di Monitoraggio S.p.A. (la stessa che aveva operato in occasione della Missione Arcobaleno) per la
verifica dei progetti finanziati, nel senso di stabilire attraverso l’analisi di tre caratteristiche lo stato
dell’arte: grado di corrispondenza fra quanto realizzato e quanto progettato; grado di corrispondenza
ai tempi previsti; previsione di completamento. Allo stato attuale risulta un primo rapporto del 6
agosto molto accurato nell’analisi e anche nei rimandi relativi alle criticità.
Infine vengono commissionati due rapporti indipendenti: il primo ad Actionaid International e l’altro al
gruppo di ricerca Punto Sud.
Altro elemento fondamentale sono le numerose missioni in loco svolte dal personale della Protezione
Civile, che oltre alla gestione delle risorse raccolte dai privati ha assunto il ruolo fondamentale di
coordinamento degli interventi. In tali missioni sono stati spesso coinvolti giornalisti e anche per due
volte rappresentanti dei donatori estratti a sorte dalle imprese delle telecomunicazioni.
In tal senso le missioni più importanti che hanno coinvolto anche il Comitato dei Garanti sono state
quella di fine giugno e quella di fine dicembre 2005.
Per concludere alcune criticità riguardano:
l’assenza di preventiva definizione degli obiettivi della raccolta fondi, anche se tale mancanza è
parzialmente giustificata dalla variabile tempo di cui si dirà più avanti, che non consentirà un’analisi
precisa ex-post del raggiungimento degli scopi per i quali si è sollecitata la donazione al pubblico;
l’assenza, per ora, di un bilancio economico-patrimoniale redatto secondo i principi contabili
internazionali con l’intervento di una società di revisione che ne possa certificare i contenuti. Infatti è
già complicato leggere un bilancio redatto secondo il metodo privatistico della partita doppia; uno
schema di bilancio con regole pubbliche potrebbe rendere impossibile la trasparenza dell’oggetto;
l’assenza, per ora, di una rendicontazione sociale che possa rappresentare puntualmente i benefici
apportati alle comunità attraverso la generosità degli italiani.
Osservazioni conclusive
Ci sono alcune riflessioni che emergono dal rapporto finale e da quanto fin qui scritto e che ci aiutano
a strutturare delle conclusioni.
1) La prima è che la variabile tempo ha giocato un ruolo fondamentale. Non c’è stato il tempo per
poter ricercare e rendere operative altre soluzioni alla grande spinta emotiva dei privati. Lo afferma
Oliva, il vicedirettore del TG5: “A fronte di una emergenza così vasta per dimensioni territoriali e per
ambiti coinvolti sarebbe stato importante sapere quali soggetti, per storia o per competenza, potevano
essere coinvolti nella gestione degli interventi. Più è ampio il panorama della catastrofe più è
necessario che ci siano soggetti forti diversificati. Tornando indietro il DPC sarebbe sempre uno degli
interlocutori da prendere seriamente in considerazione ma potrebbero essercene altri ugualmente
validi da vagliare (…). Questo però è un lavoro che dovrebbe esser fatto preventivamente perché poi
nell’emergenza si deve decidere tutto molto velocemente”.
© ActionAid International Italia – marzo 2006
79
Parte Seconda
MISSIONE TSUNAMI: CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI DI RACCOLTA FONDI
Nella dichiarazione di Oliva si legge comunque una considerazione critica sul fatto che non esista allo
stato attuale un’alternativa immediatamente e facilmente utilizzabile. È la stessa riflessione meno
diretta ma che emerge dalle parole di Salinari, quando afferma che è solo normativamente che si è
sancito l’intervento di riferimento economico e operativo della Protezione Civile (il “subcontractor”
come viene chiamato), e che manca invece la considerazione della società civile in una logica di
sussidiarietà orizzontale al fine di una più ampia, coordinata ed efficace azione nell’ambito delle
emergenze, come afferma Sergi, autorevole esponente del mondo delle ONG.
Quindi urgenza sì, ma senza che sia mai stata fatta una riflessione adeguata, e magari concertata, da
parte delle istituzioni pubbliche e delle istituzioni della società civile.
2) Una seconda riflessione segue la prima ed è basata su una semplice constatazione. Non è vero che
si tratta della prima volta che in Italia si affronta l’emergenza coinvolgendo in una stessa azione
pubblico e privato. La missione Arcobaleno non è così lontana (1999) eppure è una lezione dalla quale
si è imparato poco, in positivo e in negativo. Anche nei riferimenti all’interno del rapporto se ne parla
solo come un evento da non ripetere con la presunzione che nella Missione Tsunami gli errori fatti in
precedenza non sarebbero mai più stati commessi.
Ci sono tuttavia alcune mezze verità. Pare strano che diversi interlocutori non ricordino che in realtà ci
furono due Missioni Arcobaleno, la prima con gestione di fondi pubblici, che portò alle note faccende
poco chiare sulle quali non ci soffermiamo ma che la magistratura a suo tempo individuò, e la seconda
con gestione dei fondi privati, una cifra vicina ai 150 miliardi di lire, e quindi ben maggiore dei 47
milioni di euro raccolti per lo Tsunami, che furono utilizzati per progetti realizzati da ONG. Forse non
furono separate a sufficienza le due gestioni.
Purtroppo anche in occasione dello Tsunami si è ripetuta una commistione di fondi pubblici e privati,
con questi ultimi messi a disposizione di interventi pubblici: in occasione della Missione Arcobaleno il
Governo italiano non utilizzò infatti le cifre raccolte dai privati per finanziare progetti delle istituzioni,
che invece in occasione della Missione Tsunami hanno riguardato una cifra pari a ben oltre il 45% di
quanto donato dai privati. Purtroppo questo dato è dirimente nella valutazione del meccanismo
privato-pubblico di gestione dei fondi privati. Come ha ricordato recentemente Zamagni, si tratta di
una sussidiarietà al contrario: “È in corso una vera e propria sterilizzazione degli aiuti. Anziché essere
l’ente pubblico che sussidia il soggetto della società civile, succede che è la società civile che raccoglie
i fondi per poi darli in gestione a una struttura pubblica. Questo è un aspetto molto pericoloso che le
stesse ONG non tematizzano abbastanza. È la negazione del principio di sussidiarietà, chiedere ai
cittadini di fare il gesto di buon cuore, e la gestione, il modo di spesa rimane un affare privato, invece
di essere l’affare più pubblico che ci sia. L’agenzia pubblica può e deve essere efficiente, ma
un’agenzia pubblica per definizione non è in grado di produrre beni relazionali” e ancora “il rischio
dell’efficientismo potrebbe essere questo: io, ente pubblico, garantisco l’efficienza, che è cosa buona,
ma quando l’efficienza diventa l’unico parametro di giudizio scade nell’efficientismo”.
Le parole più chiare rispetto alle quali riflettere e riferite a suo tempo alla Missione Arcobaleno le
possiamo prendere a prestito da Giuliano Amato attraverso alcuni passaggi di un suo intervento
pubblico: “La Missione Arcobaleno è un modello in qualche modo misto, in cui c’è un iniziale, ma
molto limitato, ruolo di coordinamento pubblico, che fa da promotore e coordinatore di una raccolta di
fondi privati, non pubblici, e questo indiscutibilmente potenzia l’efficacia della raccolta. Il ruolo del
Governo però finisce lì. Il pubblico entra in questo modo: si costituisce un fondo che viene affidato
interamente ad una gestione privata, che poi opera sul campo e si coordina, anzi si subordina,
all’organismo di governo della zona in cui si trova, che è un organismo delle Nazioni Unite. La sua
caratteristica principale è di avere una grandissima prontezza operativa e immediatezza (…)”.
Infine Amato conclude sul perché è auspicabile che gli interventi vengano fatti direttamente dalle
ONG. “Fortunatamente Iddio ha inventato le ONG. È attraverso questo rapporto, che è comunque un
rapporto tra un essere umano e un altro essere umano che possono passare messaggi che non
suscitano barriere preventive, perché ci si guarda negli occhi e ci si parla in modo assolutamente
paritario. Questo è l’enorme vantaggio che ha il volontario, cioè di essere percepito come un essere
umano, e allora si può parlare, si può provare anche a convincere, si può provare a fare cambiare, si
può dire all’altro che sta sbagliando. Mentre io, Primo Ministro di un Paese industrializzato non lo
posso dire, ed è bene che non lo dica”.
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
L’aiuto umanitario nasce nel diritto internazionale principalmente come attività legata alla guerra. Fino
alla Prima Guerra Mondiale, l’azione umanitaria riguarda quasi esclusivamente i soldati coinvolti nel
conflitto, in particolare quelli che la Convenzione di Ginevra del 1863 definisce come non-combattenti:
i soldati feriti o imprigionati, ormai non più in grado di rappresentare un pericolo per il nemico. I civili,
che fino a quel momento non rappresentano più del 5% delle vittime di una guerra, entrano
prepotentemente in gioco come vittime - e quindi come potenziali beneficiari di assistenza - con la
Seconda Guerra Mondiale, con l’irruzione massiccia dei bombardamenti aerei nel teatro bellico, l’uso
del gas, delle mitragliatrici e di nuovi tipi di esplosivo (compreso quello nucleare). Inoltre, per la prima
volta la guerra provoca vasti movimenti di rifugiati e sfollati.
Il dopoguerra
Definiti, nel primo decennio del dopoguerra, i principali meccanismi giuridici che lo regolano, per circa
quarant’anni, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il sistema umanitario internazionale ha mantenuto
sostanzialmente la stessa struttura, fondata sul ruolo centrale della Croce Rossa, giuridicamente
radicato nelle Convenzioni di Ginevra e in altri patti internazionali, e su una robusta struttura operativa
fornita da alcune agenzie e programmi delle Nazioni Unite. Il contributo di alcune ONG internazionali,
per quanto legittimato dal diritto umanitario, non aveva mai costituito un fenomeno di particolare
rilevanza. Con poche eccezioni (ad esempio Médecins Sans Frontières) si trattava di organizzazioni
dedite principalmente ad attività di sviluppo, che intervenivano solo occasionalmente in caso di
disastro o conflitto armato.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’azione di assistenza si concentra sui conflitti che colpiscono Asia e
Africa negli anni ’50 e ’60, dalla Corea al Congo, dal Vietnam al Biafra. Inoltre, si cominciano a
utilizzare sistematicamente le organizzazioni umanitarie per portare assistenza internazionale nei
disastri naturali. È in questo ambito, in particolare, che le ONG di sviluppo concentrano i loro interventi
umanitari.
Dagli anni Ottanta alle Emergenze complesse
A partire dagli anni Ottanta, il panorama cambia con crescente rapidità. Innanzitutto perché la crescita
demografica nei PVS aggrava l’impatto delle crisi ambientali, aumentando in misura preoccupante il
numero di vittime (si pensi al milione di morti causato dalla carestia etiopica del 1984-85), e
sommando gli effetti della povertà acuta a quelli della vulnerabilità climatica.
In secondo luogo perché la fine della Guerra Fredda produce fenomeni d’instabilità grave in molti
Paesi fuorusciti dal controllo delle super-potenze, quadruplicando il numero dei conflitti in corso e
modificandone la natura. Anche in questo caso, gli effetti della vulnerabilità politica si sommano a
quelli della fragilità economica.
Nelle cosiddette “emergenze complesse” degli anni Novanta, oltre agli effetti devastanti delle crisi,
constatiamo il moltiplicarsi degli attori coinvolti. In Ruanda, dopo il genocidio del 1994, scendono in
campo oltre 400 organizzazioni, gran parte delle quali alla prima esperienza in contesto di crisi. Il
livello d’inefficienza che ne risulta porta alla morte “evitabile” di 150.000 persone. In Bosnia, durante
l’assedio di Sarajevo, erano presenti più di 3.000 persone provenienti da 250 organizzazioni. Tra
Kossovo, Albania e Macedonia, nel 1999, ne erano operative almeno 500. A Timor, 1.000. Nel
terremoto di Izmit (Turchia) 94 squadre di protezione civile internazionali (di urban search and rescue)
portano sul campo 2.700 operatori in 72 ore. In Darfur, nel marzo del 2004, c’erano 200 operatori
umanitari, alla fine dello stesso anno erano diventati 9.100.
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81
Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
Grafico 2 Rilevanza degli attori dell’emergenza
NAZIONI UNITE
Il fenomeno non riguarda soltanto le ONG. Se guardiamo allo UNHCR (l’Alto Commissariato per i
Rifugiati) che, come molte altre agenzie delle Nazioni Unite, opera attraverso cosiddetti “implementing
partner”, vediamo che anche i partner governativi e quelli UN sono aumentati in modo esponenziale
nel periodo 1983-1995.
Lo stesso discorso vale per le altre agenzie UN coinvolte ormai strutturalmente nella risposta alle crisi:
• United Nations Development Programme (UNDP)
• United Nations Volunteers (UNV)
• United Nations Fund for Population Activities (UNFPA)
• United Nations Children’s Fund (UNICEF)
• World Food Programme (WFP)
• Food and Agriculture Organisation (FAO)
• World Health Organisation (WHO),
• International Labour Organisation (ILO)
• United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR)
• Office of the High Commissioner for Human Rights (OHCHR)
e numerose altre.
Nel 1997, il Segretario Generale decide di trasformare il vecchio Dipartimento degli affari umanitari
(DHA) in ufficio di coordinamento, affidandone la direzione a Sergio Vieira de Mello. L’ Office for
Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) è l’unica componente del Segretariato che si
occupa specificamente di questioni umanitarie. Il mandato di OCHA consiste nel mobilizzare e
coordinare le operazioni di aiuto umanitario in collaborazione con attori nazionali e internazionali.
OCHA quindi è una entità non operativa, nel senso che non svolge operazioni umanitarie in proprio,
ma si limita a coordinare le azioni compiute da altri. OCHA gioca anche un ruolo molto importante
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82
Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
nella mobilizzazione delle risorse finanziarie (attraverso gli appelli umanitari interagenzia denominati
Consolidated Appeal Process) e nel coordinare lo sviluppo delle politiche della comunità umanitaria.
Croce Rossa
La natura delle emergenze complesse rende sempre più critico il ruolo del Comitato Internazionale
della Croce Rossa (ICRC), che si vede sempre più spesso affiancato dalla Federazione (IFRC) e
dalle società nazionali, che sempre più numerose partecipano alle operazioni, spesso introducendo
una certa confusione di mandati. I compiti svolti dal ICRC comprendono:
•
•
•
•
•
•
•
•
visite ai prigionieri di guerra e ai detenuti civili;
ricerca di persone scomparse;
riunificazione delle famiglie separate dalla guerra;
trasmissione di messaggi tra membri della stessa famiglia attraverso la linea del fronte;
distribuzione di cibo, acqua e fornitura di assistenza sanitaria alle popolazioni che ne sono private;
disseminazione delle norme del Diritto Internazionale Umanitario, particolarmente tra le forze
armate;
controllo dell’applicazione della Convenzione di Ginevra;
segnalazione delle violazioni e contributo all’ulteriore sviluppo del Diritto Internazionale
Umanitario.
ECHO
Fondato nel 1991 e operativo dal 1992, l’Ufficio umanitario della Comunità europea (oggi Ufficio di
aiuto umanitario) è diventato rapidamente il massimo donatore di aiuto umanitario al mondo, con un
budget fisso di circa 200 milioni di euro che, integrato da allocazioni straordinarie, ha raggiunto nel
1999 la cifra di 812 milioni di euro. ECHO non è una “banca” umanitaria ma un organismo con
capacità di elaborazione strategica e di coordinamento. Fin dall’origine ECHO ha lavorato secondo un
meccanismo di partnership che prevede la selezione di organizzazioni di provata capacità. Queste sono
rappresentate per il 60-70% da ONG, per il 10% dalla famiglia della Croce Rossa e per la parte
restante da agenzie o programmi delle Nazioni Unite. Queste agenzie firmano un contratto quadro di
partenariato (Framework Partnership Agreement - FPA) che stabilisce a priori i termini del rapporto
finanziario, le norme generali e i termini dell’accordo operativo, in modo di rendere celere e semplice
la procedura di finanziamento dei progetti al momento della loro approvazione. Lo FPA, già rivisto e
aggiornato in tre occasioni, dal 1992 a oggi, si è rivelato uno strumento estremamente efficace e
flessibile.
Di recente ECHO ha cambiato il suo status da ufficio autonomo in direzione generale, il che porterà
probabilmente a una serie di cambiamenti di portata più vasta sul piano politico e strategico.
Grafico 3 Il budget di ECHO 1991 – 2004 (in milioni di euro)
900
812
764
800
692
700
657
605
600
441
500
570
491
368
400
300
544 539
517
600
195
200
100
0
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Fonte: ECHOSTAT.
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
I militari
Fino alla fine degli anni Novanta, la presenza di forze militari internazionali sul terreno si caratterizza
quasi sempre per un ruolo neutrale, di sostegno alle azioni umanitarie. Con rare eccezioni (ad esempio
in Somalia) le truppe di peacekeeping si muovono in coerenza con il mandato generale di assistenza
della comunità internazionale. Per quanto i militari partecipino, con grandi numeri, alla moltiplicazione
degli attori in campo, in molti casi il loro contributo è determinante per migliorare la logistica e la
sicurezza delle operazioni. Più limitato il loro contributo al coordinamento, in quanto portano una
visione della cooperazione molto diversa da quella delle organizzazioni civili, e dopo qualche tentativo
di affidare loro la responsabilità di coordinare le azioni, si preferirà conferirle a un civile.
Le ONG
La moltiplicazione delle ONG è chiaramente dimostrata da un dato: all’inizio della sua attività, ECHO
collaborava con 25 ONG partner in Europa. Nel 1999, erano diventate circa 250, mentre altrettante
attendevano di poter firmare l’accordo di partenariato.
A partire dalla metà degli anni Novanta, le ONG assorbono circa due terzi della spesa umanitaria
mondiale e sono le esecutrici di circa l’80% delle azioni. Per quanto quasi 1.000 ONG siano state in
qualche modo coinvolte nelle operazioni degli ultimi dieci anni, solo 260 in tutto il mondo possono
essere considerate propriamente organizzazioni umanitarie, dotate di capacità tecniche e profilo
deontologico idonei.
Grafico 4 ECHO funding 2001 – 2004 based on allocations as at 25.01.2005
Fonte: ECHOSTAT
Agenzie governative
La presenza di agenzie direttamente riferibili ai governi donatori si fa marcata a partire dalla fine della
guerra in Bosnia (1995), nella gestione diretta dei programmi di ricostruzione, e si affianca a una
presenza militare che sempre più spesso si dispiega senza il “cappello” delle Nazioni Unite. Verso la
fine degli anni Novanta, in coincidenza con la guerra del Kossovo, mentre in campo militare si parla di
Operations Other Than War (OOTW), il ruolo diretto dei governi ha un impatto spesso negativo sulla
neutralità reale o percepita delle azioni umanitarie.
Questo riguarda anche le Protezioni Civili, fino ad allora utilizzate quasi esclusivamente in ambito di
disastri naturali, per operazioni di search and rescue. Come nel caso dell’italiana Operazione
Arcobaleno, la Protezione Civile entra a far parte dell’impegno governativo diretto. Purtroppo, in quel
caso, di un governo schierato nel conflitto.
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
Il Meccanismo europeo di protezione civile
Con una decisione del 1999, la Commissione Europea dà seguito alle decisioni del Consiglio
dell’Unione, creando un programma comunitario nel campo delle protezione civile “per rafforzare i
meccanismi di prevenzione, preparazione e risposta ai disastri naturali e/o provocati dall’uomo”, nel
periodo 1999-2004. Successivamente la decisione verrà estesa a tutto il 2006.
Lo EU's Civil Protection Mechanism viene adottato nel 2001, in coincidenza con gli attacchi dell’11
settembre, e in vista delle loro possibili conseguenze in termini di atti terroristici. Si esplica
efficacemente in occasione delle inondazioni dell’Europa Centrale e Orientale del 2002 e degli incendi
forestali dell’estate 2003. Nelle intenzioni, il Meccanismo dovrebbe concentrarsi sul miglioramento
della risposta all’emergenza in ambito europeo.
L’iniziativa si accompagna a quella della creazione di un Fondo di solidarietà europeo, della
consistenza di circa un miliardo di euro, destinato a riabilitare immediatamente infrastrutture
importanti quali l’energia, la fornitura d’acqua, le comunicazioni, i trasporti, i servizi sanitari; la
sistemazione temporanea per gli sfollati e per le squadre di soccorso; la sicurezza di infrastrutture
critiche come le dighe etc.
Il Meccanismo si occupa anche di coordinamento di operazioni in Paesi terzi, sottolineando il ruolo
circoscritto della Protezione Civile in caso di aiuto umanitario
“Civil protection assistance typically includes activities such as search and rescue, evacuation, fire
fighting, medical expertise/equipment, field hospitals, and other specialised activities, such as
detection, analysis, measurement, safety and security/decontamination in case of nuclear,
bacteriological, radiological or chemical incidents. Civil protection assistance is only provided in
response to a request from the relevant state and the response is decided in agreement with the EU
presidency”, 112
in considerazione della natura peculiare dell’aiuto umanitario,
“Humanitarian aid aims at saving lives and alleviating suffering during and in the aftermath of manmade crises and natural disasters and must be guided by the humanitarian principles of humanity,
impartiality, neutrality and independence” 113.
Il testo della decisione sottolinea anche il ruolo centrale di ECHO nell’ambito specificatamente
umanitario a livello europeo. Per quanto riguarda l’azione di coordinamento, la protezione civile deve
integrarsi con il sistema Nazioni Unite e con gli altri attori umanitari per l’esecuzione di azioni
“complementari”, attraverso meccanismi come lo UN Disaster Assessment and Coordination (UNDAC),
e lo Inter-Agency Standing Committee (IASC), e sotto il coordinamento di OCHA.
“Complementary humanitarian operations under the specific mandates of international humanitarian
organisations, e.g. UN OCHA for international aid coordination, UNHCR for refugees, UNICEF for
children, ICRC for the protection of civilians and prisoners) and under the umbrella of the IFRC, the
National Red Cross or Crescent societies on the spot, will also be underway in a given emergency. In
such circumstances, the assistance provided through the Community Mechanism will take place in
close cooperation with all other international actors in order to ensure full complementarity”114.
112 Commission OF THE European Communities - “Reinforcing the Civil Protection Capacity of the European Union” COM(2004) 200 final Brussels, 25.03.2004.
113 Ibidem.
114 Ibidem.
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
Altre proposte europee
Un’altra proposta avanzata in diverse sedi è quella della costituzione di un corpo di “Caschi blu
umanitari”, ovvero di una forza permanente di pronto intervento da impiegare in tutto il mondo. Una
“protezione civile globale” che, per essere significativa, dovrebbe contare su parecchie migliaia di
uomini e comporterebbe costi fissi elevatissimi, il che non sembra realistico in questa fase economica.
In linea è anche l’iniziativa, integrata nel testo della Costituzione Europea, per la creazione di un corpo
di volontari europei da impiegare in azioni umanitarie, nello sforzo di caratterizzare la capacità
continentale di operare autorevolmente nel settore della gestione delle crisi, mediante un sistema
basato sull’uso sistematico di militari, protezioni civili e volontariato. In sostanza, l’Unione si propone
come attore umanitario “statale”, in una curiosa contrapposizione tra un umanitarismo “privato e di
mercato”, basato principalmente sulla collaborazione tra organismi internazionali e ONG, e un
umanitarismo “di stato”, burocratico e semi-militare. E per motivi che sembrano prescindere dai
bisogni umanitari.
Queste proposte - e la messa in opera di questo concetto dell’aiuto - sembrano infatti voler affrontare
dei nodi politici più che dei problemi operativi.
Il coordinamento internazionale
La “macchina umanitaria” mondiale si articola in una serie di agenzie autonome quali la Croce Rossa,
nelle sue diverse articolazioni; in un gruppo di servizi delle Nazioni Unite che, negli anni, hanno
assunto il ruolo di enti di guida e coordinamento; e in una “forza lavoro” specializzata, formata da un
migliaio di ONG internazionali e decine di migliaia di organizzazioni locali, e alcune agenzie
governative, come la Protezione Civile. Quando è necessario, anche i militari partecipano alle
operazioni umanitarie con i loro imponenti ma costosi mezzi logistici. La validità del sistema sta nella
sua flessibilità, articolato com’è in un nucleo ristretto di strutture fisse e un vasto numero di partner,
da attivare rapidamente solo quando necessario. Il tutto funziona grazie al coordinamento delle
Nazioni Unite, attraverso l’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) e al ruolo
strategico dell’ufficio umanitario europeo ECHO.
Come spesso accade in queste evenienze, la crisi è stata l’occasione per una vasta produzione di
“grandi idee” su chi e come debba gestire gli aiuti. La decisione di affidarsi alle Nazioni Unite presa
dalla conferenza dei Paesi donatori di Giacarta del 6 gennaio 2005, rappresenta una scelta di
concretezza e realismo: l’Onu è infatti l’unica organizzazione al mondo in grado di coordinare
un’operazione umanitaria di tanta ampiezza e complessità, ha sviluppato gli strumenti idonei a farlo e
ha accumulato una lunga esperienza in questo campo.
Ma l’eccessiva politicizzazione della crisi dello Tsunami solleva molte preoccupazioni in termini di
coordinamento. Mai come in questo caso, i Paesi donatori hanno proceduto alla ricerca di una visibilità
individuale, sottolineata da grandi azioni mediatiche. Eppure, tutti reclamavano a gran voce un
coordinamento centrale delle operazioni, un’esigenza peraltro discutibile, dato che i Paesi della zona
sono dotati di solidi governi.
La gestione della risposta alle emergenze nei sistemi umanitari nazionali e il caso Italia
Per quanto la casistica sia molto ampia, in termini generali la risposta alle emergenze, a livello
nazionale dei principali Paesi donatori, viene normalmente affidata al Ministero degli Esteri o, con
frequenza minore, al Ministero (o all’Agenzia) per la Cooperazione.
La scelta del primo deriva - tecnicamente - dalla necessità di assicurare il massimo coordinamento con
le autorità nazionali del Paese colpito, attraverso il sistema delle Ambasciate, che normalmente
dispongono anche di fondi propri per questi casi. Nel caso di conflitti o di crisi politiche, la scelta dei
MAE viene spiegata anche dalla necessità di intervenire con un sufficiente livello di consapevolezza
“politica”.
L’intervento umanitario a più lungo termine, nel caso di processi “post” o di crisi croniche,
abitualmente viene affidato alle istituzioni che si occupano anche di cooperazione allo sviluppo, più
attrezzate a interventi a lungo termine.
In alcuni casi, i governi esplicano anche una quota limitata di operatività diretta in ambiti limitati. È il
caso, per esempio, dell’Office for Foreign Disaster Assistance (OFDA) parte dell’agenzia di sviluppo
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
americana USAID, che integra forze governative e ONG nelle operazioni di assessment. O quello della
GTZ tedesca, nel campo dell’assistenza tecnica.
L’Italia ha storicamente fornito risposte “occasionali” all’emergenza, mancando di una politica di
sistema al riguardo. Benché esista all’interno del MAE un Ufficio emergenze, questa struttura è sempre
stata sottodimensionata rispetto alle esigenze, e di volta in volta si sono adottate soluzioni ad hoc,
incaricando Ministeri diversi (Esteri, Solidarietà Sociale, Interno) o nominando commissari speciali, o
delegando il compito alla Croce Rossa Italiana o alla Protezione Civile, organismi esecutori per
eccellenza.
In sostanza, non esiste nel nostro Paese una struttura dotata di poteri adeguati e di competenze
specifiche utili alla gestione della risposta alle crisi umanitarie, in considerazione della complessità
degli aspetti politici, etici, tecnici, economici e sociali di queste catastrofi.
Anche la limitata presenza italiana nei meccanismi di coordinamento internazionale è sintomatica di
una debolezza generale del sistema. Nel caso dell’intervento italiano, il DPC ha partecipato alle
iniziative di coordinamento solo per i primi tre mesi, rendendole poco incisive. Rispetto alle buone
pratiche consolidate in materia di condivisione di informazioni e documenti di valutazione e analisi e di
elaborazione metodologiche, non appare evidente un apporto significativo da parte dell’Italia. Ad
esempio, nel caso dei maggiori canali specializzati, come i siti di Relief Web, Alnap e Alertnet, non si
trovano contributi italiani a eccezione di comunicati stampa e interviste. La documentazione
disponibile non evidenzia in particolare la partecipazione allo IASC, l’Inter Agency Standing Committee
per il coordinamento dell’azione umanitaria.
A livello non governativo la situazione non sembra molto migliore. Per quanto la crescita delle ONG
italiane nell’ambito umanitario sia stata un fenomeno di riguardo negli anni Novanta, a questa non ha
corrisposto la creazione di efficaci meccanismi di coordinamento tra ONG a livello operativo. E neppure
nel campo della raccolta di fondi, in cui non esiste un sistema paragonabile al Disaster Emergency
Committee britannico, che dal 1964 riunisce le 15 principali ONG in campagne comuni, o di sistemi
analoghi esistenti in Svizzera, Germania, Paesi Bassi, Irlanda e altri.
Il quadro normativo italiano
L’intervento del DPC dall’emergenza alla ricostruzione
L’intervento italiano nelle regioni colpite dallo Tsunami del 26 dicembre 2006 ha presentato, alla luce
di quanto emerge da questo studio, alcune caratteristiche particolari. La comprensione in termini
oggettivi di tali peculiarità è di primaria importanza per poter valutare lo stato e l’evoluzione del
sistema della cooperazione in Italia. Ora, l’intervento italiano nelle aree colpite dallo Tsunami si è
caratterizzato per la preponderanza dell’azione della Protezione Civile nel promuovere in primis le
azioni di emergenza e poi quelle di ricostruzione rispetto agli altri attori tradizionalmente presenti
nell’ambito della cooperazione allo sviluppo e in particolare rispetto alla Direzione Generale della
Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Esteri (DGCS).
L’azione della DPC è stata resa possibile grazie all’attivazione di poteri pubblici specifici a carattere
straordinario propri della Pubblica Amministrazione (poteri di ordinanza) che hanno di volta in volta
consentito il passaggio dall’azione di emergenza a quella di ricostruzione, compresa la possibilità di
gestire dei fondi di origine privata.
Nei giorni immediatamente successivi al maremoto, il Dipartimento della Protezione Civile svolge
tempestivamente la sua attività di primo soccorso. In base alla normativa in vigore e all’appartenenza
alla rete internazionale delle Protezioni Civili di altri Paesi europei, il DPC opera a partire della
dichiarazione dello stato di emergenza, si avvale del potere di ordinanza e svolge la sua attività
primaria di soccorso.
Tuttavia, nei giorni a seguire, a seguito della richiesta da parte dei donatori di gestire i fondi raccolti
da soggetti privati di varia natura, l’attività del DPC, a partire da quella svolta di primo soccorso e
grazie a questa, si diversifica e si amplia. Sempre avvalendosi del potere di ordinanza che autorizza di
volta in volta le varie attività, il DPC entra a pieno titolo nell’attività di aiuto umanitario e di
ricostruzione. Tale ingresso si rende possibile grazie alla reputazione di efficienza e tempestività di
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
intervento acquisita dalla Protezione Civile nel corso delle sue operazioni sul territorio nazionale e, in
passate occasioni, anche a livello internazionale (terremoto di Bam in Iran).
Le attività di ricostruzione promosse dal Dipartimento della Protezione Civile si sostanziano nella
gestione dei fondi privati, nella loro distribuzione alle ONG e ad altre istituzioni private, ma anche nella
gestione diretta di progetti di ricostruzione. Circa il 48% dei fondi raccolti viene utilizzato per progetti
gestiti direttamente dalla Protezione Civile.
Per valutare appieno la portata innovativa di tale intervento è utile richiamare brevemente il quadro di
riferimento entro il quale agisce la Protezione Civile in Italia.
Il Sistema nazionale della Protezione Civile
Diversamente da quanto avviene in altri Paesi europei, dove la funzione della Protezione Civile è
assegnata a una singola istituzione o a poche strutture pubbliche, in Italia sono coinvolte sia
l’organizzazione centrale dello Stato sia quella periferica, così come parti della società civile. Si tratta di
una rete di soggetti che di fatto erogano i diversi servizi nei quali si articola la funzione della
Protezione Civile.
Così come risulta dai diversi interventi normativi che si sono susseguiti nel corso degli anni, la nascita
del Sistema Nazionale della Protezione Civile appare strettamente connessa da un lato con lo sviluppo
di una politica di gestione e tutela del territorio e dall’altro con i mutamenti nei rapporti tra Stato ed
Enti Locali. Il sistema attuale è il frutto di numerosi interventi (e ripensamenti) normativi che hanno
portato anche a ipotizzare l’istituzione di una “Agenzia” (così come emergeva dal d.l. n.300/1999) con
conseguente unicità nell’esercizio della funzione di protezione civile e soprattutto ipotizzando la
separazione tra indirizzo politico e gestione di tipo amministrativo. Come noto, non si è mai arrivati
alla costituzione di un’Agenzia e i successivi interventi normativi hanno visto il mantenimento del
Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri già introdotto con
la Legge n.225 del 1992.
L’attuale modello del servizio nazionale, come emerge dalla Legge n.401/2001, prevede la presenza
congiunta di varie tipologie di soggetti pubblici e privati, territoriali e nazionali. La Legge stabilisce che
l’organo di indirizzo politico e di coordinamento della protezione civile è il Presidente del Consiglio che
determina le politiche di protezione civile; detiene i poteri di ordinanza; coordina le attività delle varie
componenti del servizio nazionale. Per lo svolgimento di dette attribuzioni il Presidente del Consiglio si
avvale del Dipartimento della Protezione Civile.
Il Dipartimento svolge tutte le attività tecniche e operative d’intesa con le diverse componenti del
sistema (regioni, prefetto, Enti Locali), ma anche con alcune strutture operative nazionali quali il
Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, le Forze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo Forestale dello Stato,
i servizi tecnici nazionali, i gruppi nazionali di ricerca scientifica, l’istituto nazionale di geofisica, la
Croce Rossa Italiana e le organizzazioni di volontariato.
Il Sistema si attiva grazie alla dichiarazione dello stato di emergenza e al potere di ordinanza da parte
del Presidente del Consiglio così come previsti dalla Legge del 24 febbraio 1992, n.225. Volendo
risalire ai principi generali dai quali deriva il potere di ordinanza si ritrova la potestà di supremazia a
carattere generale che lo Stato e gli enti pubblici territoriali possiedono nei confronti di tutti i soggetti
residenti sul territorio nazionale. L’articolo 5 della Legge citata prevede che al verificarsi di eventi di
particolare gravità definiti all’articolo 2 (tre categorie di eventi calamitosi tra cui “calamità naturali,
catastrofi ed altri eventi” i quali hanno una tale intensità da richiedere degli interventi straordinari), il
Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, delibera lo stato di
emergenza, determinandone la durata e l’estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità e alla
natura degli eventi. Al venire meno dei relativi presupposti, con le medesime modalità si procede
all’eventuale revoca dello stato di emergenza. Per l’attuazione degli interventi di emergenza si
provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi
dell’ordinamento giuridico. Le ordinanze emanate in deroga debbono contenere l’indicazione delle
principali norme a cui si intende derogare e debbono essere motivate.
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
L’attività internazionale del Dipartimento della Protezione Civile
La normativa cui si è fatto cenno nel paragrafo precedente non prevede esplicitamente l’attività
internazionale de DPC. D’altra parte il Sistema della Protezione Civile viene concepito a partire dallo
sviluppo della politica di gestione del territorio nazionale ed è quindi naturale che il legislatore non
abbia previsto che tale funzione potesse estendersi sistematicamente all’estero. In tale ambito è
inoltre già attiva la Croce Rossa Italiana.
Tuttavia l’eventuale attività internazionale della DPC non è esclusa. Tale attività si è già sostanziata in
passato nella partecipazione a interventi di emergenza all’estero, spesso coordinati a livello europeo.
Si tratta fondamentalmente di interventi di emergenza, primo soccorso e assistenza medica (si
ricordano, ad esempio, quelli a seguito del terremoto in Algeria e in Iran). Nell’ambito dell’attività di
prevenzione a medio e lungo termine, il DPC ha sviluppato con le altre Protezione Civili reti di
informazioni e di monitoraggio, prevalentemente in campo idrogeologico.
È solo successivamente allo Tsunami però che l’attività internazionale del DPC si “istituzionalizza”
estendendosi anche alla promozione di progetti di ricostruzione. Ciò avviene attraverso gli strumenti
propri della DPC a livello nazionale, vale a dire attraverso l’utilizzo del potere di ordinanza. Che, si
ricorda, costituisce un potere avente carattere eccezionale, legato alla gravità e alla contingenza di
una situazione di calamità. E che, come tutti i poteri aventi carattere eccezionale, deve essere
delimitato nel tempo e nello spazio.
Le ordinanze principali che autorizzano il DPC a operare all’estero sono:
•
•
•
•
l’Ordinanza n.3389 del 26 dicembre 2004 – Disposizioni di protezione civile finalizzate a
fronteggiare le situazioni di emergenza nell’area del Sud est Asiatico che autorizza il Dipartimento
della Protezione Civile ad assumere tutte le iniziative e gli interventi utili a consentire, anche alle
componenti e alle strutture di protezione civile, di operare nell’attuale contesto calamitoso
assicurando ogni possibile assistenza a coloro che si trovano nelle zone interessate dagli eventi;
l’Ordinanza n.3390 del 29 dicembre 2004 che autorizza il Dipartimento della Protezione Civile a
ricevere risorse derivanti da donazioni e atti di liberalità da destinare all’attuazione delle iniziative
di cui all’Ordinanza precedente. Il Dipartimento viene autorizzato a impiegare dette risorse
utilizzando procedure di somma urgenza per assicurare ogni possibile tipo di soccorso e assistenza
alle popolazioni colpite dagli eventi calamitosi, anche mediante la fornitura di beni, servizi e la
realizzazione di opere;
l’Ordinanza n.3392 del 8 gennaio 2005 che sancisce l’assegnazione dei fondi raccolti con le
sottoscrizioni private alla Protezione Civile e definisce anche la deducibilità dal reddito imponibile
dei contributi offerti. L’Ordinanza prevede inoltre che “Il Capo del Dipartimento della Protezione
Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, definisce, in raccordo con il Ministro degli Affari
Esteri, le necessarie iniziative di assistenza alle popolazioni provvedendo alla realizzazione degli
interventi e delle opere finalizzate al superamento dell’emergenza stessa”;
l’Ordinanza n.3394 del 18 gennaio 2005 attraverso il quale viene istituito un conto corrente
specifico sul quale fare confluire al Fondo della Protezione Civile i contributi raccolti da Vodafone,
Wind, Telecom Italia Mobile, Telecom, Rai e Mediaset.
L’estensione dell’attività della Protezione Civile
All’origine della decisione di intervenire nell’ambito della ricostruzione nelle zone colpite dallo Tsunami
vi sono:
• la presenza in quelle zone del DPC per gli interventi di primo soccorso;
• la scelta da parte di un comitato di donatori privati (prevalentemente soggetti attivi nel settore
delle telecomunicazioni) di attribuire dei fondi al DPC, decisione presa anche per la buona
reputazione di cui gode il Dipartimento, acquisita nel corso di precedenti situazioni di emergenza
nazionali e internazionali;
• la capacità del sistema di prendere delle decisioni tempestivamente in virtù del potere di
ordinanza di cui si è detto sopra;
• la crisi del sistema della cooperazione che crea di fatto un vuoto istituzionale: fondi in
diminuzione, interventi soggetti a istruttorie con procedure lunghe. Oltre un anno dopo l’evento, il
Ministero degli Esteri ha destinato 70 milioni di euro per tutta le aree colpite dallo Tsunami ma ne
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
ha speso circa la metà. La parte preponderante degli aiuti gestiti dal Ministero degli Esteri (circa
16 milioni di euro) dovrebbe finanziare organizzazioni sopranazionali (FAO, OMS, WFP, OIM).
Queste circostanze creano il presupposto di quello che appare un vero e proprio cambiamento nella
natura nell’attività del Dipartimento della Protezione Civile che passa così dall’emergenza alla
ricostruzione a livello internazionale.
A sua volta, l’attività di ricostruzione comprende: la possibilità di ricevere dei fondi privati, la gestione
di tali fondi; la scelta delle zone nelle quali intervenire; l’attribuzione dei fondi privati a soggetti di
varia natura (ONG, organismi sovranazionali); l’intervento diretto in progetti di ricostruzione con fondi
privati ma anche con fondi propri; il coordinamento dei vari soggetti appartenenti al Sistema (Regioni,
Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), ma anche di soggetti terzi che a vario titolo e con competenze
diverse si occupano di cooperazione (ONG).
Il concatenamento delle decisioni sopra accennato evidenzia una particolare relazione causale tra
pubblico e privato: la spinta a effettuare un intervento da parte di un organismo pubblico (il
Dipartimento per la Protezione Civile), sulla base di un “potere normativo” a carattere straordinario (il
potere di ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile a livello
nazionale) può essere fatta risalire a un’istanza privata (il Comitato dei Donatori).
Si può dire che le caratteristiche di urgenza (che portano alla dichiarazione dello stato di emergenza)
che normalmente sono alla base dell’utilizzo del potere di ordinanza in questo caso possono essere
ricondotte solo alle ordinanze del DPC dei giorni immediatamente successivi allo Tsunami.
Successivamente l’estensione del potere del DPC si avvale di ordinanze che, seppure motivate con le
caratteristiche dell’urgenza, in realtà rispondono anche all’esigenza di impiegare tempestivamente le
cifre raccolte in progetti di ricostruzione. Una conseguenza dell’emergenza? Oppure della decisione di
attribuire i fondi raccolti tramite l’invio di SMS alla Protezione Civile? Di certo, la raccolta di fondi nasce
dalla solidarietà dei cittadini e dalla loro volontà di fare qualcosa per rispondere a una catastrofe di
vastissime proporzioni. Ma innesca un meccanismo molto più ampio che finisce con l’avere
conseguenze sull’intero sistema degli aiuti pubblici allo sviluppo. E uno degli ingranaggi attraverso il
quale questo sistema riesce a funzionare è proprio l’utilizzo esteso del potere di ordinanza.
Le modifiche legislative a seguito dell’intervento del DPC in Sri Lanka
(d.l. n.50 del 31 maggio 2005 recante “Disposizioni urgenti in materia di Protezione Civile” convertito
in Legge del 26 luglio 2005, n.152)
L’intervento della Sistema della Protezione Civile nelle aree colpite dallo Tsunami ha creato il
presupposto per delle modifiche di tipo legislativo, promosse dalla Presidenza del Consiglio attraverso
l’utilizzo del Decreto Legge. Ciò avviene cinque mesi dopo la dichiarazione dello stato di emergenza
nel maggio del 2005. Infatti, il d.l. n. 50 del 31 maggio 2005 recante “Disposizioni urgenti in materia
di protezione civile”, convertito in Legge del 26 luglio 2005, n.152 sancisce l’estensione dei poteri della
Protezione Civile all’estero all’articolo 4 comma 2.
Viene infatti stabilito che, ferme le competenze in materia di cooperazione del Ministero degli Affari
Esteri, l'articolo 5 della Legge 24 febbraio 1992, n. 225, e l'articolo 5-bis, comma 5, del Decreto Legge
7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 novembre 2001, n. 401, si
applicano anche agli interventi all'estero del Dipartimento della Protezione Civile, per quanto di
competenza in coordinamento con il Ministero degli Affari Esteri. Si tratta in sostanza della definizione
di stato di emergenza e di grande evento e del relativo potere di ordinanza che vengono estesi agli
interventi all’estero della Protezione Civile. Anche in questo caso tutte le funzioni di indirizzo in materia
di protezione civile fanno capo al Presidente del Consiglio.
Il D.L consente alla DGCS di chiedere l’emanazione di ordinanze specifiche in materia di interventi
urgenti. Sembra questo un intervento speculare a quello della Protezione Civile, laddove le
competenze del MAE in materia di interventi straordinari si potranno accompagnare alla possibilità di
chiedere delle ordinanze specifiche. Viene inoltre rifinanziata l’unità di crisi del Ministero degli Esteri
per il triennio 2005-6-7.
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
Con l’entrata in vigore della Legge n.152/2005 viene sancito definitivamente l’ingresso del
Dipartimento della Protezione Civile (e di tutti i soggetti che fanno parte del Sistema Nazionale della
Protezione Civile) nel novero dei soggetti attivi nel settore degli aiuti umanitari e, latu sensu, della
cooperazione allo sviluppo. Nei paragrafi che precedono si sono visti i limiti degli interventi posti in
essere, limiti che permangono nell’impianto definitivo dato dalla Legge.
Quest’ultima delinea un sistema che si avvale del potere di ordinanza attribuito a due organismi
pubblici per svolgere progetti di aiuto umanitario. La Legge sembra riferirsi a situazioni di emergenza a
carattere straordinario, ma l’esperienza dello Tsunami ha mostrato che non vi è stata nell’ottica della
politica degli interventi una distinzione tra il breve e il lungo periodo, tra emergenza e sviluppo.
L’estensione delle attività della Protezione Civile alla gestione di progetti di lungo periodo, all’attività di
erogazione di fondi privati ha creato nei fatti una sovrapposizione di competenze con il Ministero degli
Esteri che la Legge n.152/2005 non può che aggravare, attribuendo a entrambi i soggetti la facoltà di
richiedere l’emanazione di ordinanze. La sovrapposizione delle competenze e la facoltà di richiedere
delle procedure di urgenza non possono che aumentare la confusione sulle modalità di intervento in
assenza di un coordinamento tra le due istituzioni. Coordinamento che alla prova dei fatti è stato
carente.
Se inoltre il potere di ordinanza viene utilizzato per accelerare le procedure e se a questo si collega la
facoltà di utilizzare tempestivamente fondi privati, il pericolo di creare tensioni competitive improprie
tra DPC e MAE per aggiudicarsi la gestione di eventuali raccolte di fondi è reale. Tutto ciò a discapito
dell’efficacia degli interventi.
I criteri di scelta delle aree di intervento
A seguito dell’incontro del 20 gennaio con il Comitato dei sottoscrittori la Protezione Civile, in una nota
informativa, chiarisce che il quadro degli interventi verrà predisposto, una volta acquisito il consenso
dei Paesi interessati e ottenuta la necessaria approvazione in ambito governativo. Il quadro così
delineato verrà sottoposto ai rappresentanti dei donatori.
La scelta da parte della Protezione Civile delle aree dove intervenire sembra essersi basata sui
seguenti criteri:
• la presenza in loco nei giorni immediatamente successivi al maremoto;
• il contatto con i governi locali;
• il consenso da parte dei donatori.
Sulla base di quanto dichiarato dallo stesso DPC sembra che il Governo dello Sri Lanka sia stato l’unico
a richiedere l’intervento italiano della Protezione Civile. Trovandosi già lì il DPC decide di utilizzare le
ingenti somme raccolte esclusivamente nello Sri Lanka. Questa scelta ha tutte le caratteristiche di una
decisione condizionata da aspetti di carattere politico (rapporto tra governi). Risulta difficile ravvisare
nell’intervento del DPC quelle caratteristiche di indipendenza dalle logiche della politica estera che
sono alla base degli interventi umanitari, ad esempio delle organizzazioni non governative.
Tale criterio è infatti ampiamente citato nel Codice Di Condotta relativo agli aiuti umanitari sottoscritto
dalla Croce Rossa Internazionale e da alcune ONG. I criteri di intervento contenuti nel CdC sono
fondamentali in tema di aiuto umanitario, in quanto discendono naturalmente dalle caratteristiche di
necessità e urgenza proprie alla tutela del diritto alla vita. Oltre all’”imperativo umanitario di priorità
assoluta” il Codice stabilisce che “l’aiuto è portato senza alcuna considerazione di razza, credenza o di
nazionalità dei beneficiari e senza discriminazioni di alcun genere. Le priorità di assistenza sono
determinate in funzione dei soli bisogni”. Inoltre, “l’aiuto non sarà utilizzato al servizio di convinzioni
politiche o religiose di qualunque tipo”. Infine, il CdC sottolinea la necessità di “non essere lo
strumento della politica estera dei governi” e di “fondare gli interventi sulle capacità locali”.
Nel corso di questo studio l’assenza di indipendenza dal potere politico emerge nel momento di
scegliere le aree dove impiegare i fondi raccolti. Infatti, lo stesso DPC afferma che la scelta di
intervenire in Sri Lanka è derivata dal fatto che è stato quello stesso Governo a chiederlo, mentre gli
altri governi non hanno richiesto alcun tipo di aiuto. In definitiva risulta paradossale chiedersi se un
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
intervento, la cui volontà primaria può essere fatta risalire alla stessa Presidenza del Consiglio, organo
politico, possa essere indipendente dallo stesso potere del quale è espressione.
Certamente il DPC, una volta presa la decisione di intervenire nello Sri Lanka, si rivolge anche a
organismi terzi indipendenti (come le ONG). Tuttavia, la scelta primaria di dove localizzare i propri
interventi non può definirsi indipendente, né può dirsi che la scelta sia stata fatta ragionando su
quante ONG erano già attive in Sri Lanka. Al momento dello Tsunami, infatti, le ONG italiane presenti
sull’isola erano pochissime (soltanto tre).
Qualche dubbio sulle modalità di scelta delle aree di intervento viene espresso dagli stessi donatori.
Così il Comitato Aiuto Subito, pur mantenendo la bontà di fondo della scelta di aver attribuito i fondi al
DPC per ragione “di conoscenza e di buona riuscita di precedenti esperienze”, sostiene che sarebbe
stato importante per orientare meglio la scelta dei soggetti ai quali attribuire i fondi sapere meglio
quali erano i soggetti che per “storia e competenza potevano essere coinvolti nella gestione degli
interventi (…) Tornando indietro il DPC sarebbe stato sempre uno degli interlocutori da prendere
seriamente in considerazione ma potrebbero essercene altri ugualmente validi da vagliare”.
Il problema dell’indipendenza va posto anche sotto un altro profilo che riguarda i donatori. Se è
fondamentale che i contributi vengano utilizzati al meglio (seguendo dei criteri di trasparenza sui costi
dei progetti, quelli di struttura etc.) e che i privati cittadini ricevano garanzie al riguardo, appare meno
giustificato che i grandi donatori in qualche modo intervengano nella scelta degli interventi stessi.
Eppure è ciò che avviene in virtù del tipo di rapporto pubblico/privato che si instaura nel caso
dell’intervento del Dipartimento della Protezione Civile dopo lo Tsunami. I protocolli di intesa che
vengono siglati all’indomani dell’istituzione del conto corrente sul quale versare i fondi supplementari
prevedono che la scelta degli interventi da effettuare venga fatta d’intesa con i donatori, i quali
peraltro sono attivi in settori molto diversi da quelli relativi agli aiuti umanitari e non possono quindi
vantare particolari competenze al riguardo.
Si tratta di un’ulteriore anomalia di questa tipologia di intervento che non può essere in alcun modo
sistematizzata. Se estremizzata, una logica siffatta potrebbe finire per determinare perfino
l’orientamento aprioristico del fondi condizionato dalle logiche del sensazionalismo mediatico, da
un’ottica di breve periodo.
Il sistema di controlli sull’attività DPC
L’attività del DPC nello Sri Lanka descritta nei paragrafi precedenti ha reso necessario istituire un
complesso meccanismo di controlli che controbilanci e governi le caratteristiche politiche di questo tipo
di intervento da un lato, ma che garantisca anche il buon utilizzo dei fondi privati dall’altro. Nel caso di
specie i controlli sono stati svolti da più organismi.
Il controllo sulla gestione delle risorse: il Comitato dei Garanti
Il Comitato viene istituito con la stessa Ordinanza (n.3392 dell’8 gennaio 2206) che attribuisce al DPC
la gestione dei fondi raccolti tramite le sottoscrizioni. Il Comitato è “composto da cinque componenti
scelti tra persone di riconosciuta competenza e professionalità e di indiscussa moralità e indipendenza,
nominato con apposito provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri, al fine di garantire una
efficace supervisione dell'azione di gestione da parte del Dipartimento della Protezione Civile delle
risorse di cui all'art. 1, comma 1, dell'Ordinanza di protezione civile n. 3390 del 29 dicembre 2004”.
Il controllo sulla legalità e sulla contabilità: la Commissione di controllo
La stessa ordinanza prevede l’istituzione di una Commissione di garanzia per il “tempestivo controllo
legale e contabile delle azioni poste in essere dal Dipartimento della Protezione Civile e contabile”
composta da un magistrato contabile, con funzioni di Presidente, e da due esperti di riconosciuta
professionalità, anche estranei alla Pubblica Amministrazione.
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
Il controllo qualitativo sull’esecuzione dei progetti: la Società Italiana di Monitoraggio S.p.A.
Il Comitato dei Garanti ha ritenuto opportuno affiancare l’attività del DPC a quella della SIM Spa che
ha l’incarico di curare il monitoraggio degli interventi.
L’istituzione di questi organismi di controllo conferma l’eccezionalità dell’intervento del DPC, il suo
collocarsi al di fuori dell’attività normalmente prevista per il sistema. Inoltre, l’attivazione
dell’intervento pubblico a partire dalle istanze di un gruppo di aziende private che a loro volta, in virtù
del loro operare nel mondo delle telecomunicazioni e dei media, sono in grado di sollecitare il
risparmio di centinaia di migliaia di cittadini, suscita le preoccupazioni circa il corretto utilizzo dei fondi.
Si tratta quindi di istituire dei controlli che contemperino queste due esigenze: il buon utilizzo dei fondi
privati da parte del sistema pubblico; il buon funzionamento del sistema pubblico in generale, il
rispetto dei principi di corretta contabilità e il controllo sulla separazione delle gestioni
pubblico/privato.
Analisi del meccanismo di raccolta dei fondi
Il meccanismo di raccolta dei fondi nel caso Tsunami si è basato principalmente sul sistema dell’invio
di SMS, gestiti dalle compagnie telefoniche, di cui poi i proventi sono stati destinati alla Protezione
Civile. Diciamo principalmente, perché in realtà una miriade di Amministrazioni Pubbliche e di realtà
private hanno lanciato raccolte fondi in tale occasione. In alcuni casi i risultati sono stati modesti e i
fondi raccolti si sono dispersi in iniziative locali non direttamente controllabili. Molti mezzi di
comunicazione di sono fatti tramite per la realizzazione di raccolte fondi a livello nazionale e locale,
trovandosi poi in obiettiva difficoltà al momento della destinazione dei fondi raccolti. La convergenza
dei principali operatori verso la destinazione dei fondi raccolti al Dipartimento della Protezione Civile,
se ha comunque rappresentato un prezioso elemento di collegamento tra le fonti di donazione, d’altra
parte ha innescato una serie di polemiche sui mezzi di comunicazione di massa tra diverse
Amministrazioni dello Stato che non ha certo influito favorevolmente sui donatori, i quali non sono
stati in grado di avere la percezione chiara dell’utilizzo effettivo dei fondi da loro messi a disposizione
se non dopo un considerevole periodo di tempo e quando ormai l’attenzione generale nei confronti
dell’evento Tsunami si era assai affievolita.
Si può rilevare che:
il sistema non si è caratterizzato per una gestione unica della raccolta fondi e nemmeno c’è
stato un coordinamento complessivo. Il fatto stesso che la maggior parte dei fondi sia stata
raccolta da privati e poi destinata a strutture pubbliche ha generato una distorsione del
sistema di fund raising che ha sicuramente penalizzato la gestione da parte delle
organizzazioni non governative e internazionali;
pur essendoci stati in passato episodi che avevano caratteristiche similari, si è trattato
fondamentalmente della prima esperienza su larga scala di un meccanismo di raccolta fondi
applicato a un evento internazionale; l’entità della tragedia e la mobilitazione internazionale
che si è generata, non hanno permesso di fornire ai donatori obiettivi chiari e verificabili
relativamente all’impiego dei fondi raccolti;
il meccanismo stesso della raccolta effettuata tramite SMS, pur essendo stato sicuramente
efficace in termini quantitativi, si fonda però su un atteggiamento da parte dei donatori che
non favorisce né l’adeguata comprensione del gesto di donazione, né la possibilità di avere un
riscontro reale in termini di obiettivi raggiunti rispetto alla donazione stessa. L’invio di SMS,
infatti, pur essendo una tecnica ormai ampiamente utilizzata, fa leva su componenti
puramente emozionali e mette in atto un comportamento che si caratterizza per il gesto
prevalentemente di “elemosina” da parte del donatore, sia per l’entità modesta della
donazione, sia per il meccanismo stesso dell’atto donatorio;
la confusione seguita all’impatto dei media sull’opinione pubblica dopo la tragedia dello
Tsunami non ha consentito ai donatori di avere la sufficiente chiarezza nell’esprimere
consapevolmente le proprie preferenze per il destinatario finale dei fondi, generando quindi un
atteggiamento di sospetto, alimentato dalle diverse dichiarazioni contraddittorie comparse
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
sulla stampa da parte dei vari gestori dei fondi (Protezione Civile, Ministero Affari Esteri, Enti
Locali, organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative).
Il risultato complessivo della raccolta fondi in Italia in occasione dell’evento Tsunami in effetti non è
nemmeno quantificabile esattamente, così come non è stato possibile offrire all’opinione pubblica,
nonostante gli sforzi di trasparenza che pure ci sono stati da parte di alcune strutture e in particolar
modo da parte della Protezione Civile, un quadro complessivo chiaro e coerente dei fondi raccolti e
degli obiettivi di assistenza e ricostruzione nelle aree colpite effettivamente raggiunti.
Un altro elemento da considerare è il fatto che la raccolta fondi è stata originariamente effettuata sulla
base di necessità legate alla specifica emergenza e che poi i fondi sono stati utilizzati soprattutto per
interventi da considerarsi sostanzialmente post emergenziali o di sviluppo a medio, lungo termine.
Il susseguirsi di dichiarazioni contrastanti da parte governativa sul reale stanziamento di fondi pubblici
da parte dell’Italia e sul loro impiego non ha poi fornito ai contribuenti l’esatta dimensione
dell’impegno del nostro Paese in merito agli interventi di sostegno strutturale (cancellazione del
debito, sostegno al credito, cooperazione allo sviluppo). Anche la destinazione principale dei fondi
raccolti a un unico Paese (Sri Lanka), pur rappresentando almeno una scelta ponderabile, non ha
consentito di comprendere quale siano state le ragioni fondamentali di tale atteggiamento e quelle che
hanno portato all’esclusione di altri Paesi dell’area altrettanto duramente colpiti dallo Tsunami.
In generale, appare comunque criticabile il meccanismo di raccolta fondi utilizzato in questa
occasione, in quanto non ha permesso ai contribuenti di avere l’esatta percezione che il loro atto di
donazione abbia portato a risultati verificabili; inoltre il fatto che l’Amministrazione Pubblica abbia
captato la maggior parte dei fondi disponibili, ha portato a un sottodimensionamento del gettito
destinabile direttamente alle organizzazioni della società civile, che sono poi risultate in alcuni casi le
destinatarie finali dei fondi raccolti in ambito pubblico. In tale modo si è venuto a creare un circolo di
trasferimento dei fondi distorto, che vede la donazione partire da privati, essere gestita da strutture
private (Comitato Aiuto Subito, compagnie telefoniche), affidata poi a una struttura governativa e
infine, per una parte considerevole, da questa ultima riaffidata alle organizzazioni della società civile.
L’impreparazione di forme stabili di raccolta fondi organizzate e coordinate secondo modelli che pur
risultano funzionanti in altri Paesi europei ha costretto anche il Governo a legiferare nello specifico
attraverso strumenti di urgenza quali i decreti, limitando in questo modo il controllo parlamentare su
una materia tanto delicata.
Occorre pertanto giungere in futuro a dotarsi di strumenti più adatti a essere utilizzati nel caso di
emergenze internazionali, che possano favorire sia l’immediatezza delle donazioni, sia l’effettiva
gestione da parte delle strutture della società civile che a livello di volontariato siano in grado di
intervenire nei Paesi colpiti da emergenze e possano garantire l’utilizzo mirato e trasparente dei fondi
raccolti. Ciò non deve naturalmente escludere l’intervento delle strutture pubbliche, sia quelle
attrezzate in particolare per intervenire in caso di prima emergenza (Protezione Civile) sia quelle
preposte a interventi di tipo strutturale (Ministero Affari Esteri e cooperazione decentrata). Il tutto va
però coordinato in modo coerente, attraverso la preparazione di modelli di intervento adeguati e la
disposizione di strumenti legislativi che favoriscano la convergenza tra ambito pubblico e privato.
Inoltre, la mancanza di un efficace coordinamento a livello internazionale nelle sedi deputate (Unione
Europea, Nazioni Unite) ha sicuramente influenzato la capacità nell’utilizzo più appropriato sia in
termini quantitativi che qualitativi dei fondi raccolti dai privati cittadini e stanziati dalle strutture
pubbliche.
Trasparenza – scelta partner –pubblicizzazione delle informazioni – meccanismi di controllo
Per ciò che attiene il capitolo trasparenza e meccanismi di controllo, occorre distinguere tra lo sforzo
considerevole fatto in questa direzione dal Dipartimento della Protezione Civile e invece
l’approssimazione dimostrata da altri attori (in primis dal Ministero Affari Esteri). La trasparenza, i
meccanismi di controllo e le modalità di pubblicizzazione delle informazioni si dovrebbero intrecciare
creando un circolo potenzialmente virtuoso, al fine di rispondere alla necessaria esigenza da parte dei
donatori di avere ben chiari la destinazione finale e l’utilizzo da parte degli enti gestori dei fondi
donati. Nel caso Tsunami ciò è avvenuto solo in parte. Per quanto attiene alle modalità di
pubblicizzazione delle informazioni, al Dipartimento della Protezione Civile occorre riconoscere il
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
grande lavoro fatto, in particolare attraverso Internet, per aggiornare costantemente sull’utilizzo delle
donazioni, con notevole profusione di dati, tabelle e documentazione. Nella prima fase ciò è avvenuto
piuttosto confusamente e l’aggiornamento non è stato molto puntuale, ma in seguito abbiamo potuto
notare una maggiore precisione e organizzazione delle informazioni fornite. Tali dati sono stati
pubblicizzati anche attraverso il Televideo Rai e tramite giornali e televisioni. Complessivamente il
Dipartimento ha cercato di fornire ai cittadini un quadro completo di quanto stava avvenendo a
seguito delle donazioni da loro effettuate. Assolutamente carente invece l’informazione da parte del
Ministero Affari Esteri, se si esclude una prima fase nella quale ha cercato di fornire almeno alcune
informazioni in merito alla presenza degli italiani nelle zone colpite e al recupero dei nostri
connazionali. La Protezione Civile ha fornito periodicamente informazioni ai mezzi di comunicazione
anche in merito alle missioni di controllo e monitoraggio effettuate in loco e nell’occasione
dell’anniversario ha riportato all’attenzione dei media i risultati del lavoro effettuato.
Per ciò che riguarda la trasparenza nella gestione dei fondi a disposizione, congiuntamente al sistema
di controllo messo in atto che prevedeva organismi differenti (il Comitato dei Garanti, la Commissione
di controllo, la Società Italiana di Monitoraggio S.p.A), occorre considerare che anche il nostro lavoro,
nonostante ci siano state delle resistenze iniziali, è stato compreso dal Dipartimento della Protezione
Civile tra gli strumenti utili a verificarne l’azione e che abbiamo potuto contare sulla disponibilità dei
dirigenti del Dipartimento a fornirci le informazioni richieste. Ci è sembrato quindi interessante che da
parte del Dipartimento, forse memore di operazioni precedenti che avevano lasciato qualche dubbio
nell’opinione pubblica, ci fosse un atteggiamento in questo caso molto attento alle problematiche
relative alla trasparenza nella gestione dei fondi ricevuti. Le polemiche più volte registrate dai mezzi di
comunicazione e le dichiarazioni contraddittorie di alcuni funzionari pubblici non hanno favorito la
trasparenza, così come il fatto che almeno in una certa fase si siano create incomprensioni evidenti tra
Dipartimento della Protezione Civile e le organizzazioni non governative. I controlli effettuati e il
monitoraggio continuo delle azioni hanno comunque permesso di seguire in modo abbastanza efficace
l’evoluzione degli interventi. In questo panorama abbiamo però dovuto rilevare alcune debolezze,
relative in particolare ai criteri di scelta dei partner del Dipartimento e di destinazione alle
organizzazioni della società civile dei fondi per la realizzazione degli interventi. La mancata
pubblicizzazione tempestiva di alcune convenzioni e l’assenza di informazione pubblica in merito
all’attività del Comitato dei Garanti hanno costituito delle zone d’ombra di difficile comprensione nel
panorama informativo fornito.
Riguardo agli interventi del Ministero Affari Esteri il giudizio che è possibile esprimere sulle procedure
previste per la pubblicizzazione, la trasparenza e il controllo è negativo. La mancanza di definizione
chiara dell’intervento pubblico italiano, del reperimento dei fondi da capitoli di spesa originariamente
destinati agli interventi di cooperazione allo sviluppo, l’assegnazione alle Ambasciate del ruolo di
gestione in loco dei fondi a disposizione e di definizione dei progetti da realizzare non permettono
ancora oggi, a distanza di oltre un anno dall’evento, di comprendere la quantità dei fondi
effettivamente resi disponibili, le aree precise di intervento, le modalità di attuazione e di controllo
della spesa.
Se si sono quindi fatti indubitabili passi in avanti nella direzione della trasparenza nell’utilizzo delle
risorse raccolte pubblicamente, occorre sicuramente definire un quadro più preciso in una materia
tanto delicata, che possa permettere ai donatori di poter seguire nel tempo l’evoluzione degli
interventi che si stanno realizzando, potendo contare su una serie di strutture che offrano le
opportune garanzie di competenza per effettuare controlli sostanziali e non solo meramente formali.
La duplicazione di strutture di gestione e controllo non aumenta necessariamente l’efficacia né della
gestione e neppure del controllo, se non in presenza di una chiara definizione delle competenze e
delle aree di intervento reciproco. Sarebbe forse auspicabile in questo ambito la creazione di una
struttura specifica, dotata delle necessarie competenze e risorse, in grado di effettuare i controlli
necessari e di offrire all’opinione pubblica quelle garanzie che possono solo rafforzare l’atteggiamento
di solidarietà verso le popolazioni colpite da calamità naturali o da eventi emergenziali. Tale struttura
dovrebbe prevedere la partecipazione di rappresentanti almeno delle principali organizzazioni coinvolte
in azioni di intervento di emergenza a livello internazionale e svolgere effettivamente un’azione di
controllo il più possibile “super partes” affinché siano rispettati al meglio tutti i codici etici di
comportamento nell’utilizzo appropriato dei fondi raccolti e sia offerta la massima trasparenza.
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Parte Seconda
IL CONTESTO UMANITARIO INTERNAZIONALE E IL RUOLO DEL DPC
Efficienza, copertura ed efficacia
In termini di assegnazione e rilascio dei fondi, il DPC ha dimostrato una notevole velocità d’azione: in
poche settimane sono state allocate risorse per oltre quaranta milioni di euro, anche se in molti casi
senza una definizione dettagliata degli interventi da effettuare, e con dei dubbi sull’esperienza di
alcuni dei soggetti attuatori.
Il metodo utilizzato (assenza di calls o bandi, presentazione e discussione del progetto in loco,
orientamento e eventuale “ri-direzionamento” dei progetti da parte del DPC) è lo stesso adottato da
ECHO attraverso i suoi “Delegati” sul terreno, per la risposta alla prima emergenza. Forse il sistema
non è sempre adeguato in una fase di post emergenza e in considerazione della natura di gran parte
degli interventi promossi (per il 64% di sviluppo socio-economico). Un altro aspetto ripreso
dall’esperienza di ECHO è l’adozione di procedure simili a quelle del Framework Partnership
Agreement, anche se ne è rimasta inevitabilmente esclusa la componente principale, ovvero la prevalutazione delle capacità del partner. Complessivamente, sul piano della gestione amministrativa e
finanziaria si è comunque scelto - opportunamente - di adottare metodi di sperimentata efficacia.
Per quanto riguarda la qualità degli interventi, per ora i dati disponibili non forniscono elementi tali da
poter stimare la copertura delle azioni previste, né l’impatto dei progetti. Finora, nessun rapporto di
valutazione sugli interventi è apparso nel sito del DPC, mentre sono disponibili rapporti di tipo legaleamministrativo.
Inoltre, l’Italia e il DPC non partecipano alla principale iniziativa internazionale di valutazione per
l’intervento post-maremoto, la Tsunami Evaluation Coalition (TEC) creata nel gennaio 2005, di cui
fanno parte gli organismi governativi di tutti i principali Paesi donatori (AusAid Australia, BMZ
Germania, CIDA Canada, Danida Danimarca, DC Irlanda, DfID UK, MAE Paesi Bassi, ECHO, MAE
Francia, JICA Giappone, MAE Luxembourg, NORAD Norvegia, SDC Svizzera, Sida Svezia, USAID), le
principali agenzie ONU (FAO, OCHA, UNDP, UNFPA, UNICEF, WFP, WHO), alcune grandi ONG
internazionali (ActionAid, CARE, Cordaid, AIDMI, IRC, IFRC, World Vision) e i principali think tanks del
settore (ALNAP, DARA Int, DEC, Feinstein International Famine Centre, Groupe URD).
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Parte Seconda
RACCOMANDAZIONI PER LA CREAZIONE DI UN FONDO NAZIONALE EMERGENZE
RACCOMANDAZIONI PER LA CREAZIONE DI UN FONDO NAZIONALE EMERGENZE
L’intervento del DPC in Sri Lanka è stato condotto con intelligenza e buon senso, adottando procedure
sperimentate e un approccio trasparente. Si è trattato di un’azione di buon livello tecnico e corretta sul
piano amministrativo.
Vediamone però gli aspetti più critici:
1. Metodologia generale. L’intervento è stato condotto tutto all’insegna dell’emergenza, benché
nella maggioranza dei progetti si sia fatto un lavoro di riabilitazione e di sviluppo socio-economico. La
scelta di questo approccio ha dato senz’altro dei frutti sul piano della rapida allocazione delle risorse,
ma non ha consentito di procedere secondo metodologie e studi di fattibilità adeguati, come pure la
situazione avrebbe consentito. L’approccio partecipativo è stato limitato alla consultazione con le
autorità locali, in una logica essenzialmente bilaterale, e pochissimo si è fatto sul piano del capacity
building.
2. Partnership e coordinamento interno. Dal punto di vista del coordinamento interno al
programma, il livello è stato discreto, soprattutto per la scelta di operare in una zona circoscritta,
limitando la dispersione delle risorse, e con un gruppo limitato di partner. La logica della scelta dei
partner è meno evidente. Solo tre delle organizzazioni prescelte erano già attive nel Paese. Le altre,
benché organizzazioni con un’esperienza certa nel settore, non avevano mai lavorato nello Sri Lanka.
Si è voluto lavorare necessariamente con organizzazioni italiane in una logica che ha poco a che fare
con la ricerca del miglior risultato per i beneficiari. Va poi detto che alcune delle organizzazioni scelte
non hanno alcun tipo di reputazione specifica nel campo dell’aiuto umanitario internazionale o della
cooperazione allo sviluppo.
3. Coordinamento internazionale. Nel coordinamento esterno, con altri attori e protagonisti della
comunità internazionale, l’azione è stata meno in linea con le best practices di settore. Il programma
non ha curato la consultazione sistematica con OCHA e le altre agenzie delle Nazioni Unite (ad
eccezione della FAO), né con le grandi ONG internazionali, salvo che per un breve periodo. Si segnala
l’assenza dell’Italia dal TEC (Tsunami Evaluation Coalition), la principale iniziativa di armonizzazione e
di controllo della qualità, cui hanno partecipato tutti i governi donatori e le principali agenzie
esecutrici. L’impressione è che si sia adottato un approccio italiano, poco aperto al confronto, alla
collaborazione e al dialogo tecnico-metodologico.
4. L’intervento diretto del DPC. Il dipartimento si è riservato una fetta pari a circa il 50% del
budget disponibile per l’esecuzione diretta di progetti. Questi sono stati realizzati attraverso accordi
con imprese locali gestiti da esperti internazionali reclutati ad hoc. Di questa operazione non si coglie
completamente il senso, dato che non esiste un evidente valore aggiunto rappresentato dal
Dipartimento. Si sarebbero potuti offrire i finanziamenti direttamente alle controparti locali, dietro
garanzie certe in termini di trasparenza e accountability. E l’esperienza del DPC nella gestione di
appalti in Italia non è di alcuna utilità nel contesto di un Paese in via di sviluppo.
In generale, al di là delle scelte fatte sul campo dai singoli partner del DPC, l’impressione è che ci sia
stata un’attenzione limitata ad alcune delle principali questioni che animano il dibattito nella comunità
umanitaria: concertazione, dialogo con le comunità di base, priorizzazione dei bisogni, interazione con
gli attori internazionali, adozione di standard tecnici e deontologici. Il livello tecnico è stato curato
attentamente, anche in termini di efficienza, ma quello metodologico risulta poco adeguato,
specialmente in considerazione della portata dell’intervento.
Un modello per l’aiuto umanitario italiano?
L’aiuto umanitario, negli ultimi quindici anni, ha modificato profondamente il suo profilo. Rispetto agli
interventi condotti fino al 1994, in cui la componente tecnica rimaneva prevalente, dopo la crisi del
Ruanda si è proceduto a un riequilibrio degli elementi fondanti dell’umanitarismo, nel senso di una
crescente attenzione ai temi della “protezione” e della diplomazia umanitaria, del capacity buiding e
delle partnership locali, della neutralità e dell’indipendenza dalla politica.
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Parte Seconda
RACCOMANDAZIONI PER LA CREAZIONE DI UN FONDO NAZIONALE EMERGENZE
L’azione umanitaria si presenta oggi come una disciplina particolarmente complessa e sofisticata, che
richiede crescenti capacità di analisi, una forte componente diplomatica e un’estrema attenzione agli
aspetti deontologici. Con le grandi emergenze complesse degli anni Novanta, si è meglio compresa
l’esigenza di dotare l’azione umanitaria di una solida struttura plasmata sul diritto internazionale, di
meccanismi di coordinamento internazionale, di metodologie compatibili con la lezione appresa in
ambito di diritti umani e sviluppo. Si è meglio calibrato il ruolo di discipline integrative e
complementari, quali il monitoraggio dei diritti e la risoluzione/trasformazione dei conflitti, mentre si è
accentuata l’esigenza di una maggiore autonomia dal livello politico-governativo e dalle sue
rappresentanze sul terreno (militari e agenzie di stato). Una spinta più decisa in direzione
dell’indipendenza dalla politica è venuta dall’evoluzione delle relazioni internazionali che ha seguito gli
interventi nei conflitti in Kossovo, Afghanistan e Iraq. Successivamente alla partecipazione diretta del
nostro Paese e di altri Paesi donatori in quei conflitti, si è sviluppata negli ultimi anni una crescente
difficoltà a operare in condizioni di sicurezza e sostenibilità in diversi Paesi. Il numero delle vittime di
attacchi diretti contro le organizzazioni umanitarie è raddoppiato ogni anno, dal 2001 ad oggi, con una
crescita esponenziale che può essere spiegata solamente con la crescente identificazione tra attori
umanitari e potenze occidentali, con l’evidenziazione del carattere essenzialmente occidentale
dell’umanitarismo e con l’identificazione dei governi donatori con le parti belligeranti.
Questo quadro incoraggia all’adozione di politiche sempre più autonome e neutrali rispetto al ruolo dei
governi e alle strategie economiche e di sicurezza. Non a caso, ad esempio, dopo una flessione del
finanziamento alle ONG negli ultimi anni, dal 2004 ECHO ha rimesso il settore non governativo in testa
delle sue scelte di partnership, avviandosi a riprodurre il quadro degli anni Novanta, con quasi due
terzi dei finanziamenti concentrati sulle ONG.
D’altronde, il sistema UN+ONG+Croce Rossa rappresenta da molti anni un meccanismo integrato e
coordinato, certamente non privo di difetti ma complessivamente di grande impatto ed efficienza.
Basti ricordare che a metà dello scorso decennio questo sistema ha consentito di gestire una massa di
56 milioni di rifugiati e sfollati e circa 300 milioni di vittime dei conflitti e dei disastri, con risorse
limitatissime.
Il nostro Paese, poco attento ai temi del diritto internazionale, non ha mai sviluppato una politica
umanitaria che definisse principi e meccanismi di gestione dell’aiuto d’emergenza. Le soluzioni
occasionali hanno sempre caratterizzato le decisioni dei nostri governi, senza consentire che alcuna
istituzione acquisisse la leadership in questo settore. Una visione molto politicizzata dell’aiuto
umanitario ha portato a scegliere di volta in volta quello che sembrava il sistema politicamente più
opportuno, con poca considerazione per il consolidamento, la capitalizzazione delle esperienze e
l’efficienza organizzativa.
Il DPC rappresenta, ad oggi, il più efficiente dei meccanismi finora sperimentati, e c’è da sperare che
nessuna sorpresa venga a guastare questa impressione generale. Ci sono stati scrupolo e attenzione,
da parte dei dirigenti del Dipartimento, per evitare ogni rischio nell’uso dei fondi, con un moltiplicarsi
perfino eccessivo di comitati di controllo e garanzia.
Rimane però invalicabile il carattere strettamente tecnico di questa scelta, che evade le dimensioni
politica, culturale e metodologica dell’intervento umanitario. Il vuoto legislativo, la debolezza del MAE,
la mancanza di visione politica fanno del DPC la soluzione migliore tra quelle disponibili ma, pur
sempre, una soluzione di ripiego.
Il problema è che, anche a causa delle caratteristiche peculiari della nostra Croce Rossa nazionale, in
Italia non esistono una cultura e una politica dell’umanitarismo, laddove si è invece sviluppata una
presenza notevole di organizzazioni italiane - dal DPC alle ONG - sul terreno.
Per affrontare in modo organico il problema bisognerebbe riportare il discorso al peccato originale:
l’inesistenza di un organismo specifico che porti la responsabilità di gestire e coordinare a livello
nazionale l’intervento umanitario internazionale dell’Italia. Un pezzo di sistema - Paese che possa
assicurare al tempo stesso un ruolo operativo rilevante, una disponibilità adeguata di fondi, una
politica aderente alla lettera e allo spirito del diritto umanitario internazionale e un’integrazione con la
comunità umanitaria mondiale.
Come abbiamo visto, questo ruolo è normalmente coperto dal MAE o dal Ministero della Cooperazione.
Ma in Italia, il secondo non esiste (almeno per ora), mentre il primo non ha mai potuto o voluto
sviluppare un approccio sistemico al problema. D’altronde, le considerazioni di cui all’inizio di questo
paragrafo suggeriscono che piuttosto che tentare di riabilitare soluzioni “classiche” ci sia lo spazio per
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Parte Seconda
RACCOMANDAZIONI PER LA CREAZIONE DI UN FONDO NAZIONALE EMERGENZE
adottare una soluzione più innovativa e avanzata. Soprattutto in direzione di una maggiore
trasparenza (non solo amministrativa) dell’azione italiana in questo campo.
Una proposta
La soluzione su cui il team di valutatori ha indirizzato la propria attenzione tenta di affrontare tre
problemi centrali:
a) la creazione di un organismo di competenza adeguata e dotato dei poteri necessari a
garantire una risposta umanitaria mirata, proporzionale ed efficiente;
b) l’indipendenza dell’azione umanitaria tanto da interessi di natura strategica o economica,
quanto di tipo politico o propagandistico;
c) la creazione di regole chiare e razionali per la corretta gestione delle donazioni private.
L’ipotesi allo studio si articola su tre elementi:
1. la creazione di un Fondo Nazionale per le Emergenze (FNE), che assicuri una base di risorse certe e
sempre disponibili per l’intervento d’urgenza. Per il finanziamento del FNE si potrebbero adottare
meccanismi automatici, quale una quota fissa di proventi fiscali dello Stato, in modo di svincolarla
dalla decisione politica contingente. Il fondo di base potrebbe poi essere di volta in volta integrato da
specifiche allocazioni decise dal Governo o da finanziamenti provenienti da altre fonti;
2. la creazione di un Comitato Italiano per le Emergenze Internazionali (CIEI), che abbia la titolarità e
il potere d’ordinanza per una gestione efficiente, autonoma e trasparente del FNE. Il Comitato
dovrebbe essere composto da rappresentanti dei Ministeri competenti (Esteri, Sanità, Interno, Difesa),
del DPC, della Croce Rossa, delle ONG, degli Enti Locali, e di altre istituzioni e organizzazioni rilevanti;
nonché da esperti indipendenti di indiscussa reputazione e da personalità di alto profilo morale.
Dovrebbero essere specificamente esclusi esponenti di partiti politici, di enti economici o imprese, di
servizi segreti, e di altre categorie incompatibili con il profilo indipendente e immune da interessi
particolari del CIEI. La composizione del CIEI dovrebbe assicurare che il numero dei rappresentanti
governativi non sia mai maggioritario. Il Comitato non avrebbe alcuna capacità operativa diretta ma il
potere di definire linee strategiche, priorità e allocazione di fondi, sulla base di criteri obiettivi e
imparziali. La nomina del CIEI potrebbe essere affidata alla Presidenza della Repubblica o a un’altra
istituzione indipendente, secondo criteri assolutamente rigorosi;
3. un intervento legislativo che chiarisca il sistema delle donazioni alla luce del ruolo dei grandi
soggetti privati così come palesato nelle iniziative post Tsunami, in modo che siano assicurate la
correttezza nell’utilizzo delle risorse, il rispetto della volontà dei cittadini, oltre che adeguate norme
sulla defiscalizzazione.
Sarebbe anche auspicabile che il settore non governativo sapesse produrre un meccanismo coordinato
per la raccolta dei fondi (sul modello del DEC britannico) che possa rappresentare un naturale
interlocutore per i donatori privati individuali e per fondazioni e imprese.
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Allegati
ALLEGATO 01- CRONOLOGIA INTERVENTO ITALIANO EMERGENZA SUD EST ASIATICO
Legenda
Protezione Civile
o DGCS MAE
Presidenza del Consiglio dei Ministri
26 dicembre 2004 - Riunione di coordinamento tra Dipartimento della Protezione Civile, Unità di
Crisi del MAE e Centro di Monitoraggio e Informazione della UE
26 dicembre 2004 - Ordinanza n. 3389 – Presidente Consiglio dei Ministri - Disposizioni di
protezione civile finalizzate a fronteggiare le situazioni di emergenza nell’area del Sud Est Asiatico
26 dicembre 2004 / 3 gennaio 2005 - Ponte aereo per il recupero dei cittadini italiani nelle zone
colpite dal maremoto: 52 voli, 4308 passeggeri (3967 italiani e 342 stranieri) trasportati negli
aeroporti italiani
26 dicembre 2004 – il DPC viene incaricato del coordinamento europeo in Thailandia
29 dicembre 2004 – Ordinanza n. 3390 – Presidente Consiglio dei Ministri - Disposizioni di
protezione civile finalizzate a fronteggiare le situazioni di emergenza nell’area del Sud Est Asiatico che
recita: “Il Dipartimento della Protezione Civile è autorizzato a ricevere risorse derivanti da donazioni ed
atti di liberalità da destinare all’attuazione delle iniziative di cui all’ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3389 del 26 dicembre 2004 (…)”
30 dicembre 2004 - Apertura dell’ospedale da campo a Hunawatuna, vicino a Galle – Sri Lanka
o 30 dicembre 2004 - Riunione di coordinamento tra Ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, il
responsabile del dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, e il Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio, Gianni Letta
o 31 dicembre 2004 - Alla Farnesina si tiene una riunione con i rappresentanti di Regioni, Province,
Comuni, Università, organizzazioni non governative, Sindacati, Imprese, agenzie delle Nazioni Unite,
organizzazioni internazionali, Croce Rossa Italiana ed enti impegnati nel campo della solidarietà e del
volontariato
o 1 gennaio 2005 – Il Ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, annuncia che l’aiuto governativo italiano
ammonterà a 70 milioni di euro
4 gennaio 2005 – Polemica tra il direttore della Protezione Civile, G. Bertolaso, e il Ministro degli
Esteri G. Fini sulla gestione degli aiuti
o
4 gennaio 2005 – Riunione delle Regioni alla Protezione Civile di Roma per coordinare gli aiuti
o 7 gennaio 2005 - Partenza di un aereo cargo diretto in Sri Lanka con aiuti messi a disposizione
dalle Regioni italiane
8 gennaio 2005 – Ordinanza 3392 del Presidente del Consiglio dei Ministri riguardante Ulteriori
disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare le situazioni di emergenza nell’area
del Sud Est Asiatico (istituzione comitato dei garanti e commissione di garanzia)
8 gennaio 2005 – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri - Nomina del Comitato di
Garanti - Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3392. Il Comitato risulta composto da:
On. le Giuliano Amato - Sen. Giulio Andreotti - On. Emma Bonino - Prof. Andrea Monorchio - On.
Giorgio Napolitano
9 gennaio 2005 – Termina la raccolta fondi attraverso SMS solidali
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Allegati
10 gennaio 2005 - Prima riunione del Comitato dei Garanti
o 10 gennaio 2005 - Seconda riunione di coordinamento degli interventi. Presiede il Segretario
Generale del MAE, l’Ambasciatore Umberto Vattani e coordina il Direttore Generale per la
Cooperazione allo Sviluppo, Umberto Deodato. Partecipano Ministeri (Difesa, Ambiente, Agricoltura,
Sanità, Interno, Pari Opportunità), Protezione Civile, CRI, Arma dei Carabinieri, Vigili del Fuoco,
Regioni ed enti Locali, ONG impegnate nelle aree colpite, Agenzie ONU e OO.II. specializzate in
materia
10 gennaio 2005 - Decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile - Costituzione della
Commissione per il controllo sulla gestione delle donazioni in favore delle popolazioni del Sud Est
Asiatico colpite dal terremoto e dal maremoto del 26 dicembre 2004. Il direttore della Protezione
Civile, G. Bertolaso, nomina il dott. Angelo Canale- Vice Procuratore Generale della Corte dei Conti il
dott. Antonio De Santis- Dirigente I fascia del Ministero dell’Economia e delle Finanze e il dott. Carlo
Tixon - Dirigente II fascia del Ministero dell’Economia e delle Finanze, quali membri della commissione
di garanzia
12 gennaio 2005 - Prima riunione della Commissione di controllo
o 13 gennaio 2005 - Riunione del Gruppo di lavoro sui programmi in favore dei minori tra esperti
della Cooperazione, ONG, Unicef
o 14 gennaio 2005 - Missione della DGCS per predisporre gli interventi in favore dei minori in
condizioni di vulnerabilità
o
14 gennaio 2005 - Riunione di coordinamento degli interventi immediati in Sri Lanka
14 gennaio 2005 – Conferenza stampa del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sui fondi
privati e sui fondi stanziati dal Governo
17 gennaio 2005 - Seconda riunione della Commissione di controllo
18 gennaio 2005 – Firma dell'Ordinanza n. 3394 - Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile
finalizzate a fronteggiare le situazioni di emergenza nell’area del Sud Est Asiatico. viene istituito un
conto corrente specifico attraverso il quale sarà possibile far confluire al Fondo della Protezione Civile i
contributi raccolti attraverso l’iniziativa degli SMS
19 gennaio 2005 – Firma dei primi protocolli d'intesa con i promotori delle sottoscrizioni SMS
(Vodafone, Wind, Telecom Italia Mobile, Telecom, “3”, RAI, Mediaset)115
19 gennaio 2005 – Decreto Legge n. 2 – Interventi umanitari per le popolazioni del Sud Est
Asiatico (autorizzazione spesa di 70 milioni di euro e disposizioni sul regime degli interventi del MAE)
o
20 gennaio 2005 - Riunione del Programma Regionale di Cooperazione Universitaria
20 gennaio 2005 - Incontro tra i componenti del “Comitato un aiuto subito a favore degli Stati
colpiti dal maremoto del Sud Est Asiatico” e i vertici del Dipartimento per definire modalità e possibili
linee di intervento nella gestione delle somme raccolte nell’ambito della relativa sottoscrizione.
115 L’accordo con i gestori di telefonia mobile per la raccolta attraverso SMS è successivo all’accordo tra Rai e Mediaset. Dai
protocolli si evince che al DPC verranno trasferite tutte le somme raccolte attraverso SMS in data 11 gennaio 2005. Sempre
dall’accordo si desume che le spese di gestione sono a carico del DPC e non ricadono sui fondi privati. L’accordo della RAI
consiste nel trasferimento di 2 milioni di euro - correlati al valore commerciale della pubblicità trasmessa nella giornata di lutto
nazionale - sul conto bancario del DPC.
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20 gennaio 2005 - Incontro tra il Coordinatore del Comitato di Garanti, On. Emma Bonino, con il
Prof. Andrea Monorchio, componente dello stesso Comitato, e il Presidente della Commissione di
controllo, dott. Angelo Canale, per l’esame delle possibili sinergie tra i due organismi
20 gennaio 2005 - Nota informativa sulle donazioni al Dipartimento della Protezione Civile da
destinare alla realizzazione di interventi in favore delle popolazioni del Sud Est Asiatico colpite dal
maremoto
21 gennaio 2005 - Seconda riunione del Comitato dei Garanti
o 22 gennaio 2005 - 7 febbraio 2005 - missione per l’identificazione del programma DGCS e Regioni
Italiane a favore dei minori
24 gennaio 2005 - Terza riunione della Commissione di controllo
o
26 gennaio 2005 - Riunione di coordinamento degli interventi
31 gennaio 2005 - Terza riunione del Comitato dei Garanti
1 febbraio 2005 – Il Comitato Esecutivo del “Comitato un aiuto subito a favore degli Stati colpiti
dal maremoto del Sud Est Asiatico”, a seguito di preliminare contatti con la Protezione Civile, delibera
116
di destinare al DPC le somme raccolte attraverso donazioni su CartaSi e apposito conto corrente
finanziare il programma Muthur e il programma Galle
e
3 febbraio 2005 – Pubblicazione dei primi prospetti relativi ai programmi di intervento del DPC
o 9 febbraio 2005 - Delibera Comitato Direzionale MAE DGCS stanziamento fondi per gestione in
loco Sri Lanka e fondo esperti
15 febbraio 2005 – Firma delle prime convenzioni con le ONG per i progetti di ricostruzione
15 febbraio 2005 – Firma del protocollo d'intesa con l'Unione delle Comunità Ebraiche
17 febbraio 2005 - Il Presidente della Camera, Pier Paolo Casini, consegna al Direttore della
Protezione Civile G. Bertolaso aiuti per 200 mila euro della donazione della Camera in favore delle
popolazioni del Sud Est Asiatico
18 febbraio 2005 – Pubblicazione dell'Ordinanza n° 3399 "Disposizioni urgenti di protezione civile,
per la parte relativa alla gestione delle donazioni"
20 febbraio 2005 - Una pagina di ringraziamento agli italiani117 per le donazioni affidate al
Dipartimento della Protezione Civile, da impiegare in aiuto delle vittime del maremoto, viene
pubblicata gratuitamente dal Corriere della Sera
22 febbraio 2005 – Firma dell'accordo per la ricostruzione dell'ospedale di Matara
24 febbraio 2005 – Firma del memorandum of understanding relativo all'Ospedale di Kinnya
25 febbraio 2005 – Pubblicazione dell'Ordinanza n° 3402 "Ulteriori disposizioni urgenti di
protezione civile finalizzate a fronteggiare le situazioni di emergenza nei territori esteri "
116 Si tratta di circa 9 milioni di euro. In questo caso il Comitato entra nel merito di quali sono gli interventi su cui impiegare i
soldi: per realizzare il programma Muthur ci si avvarrà dell’ausilio di ONG - sempre sotto responsabilità del DPC- mentre il
programma Galle viene realizzato direttamente dal DPC. Sul programma Muthur si anticipa il 40% (sul conto del DPC) e il resto
si dà a consuntivo dopo l’auditig del DPC. Per il programma Galle si salda su esibizione di documentazione contabili attestante i
costi direttamente sul Fondo della protezione Civile.
117 Corriere della Sera, 20.02.2005.
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Allegati
o
28 febbraio 2005 – Riunione tematica per problemi dei minori con i rappresentanti delle Regioni
o 2 marzo 2005 - Incontro con i rappresentanti delle Università e gli esperti incaricati della gestione
dell'emergenza per il Programma Regionale di Cooperazione Universitaria per la prevenzione delle
catastrofi naturali e gestione delle crisi
5 marzo 2005 - Quarta riunione del Comitato dei Garanti
8 marzo 2005 – Primo report della Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni
poste in essere dal Dipartimento della Protezione Civile
14 marzo 2005 - L’assemblea dell’Associazione Italiana ONG chiede una partecipazione più attiva
all’uso dei fondi gestiti dalla DPC
14 marzo 2005 – Decreto Legge n. 35 riguardante Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di
azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (disposizioni per l’attività degli uffici distaccati
del MAE art. 1 comma 15)
15 marzo 2005 – Firma di altre convenzioni con le ONG per i progetti di ricostruzione
o 16 marzo 2005 - Delibera n. 45 del Comitato Direzionale del MAE per la Cooperazione allo sviluppo
Per la concessione di un contributo per il programma promosso da organismo non governativo VIS per
un importo totale del finanziamento di 838.514,00 euro
:
18 marzo 2005 – Firma della convenzione con i Vigili del Fuoco
21 marzo 2005 – Pubblicazione delle convenzioni con FAO, Banca Etica/Etimos, Istituto Superiore
di Sanità e con due ONG
21 marzo 2005 – Pubblicazione del secondo report della Commissione per il controllo contabile e
di legalità sulle azioni poste in essere dal Dipartimento della Protezione Civile
22 marzo 2005 - Sesta riunione della Commissione di controllo
24 marzo 2005 – Ordinanza 3417 del Presidente del Consiglio dei Ministri riguardante Disposizioni
urgenti in materia di protezione civile (art. 13 relativo a contrattualizzazione e trattamento esperti in
missione nel sudest asiatico)
30 marzo 2005 – Riunione tra il Comitato dei Garanti e la rappresentanza delle ONG italiane
7 aprile 2005 – Pubblicazione da parte del Dipartimento della Protezione Civile del testo delle
direttive concernenti modalità e procedure per l'utilizzo delle risorse destinate alla realizzazione degli
interventi
11 aprile 2005 - Quinta riunione del Comitato dei Garanti
29 aprile 2005 – Ordinanza 3429 del Presidente del Consiglio dei Ministri riguardante Disposizioni
urgenti in materia di protezione civile (art. 5 – movimentazione conti bancari intervento Sud Est
Asiatico)
14 maggio 2005 – Conversione, con modifiche, del Decreto Legge n. 35 nella Legge 80
11 maggio 2005 - Settima riunione della Commissione di controllo
19 maggio 2005 - il Dipartimento conferisce alla SIM l’incarico di curare il monitoraggio: dal 19 al
26 maggio e dal 21 al 22 giugno si sono svolte interviste tra SIM e ONG
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103
Allegati
26 maggio 2005 – Firma del decreto 2271 del Capo del Dipartimento riguardante le modalità di
gestione dei progetti da parte delle ONG (applicazioni ECHO)
31 maggio 2005 – Decreto Legge n. 90 riguardante Disposizioni urgenti in materia di protezione
civile (interventi all’estero del DPC)
6 giugno 2005 – Firma del decreto 2362 del Capo del Dipartimento - tutti i progetti in fase di
realizzazione si rimettono alle modalità di gestione definite nel decreto 2271 a eccezione di FAO e
Consorzio Etimos per le quale saranno stipulate apposite convenzioni
Giugno 2005 – Terzo rapporto della Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni
poste in essere dal DPC
12 giugno 2005 – IV rapporto della Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni
poste in essere dal DPC
16 giugno 2005 – Nuovo prospetto degli interventi proposto ai Garanti
18 giugno 2005 – Protocollo di intesa tra Dipartimento della Protezione Civile e Regione Autonoma
Friuli Venezia Giulia – Protezione Civile delle Regioni
25 /30 giugno 2005 - Missione DPC: presenti E. Bonino, A. Monorchio, A. Canale, rappresentanti
del MAE, rappresentanti aziende telefoniche ed enti promotori delle sottoscrizioni, cinque donatori
sorteggiati
26 giugno 2005 – Colombo: il gruppo di missione incontra le organizzazioni impegnate nella
realizzazione dei 45 progetti in cantiere
17 luglio 2005 – Pubblicazione sul sito del DPC della relazione sulla missione di verifica del
Comitato dei Garanti, rappresentanti donatori e promotori sottoscrizioni
Dal 18 luglio al 6 agosto 2005 – Missione di verifica della SIM in Sri Lanka
26 luglio 2005 – Conversione, con modifiche, del Decreto 90/2005 nella Legge 152
28 luglio 2005 – Decreto del Capo del Dipartimento G. Bertolaso riguardante Attribuzioni e
composizione della Struttura temporanea di missione operante nella Repubblica Democratica Socialista
dello Sri Lanka – abrogazione dei decreti del 10 marzo, 29 marzo e 7 aprile.
6 agosto 2005 – Rapporto intermedio sulle attività di monitoraggio del programma generale degli
interventi (grado di avanzamento, efficienza ed efficacia dei risultati conseguiti) – rapporto della SIM
3 ottobre 2005 – Quinto rapporto della Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle
azioni poste in essere dal DPC
7 ottobre 2005 – Nuovo prospetto degli interventi proposto ai Garanti
10 ottobre 2005 - Riunioni con il Comitato dei Garanti e i donatori: aggiornamento del quadro
finanziario generale degli interventi e quadro finanziario relativo allo stato di attuazione degli interventi
stessi
10 ottobre 2005 – Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri riguardante Disposizioni
urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare la grave situazione in cui versa la popolazione del
sud del Sudan
12 novembre 2005 - Aggiornamento del quadro finanziario generale degli interventi e quadro
finanziario relativo allo stato di attuazione degli interventi stessi
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104
Allegati
12 novembre 2005 – Decreto del Capo Dipartimento su ulteriori disposizioni in materia di gestione
delle risorse provenienti dalle donazioni e per la realizzazione degli interventi nell’area del Sud Est
Asiatico. Si prevede una diversa disciplina per l’alimentazione del conto Italia consentendo anche il
trasferimento delle risorse relative alla quota parte di finanziamento posta a carico del Dipartimento
per gli interventi a gestione diretta, questo perchè a seguito dell’avvenuta stipula dei primi contratti
per la realizzazione dei diversi lavori diretti da parte del DPC è emersa l’esigenza di assicurare la
correttezza dei pagamenti nei temini stabiliti dai contatti stessi, evitando il rischio di interruzione dei
lavori per temporanea carenza di risorse finanziarie.
26 dicembre 2005 – Alla missione di verifica del Comitato dei Garanti partecipano anche tre
donatori sorteggiati
26 dicembre 2005 – Cerimonia di commemorazione in ricordo delle vittime a Negombo, Colombo.
Presenti E. Bonino, A. Monorchio, G. Amato (Comitato dei Garanti), G. Bertolaso (Capo del DPC), V.
Spaziante (Vicecapo DPC), A. Miozzo (Capo missione DPC)
26 dicembre 2005 – A Negombo, cerimonia di consegna della prima palazzina costruita con i fondi
privati italiani
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105
Allegati
ALLEGATO 02 - TABELLE
Tab. 2 – Ripartizione Fondo Protezione Civile, al 3 febbraio 2005
N. INTERVENTI
9
2
3
6
1
1
3
3
1
3
1
ORGANISMO
Dipartimento Protezione Civile
VIS
FAO
SOLINT
ETIMOS
AFMAL
ALISEI
ISTITUTO SUPERIORE SANITA'
CONGREGAZIONE APOSTOLICA DEL CARMELO
VIGILI DEL FUOCO
CESVI
2
1
1
MAGIS
AIBI
SOUTH ASIA WOMEN'S FOUND
TOTALE ALLOCATI
TOTALE DICHIARATI
TOTALE DA ALLOCARE
Fonte: elaborazione ActionAid International su dati Protezione Civile
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COSTO
20.995.735,10
3.705.000,00
3.000.000,00
3.000.000,00
3.000.000,00
1.600.000,00
1.050.000,00
700.000,00
600.000,00
410.000,00
650.000,00
45.510.000,00
DA DEFINIRE
DA DEFINIRE
DA DEFINIRE
€ 45.510.000,00
€ 46.560.000,00
€ 1.050.000,00
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
106
Allegati
Tab. 3 –Progetti DPC per tipo, area d’intervento e costo
Progetto
tipologia di intervento
Distretti
costo a carico
donazioni SMS
costo a carico DPC
costo totale
ricostruzione scuole
Istruzione
Galle
€
1.468.561,50
€
163.173,60
€
1.631.735,10
tre scuole primarie e secondarie
Istruzione
Trincomalee
€
2.174.400,00
€
241.600,00
€
2.416.000,00
ricostruzione scuole
Istruzione
Ampara
€
1.785.600,00
€
198.400,00
€
1.984.000,00
ricostruzione scuole
Istruzione
Batticaloa
€
1.137.600,00
€
126.400,00
€
1.264.000,00
allestimento campi
ripristino condizioni di vita
Trincomalee, Galle,
Matara
€
3.000.000,00
€
900.000,00
€
3.900.000,00
fornitura beni
ripristino condizioni di vita
Sri Lanka
€
3.900.000,00
€
200.000,00
€
4.100.000,00
fornitura mezzi
ripristino condizioni di vita
Trincomalee
€
1.000.000,00
€
1.000.000,00
ricostruzione ospedale
Sanità
Trincomalee
€
3.350.000,00
€
150.000,00
€
3.500.000,00
pronto socc. e banca del sangue
Sanità
Matara
€
2.350.000,00
€
150.000,00
€
2.500.000,00
struttura assistenza bambini
sviluppo socioec. locale
Trincomalee
€
600.000,00
€
600.000,00
Traghetto
sviluppo socioec. locale
Trincomalee
€
2.000.000,00
€
2.000.000,00
€
24.895.735,10
€ 22.766.161,50
Fonte:
€
2.129.573,60
elaborazione AAI su dati della Protezione Civile
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107
Allegati
Tab. 4 – Convenzioni siglate tra Dipartimento della Protezione Civile e ONG italiane (dati al 1/4/2005)**
N.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
ONG
VIS*
VIS
MOVIMONDO (Solint)*
MOVIMONDO (Solint)
MOVIMONDO (Solint)
MAGIS
ISCOS
INCONTRO TRA I POPOLI*
GVC
GVC
GUS – PROGETTO SUD
COSV (Solint)
COSV (Solint)
COOPI (Solint)
INTERSOS (Solint)
CISP (Solint)
CISP (Solint)
CESVI
CESVI
AIBI
ALISEI
ALISEI
AFMAL
RIC. E COOPERAZIONE
AISPO**
TOTALE
COSTO TOTALE
PROGETTO
€
3.300.000,0
€
900.000,0
€
732.000,0
€
291.450,0
€
475.000,0
€
1.331.606,0
€
615.678,0
€
463.802,0
€
505.800,0
€
800.000,0
€
1.110.000,0
€
743.000,0
€
480.000,0
€
376.500,0
€
750.000,0
€
550.000,0
€
450.000,0
€
300.000,0
€
350.000,0
€
1.404.738,8
€
400.000,0
€
650.000,0
€
1.598.415,1
€
587.566,0
€
1.100.000,0
€
20.265.555,9
CONTRIBUTO
DONAZIONI
€ 2.805.000,0
€
900.000,0
€
722.000,0
€
291.450,0
€
475.000,0
€ 1.331.606,0
€
615.678,0
€
300.000,0
€
505.800,0
€
800.000,0
€ 1.110.000,0
€
743.000,0
€
480.000,0
€
376.500,0
€
750.000,0
€
550.000,0
€
450.000,0
€
300.000,0
€
350.000,0
€ 1.404.738,8
€
400.000,0
€
650.000,0
€ 1.598.414,1
€
587.566,0
€ 1.100.000,0
DURATA
PROGETTO
FEB 2005 / APR 2006
FEB 2005 / GEN 2006
FEB / MAG 2005
FEB / LUG 2005
FEB / APR 2005
FEB 2005 / FEB 2006
MAR 2005 / MAR 2006
GEN / DIC 2005
FEB / AGO 2005
FEB / AGO 2005
MAR 2005 / FEB 2006
FEB / LUG 2005
FEB / LUG 2005
MAR / SET 2005
FEB / NOV 2005
FEB / MAG 2005
FEB / LUG 2005
FEB / OTT 2005
FEB / OTT 2005
GEN / DIC 2005
FEB / LUG 2005
FEB / AGO 2005
FEB 2005 / FEB 2006
MAR / AGO 2005
ZONA
SRI LANKA
Negombo – Kandy
TrincomaleeWeligama-Matara-Dickwella Devinuwara
Jaffna
Ampara
Galle e Trincomalee
Tangalle – Hambantota
Wellawate – Galle
Trincomalee
Trincomalee
Matara
Galle Hikkaduwa
Trincomalee – Muthur
Ampara
Trincomalee – Muthur
Galle Hikkaduwa
Galle – Matara
Trincomalee – Kinnya
Trincomalee – Kinnya
Ampara - Gampaha – Kandy
Galle
Galle – Matara
Trincomalee – Muthur
Ampara
Trincomalee
€ 19.596,752,9
Fonte: Elaborazione ActionAid International su dati Protezione Civile
** AISPO ha firmato la convenzione a giugno 2005, ma qui inseriamo il dato per facilitare la lettura complessiva degli interventi in loco.
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108
Allegati
Tab. 5 - Gli stanziamenti previsti dal MAE - Situazione Progetti ONG approvati
N.
ESECUTORI
SETTORE
INTERVENTO (titolo/luogo)
Programma di emergenza in favore di bambini, adolescenti e
donne in situazione di elevata vulnerabilità attraverso l'urgente
psico-sociale
ripristino dei servizi socio-educativi e la riattivazione di attivita'
generatrici di reddito nel distretto di Ampara.
PSICO
1 POG
GVC
PSICO
2 POG
INTERSOS
psico-sociale
RICO 2
POG
ONG UCODEP
RICO 9
POG
RICO
10 POG
erogato
Valore
Finanziamento
totale
MAE previsto
(euro)
note
264.772 294.190
294.190
Programma psico-sociale a favore dei bambini e delle donne
colpiti dal maremoto Trincomalee
270.000 300.000
300.000
ricostruzione
Habitat per le famiglie di Panadura colpite dallo Tsunami.
Kalutara
157.700 568.882
350.000
CISS/Comune di Palermo
ricostruzione
Rivitalizzazione dell’industria peschiera nella località di Vakaray
(Batticaloa)
44.409
98.920
altre fonti di finanziamento: Comitato
49.343 26 dicembre di Palermo e Comune di
Palermo (49.577 Euro)
CISS/Comune di Palermo
ricostruzione
Costituzione di un Centro Giovanile interculturale e di formazione
professionale a Kalmunai (Ampara)
23.486 105.101
altre fonti di finanziamento: Comitato
52.191 26 dicembre di Palermo e Comune di
Palermo 52.9010 Euro)
Sostegno socio-economico e ricostruzione dopo lo Tsunami nella
RICO 8
CIPSI/ Regione Lombardia ricostruzione
comunità di Mawella, Ampara
POG
253.710 890.050
199.508 443.350
323.500 finanziati dalla regione
281.900 Lombardia e 282.800 da altri
finanziatori
Movimondo
sanitario
Riattivazione di emergenza e rafforzamento dei servizi materno
infantili e di PHC nelle divisioni costiere del distretto di Ampara.
Componente Gestione diretta
sanitario
Acquisti di beni e materiali sanitari nell'ambito della riattivazione di
emergenza e rafforzamento dei servizi materno infantili e di PHC
nelle divisioni costiere del distretto di Ampara.
22.000 137.400
SANI 2
POG
CISP
sanitario
Riabilitazione funzionale del Rural Hospital di Thirukkovil, Ampara
231.750 515.000
515.000
SANI 3
POG
AFMAL
sanitario
Ricostruzione e potenziamento del Reparto Maternità e
Laboratorio dell’Ospedale Distrettuale di Arayampathy Distretto di
Batticaloa Sri Lanka.
135.891 301.980
301.980
PSICO
3
VIS
70.108 400.000
157.352
SANI 1
POG
psico-sociale Attivazione di strutture e servizi destinati ai minori
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altre fonti di finanziamento: Regione
Toscana, Provincia di Bolzano,
Circondario Emplorese Valdelsa, Lega
Coop Italia (218.882 Euro)
443.350 Con il progetto finanziato alla ONG
Movimondo sono previste alcune
forniture di beni e materiali sanitari in
gestione diretta a seconda delle fasi
137.400
raggiunte dal progetto
altre fonti di finanziamento:Contributo
Reg. Lombardia: 142.648 ;
Contributo Comune di Imperia:
30.000 ; Contributo ONG: 70.000
109
Allegati
N.
ESECUTORI
SETTORE
RICO 1
ONG Asia
ricostruzione
RICO 5
ALISEI
PSICO
4
UNIVER. CATT.
RICO 3
COOPI
INTERVENTO (titolo/luogo)
Ricostruzione di emergenza per le famiglie di Panadura colpite
dallo Tsunami
ricostruzione Ricostruzione della scuola elementare di Paddiruppu
Progetto a sostegno del riavvio del sistema educativo e formativo
psico-sociale professionale a seguito dell’emergenza terremoto nel paese di
Dicwkella distretto di Matara.
ricostruzione Building houses in Sangamamgramam
erogato
Valore
Finanziamento
totale
MAE previsto
(euro)
159.390 404.200
354.200
157.500 345.000
345.000
52.245 383.395
246.213 607.890
100.283 581.385
157.500 350.000
350.000
0 598.600
598.600
sanitario
Sanità Pubblica. Missione di identificazione da parte dell’ISS
prevista in aprile 2005. Vedi road map
SANI 5
CROCE ROSSA
sanitario
Progetto pilota per la realizzazione della rete di emergenza
sanitaria nel Distretto di Batticaloa
PSICO
5
ISCOS
SANI 4
UNFPA
RICO
22
GUS
RICO
26
ALISEI
Riabilitazione e ripresa delle attivita' produttive delle donne e
Psico-sociale supporto sociale alle famiglie colpite dallo Tsunami nelle località di
Beruwala - Kalutara
Centri di servizio e assistenza nel settore della salute riproduttiva
sanitario per donne, adolescenti e bambine nelle aree colpite dallo
Tsunami
Progetto di ricostruzione di case e supporto per famiglie colpite
ricostruzione
dallo Tsunami nel distretto di Hambantota
ricostruzione
Progetto di ricostruzione di case e supporto per famiglie colpite
dallo Tsunami villaggio di Pandirippu nel distretto di Ampara
43.402 138.748
Regione Toscana 50.000 Euro (in
approvazione)
altre fonti di finanziamento: Regione
Lombardia: 141.500 euro; Dono del
116.100 personale regionale: 10.795 euro;
Università Cattolica del Sacro Cuore:
115.000
possibile cofinanziamento Regione
607.890
Emilia Romagna
altre fonti di finanziamento: 212.995
euro (Regione Lombardia); 65.900
222.850 euro ONG; 24.800 euro (Altri
finanziatori) ; 54.840 euro
(Controparte locale)
Supporto alle comunità di sfollati nel distretto di Ampara
ICEI/MOVIMONDO Regione
attraverso il ripristino di infrastrutture igienico-sanitarie e
ricostruzione
RICO 7
Lombardia
scolastiche e sostegno alle attivita’ economiche nel settore
agricolo, della pesca e del turismo comunitario
SANI 6
Istituto Superiore di Sanità
POG
note
132.4486.300 parte locale
0 487.044
487.044
0 200.000
150.000Prato (150.000)
0
80.000
80.000
2.682.0218.323.291
6.419.948
totale decentrata 2.189.125
Fonte: MAE
© ActionAid International Italia – marzo 2006
110
Allegati
Tab. 6 – Il contributo della Cooperazione Decentrata in Sri Lanka
ATTORI DECENTRATA
Regione Toscana, Provincia di
Bolzano, Circondario Emplorese
Valdelsa, Lega Coop Italia
PROGETTO
Habitat per le famiglie di Panadura colpite
dallo Tsunami. Kalutara
Partner
esecutore
ONG UCODEP
218.882
Comitato 26 dicembre di Palermo Rivitalizzazione dell’industria peschiera nella
e Comune di Palermo
località di Vakaray (Batticaloa)
CISS/Comune di
Palermo
Costituzione di un Centro Giovanile
Comitato 26 dicembre di Palermo
interculturale e di formazione professionale a
e Comune di Palermo
Kalmunai (Ampara)
CISS/Comune di
Palermo
Regione Lombardia e altri
finanziatori
Sostegno socio-economico e ricostruzione dopo
lo Tsunami nella comunità di Mawella, Ampara
CIPSI/ Regione
Lombardia
Istituto italiani all'estero
Riattivazione di emergenza e rafforzamento dei
servizi materno infantili e di PHC nelle divisioni
costiere del distretto di Ampara.
Movimondo
Istituto italiani all'estero
Riabilitazione funzionale del Rural Hospital di
Thirukkovil, Ampara
CISP
Regione Lombardia, Comune di
Imperia, ONG VIS
Attivazione di strutture e servizi destinati ai
minori
VIS
Regione Toscana
Ricostruzione di emergenza per le famiglie di
Panadura colpite dallo Tsunami - Kalutara
Progetto a sostegno del riavvio del sistema
Regione Lombardia, Personale
educativo e formativo professionale a seguito
regionale, Università Cattolica del
dell’emergenza terremoto nel paese di
Sacro Cuore
Dicwkella distretto di Matara.
Euro
49.577
52.910
608.150
8.000
ONG Asia
8.000
242.648
50.000
UNIVER. CATT.
267.295
Regione Lombardia, Altri
finanziatori, Controparte locale
Supporto alle comunità di sfollati nel distretto
di Ampara attraverso il ripristino di
ICEI/MOVIMONDO
infrastrutture igienico-sanitarie e scolastiche e
Regione
sostegno alle attivita’ economiche nel settore
Lombardia
agricolo, della pesca e del turismo comunitario
358.535
Comune di Modena, Overseas
Progetto di ricostruzione di case e supporto per
famiglie colpite dallo Tsunami nel distretto di
Batticaloa
OVERSEAS
175.128
Regione Toscana e Regione
Marche
Progetto di ricostruzione di case e supporto per
famiglie colpite dallo Tsunami nel distretto di
Hambantota
GUS
TOTALE DECENTRATA
100.000
2.139.125
Fonte: MAE
© ActionAid International Italia – marzo 2006
111
Allegati
Tab. 9 Ripartizione dei fondi tra soggetti attuatori –aggiornamento al 10.10.2005
n°
interventi
11
2
1
1
1
3
1
1
2
2
1
1
2
2
1
1
2
1
1
1
1
1
1
1
1
43
attuatore
Costo a carico
donazioni
costo a carico contributo
DPC
ONG
a carico
donazioni
% sul tot
costo tot
progetto
DPC
VIS - Don Bosco ONG
Banca Etica – ETIMOS
FAO
AFMAL
MOVIMONDO
AIBI
MAGIS
GVC
COSV
GUS
AISPO
ALISEI
CISP
INTERSOS
Istituto Sup. di Sanità
CESVI
ISCOS
Ricerca e Cooperazione
Vigili del Fuoco
ANPAS
COOPI
Misericordie
Incontro fra i Popoli
Monitoraggio
TOTALE ALLOCATI
22.766.161,50
2.129.573,60
24.895.735,10 47,34%
3.200.000,00
505.000,00
495.000
4.200.000,00 7,04%
2.750.000,00
250.000,00
3.000.000,00 5,70%
2.750.000,00
250.000,00
3.000.000,00 5,70%
1.400.000,00
198.414,13
1.598.414,13 3,04%
1.350.805,00
137.645,00
1.488.450,00 2,83%
1.200.000,00
204.738,80
1.404.738,80 2,67%
1.050.000,00
281.606,00
1.331.606,00 2,53%
1.175.220,00
130.580,00
1.305.800,00 2,48%
990.000,00
233.000,00
1.223.000,00 2,33%
999.000,00
111.000,00
1.110.000,00 2,11%
820.000,00
280.000,00
1.100.000,00 2,09%
815.000,00
235.000,00
1.050.000,00 2,00%
851.250,00
148.750,00
1.000.000,00 1,90%
600.000,00
150.000,00
750.000,00 1,43%
450.000,00
225.400,00
675.400,00 1,28%
600.000,00
50.000,00
650.000,00 1,24%
554.110,20
61.567,80
615.678,00 1,17%
528.809,40
58.756,60
587.566,00 1,12%
360.000,00
140.000,00
500.000,00 0,95%
363.111,56
40.345,73
403.457,29 0,77%
338.850,00
37.650,00
376.500,00 0,72%
283.635,00
31.515,00
315.150,00 0,60%
270.000,00
30.000,00
163.802
463.802,00 0,57%
70.000,00
135.500,00
205.500,00 0,39%
46.535.952,66 6.056.042,66 658.802 52.591.995,32 100%
TOTALE FONDI
47.179.528,12
6.056.043,56
643.575,46
0,90%
TOTALE DA ALLOCARE
53.894.373,68
Fonte: Rielaborazione ActionAid International su dati della Protezione Civile - aggiornamento del 10.10.2005
© ActionAid International Italia – marzo 2006
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Allegati
Tab. 14: Stato di avanzamento dei progetti gestiti dal DPC - aggiornato al 22 dicembre 2005
Fonte: DPC
© ActionAid International Italia – marzo 2006
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Allegati
Tab. 15: Stato di avanzamento dei progetti gestiti dal DPC - aggiornato al 22 dicembre 2005
Fonte: DPC
© ActionAid International Italia – marzo 2006
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Allegati
Tab. 16: sintesi sullo stato di attuazione dei progetti gestiti da DPC e ONG – al 22 dicembre 2005
DPC
cantieri aperti
progetti in corso
gare in corso
concluse
tot
assegnato
utilizzato
ONG
11
4
4
3
22
17
8
25
24.820.735,00
13.460.847,43
19.955.056,16
14.159.298,57
Fonte: DPC - rielaborazione dati ActionAidInternational
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Allegati
ALLEGATO 03 - GLI ARTICOLI PIÙ SIGNIFICATIVI USCITI SULLA STAMPA ITALIANA
A un anno di distanza, in concomitanza con il primo anniversario del disastro, proponiamo quindi una breve
raccolta di alcuni articoli usciti sulla stampa italiana.
Il 23.12.2005, nell’articolo “Più di cento i progetti italiani. Finiremo a giugno”, L’Unità sottolinea che “il
Governo italiano offrendo un anno fa 148 milioni di euro metteva nel conto anche la solidarietà privata che
solo per i messaggini telefonici era riuscita a raccogliere 48,3 milioni di euro. Per il resto si contavano fondi
della Cooperazione (35 milioni), del Ministero dell’Economia e degli Esteri, più 30 milioni della conversione
del debito dei due Paesi maggiormente danneggiati – Indonesia e Sri Lanka - debito che per il momento
risulta congelato. Della cifra iniziale finora sono stati stanziati 96 milioni di euro ed effettivamente spesi
grosso modo la metà. (…) dice Mozzo: “Il 60-70% delle risorse sono state erogate e siamo riusciti a non
pagare il 15% di IVA che il Governo di Colombo pretende (..). Abbiamo cantieri aperti e contiamo di chiuderli
per marzo-giugno prossimi. Ma per riuscirci bisogna lavorare con le comunità e non tutti lo fanno. Bilancio
positivo anche per le ONG italiane intervenute con 12 progetti: “Abbiamo già impegnato l’80% dei fondi, 71
milioni dice S. Marelli - quello che è mancato a fronte di questo impegno è la capacità di partecipare al
processo decisionale su cosa fare e dove”.
Panorama del 27.12.2005, “Quanto hanno ricostruito gli SMS” di Franca Riatti. “Gli italiani hanno già aperto
oltre il 50% dei cantieri promessi, la media degli organismi internazionali presenti sul campo si ferma a 13,8
nel caso degli istituti scolastici e 6,8 per quel che riguarda i centri sanitari secondo i dati citati ufficiali del
Governo di Colombo citati da Miozzo. Cifre che raccontano il successo incominciato lo scorso dicembre con
47.354.372 euro raccolti attraverso le sottoscrizioni di TG5, Corriere, Rai, Tim, Vodafone, Wind e Tre, fondi
con cui sono stati finanziati 49 progetti realizzati dal DPC e da una ventina di ONG. Neanche uno di quegli
euro è stato usato per coprire i costi di gestione dell’ufficio a Colombo, pagare aerei o stipendi. I sei milioni
per le spese operative provengono tutti dalle casse del Dipartimento della Protezione Civile. Il DPC è l’unica
realtà dell’aiuto umanitario in Sri Lanka ad aver ottenuto l’esenzione delle tasse doganali pari al 15%.
Secolo d’Italia del 27.2.2005: “il 26 dicembre a un anno dall’onda anomala la Protezione Civile è tornata a
Colombo per fare il punto degli interventi. La delegazione era guidata dal Capo della Protezione Civile
Bertolaso e dal Vice Spaziante. C’erano inoltre E.Bonino, G.Amato, A. Monorchio del Comitato Garanti. Ad un
anno dalla tragedia sono ancora 1000 i corpi senza nome tra cui un’ottantina di europei”.
Il sole e 24 ore del 29.12.2005 “La Protezione Civile batte la Farnesina” – “Non rappresento il Governo ma la
solidarietà degli italiani e devo dire – dice Amato (durante la cerimonia commemorativa in Sri Lanka) - senza
nulla togliere alla bravura dei diplomatici italiani, che la Protezione Civile si è rilevata la migliore branca della
Pubblica Amministrazione italiana, i risultati sono sotto gli occhi di tutti”. Parole che hanno fatto sgranare gli
occhi ai rappresentanti della Farnesina.
La Stampa del 23.12.2005: “Gli italiani devono essere soddisfatti sia perché i soldi sono stati spesi bene, sia
perché l’amministrazione si è dimostrata efficiente”.
“Lo Tsunami degli aiuti: ancora in tenda”, di Marina Mastroluca, sul L’Unita del 23.12.2005: “Pareti di stoffa e
telo di plastica per tetto per 67.000 persone a Banda Aceh è ancora la sola casa possibile. Per altre 30.000
l’unico riparo è una baracca di legno messa su alla meglio, mentre 400.000 persone sono ospitate da
familiari. Un anno dopo la devastazione (…) si fa fatica a ricominciare. In tutta la regione solo un quinto
delle case sono state ricostruite, la maggior parte degli sfollati non è nemmeno riuscita ad avere una casa
temporanea. L’ottimismo delle NU che contavano di chiudere le tendopoli entro il 2005 si è stemperata
strada facendo”.
Il Riformista del 23.12.2005, articolo di Emanuela Giordana “L’aiuto che l’Italia portò dopo lo Tsunami. Ecco i
miti e i fatti”: “A scorrere i dati illustrati dal comitato dei cinque saggi (…) c’è da levarsi il cappello di fronte
all’efficienza dalla Protezione Civile.(…) Tutto oro? Vediamo quel che luccica. (..) Dei 42 progetti realizzati 25
dei quali affidati a ONG, 7 in convenzione con organismi internazionali e 10 realizzati direttamente dal DPC.
Di questi 3 sono già conclusi, 11 sono i cantieri aperti e 4 le gare in corso. Quanto alle ONG 8 i progetti
conclusi e 17 i cantieri aperti. Grafici conti e tabelle sono conclusi al capitolo “procedure” in cui con
trasparenza si rendiconta non solo l’iter ma anche i ritardi inevitabili dove è in corso un faticoso processo di
pace. Chi conosce Bertolaso e Miozzo non aveva dubbi che le promesse sarebbero state assolte con
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Allegati
efficienza e competenza. (…) Qualcuno ha suggerito che sono due ottimi capomastro che lavorano nel
cantiere sbagliato, nel dipartimento cioè che coordina tutte le strutture (dello Stato) per tutelare l’integrità
(di beni e cittadini) dal pericolo dei danni derivanti da calamità naturali catastrofici” e che la Legge 225/92
stabilisce essere un “servizio nazionale” Il realtà il DPC sta espandendo la sua attività a macchia d’olio: dopo
lo Sri Lanka il Darfur, dove un decreto estivo le ha dato mandato di agire. Il braccio della Presidenza del
Consiglio tende cioè ad assorbire attività che prima svolgeva il MAE”.
“Tsunami-Italia missione compiuta” di Luca Liverani del 23.12.2005 afferma che “una buona parte dei
progetti sono già conclusi. Secondo Avvenire è un esempio di sussidiarietà realizzato in stile rispettoso
dell’origine dei finanziamenti. Visto che la maggioranza dei fondi per i 42 progetti attivati in SL - l’89% - è
arrivato da donazioni private, coerentemente la fetta più grossa - 76% dei programmi - è stata affidata a
ONG (25 progetti per il 59%) o altri organismi (7 progetti per il 17%)”.
Il Tempo del 27.12. 2005, “Consegnate le prime case costruite con gli SMS”: Bonino sottolinea “I soldi degli
italiani sono stati spesi bene. Entro giugno le palazzine realizzate a Negoombo saranno 13. 204 famiglie
avranno una nuova casa. Il lavoro realizzato con i fondi degli italiani riguarda tutto i Paese: si stanno
realizzando pozzi, strutture sanitarie, impianti di potabilizzazione per rilanciare l’economia locale sia del sud
dell’isola che del nord-est. “Per capire lo sforzo – sintetizza Amato - bisogna guardare concretamente i
singoli progetti e vedere a quanti bisogni è stato necessario rispondere”. L’impegno del nostro Paese è anche
politico: non solo per la scelta di destinare gli aiuti alle aree sotto controllo governativo e a quelle sotto
influenza del Tigri Tamil ma anche per il tentativo di proporsi come interlocutore per i colloqui di pace tra le
due parti. Nella visita realizzata dal Sottosegretario agli esteri M. Boniver ha dato la disponibilità a ospitare a
Roma eventuali incontri a porte chiuse tra le parti”.
“Il dramma dello Tsunami ha acceso i riflettori sul conflitto” intitola Avvenire del 28.12.2005: “Uno dei
risultati raggiunti dall’evento Tsunami è certamente quello di aver messo le aree del Sud Est Asiatico al
centro degli interessi dei mass madia; questo ha favorito l’accettazione degli accordi di Helsinki. Oltre allo
smantellamento delle forze nazionali armate di Aceh, il braccio militare del Gam, l’accordo prevedeva la
smobilitazione dell’esercito indonesiano nella provincia di Aceh. Giacarta potrà mantenere solo 14mila soldati
e 9mila poliziotti reclutati localmente al posto degli iniziali 50mila soldati. Inoltre è stata varata l’amnistia e
sono stati offerti degli incentivi economici alla gente locale per aiutarla ad integrarsi. Certo la pressione
internazionale non è stata fortissima, ma l’attenzione dei media è stata sufficiente perché i protagonisti del
conflitto dopo tanti anni trovassero un accordo”.
Panorama, il 27.12.2005 in “Freddi calcoli misericordiosi” di Enzo Bettiza propone alcune considerazioni
riassuntive che si possono trarre a un anno di distanza, affermando: “Sul piano umanitario 50 governi e
agenzie hanno elargito un aiuto di circa 5 miliardi di dollari cui è stato aggiunto un altro miliardo e mezzo
fornito da imprese e individui privati. Non sempre è andato tutto bene: casi di corruzione, sprechi, errori,
hanno spesso inquinato questa grande operazione di soccorso internazionale. Non solo. Assai presto
l’aspetto puramente umanitario è passato in secondo piano lasciando emergere dalle ondate del maremoto
un fenomeno singolare e del tutto nuovo: l’utilizzo geopolitico di una spaventosa calamità naturale”.
Libero del 28.12.2005, “Sottotiro Liberation e il Corriere della Sera: anche sprechi e opportunismi sugli aiuti
umanitari dopo lo Tsunami. C’è chi ammette sbandamenti, ma le associazioni replicano “attacchi falsi e
ipocriti”. Replica alla recente pubblicazione “Tsunami la vérité humanitaire”. (…) La tesi: le associazioni sono
aziende a cui ci si rivolge per far carriera, le motivazioni ideali si perdono e i contatti con le popolazioni locali
lasciano il posto a circoli dediti al gozzoviglio”.
“Tsunami burocratico: Oceano Indiano, l’ONU spende un terzo degli aiuti per i suoi funzionari”, su il Foglio
del 24.12.2005.
A conclusione un estratto dal dossier de La Repubblica, 27.12.2005, “Sri Lanka, le accuse sugli aiuti
riaccendono la guerra civile”, di r.bu: “A distanza di un anno, con 4.000 persone ancora considerate
"disperse" e quasi mezzo milione di sfollati, Sri Lanka ha pagato uno dei prezzi più alti, con un costo
approssimativo per la ricostruzione stimato dalla World Bank e da un consorzio delle banche asiatiche in un
miliardo e mezzo di dollari per case, attività economiche, sanità, educazione. Se le cifre degli aiuti rese note
dagli organismi di coordinamento fossero vere, i fondi raccolti sarebbero già quasi il triplo di quelli necessari.
Ma con una delle amministrazioni a più alto tasso di corruzione del mondo l'impresa si è rivelata subito
difficile, con l'aggravante di una guerra civile tra minoranza Tamil e maggioranza cingalese che, invece di
placarsi com'è accaduto a Banda Aceh, ha ripreso vigore, alimentata anche dalle accuse sulla cattiva
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distribuzione dei fondi per le vittime. Dei 78mila alloggi da riedificare - metà dei quali in insediamenti lontani
dal mare per via di una rigida legge governativa - ne sono pronti circa cinquemila, meno di un terzo di quelli
ricostruiti in Indonesia, mentre sono in corso i lavori per altri diecimila. Le oltre 300 organizzazioni non
governative che operano nello Sri Lanka per l'assistenza alle vittime avevano promesso di ricostruirne 32mila
nel primo anno, ma non avevano evidentemente calcolato le difficoltà di reperire in loco tecnici specializzati
per i loro progetti, i problemi burocratici creati dal divieto di edificare entro 200 metri dalle spiagge, la
corruzione e l'incompetenza delle autorità denunciata dalla stessa magistratura dell'isola, nonché l'impennata
dei costi dei materiali e della manodopera saliti di oltre il 60 per cento in quest'ultimo anno. Una situazione
difficile che si riverbera anche in altri settori. Delle 180 scuole per le quali sono già stati stanziati i fondi, solo
10 sono state completate e consegnate, altre 124 lo saranno nel 2006 e 48 nel 2007. Analoghi i problemi dei
progetti sanitari. Lo speciale trattato firmato dal Governo con 45 ONG ha portato alla costruzione di 10
cliniche e un deposito centrale di medicine, mentre ci sono da ristrutturare ancora 97 strutture danneggiate
e altre 100 in condizioni precarie. Inoltre crea molto allarme un altro grave fattore ambientale, gli oltre 30
milioni di metri cubi di immondizia depositati in gran parte lungo le coste, nelle lagune e corsi d'acqua, con
imprevedibili conseguenze sanitarie. In compenso, con i fondi che cominciano a scarseggiare nonostante i
generosi aiuti giunti da ogni parte del mondo, 66mila famiglie hanno ricevuto in parte o per intero la somma
spesa per ristrutturare le proprie abitazioni distrutte. Secondo l'agenzia per la ricostruzione e lo sviluppo
Rada, tra il 70 e l'85 per cento delle 150mila famiglie colpite ha recuperato la propria fonte di guadagno che,
nel 50 per cento dei casi, significa barche e reti da pesca. Ma molte ONG hanno lamentato l'impossibilità di
controlli sulla corretta distribuzione degli aiuti, pressate - secondo numerose testimonianze - da politici locali
e funzionari statali. Secondo una di queste denunce, ben 15mila famiglie della parte nord occidentale,
nemmeno sfiorate dal cataclisma, hanno ricevuto impropriamente assegni mensili di sussistenza. Lo stesso
ufficio della Ragioniera generale ha sostenuto che il Governo ha speso meno del 25 per cento del milione e
mezzo di dollari stanziato per la ricostruzione a medio termine e appena il 10 per cento dei 700 milioni
annunciati per i prestiti senza interesse. Per questi e altri motivi, secondo la denuncia di Oxfam, il 95 per
cento delle vittime che non avevano case di proprietà e terreni intestati vive ancora in alloggi provvisori. Una
realtà che la Rada attribuisce in gran parte alle restrizioni governative sui siti della ricostruzione. Tra le
maggiori cause dei ritardi viene indicato il mancato coordinamento tra uffici governativi e organizzazioni
umanitarie, un problema che il nuovo Presidente Mahinda Rajapakse eletto il 17 novembre scorso vorrebbe
risolvere con un nuovo organismo alle dipendenze dell'esecutivo. Ma in parte anche a causa della sua
nomina, la tensione tra la maggioranza cingalese buddista e i guerriglieri delle Tigri Tamil sembra ridare
alimento alla guerra civile - che ha provocato il doppio dei morti dello Tsunami - con il rischio che si torni ai
livelli precedenti alla tregua del 2002. Migliaia di monaci buddisti e numerose organizzazioni politiche che
sostengono il nuovo leader avevano organizzato in campagna elettorale proteste e scioperi della fame per
impedire che gli aiuti internazionali finissero ai territori Tamil del nord e nord est. Le stesse organizzazioni
internazionali, giunte in massa nel martoriato sud e sud est dove si trovano gran parte dei resort turistici,
non hanno osato avventurarsi in territori dove le violenze sono all'ordine del giorno, con attacchi di bombe e
granate. È in questo contesto che Sri Lanka si appresta a celebrare l'anniversario del cataclisma con
cerimonie buddiste, ma anche di altre religioni presenti in minoranza nel Paese. Un omaggio dovuto
all'universalità del sostegno umanitario”.
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ALLEGATO 04 – PRINCIPALI DOCUMENTI DI BACKGROUND
ORDINANZE E NORMATIVE
Ordinanza n. 3389 Presidenza Consiglio dei Ministri
Disposizioni di protezione civile finalizzate a fronteggiare le situazioni d’emergenza
nell’area del Sud Est Asiatico.
Ordinanza n. 3390 Presidenza Consiglio dei Ministri
Disposizioni urgenti di protezione civile.
Ordinanza n. 3392 Presidenza Consiglio dei Ministri
Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare le situazioni di
emergenza nell’area del Sud Est Asiatico.
Ordinanza n. 3394 Presidenza Consiglio dei Ministri
Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare le situazioni di
emergenza nell’area del Sud Est Asiatico.
Ordinanza n. 3399 Presidenza Consiglio dei Ministri
Disposizioni urgenti di protezione civile.
Ordinanza n. 3402 Presidenza Consiglio dei Ministri
Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare le situazioni di
emergenza nei territori esteri.
DECRETO del Capo del Dipartimento della Protezione Civile del 28 luglio 2005
Attribuzioni e composizione della Struttura temporanea di missione operante nella Repubblica Democratica
Socialista dello Sri Lanka.
DECRETO Presidenza Consiglio dei Ministri
Nomina del Comitato di Garanti di cui all’art. 1, comma 2, dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri n. 3392 dell’ 8 gennaio 2005.
DECRETO Capo Dipartimento della Protezione Civile
Costituzione della Commissione per il controllo sulla gestione delle donazioni in favore
delle popolazioni del Sud Est Asiatico colpite dal terremoto e dal maremoto del 26
dicembre 2004 (art. 1, comma 4, dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri n. 3392 dell’ 8 gennaio 2005).
DIRETTIVA Capo Dipartimento della Protezione Civile
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile – Direttive concernenti modalità e
procedure per l’utilizzo delle risorse destinate alla realizzazione degli interventi nelle aree del Sud Est Asiatico
colpite dal maremoto del 26 dicembre 2004 – Roma – 7 aprile 2005
DECRETO Capo Dipartimento della Protezione Civile
Modalità di gestione dei progetti da parte delle ONG nelle aree del Sud Est Asiatico colpite dallo Tsunami del
26 dicembre 2004 – 26 maggio 2005
DECRETO-LEGGE 19 gennaio 2005, n.2
Interventi umanitari per le popolazioni del sudest asiatico
DECRETO LEGGE "Disposizioni urgenti in materia di protezione civile"
Decreto-Legge n. 90 del 31 maggio 2005, G.U. n. 125 del 31 maggio 2005
LEGGE 24 febbraio 1992, n. 225. Istituzione del servizio nazionale della protezione civile
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Allegati
LEGGE 9 novembre 2001, n. 401
Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni
urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile
LEGGE 26 Luglio 2005 n. 152
“Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 31 maggio 2005, n.90, recante disposizioni
urgenti in materia di protezione civile”
Protocollo d’intesa tra Dipartimento della Protezione Civile e Telecom S.p.A.
Protocollo d’intesa tra Dipartimento della Protezione Civile e Vodafone – Wind – TIM Telecom S.p.A.
Protocollo d’intesa tra Dipartimento della Protezione Civile e RAI
Protocollo d’intesa tra Dipartimento della Protezione Civile e Unione delle Comunità Ebraiche
Protocollo d’intesa tra Dipartimento della Protezione Civile e Comitato “Un aiuto subito…”
Protocollo d’intesa tra Dipartimento della Protezione Civile e SEGEA gazzetta di Parma S.p.A.
Decreto-Legge 30 dicembre 2004, n. 315
"Disposizioni urgenti per garantire la partecipazione finanziaria dell'Italia a Fondi internazionali di sviluppo e
l'erogazione di incentivi al trasporto combinato su ferrovia, nonché per la sterilizzazione dell'IVA sulle offerte
a fini umanitari"
Delibera Comitato Direzionale DGCS MAE – Atto n. 18 del 9 febbraio 2005
CONVENZIONI
Convenzione per la realizzazione del progetto “Gestione dell’Ospedale da campo Kinniya nella municipalità di
Kinniya nello stato dello Sri Lanka ( Distretto Trincomalee) - AISPO
Convenzione per la realizzazione di interventi a favore del riavvio delle attività inerenti la pesca nello stato
dello Sri Lanka ( Distretto Trincomalee, Division di Mutur) - INTERSOS
Convenzione per la realizzazione di strutture di prima accoglienza ed interventi psico-sociali nello stato dello
Sri Lanka - Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini
Convenzione per la realizzazione del progetto "Strutture e infrastrutture per la pesca" nello stato dello Sri
Lanka - CESVI cooperazione e sviluppo onlus
Convenzione per la realizzazione del progetto "Riabilitazione di piccoli edifici scolastici" nello stato dello Sri
Lanka - CESVI cooperazione e sviluppo onlus
Convenzione per la realizzazione del progetto "Riabilitazione degli edifici e ripristino delle attività della sede
centrale del MOH Medical Officer for Health di Hikkaduwa e dei poli-ambulatori danneggiati dal maremoto
delle division di Hikkaduwa - Distretto di Galle e Weligama - Distretto di Matara" nello stato dello Sri Lanka CISP Comitato Internazionale per lo sviluppo dei popoli
Convenzione per la realizzazione del progetto "Riabilitazione d'emergenza delle strutture igienico-sanitarie
danneggiate dallo Tsunami in case occupate a scopo abitativo e supporto alla riabilitazione delle medesime
nella division di Hikkaduwa" nello stato dello Sri Lanka - CISP Comitato Internazionale per lo sviluppo
dei popoli
Convenzione per la realizzazione di un intervento per soluzioni abitative temporanee per le famiglie sfollate
nello stato dello Sri Lanka - COSV Comitato di Coordinamento delle organizzazioni per il servizio
volontario
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Allegati
Convenzione per la realizzazione di un intervento di prima emergenza per l'assistenza ai gruppi più
vulnerabili nei centri sfollati nello stato dello Sri Lanka - COSV Comitato di Coordinamento delle
organizzazioni per il servizio volontario
Convenzione per la realizzazione di "Soccorso e riabilitazione delle comunità locali" nello stato dello Sri Lanka
- MAGIS
Convenzione per la realizzazione di riabilitazione d'emergenza delle strutture danneggiate dallo Tsunami in
case occupate a scopo abitativo nel distretto di Matara e riabilitazione di 1000 case parzialmente
danneggiate nella divisione di Welligama, nello stato dello Sri Lanka - MOVIMONDO
Convenzione per la realizzazione del progetto "Ricostruzione e riabilitazione di strutture e di servizi destinati
alle famiglie, ai bambini e agli adolescenti colpiti dallo Tsunami nell'area di Negombo" nello stato dello Sri
Lanka - VIS Volontariato Internazionale per lo sviluppo
Convenzione per la realizzazione del progetto "Azioni di sostegno, ricostruzione e riabilitazione a favore delle
famiglie colpite dallo Tsunami nell'area di Trincomalee" nello stato dello Sri Lanka - VIS Volontariato
Internazionale per lo sviluppo
Convenzione per la realizzazione di un progetto denominato "Ristrutturazione e potenziamento dei servizi
sanitari dell'ospedale di Muthur" nello stato dello Sri Lanka - Associazione con i Fatebenefratelli per i
malati lontani
Convenzione per la realizzazione del progetto "Assistenza di emergenza alle famiglie di pescatori artigianali,
colpite dallo Tsunami " nello stato dello Sri Lanka - ALISEI
Convenzione per la realizzazione del progetto "Riattivazione d'emergenza della funzionalità operativa del
Teaching Hospital Mahamorada in Galle" nello stato dello Sri Lanka - ALISEI
Convenzione per la realizzazione del progetto "Ricostruiamo Wellawate" nello stato dello Sri Lanka INCONTRO FRA I POPOLI
Convenzione per la realizzazione di un "programma integrale per la riabilitazione delle unità abitative del
villaggio di Jaya, Sayurupura/Mudillagaha Watta e per la realizzazione di strutture e infrastrutture per la
pesca nello stato dello Sri Lanka" - GUS
Convenzione per la realizzazione del progetto di "veloce ripristino delle condizioni di vita di base per la
popolazione affetta dallo Tsunami nella penisola di Jaffna" nello stato dello Sri Lanka - MOVIMONDO
Convenzione per la realizzazione del progetto di "ripresa delle attività di pesca e cantieristica navale" nello
stato dello Sri Lanka - ISCOS CISL
Convenzione per la realizzazione del progetto di "sostegno al rientro delle famiglie ospitate nei campi di
accoglienza nelle aree di origine e proprietà, nelle zone colpite dal maremoto" nello stato dello Sri Lanka GVC
Convenzione per la realizzazione di un intervento urgente di "ripristino delle condizioni di vita di base e
miglioramento della fornitura di acqua potabile nella divisione di Pottuvil, distretto di Ampara" nello stato
dello Sri Lanka - COOPI
Convenzione per la realizzazione del progetto di "ripristino delle strutture e dei sistemi micro-economici del
settore peschiero nel distretto di Trincomalee" nello stato dello Sri Lanka - GVC
Convenzione per la realizzazione del progetto di “rapido ripristino delle condizioni igienico ambientali a
Kulmunai e ricostruzione della nuova sede amministrativa della divisione di Pottuville nello stato dello Sri
Lanka – distretto di Ampara - MOVIMONDO
Convenzione per la realizzazione del progetto “sostegno alla comunità di pescatori di Potuvil nello stato dello
Sri Lanka – distretto di Ampara – RICERCA E COOPERAZIONE
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Allegati
Convenzione per la realizzazione di interventi per il potenziamento dei Vigili del Fuoco dello Sri Lanka Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa
Civile
Convenzione per la realizzazione di interventi di post emergenza nello stato dello Sri Lanka - Banca
Popolare Etica
Proposta di piano di intervento per l'avvio di linee di interventofinalizzate al sostegno di attività di
microfinanza - Consorzio ETIMOS e Banca Etica
Agreement for the realization of the project OSRO/SRL/504/ITA "Emergency assistance for the rehabilitation
of fisher folk communities in the Tsunami -affected districts of Trincomalee, Matara, Galle and Hambantota"
- FAO
Convenzione per la realizzazione del progetto "sostegno alla comunità di pescatori di Potuvil" nello stato
dello Sri Lanka - RICERCA E COOPERAZIONE
Convenzione per la realizzazione del progetto di "rapido ripristino delle condizioni igienico-ambientali a
Kulmunai e ricostruzione della nuova sede amministrativa della divisione di Pottuville" nello stato dello Sri
Lanka - MOVIMONDO
Convenzione per la realizzazione del programma di "valutazione della situazione socio-sanitaria e nutrizionale
ed il monitoraggio dell'efficacia degli interventi sanitari italiani nei distretti di Trincomalee, Matara e Galle"
nello stato dello Sri Lanka - ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA'
Convenzione per la realizzazione del progetto “Looking at tomorrow – Guarda al domani” – nel distretto di
Galle, località Unawatuna e Dewata nello stato dello Sri Lanka – A.N.P.A.S – ASSOCIAZIONE
NAZIONALE PUBBLICHE ASSISTENZE
Convenzione per la realizzazione del progetto “Aiutiamo i bambini dello Sri Lanka – Camminiamo mano nella
mano… in località Nilaveli nel distretto di Trincomalee e Akkaraipattu nel distretto di Batticaloa, nello stato
dello Sri Lanka – CONFEDERAZIONE NAZIONALE MISERICORDIE D’ITALIA
PUBBLICAZIONI
MAE/DGCS – La gestione della crisi: il caso Tsunami
Dossier AGI, Cooperazione Italiana allo Sviluppo: maremoto in Asia
DOCUMENTI
MAE/DGCS - Missione DGCS nelle aeree colpite dal maremoto per predisporre gli interventi in favore dei
minori in condizioni di vulnerabilità.
MAE/DGCS – Gruppo di lavoro minori – resoconto riunione 13/1/2005
Ministero Pari opportunità – Missione nel sud est asiatico
MAE/DGCS – Coordinamento piano aiuti sud est asiatico prospetto degli interventi in Sri Lanka, Thailandia ed
Indonesia – 26/1/2005
Rapporto intermedio sulle attività di monitoraggio del programa generale degli interventi
PROTOCOLLO D'INTESA Dipartimento della Protezione Civile e Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Protezione Civile della Regione
Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni poste in essere dal Dipartimento della
Protezione Civile– Quinto report
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Allegati
Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni poste in essere dal Dipartimento della
Protezione Civile– Quarto report
Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni poste in essere dal Dipartimento della
Protezione Civile– Terzo report
Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni poste in essere dal Dipartimento della
Protezione Civile– Secondo report
Commissione per il controllo contabile e di legalità sulle azioni poste in essere dal Dipartimento della
Protezione Civile– Primo report
Dipartimento della Protezione Civile – Ministero Salute Sri Lanka - Accordo di ricostruzione dell’ospedale di
Matara –22/2/2005
Dipartimento della Protezione Civile – Sintesi della relazione tecnica del progetto preliminare dell’edificio
magazzino e dell’edificio pronto soccorso e banca del sangue presso il General hospital di Matara - Ing.
Bruno G. Lamonaca – Ing. Massimiliano Severino
Dipartimento della Protezione Civile – Governo Sri Lanka – Memorandum of understanding – 24/2/2005
Dipartimento della Protezione Civile – New Kinnya Hospital Preliminary drawing – Arch. Sandro Coppari –
Ing. Andrea Veschi – 22/2/2005
Ministero dell’Educazione Sri Lanka – Lettera di approvazione per la ricostruzione dell’edificio scolastico di
Thotagamuwa – 16/3/2005
Dipartimento della Protezione Civile italiana – New Thotagamuwa School Preliminary drawing – Ing. E.De
Francesco –Ing. Angelo G.Pizza – Arch. M.Licciardello – 13/3/2005
Gli interventi nel sudest asiatico aprono seri interrogativi sulle competenze e i rapporti istituzionali
nelle attività di cooperazione con i paesi terzi – Nino Sergi - Intersos
Emergenza maremoto e Governo italiano – documento Campagna “Sbilanciamoci”
Dipartimento della Protezione Civile – Stato di attuazione programmi – 12/4/2005
ARTICOLI STAMPA
Tsunami. Dietro lo scontro niente – G.Marcon – Il Manifesto – 2/1/2005
Tsunami, pochi spiccioli dal Governo italiano – T.Fontana – L’Unità – 3/1/2005
B&M versus F&D – Come la Farnesina ha perso (e continua a perdere) i suoi uomini migliori – Lettera 22
4/1/2005
Ora e sempre croce rossa – E.Giordana - Lettera 22 4/1/2005
"Vogliono gestire i nostri soldi? La Protezione Civile non si ritira" – A.Mattone - La Repubblica 4/1/2005
Fini: "Alla Protezione Civile la gestione dei fondi per l'Asia" – La Repubblica 4/1/2005
L’Italia e la cooperazione internazionale nel 2005 – La Voce – 7/1/2005
Maremoto: gli aiuti ai raggi X – G.Frangi – Vita – 14/1/2005
La Protezione Civile: un’agenzia per lo sviluppo “fai da te”? – Il Cosmopolita 17/1/2005
Lo Tsunami della Farnesina e il futuro della cooperazione allo sviluppo – Il Cosmopolita 17/1/2005
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Allegati
Maremoto: la Protezione Civile collaborerà con le ONG – Vita – 21/1/2005
Maremoto: serve agenzia super-partes per gestione aiuti – L.Maci - Misna – 23/1/2005
Tsunami, la colletta-sms mette in crisi i volontari – M.Smargiassi – La Repubblica – 21/2/2005
Aiuti interessati – E.La Ferrara S.Radaelli – La Voce 21/2/2005
Grazie agli italiani – pagina pubblicitaria – Protezione Civile – Corriere della Sera 21/2/2005
Così usiamo i fondi per lo Tsunami – G.Bertolaso – La Repubblica 28/2/2005
Tsunami: canto del cigno della cooperazione – G.Barbera - Solidarietà Internazionale Cipsi 28/2/2005
Il maremoto scatena gli sms ma la burocrazia li ferma – M.Magrini V.Melis – Il sole 24 ore 4/3/2005
Tsunami: due mesi dopo l’Italia dà il via alla ricostruzione – Ansa – 7/3/2005
Sri Lanka, un tetto per 300 famiglie: “Grazie Italia” – C.Muscau – Corriere della Sera – 8/3/2005
Tsunami, al via i primi progetti – P.Ciociola – Avvenire 8/3/2005
Tsunami: le ONG chiedono di incontrare i garanti – P.Manzo – Vita 11/3/2005
Lo Tsunami e gli aiuti pubblici allo sviluppo – C.Sdralevich – La Voce – 11/3/2005
Gli aiuti allo Sri Lanka – G.Bertolaso – Il sole 24 ore – 11/3/2005
Uno Tsunami di solidarietà dagli italiani – G.Rocchi – Avvenire – 12/3/2005
Tsunami, si sbloccano i fondi – R.Romagnoli – Il Messaggero – 12/3/2005
Gli aiuti mai arrivati - Alberto Negri - Il Sole 24 ore – 29/3/2005
Bonino: sui fondi allo Sri Lanka chiarimento domani con le ONG - Mario Margiocco 29/3/2005
Il Sole 24 ore –
Pochi gli aiuti arrivati nell’Asia devastata dallo Tsunami - Gabriel Bertinetto - L’Unità – 30/3/ 2005
Alle ONG la metà delle donazioni italiane. Un protocollo per le emergenze future - Luca Liverani Avvenire 31/3/2005
Inondati dagli aiuti – D. Rieff - Internazionale, n. 578/2005
Protezione Civile e ONG:
- A.Raimondi – Villaggio Volint
un
binomio
per
l’emergenza,
la
riabilitazione
e
lo
sviluppo
Tsunami, l’Italia fa mezzo passo indietro - Marco Magrini e Valentina Melis - Il Sole 24 ore - 16/5/2005
Tsunami, ricostruzione ombra - Luca Miele - Avvenire – 4/6/2005
Cooperazione, l’insostenibile assenza - Valerio Calzolaio - Avvenimenti – 3/6/2005
Dossier Stampa – comunicati e articoli su interventi sull’emergenza maremoto Regioni italiane
Rassegna stampa n. 1 – Protezione Civile italiana
Rassegna stampa n. 2 – Protezione Civile Italiana
STUDI E RICERCHE
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Allegati
Ricerca “I buoni e i cattivi dell’Unione Europea” – ActionAid International – Eurodad – Oxfam International
Dossier Maremoto - Caritas
Nota di missione in Indonesia, Sri Lanka, Thailandia – Dgcs/Regioni italiane
LINK A RISORSE SUL WEB
Dipartimento della Protezione Civile
Ministero degli Affari Esteri - MAE
Ambasciata d'Italia in Colombo - Embassy of Italy in Colombo
Cooperazione allo Sviluppo - Emergenza Sud Est Asiatico
Osservatorio Interregionale Cooperazione Sviluppo
OCHA – United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs
Relief Web
FCE - Tsunami Information Centre
EUROPA - ECHO - Crisis in Asia
ActionAid International
ActionAid International Italia
Croce Rossa Italiana
Dossier Tsunami – La Repubblica
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ALLEGATO 05 - BIOGRAFIE DEGLI AUTORI
GIUSEPPE AMBROSIO
Nato a Taranto nel 1971, laurea in Economia Aziendale alla Università Luigi Bocconi di Milano con una tesi
sulla gestione del personale nelle organizzazioni senza scopo di lucro.
Dal maggio 1996 è direttore di VITA Comunicazione, oggi VITA Consulting, con compiti di coordinamento
generale e di sviluppo progetti di fund raising e partnership tra il mondo non profit e quello profit.
Dal gennaio 2000 è docente della Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi nella divisione sanità,
enti locali e non profit e ricercatore CERGAS dove coordina le attività del Network delle Aziende Non Profit.
Collabora con il settimanale VITA Non Profit Magazine e ha pubblicato: “La Gestione del Personale nelle
aziende non profit”, 1998 EtasLibri (con Federica Bandini); “Manuale pratico per la gestione delle
organizzazioni non profit”, 2000 EtasLibri (con Riccardo Bonacina); “Comunicare nel non profit”, 2004
Carocci (con Maurizio Regosa).
ANOTELLA BUCCI
Laureata in Economia e Commercio all’Università la Sapienza di Roma con una tesi sui problemi del debito
estero e la gestione della politica monetaria nei Paesi in via di sviluppo, si specializza alla Columbia University
di New York (tesi “Family and enterprise in Japan: their effects on the economic system).
Dopo un periodo di lavoro a Nomisma presso il laboratorio di politica industriale (A.Bucci:"Joint ventures:
Characteristics, motives and effects", in : G. Gualtieri (a cura di): "The Impact of Joint Ventures on
Competition; the Case of the Petrochemical Industry in the EEC", Nomisma 1991, collana Documenti di
Studio CEE) entra presso il Servizio Studi dell’Istituto Mobiliare Italiano dove approfondisce la conoscenza
degli strumenti derivati (E.Barone, A.Bucci:"Valuation of Multiple Options: an Application to the Exchange
Rate Market of the Italian Lira": "CRF-Centro Ricerche Finanziarie-Gruppo IMI", Serie Economica, febbraio
1991,n.7; FINANZA IMPRESE E MERCATI, a.III, n.2, 1991).
Successivamente passa dieci anni presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nelle direzioni
Istruttorie e alla direzione Studi Economici e Giuridici.
Attualmente è responsabile dei rapporti associativi di Terre des Hommes e coordina la segreteria del CINI. E’
docente di legislazione sociale e sanitaria e di marketing sociale presso l’Istituto Cortivo.
LUCA DE FRAIA
Attualmente è Direttore del Dipartimento di Advocacy e Partnership di ActionAid International: un team di
dieci persone responsabile delle attività di ricerca, sensibilizzazione e campaigning sui temi delle risorse per
la lotta all’HIV/AIDS, la sovranità alimentare e la responsabilità sociale dell’impresa. Nel 2005 De Fraia ha
seguito da vicino la preparazione del Summit del G8, in contatto con le istituzioni italiane e la Commission
For Africa, e con la partecipazione alla organizzazione del concerto del Live8 di Roma, quale rappresentante
della Coalizione italiana contro la povertà.
Dal 1998 al 2002 ha coordinato la campagna italiana per la cancellazione del debito, Sdebitarsi, parte del
movimento Jubilee 2000. Fra i risultati più importanti ai quali la campagna ha contributo, l’adozione da parte
dell’Italia di politiche avanzate per la cancellazione del debito, con l’approvazione della legge 209 nel luglio
del 2000. Nella posizione di coordinatore di Sdebitarsi, ha preso parte alla preparazione delle iniziative della
società civile per il Summit G8 di Genova 2001, all’interno del gruppo dei portavoce del Genoa Social Forum.
Dal 1988 ha partecipato alle attività del movimento antiapartheid, sostenendo l’ufficio della African National
Congress in Italia.
GIANNI RUFINI
Gianni Rufini è un esperto di aiuto umanitario, già direttore del coordinamento europeo delle ONG
umanitarie VOICE, dal 1997 al 2001. Dal 1996 è membro della Post-war Reconstruction and Development
Unit dell’Università di York. Dal 1985, ha lavorato in India, Ghana, Palestina e Argentina come direttore di
progetti di sviluppo ed aiuto umanitario. Inoltre, è stato impegnato in oltre 60 missioni in Africa, Asia, Medio
Oriente, Balcani e America Latina, con diverse ONG italiane e internazionali, ed agenzie delle Nazioni Unite
(FAO e UNDP-UNOPS).
Già membro del Pearson Peacekeeping Centre (Canada), attualmente è direttore di ricerca per il CeSPI, e
coordinatore di corsi presso le università La Sapienza di Roma e Bocconi di Milano, nonché per l’ISPI, e per il
Master in Cooperazione dell’Università La Sapienza. Insegna anche presso la Scuola Superiore S. Anna di
Pisa, l’ULB di Bruxelles, American University di Washington, John Cabot University e Legon (Ghana). Infine, è
Direttore della rete di formatori umanitari Fields, e membro degli Editorial Board di Humanitarian Affairs
Review (Brussels) e The Humanitarian Times (Washington).
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STEFANO OLMETI
Stefano Olmeti si occupa di ricerca, formazione e consulenza manageriale per il settore pubblico nazionale e
internazionale presso la Scuola di Direzione Aziendale dell'Università Bocconi di Milano. Dopo aver conseguito
il Dottorato di Ricerca in Economia Aziendale, si è concentrato su due aree di interesse specifiche: il
funzionamento manageriale e lo sviluppo organizzativo delle organizzazioni internazionali governative e non
governative. E' attualmente Condirettore del Master of Public Management (MPM) e docente responsabile dei
corsi Management of International Institutions e Human Resources Management in Public Institutions. Si
interessa inoltre di orientamento professionale, cambiamento organizzativo e coaching.
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ALLEGATO 06 - INDICE DEI NOMI
Amato; 19; 81; 82; 103; 108; 119; 120
Andreotti; 19; 81; 103
Astroni; 10; 11; 72
Bertolaso; 13; 17; 19; 23; 24; 25; 47; 54; 55; 65; 66; 103; 104; 105; 107; 108; 119; 120; 127
Bonino; 19; 21; 29; 47; 48; 62; 64; 81; 103; 105; 107; 108; 119; 120; 127
Canale; 19; 62; 81; 104; 105; 107
De Santis; 19; 81; 104
Deodato; 17; 20; 22; 28; 64; 104
Di Bartolomei; 12; 23; 72
Fini; 17; 19; 22; 25; 64; 103; 126
Gay; 38; 43; 72
Marelli; 25; 26; 27; 28; 29; 47; 48; 50; 63; 73; 119
Martina; 63
Monorchio; 19; 62; 81; 103; 105; 107; 108; 119
Mozzo; 63; 119
Napolitano; 19; 81; 103
Oliva; 11; 18; 23; 24; 72; 81; 82
Pacifico; 6; 64
Salinari; 26; 27; 50; 73; 82
Scelli; 19; 28
Sergi; 26; 28; 82; 126
Spaziante; 13; 24; 25; 32; 34; 54; 64; 66; 71; 108; 119
Tixon; 19; 81; 104
Torcia; 12; 16; 72
Zamagni; 75; 82
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Il documento può essere liberamente utilizzato per intenti correlati a campagne di promozione, istruzione
e ricerca, a condizione che sia fatto pienamente riferimento al presente documento.
I testi citati nella presente ricerca sono tratti da fonti pubbliche e dalla rete Internet. Laddove non è stato
possibile recuperare la fonte precisa della citazione restiamo a disposizione per ulteriori integrazioni e
correzioni da parte dei rispettivi autori.
Per ulteriori informazioni:
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ActionAid International
Via Broggi 19/A
20129 Milano
Tel. 02/742001
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