diapositive e materiali commentati a lezione

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diapositive e materiali commentati a lezione
02/04/2011
Modulo A: Origini delle letterature romanze: culture,
testi, generi. PARTE PRIMA: TESTI DELLE ORIGINI
DIAPOSITIVE E MATERIALI
COMMENTATI A LEZIONE
Università degli studi di Milano – Filologia romanza I-Z, a.a. 2010-11 – prof. R. Tagliani
I materiali qui raccolti sono stati presentati e discussi durante le lezioni relative alla
prima parte del MODULO A - Origini delle letterature romanze: culture, testi,
generi del corso di Filologia romanza I-Z dell’a.a. 2010-11 (prof. R. Tagliani) avente
per oggetto l’analisi di testi delle Origini romanze.
Tali materiali NON SOSTITUISCONO, ma INTEGRANO i contenuti inerenti la
preparazione dell’esame relativo al modulo in oggetto, sono il frutto di un’ampia e
libera rielaborazione di alcuni temi nodali della linguistica romanza, affrontati nel
manuale in adozione (M. L. MENEGHETTI, Le origini delle letterature romanze medievali,
Bari-Roma, Laterza, 20066). I materiali iconografici sono tratti dalla rete internet e
impiegati in questo documento esclusivamente a titolo didattico ed esemplificativo,
senza scopo di lucro.
Lo studio di queste diapositive NON SOSTITUISCE IN ALCUN MODO la
preparazione delle parti del manuale indicate nel programma ufficiale,
pubblicato sul sito, allegato alla dispensa e qui riprodotto nella diapositiva seguente.
Milano, 31 marzo 2011
R.T.
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02/04/2011


FREQUENTANTI:
M. L. MENEGHETTI, Le origini delle letterature romanze
medievali, Bari-Roma, Laterza, 20066: studio approfondito
delle pp. 3-17; 19-41; 53-80; 86-92; 132-233 e lettura
orientativa delle parti rimanenti (N.B.: l’appendice
iconografica è parte integrante del programma)
I NON FREQUENTANTI AGGIUNGERANNO tutte le
restanti parti del volume sopra citato.
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Introduzione
Coordinate di partenza
Luoghi della conservazione
Latino della parola: definizione e testi
Testi delle origini di area iberica
Testi delle origini di area francese
Testi delle origini di area italiana
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“ Le letterature romanze sono il frutto,
spesso straordinario, di una scelta –
linguistica e ancor più culturale – che
avrebbe anche potuto non aver luogo,
o almeno non aver luogo nei tempi e
nelle forme in cui effettivamente è
avvenuta. ”
(M.L. Meneghetti, Le origini delle letterature medievali romanze)
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 Letterature
romanze e letteratura
mediolatina
 Prestigio
romanzo
 Litterati
latino e scelta del volgare
e illitterati
 Universalità
imperiale e sviluppo delle
culture nazionali
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
Lunga gestazione ed esplosione artistica.

mediolatina
Emulazione e competizione con la letteratura mediolatina.

Superiorità delle letterature romanze acquisita in tempi brevissimi
(tra XII e XIV sec.).

Au. Roncaglia, Le origini (1965) riconosce una “continuità di
fondo” (la tradizione latina) dentro una “discontinuità di livello”
(innovazione volgare):
prolungano
g
il corso dell’antica
“ Le moderne civiltà romanze non p
civiltà classica secondo uno sviluppo rettilineo sullo stesso piano,
ma attraverso una fase di ripiegamento e di faticoso recupero (in
cui s’inseriscono anche apporti esterni), rappresentato da quello
che chiamiamo appunto ‘medio evo’ romanzo”.

Contaminazione reciproca e simbiosi culturale.
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
La “zona grigia”: dalla caduta dell’Impero romano
d’Occidente (476 d.C.) alla Sequenza di Sant’Eulalia (881)

Il Cristianesimo elemento unificante di lingua, cultura e
formazione

Sacrae Scripturae / sermo humilis

La “grande pausa”: dall’inizio del VII alla fine del IX secolo
“non c’è un pubblico letterario né una lingua letteraria
generalmente comprensibile”
comprensibile (E. Auerbach)

Emergenza del volgare: il Concilio di Tours dell’813

Nuovi luoghi dell’elaborazione culturale: i grandi monasteri
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IN ITALIA:
 Vivarium (Squillace)
B bbi
 Bobbio
 Nonantola
 Montecassino
 Pomposa
IN FRANCIA:
 Luxeuil
 Fleury
 Limoges
IN GRAN BRETAGNA:
 Jona
 Lindisfarne
IN IRLANDA:
 Kells
B
 Bangor
 Derry




IN GERMANIA:
Fulda,
San Gallen
Reichenau
Scuole cattedrali episcopali:
 Monza
 Verona
 Poitiers
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 Il
modello culturale carolingio
 Il
latino e la scuola
 Le
artes liberales:
• TRIVIUM: g
grammatica, retorica, dialettica
• QUADRIVIUM: aritmetica, geometria, astronomia,
musica
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 Definizione
e
o e
funzionale:
provinciale
o e letteratura
e e
p
o c e
e pratica che, noncurante della tradizione
classica, ha spesso come unico punto di
riferimento la Bibbia, e che trova la sua
espressione nelle vite di santi locali, negli
scarni annali regi o monastici, nelle collezioni
di leggi, negli statuti ecclesiastici.
 Testimoniale
 Orale
vs. didattico
vs. parlato
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Iscrizione della basilica di San Marco a Roma
((metà IX sec.))
+ De dono Dei et sancti Marci
Ioannes presbiter fierogabit
omnesitiente venite be
vite ad aqua et si quis de sta
aqua pretio tuleri anathema sit.
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Glosse di Reichenau, VIII-IX sec., Francia del Nord
(forse dall’abbazia merovigica di Corbie, Somme)
PRIMO CODICE
SECONDO CODICE
44. ITERUM: alia vice
60. SEMEL: una vice
107. ISPIDUS: pilosus
212. REUS: culpabilis
266 COTURNICES: quacoles
266.
433. SCURRIS: ioculator
544. UVAS: racemos
997. MINAS: manaces
1044. PINCERNA: scantio
23. PINCERNA: butillarius
47. IECORIS: figido
63. NOCTUA: corvus nocturnus
vel cavannus
66. CORCODRILLUS: bestia in
flumine similis lacerte, sed
grandis
73. NOVERCA: matrastra
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Cantilena di San Farone (seconda metà del IX sec.)
De Chlotario est canere rege Francorum,
qui ivit pugnare in gente Saxonum,
quam grave provenisset missis Saxonum
si non fuisset inclitus Faro de gente Burgundiorum.
[…]
Quando veniunt missi Saxonum in terra Francorum,,
Q
Faro ubi erat princeps,
instinctu Dei transeunt per urbem Meldorum,
ne interficiantur a rege Francorum.
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Montpellier, Bibliothèque de l’Ecole de Médicine, ms. 409, c. 344
Adriano su(m)mo
pon/tifice & uniuersa/le p
papae
( )
p
p uita. /
Redemptor mundi / tu lo iuua. / S(anct)e p&re tu lo
iuua. / U(e)l alius s(anct)os qua/les uolueris / Exaudi
ch(rist)e. / Karolo excellentis/simao & a d(e)o
coro/nato magno & paci/fico rege francoru(m) / &
langobardorum / ac patricio roma/norum uita &
uic/toria. / Saluator mundi / tu lo iuua. / S(anct)e
iohannis tu lo / iuua. U(e)l alius / s(anctu)s qual(is)
uol(ueris) / Exaudi ch(rist)e. / Pipino & karolo /
nobilissimis filiis / eius uita. S(anct)i illius / qual(is)
uolueris tu los / iuua. / Exaudi ch(rist)e. / Pipino rege
longo/bardorum uita
uita. / S(anct)i mauricii / tu lo iuua.
iuua
U(e)l ali/us s(anct)os qual(is) uoluer(is) / Exaudi
ch(rist)e. / Chlodouio rege / aequitanioru(m) uita. /
S(anct)ae martinae / tu lo iuua. u(e)l alius / s(anctu)s
qual(is) uolueris / Exaudi ch(rist)e. / Fastradane
regi/na salus & uita. / Alias uirgines ch(rist)i / qual(is)
uolueris / Exaudi ch(rist)e. / Omnib(us) iudicibus /
u(e)l cuncto exercitui / ...
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Verona, Biblioteca Capitolare, ms. LXXXIX, c. 3
+ se pareba boues alba pratalia araba & albo versorio teneba & negro
semen / seminaba /
+ gratias tibi agimus omnip(oten)s sempiterne d(eu)s
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


711: conquista araba della penisola iberica (Al-Andalus)
VIII-XI secolo: predominio culturale dell’arabo sul latino, relegato
all’uso sporadico nei regni cristiani del Nord (NB: aree isolate =>
uso del latino visigotico, che non risente del rinnovamento della
rinascenza carolina).
La religione cristiana, così come quella ebraica, sono tollerate in
Al-Andalus in quanto religioni monoteiste, fino all’avvento della
dominazione fondamentalista e intransigente degli Almoravidi,
Almoravidi
dinastia berbera di origine marocchina => la successiva
persecuzione e diaspora diffonderà verso nord la letteratura
mozarabica (Galizia, León, Castiglia, Francia meridionale).
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


A metà del IX secolo si attesta, con piena coscienza dei contemporanei,
un volgare mozarabico, varietà arabo-romanza dell’uso pratic, definita
dal geografo arabo Ibn Hurdadbih di Bagdad andalusiyya (“lingua di AlAndalus”), messa sullo stesso piano di ifrangiyya (“lingua dei Franchi”,
estensivo per “lingue romanze”), del greco, del persiano, dello slavo e
dello stesso arabo non letterario.
Varie testimonianze ci informano che il califfo ’Abd al-Rahman II (912961) era solito gareggiare con i cortigiani nell’improvvisazione di versi
arabi la cui rima era costituita da un’espressione mozarabica che
doveva essere intercalata più volte nella composizione
composizione.
Menéndez Pidal e Dámaso Alonso ricordano testimonianze delle antiche
cronache iberiche che biasimano la diffusione, anche nei regni cristiani
del nord (e in particolare sulle vie dei pellegrinaggi) di carmina
amatoria et turpia, di cantica puellarum e di cantus saecularium.
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

Le muwassahat sono poesie in arabo o in ebraico
letterario costituite da strofe di versi monorimi,
monorimi detti
letterario,
bayt, con rime che cambiano per ogni strofa, seguita
da una seconda parte, a rima fissa, detta qufl (schema:
aaax, bbbx, cccx…).
Nell’ultima strofa del componimento il qufl prende il
nome di harga
g , ed è scritto in arabo p
parlato ((o
mozarabo), ossia in un arcaico idioma romanzo parlato
dai cristiani rimasti in Al Andalus dopo la conquista
araba, e scritto in caratteri arabi o ebraici.
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

Le muwassahat sono poesie a tema vario: amoroso
(eterosessuale o omosessuale)
omosessuale), panegiristicoencomiastico, bacchico (elogio dei banchetti e del
vino), e spesso uniscono insieme i diversi temi. Sono
componimenti di stile colto, barocco, raffinato e di tono
aulico, a voce maschile;
La harga
g è invece di tematica esclusivamente
amorosa, a voce femminile, di norma introdotta da un
verbum dicendi, di tono semplice e naturale (talora solo
apparente): il trattatista del XII sec. Ibn Sana’al-Mulk la
definì “maliziosa, acuta e tagliente”.
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Madrid, Bibl. Real Academia de la Historia, ms. Emilianense 39, c. 245 (da San Millán de la Cogolla)
In era DCCCXVI, venit Carlus rex ad Cesaragusta. In his diebus
habuit duodecim neptis;
p ; unusquisque
q q habebat tria milia equitum
q
cum
loricis suis. Nomina ex his Rodlane, Bertlane, Oggero Spatacurta,
Ghigelmo Alcorbitunas [opp.: Alcorbitanas], Olibero et episcopo
domini Torpini. Et unusquisque singulos menses serbiebat ad regem
cum scolicis suis. Contigit ut regem cum suis ostis pausabit in
Cesaragusta. Post aliquantulum temporis, suis dederunt consilium ut
munera acciperet multa, ne a ffamis periret exercitum, sed ad
propriam rediret. Quod factum est. Deinde placuit ad regem, pro
salutem hominum exercituum, ut Rodlane, belligerator fortis, cum suis
posterum veniret. At ubi exercitum portum de Sicera transiret, in
Rozaballes a gentibus Sarrazenorum fuit Rodiane occiso.
«Nell’anno 778 [lett.: ‘816 dell’era’, e cioè dell’era ispanica: nel Medioevo, in Spagna gli anni erano computati a partire
dal 38 a.C., supposta data di fondazione, da parte di Giulio Cesare, delle province romane in terra iberica] re Carlo
venne a Saragozza. In quei tempi aveva dodici nipoti, e ciascuno di loro aveva tremila cavalieri tutti corazzati. I nomi di
alcuni erano: Rolando, Bertrand, Uggieri Spadacorta, Guglielmo ‘dal curvo naso’, Olivieri e il vescovo messer Turpino. E
ciascuno serviva il re un mese all’anno con quelli del suo seguito. Avvenne che il re con le sue schiere si accampò
davanti a Saragozza. Dopo un po’ di tempo, i suoi lo consigliarono di accettare i doni offerti [dagli abitanti di Saragozza],
perché l’esercito non rischiasse di morire di fame, ma [poi] di tornare in patria. E così fu fatto. Piacque poi al re che
Rolando, forte guerriero, restasse alla retroguardia con i suoi, per l’incolumità degli uomini delle altre schiere. Ma
mentre l’esercito transitava per il passo di Cize, a Roncisvalle Rolando fu ucciso dalle genti saracene».
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Il codice
di più
iù antico
ti
della tradizione
della Chanson de Roland:
Oxford, Bodleian Library,
Digby 23, part 2, c. 1r.;
ms anglonormanno
ms.
(1140-1170), posteriore
di circa un secolo alla
Nota Emilianense.
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“Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro
commun salvament, d’ist di in avant, in q
quant Deus
savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon
fradre Karlo, et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum
om per dreit son fradra salvar dift, in o quid il mi
altresi fazet, et ab Luther nul plaid numquam
prindrai qui, meon vol, cist meon fradre Karle in
damno sit.”
tr. Per l’amore di Dio e per la salvezza del popolo cristiano
e nostra comune,
comune da questo giorno in avanti,
avanti in quanto Dio
mi conceda sapere e potere, procurerò io aiuto e
qualunque altra cosa a questo mio fratello Carlo, così
come secondo giustizia ciascuno deve procurarli al
proprio fratello, a condizione che egli faccia altrettanto
con me, e mai prenderò con Lotario qualsiasi accordo che,
per mia volontà, sia di danno a questo mio fratello Carlo”.
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[1] Cum pisce in acqua fregit
sua ala et resolde, si resold
ista mans qui desloge
desloge.
[2] Tomida femina in tomida via sedea;
tomid infant in falda sua tenea;
pes tomidas carnes
tomides mans et tomidas pes,
que est colbe recebrunt;
tr. Come un pesce in acqua ruppe
tomide fust et tomides fer que istæ colbe
la sua pinna e guarì rinsaldandola,
donerut.
allo stesso modo ci sia la saldatura
Exsunt en dolores
di questa mano che si è lussata.
d’os en polpa
<de polpa en curi>
De curi in pel
De pel en erpa.
Tærra
æ a madre
ad e susipiat
sus p at dolores.
do o es
tr. Una donna gonfia sedeva su una gonfia via; teneva in
grembo un bambino gonfio; gonfie le mani e gonfi i
piedi; gonfie le carni, che ricevettero questo colpo;
gonfio il legno e gonfio il ferro che diedero questo
colpo. Se ne escono i dolori d’osso in polpa, di polpa in
pelle, di pelle in capello (opp. pelo), di capello (opp.
pelo) in erba. La madre terra riceva i dolori.
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<Ailas>, als p
poins batraunt sos caus,
Et ab escarn diraunt sos laus,
Et en la crux l’apenderaunt,
Et ab l’azed lo potaraunt,
Si greu est a parlar,
Et en la crux l’apenderaunt.
con i pug
pugni co
colpiranno
guance,
con sc
scherno
gli renderanno
ttr. Ahimè
è ((*),
), co
p a o le
e sue gua
ce, e co
e og
e de a o
omaggio, e alla croce l’appenderanno, e con l’aceto gli daranno da bere – è così
penoso a parlarne – e alla croce l’appenderanno.
(*) l’interiezione è aggiunta dell’editore moderno, per sopperire all’ipometria del verso.
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Phebi claro nondum orto iubare
fert aurora lumen terris tenue
spiculator pigris clamat: surgite.
L’alba par umet mar atra sol
poypas abigil miraclar tenebras.
Phebi claro nondum orto iubare; Fert aurora lumen
terris tenue / Spiculator pigris clamat: surgite;
L’alba par um& mar atra sol / Poypas abigil miraclar
tenebras; En incautos ostium insidie /
Torpentesq(ue) gliscunt intercipere; Quos suad&
preco, clamat surgere. / L’alba part um& mar atra
sol; Poypas abigil miraclar tenebras. / Ab arcturo
disgregat(ur) aquilo; Poli suos condunt astra radios
/ Orienti tendit(ur) septemtrio; L’alba part um& mar
atra sol; Poypas abigil
En incautos ostium insidie
torpentesque gliscunt intercipere
quos suadet preco clamat surgere.
L’alba part umet mar atra sol
tenebras
poypas abigil miraclar tenebras.
Ab Arcturo disgregatur Aquilo
Poli suos condunt astra radios
Orienti tenditur Septemtrio.
L’alba par umet mar atra sol
poypas abigil.
p g
tr. Non essendo ancora sorto il chiaro astro di Febo, / l’aurora porge
alle terre un tenue lume. / La scolta chiama i pigri: `Alzatevi!’ / [...]
// Ecco che le insidie dei nemici / ardono dalla voglia di catturare
gli incauti, e i sonnolenti / che l’araldo lusinga [e] invita ad alzarsi.
/ [...] // L’Aquilone si separa da Arturo, / gli astri del cielo
nascondono i loro raggi; / il Grande carro si protende verso
Oriente. / [...].
Ph A Becker il primo verso della terza strofa andrebbe interpretato
NB: secondo Ph.-A.
come: «La Stella polare [Aquilo] si separa da Arturo». Tuttavia, nella tradizione latina
classica e mediolatina, Aquilo identifica soltanto ‘il vento del Nord’, o al massimo,
per estensione, il Nord inteso come punto cardinale; considerarlo sineddoche per
‘Stella polare’ è, a giudizio di M.L. Meneghetti, una forzatura.
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Negazione della natura volgare del refrain e proposte ricostruttive:
Ph.-A. Becker:
Alba paret, tumet mare, sol assurgens attrahit
tenebrasque post hic passim mire clarus abigit.
[tr. L’alba appare, gonfia il mare, il sole, sorgendo, lo attira / poi dappertutto
meravigliosamente chiaro scaccia le tenebre]
A. Camilli:
Alba p
paret,, tumet mare,, attrahit solem;;
post hic passim abigit mire clarus tenebras»
[tr. L’alba appare, solleva il mare, richiama il sole; / poi questo dappertutto disperde,
mirabilmente chiaro, le tenebre].
P. Rajna, «canzone d’alba»:
L’alba part umet mar atras ol poy
pasa bigil miraclar tenebras.
[tr. L’alba, al di là dell’umido mare, dietro il poggio / passa vigile a spiare per entro le tenebre].
E. Gorra, «canto di vedetta»:
L’alba par lune el mar, atras el poy
pasa ‘1 vigil: mira clar las tenebras.
[tr. L’alba appare lungo il mare, dietro il poggio; / passa la scolta: «Mira, chiare sono le tenebre].
G. Hilty, «forma di ḫarǧa»:
L’alba par, u me mar, atra·s sol;
po y pas, a bigil, mira clar tenebras.
[tr. L’alba appare. Oh madre! Egli si avvicina solo. / poiché io passo a lui, ahimé, scolta, guarda il
chiarore come se fosse tenebre].
L. Lazzerini , «canzone pasquale»: L’alba par, tumet mar; atras sol
poypas abigit miraclar tenebras.
[tr. L’alba appare, si gonfia il mare (per l’incipiente sorgere del sole); il sole si reca nelle nere
fortezze a sconvolgere le tenebre].
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In hoc anni circulo
vita datur seculo,
nato nobis parvulo
de Virgine Maria.
[Verbum caro factum est
de Virgine Maria]
Mei amic e mei fiel,
laisat estar lo gazel:
aprendet u so noel
de Virgine Maria.
[Verbum caro ecc.]
Fons de suo rivulo
nascitur pro populo,
fracto mortis vinculo
de Virgine Maria.
[Verbum caro ecc.]
Lais lo·m dire chi non sab
qu’eu lo·l dirai ses nul gab:
mout n
em issit a bo chab
n’em
de Virgine Maria.
[Verbum caro ecc.].
Eu soi 1’ angel Gabriel
aport vos salut fiel:
Deus [descen] de sus deu cel
in te, Virgo Maria.
tr. In questo volger dell’anno, / al mondo vien
data la vita, / essendo per noi nato un bimbo /
dalla Vergine Maria. / Il Verbo si è incarnato /
dalla Vergine Maria
Maria. // Miei amici e miei fedeli
fedeli,
/ lasciate stare il gazel: / imparate una nuova
melodia / sulla Vergine Maria. / II Verbo [...] //
La fonte dal proprio ruscello / nasce per il
genere umano, / spezzato il vincolo della morte
/ per opera della Vergine Maria. / Il Verbo [...]
// Me lo lasci dire chi non lo sa / e io glielo dirò
senza scherzi: / siamo giunti davvero a buon fine
/ [partendo] dalla Vergine Maria. / Il Verbo [...]
Io sono l’angelo Gabriele / ti porto un
ossequiente saluto: / Dio discende dall’alto del
cielo / in te, Vergine Maria.
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
METAFORA DELL’AMANTE-SPARVIERO
Lettera amorosa a voce femminile, prima
metà XII sec:
«O si nutu Dei acciperem volucris
speciem, quantocius volando te visitarem!»
(tr. Oh, se per volontà di Dio prendessi la forma di
uccello, al più presto volando ti visiterei!)
I. Las, qui non sun sparvir astur,
qui podis a li vorer,
la sintil imbracher
se buch schi duls baser,
dussirie repasar tu dulur.
tr. Infelice, perché non sono uno sparviero-astòre, /
che potesse volare da lei, / la gentile abbracciare, /
baciare la sua dolce bocca, / addolcire e quietare
ogni dolore.

MOTIVO DEL “CUORE SEPARATO”
Pier Damiani, lettera ad Agnese di Poitiers
imperatrice:
«Dum tuam mestus absentiam cotidie
lugeo, ne ipsum mecum non esse, immo
cor meum a me procul abesse novo
merore suspiro.»
(tr. Mentre ogni giorno mi rattristo della tua
assenza, sento di non essere in me; anzi, sospiro
per un’inusitata tristezza, perché il mio cuore è
lontano da me.)
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[exin]de non haberet, nec talia secund(um) lege
co(m)p(ro)bare poteret. Ideo nos q(ui) s(upra) iudex
iudicabimus et p(er) n(ost)ru(m) / [iu]diciu(m) eos guadiare
fecimus tali tenore quatenus ipse q(ui) s(upra) rodelgrimus
plicaret se cu(m) lege, et ipse / [qui] s(upra) aligernus
benerabilis abb(a)s p(ro) pars (suprascrip)ti sui
monast(erii) faceret ci p(er) testes tale(m) consignatione(m)
se/[cun]d(um) lege, ut singulo ad singulos ipsi testes ei(us)
teneat in manu(m) supradic(tam) abbrebiatula(m) qua(m)
ipse rodel/[grim]us hostenserat et testificando dicant: Sao
ko kelle terre per kelle fini que ki contene /
[t]re(n)ta anni le possette parte s(an)c(t)i
benedicti. et firmarent testimonia ipsa secund(um) lege
per / [sa]cramenta. et de taliter inter se co(m)plendu(m),
mediatores inter se posuerunt et abierunt. In /
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Non dicere ille secrita a bboce
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Navata centrrale della chiesa inferiore di S.Clemente
e, parete di
sinistra: storrie di S.Clemente e Sisinnio, particolare
e (copia
ottocentesca
a ad acquarello di W. Ewing, realizzata subito dopo la
scoperta deg
gli affreschi) Tutti i diritti riservati, pubblic
cato per solo uso
scientifico-did
dattico, riproduzione vietata
FALITE DERETO / COLO PALO / CARVON/CELLE
DVRI/TIAM CORDIS / V(EST)/RIS // SAXA / TRAERE / MERVI/S/TIS //
ALBERTEL / TRAITE / GOS/MARI / SISIN/IVM / FILI / DE LE / PVTE / RA/I/TE
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Item eodem anno castrum Landredi
ceperunt,
ceperunt ibi vero plures homines
interfecerunt et .XXVI. Inter milites et
pedites atque arcatores secum in vinculis
duxerunt et totum castrum combusserunt et
funditus distruxerunt.
De Castel d’Ard avi li nostri bona part.
I lo getà tutto intro lo flumo d’Ard,
e sex cavaler de Tarvis li plui fer
d
li nostre
t cavaler.
l
con se duse
tr. Nello stesso anno presero il castello di Landreis, uccidendovi molti uomini;
condussero via prigionieri 26 tra cavalieri, fanti e arcieri, bruciarono e distrussero
completamente il castello: «Di Castel d’Ardo ebbero i nostri buon partito, / lo
fecero rovinar tutto dentro il fiume Ardo, / e sei cavalieri di Treviso, i più fieri, /
i nostri cavalieri condussero con sé.»
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EDIZIONE DIPLOMATICA
De castel dard aui li n(ost)ri bona
part, j lo geta tutto jntro lo flumo /
d’Ard, e sex caualer d(e) taruis li
plui fer co(n) se duse li nostre /
caualer.
EDIZIONE RICOSTRUITA
IN DECASILLABI
(Castellani)
EDIZIONE INTERPRETATIVA
(Meneghetti)
De castel d’Ard av li nost bona part;
I lo getà tut intro lo flum d’Ard.
Sex cavaler de Tarvis li plui fer
con sé duxé li nostre cavaler.
De Castel d’Ard avi li nostri bona part.
I lo getà tutto intro lo flumo d’Ard,
e sex cavaler de Tarvis li plui fer
con se duse li nostre cavaler.
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Eras quan vey verdeyar consta di
cinque strofe, ciascuna in una
diversa lingua romanza: occitano,
italiano, lingua d'oil, guascone,
galego):
Io son quel que ben non aio
Ni jamai non l’averò,
Ni per april ni per maio,
Si per ma donna non l’ò;
Certo que en so lengaio
Sa gran beutà dir non sò,
çhu fresca qe flor de glaio,
Per qe no m’en partirò.
(vv. 9-16)
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Domna, tant vos ai preiada,
si·us plaz, q’amar me voillaz,
q’eu
q
eu sui vostr’endomenjaz,
vostr endomenjaz,
car es pros et enseignada
e toz bos prez autreiaz;
per qe·m plai vostr’amistaz.
Car es en toz faiz cortesa,
s’es mos cors en vos fermaz
plus q’en nulla Genoesa,
per q’er merces si m’amaz;
e pois serai meilz pagaz
qe s’era mia·ill ciutaz,
ab l’aver q’es ajostaz,
dels Genoes.
Genoes
Jujar, voi no sei corteso
qe me chaidejai de zo,
qe negota no farò.
Ance fossi voi apeso!
Vostr’amia non serò.
Certo, ja ve scanerò,
Provenzal malaurao!
Tal enojo ve dirò:
sozo, mozo, escalvao!
Ni ja voi non amerò,
q’eu chu bello marì ò
qe voi no sei, ben lo so.
Andai via, frar’, eu temp’ò
meillaurà!
tr. Signora, tanto vi ho pregata, di grazia, di volermi amare, che sono il vostro servo, perché siete valente e saggia
e confermate tutti i buoni pregi; perciò mi piace la vostra amicizia. Giacché siete in tutto cortese, il mio cuore si è
fissato in voi più che qualsiasi altra genovese; sarà una grazia se mi amate; allora sarò più rimeritato che non fosse
mia la città dei Genovesi, con tutto l’avere che vi è ammassato. / Giullare, non siete cortese a importunarmi così:
non farò proprio niente. Piuttosto foste impiccato! Non sarò vostra amica, anzi vi scannerò, sciagurato provenzale!
Così vi insulterò: sozzo, pazzo, rapato! Mai vi amerò, perché ho un marito più bello di voi, ben lo so. Andate via,
fratello, ho tempo più avventurato.
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