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2 gio
Consiglio Federale
Durante il Consiglio federale del 3 febbraio scorso, è stata confermata la volontà di proporre, nelle norme di iscrizione ai campionati, di non procedere
ai ripescaggi per la prossima stagione
sportiva, di fronte a una situazione
estremamente pesante evidenziata
dalla Lega PRO. Il presidente Abete ha
presentato una relazione sulla quale si
è aperto un dibattito che ha interessato soprattutto i rappresentanti della
Lega PRO e dell’Aic, sottolineando che
il blocco dei ripescaggi deve essere ac-
compagnato necessariamente dall’approvazione della riforma dei Campionati. La Commissione per tale riforma,
presieduta dal presidente della Lega
PRO Macalli, si riunirà nuovamente
con l’obiettivo di arrivare rapidamente
a un progetto condiviso che riduca l’area professionistica e venga approvato
dal Consiglio Federale entro la stagione in corso.
Per quanto riguarda la modifica dello
Statuto federale, entro il 30 giugno
dovrà essere indetta un’assemblea per
un adeguamento ai principi del Coni.
Il nuovo statuto recepirà la presenza
delle due Leghe distinte di serie A e B
che vanno riparametrate in termini di
Il 14 febbraio scorso
a Coverciano
Sla, obiettivi
e strategie
per il futuro
Si è svolto lunedì 14 febbraio a Coverciano, un convegno d’aggiornamento sulla SLA
(Sclerosi Laterale Amiotrofica) promosso
dalla Figc con l’obiettivo di fare il punto sulle più recenti acquisizioni su questa malattia
e confrontarsi sulle strategie da adottare nell’immediato futuro.
L’incontro, al quale ha preso parte come moderatore il consulente medico dell’Aic
dott. Piero Volpi, ha visto la partecipazione di alcuni tra i più illustri ricercatori mondiali impegnati nello studio della Sla, a cominciare dal prof. Brian Traynor, responsabile
del Laboratorio di Neurogenetica di Bethesda (USA); quindi il prof. Paolo Zeppilli,
Presidente della Commissione Scientifica della FIGC sulla SLA istituita nel 2008, il Prof.
Mario Sabatelli, responsabile del Centro SLA del Policlinico A. Gemelli di Roma , il
prof. Adriano Chiò responsabile del Centro SLA dell’Ospedale Molinette di Torino e il
prof. Mario Melazzini, presidente nazionale di AISLA. Il convegno è stata anche l’ennesima testimonianza di come tanti pazienti affetti da SLA non smettano di lottare, per
migliorare le condizioni di vita, creare solidarietà e finanziare la ricerca: Luca Pulino,
ex-calciatore dilettante affetto da SLA, ha letto un messaggio registrato dalla sua abitazione a Capranica, alla presenza della signora Chantal Borgonovo, che, insieme a suo
marito Stefano tanto ha fatto e continua a fare per sostenere il mondo della scienza e
dei malati nella lotta alla SLA, ha assicurato il suo intervento al convegno.
rappresentanza. Parere di conformità
è stato espresso dal Consiglio Federale per il nuovo Statuto della Lega PRO,
con delega al presidente Abete d’intesa con il presidente Macalli per alcuni
correttivi formali.
Infine è stato annunciato che la Federcalcio ha deciso di istituire una Borsa
di studio annuale intitolata a Enzo Bearzot, CT della Nazionale Campione
del Mondo dell’82, che ha dedicato
tutta la sua vita professionale al calcio
italiano, alla FIGC e all’affermazione
della nostra scuola tecnica, attraverso
un impegno esemplare al servizio delle Squadre Nazionali. L’assegnazione
della Borsa di studio e la sua concreta
utilizzazione sarà decisa da un gruppo
di lavoro composto da Dino Zoff, capitano della Nazionale Campione del
Mondo dell’82 in rappresentanza di
tutta la squadra e da due giornalisti
particolarmente vicini a Enzo Bearzot
e alla sua famiglia: Alberto Cerruti e
Gigi Garanzini.
11 ven
L’Aic al fianco dei calciatori
dell’Aurora Pro Patria
In merito alla grave situazione economica dell’Aurora Pro Patria, l’Associazione Italiana Calciatori si è schierata
al fianco dei giocatori che si sono resi
disponibili a collaborare ad una eventuale operazione di salvataggio della
società lombarda, ma solo a condizione che vengano loro formulate proposte accettabili sia dal punto di vista
economico che delle garanzie.
L’Aic ha auspicato una positiva conclusione della vicenda, fermo restando
che, in caso di mancato accordo con i
tesserati, si dovranno necessariamente
applicare le norme poste a tutela della
regolarità degli emolumenti.
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calcio e legge
di Stefano Sartori
Questo mese parliamo di…
una giusta decisione riparatrice
Licenziamento dei cal
da parte del
Una doverosa premessa: grazie al
ricorso presentato anche da un Fiduciario dell’Assocalciatori, il Collegio Arbitrale Lega Pro/AIC (C.U.
n° 5/30.10.2010) ha emesso un lodo
assolutamente innovativo che ha il
pregio di costituire un deterrente
a provvedimenti di risoluzione del
contratto che, a partire dal primo
fallimento del Bologna FBC del 1993,
vengono assunti in sede fallimentare,
e quindi da soggetti esterni l’organizzazione sportiva, ad esclusivo danno
di alcuni calciatori.
Ci riferiamo al caso di Giorgio Di
Vicino, Antonino Cardinale e Ferdinando Giuliano sostanzialmente “licenziati” dal Curatore del fallimento
del Pescara Calcio, dichiarato con
sentenza del 19 dicembre 2008 dal
Tribunale di Pescara con contestuale
autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’attività per permettere così
la conclusione del campionato.
In breve, i fatti successivi
All’asta del 20 gennaio 2009 l’azienda
veniva aggiudicata dalla neo costitu-
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ita società Delfino Pescara, aggiudicazione che, ai sensi del bando, dopo
10 giorni diveniva definitiva.
Ora, nonostante il menzionato bando prevedesse che nella cessione
dovevano ritenersi ricompresi anche
“i diritti pluriennali alle prestazioni
dei calciatori” e nonostante la FIGC
avesse disposto lo svincolo di tutti i
calciatori, la revoca dell’affiliazione
del Pescara Calcio ed il trasferimento del titolo sportivo alla Delfino con
passaggio alla nuova società dell’intero organico dei tesserati, nei giorni 2
e 4 febbraio 2009 a Cardinale, Giuliano e Di Vicino veniva recapitata
una lettera con cui il Curatore del
Fallimento manifestava la volontà di
risolvere il contratto di lavoro.
Fatto molto importante, il Curatore
riferiva di essere stato indotto alla
risoluzione su pressione della Delfino che altrimenti non avrebbe sottoscritto l’atto notarile, tanto è vero
che, su sua richiesta, la Delfino rilasciava manleva mediante una scrittura privata datata gennaio 2009...
A ciò si deve aggiungere, ad ulteriore
chiarimento della strategia societaria, che la Delfino, dopo aver risolto
i tre contratti, stipulava accordi con
nuovi atleti.
Ulteriore aggravante, la FIGC decideva di formalizzare lo svincolo
dei tre calciatori in base al principio
dell’inoppugnabilità del provvedimento del Curatore.
A questo punto i calciatori, (che in
seguito si sarebbero tesserati per
nuove società ma a condizioni deteriori rispetto a quelle godute presso il Pescara), assistiti egregiamente
dall’avv. Sergio Alinei e dal Fiduciario
AIC di Pescara avv. Carlo Naso, si rivolgevano al Collegio Arbitrale chiedendo:
- di accertare e dichiarare avvenuto
In basso, Giorgio
Di Vicino. Qui a
fianco, Ferdinando Giuliano e, a
destra, Antonino
Cardinale.
il trasferimento del loro rapporto
di lavoro alla Delfino Pescara;
- di ritenere obbligata la Delfino Pescara a pagare i compensi stabiliti
nel contratto individuale;
- di dichiarare illegittimo il licenziamento adottato dal Curatore
del fallimento con condanna della
Delfino Pescara ai pagamenti degli
emolumenti contrattuali;
- in subordine, di condannare la Delfino Pescara a risarcire i danni per
le perdite economiche e di chance
professionali.
La società Delfino, ovviamente, si costituiva deducendo in particolare che
i contratti individuali dei tre calciatori prevedevano un basso compenso
per il primo anno ed ingenti compensi per gli anni successivi, il che faceva
sospettare un qualcosa di strano ed
irregolare; che il ricorso doveva ritenersi inammissibile per avere i calciatori ricorrenti inizialmente adito la
Magistratura ordinaria con una scelta
irreversibile; che mancava l’interesse ad agire in quanto i tre calciatori richiedevano l’instaurazione di un
rapporto con la Delfino nonostante
si fossero nel frattempo tesserati per
altre società calcistiche; che la do-
calcio e legge
lciatori
Curatore fallimentare
manda di risarcimento per perdita di
chances era nulla perché generica ed
immotivata.
Infine, la Delfino proponeva domanda riconvenzionale chiedendo la
declaratoria di nullità dei contratti
individuali in quanto stipulati fraudolentemente nella consapevolezza
delle difficoltà economiche in cui
versava il Pescara Calcio.
La decisione del Collegio
Il Collegio Arbitrale, seppure a maggioranza, ha invece accolto parzialmente ma in misura significativa le
richieste dei calciatori, motivando la
propria decisione come segue:
- è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso all’arbitrato per
avere i ricorrenti preliminarmente
scelto la via del Giudice ordinario,
in quanto già il Tribunale di Pescara aveva affermato l’incompetenza
del Giudice ordinario in favore di
quello arbitrale;
- è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso derivante dal
fatto che i ricorrenti sarebbero già
tesserati per altre società, in quanto il fatto non ha alcun rilievo nei
confronti della domanda risarcito-
ria che il Collegio, come si vede in
seguito, ha inteso accogliere;
- per quanto riguarda la domanda
riconvenzionale (la declaratoria di
nullità dei contratti individuali dei
calciatori in quanto stipulati nella
consapevolezza della probabile insolvenza del Pescara Calcio), non
può ritenersi fondata sia perché il
rapporto contrattuale è stato risolto prima di poter eventualmente
transitare alla Delfino e sia perché,
che i tre contratti prevedessero
delle “inusuali progressioni retributive”, era informazione nota fin dal
momento in cui la Delfino aveva
preso atto della situazione del club
fallito, come d’altra parte ammesso
dalla stessa società;
- detto questo, il Collegio ha pertanto ritenuto di accogliere la richiesta di risarcimento del danno
in applicazione del principio di cui
all’art. 2112 cod. civ., che dispone
che “in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne
derivano”.
Nel respingere le considerazioni
contrarie della Delfino, il Collegio
ha rilevato inoltre che, citiamo testualmente, “ la legge n° 91 del 1981,
dopo aver chiarito che la prestazione
a titolo oneroso degli sportivi professionisti costituisce lavoro subordinato, esonera espressamente dal regime relativo alcune norme… fra le
quali non figura l’art. 2112 cc il quale,
oltretutto, appare notevolmente coerente con quanto previsto dall’art.
52, n° 5, delle NOIF che regola le
modalità di trasferimento del titolo
sportivo e prevede la salvezza di tutti
i rapporti di collaborazione”.
In sostanza il Collegio, se da un lato
ha respinto la richiesta principale dei
calciatori di salvaguardare e proseguire il rapporto di lavoro con la Delfino, in quanto le norme federali non
contemplano la tutela reale del posto di lavoro (esclusa espressamente dall’art. 4, 10° comma della legge
91), d’altra parte ha ritenuto che la
società non debba però essere esentata dall’obbligo di risarcire il danno
subito dai calciatori e derivante dalla
mancata prosecuzione del contratto.
La legittima aspettativa dei calciatori
di proseguire il rapporto, come invece accaduto per tutti i loro compagni, con la Delfino è stato frustrato
con modalità che escludono che la
società sia esente da responsabilità
risarcitorie. Infatti, nel momento in
cui la Delfino chiedeva alla FIGC il c.d
“titolo sportivo” doveva sapere che,
ai sensi dell’art. 52 NOIF, era obbligata a mantenere i rapporti contrattuali con tutti i calciatori; inoltre, era
ben nota la già menzionata clausola
inserita nel Bando (salvezza dei rapporti di lavoro e quindi la tutela dei
contratti di tutti i calciatori).
Conclusione
La disamina del lodo ci consente pertanto di sintetizzare le seguenti conclusioni:
- le risoluzioni del contratto operate aprioristicamente ed ad hoc
dai vari Curatori sono, finalmente,
modificabili nella sostanza in sede
arbitrale applicando l’art. 2112 cod.
civ.;
- nonostante gli eventuali conseguenti provvedimenti di svincolo disposti dalla FIGC, le società
subentranti possono essere condannate a risarcire i danni sofferti
dai calciatori “svincolati” contro
la loro volontà e solo per il fatto
di avere a suo tempo sottoscritto
contratti più vantaggiosi.
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l’incontro
Come stai?
Gabriele Pin, “secondo”
di Prandelli in Nazionale
“Lì a Vittorio Veneto, la mia prima società, squadra di quartiere, sino ai 12
anni. Abbiamo vinto il campionato provinciale, tanti osservatori che giravano:
via con i provini, molto bene quello col
Milan ma il mio allenatore, Beppe Zanette, era uno juventino sfegatato: tanto ha fatto che sono andato a fare un
provino per la Juve a Russi, in Romagna,
doveva essere esclusivamente per ragazzini emiliani e romagnoli, ma hanno
fatto proprio una eccezione. Provino
fatto bene, hanno voluto chiudere subito e pure subito mi sono trovato a Torino. Avevo 13 anni ed è stata durissima.
Dapprima a casa c’erano delle remore,
ero proprio giovane e non c’era certo
la mentalità che ci può essere adesso.
Però lì successe una cosa grande, morì
mia madre... le cose cambiarono: la mia
di passione, mio padre che si lasciò convincere anche per le garanzie che dava
la Juventus. Come detto all’inizio è stato molto difficile, i pianti che mi sono
fatto. Ero a Villar Perosa, in un albergo/
collegio ed eravamo una sessantina, da
tutta Italia, dai giovanissimi come me
ai Primavera. A scuola a Pinerolo, allenamenti a Torino. È stata una scuola
di vita; la famiglia, marito e moglie, che
teneva l’albergo/collegio erano persone
straordinarie, lo stile Juventus non era
certo una leggenda, ci tenevano, educazione e comportamento, erano rigidi
in questo. Con la scuola sono andato
avanti sino alla terza ragioneria, poi ho
lasciato stare. Stavo facendo bene, avevo anche un po’ bruciato le tappe nel
settore giovanile, a 18 anni ho anche
fatto l’esordio in prima squadra, io e
Galderisi: solo noi due di quei sessanta
sono arrivati alla serie A”.
“Il mio discorso con la panchina è cominciato in pratica l’ultimo anno che ho
giocato, a Piacenza. Avrei potuto giocare anche l’anno successivo ma dopo
gli anni che avevo giocato a Parma, in
società mi avevano sempre ribadito che
volevano avermi lì con loro e così in
quel mio ultimo anno come giocatore
ho cominciato pure a prepararmi un po’
come “allenatore”. La stagione successiva ho così preso in mano a Parma i
giovanissimi nazionali, bella categoria,
anche impegnativa, pure per quella età
complicata dei ragazzi. In pratica ho poi
finito per allenare una sola stagione e
sono stati via via i problemi della prima
squadra e anche della stessa società a
orientare la mia strada. Sono stati quelli gli anni di Sacchi, di Passarella, poi di
Ulivieri. Prima di arrendersi allo stress
e dare così le dimissioni, Sacchi aveva
avuto comunque il tempo di incidere in
società, lui era molto avanti, vedeva sé
stesso non tanto come un allenatore
quanto un “coach” con altri allenatori
che curavano i vari reparti ed è stato
così che insomma mi sono avvicinato
alla prima squadra. Altro bell’incontro
è stato quello poi con Ulivieri, altra personalità forte e appassionata, anche lui
mi ha voluto vicino. Un periodo quello
in cui cominciavo ad avere anche richieste per allenare tra i prof, prime squadre intendo, quando c’è stato il ritorno
come direttore tecnico di Sacchi per un
Parma che aveva cambiato obiettivi, con
una squadra fatta di giovani. Lì la scelta
di Sacchi quale allenatore fu quella pure
di un maestro di calcio e chiamò Prandelli. Lui arrivò, era senza collaboratori;
con Cesare ci si conosceva sin dai tempi
della Juve, accettai la sua proposta di collaborare con lui, è così che è cominciata”.
“Sì, ogni tanto l’idea di avere una squadra tutta “mia” m’è anche passata per la
testa ma devo anche dire che sin qui (e
parlo anche prima di questo mio legame ora con Prandelli) ho avuto modo
di non sentirmi mai un semplice “secondo”. Con tutti ho avuto sempre molto
spazio e dopo tutti questi anni con Cesare (c’è un rapporto che va ben oltre
la cosiddetta collaborazione), ora chi
viene a vedere per esempio qualche nostro allenamento vede che siamo ormai
al 50% come lavoro, la fase difensiva o
quella offensiva, eccetera. Insomma, mi
sento considerato. Dopo tanti anni di
serie A, inclusi fortunatamente anche gli
impegni in Europa, in effetti adesso con
la Nazionale respiro un po’ di più. Magari ora lo stress si concentra di quando in
quando nei pochi giorni delle convocazioni e delle partite e comunque un po’
mi manca la quotidianità con la squadra.
Essere però un po’ più distante ha i suoi
pregi, hai magari tempo di riflettere: riflessioni utili per cercare di migliorare.
Comunque gli impegni non mancano, te
lo assicuro. Intanto la necessità di coprire tutte le partite e di campionato e delle Coppe. Un programma che fissiamo
circa ogni due mesi, mettendo in conto
anche i vari anticipi e posticipi, che ci
l’incontro
suddividiamo tra tutti noi componenti
dello staff e gli osservatori. Visto che
si gioca ormai ogni tre giorni ce n’è di
strada da fare. Poi c’è tutto il discorso
della collaborazione e della comunicazione con i club; con Prandelli abbiamo
vissuto la realtà del club, sappiamo le
preoccupazioni che si possono avere
nel dare giocatori alla Nazionale, il tipo
di lavoro, i test: questione di collaborazione e pure correttezza. Poi c’è tutto
il lavoro di scouting sia dei nostri ma
anche degli avversari, vedi per esempio
le squadre del nostro girone per l’Europeo, cercando di essere sempre aggiornati anche in caso (come è successo
con gli azzurri) di nuovi convocati”.
“Nelle partite sono lì in panchina. Con
Cesare il rapporto è continuo e l’importanza è cercare di non farsi prendere dall’adrenalina, di analizzare per
bene quel che succede in campo, magari
provando a leggere le singoli situazioni,
i singoli reparti, gli eventuali punti deboli, anche quel che magari è utile dire
nell’intervallo. Così talmente concentrato che mi accorgo che la tensione la lascio un po’ da parte, mi sforzo insomma
di essere il più possibile lucido, analitico,
razionale. Sono cose queste che ho imparato negli anni: ho visto che se mi faccio prendere troppo dalla tensione ho
meno lucidità e questo vuol
dire anche meno rapidità
nelle decisioni”.
“Rispetto a prima, tutto
sommato penso siano
cambiati adesso i calciatori. Soprattutto
perché è cambiato
il contesto, direi
prima di ogni altra
cosa proprio la comunicazione. Ora
si “vede” tutto,
c’è una presenza
“pubblica” direi
totale e dunque
anche il modello
del calciatore che
passa non è più
quello di prima.
È cambiato anche
l’aspetto economico, prima giu-
sto un gruppetto i calciatori potevano
arrivare a dei contratti molto importanti, ora è una base che si è allargata
questa. Quel che non è cambiato più
di tanto è che si dimentica che stiamo
parlando di ragazzi, spesso poco più
di ventenni, mica facile a quell’età avere equilibrio e comportamenti adatti.
Fondamentali sono coloro che stanno
vicino e attorno a questi ragazzi, sono
loro in sostanza a fare la differenza. E
te ne accorgi proprio quando incontri
giovani calciatori (ci sono, ci sono) che
si segnalano per educazione, professionalità, valori morali importanti: vai
a vedere chi hanno attorno e fai presto così a spiegarti il perché. Sì, noi in
Nazionale ci teniamo molto a questo.
L’essere disponibili verso la gente è un
dato per esempio importante, vedere
per dire un bambino che sorride per
un autografo penso faccia bene pure a
chi lo firma. In Nazionale ho trovato un
gruppo all’altezza, con alcuni calciatori
che sotto questo aspetto fanno anche
da traino. Chiaro che il primo esempio
lo dobbiamo dare noi dello staff e ho
sempre visto che quando tu responsabilizzi un giovane, lui ti risponde con
maturità. Sì, io sono ancora convinto
che quella dei calciatori sia una parte
sana del calcio (non è l’unica)”.
“Come finiamo? Beh, vorrei qui dire che
chi ha fatto il calciatore e poi deci
decide di rimanere in questo mondo
per fare l’allenatore, dovrebbe
sempre cercare di fare riferi
riferimento a quella che è stata la
sua esperienza, alle cose
che gli sarebbe piaciu
piaciuto gli venissero dette,
anche al modo in cui
potevano essere dette.
gros
Sarebbe credo un grostut
so passo avanti per tutto il contesto, sarebbe
una crescita generale,
gio
specie nei settori giovanili, che richiedono
pazienza, educazione,
po
continui rinforzi positivi e non certo degli
urlatori, ce ne sono
fin troppi in giro che
urlano, anche fuori
del calcio”.
La scheda
Gabriele Pin è nato a Vittorio Veneto (Tv) nel gennaio del 1962. Dopo
gli anni del settore giovanile con la
Juventus (esordio in A nell’ultima
giornata della stagione 1979/1980),
ha giocato con Sanremese (C1), Forlì
(C1), Parma (C1-B), Juventus (A), Lazio (B-A), ancora Parma (A) e Piacenza (A; ultima stagione quella targata
1996/1997): ben 447 le sue partite
in campionati professionistici (dati
Almanacco Panini). Ha vinto uno
scudetto con la Juventus nella stagione 85/85 e sempre con la Juve si
è pure aggiudicato una Coppa Intercontinentale; col Parma ha vinto una
Coppa delle Coppe, una Supercoppa
Uefa e una Coppa Uefa. Allenatore
di prima categoria (la sua tesi al master: “Importanza didattica, equilibrio del centrocampista centrale in
alcuni moduli di gioco”), da anni è
il cosiddetto “secondo” a fianco di
Cesare Prandelli. Una collaborazione
iniziata a suo tempo nel Parma e poi
confermata sia nella breve esperienza romana (con la Roma) di Prandelli
che a Firenze, nonché ora in Nazionale. Sposato, due figli di 23 (Mattia)
e 18 anni (Jacopo), “giocano in Eccellenza”, vive a Parma.
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fifpro
di Pino Lazzaro
Leo Grosso Presidente
della FIFPro Mondo
FIFPro: progetti e o
per il calcio di d
Leonardo Grosso, vicepresidente Aic, è stato eletto presidente della FIFPro lo scorso 10 novembre, a Kuala Lampur
in Malesia, nel corso dell’Assemblea Generale della Federazione che riunisce i sindacati dei calciatori professionisti a
livello mondiale. Membro del Direttivo della FIFPro dal 1994, Grosso ha avuto per l’occasione un vero e proprio consenso plebiscitario (47 voti su 50) ed è così succeduto a Gerardo Gonzales Movilla, ex presidente del sindacato spagnolo.
Righe quelle sopra che sintetizzano una notizia “vecchia” di qualche
mese, su cui abbiamo già avuto modo
di soffermarci in un precedente numero del Calciatore. Notizia che
rimane di per sé comunque freschissima e dunque ecco che in questo
numero abbiamo pensato di dedicare
un più opportuno spazio sia al nostro
presidente mondiale che alla FIFPro.
Per quel che riguarda Leo Grosso,
pardon, il presidente avvocato Leo
Grosso, abbiamo pensato di partire
riprendendo in parte quanto ci aveva raccontato per lo speciale volume
dedicato ai quarant’anni dell’AssociaClasse 1943, Leonardo Grosso ha giocato
con Genoa (A-B), Perugia (B), Spal (B) e Modena (B). Presidente Fifpro
Mondo; vice presidente
Aic; consigliere federale; fa parte del Consiglio
Indirizzo e Vigilanza Enpals. Sposato, tre figli,
vive a Genova.
zione Calciatori: “40 Consiglieri con
l’AIC per il calcio”. Un avvio, questo,
che ci sembra utile e significativo:
proprio da lì, da quel che racconta
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Grosso all’inizio della sua carriera
da calciatore, è partito quel filo così
resistente e appassionato che passo
dopo passo lo ha portato fin laggiù,
pensa te, a Kuala Lampur, in Malesia!
“Avevo 19 anni, di esami di giurisprudenza ne avevo fatto soltanto uno,
ma già questo bastava perchè lì nello
spogliatoio mi chiamassero “l’avvocato”. E mi chiedevano consigli, come
fare questo e quello, anche quelli più
vecchi di me. Le cose sono cominciate così e sono poi andate avanti
in questa maniera anche perchè di
mio ho un po’ questo di farmi carico
dei problemi degli altri, è stato direi
così un approdo naturale questo mio
all’Associazione Calciatori. Partecipavo agli incontri come delegato e
così sono poi entrato nel Direttivo.
Alla laurea ci sono poi arrivato il
primo anno di Perugia (allora in B;
n.d.r.), avevo 26-27 anni e ho aspettato un bel po’ prima di fare l’esame
da procuratore. Visto che giocavo,
sapevo che non avrei potuto subito
esercitare la professione e così quel
che ho fatto con l’università è stato
di prendermela con calma, puntando a far bene esame dopo esame,
mirando insomma a dei voti alti. E
così è andata dato che sono uscito
con lode e medaglia, molto bene insomma. Aggiungo che, nel frattempo avevo fatto anche l’abilitazione
all’insegnamento e in effetti l’ho pure
fatto l’insegnante, ricordo il periodo
che giocavo nella Spal (sempre serie B; n.d.r.). Le “mie” materie sono
state diritto del lavoro e sociologia,
ho avuto degli incarichi annuali e a
Genova mi avevano pure offerto una
cattedra ma ho finito per rifiutare”.
“Questo mio essere “sindacalista”,
diciamo, con un paio di società con
cui ho giocato in effetti dei problemi me li ha dati e sempre comunque
perchè prendevo le difese di qualche compagno, mai per ragioni mie.
È vero, noi a quel tempo partivamo
proprio da zero, non c’erano tutele
per chi giocava. Dal 1974 consigliere,
più di 30 anni adesso che sono vicepresidente, non è che abbia un solo
episodio singolo che più degli altri mi
sia rimasto dentro. Quel che avverto è che nel tempo il coinvolgimento
con l’Associazione per me è via via
andato ampliandosi e accelerandosi. Come immagine cerco magari di
dare quella di un po’ di fogli lì sulla
tua scrivania: all’inizio sono partito
con giusto un paio di fogli su cui lavorare; ne spostavo uno e ne arrivava
un altro e così via. Adesso mi trovo
invece con una pila bella alta di fogli,
che continua a crescere, così vanno
le cose. Certo, sento il tutto sempre
più impegnativo e complesso, per
fortuna la passione c’è sempre, continuo a farlo ben volentieri, diciamo
con qualche sacrificio in più”.
“Una conquista più importante delle altre per quel che riguarda l’Aic (e
il tutto vale naturalmente anche per
quel che riguarda la FIFPro) non la
so indicare. Direi che per quelli che
sono i contenuti il primo pensiero
potrebbe andare alla pensione, alla
liquidazione, alle assicurazioni, all’accordo collettivo, tutte questioni basi-
fifpro
Un po’ di storia
biettivi
domani
lari che prima non avevamo, ma quel
che secondo me, dai e dai, ha un valore fondamentale è il fatto che rispetto agli inizi ora il calciatore non è più
un oggetto ma un soggetto. Noi in effetti allora eravamo delle cose, degli
oggetti di proprietà di. Oggi invece il
calciatore ha la possibilità di scegliere
pur non avendo comunque del tutto
la libertà degli altri lavoratori. Se a noi
dicevano di andare a giocare da qualche parte o andavamo o avevamo finito di giocare. Ecco, non è certo poco
avere adesso questa dignità”.
“Ho cominciato ad occuparmi di
Fifpro dal 1980, da quando diventai
vicepresidente dell’Aic e così venni
pure delegato a questo settore. Era
quello un tempo in cui la Fifpro era
in effetti più avanti di noi come Associazione Calciatori, direi soprattutto
da un punto di vista concettuale, ricordo per esempio come loro parlassero di libertà contrattuale, cosa
questa che non avevamo ancora a
quel tempo in Italia. È stata questa
una situazione che abbiamo vissuto sino al ’92, era soprattutto uno
scambio insomma di idee. La sede
della Fifpro era allora ancora a Parigi, ma ci si trovava più che altro a
Strasburgo: il primo a darci retta è
stato infatti Janssen Van Raay che era
parlamentare europeo. Come detto
sino al ’92 perché è stato in quel periodo che abbiamo deciso di cambiare, come dire, passo, dando spessore
operativo all’organismo. Con me c’erano Taylor (inglese), Piat (francese),
Van Seggelen (olandese) e Movilla
(spagnolo). Abbiamo puntato subito
sostanzialmente su due fattori: darci una struttura (la sede operativa
adesso è in un sobborgo di Amsterdam) e cercare di aiutare la nascita di
altri “sindacati” in giro per il mondo”.
La FIFPro, la federazione mondiale dei sindacati dei calciatori, nasce il 15 dicembre 1965
a Parigi su iniziativa dei rappresentanti delle associazioni dei calciatori francesi, scozzesi,
inglesi, italiani e olandesi.
Inizialmente lo scopo della FIFPro è quello di coordinare le attività delle diverse associazioni
ma, con il passare del tempo e con la sua evoluzione da organizzazione europea a rete mondiale dei sindacati, gli obiettivi diventano sempre più ambiziosi e nel 1995, dopo la famosa sentenza Bosman e la conseguente eliminazione del parametro a fine contratto, viene accettata
come controparte istituzionale dall’UEFA, dalla FIFA e dall’Unione Europea.
Negli ultimi anni, proprio su impulso della Commissione Europea, la FIFPro ricopre assieme
a FIFA ed UEFA un ruolo determinante per la redazione del Regolamento sullo Status ed i
Trasferimenti dei calciatori, il testo che dopo lunghe trattative disciplina la delicata materia
dei trasferimenti internazionali dei calciatori professionisti e dilettanti.
Altra attività importante è quella relativa al cosiddetto “dialogo sociale”, e cioè quel processo
iniziato sotto la supervisione e con il finanziamento dell’Unione Europea, mediante cui le varie
componenti del calcio stanno negoziando l’istituzione di un contratto collettivo europeo, che
è fondamentale in particolare per i calciatori delle federazioni in cui non esiste tuttora né un
accordo collettivo né un contratto tipo concordati tra le rispettive associazioni di categoria.
Inoltre, la FIFPro è chiamata ad esprimere il proprio parere, a volte vincolante, su problematiche essenziali per il calciatore professionista quali, e solo per citare le principali, la redazione
dei regolamenti degli agenti, l’adozione della normativa antidoping imposta dalla WADA, l’utilizzo della tecnologia durante le partite (in particolare sulla
linea di porta), l’adozione o meno dei campi in erba sintetica.
La struttura
Attualmente la FIFPro rappresenta 43 sindacati membri, 8
candidati e 5 osservatori, per un totale di 56 paesi. Nel periodo 1998-2001 si è strutturata in modo da potersi rapportare non solo con la FIFA ma
anche con le varie confederazioni continentali (UEFA ecc.) e pertanto, accanto all’organizzazione mondiale diretta da un board composto da 11 rappresentanti, sono state costituite
altre quattro divisioni, FIFPro Europa, Sudamerica, Africa, Asia/Oceania, presiedute ognuna
da un board di 5 rappresentanti.
Organigramma FIFPro e della Divisione Europa
FIFPro (56 paesi) - Presidente: Leo Grosso (Italia); vicepresidente: Philippe Piat (Francia);
direttivo: rappresentanti di 9 paesi (Brasile, Perù, Camerun, Olanda, Slovenia, Australia,
Inghilterra, Danimarca, Spagna).
FIFPro Europe (24 Paesi) - Presidente: Philippe Piat (Francia); direttivo: rappresentanti dei
sindacati di Portogallo, Inghilterra, Scozia, Italia e Grecia.
La “rosa”
Europa
Membri: Portogallo, Inghilterra, Scozia, Italia, Grecia, Belgio, Olanda, Danimarca, Austria,
Ungheria, Slovenia, Cipro, Svizzera, Francia, Russia, Irlanda, Norvegia, Svezia, Finlandia,
Polonia, Romania, Bulgaria, Israele. Candidati membri: Serbia.
Osservatori: Ucraina, Georgia
Africa
Membri: Egitto, Sudafrica, Camerun. Candidati membri: Congo, Costa d’Avorio, Marocco. Osservatori: Ghana, Zimbabwe, Namibia, Botswana.Asia/Oceania
Membri: Australia, Nuova Zelanda, Indonesia, India. Candidati membri: Malaysia.
Osservatori: Kazakhstan, Cina.
America
Membri: USA, Argentina, Brasile, Uruguay, Perù, Cile, Colombia, Bolivia, Ecuador.
Candidati membri: Costarica.
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fifpro
L’Aic nella FIFPro
e nelle Commissioni tecniche
“Questa mia elezione come presidente la vedo nel segno della continuità per quello che sono andato
via via facendo negli anni sul piano
del servizio e del lavoro. In effetti
in questi anni la Fifpro ha raggiunto
un’effettiva rilevanza mondiale, che
ha come proprio diretto interlocutore la stessa Fifa. Al nostro interno ci
sono poi delle suddivisioni continentali: la Fifpro Europa che si rapporta
con l’Uefa e così via per gli altri. Credo che quanto porta avanti la FIFPro
sia un lavoro fondamentale anche in
chiave interna, di AIC intendo, visto
in effetti il provincialismo di questo
nostro paese dove crediamo che
tutto finisca alle Alpi. Con i processi
della cosiddetta globalizzazione, in
cui tanto siamo immersi, dobbiamo
renderci conto che Fifa e Uefa hanno
e avranno sempre maggiore incidenza anche nella nostra realtà italiana”.
“Come detto, la Fifpro ha come referente la Fifa, è con essa che si rapporta: per dire, sulle regole sui trasferimenti dei giocatori è già dal 2001
che ci si incontra e lo stesso capita
per le altre Fifpro continentali. L’interfaccia per esempio della FifPro Europa
è l’Uefa assieme al parlamento europeo, bisogna sempre tenerne conto di
questo. Lo stesso collegio che sovrintende alla applicazione delle cosiddette Fifa regulations (sede a Zurigo con
i giudici che sono per metà eletti dalle
federazioni e per metà dalla Fifpro) è
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Il vice-presidente AIC Leonardo Grosso è l’attuale presidente della FIFPro, nonché membro del direttivo di FIFPro Divisione Europa, del Trust FIFPro (organismo di controllo della
holding commerciale nonché fiduciario dei sindacati affiliati) e del Comitato Strategico
UEFA, una struttura a composizione mista che comprende 6 rappresentanti dell’UEFA,
incluso il Presidente Michel Platini, 4 delle federazioni nazionali, 4 della FIFPro, 4 delle leghe
delle società e 4 dei club europei.
L’AIC è inoltre presente nelle seguenti commissioni di lavoro: Stefano Sartori è membro
del Regulations Committee, una commissione che si occupa di normativa internazionale,
statutaria e regolamentare. Gianfranco Serioli è membro del Financial Committee, che
controlla il bilancio della FIFPro istituzione e della holding commerciale ed esprime le
proprie valutazioni su tutte le attività che comportano un impegno economico da parte
della FIFPro. Il fiduciario AIC avv. Michele Colucci è componente della DRC, la camera di
risoluzione delle controversie a composizione mista che ha sede presso la FIFA e che ha la
competenza di dirimere contenziosi che abbiano rilevanza internazionale.
Infine, Nicola Bosio cura l’organizzazione della selezione italiana che partecipa all’annuale
FIFPro Tournament, competizione a cui partecipano le selezioni dei calciatori senza contratto, ed Alessia Chemello partecipa alle riunioni della FIFPro Online Academy, la neo
costituita commissione che sta studiando la possibilità di implementare a livello europeo
dei corsi di formazione post carriera per calciatori ed ex calciatori.
alla Commissione Europea che deve
comunque allinearsi”.
“Direi che quel che sta avvenendo a
livello internazionale è la sua parte
curioso. Da una parte nei paesi poco
sviluppati in cui si fa fatica ad avere
accordi minimali, intendo l’accordo collettivo di categoria e i collegi
arbitrali (qui il primo obiettivo è di
arrivare intanto almeno a dei contratti minimali: per esempio in tutto l’est europeo non ci sono ancora
dei collegi paritari, mentre in Polonia come accordo c’è un semplice
modulo unilaterale, senza garanzie).
Dall’altra, nei paesi più sviluppati, c’è
un fenomeno alla rovescia, in cui si
stanno provando a togliere diritti,
in un modo che chissà perché viene
definito “moderno”. In tutto questo,
sul tema della specificità dello sport,
ecco il tentativo di Fifa e Uefa - in
materia di diritti dei lavoratori e libera circolazione - di non applicare per
lo specifico calcio quanto stabilito in
materia dal Trattato di Lisbona. Una
strada questa che ha come obiettivo
quello di togliere ai calciatori determinati diritti. Un qualcosa che non
è quindi specifico del panorama di
casa nostra, ma una delle battaglie
fondamentali che bisognerà affrontare proprio come FIFPro Europa. Per
quel che riguarda altre parti del mondo, quel che stiamo cercando è di favorire la creazione di associazioni di
categoria sia in Africa che in Asia”.
ha scritto per noi
di Alessandro Comi
Portiere della Salernitana
Ciro Polito
lo “scugnizzo” pararigori
È uno dei pochi portieri che può vantare nel suo palmares di aver parato
un rigore ad Alex Del Piero: Ciro Polito, napoletano doc , numero 1 della Salernitana, ha fatto un lungo giro
d’Italia prima di tornare a giocare
nella squadra dove era calcisticamente cresciuto. Partito giovanissimo a
calcare i campi di gioco con la Dinamo Promotion di Napoli, in seguito
passa agli allievi del Corsico e cresce
nelle giovanili della Salernitana; esordisce in C2 con il Rimini, veste successivamente le maglie di Lucchese,
Mantova, Avellino, Pistoiese, Acireale, Catania, Pescara, e poi ancora
Catania prima di tornare a Salerno.
Ciro Polito è nato a Napoli il 12 aprile 1979.
Sposato già all’età di 18 anni con Arianna è papà
di Alessia e Vincenzo.
La sua storia calcistica parte subito
con un aneddoto: giovanissimo, per
sbarcare il lunario, fece una pazzia per
farsi notare da una società del nord…
“E già, avevo solo 15 anni e da Napoli,
nel 1994, mi sono trasferito a Milano
per giocare negli allievi del Corsico:
ero stato seguito da Stefano Capozucca e mister Della Corna che mi
vollero subito con loro vedendo in
me un portiere dal grande avvenire.
Fu certamente una bella esperienza, ma scelsi di tornare
a Salerno per giocarmi le
mie chance”.
Parare un rigore, per un
portiere, equivale a segnare una rete. Pararlo,
come dicevamo, a Del Piero diventa una di quelle
cose da raccontare ai nipotini…
“Sicuramente
quel rigore rimane uno degli episodi che
ricordo
più
volentieri di tutta
la mia carriera: era
l’anno della Juventus in
serie B ed io giocavo con il
Pescara. Da non dimenticare comunque la grande
emozione che ho provato all’esordio in serie A
in un Catania – Parma
(2-0) nel novembre
2006”.
Ma la carriera di un
calciatore, si sa, è
fatta di alti e bassi,
di grandi soddisfazioni ma anche di
brutte delusioni…
“Il mio rammarico più grande è
stato aver lasciato dopo 6 anni
Catania,
una
città splendida
dove ero ben
voluto e
dove ho disputato 32 partite in Serie
A raggiungendo la salvezza. Purtroppo in seguito a una discussione con
la società feci l’errore di chiedere di
essere ceduto per orgoglio, poi sono
stato anche messo fuori rosa per
6 mesi per una discussione con
Zenga, insomma una storia che
è finita male. Sono passato al
Grosseto e infine sono tornato
da dove ero partito, alla Salernitana, arrivando peraltro nel
momento peggiore della
sua storia societaria con
tutti i problemi attuali”.
A 32 anni, soprattutto
per un portiere, la carriera ha ancora tanto
da offrire…
“Ora spero di non fallire con la Salernitana,
spero poi di tornare
ai massimi livelli e riuscire a star bene con
la mia famiglia che è la
cosa più importante
a cui son legato da
quando ho intrapreso la mia carriera
calcistica e con cui
ho condiviso gioie e
dolori dall’età di 18
anni. Una grande
responsabilità e
un grande spirito
di sacrificio che mi
hanno permesso
di mettere subito la testa
a posto e
intraprendere tutti
i successi
che ho
ottenuto”.
scatti
di Maurizio Borsari
Spiraglio
Gol di Wesley Snejider in Sampdoria-Inter 0-2
Controllo nel traffico
Robinho in Chievo-Milan 1-2