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attività aic Avvenimenti Incontri Calendario 2 gio Consiglio Federale Durante il Consiglio federale del 3 febbraio scorso, è stata confermata la volontà di proporre, nelle norme di iscrizione ai campionati, di non procedere ai ripescaggi per la prossima stagione sportiva, di fronte a una situazione estremamente pesante evidenziata dalla Lega PRO. Il presidente Abete ha presentato una relazione sulla quale si è aperto un dibattito che ha interessato soprattutto i rappresentanti della Lega PRO e dell’Aic, sottolineando che il blocco dei ripescaggi deve essere ac- compagnato necessariamente dall’approvazione della riforma dei Campionati. La Commissione per tale riforma, presieduta dal presidente della Lega PRO Macalli, si riunirà nuovamente con l’obiettivo di arrivare rapidamente a un progetto condiviso che riduca l’area professionistica e venga approvato dal Consiglio Federale entro la stagione in corso. Per quanto riguarda la modifica dello Statuto federale, entro il 30 giugno dovrà essere indetta un’assemblea per un adeguamento ai principi del Coni. Il nuovo statuto recepirà la presenza delle due Leghe distinte di serie A e B che vanno riparametrate in termini di Il 14 febbraio scorso a Coverciano Sla, obiettivi e strategie per il futuro Si è svolto lunedì 14 febbraio a Coverciano, un convegno d’aggiornamento sulla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) promosso dalla Figc con l’obiettivo di fare il punto sulle più recenti acquisizioni su questa malattia e confrontarsi sulle strategie da adottare nell’immediato futuro. L’incontro, al quale ha preso parte come moderatore il consulente medico dell’Aic dott. Piero Volpi, ha visto la partecipazione di alcuni tra i più illustri ricercatori mondiali impegnati nello studio della Sla, a cominciare dal prof. Brian Traynor, responsabile del Laboratorio di Neurogenetica di Bethesda (USA); quindi il prof. Paolo Zeppilli, Presidente della Commissione Scientifica della FIGC sulla SLA istituita nel 2008, il Prof. Mario Sabatelli, responsabile del Centro SLA del Policlinico A. Gemelli di Roma , il prof. Adriano Chiò responsabile del Centro SLA dell’Ospedale Molinette di Torino e il prof. Mario Melazzini, presidente nazionale di AISLA. Il convegno è stata anche l’ennesima testimonianza di come tanti pazienti affetti da SLA non smettano di lottare, per migliorare le condizioni di vita, creare solidarietà e finanziare la ricerca: Luca Pulino, ex-calciatore dilettante affetto da SLA, ha letto un messaggio registrato dalla sua abitazione a Capranica, alla presenza della signora Chantal Borgonovo, che, insieme a suo marito Stefano tanto ha fatto e continua a fare per sostenere il mondo della scienza e dei malati nella lotta alla SLA, ha assicurato il suo intervento al convegno. rappresentanza. Parere di conformità è stato espresso dal Consiglio Federale per il nuovo Statuto della Lega PRO, con delega al presidente Abete d’intesa con il presidente Macalli per alcuni correttivi formali. Infine è stato annunciato che la Federcalcio ha deciso di istituire una Borsa di studio annuale intitolata a Enzo Bearzot, CT della Nazionale Campione del Mondo dell’82, che ha dedicato tutta la sua vita professionale al calcio italiano, alla FIGC e all’affermazione della nostra scuola tecnica, attraverso un impegno esemplare al servizio delle Squadre Nazionali. L’assegnazione della Borsa di studio e la sua concreta utilizzazione sarà decisa da un gruppo di lavoro composto da Dino Zoff, capitano della Nazionale Campione del Mondo dell’82 in rappresentanza di tutta la squadra e da due giornalisti particolarmente vicini a Enzo Bearzot e alla sua famiglia: Alberto Cerruti e Gigi Garanzini. 11 ven L’Aic al fianco dei calciatori dell’Aurora Pro Patria In merito alla grave situazione economica dell’Aurora Pro Patria, l’Associazione Italiana Calciatori si è schierata al fianco dei giocatori che si sono resi disponibili a collaborare ad una eventuale operazione di salvataggio della società lombarda, ma solo a condizione che vengano loro formulate proposte accettabili sia dal punto di vista economico che delle garanzie. L’Aic ha auspicato una positiva conclusione della vicenda, fermo restando che, in caso di mancato accordo con i tesserati, si dovranno necessariamente applicare le norme poste a tutela della regolarità degli emolumenti. 11 calcio e legge di Stefano Sartori Questo mese parliamo di… una giusta decisione riparatrice Licenziamento dei cal da parte del Una doverosa premessa: grazie al ricorso presentato anche da un Fiduciario dell’Assocalciatori, il Collegio Arbitrale Lega Pro/AIC (C.U. n° 5/30.10.2010) ha emesso un lodo assolutamente innovativo che ha il pregio di costituire un deterrente a provvedimenti di risoluzione del contratto che, a partire dal primo fallimento del Bologna FBC del 1993, vengono assunti in sede fallimentare, e quindi da soggetti esterni l’organizzazione sportiva, ad esclusivo danno di alcuni calciatori. Ci riferiamo al caso di Giorgio Di Vicino, Antonino Cardinale e Ferdinando Giuliano sostanzialmente “licenziati” dal Curatore del fallimento del Pescara Calcio, dichiarato con sentenza del 19 dicembre 2008 dal Tribunale di Pescara con contestuale autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’attività per permettere così la conclusione del campionato. In breve, i fatti successivi All’asta del 20 gennaio 2009 l’azienda veniva aggiudicata dalla neo costitu- 12 ita società Delfino Pescara, aggiudicazione che, ai sensi del bando, dopo 10 giorni diveniva definitiva. Ora, nonostante il menzionato bando prevedesse che nella cessione dovevano ritenersi ricompresi anche “i diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori” e nonostante la FIGC avesse disposto lo svincolo di tutti i calciatori, la revoca dell’affiliazione del Pescara Calcio ed il trasferimento del titolo sportivo alla Delfino con passaggio alla nuova società dell’intero organico dei tesserati, nei giorni 2 e 4 febbraio 2009 a Cardinale, Giuliano e Di Vicino veniva recapitata una lettera con cui il Curatore del Fallimento manifestava la volontà di risolvere il contratto di lavoro. Fatto molto importante, il Curatore riferiva di essere stato indotto alla risoluzione su pressione della Delfino che altrimenti non avrebbe sottoscritto l’atto notarile, tanto è vero che, su sua richiesta, la Delfino rilasciava manleva mediante una scrittura privata datata gennaio 2009... A ciò si deve aggiungere, ad ulteriore chiarimento della strategia societaria, che la Delfino, dopo aver risolto i tre contratti, stipulava accordi con nuovi atleti. Ulteriore aggravante, la FIGC decideva di formalizzare lo svincolo dei tre calciatori in base al principio dell’inoppugnabilità del provvedimento del Curatore. A questo punto i calciatori, (che in seguito si sarebbero tesserati per nuove società ma a condizioni deteriori rispetto a quelle godute presso il Pescara), assistiti egregiamente dall’avv. Sergio Alinei e dal Fiduciario AIC di Pescara avv. Carlo Naso, si rivolgevano al Collegio Arbitrale chiedendo: - di accertare e dichiarare avvenuto In basso, Giorgio Di Vicino. Qui a fianco, Ferdinando Giuliano e, a destra, Antonino Cardinale. il trasferimento del loro rapporto di lavoro alla Delfino Pescara; - di ritenere obbligata la Delfino Pescara a pagare i compensi stabiliti nel contratto individuale; - di dichiarare illegittimo il licenziamento adottato dal Curatore del fallimento con condanna della Delfino Pescara ai pagamenti degli emolumenti contrattuali; - in subordine, di condannare la Delfino Pescara a risarcire i danni per le perdite economiche e di chance professionali. La società Delfino, ovviamente, si costituiva deducendo in particolare che i contratti individuali dei tre calciatori prevedevano un basso compenso per il primo anno ed ingenti compensi per gli anni successivi, il che faceva sospettare un qualcosa di strano ed irregolare; che il ricorso doveva ritenersi inammissibile per avere i calciatori ricorrenti inizialmente adito la Magistratura ordinaria con una scelta irreversibile; che mancava l’interesse ad agire in quanto i tre calciatori richiedevano l’instaurazione di un rapporto con la Delfino nonostante si fossero nel frattempo tesserati per altre società calcistiche; che la do- calcio e legge lciatori Curatore fallimentare manda di risarcimento per perdita di chances era nulla perché generica ed immotivata. Infine, la Delfino proponeva domanda riconvenzionale chiedendo la declaratoria di nullità dei contratti individuali in quanto stipulati fraudolentemente nella consapevolezza delle difficoltà economiche in cui versava il Pescara Calcio. La decisione del Collegio Il Collegio Arbitrale, seppure a maggioranza, ha invece accolto parzialmente ma in misura significativa le richieste dei calciatori, motivando la propria decisione come segue: - è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso all’arbitrato per avere i ricorrenti preliminarmente scelto la via del Giudice ordinario, in quanto già il Tribunale di Pescara aveva affermato l’incompetenza del Giudice ordinario in favore di quello arbitrale; - è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso derivante dal fatto che i ricorrenti sarebbero già tesserati per altre società, in quanto il fatto non ha alcun rilievo nei confronti della domanda risarcito- ria che il Collegio, come si vede in seguito, ha inteso accogliere; - per quanto riguarda la domanda riconvenzionale (la declaratoria di nullità dei contratti individuali dei calciatori in quanto stipulati nella consapevolezza della probabile insolvenza del Pescara Calcio), non può ritenersi fondata sia perché il rapporto contrattuale è stato risolto prima di poter eventualmente transitare alla Delfino e sia perché, che i tre contratti prevedessero delle “inusuali progressioni retributive”, era informazione nota fin dal momento in cui la Delfino aveva preso atto della situazione del club fallito, come d’altra parte ammesso dalla stessa società; - detto questo, il Collegio ha pertanto ritenuto di accogliere la richiesta di risarcimento del danno in applicazione del principio di cui all’art. 2112 cod. civ., che dispone che “in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”. Nel respingere le considerazioni contrarie della Delfino, il Collegio ha rilevato inoltre che, citiamo testualmente, “ la legge n° 91 del 1981, dopo aver chiarito che la prestazione a titolo oneroso degli sportivi professionisti costituisce lavoro subordinato, esonera espressamente dal regime relativo alcune norme… fra le quali non figura l’art. 2112 cc il quale, oltretutto, appare notevolmente coerente con quanto previsto dall’art. 52, n° 5, delle NOIF che regola le modalità di trasferimento del titolo sportivo e prevede la salvezza di tutti i rapporti di collaborazione”. In sostanza il Collegio, se da un lato ha respinto la richiesta principale dei calciatori di salvaguardare e proseguire il rapporto di lavoro con la Delfino, in quanto le norme federali non contemplano la tutela reale del posto di lavoro (esclusa espressamente dall’art. 4, 10° comma della legge 91), d’altra parte ha ritenuto che la società non debba però essere esentata dall’obbligo di risarcire il danno subito dai calciatori e derivante dalla mancata prosecuzione del contratto. La legittima aspettativa dei calciatori di proseguire il rapporto, come invece accaduto per tutti i loro compagni, con la Delfino è stato frustrato con modalità che escludono che la società sia esente da responsabilità risarcitorie. Infatti, nel momento in cui la Delfino chiedeva alla FIGC il c.d “titolo sportivo” doveva sapere che, ai sensi dell’art. 52 NOIF, era obbligata a mantenere i rapporti contrattuali con tutti i calciatori; inoltre, era ben nota la già menzionata clausola inserita nel Bando (salvezza dei rapporti di lavoro e quindi la tutela dei contratti di tutti i calciatori). Conclusione La disamina del lodo ci consente pertanto di sintetizzare le seguenti conclusioni: - le risoluzioni del contratto operate aprioristicamente ed ad hoc dai vari Curatori sono, finalmente, modificabili nella sostanza in sede arbitrale applicando l’art. 2112 cod. civ.; - nonostante gli eventuali conseguenti provvedimenti di svincolo disposti dalla FIGC, le società subentranti possono essere condannate a risarcire i danni sofferti dai calciatori “svincolati” contro la loro volontà e solo per il fatto di avere a suo tempo sottoscritto contratti più vantaggiosi. 13 l’incontro Come stai? Gabriele Pin, “secondo” di Prandelli in Nazionale “Lì a Vittorio Veneto, la mia prima società, squadra di quartiere, sino ai 12 anni. Abbiamo vinto il campionato provinciale, tanti osservatori che giravano: via con i provini, molto bene quello col Milan ma il mio allenatore, Beppe Zanette, era uno juventino sfegatato: tanto ha fatto che sono andato a fare un provino per la Juve a Russi, in Romagna, doveva essere esclusivamente per ragazzini emiliani e romagnoli, ma hanno fatto proprio una eccezione. Provino fatto bene, hanno voluto chiudere subito e pure subito mi sono trovato a Torino. Avevo 13 anni ed è stata durissima. Dapprima a casa c’erano delle remore, ero proprio giovane e non c’era certo la mentalità che ci può essere adesso. Però lì successe una cosa grande, morì mia madre... le cose cambiarono: la mia di passione, mio padre che si lasciò convincere anche per le garanzie che dava la Juventus. Come detto all’inizio è stato molto difficile, i pianti che mi sono fatto. Ero a Villar Perosa, in un albergo/ collegio ed eravamo una sessantina, da tutta Italia, dai giovanissimi come me ai Primavera. A scuola a Pinerolo, allenamenti a Torino. È stata una scuola di vita; la famiglia, marito e moglie, che teneva l’albergo/collegio erano persone straordinarie, lo stile Juventus non era certo una leggenda, ci tenevano, educazione e comportamento, erano rigidi in questo. Con la scuola sono andato avanti sino alla terza ragioneria, poi ho lasciato stare. Stavo facendo bene, avevo anche un po’ bruciato le tappe nel settore giovanile, a 18 anni ho anche fatto l’esordio in prima squadra, io e Galderisi: solo noi due di quei sessanta sono arrivati alla serie A”. “Il mio discorso con la panchina è cominciato in pratica l’ultimo anno che ho giocato, a Piacenza. Avrei potuto giocare anche l’anno successivo ma dopo gli anni che avevo giocato a Parma, in società mi avevano sempre ribadito che volevano avermi lì con loro e così in quel mio ultimo anno come giocatore ho cominciato pure a prepararmi un po’ come “allenatore”. La stagione successiva ho così preso in mano a Parma i giovanissimi nazionali, bella categoria, anche impegnativa, pure per quella età complicata dei ragazzi. In pratica ho poi finito per allenare una sola stagione e sono stati via via i problemi della prima squadra e anche della stessa società a orientare la mia strada. Sono stati quelli gli anni di Sacchi, di Passarella, poi di Ulivieri. Prima di arrendersi allo stress e dare così le dimissioni, Sacchi aveva avuto comunque il tempo di incidere in società, lui era molto avanti, vedeva sé stesso non tanto come un allenatore quanto un “coach” con altri allenatori che curavano i vari reparti ed è stato così che insomma mi sono avvicinato alla prima squadra. Altro bell’incontro è stato quello poi con Ulivieri, altra personalità forte e appassionata, anche lui mi ha voluto vicino. Un periodo quello in cui cominciavo ad avere anche richieste per allenare tra i prof, prime squadre intendo, quando c’è stato il ritorno come direttore tecnico di Sacchi per un Parma che aveva cambiato obiettivi, con una squadra fatta di giovani. Lì la scelta di Sacchi quale allenatore fu quella pure di un maestro di calcio e chiamò Prandelli. Lui arrivò, era senza collaboratori; con Cesare ci si conosceva sin dai tempi della Juve, accettai la sua proposta di collaborare con lui, è così che è cominciata”. “Sì, ogni tanto l’idea di avere una squadra tutta “mia” m’è anche passata per la testa ma devo anche dire che sin qui (e parlo anche prima di questo mio legame ora con Prandelli) ho avuto modo di non sentirmi mai un semplice “secondo”. Con tutti ho avuto sempre molto spazio e dopo tutti questi anni con Cesare (c’è un rapporto che va ben oltre la cosiddetta collaborazione), ora chi viene a vedere per esempio qualche nostro allenamento vede che siamo ormai al 50% come lavoro, la fase difensiva o quella offensiva, eccetera. Insomma, mi sento considerato. Dopo tanti anni di serie A, inclusi fortunatamente anche gli impegni in Europa, in effetti adesso con la Nazionale respiro un po’ di più. Magari ora lo stress si concentra di quando in quando nei pochi giorni delle convocazioni e delle partite e comunque un po’ mi manca la quotidianità con la squadra. Essere però un po’ più distante ha i suoi pregi, hai magari tempo di riflettere: riflessioni utili per cercare di migliorare. Comunque gli impegni non mancano, te lo assicuro. Intanto la necessità di coprire tutte le partite e di campionato e delle Coppe. Un programma che fissiamo circa ogni due mesi, mettendo in conto anche i vari anticipi e posticipi, che ci l’incontro suddividiamo tra tutti noi componenti dello staff e gli osservatori. Visto che si gioca ormai ogni tre giorni ce n’è di strada da fare. Poi c’è tutto il discorso della collaborazione e della comunicazione con i club; con Prandelli abbiamo vissuto la realtà del club, sappiamo le preoccupazioni che si possono avere nel dare giocatori alla Nazionale, il tipo di lavoro, i test: questione di collaborazione e pure correttezza. Poi c’è tutto il lavoro di scouting sia dei nostri ma anche degli avversari, vedi per esempio le squadre del nostro girone per l’Europeo, cercando di essere sempre aggiornati anche in caso (come è successo con gli azzurri) di nuovi convocati”. “Nelle partite sono lì in panchina. Con Cesare il rapporto è continuo e l’importanza è cercare di non farsi prendere dall’adrenalina, di analizzare per bene quel che succede in campo, magari provando a leggere le singoli situazioni, i singoli reparti, gli eventuali punti deboli, anche quel che magari è utile dire nell’intervallo. Così talmente concentrato che mi accorgo che la tensione la lascio un po’ da parte, mi sforzo insomma di essere il più possibile lucido, analitico, razionale. Sono cose queste che ho imparato negli anni: ho visto che se mi faccio prendere troppo dalla tensione ho meno lucidità e questo vuol dire anche meno rapidità nelle decisioni”. “Rispetto a prima, tutto sommato penso siano cambiati adesso i calciatori. Soprattutto perché è cambiato il contesto, direi prima di ogni altra cosa proprio la comunicazione. Ora si “vede” tutto, c’è una presenza “pubblica” direi totale e dunque anche il modello del calciatore che passa non è più quello di prima. È cambiato anche l’aspetto economico, prima giu- sto un gruppetto i calciatori potevano arrivare a dei contratti molto importanti, ora è una base che si è allargata questa. Quel che non è cambiato più di tanto è che si dimentica che stiamo parlando di ragazzi, spesso poco più di ventenni, mica facile a quell’età avere equilibrio e comportamenti adatti. Fondamentali sono coloro che stanno vicino e attorno a questi ragazzi, sono loro in sostanza a fare la differenza. E te ne accorgi proprio quando incontri giovani calciatori (ci sono, ci sono) che si segnalano per educazione, professionalità, valori morali importanti: vai a vedere chi hanno attorno e fai presto così a spiegarti il perché. Sì, noi in Nazionale ci teniamo molto a questo. L’essere disponibili verso la gente è un dato per esempio importante, vedere per dire un bambino che sorride per un autografo penso faccia bene pure a chi lo firma. In Nazionale ho trovato un gruppo all’altezza, con alcuni calciatori che sotto questo aspetto fanno anche da traino. Chiaro che il primo esempio lo dobbiamo dare noi dello staff e ho sempre visto che quando tu responsabilizzi un giovane, lui ti risponde con maturità. Sì, io sono ancora convinto che quella dei calciatori sia una parte sana del calcio (non è l’unica)”. “Come finiamo? Beh, vorrei qui dire che chi ha fatto il calciatore e poi deci decide di rimanere in questo mondo per fare l’allenatore, dovrebbe sempre cercare di fare riferi riferimento a quella che è stata la sua esperienza, alle cose che gli sarebbe piaciu piaciuto gli venissero dette, anche al modo in cui potevano essere dette. gros Sarebbe credo un grostut so passo avanti per tutto il contesto, sarebbe una crescita generale, gio specie nei settori giovanili, che richiedono pazienza, educazione, po continui rinforzi positivi e non certo degli urlatori, ce ne sono fin troppi in giro che urlano, anche fuori del calcio”. La scheda Gabriele Pin è nato a Vittorio Veneto (Tv) nel gennaio del 1962. Dopo gli anni del settore giovanile con la Juventus (esordio in A nell’ultima giornata della stagione 1979/1980), ha giocato con Sanremese (C1), Forlì (C1), Parma (C1-B), Juventus (A), Lazio (B-A), ancora Parma (A) e Piacenza (A; ultima stagione quella targata 1996/1997): ben 447 le sue partite in campionati professionistici (dati Almanacco Panini). Ha vinto uno scudetto con la Juventus nella stagione 85/85 e sempre con la Juve si è pure aggiudicato una Coppa Intercontinentale; col Parma ha vinto una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa e una Coppa Uefa. Allenatore di prima categoria (la sua tesi al master: “Importanza didattica, equilibrio del centrocampista centrale in alcuni moduli di gioco”), da anni è il cosiddetto “secondo” a fianco di Cesare Prandelli. Una collaborazione iniziata a suo tempo nel Parma e poi confermata sia nella breve esperienza romana (con la Roma) di Prandelli che a Firenze, nonché ora in Nazionale. Sposato, due figli di 23 (Mattia) e 18 anni (Jacopo), “giocano in Eccellenza”, vive a Parma. 15 fifpro di Pino Lazzaro Leo Grosso Presidente della FIFPro Mondo FIFPro: progetti e o per il calcio di d Leonardo Grosso, vicepresidente Aic, è stato eletto presidente della FIFPro lo scorso 10 novembre, a Kuala Lampur in Malesia, nel corso dell’Assemblea Generale della Federazione che riunisce i sindacati dei calciatori professionisti a livello mondiale. Membro del Direttivo della FIFPro dal 1994, Grosso ha avuto per l’occasione un vero e proprio consenso plebiscitario (47 voti su 50) ed è così succeduto a Gerardo Gonzales Movilla, ex presidente del sindacato spagnolo. Righe quelle sopra che sintetizzano una notizia “vecchia” di qualche mese, su cui abbiamo già avuto modo di soffermarci in un precedente numero del Calciatore. Notizia che rimane di per sé comunque freschissima e dunque ecco che in questo numero abbiamo pensato di dedicare un più opportuno spazio sia al nostro presidente mondiale che alla FIFPro. Per quel che riguarda Leo Grosso, pardon, il presidente avvocato Leo Grosso, abbiamo pensato di partire riprendendo in parte quanto ci aveva raccontato per lo speciale volume dedicato ai quarant’anni dell’AssociaClasse 1943, Leonardo Grosso ha giocato con Genoa (A-B), Perugia (B), Spal (B) e Modena (B). Presidente Fifpro Mondo; vice presidente Aic; consigliere federale; fa parte del Consiglio Indirizzo e Vigilanza Enpals. Sposato, tre figli, vive a Genova. zione Calciatori: “40 Consiglieri con l’AIC per il calcio”. Un avvio, questo, che ci sembra utile e significativo: proprio da lì, da quel che racconta 16 Grosso all’inizio della sua carriera da calciatore, è partito quel filo così resistente e appassionato che passo dopo passo lo ha portato fin laggiù, pensa te, a Kuala Lampur, in Malesia! “Avevo 19 anni, di esami di giurisprudenza ne avevo fatto soltanto uno, ma già questo bastava perchè lì nello spogliatoio mi chiamassero “l’avvocato”. E mi chiedevano consigli, come fare questo e quello, anche quelli più vecchi di me. Le cose sono cominciate così e sono poi andate avanti in questa maniera anche perchè di mio ho un po’ questo di farmi carico dei problemi degli altri, è stato direi così un approdo naturale questo mio all’Associazione Calciatori. Partecipavo agli incontri come delegato e così sono poi entrato nel Direttivo. Alla laurea ci sono poi arrivato il primo anno di Perugia (allora in B; n.d.r.), avevo 26-27 anni e ho aspettato un bel po’ prima di fare l’esame da procuratore. Visto che giocavo, sapevo che non avrei potuto subito esercitare la professione e così quel che ho fatto con l’università è stato di prendermela con calma, puntando a far bene esame dopo esame, mirando insomma a dei voti alti. E così è andata dato che sono uscito con lode e medaglia, molto bene insomma. Aggiungo che, nel frattempo avevo fatto anche l’abilitazione all’insegnamento e in effetti l’ho pure fatto l’insegnante, ricordo il periodo che giocavo nella Spal (sempre serie B; n.d.r.). Le “mie” materie sono state diritto del lavoro e sociologia, ho avuto degli incarichi annuali e a Genova mi avevano pure offerto una cattedra ma ho finito per rifiutare”. “Questo mio essere “sindacalista”, diciamo, con un paio di società con cui ho giocato in effetti dei problemi me li ha dati e sempre comunque perchè prendevo le difese di qualche compagno, mai per ragioni mie. È vero, noi a quel tempo partivamo proprio da zero, non c’erano tutele per chi giocava. Dal 1974 consigliere, più di 30 anni adesso che sono vicepresidente, non è che abbia un solo episodio singolo che più degli altri mi sia rimasto dentro. Quel che avverto è che nel tempo il coinvolgimento con l’Associazione per me è via via andato ampliandosi e accelerandosi. Come immagine cerco magari di dare quella di un po’ di fogli lì sulla tua scrivania: all’inizio sono partito con giusto un paio di fogli su cui lavorare; ne spostavo uno e ne arrivava un altro e così via. Adesso mi trovo invece con una pila bella alta di fogli, che continua a crescere, così vanno le cose. Certo, sento il tutto sempre più impegnativo e complesso, per fortuna la passione c’è sempre, continuo a farlo ben volentieri, diciamo con qualche sacrificio in più”. “Una conquista più importante delle altre per quel che riguarda l’Aic (e il tutto vale naturalmente anche per quel che riguarda la FIFPro) non la so indicare. Direi che per quelli che sono i contenuti il primo pensiero potrebbe andare alla pensione, alla liquidazione, alle assicurazioni, all’accordo collettivo, tutte questioni basi- fifpro Un po’ di storia biettivi domani lari che prima non avevamo, ma quel che secondo me, dai e dai, ha un valore fondamentale è il fatto che rispetto agli inizi ora il calciatore non è più un oggetto ma un soggetto. Noi in effetti allora eravamo delle cose, degli oggetti di proprietà di. Oggi invece il calciatore ha la possibilità di scegliere pur non avendo comunque del tutto la libertà degli altri lavoratori. Se a noi dicevano di andare a giocare da qualche parte o andavamo o avevamo finito di giocare. Ecco, non è certo poco avere adesso questa dignità”. “Ho cominciato ad occuparmi di Fifpro dal 1980, da quando diventai vicepresidente dell’Aic e così venni pure delegato a questo settore. Era quello un tempo in cui la Fifpro era in effetti più avanti di noi come Associazione Calciatori, direi soprattutto da un punto di vista concettuale, ricordo per esempio come loro parlassero di libertà contrattuale, cosa questa che non avevamo ancora a quel tempo in Italia. È stata questa una situazione che abbiamo vissuto sino al ’92, era soprattutto uno scambio insomma di idee. La sede della Fifpro era allora ancora a Parigi, ma ci si trovava più che altro a Strasburgo: il primo a darci retta è stato infatti Janssen Van Raay che era parlamentare europeo. Come detto sino al ’92 perché è stato in quel periodo che abbiamo deciso di cambiare, come dire, passo, dando spessore operativo all’organismo. Con me c’erano Taylor (inglese), Piat (francese), Van Seggelen (olandese) e Movilla (spagnolo). Abbiamo puntato subito sostanzialmente su due fattori: darci una struttura (la sede operativa adesso è in un sobborgo di Amsterdam) e cercare di aiutare la nascita di altri “sindacati” in giro per il mondo”. La FIFPro, la federazione mondiale dei sindacati dei calciatori, nasce il 15 dicembre 1965 a Parigi su iniziativa dei rappresentanti delle associazioni dei calciatori francesi, scozzesi, inglesi, italiani e olandesi. Inizialmente lo scopo della FIFPro è quello di coordinare le attività delle diverse associazioni ma, con il passare del tempo e con la sua evoluzione da organizzazione europea a rete mondiale dei sindacati, gli obiettivi diventano sempre più ambiziosi e nel 1995, dopo la famosa sentenza Bosman e la conseguente eliminazione del parametro a fine contratto, viene accettata come controparte istituzionale dall’UEFA, dalla FIFA e dall’Unione Europea. Negli ultimi anni, proprio su impulso della Commissione Europea, la FIFPro ricopre assieme a FIFA ed UEFA un ruolo determinante per la redazione del Regolamento sullo Status ed i Trasferimenti dei calciatori, il testo che dopo lunghe trattative disciplina la delicata materia dei trasferimenti internazionali dei calciatori professionisti e dilettanti. Altra attività importante è quella relativa al cosiddetto “dialogo sociale”, e cioè quel processo iniziato sotto la supervisione e con il finanziamento dell’Unione Europea, mediante cui le varie componenti del calcio stanno negoziando l’istituzione di un contratto collettivo europeo, che è fondamentale in particolare per i calciatori delle federazioni in cui non esiste tuttora né un accordo collettivo né un contratto tipo concordati tra le rispettive associazioni di categoria. Inoltre, la FIFPro è chiamata ad esprimere il proprio parere, a volte vincolante, su problematiche essenziali per il calciatore professionista quali, e solo per citare le principali, la redazione dei regolamenti degli agenti, l’adozione della normativa antidoping imposta dalla WADA, l’utilizzo della tecnologia durante le partite (in particolare sulla linea di porta), l’adozione o meno dei campi in erba sintetica. La struttura Attualmente la FIFPro rappresenta 43 sindacati membri, 8 candidati e 5 osservatori, per un totale di 56 paesi. Nel periodo 1998-2001 si è strutturata in modo da potersi rapportare non solo con la FIFA ma anche con le varie confederazioni continentali (UEFA ecc.) e pertanto, accanto all’organizzazione mondiale diretta da un board composto da 11 rappresentanti, sono state costituite altre quattro divisioni, FIFPro Europa, Sudamerica, Africa, Asia/Oceania, presiedute ognuna da un board di 5 rappresentanti. Organigramma FIFPro e della Divisione Europa FIFPro (56 paesi) - Presidente: Leo Grosso (Italia); vicepresidente: Philippe Piat (Francia); direttivo: rappresentanti di 9 paesi (Brasile, Perù, Camerun, Olanda, Slovenia, Australia, Inghilterra, Danimarca, Spagna). FIFPro Europe (24 Paesi) - Presidente: Philippe Piat (Francia); direttivo: rappresentanti dei sindacati di Portogallo, Inghilterra, Scozia, Italia e Grecia. La “rosa” Europa Membri: Portogallo, Inghilterra, Scozia, Italia, Grecia, Belgio, Olanda, Danimarca, Austria, Ungheria, Slovenia, Cipro, Svizzera, Francia, Russia, Irlanda, Norvegia, Svezia, Finlandia, Polonia, Romania, Bulgaria, Israele. Candidati membri: Serbia. Osservatori: Ucraina, Georgia Africa Membri: Egitto, Sudafrica, Camerun. Candidati membri: Congo, Costa d’Avorio, Marocco. Osservatori: Ghana, Zimbabwe, Namibia, Botswana.Asia/Oceania Membri: Australia, Nuova Zelanda, Indonesia, India. Candidati membri: Malaysia. Osservatori: Kazakhstan, Cina. America Membri: USA, Argentina, Brasile, Uruguay, Perù, Cile, Colombia, Bolivia, Ecuador. Candidati membri: Costarica. 17 fifpro L’Aic nella FIFPro e nelle Commissioni tecniche “Questa mia elezione come presidente la vedo nel segno della continuità per quello che sono andato via via facendo negli anni sul piano del servizio e del lavoro. In effetti in questi anni la Fifpro ha raggiunto un’effettiva rilevanza mondiale, che ha come proprio diretto interlocutore la stessa Fifa. Al nostro interno ci sono poi delle suddivisioni continentali: la Fifpro Europa che si rapporta con l’Uefa e così via per gli altri. Credo che quanto porta avanti la FIFPro sia un lavoro fondamentale anche in chiave interna, di AIC intendo, visto in effetti il provincialismo di questo nostro paese dove crediamo che tutto finisca alle Alpi. Con i processi della cosiddetta globalizzazione, in cui tanto siamo immersi, dobbiamo renderci conto che Fifa e Uefa hanno e avranno sempre maggiore incidenza anche nella nostra realtà italiana”. “Come detto, la Fifpro ha come referente la Fifa, è con essa che si rapporta: per dire, sulle regole sui trasferimenti dei giocatori è già dal 2001 che ci si incontra e lo stesso capita per le altre Fifpro continentali. L’interfaccia per esempio della FifPro Europa è l’Uefa assieme al parlamento europeo, bisogna sempre tenerne conto di questo. Lo stesso collegio che sovrintende alla applicazione delle cosiddette Fifa regulations (sede a Zurigo con i giudici che sono per metà eletti dalle federazioni e per metà dalla Fifpro) è 18 Il vice-presidente AIC Leonardo Grosso è l’attuale presidente della FIFPro, nonché membro del direttivo di FIFPro Divisione Europa, del Trust FIFPro (organismo di controllo della holding commerciale nonché fiduciario dei sindacati affiliati) e del Comitato Strategico UEFA, una struttura a composizione mista che comprende 6 rappresentanti dell’UEFA, incluso il Presidente Michel Platini, 4 delle federazioni nazionali, 4 della FIFPro, 4 delle leghe delle società e 4 dei club europei. L’AIC è inoltre presente nelle seguenti commissioni di lavoro: Stefano Sartori è membro del Regulations Committee, una commissione che si occupa di normativa internazionale, statutaria e regolamentare. Gianfranco Serioli è membro del Financial Committee, che controlla il bilancio della FIFPro istituzione e della holding commerciale ed esprime le proprie valutazioni su tutte le attività che comportano un impegno economico da parte della FIFPro. Il fiduciario AIC avv. Michele Colucci è componente della DRC, la camera di risoluzione delle controversie a composizione mista che ha sede presso la FIFA e che ha la competenza di dirimere contenziosi che abbiano rilevanza internazionale. Infine, Nicola Bosio cura l’organizzazione della selezione italiana che partecipa all’annuale FIFPro Tournament, competizione a cui partecipano le selezioni dei calciatori senza contratto, ed Alessia Chemello partecipa alle riunioni della FIFPro Online Academy, la neo costituita commissione che sta studiando la possibilità di implementare a livello europeo dei corsi di formazione post carriera per calciatori ed ex calciatori. alla Commissione Europea che deve comunque allinearsi”. “Direi che quel che sta avvenendo a livello internazionale è la sua parte curioso. Da una parte nei paesi poco sviluppati in cui si fa fatica ad avere accordi minimali, intendo l’accordo collettivo di categoria e i collegi arbitrali (qui il primo obiettivo è di arrivare intanto almeno a dei contratti minimali: per esempio in tutto l’est europeo non ci sono ancora dei collegi paritari, mentre in Polonia come accordo c’è un semplice modulo unilaterale, senza garanzie). Dall’altra, nei paesi più sviluppati, c’è un fenomeno alla rovescia, in cui si stanno provando a togliere diritti, in un modo che chissà perché viene definito “moderno”. In tutto questo, sul tema della specificità dello sport, ecco il tentativo di Fifa e Uefa - in materia di diritti dei lavoratori e libera circolazione - di non applicare per lo specifico calcio quanto stabilito in materia dal Trattato di Lisbona. Una strada questa che ha come obiettivo quello di togliere ai calciatori determinati diritti. Un qualcosa che non è quindi specifico del panorama di casa nostra, ma una delle battaglie fondamentali che bisognerà affrontare proprio come FIFPro Europa. Per quel che riguarda altre parti del mondo, quel che stiamo cercando è di favorire la creazione di associazioni di categoria sia in Africa che in Asia”. ha scritto per noi di Alessandro Comi Portiere della Salernitana Ciro Polito lo “scugnizzo” pararigori È uno dei pochi portieri che può vantare nel suo palmares di aver parato un rigore ad Alex Del Piero: Ciro Polito, napoletano doc , numero 1 della Salernitana, ha fatto un lungo giro d’Italia prima di tornare a giocare nella squadra dove era calcisticamente cresciuto. Partito giovanissimo a calcare i campi di gioco con la Dinamo Promotion di Napoli, in seguito passa agli allievi del Corsico e cresce nelle giovanili della Salernitana; esordisce in C2 con il Rimini, veste successivamente le maglie di Lucchese, Mantova, Avellino, Pistoiese, Acireale, Catania, Pescara, e poi ancora Catania prima di tornare a Salerno. Ciro Polito è nato a Napoli il 12 aprile 1979. Sposato già all’età di 18 anni con Arianna è papà di Alessia e Vincenzo. La sua storia calcistica parte subito con un aneddoto: giovanissimo, per sbarcare il lunario, fece una pazzia per farsi notare da una società del nord… “E già, avevo solo 15 anni e da Napoli, nel 1994, mi sono trasferito a Milano per giocare negli allievi del Corsico: ero stato seguito da Stefano Capozucca e mister Della Corna che mi vollero subito con loro vedendo in me un portiere dal grande avvenire. Fu certamente una bella esperienza, ma scelsi di tornare a Salerno per giocarmi le mie chance”. Parare un rigore, per un portiere, equivale a segnare una rete. Pararlo, come dicevamo, a Del Piero diventa una di quelle cose da raccontare ai nipotini… “Sicuramente quel rigore rimane uno degli episodi che ricordo più volentieri di tutta la mia carriera: era l’anno della Juventus in serie B ed io giocavo con il Pescara. Da non dimenticare comunque la grande emozione che ho provato all’esordio in serie A in un Catania – Parma (2-0) nel novembre 2006”. Ma la carriera di un calciatore, si sa, è fatta di alti e bassi, di grandi soddisfazioni ma anche di brutte delusioni… “Il mio rammarico più grande è stato aver lasciato dopo 6 anni Catania, una città splendida dove ero ben voluto e dove ho disputato 32 partite in Serie A raggiungendo la salvezza. Purtroppo in seguito a una discussione con la società feci l’errore di chiedere di essere ceduto per orgoglio, poi sono stato anche messo fuori rosa per 6 mesi per una discussione con Zenga, insomma una storia che è finita male. Sono passato al Grosseto e infine sono tornato da dove ero partito, alla Salernitana, arrivando peraltro nel momento peggiore della sua storia societaria con tutti i problemi attuali”. A 32 anni, soprattutto per un portiere, la carriera ha ancora tanto da offrire… “Ora spero di non fallire con la Salernitana, spero poi di tornare ai massimi livelli e riuscire a star bene con la mia famiglia che è la cosa più importante a cui son legato da quando ho intrapreso la mia carriera calcistica e con cui ho condiviso gioie e dolori dall’età di 18 anni. Una grande responsabilità e un grande spirito di sacrificio che mi hanno permesso di mettere subito la testa a posto e intraprendere tutti i successi che ho ottenuto”. scatti di Maurizio Borsari Spiraglio Gol di Wesley Snejider in Sampdoria-Inter 0-2 Controllo nel traffico Robinho in Chievo-Milan 1-2