Pittore olandese - Museo Poldi Pezzoli

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Pittore olandese - Museo Poldi Pezzoli
Pittore olandese
(sec. XVI)
Crocifissione
Tavola, 120 x 77 cm
Donazione H. George Camp (1959) (inv. n. 3263)
Tra le opere fiamminghe e olandesi del museo questa tavola costituisce un pezzo di
particolare interesse, essendo essa espressione di un momento dell’arte dei Paesi Bassi che
molto di rado si trova rappresentato nelle collezioni pubbliche italiane. D’altra parte,
soprattutto in quelle nate da collezioni ottocentesche si riflette il gusto dominante che, nel
caso dei neerlandesi, era tradizionalmente orientato, o verso la pittura del 1600 - il “Secolo
d’Oro” olandese -, o verso quella di Quattro e primo Cinquecento, ossia a dire dei primitivi
fiamminghi. Ma tra questi due momenti, gloria e fama dell’arte dei Paesi Bassi, si colloca la
affascinante e cruciale esperienza di quegli artisti nordici che tentano di parlare la lingua di
Raffaello e Michelangelo, che scoprono il “classico”, varcando confini e scoprendo nuovi
orizzonti. Così, a partire dal 1508, quando Jan Gossaert parte alla volta dell’Italia (prima di
questo evento vi era stato solo il caso di Rogier van der Weiden, in pellegrinaggio a Roma
nel 1450), prende avvio la consuetudine – che non sarebbe più morta - per gli artisti
neerlandesi di compiere un viaggio nella Penisola, verso le mete privilegiate: Roma e
Venezia. Dopo Gossaert, partirono quindi Jan Van Scorel, Pieter Coecke, Michiel Coxcie,
Maarten van Heemskerck e tanti altri che in Italia soggiornarono per periodi più o meno
lunghi (sull’argomento fondamentale il catalogo della mostra tenutasi a Bruxelles e Roma,
Fiamminghi a Roma 1508-1608. Artisti dei Paesi Bassi e del Principato di Liegi a Roma
durante il Rinascimento, Milano 1995). Pittori di spiccata personalità artistica e tecnicamente
dotati, essi seppero rielaborare e tradurre, ognuno in un personalissimo linguaggio, le
esperienze fatte, riportandone i frutti in patria dove ebbe così modo di diffondersi uno stile
nuovo.
Tale premessa è necessaria per capire il sostrato culturale di questa Crocifissione, già
individuata peraltro dalla critica, ma con riferimenti che necessitano di precisazioni. Non è
infatti con artisti delle provincie del Sud dei Paesi Bassi – Pieter Coeck van Aelst (Aelst,
1502 – Bruxelles, 1550), Hendrik van der Broeck (1519-1597 ca.) che lo stile del dipinto
stringe analogie (cfr. Natale 1982), quanto piuttosto con quelli delle provincie del Nord, in
particolare Jan van Scorel (Schoorl, 1495 – Utrecht, 1562) e il suo allievo Maarten van
Heemskerck (Heemskerk, 1498 – Haarlem, 1574). E’ da loro che pare influenzata quella
forma sintetica, quel rapprendere il movimento e il plasticismo entro una grafia incisiva, quel
cristallizzare il paesaggio e l’atmosfera attraverso una costruzione per piani. La
semplificazione della forma è ciò che più colpisce nell’opera, conferendole un fascino
particolare (sul linguaggio rinascimentale degli artisti del Nord dei Paesi Bassi si veda il bel
saggio Le Provincie del Nord in P. Philippot, Pittura fiamminga e Rinascimento italiano,
Torino 1970, pp. 203-211). Il movimento di San Giovanni che si volta, coi capelli al vento e il
manto svolazzante, la posizione della Maddalena col volto scorciato, la qualità plastica del
corpo di Cristo, la cupezza del cielo temporalesco e i colori cangianti, sono tutti elementi che
presuppongono chiaramente l’esperienza del Rinascimento, per quanto acquisita attraverso
le formule stilistiche importate dai maestri più importanti. Infatti, per quanto buona, la qualità
dell’opera non è tale da essere ricondotta al nome di uno di loro, quanto ad un allievo o
seguace. Si ricordi, in proposito, che Van Scorel, una volta ritornato a Utrecht dall’Italia nel
1524, fu alla guida di una grande bottega dove ebbe modo di trasmettere ciò che aveva visto
e appreso dal mondo antico e dai suoi interpreti italiani, e qualche anno dopo (1537) da
Roma sarebbe ritornato il suo allievo Van Heemskerck. Accanto alle novità stilistiche,
evidenti soprattutto in una certa eloquenza teatrale delle figure e in una attenzione ai valori
plastici, sul piano iconografico e compositivo la Crocifissione è al contempo debitrice – ma
questo è naturale e connota anche le opere dei maestri più importanti - del più tradizionale
linguaggio fiammingo come ci dice ad esempio il confronto con dipinti quali la Crocifissione
di Quinten Metsys conservata a Ottawa (National Gallery of Canada; cfr. P. Philippot, La
Peinture dans les anciens Pays-Bas, Paris 1994, p. 124, fig. 125), databile verso il 1515,
nella quale si ritrova tra l’altro la simile figura di Maria ammantata col capo reclinato.
Osservando l’opera di Metsys si coglie inoltre un’affinità nel paesaggio.
La tipologia delle figure e il modo di scorciare i volti lasciano intendere un’affiliazione più ai
modi di Van Scorel che del suo allievo Van Heemskerck, sebbene lo stile di quest’ultimo,
soprattutto nelle opere verso la fine degli anni ’40, mostri un rigorismo di molto avvicinabile
al fare del maestro. Nell’ambito di questa analisi il Compianto sul Cristo morto di Van Scorel
conservato a Utrecht (Centraal Museum; ill. in Philippot, op. cit., p. 212, fig. 233), realizzato
dopo il ritorno dall’Italia, verso il 1535-1540, può costituire un utile esempio. I volti in semiprofilo che qui compaiono di Maria inginocchiata a sostenere il corpo del Figlio e della figura
femminile in piedi alle sue spalle sono molto somiglianti a quello della Maddalena nel nostro
quadro, e non dissimile è anche il modo di panneggiare e di fissare i personaggi nei loro
movimenti. Chiaramente l’opera di Van Scorel mostra una complessità compositiva ed un
compatto intersecarsi di tutti gli elementi del quadro che nella Crocifissione si traducono in
un linguaggio più piano ed elementare (in questo senso si veda di Van Scorel anche la
Crocifissione, pannello centrale di un trittico, nella collezione M. Komter (1923) di
Amsterdam, pubblicata in G. J. Hoogewerff, Jan van Scorel Peintre de la Renaissance
Hollandaise, La Haye 1923, fig. 50). Alla luce delle considerazioni fatte il dipinto può quindi
verosimilmente ritenersi opera di un artista olandese attivo nella scia di Van Scorel e Van
Heemskerck intorno o poco oltre la metà del Cinquecento.
Raffaella Colace
Bibliografia aggiornata al 2004
F. Russoli, Pittura e scultura, in Il Museo Poldi Pezzoli, Milano 1972, pp. 197-288; p. 256.
F. Russoli, Il Museo Poldi Pezzoli in Milano. Guida per il visitatore, Firenze 1978, p. 30.
M.T. Balboni, A. Mottola Molfino, Donazioni al Museo Poldi Pezzoli, Milano 1980, cat. 54.
M. Natale, Museo Poldi Pezzoli. Dipinti, Milano 1982, cat. 225, p. 166.
G. Jansen, B. W. Meijer, P. Squellati Brizio, Repertory of Dutch and Flemish Paintings in
Italian Public Collections. II Lombardy, 2 voll., Firenze 2001-2002; I, cat. 295, p. 187.