per - Camera Civile di Bergamo

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per - Camera Civile di Bergamo
LABIBLIOTECADEL
DIRITTODIFAMIGLIA
CollanadirettadaBrunode
Filippis
1 .L’addebito di responsabilità
nellaseparazione
2.Laseparazionenellafamiglia
difatto
3.Lasolidarietàpostconiugale,
Secondaedizione
4
.Il mantenimento per il
coniuge e per i figli nella
separazione e nel divorzio,
Secondaedizione
5 .Lamediazionefamiliareela
soluzione delle controversie
insorte tra genitori separati
(nuovoart.709terc.p.c.)
6 .L’affidamento dei figli nella
separazioneeneldivorzio
7
.L’esecuzione dei
provvedimenti in materia di
separazioneedivorzio
8 .L’assegnazione della casa
coniugale nella separazione
eneldivorzio
9
.Nullità dei matrimoni e
tribunaliecclesiastici
10.Lecontroversieinmateriadi
filiazione
11 .Il processo di separazione e
divorzio:ritoeprassi
1 2 .Adozione nazionale ed
internazionale
1 3 .Il regime patrimoniale della
famiglia,lacomunionelegale
ediltrust
14.Tutelaedamministrazionedi
sostegno
1 5 .Successioni mortis causa
nella famiglia legittima e
naturale
Diprossimapubblicazione:
L’addebito di responsabilità
nella separazione, Seconda
edizione
MILENAPINIANNALISA
BUONADONNA
BRUNODEFILIPPISPASQUALE
RICCIBRUNOSCHETTINI
IL
MANTENIMENTO
PERILCONIUGEE
PERIFIGLINELLA
SEPARAZIONEE
NELDIVORZIO
Secondaedizione
CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO
MILANI
2013
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PROPRIETÀ
RISERVATA
LETTERARIA
© 2013 Wolters Kluwer Italia
S.r.l Strada I, Palazzo F6 20090 Milanofiori Assago (MI)
ISBN: 9788813315900
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viene
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alla
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del
compiantoBruno
Schettini,
che
aveva
collaborato alla
precedente
edizione e che
oranonèpiùcon
noi.
LABIBLIOTECADEL
DIRITTODIFAMIGLIA
MANUALIDI
AGGIORNAMENTOE
SPECIALIZZAZIONE
PresentazionedellaCollana
Gli operatori del diritto
avvertono l’esigenza di
fruire, per lo svolgimento
dellaloroquotidianaattività,
di opere di facile ed
immediata consultazione, in
grado
di
fornire
la
“soluzione” dei problemi,
laddove vi sia uniformità in
dottrina e giurisprudenza, e,
inmodoaltrettantochiaro,le
diverse tesi, ove tale
uniformitàmanchiovisiano
conflitti non ancora risolti
nelle appropriate sedi, con
indicazione delle ragioni
giuridicheposteasostegnodi
ciascunadiesse.
Essi
hanno
altresì
necessità di conoscere gli
ultimi aggiornamenti e le
evoluzioni legislative e
giurisprudenziali, non solo
nelmodo,purvalido,chepuò
essere fornito da una banca
dati, ma con adeguati
commenti e termini di
riferimento, idonei a rendere
piùcomprensibililenovitàe
ad inserirle nel contesto
generale, rendendole parte
della quotidiana cultura
giuridicaetrasformandolein
strumenti della propria
attivitàlavorativa.
Ciò non può avvenire, né
attraverso
opere
esclusivamente teoriche, né
tramite
“sintesi”
che
impoveriscanoicontenutidel
diritto, ma grazie a volumi
che, senza ridondanze,
riescanoafornireunavisione
generale e completa, nonché
riescano a trarre, da essa,
attraversounpercorsologico,
soluzioni
“in
pillole”,
immediatamenteutilizzabili.
Il diritto è, soprattutto,
sintesi. Sintesi della realtà e
della
complessità,
trasformate nella semplicità
di una regola generale e di
unaconformeapplicazionedi
essa. Allo stesso modo deve
saper operare un libro
giuridico. Esso deve poter
essere letto in più modi e,
ove
occorra,
anche
unicamente dalla parte della
“soluzione”, senza tuttavia
rinunciareadunadescrizione
della complessità e, quindi,
senza prescindere dalla
conoscenzadellateoria.
Aciòdeveaggiungersiche
nessuna branca del sapere è
isolata e che conoscere le
ragioni(adesempiostoriche,
psicologiche o sociologiche)
che stanno intorno a ciascun
precettoenefondanolaratio
o
ne
agevolano
l’applicazione, è importante
per comprendere il precetto
stesso. La comprensione
dellanormavaspessooltrela
sua
interpretazione
strettamente giuridica. Per
questo motivo nei libri della
Collanasonotaloracontenuti
approfondimenti
che
esplorano strade ulteriori e
diverse rispetto a quelle
convenzionali e consentono
allettoreunaconoscenzapiù
piena di ogni risvolto delle
questionitrattate.
Probabilmente
il
gradimento riportato dai
titoli della Collana è dovuto
al fatto che essi hanno
trovato la misura giusta nel
miscelare tali ingredienti e
rispondere alle descritte
esigenzedellettore.
Nonècertamentedifficile,
per la vastità del Diritto di
Famiglia, individuare nuovi
titolichepossanointeressare
il lettore. Vi è, anzi,
l’imbarazzo della scelta. Nel
determinarli, sono state
tenute
presenti,
in
particolare, due esigenze:
pubblicare libri legati allo
svolgimento della quotidiana
attività degli operatori del
diritto e, quindi, volumi che
trattino materie per le quali
vi
sia
un
rilevante
contenzioso;
rispettare
l’originaria
idea
di
“Biblioteca” del diritto di
Famiglia, consistente nel
fornire, al collezionista delle
opere, strumenti che lo
aiutino ad essere un
“familiarista completo”, in
gradodiaffrontarelamateria
conlapadronanzachederiva
da una conoscenza, insieme
generaleespecificaedilpiù
possibilecompleta.
L’estensione del diritto di
famiglianonèincontroversa.
Nei manuali o nelle
enciclopedie, si legge, di
regola, che esso è la branca
del diritto privato che
disciplina il matrimonio, i
rapporti
personali
e
patrimoniali tra coniugi, la
filiazione, i rapporti tra
genitori
e
figli,
la
separazioneedildivorzio.
Nel diritto di famiglia,
pertanto,
pacificamente
rientrano l’adozione (affine
alla filiazione ed anzi, come
adozione legittimante, una
delle forme di essa),
l’esercizio della potestà
genitoriale, la normativa che
protegge la maternità (come
estrinsecazione
e
conseguenza dei rapporti tra
genitrice e figli), le
disposizionidileggerelative
all’amministrazione ed alla
rappresentanza dei figli, da
partedeigenitoristessi(artt.
320 e seguenti del codice
civile).
Postequestepremesse,non
sembra possibile escludere
dal diritto di famiglia il
fenomenodelleconvivenzeo
famiglie di fatto.All’interno
di esso si generano e vivono
dinamichedeltuttoanaloghe
a quelle esistenti nella
famigliamatrimoniale.Come
la materia della filiazione
rientratuttainteraneldiritto
di famiglia, sia per quanto
riguarda i figli legittimi, che
quelli naturali (art. 231-268
cod.civ.),cosìlamateriadei
rapporti tra persone che
costituiscono famiglie, sia
legali, che di fatto, non può
non rientrare nello stesso
settoredistudigiuridici.
Per le medesime ragioni,
una volta affermato che
l’amministrazione
e
rappresentanza dei figli, da
partedeigenitori,èpartedel
diritto di famiglia, è
arbitrario escludere da esso
“la tutela”, che si apre
quando i genitori sono morti
operaltrecausenonpossono
esercitare la potestà, ma ha
sostanzialmente lo stesso
oggetto.
Se si parla di famiglia, il
riferimento non può essere
limitato alla configurazione
atomistica di essa. Non è
possibile ritagliare i confini
del diritto di famiglia
seguendo i contorni del
“vestito di Arlecchino”.
Perché la branca di studio
possa avere la giusta
dimensione,
idonea
a
consentire
un’adeguata
comprensione della realtà, è
necessario che i termini di
riferimento siano anche la
famiglia patriarcale, la
famiglia
allargata,
le
famiglie
ricostituite,
l’impresa o la società
familiare.
In ragione di ciò, deve
essere
riconosciuta
l’inclusione nel diritto di
famigliadelledisposizionidi
legge relative alla parentela,
agli alimenti tra parenti, alla
successione legittima e dei
legittimari.
Quest’ultima
normativa, in particolare,
completa,
estendendolo
anche
al
periodopost
mortem, il quadro dei
rapportideiconiugitraloroe
conlaprole.
La
presenza
della
filiazione nel diritto di
famiglia comporta altresì
l’inclusione della disciplina
giuridica del periodo che la
precede, vale a dire, della
gravidanza (sia per quanto
riguarda la normativa di
tutela che quella relativa
all’interruzione) e della
procreazione assistita, nuova
risorsa
fornita
dall’evoluzione scientifica
per realizzare l’obiettivo
dellafiliazione.
Un altro pregiudizio da
superare è quello che il
diritto di famiglia rientri
unicamenteneldirittocivile.
Vièinfattiun’ampiapartedi
essochesicollocaneldiritto
penale. (Delitti contro la
famiglia, delitti contro
l’assistenza familiare, reati
in tema di interruzione della
gravidanza, reati in tema di
procreazione
assistita,
sanzionipenaliprevistedalla
legge
sull’adozione,
normativa in tema di
violenza familiare ex legge
154/2001,sanzioniintemadi
pubblicazionimatrimoniali).
Il diritto di famiglia ha,
quindi, una dimensione che
supera le classificazioni
tradizionali ed attribuisce a
questa materia una propria
particolarecollocazione.
Volendo proporre una
moderna definizione, si può
direcheildirittodifamiglia
sia “l’insieme delle norme
giuridiche che disciplinano
l’organizzazioneelavitadel
nucleo di aggregazione
determinatodallasceltadiun
compagno,
dalla
procreazione e dalla crescita
della prole, nei vari modi in
cui
ciascuno
intenda
realizzare una o più delle
predette
fondamentali
esigenzeumane”.
Il diritto di famiglia è,
quanto e più di ogni altra
branca,“dirittovivente”,cioè
diritto che entra nella nostra
vita quotidiana ed influenza
la parte più personale ed
importante di essa, nonché è
diritto
in
continua
evoluzione, perché legato al
costume,
alla
politica,
all’etica. Non a caso tutti i
più importanti referendum
che, nel nostro Paese, dagli
anni settanta in poi, hanno
animato la vita pubblica,
infiammato e diviso, hanno
avuto ad oggetto materie
legatealdirittodifamiglia
Niente si modifica così
rapidamente
come
i
presupposti sociali su cui si
basa la normativa del diritto
difamiglia.Daciòderivache
questa disciplina è un
“cantiere
continuamente
aperto”, nel quale le
considerazioni sul diritto
positivo continuamente si
intrecciano con quelle del
dirittoafarsienelquale,ove
si voglia mantenere il diritto
al passo con i tempi, le
riformedevonosusseguirsi.
Daciòderival’opportunità
di continui aggiornamenti e,
quindi, di riedizione dei
volumi che hanno già
incontratoilfavoredeilettori
e le cui precedenti tirature
risultanoperciòesaurite.
ILMANTENIMENTOPER
ILCONIUGEEPERIFIGLI
NELLASEPARAZIONEE
NELDIVORZIO
Introduzione
Il matrimonio determina
l’obbligo reciproco, per i
coniugi,
di
assistenza
materiale.Questodoverenon
cessa con la separazione, ma
si trasforma, per il coniuge
economicamente più forte,
nell’obbligodicorrispondere
l’assegno di mantenimento
eventualmente previsto dal
giudice.
L’obbligodiprovvedereal
mantenimento della prole è
previsto dall’art. 147 del
codice civile. Esso non si
estingue con la separazione
edildivorzio,néterminacon
il raggiungimento della
maggiore età da parte dei
figli, proseguendo fino a
quando gli stessi, entro
termini ragionevoli, non
abbiano raggiunto la piena
indipendenzaeconomica.
La
quantificazione
dell’assegnoneiconfrontidel
partner è regolata da norme
differenti,
per
quanto
riguarda la separazione ed il
divorzio. Nel primo caso,
infatti, il matrimonio è
ancora in vita ed il giudice
detta la disciplina per
trasformare l’obbligo diretto
di assistenza materiale,
vigente in regime di
convivenza,
in
dovere
indiretto, da attuarsi tramite
il versamento di un assegno
periodico. Nel secondo caso,
invece, il matrimonio non è
più in vigore e l’assegno
trova la sua ragione nei
principidellasolidarietàpost
coniugale.
La regolamentazione, in
entrambi i casi (nonché nei
riguardi dei figli), non
determina schemi rigidi o
valutazioni automatiche, ma
lascia
margini
di
discrezionalità applicativa al
giudice. I criteri sono chiari
e, in particolare per quanto
riguarda
il
divorzio,
dettagliatamente precisati,
ma
l’effettiva
quantificazione del dovuto
non può che essere
effettivamente determinata
dall’interpretazione
della
fattispecie compiuta dal
singolomagistrato.
Studi hanno dimostrato
che tale determinazione non
è uniforme e che sussistono
differenze, in alcuni casi di
carattere regionale (e quindi
spiegabili con le differenti
situazioni economiche del
territorio), in altre prive di
apparentegiustificazione.
In ragione di ciò, attuali
tendenze
riformiste,
sostenute da associazioni di
categorie coinvolte nel
problema, vorrebbero che la
legge indicasse criteri più
rigidi o applicasse tabelle,
aritmeticamente legate ai
redditi dichiarati ed al
numerodifigli.
Amioavviso,imarginidi
discrezionalitàdelgiudice,in
fattispecie di tal tipo, nelle
qualiifattoridavalutareele
variabilisonomolteplici,non
possono essere eliminati,
senza far venir meno la
fondamentale esigenza di
adeguare correttamente i
principi di legge al caso
concreto.
Certamente è possibile
ipotizzaresituazionistandard
e,quindi,elaboraretabelledi
riferimento, purché non sia
negataalgiudicelafacoltàdi
adeguarle alla realtà di fatto
odimotivarecompiutamente
sceltediverse.
Il mantenimento del
coniuge di regola avviene
con la prestazione periodica
diunasommadidenaro.Non
puòescludersicheilgiudice,
o le parti in sede
consensuale,
stabiliscano
forme di mantenimento
“miste”, vale a dire
prevedano conferimento di
prestazioni in natura o il
pagamento di bollette e
spese. Il limite, per tale
possibilità, consiste nel fatto
che l’obbligazione derivante
dall’art. 156 c.c. deve essere
certaedeterminata.
La Corte di Cassazione ha
escluso che l’attribuzione in
uso della casa coniugale
possa essere giustificata con
l’esigenza di provvedere al
mantenimento del coniuge.
Tale decisone, tuttavia, non
riguarda la questione della
formadelmantenimento,ma
il titolo in base al quale
l’attribuzione dell’abitazione
è possibile, poiché la
giurisprudenza di legittimità
afferma che esso sussiste
solo in presenza di figli
minorenniomaggiorenninon
autosufficienti(1).
L’importanza dell’assegno
perilmantenimentodeifigli
dovrebbe tendenzialmente
diminuire,
poiché
il
legislatore riformista del
2006 ha previsto, con la
legge 54, la prevalenza del
mantenimento diretto, vale a
dire
della
prestazione
personale,dapartediciascun
genitore a ciascun figlio, di
quanto necessario per la sua
vita, la sua crescita e la sua
istruzione.
L’applicazione di questa
disposizione è, al momento,
ancora marginale, ma è
prevedibile
che
debba
incrementarsi
con
il
diffondersi della cultura
dell’affidamentocondiviso.
Numerosequestioni,legate
almantenimentodelconiuge
e dei figli, sono attualmente
discussedalladottrinaedalla
giurisprudenza.
Questo
volume, come gli altri della
Collana, intende fornire un
quadro
informativo
completo, nonché risposte
interpretative agevolmente
fruibile da parte degli
operatori.
Inmemoriadelcompianto
BrunoSchettini
Orvolgel’annocheormai
il caro Amico e Maestro
BrunoSchettinicihalasciati;
se ne è andato in punta di
piedi, con discrezione e nel
silenzio della sua feconda
laboriosità che lo ha
accompagnato
fino
all’ultimo,incoerenzaconla
sua vita di studioso e di
persona schiva e riservata,
ma attenta al complesso
mondodellerelazioniumane.
A me l’onore e l’onere di
rileggere questo Suo scritto
la cui paternità rimane
immutata ed alla cui
originalitàdipensiero,aperto
sempre
a
nuove
ed
entusiasmanti intuizioni nei
campi
inesplorati
del
pensiero
sistemico/relazionale e dei
suoi rapporti con la
Mediazione Familiare ed il
Diritto,rappresenteràsempre
un innegabile caposaldo per
chiunque vorrà cimentarsi
conquestitemi.
Pedagogista ed acuto
studioso
del
modello
sistemico/relazionale,cultore
del Diritto di Famiglia al
quale si avvicinava sempre
con curiosità e rispetto,
Bruno Schettini ha sempre
affermato una positivistica
ed umanistica fiducia verso
la capacità auto-generativa,
auto-formativa e di autoresponsabilizzazione
dell’individuo quale “essere
relazionale” di fronte alle
conseguenze destabilizzanti
cheiconflittiinterindividuali
possonogenerare,soprattutto
se portati nel contesto
giudiziario della separazione
edeldivorzio.
Il conflitto, soprattutto
quando coinvolge la sfera
dell’affettività più intima
della persona, ed in
particolare il rapporto di
coppia e quello genitoriale,
impone non solo l’obbligo
della riorganizzazione della
quotidianità dei singoli, ma
anchel’accettazionedeiruoli
e
delle
responsabilità
connessi
a
qualsiasi
cambiamento
critico
rientrante nel ciclo vitale
dellafamiglia.
La
trasformazione
esistenziale e funzionale
originata dal conflitto, se
adeguatamentesupportatadal
percorsomediativofamiliare,
da momento di contingente
negatività (spesse volte
lacerante e frustante) può
diventare
momento
di
crescita e di maturazione
personale e funzionale (dalla
conflittualità “improduttiva”
aquella“produttiva”).
È proprio la Mediazione
Familiare, nel pensiero di
BrunoSchettini,lostrumento
privilegiatopervalorizzarele
risorse personali, necessarie
a fare fronte alle sfide insite
in
ogni
cambiamento,
venendo definita (in termini
psico-pedagogici) appunto
“un’opportunità «formativa»
e di aiuto che sostiene
l’autorganizzazione,
la
consapevolezza
e
la
responsabilità delle scelte
operate”(cf.p.5).
Partendo da un’esperienza
personale molto forte e
dolorosa, egli ha saputo
progressivamente infondere
alla Mediazione Familiare,
oltre che alla lettura della
vicenda separativa/divorzile
in uno alla problematica
propria della tutela dei figli
minori,
un
approccio
culturalmente
nuovo,
individuando i punti più
critici
del
conflitto
relazionale: il recupero della
capacità
interlocutoria
negozialetraleparti(siaessa
coppia
coniugale
e/o
genitoriale); la restituzione
di
pari
dignità
e
corresponsabilità alle figure
adulte; la ridefinizione dei
confini e dei ruoli al
sopravvenire di istanze e
bisogni nuovi nonché il
riconoscimento dei bisogni
individuali, ad iniziare dalla
dimensionediaccudimentoe
cura
nonché
crescita
armoniosadeifigli.
Appassionato sostenitore
della Legge n. 56/2006 e in
particolare dell’affidamento
condiviso,
epistemologicamente
interpretato
come
realizzazione di una “sana
bigenitorialità”, ossia come
“esercizio congiunto e
paritario” della funzione
genitoriale(sharedparenting
piuttosto chejointycustody),
Bruno Schettini dimostrava
dimestichezza e capacità nel
muoversi nel campo del
Diritto di Famiglia, senza
mai però tralasciare l’umiltà
dichiedereeconfrontarsicon
chi era del settore; egli ha
saputo valorizzare anche il
rapporto tra Mediazione
Familiare e Diritto e, senza
mai perdere di vista un Suo
interesse
primario,
rappresentatodallatuteladei
figli minori all’interno delle
procedure giudiziarie di
separazione e divorzio, ne
avevasottolineatotreaspetti,
asuodiresalienti:
Primo: l’esercizio della
funzione parentale, per
riuscire a fare fronte ai
bisogni
fisiologici
ed
affettivo/relazionali dei figli
al fine di garantire lo
sviluppo
della
loro
personalità, pur nei contesti
di cambiamenti conflittuali
quali
le
procedure
giudiziarie, non avrebbe
dovuto mai perdere di vista
la sua dimensione culturale,
ossia la dimensione psicopedagogica
propria
dell’accudimentogenitoriale;
ciò perché la “salvaguardia
non retorica dell’interesse
dei figli minori esige equità
ed
adeguatezza
delle
decisioni
anche
nella
prospettivadieventualienon
improbabili disarmonie che
possono sopraggiungere, a
distanza di tempo, dopo la
separazione e il divorzio”
(cf.pag.12).
Secondo:laduplicenatura
relazionale e giuridica della
vicenda separativa/divorzile,
se da un lato escludeva la
visione radicale di una
“totale degiuridicizzazione e
degiurisdizionalizzazione del
diritto di famiglia” in cui la
mediazione avrebbe potuto
porsi come pratica di
“diversion”
e
di
amministrazione “mite” del
diritto”(cf.pag.9),dall’altro
imponeva,perl’adozionedei
provvedimentitemporaneied
urgenti a tutela degli
interessi di figli minori,
l’obbligo deontologico e
professionale del Magistrato
di acquisire una competenza
specificaespecializzata“nel
settore delle scienze del
comportamento
e
dell’educazione” (cf. pag.
19). Ciò per evitare l’azione
giudiziaria si riducesse
all’emanazione
di
“provvedimenti poveri dal
punto di vista psicopedagogico,
cioè
dell’interesse del minore, e
l’affermarsi
di
una
pedagogia
c(o)attiva
all’interno delle aule del
tribunale”(cf.pag.19).
Terzo: la presenza di
professionalità diverse e
complementari, in grado di
offrire un supporto adeguato
d’aiuto nelle situazioni di
conflitti familiari derivanti
da
crisi
portava
a
configurare, nel rispetto dei
reciproci ruoli e funzioni,
anche uno spazio proprio
dell’azione professionale del
Mediatore Familiare che
“comincia là dove non resta,
apparentemente, alcuna via
d’uscitaalconflitto”(cf.pag.
30).
La
maggiore
partecipazione
e
responsabilizzazione
di
entrambi i genitori nei
momenti critici conseguenti
al cambiamento dell’assetto
familiareeconiugaleavrebbe
potuto
trovare,
infine,
ulteriore stimolo ed impulso
con
la
valorizzazione
dell’associazionismo.
Per Bruno Schettini,
associazioni del settore,
come quella dei Padri
Separati o tante altre nel
corso del tempo costituite
allequalinonavevamaifatto
mancare il proprio sostegno,
rappresentavano
uno
strumentodiauto-educazione
in età adulta, di educazione
permanente; servivano a far
cessare le ipocrisie ovunque
esse venissero espresse e/o
sacralizzate ed impedivano
che le violenze perpetrate
all’ombra della famiglia a
danno dei figli e/o della
personapiùdebole,potessero
essere reiterate anche al di
fuori di essa con la
complicità e/o la ignavia di
quanti operano dall’interno
delle
stesse
istituzioni
preposte alla tutela e alla
difesadiessi.
Ilsuosaggioèquantomai
attualeedègiustoriproporlo,
nellaversioneoriginale.
PREFAZIONE
Primocommentoalle
modificheapportatedalla
leggen.219del10dicembre
2012alladisciplinadella
parentelaedel
riconoscimentodeifiglinati
fuoridelmatrimonio
SOMMARIO: 1. Premessa. –2. La
parentela. –2.1 Parentela ed
adozione.
–3.
Il
riconoscimento. –3.1 Commi
dueetre.–3.2Procedimentoin
caso di rifiuto del consenso
(quarto comma).
–3.3
Provvedimenti provvisori e
provvedimenti opportuni. –4.
L’art. 251 c.c. –5. Effetti del
riconoscimento. –6. Modifica
dell’art.276c.c.
1.Premessa
Il
testo
di
legge
definitivamente approvato
dalla Camera dei deputati il
27
novembre
2012,
considerato il numero ed il
rilievodellenormeintrodotte
o modificate, può essere a
buon diritto considerato una
“riforma”dellamateriadella
filiazione. Non si tratta di
una riforma integrale e,
quindi, sarebbe più corretto
parlare di “mini riforma”, se
questo
termine
non
implicasse, magari in modo
implicito,
un
giudizio
riduttivo, che il testo, anche
per il segnale di svolta che
rappresenta in un settore da
tempo non al passo con le
evoluzioni sociali e la
lunghissima attesa che l’ha
preceduto,nonmerita.
Inpassato,sieradettoche
una novella del genere non
veniva varata per l’indiretto
riconoscimento che essa
attribuiva alle “coppie di
fatto” e la conseguente
svalutazione
dell’istituto
matrimoniale. Se questa
affermazione corrispondeva
al vero, si deve ritenere che,
in questa occasione, essa è
stata superata o le posizioni
che la sostenevano sono
divenuteminoritarie.
La riforma è inevitabile
(anche
se
tardiva)
conseguenza
dell’affermazione
della
supremaziadell’interessedel
minore e dei principi
costituzionalidieguaglianza.
Con essa, se non si è
concluso,
quantomenoè
approdato ad una tappa
importanteilpercorsopartito
dalla “criminalizzazione del
bastardo” delle epoche
passate, nelle quali si
riteneva che i figli nati fuori
dal matrimonio fossero, non
l’effettodiabitudinieculture
ipocriteediscriminatorie,ma
lacausadituttiimalisociali
(2).
La riforma del diritto di
famiglia del 1975 cambiò
radicalmente la situazione,
diede all’ingiusto sistema
millenario una vigorosa
spallata, ma richiedeva un
completamento, che solo
oggi è, in buona parte,
avvenuto.
Nel1975,infatti,fuabolita
la distinzione tra figli
legittimi ed illegittimi, ma
essa fu sostituita dalla
dicotomia legittimi-naturali,
i figli furono parificati, ma
solo rispetto al genitore che
aveva
effettuato
il
riconoscimentoenonrispetto
ai suoi parenti, la patria
potestà divenne genitoriale,
ma restò potestà e non
responsabilità,
i
figli
incestuosi rimasero tali e,
salvo ipotesi particolari,
continuarono a non poter
esserericonosciuti.
Il più era stato fatto, ma
ciò che restava ha dovuto
attenderetroppianni,durante
i quali le discriminazioni,
oggi ritenute ingiuste ed
eliminate con larghissima
maggioranza parlamentare,
sonorimasteinvita.
Nel corso di tale periodo,
non sono stati rari gli
interventi
della
Corte
Costituzionale in argomento.
Giàprimadel1975laCorte,
pur partendo dal principio
che tutte le volte che la
norma nominasse, senza
ulteriori specificazioni, i
discendenti, si riferisse
unicamente ai legittimi,
aveva compiuto interventi in
favore dei figli naturali,
nell’ambitodeglispazichesi
riteneva fossero consentiti
dal
precetto
contenuto
nell’art.
30
della
Costituzione, per il quale la
tutela dei figli nati fuori del
matrimonio è soggetta al
limite di compatibilità con i
diritti dei membri della
famiglialegittima(3).
Dopol’annorichiamato,la
Consulta affermò che l’art.
30, comma terzo, della
Costituzione, coordinato con
ilprincipiodiragionevolezza
ex art. 3, implica che il
legislatore, nel determinare
discrezionalmente i casi e i
contenuti
di
giuridica
rilevanza del riconoscimento
della prole naturale nei
rapportifraquestaeiparenti
del genitore non può
discriminareilfiglionaturale
da quello legittimo più di
quantociòsiarichiestodaun
ragionevole bilanciamento
degliinteressiingioco(4).
Successivamente
il
medesimo
organo
costituzionale ha più volte,
nell’individuare discrasie tra
la coscienza collettiva e la
norma,
dichiarato
la
competenza del legislatore
perlasoluzionedelproblema
(5), invitando lo stesso a
provvedere(6).
Da ultimo, si richiama il
provvedimentodel2011,con
ilqualelaCorte,inrelazione
alla
diversa
disciplina
prevista per l’impugnazione
per difetto di veridicità ed il
disconoscimentodipaternità,
ha rilevato l’evolversi della
coscienza collettiva, ma ha
affermato che solo al
legislatore spetta operare il
necessario bilanciamento di
principi(7).
In tale contesto è
finalmente intervenuta la
novelladel2012.
2.Laparentela
La riforma consiste in sei
articoli. Il primo, in primo
luogo, riscrive l’art. 74 del
codice civile, chiarendo che
la parentela sussiste sia nel
caso in cui la filiazione sia
avvenuta all’interno del
matrimonio, sia nel caso in
cuisiaavvenutaaldifuoridi
esso.
In realtà, pur essendo
quanto mai opportuno il
chiarimento,pertacitareogni
possibile voce discorde, non
si trattava di unavexata
quaestio.
È vero che la Corte
Costituzionale, nel 1990 (8),
sostenevala“mancanzadiun
rapporto civile di parentela
trafratelliesorellenaturali”
echeviètuttora(anziviera
prima
dell’approvazione
della novella) una posizione
dottrinale conforme, ma la
maggioranza degli Autori
non
aveva
dubbi
nell’affermare che l’ampia
formula del previgente art.
74 consentiva di ritenere
parentela anche quella
“naturale”(9).
Poiché nel linguaggio
corrente, finanche nei tempi
piùbui,nonsièmaidubitato
cheancheilfiglionatofuori
dal matrimonio sia tale, ove
il legislatore avesse voluto
limitare giuridicamente la
nozionediparentela,avrebbe
dovuto dirlo espressamente.
L’art. 74 c.c., nella
precedente
versione,
affermava invece, senza
alcuna distinzione, che la
parentela è il vincolo tra più
persone che discendono da
uno
stesso
stipite.
L’interprete non poteva che
prenderneattoeritenereche,
in tutti i casi in cui vi fosse
discendenza da uno stesso
stipite, si determinasse
parentela.
Ove ciò non bastasse, si
rilevavache,nellanormativa
codicisticadellasuccessione,
nel capo intitolato “Della
successione dei parenti”, era
disciplinata
sia
la
successione dei parenti
legittimi che di quelli
naturali (art. 566, 573, 578,
579, 580). Il legislatore
stesso, tramite il predetto
dato testuale, espressamente
definiva parenti i parenti
naturali.
Analogamente, elementi
utiliperconsiderareesistente
un rapporto di parentela
ancheincasodidiscendenza
naturale(10), potevano trarsi
dall’art. 148 c.c., che
estendeva agli ascendenti
naturali l’obbligo di fornire
ai genitori i mezzi per
mantenere i figli, quando
questi ultimi ne fossero
sprovvisti, dall’art. 467 c.c.,
che applicava l’istituto della
rappresentazione ai figli
naturali, dall’art. 737 c.c.,
che obbligava i discendenti
naturali alla collazione,
dall’art. 433 c.c. e da altre
analoghe disposizioni. In
modo ancora più diretto
poteva essere richiamata la
parte dell’art. 251, nella
quale ricorreva l’espressione
“parentelanaturale”.
Èaltresìevidenteilrilievo
assunto, dopo la riforma del
1975, dall’art. 261 c.c. che
parificò integralmente, nei
confronti del genitore, figli
legittimi
e
naturali
riconosciuti. Ciò comportava
l’affermazione
della
naturalità come fonte di
rapportogiuridicoparentalee
non vi erano ragioni per
limitare tale riconoscimento
ad una sola tipologia di
rapporto.
La
differente
interpretazione si basava
sull’assoluto
valore
istituzionale del matrimonio
esulfattocheidoveriversoi
figlieranocontenutinelcapo
ad esso relativo e non in
quello
dedicato
alla
filiazione.
Si trattava, pertanto, di
argomenti “ideologici”, che
presupponevano
una
coscienza collettiva quale
poteva esservi nel tempo in
cui
la
convivenza
extramatrimoniale
era
unanimemente deprecata e
l’adulterio costituiva reato
penale, ma non più
sostenibili dopo che la
società
e
la
stessa
giurisprudenza di legittimità
(affermandone
l’assoluta
liceità) avevano mutato
atteggiamento nei confronti
delle “coppie di fatto” (11),
nonché si trattava di
argomenti
(collocazione
sistematica della norma sui
doveri) alquanto deboli dal
puntodivistaesegetico.
A sostegno della tesi
secondo cui i rapporti di
parentela possono derivare
solo dal matrimonio, si
citavaancheilfattochesolo
il matrimonio fornisce
certezzadirapporti,mentreil
riconoscimento di figlio
naturale,
essendo
perennemente soggetto alla
possibilità di revoca per
difetto di veridicità, non
assicura la stessa e, quindi,
non può fondare relazioni
parentalistabili.
Neppure
questa
argomentazione
appariva
però risolutiva, sia perché
anche i rapporti basati sul
matrimonio possono essere
reversibili(es.:accoglimento
di
un’istanza
di
disconoscimento di paternità
presentata nei termini,
divorzio e cessazione dello
statodiconiugio),siaperché
si tratterebbe di un
argomento di opportunità,
nonricompresotraquelliche
più strettamente orientano
l’interpretazione.
Inconclusione,sipuòdire
che la nuova norma, più che
modificare
l’istituto
giuridico della parentela,
ribadisce i contenuti cui la
migliore
attività
interpretativa
era
già
pervenuta. Essa, pertanto,
rappresenta principalmente
unchiarimento,cheponefine
alle residue discussioni o
dubbisulpunto.
2.1Parentelaedadozione
Anche la precisazione
secondo cui la parentela
sorge anche in caso di
adozione di minori è, in
relazione
all’adozione
cosiddetta
legittimante,
pleonastica, poiché l’art. 27
della legge 184/1983, come
modificata, già stabiliva che
l’adottato acquisisse, senza
alcuna differenza, lo stato di
figlio
legittimo
degli
adottanti.
Il problema sorge per
l’adozionedicuiagliarticoli
44 e seguenti della legge
citata, che disciplinano
l’adozioneincasiparticolari.
Da una parte, infatti, la
lettera della nuova legge è
chiara, poiché l’espressione
“figlio
adottivo”
è
indubbiamente
onnicomprensiva.Sinotiche,
subito dopo, essa aggiunge
che restano esclusi i
maggiorenni,adottatiaisensi
degli articoli 291 e seguenti
delcodicecivile.Ilfattoche
sia stata espressamente
indicata un’esclusione sta ad
indicare che non ve ne sono
altre.
Incontrariosirilevachela
disciplina dell’adozione in
casi particolari prevede, con
l’art. 55, l’applicabilità
all’istituto dell’art. 300 c.c.,
secondo il quale l’adozione
non induce alcun rapporto
civile tra l’adottato ed i
parenti dell’adottante, salve
le eccezioni stabilite dalla
legge.
Ilcontrastononèsanabile
in via di interpretazione e
può essere risolto solo
considerando implicitamente
abrogato, per l’adozione in
casi particolari, il richiamo
allaparteinteressatadell’art.
300 oppure ritenendo che la
norma che afferma la
parentela sia una nuova
“eccezione stabilita dalla
legge”.Laprimasoluzioneè
preferibile,
perché
il
riferimento alle eccezioni è
concepibile per singoli e
parziali rapporti e non per
l’interoconcetto.
Se ciò è vero, si tratta di
una novità importante,
perchéavvicinaledueforme
di adozione dei minori
esistenti (legittimante ed in
casi particolari), venendo
incontro ad aspettative e
richieste provenienti dal
sociale.
Si può dire che la nuova
normativa non solo abbia
posto (in buona parte) fine
all’esistenzadifigli“diserie
A” e “B”, come a livello di
pubblica opinione si è
sostenuto, ma sia anche
intervenuta su di una
differenza
tra
istituti
dell’adozione per i quali
venivano adoperate analoghe
formuledicommentocritico.
3.Ilriconoscimento
La modifica operata dal
primo comma dell’art. 250
c.c.
è
esclusivamente
nominale, in quanto, in
conformità con i principi
affermati econ lo spirito
della novella, sostituisce la
dizione “figlio naturale” con
“figlio nato fuori dal
matrimonio”.
Nulla muta nella sostanza
della norma, che riconduce
alla riforma del 1975 ed alle
discussioni che la seguirono,
prima di pervenire alla
conclusione che la donna
sposata può dichiarare,
anteriormente
alla
formazione dell’atto di
nascita, che il figlio da lei
partorito non è stato
concepitodalmarito.
Come è noto, la novella
del1975creòtalepossibilità,
senza tuttavia intervenire
sull’art.253(inammissibilità
di un riconoscimento in
contrasto con lo stato di
figliolegittimo)esulsistema
di presunzioni di cui agli
articoli231eseguenti.
L’apparente contrasto fu
risolto dalla giurisprudenza
affermando che la posizione
soggettiva di figlio legittimo
non si consegue in modo
automatico, per il solo fatto
di essere partorito da donna
coniugata, ma mediante la
formazione dell’atto di
nascita e che la presunzione
di paternità non sorge prima
della formazione dell’atto
stesso e, in particolare, non
sorge qualora la donna
dichiarinell’attocheilfiglio
nonèdelmarito(12).
In tal modo, si attribuisce
alla madre la facoltà di
determinare in un modo o
nell’altro la formazione
dell’attodinascita,senzache
sussistano filtri o controlli
preventivi in ordine alla
veridicità
della
sua
affermazione ( 13). Contro le
dichiarazioni non veritiere
sono tuttavia applicabili i
rimedi
civili
dell’impugnazione
del
riconoscimento e dell’azione
di reclamo di legittimità
(quest’ultima
esercitabile
solo dal figlio) e le sanzioni
penali previste per la falsità
ideologicaexart.483c.p.(o
495).Nonsiconfigurainvece
ilreatodialterazionedistato
(14).
3.1Commidueetre
La novella è intervenuta
sui commi due e tre dell’art.
250 unicamente abbassando
l’etàprevista.
Su questo argomento,
come su tutte le modifiche
apportate all’articolo in
oggetto,
l’accordo
parlamentare era stato già
raggiunto in prima battuta,
come è dimostrato dal fatto
che esso non è stato
interessato dalle modifiche
apportate dal Senato, che
hanno
determinato
la
necessitàdiulteriorelettura.
Ilsecondocommaafferma
che, nel caso in cui un
genitore voglia procedere al
riconoscimento, il figlio che
abbia compiuto quattordici
annidevedareilsuoassenso.
Iltestoprecedenteprevedeva
che questa facoltà spettasse
alcompimentodisedicianni.
Lamodificaèinlineacon
la tendenza, moderna ed
europea,adabbassarel’etàin
cui i minorenni conseguono
le prerogative relative al
raggiungimento
della
maggiore
età
ed
a
riconoscere
anche
parzialmentelestesse.
Inizialmente, ogni facoltà
si conseguiva con la
maggiore età (allora prevista
per il ventunesimo anno di
età), senza tener conto del
fatto che il giovane di venti
anni ed 11 mesi non era
sostanzialmente diverso dal
giovane di ventun anni
compiuti e che l’autonomia
che gli veniva attribuita non
veniva certo acquisita in una
solanotte,maerafruttodiun
percorsoprogressivo.
L’evoluzione
ha
consigliato di estrapolare
singolefacoltà,riconoscendo
al minorenne le sfere di
capacità via via raggiunte e,
quindi,
attribuendogli
differenti possibilità di
assumere
comportamenti
giuridicamente rilevanti a
secondadellasuaetà.
Rientrano
in
questo
schema
le
facoltà
riconosciute dalla legge 22
maggio 1978 n. 194, per la
quale le minorenni possono
attivare la procedura per
l’interruzione
della
gravidanza, dalla legge 18
giugno 1986, n. 291, per la
quale il minore può
esercitare il diritto di
avvalersi dell’insegnamento
della religione cattolica,
dellalegge26giugno1990n.
162,
in
ordine
alla
sottoposizione a programmi
di disintossicazione da
sostanzestupefacenti.
Per
quanto
riguarda
l’assenso previsto dall’art.
250 c.c., la norma avrebbe
potuto colmare la lacuna per
la quale il minore non
riconosciuto
da
alcun
genitorenonha(sesiesclude
l’impugnazioneperdifettodi
veridicità) strumenti per
opporsi al riconoscimento,
tramite il tutore o un
curatore, ma si è limitata a
ridurre di due anni la fascia
di età entro cui il problema
esiste.
In passato, per lo stato di
inferiorità ed emarginazione
in cui il nonriconosciuto si
trovava, si riteneva che il
riconoscimento rispondesse
sempre
e
comunque
all’interesse del minore e
che, quindi, non vi fosse
bisogno di predisporre
ulteriori filtri. Attualmente,
la situazione è mutata ed il
vaglio di un’entità che
rappresenti
il
minore
infraquattordicenne potrebbe
essereopportuno.
L’assenso è un atto
discrezionale del figlio,
senza
il
quale
il
riconoscimento non ha
efficacia.
Poiché
il
riconoscimento
è
irrevocabile e l’assenso può
intervenire in qualsiasi
momento, la mancanza di
esso crea una situazione di
sospensione ed indefinita
pendenza, cui solo il figlio
puòporrefine.
La giurisprudenza ha
affermato che l’assenso, in
tale fattispecie, è “elemento
costitutivo dell’efficacia del
riconoscimento”(15).
Anche la modifica del
terzo comma dell’art. 250
c.c. è consistita unicamente
nell’abbassare il limite di
età. Essa è conseguenza
necessaria della variazione
del primo comma, poiché il
consenso dell’altro genitore
si rende necessario nella
fasciadietàincuinonopera
l’assenso del figlio. Nel
momento in cui è stato
modificatoilprimodato,siè
dovuto mutare anche il
secondo.
Nel
sistema
attuale,
pertanto, lo spartiacque è
rappresentato dai quattordici
annidelfiglio.Primadiessi,
se non vi è stato alcun
riconoscimento, l’atto può
essere compiuto da ciascun
genitore
senza
altre
formalità; se invece un
riconoscimento
è
già
avvenuto,ilgenitoredisesso
diverso può operare il
proprio previa consenso
dell’altro. Dopo tale data, il
consenso non è più richiesto
essendoassorbitoesostituito
dall’assensodelfiglio.
Il rilievo attribuito alla
volontà ed all’autonomia del
minoreèpertantoaccentuato.
3.2Procedimento in caso di
rifiuto del consenso (quarto
comma)
Dall’assenso non si può
prescindere, mentre alla
mancanza di consenso è
possibile sopperire con il
procedimento previsto dal
quarto comma dell’art. 250,
comenovellato.
Con tale norma il
legislatore ha disciplinato in
modopiùpuntaleecompleto
il procedimento, ma ha
perpetuato la criticabile
abitudine di dettare tali
disposizioninelcodicecivile
enonnelcodicediprocedura
(che dovrebbe essere la sede
adeguata), magari attraverso
una complessiva riforma e
definizionedeiriti.
In
precedenza,
la
competenza spettava al
tribunale per i minorenni.
Ora essa, come può leggersi
nel successivo articolo tre
della legge di riforma,
appartiene al tribunale
ordinario.
Dinanzi al tribunale
minorile, il rito applicabile
era quello camerale, di cui
agli articoli 737 e seguenti
delcodicediprocedura(16).
Attualmente il succedersi
delle vicende procedurali è
indicato dalla norma e si
svolge attraverso ricorso,
eventuale opposizione (con
conseguenti assunzione di
informazioni ed audizione
delminore)esentenza.
Deve
considerarsi
applicabile l’art. 38 delle
disposizioni di attuazione,
come novellato, secondo il
quale nei procedimenti in
materia di affidamento e di
mantenimento dei minori si
applicano,
in
quanto
compatibili,gliarticoli737e
seguentic.p.c..
L’onere di iniziare il
processoèattribuito,comein
precedenza, al genitore che
vuole
effettuare
il
riconoscimento.
Un’innovazione consiste
nelfattocheilprocedimento
sisvolgeinmodopiùspedito
sel’altrogenitore,valeadire
colui il quale non ha voluto
spontaneamente prestare il
consenso, si limita a tale
attività “omissiva” e non
interviene in causa. In tal
caso,infatti,laquestionepuò
essere speditamente decisa,
con una sentenza che, se
affermativa, tiene luogo del
consensomancante.
La norma non indica la
possibilità,inquestocaso,di
svolgere una sia pur minima
attività istruttoria, ma, in
baseaiprincipigenerali,tale
facoltànonpuòesserenegata
algiudice,oveeglilaritenga
indispensabile.
Il
procedimento, infatti, si
chiude con una sentenza e,
quindi, con un giudizio di
merito in ordine alla
rispondenza
del
riconoscimento all’interesse
delfiglio.
Se invece il genitore che
non ha prestato il consenso
propone opposizione nel
termine previsto (trenta
giorni dalla notifica del
ricorso), il procedimento si
svolge sulla base dei poteri
officiosi che la nuovanorma
attribuisce al giudicante (17)
(assunzione di informazioni,
audizione del minore),
sfociando ugualmente in una
sentenza,laquale,secondola
lettera della legge, sia
vecchia che nuova, “tiene
luogo
del
consenso
mancante”.
Il
minore
infraquattordicenne (solo al
di sotto di tale età può
attuarsi il procedimento ex
art. 250/4 comma, essendo
altrimenti il riconoscimento
subordinato
soltanto
all’assenso) deve essere
ascoltato, se ha compiuto
dodici anni o è comunque
capace di discernimento. La
norma è ispirata ai principi
generali ormai vigenti e
ricalca quanto stabilito
dall’art. 155 sexies c.c.,
dettato
in
tema
di
affidamento condiviso dei
figli nella separazione e nel
divorzio.
Inordinealruolodelfiglio
nel
procedimento,
il
legislatore della novella
avrebbe
potuto
maggiormente valorizzare
l’affermazionedellasentenza
costituzionale del 2011 ( 18),
secondo cui lo stesso è parte
nel giudizio di opposizione
(conrappresentanzadiregola
affidata al genitore e con
possibilità di procedere alla
nomina di un curatore) (19).
E-gli ha invece seguito la
giurisprudenza di legittimità
successiva alla pronuncia
costituzionale
ma
antecedente rispetto alla
novella, la quale, pur non
negando tale qualità del
minore, ha di fatto tratto da
essa solo la giustificazione
dell’inderogabilità
dell’audizione
(20).
Analogamente, l’art. 250/4
modificato non afferma che
il minore deve costituirsi in
giudizio tramite il genitore
chel’hagiàriconosciutooun
curatore
speciale,
ma
ribadiscecheeglideveessere
ascoltato.
L’obbligatorietà
dell’audizione del minore in
questa fattispecie non è
comunque
una
novità,
essendo stata costantemente
interpretata in tal senso la
formula “sentito il minore”,
contenuta
nel
testo
precedente(21).
L’art.
250/4
precedentemente
vigente
espressamente
richiedeva
l’intervento del PM. Il fatto
che la norma attuale non
abbiaripetutotaleprevisione
non deve però essere
consideratacomeespressione
d iuna volontà contraria. A
prescindere dal fatto che sia
menzionato o meno da una
norma specifica, l’intervento
del Pubblico ministero resta
comunque fondato sull’art.
70,n.3c.p.c.(22).Vièpoila
generale previsione del
novellato art. 38 disp. att.
c.c.,secondoilquale,intutti
i procedimenti in materia di
affidamento e mantenimento
dei minori, il tribunale
provvededopoaversentitoil
PM.
La novella non precisa
qualesial’interessedelfiglio
che può giustificare, nel
merito, il rigetto dell’istanza
di riconoscimento. Deve
continuare a ritenersi valida
laprecedentegiurisprudenza,
secondo la quale il
riconoscimento della prole
naturalecostituisceundiritto
soggettivo sacrificabile solo
in presenza di un pericolo di
danno gravissimo per lo
sviluppo psico-fisico del
minore(23).
Non essendo intervenuta
alcunanuovadisposizione,si
può ritenere tuttora operante
la giurisprudenza che, nel
ribadire che l’indagine sulla
veridicitàdelriconoscimento
non fa parte del giudizio, ha
tuttavia sostenuto che essa
può essere attuataincidenter
tantum,
in
caso
di
contestazioni
della
controparte, per verificare la
legittimazione attiva del
richiedente(24).
3.3Provvedimenti provvisori
eprovvedimentiopportuni
Lo schema che la nuova
normativa detta per i
provvedimenti provvisori ed
urgenti richiama quanto
previsto
in
sede
di
separazioneodivorzio.
A differenza, tuttavia, di
quanto avviene in tali
procedimenti, l’emissione è
eventuale,
essendo
subordinata al prevedibile
esito del giudizio ed alle
peculiaritàdelcaso.
Ilfinecuiiprovvedimenti
sono destinati consiste nell’
“instaurare la relazione”,
valeadirenelpreparare,con
la dovuta gradualità e
cautela,ilminore,affinchéil
rapporto con un genitore,
magari fino ad ieri
sconosciuto, parta nel modo
giusto.
Se l’opposizione appare
palesemente fondata, vale a
diresegliargomenticheessa
porta lasciano presagire il
rigetto
dell’istanza
di
riconoscimento,
nessun
provvedimento provvisorio
deve
essere
emesso.
Ugualmente non vi è
necessità di provvedimenti
oveilgenitorecheeffettuail
riconoscimento ed il figlio
già si conoscano e si
frequentinoinmodopacifico.
Spetta pertanto al giudicante
stabilire, non solo quali
provvedimenti
debbano
essere adottati, ma anche
“se”debbanoesserlo.
La norma, a differenza di
quanto accade per i
“provvedimenti opportuni”
da emettere con la sentenza
(successivamente
disciplinati), non precisa se
tra le misure provvisorie ed
urgentipossanoesservianche
disposizioni di carattere
economico. La risposta, in
sede di interpretazione, ben
puòesserepositiva,inquanto
non vi è ragione per
escludere tutto ciò che possa
favorire l’instaurazione della
relazione ed in quanto la
stessa espressione “urgenti”
facilmentesiadattaproprioa
misure di carattere o
rilevanzaeconomica.
Il fatto che la finalità dei
provvedimenti provvisori sia
indicata
in
rapporto
all’instaurazione
della
relazione induce a ritenere
che,diregola,essinonsiano
un’anticipazionedellemisure
che saranno emesse con la
sentenza,comeavvieneperi
provvedimentiemessiinsede
di separazione personale dei
coniugi o divorzio. Non si
ravvisano tuttavia ragioni
perché, qualora ciò sia
opportuno nell’interesse del
minore, possano assumere
talefunzione.
L’interanormativaatutela
delminoretendeadessere(e
l’affido condiviso ne è
esempio) sempre più duttile,
per perseguire il fine
sostanziale dell’interesse del
medesimo e sconsiglia
interpretazioni rigide o
letterali che siano in
contrastoconesso.
Laletturadelsoloarticolo
250 può lasciare dubbi
sull’esecutività
dei
provvedimenti ivi indicati,
non
essendo
automaticamente applicabili
alla fattispecie né l’art. 189
disp. att. c.p.c., né l’art. 741
c.p.c.. Ove tuttavia i
provvedimentiinquestionesi
considerino rientrare nel
noverodeiprovvedimenti“in
materia di affidamento e
mantenimentodeiminori”,il
problema è risolto dall’art.
38
disp.
att.,
che
espressamente ne prevede
l’immediataesecutività.
I
“provvedimenti
opportuni
in
relazione
all’affidamento
ed
al
mantenimento del minore”
devono essere dati con
sentenza.
La norma novellata fa
riferimentoall’art.315bised
all’art. 262 c.c.. Il primo
richiamo deve essere inteso
come indicazione di principi
s ucui fondare la decisione,
mentre il secondo, oltre a
svolgere
la
medesima
funzione in relazione al suo
oggetto, indica una tipologia
diprovvedimentidaadottare,
valeadireimponealgiudice
di includere nella sentenza
disposizionisulcognomedel
figlio.
L’art. 315 bis è norma
integralmente nuova, che
indicaalcuniprioritaridiritti
ed un dovere del minore. Il
richiamo
ad
esso
è
opportuno, anche se, in
materia di affidamento,
sarebbe stato opportuno
anche un riferimento al
valore della bigenitorialità,
contenuto nel primo comma
dell’art. 155 c.c., poiché tale
ultima norma, pur dettata in
tema di separazione dei
coniugi, detta un principio
generale, pertinente ed
applicabileallafiliazione.
Il riferimento all’art. 262
c.c.consentedirisolverecon
ununicoprocedimentoanche
le problematiche relative al
cognome che il minore
riconosciuto deve assumere.
Su tale argomento la nuova
legge non ha apportato
modifiche e continuano
pertanto ad applicarsi le
disposizioniinvigore.
L’ultimo comma dell’art.
250,
come
novellato,
consente di derogare alla
disposizione
precedentemente
vigente
secondo la quale il
riconoscimentodelfiglionon
potevaesserefattodachinon
avesse compiuto sedici anni.
Ciò poneva il minore (ove
entrambi i genitori si
trovassero
in
questa
condizione oppure ove uno
solo dei due volesse operare
il riconoscimento) nella
condizione
di
vedersi
sottoposto
ad
un
procedimento
per
la
dichiarazione dello stato di
abbandono e, quindi, di
adottabilità, con conseguente
applicazione del rimedio
previsto dall’art. 11 della
legge184/1983(“Nelcasodi
non riconoscibilità per
difettodietàdelgenitore,la
procedura è rinviata anche
d’ufficio sino al compimento
del sedicesimo anno di età
delgenitorenaturale,purché
sussistano le condizioni
menzionate nel comma
precedente”).
Taleultimanormarestain
vigore per il caso che il
giudice non autorizzi il
“prematuro”riconoscimento.
Inpassatosiaffermavache
il divieto era fondato sul
fattocheilminorenonaveva
la capacità per comprendere
il valore dell’atto da
compiere e che bisognava
pertanto
attendere
il
completamento
della
formazione
della
sua
personalità.
Questa motivazione non
appare attualmente disattesa,
in quanto la riduzione
dell’etàèsubordinataaduna
valutazione del giudice, che
tengacontodituttiivaloriin
gioco.
4.L’art.251c.c.
L’incesto era punito già
nel diritto romano. Nel
periodoilluministailreatofu
abolito,
per
essere
ripristinato dal codice sardo
pre-unitario e dal codice
Zanardelli del 1889, il quale
tuttavia puniva solo la
relazioneincestuosa.
L’attuale codice penale
punisce l’incesto unicamente
se commesso “in modo che
nederivipubblicoscandalo”.
Tale discutibile scelta, che
sembra non voler perseguire
ilfattoinsé,mal’immagine
pubblicadiesso,erainlinea
con le disposizioni civili
vigenti prima della novella.
Il riconoscimento di un
figlio, infatti, è un atto che
non resta nella sfera
strettamente privata ma
assume pubblica rilevanza e,
pertanto, sembrava giusto
dovesse essere sanzionato
conl’inammissibilità.
La modifica di legge ha
finalmente
assicurato
all’interesse del figlio la
prevalenza su ogni altra
valutazione (e quindi anche
sull’ingiusto
concetto
secondo cui le colpe dei
genitori devono ricadere sui
figli).
Nonpuòdirsi,tuttavia,che
la parificazione dei figli sia
completa e che ogni
discriminazione sia stata
abolita. La norma, infatti,
prevede,
per
il
riconoscimento di figli nati
da persone legate da stretti
vincoli di parentela o
affinità, l’autorizzazione del
giudice, che non è invece
necessarianeglialtricasi.
La disposizione di legge
può
giustificarsi
con
l’opportunità di tutelare il
minore stesso, perché la
situazione
ambientale
potrebbe essere tale da
rendere
per
lui
pregiudizievole
il
riconoscimento. Essa resta,
tuttavia,unadiscriminazione,
perché
la
completa
parificazione si avrà solo
quando tutti i figli, in
relazione ad un medesimo
atto, avranno lo stesso
trattamento,senzacondizioni
osubordinate.
Costituisce un indubbio
progresso
l’eliminazione
della terminologia “figli
incestuosi”. Tuttavia, finché
solo ad essi sarà riferito uno
specifico articolo del codice,
continueranno a costituire
una
categoria
e,
verosimilmente, ad avere un
nome che indichi una loro
peculiarità
o
diversità
nell’ambito del genere
“figli”.
La norma non indica le
formecheilprocedimentodi
autorizzazione
deve
assumere.
Anche in questo caso
occorre far riferimento
all’art.38disp.att.c.c..Tale
disposizione,
nella
precedente
formulazione,
affermava, con riferimento a
tutte
le
fattispecie
considerate,cheinognicaso
il
tribunale
doveva
provvedere in camera di
consiglio. Attualmente, con
formula apparentemente più
restrittiva, essa detta lo
stesso principio, in ordine ai
“procedimentidiaffidamento
e mantenimento” dei minori.
Sembra tuttavia possibile,
considerato il contesto,
ritenere che l’interpretazione
possa essere più ampia ed
applicarsi
anche
a
procedimenti
non
strettamente riferiti ad
affidamentoemantenimento.
La modifica dell’art. 251
e, quindi, la possibilità di
riconoscimento per i figli
nati da persone con stretti
vincoli di parentela non era
contenutaneltestoapprovato
dalla Camera, in prima
lettura, il 30 giugno 2011.
L’inserimento dell’ulteriore
disposizione è stata oggetto
di vivaci polemiche e di
commenti negativi, da parte
di
alcune
componenti
politiche, all’indomani della
definitivaapprovazione(25).
5.Effettidelriconoscimento
Il secondo ed il terzo
comma dell’art. 258 del
codice civile sono rimasti
invariati.Ilprimocommaha
subito una modifica, piccola
dal punto di vista lessicale,
maassaisignificativasottoil
profilo
sostanziale.
All’originaria
previsione,
secondo
cui
il
riconoscimento
produce
effetti (solo) nei confronti
delgenitorechelocompie,si
è infatti aggiunto: “… e
riguardoaiparentidiesso”.
In tal modo, il minore, al
momento e per effetto del
riconoscimento, non solo
acquisisce un genitore che
assume ogni obbligo di
mantenimento, istruzione e
cura, nei suoi confronti, ma
consegue una molteplicità di
rapporti parentali, pari ai
rapportidelgenitorestesso.
Anche in questo caso, la
novellalegislativarisolveun
problema
interpretativo
controverso in dottrina.
Secondo alcuni Autori,
infatti,
la
vecchia
formulazione non intendeva
evitare la nascita di una
parentela naturale, bensì
escludere
che
il
riconoscimento
potesse
estendersi all’altro genitore
(26).
Contalevisionerestrittiva
si intendeva espungere tale
norma dal novero di quelle
utili per la soluzione del
problema dell’esistenza di
una parentela naturale e del
suo avverarsi a seguito del
riconoscimento, lasciando
spazio a quelle che
suggerivano una soluzione
diversa(27).
La
normativa
precedentemente
vigente
altresìfacevasalviglieffetti
nei confronti di persone
diversedalgenitore,“previsti
dalla legge” e, quindi, quale
che fosse l’interpretazione
prescelta, consentiva di
individuare ipotesi in cui il
riconoscimento
potesse
consentirecollegamentitrail
figlio riconosciuto ed i
parentidelgenitore.
Attualmente il sorgere di
un vincolo giuridico non è
più controverso ed è
illimitato.
Le conseguenze della
novella
investono
in
particolare
la
materia
successoria,
comportando
immediata
abrogazione
implicita di alcuni articoli
(578,579,580)emodificadi
altri, relativi ai rapporti tra
parenti (ex) naturali. In
relazione a tale aspetto,
infatti, l’equiparazione dei
figlielamodificadell’art.74
non presuppongono, per
determinare i propri effetti,
l’emanazione dei decreti per
iqualiilGovernoharicevuto
delega,nérestanosospesein
attesadiessi.
6.Modificadell’art.276c.c.
Il legislatore della novella
ha stabilito che, nel codice
civile, le parole figli
legittimi e figli naturali,
ovunque ricorrano, siano
sostituite con “figli”. In
conseguenza di ciò, quando
hadovutoriferirsiagliunied
agli altri (art. 74 e 250), ha
adoperato
l’espressione
“filiazione all’interno del
matrimonio”e“aldifuoridi
esso”.
Perché il precetto possa
avere pieno significato,
l’abolizione del termine
“naturale” dovrebbe riferirsi
ad ogni altro rapporto
conseguenteallafiliazione.
L’art. 276 novellato
conserva invece il termine
“naturale”, riferito alla
paternitàedallamaternità.
La modifica che la nuova
legge determina consiste
nell’assicurare un’ulteriore
possibilità di esperimento
dell’azione.
Precedentemente,
infatti,
dopo la morte del genitore,
essa poteva essere esercitata
solo inpresenza di eredi.
Attualmente, se non ve ne
sono,èprevistalanominadi
uncuratorespeciale.
L’azione
per
la
dichiarazione giudiziale di
paternità o maternità, come
stabilito dall’art. 270 c.c.
(norma non modificata
dall’ultima riforma), è
imprescrittibile riguardo al
figlio. Con la nuova
formulazione dell’art. 276,
l’imprescrittibilità è stata
rafforzata e tutelata anche
dopolamortedelgenitore.
CAPITOLOI
IMUTAMENTIDELLA
FAMIGLIAEL’OBBLIGO
DIMANTENIMENTODEL
CONIUGEEDEIFIGLI
SOMMARIO:1.Daldirittoromano
al Codice civile del 1942. La
potestà delpaterfamiliascome
elementocardinedellafamiglia
eilmantenimentodellamoglie.
– 2. Il principio di parità tra i
coniugi nella Costituzione e
nella giurisprudenza della
Corte Costituzionale fino al
1975.
–3. I principi di
eguaglianza e solidarietà
coniugale, e l’obbligo di
contribuire ai bisogni della
famiglia, nella riforma del
1975. –4. L’istituzione del
divorzio e i suoi effetti
economici.
–5.
Il
mantenimento dei figli. Dalla
soggezioneallapotestàpaterna
al riconoscimento di diritti
soggettivi. –6. Eguaglianza ed
autonomia dei soggetti, nella
famiglia
attuale.
La
condivisione
ed
equa
ripartizione
delle
risorse
economiche della famiglia e la
tutela
dei
soggetti
economicamentepiùdeboli.
1 .Dal diritto romano al
codice civile del 1942. La
potestà del pater familias
come elemento cardine della
famiglia e il mantenimento
dellamoglie.
Il mantenimento del
coniuge e dei figli segue nei
secoli l’evoluzione dell’
“istituzione” famiglia e dei
rapporti
tra
i
suoi
componenti, condizionati dai
mutamenti
sociali
ed
economici.
Nel diritto romano la
familiaproprioiuresibasava
sulla soggezione alpater
familias, che esercitava la
s u apotestas sui sottoposti,
fossero essi o no parenti di
sangue.
La famiglia rappresentava
non solo un complesso di
persone, ma anche l’insieme
di beni che facevano capo al
pater, padrone assoluto nella
domus(28).
In origine, quando la
donna romana si sposava,
passava dal potere assoluto
del proprio padre (manus) a
quello del marito (sesui
iuris), oppure del suocero
( m a t r i m oni ocum manu).
Successivamente, tra la fine
dell’età repubblicana e i
primi secoli dell’impero
romano (dalla seconda metà
delIVsec.a.C.allaprimadel
III°), la struttura della
familia si modificò (29) e la
donnaacquistòunamaggiore
autonomia,
sia
per
l’affermarsi del matrimonio
sinemanu,doveladonnaei
suoi
beni
restavano
all’interno della famiglia
d’origine, che per il
riconoscimento a suo favore
del diritto di ereditare e fare
testamento.
Ilgradualericonoscimento
della capacità di esercizio di
alcunidiritticomportòperle
donnelapossibilitàdigestire
ed amministrare il proprio
patrimonio. Tuttavia, le
donne sprovviste di parente
maschile,
che
potesse
esercitare su di loro il
proprio
potere,
erano
costrette ad avere un tutore.
La tutela perpetua era un
istituto coerente con le
caratteristiche di un sistema
politico e sociale basato sul
principiochelagestionenon
solo della vita collettiva ma
anche
del
patrimonio
familiare
era
compito
esclusivamentemaschile.
Ilmaritoavevaildirittodi
esigere dalla moglie rispetto
ed obbedienza e di essere
assistito “nel governo delle
cose domestiche e negli
acquisti”;lamogliedalcanto
suo aveva diritto ad esigere
dalmaritoilmantenimentoe
la “difesa dagli altrui
oltraggi”.
Durante il Medioevo la
donna continuò a rimanere
soggetta agli interessi del
gruppo
familiare
di
appartenenzaeacostituireil
bene di scambio di maggior
valore, assumendo ulteriore
rilevanza la dote che veniva
pagata dal padre della sposa
per fornire i mezzi per il
mantenimento della nuova
famiglia.L’istitutodelladote
è rimasto nel nostro
ordinamento fino all’entrata
in vigore della riforma del
dirittodifamigliadel1975.
Dopolaproclamazionedel
Regno d’Italia, nel codice
civile emanato nel 1865
rimase
la
posizione
subordinata della donna al
marito (30). L’art. 131
affermava che “il marito è
capo della famiglia: la
moglie segue la condizione
civile di lui, ne assume il
cognome, ed è obbligata ad
accompagnarlo
dovunque
egli creda opportuno di
fissareresidenza”, e ai sensi
dell’art. 134 le donne non
potevano compiere atti
giuridici
di
contenuto
economico
senza
l’autorizzazione del marito
(31).
L’istituto
dell’autorizzazione maritale
(32) era presente anche nel
codicediNapoleone(33) del
1804, ma nel sistema
francese vigeva il sistema
della comunione dei beni tra
i coniugi, che proteggeva
maggiormente la donna. Il
codice italiano del 1865,
invece, manteneva il sistema
della separazione dei beni,
anche in presenza di dote
d e l l asposa, che con il
matrimonio diveniva di
esclusiva proprietà del
marito.
A riparazione di tale
spoliazione di beni, era
sancito il dovere del marito
“di proteggere la moglie, di
tenerla presso di sé e
somministrarle tutto ciò che
è necessario ai bisogni della
vita in proporzione delle sue
sostanze”(art.132).Peraltro,
la moglie doveva contribuire
al mantenimento del marito,
se questo non aveva mezzi
sufficienti.
L’obbligazione del marito
“di
somministrare
gli
alimenti alla moglie” veniva
a cessare“quandolamoglie,
allontanatasi senza giusta
causa
dal
domicilio
coniugale,
ricusi
di
ritornarvi. Può inoltre
l’autorità
giudiziaria,
secondo le circostanze,
ordinareaprofittodelmarito
e della prole il sequestro
temporaneo di parte delle
rendite parafernali della
moglie”(art.133).
Il codice civile del 1942,
approvato con Regio decreto
legge16marzo1942,n.262,
mantennelaconcezionedella
famiglia
fondata
sulla
subordinazione della moglie
al marito, sia nei rapporti
personali che in quelli
patrimoniali,
sia
nelle
relazioni di coppia che nei
riguardideifigli.
L’art.144delcodicecivile
del1942(“Potestàmaritale”)
aveva contenuto identico
all’art. 131 del codice del
1865, così come l’art. 145
(“Doveri del marito”) era
identicoall’art.132.
In un sistema sociale e
familiare
fondato
sull’affermazione
della
diseguaglianza dei coniugi,
risultava
conseguente
prevederecheilmaritoaveva
il dovere di somministrare
alla moglie, in proporzione
alle sue sostanze, “tutto ciò
che è necessario ai bisogni
della vita” (art. 145, primo
comma, cod. civ. 1942),
indipendentementedaimezzi
di cui la stessa disponeva,
mentrelamoglieeratenutaa
contribuire al mantenimento
del marito solo se questi era
privo di “mezzi sufficienti”
(art. 145, secondo comma,
cod.civ.1942).
La separazione personale
potevaesserechiestasoloper
determinate cause (adulterio,
volontario
abbandono,
eccessi, sevizie, minacce o
ingiurie gravi), e non era
ammessa per l’adulterio del
marito, salvo che il fatto
costituisse un’ingiuria grave
per la moglie (art. 151 cod.
civ.1942).Ilconiugechenon
avevacolpanellaseparazione
personaleconservavaidiritti
inerenti alla sua qualità di
coniuge,
purché
non
incompatibili con lo stato di
separazione.
L’art. 156, primo comma,
ponevaacaricodelmarito,in
regime
di
separazione
consensuale senza colpa di
nessuno
dei
coniugi,
l’obbligodi somministrare
alla moglie tutto ciò che era
necessario ai bisogni della
vita,indipendentementedalle
suecondizionieconomiche.
Il codice civile del 1942
prevedeva come unico
motivo di scioglimento del
matrimonio la morte di uno
dei coniugi, ed esprimeva
perciò
il
principio
dell’indissolubilità
del
matrimonio.
2.Il principio di parità tra i
coniugi nella Costituzione e
nella giurisprudenza della
Corte Costituzionale fino al
1975.
L’Assemblea Costituente
(34) abolì con l’art. 3 ogni
discriminazione fondata sul
sesso.
Con
l’approvazione
dell’art. 29 (35), il 23 aprile
1947, venne abolita la figura
del capo famiglia e si
riconobbe pari dignità ai
coniugi,
ponendo
così
termine ai molti millenni di
patriarcato, sostenuto dal
diritto romano e dalle
successivecodificazioni.
I principi posti dalla
Costituzione repubblicana
rimasero tuttavia inattuati
per molti anni, in quanto i
rapporti familiari furono
disciplinati fino alla riforma
del 1975 dalle norme del
codiceciviledel1942.
La dottrina prevalente
all’epoca
giustificava
l’ordinamento
gerarchico
familiare anteriore alla
Costituzione
come
compatibile con il principio
di eguaglianza espresso
dall’art. 29 Cost., stante la
necessità di temperare tale
principio con l’esigenza
primariadimantenerel’unità
dellafamiglia(36).
Per lungo tempo anche la
giurisprudenza della Corte
costituzionale non concesse
alcuna significativa apertura
all’effettiva applicazione del
principiodieguaglianzatrai
coniugi,edanziinnumerose
pronunce ribadì il necessario
affievolimento
di
tale
principio al fine di
salvaguardare
una
concezione antica della
famiglia,eilruolodelmarito
quale garante dell’unità
familiare(37).
Un
vivace
dibattito
giurisprudenziale si sviluppò
anche
sulle
differenti
previsioni contenute negli
artt. 144, 145, e 156, primo
comma, laddove si riteneva
sussistere una disparità di
trattamento economico fra i
due
coniugi
e
una
conseguente situazione di
ingiustificato
vantaggio
(economico)perlamoglie.
La Corte costituzionale,
nel 1967, ritenne che “la
disposizione denunciata – in
riferimento all’art. 144,
primo comma, c.c. - non
contrasti con la Costituzione
poiché la diversità della
distribuzionedeglionerifrai
due
coniugi
trova
fondamento nella diversa
posizione che il vigente
Codice di diritto privato,
ritenendola necessaria ad
assicurare l’unità della
famiglia, conferisce loro e
che
si
concreta
nell’attribuire al marito
(oltre che l’esclusività
dell’esercizio della "patria
potestà"suifigli)latitolarità
di una "potestà maritale",
alla quale connette una
ampia serie di particolari
poteri, tali da porlo in
posizionedipreminenzasulla
moglie.…Apparechiaroche
nel sistema del Codice i
particolari doveri imposti al
marito, quali sono quello
della "protezione" della
moglie e l’altro, del quale si
controverte,
della
somministrazione ad essa di
tutto quanto le è necessario
per la soddisfazione di ogni
suo bisogno, senza riguardo
alle sostanze di lei, sono da
valutare nel rapporto in cui
si trovano di necessaria
correlazione
con
la
situazione di vantaggio a lui
conferita, sicché, ferma
rimanendo
quest’ultima,
nessuna
attenuazione
potrebbe apportarsi negli
obblighi, venendo altrimenti
meno l’equilibrio voluto
costituire
nei
rapporti
reciproci. ” .( C. cost.,
sentenza n. 144 del 12
dicembre1967).
La Corte dichiarò invece,
con sentenza n. 46 del 4
maggio 1966, l’illegittimità
costituzionale dell’art. 156,
primo comma, del codice
civile del 1942, “nella parte
in cui pone a carico del
marito, in regime di
separazione
consensuale
senza colpa di nessuno dei
coniugi,
l’obbligo
di
somministrare alla moglie
tutto ciò che è necessario ai
bisogni
della
vita,
indipendentemente
dalle
condizioni economiche di
costei.”, in considerazione
dell’ “ assoluto divieto di
diversità di trattamento
giuridicoperragionidisesso
posto dall’art. 3 Cost.”. La
pronunciaavevaperaltrouna
valenza negativa per le
donne, rimanendo intatto il
regime
dei
privilegi
riconosciutialmarito.
Nel caso di separazione
per colpa del marito, la
Corte,consentenzan.45del
20 marzo 1969, dichiarò
invece non fondata la
questione di legittimità
costituzionale dell’art. 156,
primo comma, laddove
considerava, in tale ipotesi,
irrilevanti le condizioni
economiche della moglie in
riferimento al diritto al
mantenimento di questa nei
confronti
del
marito,
precisando che “invero la
situazione
dei
coniugi
separati non può non
apparire
obiettivamente
diversa secondo che alla
separazione essi siano
addivenuti per concorde
volontà ovvero per colpa di
uno dei due, giudizialmente
accertata. Nella prima
ipotesi, i coniugi, che hanno
volontariamente rinunziato
alla convivenza ed agli
eventuali vantaggi con essa
connessi, si trovano su un
piano di assoluta parità, e
questaesigecheladisciplina
alla quale nei reciproci
rapporti
essi
saranno
sottoposti dal momento della
separazioneinpoisiaeguale
perilmaritoeperlamoglie,
indipendentemente
dal
regime giuridico operante in
costanza di unione; nella
seconda,
invece,
la
convivenza viene meno per
fatto imputabile ad uno dei
due,
sicché
nella
determinazione dei rapporti
patrimoniali non si può non
tener conto, rispetto al
coniuge incolpevole, dei
diritti da lui goduti prima
della
separazione;
prescindere
da
questi
significherebbe
rendere
possibile un inammissibile
trattamentopreferenzialeper
chi vi ha dato causa.”.
Osservava inoltre che“…
nella vicenda del rapporto
matrimoniale dovuta alla
separazionepercolpadiuno
dei due coniugi - e finché
permane
l’attuale,
differenziata disciplina dei
loro diritti in costanza di
convivenza - il principio di
parità può essere rispettato
solo a condizione che il
marito
o
la
moglie
incolpevoli conservino nei
confronti del coniuge in
colpa gli stessi diritti
patrimoniali che la legge fa
discendere dal matrimonio.”
(38).
L’art. 145, primo comma,
del codice civile del 1942
venne
dichiarato,
con
sentenzan.133del24giugno
1970,
costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui
non
subordinava
alla
condizionechelamoglienon
avesse mezzi sufficienti il
dovere del marito di
somministrarle,
in
proporzione
delle
sue
sostanze, tutto ciò che è
necessario ai bisogni della
vita, con la motivazione che
“unadiversitàditrattamento,
un tempo coerente con una
concezione dei rapporti fra
maritoemoglieradicalmente
diversadaquellapoiassunta
dal legislatore costituente a
fondamento della nuova
disciplina, appare ora come
fonte di un puro privilegio
della moglie, non conforme
all’odierna valutazione dei
rapportifamiliari”.
Nonostante
tale
motivazione
sembri
paradossale
nel
far
riferimento ad una posizione
diprivilegiodellamoglie-in
epocaincuinelcodicecivile
continuava a permanere la
potestà maritale, mentre
crescevano nel nostro Paese
le manifestazioni di piazza
che richiedevano una legge
sul divorzio e la riforma del
diritto di famiglia -, quella
pronuncia
evidenzia
l’apertura di un nuovo
orientamento,
laddove
afferma per la prima volta
che “la Corte ritiene che
siffatta
disparità
di
trattamento
non
trovi
giustificazione in funzione
dell’unità familiare. Si può,
anzi, affermare che, quando
si tratti dei rapporti
patrimoniali fra i coniugi, è
proprio l’eguaglianza che
garantisce quella unità e,
viceversa,
è
la
diseguaglianza a metterla in
pericolo. … l’unità della
famiglia … si rafforza nella
misura in cui i reciproci
rapporti fra i coniugi sono
governati dalla solidarietà e
dallaparità.”(39).
3.Iprincipidieguaglianzae
solidarietà coniugale, e
l’obbligo di contribuire ai
bisogni della famiglia, nella
riformadel1975.
I valori dell’eguaglianza e
della solidarietà, quali
fondanti
una
nuova
concezione della famiglia,
sono stati recepiti dal
legislatore della Riforma del
diritto di famiglia del 1975
(40), che si è preoccupato
innanzitutto di confermare il
principio della parità tra i
coniugi con l’affermazione
contenuta nel primo comma
dell’art. 143 c.c. (“con il
matrimonio il marito e la
moglie acquistano gli stessi
doveri e assumono i
medesimidiritti”)(41).
L’eguaglianza dei coniugi
viene così a costituire “il
supporto
dell’organismo
familiareenecaratterizzala
funzione” (42), mentre il
conflitto tra il valore della
parità coniugale e l’esigenza
dell’unità della famiglia
trova soluzione, con la
riforma del 1975, nella
regola dell’accordo prevista
dalnovellatoarticolo144c.c.
(43).
L’art. 143 c.c., modificato
dallal.151/75,poneacarico
di entrambi i coniugi
“l’obbligo reciproco alla
fedeltà,all’assistenzamorale
e
materiale,
alla
collaborazione nell’interesse
della famiglia e alla
coabitazione”, e impone a
ciascun
coniuge
di
contribuire ai bisogni della
famiglia, “in relazione alle
proprie sostanze e alla
propria capacità di lavoro
professionaleocasalingo”.
Il dovere di contribuzione
sancito dall’art. 143 c.c. è
diretto
ad
assicurare
l’eguaglianza sostanziale dei
coniugi
sul
piano
dell’assistenza
edella
collaborazione, e viene
considerato
il
regime
primario della famiglia, in
quanto obbligo inderogabile
che comporta la messa a
disposizione da parte di
ciascunodeiconiuginonsolo
dellepropriesostanze,ecioè
delgodimentodeibenidicui
si ha la disponibilità, ma
anche del godimento dei
redditiderivantidalleproprie
capacitàdilavoro(44).
Secondo il consolidato
orientamento
della
giurisprudenza, l’obbligo di
contribuzione consiste nella
prestazionereciprocaditutto
ciò che permette il
conseguimento di un tenore
di vita corrispondente alla
posizione socio economica
dei
coniugi;
il
soddisfacimento dei bisogni
della famiglia non deve
peraltro essere inteso nella
misura minima, bensì in
misura corrispondente ai
redditi e alla effettiva
situazione economica dei
coniugi(tantoche,insededi
separazione personale, il
coniugepuòpretendereperil
proprio mantenimento un
assegno proporzionato alla
posizione
economica
dell’altro,indipendentemente
dal tenore di vita più basso
tollerato
prima
della
separazione)(45).
Il valore economico e
sociale del lavoro casalingo
della donna è stato
pienamente riconosciuto con
la riforma del 1975, che ne
ha sottolineato, nell’art. 143
c.c., la funzione di apporto
contributivo ai bisogni della
famiglia al pari del lavoro
professionale del marito.
L’introduzione,
con
il
novellato art. 159 c.c., del
regime
legale
della
comunione dei beni, in
sostituzione del precedente
regime della separazione dei
beni, e la regolamentazione
dell’impresa familiare (art.
230 bis c.c.) costituiscono
ulteriore conferma del
riconoscimentodelvaloredel
lavoro casalingo nell’ambito
deirapportipatrimonialitrai
coniugi.
La riforma ha modificato
anche la normativa relativa
alla separazione personale,
abolendo il concetto di
“colpa”, e consentendo la
separazione come “rimedio”
all’impossibilità
della
prosecuzione
della
convivenza coniugale e a
situazioni che rechino grave
pregiudizio all’educazione
dellaprole(art.151c.c.).Nel
giudizio di separazione
personale, ai sensi del
riformato art. 156 c.c., il
giudice
stabilisce
“a
vantaggio del coniuge cui
non sia addebitabile la
separazione il diritto di
ricevere dall’altro coniuge
quanto è necessario al suo
mantenimento, qualora egli
non abbia adeguati redditi
propri. L’entità di tale
somministrazione
è
determinatainrelazionealle
circostanze e ai redditi
dell’obbligato.”.
Nel
codice
civile,
riformatodallalegge151/75,
al dovere di contribuire ai
bisogni
della
famiglia
previstodall’art.143c.c.siè
così aggiunto il dovere di
corrispondere un contributo
almantenimentodelconiuge
separatoeconomicamentepiù
debole, ai sensi dell’art. 156
c.c..
Sulla natura dell’obbligo
di mantenimento ex art. 156
c.c., in relazione all’obbligo
di contribuzione ex art. 143
c.c., si è sviluppato in
dottrina un vivace dibattito,
sostenendoalcuniAutoriche
trattasi della prosecuzione
dellostessodoveresancitoin
costanza di convivenza
coniugale (46), mentre
secondo altri costituirebbe
una continuazione ed un
affievolimento del dovere di
contribuzione previsto in
costanza ed in piena vigenza
del matrimonio (47), o,
ancora, la trasformazione di
tale dovere, nel nuovo
contesto della separazione
(48).
4.L’istituzionedeldivorzioe
isuoieffettieconomici.
L’introduzione
del
divorzio
nel
nostro
ordinamento, con la legge 1
dicembre1970n.898,èstata
accompagnata da un acceso
dibattito sulla concezione
cristiana dell’indissolubilità
del matrimonio, che ha
relegato in secondo piano le
questioni
relative
alle
conseguenze
economiche
dello scioglimento del
matrimonio.
L’inadeguatezza
della
legge 898/70 sotto il profilo
degli effetti economici del
divorzio,disciplinatisecondo
criteri
generali
che
lasciavano un eccessivo
margine di discrezionalità al
giudice,risultòevidentedopo
la riforma del diritto di
famiglia del 1975, che
peraltro non effettuò alcun
coordinamento con la legge
che aveva istituito il
divorzio.
Conlasuccessivaleggedi
riformadel6marzo1987,n.
74, il legislatore si è dunque
preoccupato di limitare le
disparità di trattamento
economico che potevano
verificarsi per la valutazione
discrezionale del giudice, il
quale nella determinazione
dell’assegno applicava i
criteri
assistenziale,
risarcitorio e compensativo,
come previsto dalla legge
898/70.
Come si approfondirà nel
proseguo, la legge 74/87 ha
modificato
la
natura
dell’assegno
divorzile,
attribuendogli una funzione
assistenziale fondata sul
presupposto della mancanza
di mezzi adeguati da parte
del coniuge richiedente o
dell’impossibilità
di
procurarseli per ragioni
oggettive.
5 .Il mantenimento dei figli.
Dallasoggezioneallapotestà
paterna al riconoscimento di
dirittisoggettivi.
Con la trasformazione
della famiglia, da istituzione
fondata sull’autoritarismo
d e lpater familias, a
comunitàfondatasugliaffetti
e la reciproca solidarietà dei
suoicomponenti,portatoridi
autonomi diritti soggettivi,
muta anche la posizione
giuridicadelfigliominore.
Fino all’entrata in vigore
della Costituzione, il figlio
minore era soggetto alla
potestà del padre, che
assumeva a sua totale
discrezione le decisioni che
loriguardavano.
Nella
Costituzione
repubblicana
inizia
ad
emergere una posizione
giuridica autonoma del
minore. L’art. 30, primo
comma, Cost., nel riconoscere che “è dovere e
diritto
dei
genitori
mantenere,
istruire
ed
educareifigli,anchesenati
fuori dal matrimonio”,
definisce la potestà dei
genitori nei confronti del
figlio minore, legittimo o
naturale, come esercizio di
un diritto-dovere che trova
nell’interessedelfigliolasua
funzione (munus) e il suo
limite(49).
Nella Carta costituzionale
si rinviene la primaria
affermazione deldiritto del
minore ad un pieno sviluppo
della sua personalità e a tale
interesse
sono
funzionalmente collegati i
doveri che ineriscono, prima
ancora
dei
diritti,
all’esercizio della potestà
genitoriale.
Nel periodo successivo
alla Costituzione, prima del
varodellariformadeldiritto
di famiglia del 1975, mentre
si va affermando la nuova
concezione della famiglia
come comunità di affetti, si
assiste ad un cambiamento
della
cultura
giuridica
rispetto alla posizione del
minore, che si esplicita ad
esempio
nella
legge
sull’adozione n. 431 del 5
giugno 1967, dove vengono
recepiti i principi della
Convenzione europea di
Strasburgo del 24 aprile
1967, e si ribalta la visione
tradizionale
dell’istituto,
ponendo al centro non più
l’interesse
dell’adottante
bensìquellodell’adottato.
Solo con la riforma del
diritto di famiglia del 1975,
che realizza il principio di
parità nell’ambito della
famiglia,siiniziaperòadare
concreta
attuazione
ai
principi costituzionali che
riconoscono
i
diritti
soggettivi dei figli, legittimi
comenaturali(50).
Cosìl’art.147c.c.impone
ad ambedue i coniugi
“l’obbligo di mantenere,
istruire ed educare la prole
tenendocontodellecapacità,
dell’inclinazione naturale e
delleaspirazionideifigli”,e
l’art.148,primocomma,c.c.
afferma che “i coniugi
devono
adempiere
l’obbligazione
prevista
nell’articolo precedente in
proporzione alle rispettive
sostanze e secondo la loro
capacità
di
lavoro
professionaleocasalingo”.
L’art. 261 c.c., poi,
afferma il fondamentale
principioinforzadelqualeil
riconoscimento del figlio
naturale comporta da parte
del genitore l’assunzione di
tuttiidoveriedituttiidiritti
che egli ha nei confronti dei
figli legittimi, il che attesta
l’assoluta
preminenza
attribuita al rapporto di
filiazione in quanto tale,
rispetto al discrimine del
matrimonio(51).
La recente legge n. 54/06
(52),affermandoildirittodel
figlio
minore
alla
bigenitorialità, ha integrato
ledisposizionidegliartt.147
e 148 c.c., indicando le
modalità e i criteri del
mantenimento dei figli,
minori e maggiorenni non
autonomi economicamente.
Nell’ottica della continuità
della fattiva presenza dei
genitori nella vita dei figli,
nonostantelaseparazioneoil
divorzio, la legge 54/06
privilegia la forma del
mantenimento diretto e
delinea
una
funzione
perequativa
dell’assegno
periodico,
determinato
secondo
il
criterio
proporzionale riferito alle
rispettiverisorseeconomiche
dei genitori e gli ulteriori
criteri indicati nel novellato
art.155c.c..
Ilriconoscimentodidiritti
soggettivi ai figli minori cui
consegue “il dovere del
genitore,previstodall’art.30
Cost., di essere presente
nella vita del figlio, per
fornirgli un apporto morale
ed assistenziale, sotto il
profilo sia economico che
educativo”,hadeterminatoil
sorgere di un orientamento
giurisprudenziale
che
“laddove vi sia una totale,
immotivata, reiterata e
perdurante assenza del
genitore” ritiene si configuri
“la lesione del diritto del
figlioall’assistenzamoralee
materiale, e la conseguente
sussistenza di un danno
esistenziale, che risulta
provato quando lo stesso
figlio abbia avuto la
percezione
e
la
consapevolezza dell’effetto
privativo
dell’apporto
genitoriale”(53).
La giurisprudenza di
legittimità ha confermato
questo
indirizzo,
sottolineando che l’obbligo
dei genitori di mantenere i
figli sussiste sin dalla
nascita, non venendo meno
durante l’eventuale periodo
anterioreallapronunciadella
dichiarazione giudiziale di
paternità né venendo esclusa
laresponsabilitàdelgenitore
in assenza di specifiche
richieste provenienti dalla
madre o dal figlio, essendo
sorto sin dalla nascita il
diritto del figlio naturale ad
essere mantenuto, istruito ed
educato nei confronti di
entrambi i genitori (54). Ne
consegueche“ildisinteresse
dimostratoversoilfigliodal
genitore
naturale,
manifestatosiperlunghianni
e connotato dalla violazione
degli
obblighi
di
mantenimento, istruzione ed
educazione, determina una
lesione dei diritti del figlio,
che,scaturendodalrapporto
di filiazione, trovano tutela
nella Carta costituzionale e
nelle norme di natura
internazionale recepite nel
nostro ordinamento”. Tale
violazione
dei
doveri
genitoriali verso il figlio
“comporta la sussistenza di
un illecito civile, trovando
l’illecito
endofamiliare
sanzione non soltanto nelle
misure tipiche previste dal
diritto di famiglia, ma anche
nell’obbligo di risarcimento
dei
danni
non
patrimoniali”(55).
6.Eguaglianzaedautonomia
dei soggetti, nella famiglia
attuale. La condivisione ed
equa ripartizione delle
risorse economiche della
famiglia e la tutela dei
soggetti economicamente più
deboli.
Ad oltre trent’anni dal
varo della riforma del 1975,
la
giurisprudenza
di
legittimità riconosce la
famiglia “come sede di
autorealizzazione
e
di
crescita,
segnata
dal
reciprocorispettoedimmune
da ogni distinzione di ruoli,
nell’ambito della quali i
singoli
componenti
conservanoleloroessenziali
connotazioni e ricevono
riconoscimento e tutela,
prima ancora che come
coniugi, come persone, in
adesione
al
disposto
dell’articolo 2 Costituzione,
che nel riconoscere e
garantire i diritti inviolabili
dell’uomo sia come singolo
che nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua
personalità delinea un
sistema pluralistico ispirato
al rispetto di tutte le
aggregazioni sociali nelle
quali la personalità di ogni
individuo si esprime e si
sviluppa”(56).
Questa nuova concezione
dellafamiglia,dovelatutela
dei diritti soggettivi dei
singoli
diventa
predominante,
quale
condizione per la piena e
libera realizzazione della
personaumana,purtrovando
limite e contemperamento
nel rispetto dei diritti degli
altri soggetti della relazione
familiare e nell’esigenza di
unaconvivenzafondatasulla
paritàesolidarietà,haaperto
la strada verso una
progressiva "privatizzazione"
della
famiglia,
dove
assumono
rilevanza
l’accordo e la negoziazione
traiconiugi(57).
È una tendenza da tempo
in atto, che necessita oggi di
un ulteriore ampliamento,
per
dare
maggiore
riconoscimento
all’autonomia negoziale dei
coniugi,sianelfissarelebasi
dei
loro
rapporti
patrimoniali, prima del
matrimonio,cheneldefinirli
in funzione di una eventuale
crisidelrapporto.Partedella
dottrina
sostiene
così
l’esigenza di introdurre nel
nostro ordinamento accordi
simili
aiprenuptial
agreements (58) del diritto
anglosassone, anche per
determinare il mantenimento
del coniuge economicamente
più debole, sia durante il
matrimonio che dopo la
cessazione della convivenza,
operconcordarnelarinuncia
reciproca, e rileva che “il
problema della tutela del
coniuge debole, specie di
fronte
al
fenomeno
dell’emancipazione
femminile,nonpuòcostituire
una giustificazione alla
permanenza di interventi
espressivi di una concezione
paternalistica dei rapporti
tra individuo e poteri dello
Stato"(59).
Lagiurisprudenzacontinua
invece a ritenere invalidi gli
accordi che si pongono in
contrasto con il principio
dell’inderogabilità dei diritti
e dei doveri che discendono
dalmatrimonio,richiamando
il limite disposto dall’art.
160c.c..
Così, gli accordi con i
quali i coniugi fissano, in
sedediseparazione,ilregime
giuridico patrimoniale in
vista di un futuro ed
eventuale divorzio, sono
ritenuti invalidi per illiceità
della causa, perché stipulati
in violazione del principio
fondamentale della radicale
indisponibilità dei diritti in
materia
matrimoniale,
espressodall’art.160c.c..Si
sostieneinparticolarechedi
tali accordi non può tenersi
conto sia quando limitino o
addirittura escludano il
diritto
del
coniuge
economicamente più debole
alconseguimentodiquantoè
necessario per soddisfare le
esigenze della vita, che
quando
soddisfino
pienamente dette esigenze,
per il rilievo che una
preventiva pattuizione specie se allettante e
condizionata
alla
non
opposizione al divorzio potrebbe determinare il
consenso alla dichiarazione
degli effetti civili del
matrimonio(60).
Nell’ambito dell’attività
negoziale dei coniugi, si è
poi indotti a riflettere sulle
conseguenze del maggiore
utilizzo, rispetto al passato,
del regime convenzionale
dellaseparazionedeibeni,in
particolare quando sussiste
una disparità di situazioni
redditualiepatrimonialitrai
coniugi.
In tali casi è evidente
l’esigenza di adottare criteri
di equità - non essendo
possibileilricorsoaiprincipi
di parità, propri della
comunione legale, ma certo
non
del
regime
di
separazione dei beni - che
possanoconsentire,nellafase
dellaseparazionedeiconiugi,
la distribuzione tra gli stessi
delle risorse accumulate nel
corsodelmatrimonio,cosìda
assicurarne una divisione,
anche non paritaria, ma che
consentadievitarechescelte
concordate
durante
il
matrimonio,
quale
ad
esempio il lavoro casalingo
della
moglie,
abbiano
ricadute negative solo su
questa,dopolaseparazione.
Nella vigente legislazione
non risulta tuttavia uno
strumentoidoneoarealizzare
questo principio di equità,
così che parte della dottrina
ritiene necessaria “una
rivisitazione dell’assegno di
mantenimento e dell’assegno
didivorzioalfinedirenderli
strumenti idonei a realizzare
un’equa ripartizione delle
"nuove forme di ricchezza
dellafamiglia"”(61).
Dall’analisi dei continui
mutamentidellafamiglianel
complessivo quadro socioeconomico,edeirapportiche
si instaurano tra i suoi
componenti,emergepertanto
l’esigenza di una nuova
elaborazionecheconsiderila
funzione dell’assegno per il
coniugecomeprincipalmente
perequativa, fondata sul
bilanciamento dei valori
della parità, equità e
solidarietàtraiconiugi.
Una elaborazione che
seguaquestastradanonpotrà
che muoversi nell’ottica di
un
progressivo
avvicinamento
della
separazione e del divorzio, e
conseguentemente
della
funzione dell’assegno per il
coniuge separato a quella
dell’assegno divorzile, come
già nei fatti tendenzialmente
avviene quale risultato della
negoziazione privata tra i
coniugi
in
sede
di
separazione consensuale, che
tende a definire i loro
rapporti patrimoniali anche
perilfuturo.
CAPITOLOII
RILEVANZA
PSICOLOGICADELLA
QUESTIONEECONOMICA
NELCONFLITTO
FAMILIARE
SOMMARIO: 1. Il “rimedio” della
separazione personale e la
costruzione di un nuovo
progetto di vita.
–2. Il
riconoscimento delle esigenze
economiche dell’altro coniuge
nella fase del conflitto e nella
negoziazione
finalizzata
all’accordo. La mediazione del
conflitto.
1 .Il “rimedio” della
separazione personale e la
costruzione di un nuovo
progettodivita.
La riforma del diritto di
famiglia del 1975 ha
profondamente modificato
l’istituto della separazione,
concepito dal legislatore del
1942 come una situazione
patologicatransitoria,poiché
nella prospettiva di una
difesa ad oltranza della
famiglia era prevista la
ricomposizione del vincolo
coniugale.
Alla
separazione
ammissibile solo in ipotesi
tassative,
riferite
al
comportamento colpevole di
uno o di entrambi i coniugi,
secondo
una
logica
chiaramente sanzionatoria e
repressiva, è stata sostituita
la concezione di una
separazione intesa come
rimedio ad una convivenza
divenuta intollerabile o tale
da recare grave pregiudizio
all’educazione della prole, e
quindi come certificazione
della fase patologica del
rapporto
coniugale
costituente
titolo
autosufficiente di cessazione
della
convivenza
o
suscettibile di sfociare in un
successivo divorzio o anche
di protrarsi indefinitamente,
secondo
la
libera
determinazione delle parti
(62).
Lapossibilitàattribuitadal
nuovo testo della norma a
ciascunconiugedirichiedere
la separazione, a prescindere
dalle responsabilità o dalle
colpe nel fallimento del
matrimonio, si presta ad
un’interpretazione aperta a
valorizzare elementi di
carattere
soggettivo,
costituendo
la
"intollerabilità" un fatto
psicologico
individuale,
riferibile alla formazione
culturale,allasensibilitàeal
contesto interno alla vita dei
coniugi.
In una visione evolutiva
del rapporto coniugale ritenuto, nello stadio attuale
della società, incoercibile e
collegato al perdurante
consensodiciascunconiugeil giudice, per poter
pronunciare la separazione,
deve verificare l’esistenza,
anche in un solo coniuge, di
una
condizione
di
disaffezione al matrimonio
taledarendereincompatibile
la convivenza, a prescindere
da elementi di addebitabilità
a carico dell’altro. Ove tale
situazione d’intollerabilità si
verifichi, anche rispetto ad
un solo coniuge, questi ha
diritto di chiedere la
separazioneeinterromperela
convivenza, sul presupposto
che è divenuto impossibile
svolgere adeguatamente la
propria personalità in quella
"società naturale" costituita
con il matrimonio che è la
famiglia(63).
La dottrina ha posto in
luce come rimanga tuttavia
un’ambiguità di fondo
dell’istituto, insita nel dato
normativo, che, da un lato,
sembra accogliere ancora la
concezionetradizionaledella
separazione come momento
patologico e temporaneo,
dall’altro, la considera come
presupposto del divorzio
(64). Basti pensare che in
entrambi i procedimenti il
presidente deve esperire
all’udienza di comparizione
personale dei coniugi avanti
a sé il tentativo di
conciliazione, espressione
dell’interesse pubblico alla
conservazione del vincolo
coniugale, che nella prassi
ben difficilmente comporta
un ripensamento dei coniugi
nell’ottica
della
riconciliazione,mahainvece
assunto una funzionelato
sensuistruttoria,consentendo
al presidente l’espletamento
diunasortadiinterrogatorio
libero delle parti, funzionale
al raggiungimento di un
accordo tra i coniugi o, in
caso di fallimento di tale
tentativo, all’as-sunzione di
informazioni
utili
all’emanazione
dei
provvedimenti nell’interesse
deiconiugiedellaprole(65).
Sotto
un
profilo
sociologico, si è osservato
che il mutamento della
percezione dellostatus di
separato legale è avvenuto
nella prima metà degli anni
’70,conl’approvazionedella
legge sul divorzio; pertanto
oggilaseparazionepersonale
non è più un rimedio ad una
crisi temporanea, bensì è
generalmente
considerata
come l’anticamera del
divorzio(66).
Questo significa che oggi
rispetto al passato, nella
relazione tra i coniugi, è più
accentuato il processo di
disimpegno e di distacco di
un coniuge nei confronti
dell’altro, che inizia con la
crisidelrapporto.
In particolare, sul piano
delle
dinamiche
interpersonali
e
intrapsichiche,siosservache
trattasi di un disimpegno
dalleaspettativeassociatead
un ruolo e dall’insieme di
diritti e di doveri che esso
comporta;unprocessodidis-
identificazione dal ruolo di
coniuge, nel corso del quale
la persona si abitua a poco a
pocoanondefinirepiùlasua
identità in base a quel ruolo
(67).
Tenendo presente che i
motivicheprovocanolacrisi
del rapporto possono essere
molteplici e connessi alla
specifica situazione di ogni
coniuge, si sostiene che la
separazione,
come
il
divorzio,
provoca
un
conflittodiidentitàeimpone
di ridefinire i propri ruoli in
misura diversa nelle diverse
persone, in funzione dei
differenti ruoli assunti
nell’ambitodelmatrimonioe
anche dell’ampiezza del
cambiamento prodotto dalla
separazionestessa(68).
Secondo tesi elaborate in
psicologia, è prevedibile che
ilconflittodiidentitàdiventi
più intenso quando la
transizione allo stato di
separazione
ha
come
conseguenza la necessità di
affrontare serie difficoltà
economiche, o di subire una
riduzione del sostegno
ricevutodalproprioambiente
sociale, o altre gravi
perturbazioni della propria
vita (69). La separazione è
sicuramente un evento
logorante,
perché
il
matrimonio è fonte di
identità e distatus sociale, e
fuori da quel contesto i
coniugivivonounsentimento
di lutto, di perdita, per il
fallimento del progetto di
vita in cui ciascuno aveva
investitoecreduto.
Diventa perciò necessario
che ciascun coniuge riesca a
prospettare un nuovo ruolo
per sé, una nuova identità in
un nuovo contesto di
relazioni, elaborando un
nuovoprogettodivita.
Nel contempo, poiché la
famiglia divisa è comunque
una famiglia i cui soggetti
continueranno a mantenere
reciproche
relazioni,
soprattutto nel caso della
presenza di figli, si rende
necessario
riorganizzare
queste relazioni, mantenere
aperto o riaprire il dialogo,
nell’ottica di comporre il
conflitto.
La soluzione auspicata,
nell’interesse degli stessi
coniugi,èquindiquelladella
mediazione del conflitto,
attraverso un processo di
negoziazionefinalizzatoafar
raggiungere alle parti un
accordo
mutuamente
accettabile e accettato,
strutturatoinmododaaiutare
i coniugi a mantenere la
continuità di una corretta
relazione(70).
2 .Il riconoscimento delle
esigenze
economiche
dell’altro coniuge nella fase
del conflitto e nella
negoziazione
finalizzata
all’accordo. La mediazione
delconflitto.
Il conflitto coniugale può
risolversi positivamente, con
accordi che durano nel
tempo, solo se quelle
soluzioni sono vissute non
come vittorie dell’uno
sull’altro, ma sono state
accettate da ciascun coniuge
come
consapevole
mediazione rispetto alle
posizioni e alle aspettative
dell’altro.
L’esperienza induce a
ritenere che un accordo di
separazione consensuale può
essere rispettato dalle parti
solo se corrisponde alle loro
esigenzefuture,enontantoa
quelle dettate dal loro
passato;èpertantonecessario
che nella fase stragiudiziale,
come in quella giudiziale,
l’attenzione dei coniugi sia
richiamata sulla proiezione
futura dei loro bisogni in un
nuovo contesto di vita,
evitando che un coniuge,
come avvenuto nella fase
critica del matrimonio,
cerchi di soddisfare i suoi
bisogni e di esternare il
proprio punto di vista su ciò
che è giusto e opportuno,
senza tenere conto della
realtà, e cioè che l’altro
coniuge ha opinioni e
necessità del tutto diversi
(71).
Si è osservato in dottrina,
con riguardo al contributo al
mantenimento dovuto da un
coniuge a favore dell’altro
economicamente più debole,
che nel contesto della
separazione come in quello
del divorzio, si verifica la
ricerca di un difficile
equilibrio tra l’esigenza di
tutela del coniuge debole e
quella, antagonistica, di non
gravare
eccessivamente
l’altro(72).
Oscillazione che riflette
più in generale la dicotomia
tra una concezione dominata
dalprincipiodellasolidarietà
anche nella crisi coniugale,
da un lato, ed una
impostazione che, dall’altro,
valorizza
maggiormente
l’esigenza di non privare i
coniugi
delle
risorse
necessarie per dare vita ad
una nuova famiglia e finisce
per promuovere una politica
di "taglio netto" con il
passato(73).
Secondo il consolidato
orientamento
della
giurisprudenzadilegittimità,
condizione essenziale per il
sorgere del diritto al
mantenimento in favore del
coniuge cui non sia
addebitabile la separazione è
che questi sia privo di
adeguati redditi propri, ossia
di redditi che gli consentano
di mantenere un tenore di
vitatendenzialmenteanalogo
a quello che aveva in
costanza di matrimonio,
nonché che sussista una
disparitàeconomicatraidue
coniugi,
dandosi
così
rilevanza alla tesi che
sostiene che con la
separazione si instaura un
regime che tende a
conservare il più possibile
tutti
gli
effetti
del
matrimonio compatibili con
la
cessazione
della
convivenza e, quindi, il
tenore e il tipo di vita di
ciascunconiuge(74).
L’accertamento
dell’
“adeguatezza” dei mezzi a
disposizione del coniuge
richiedente
comporta
un’indagine sulla pregressa
posizione economica e
sociale,equindi“ungiudizio
di carattere relazionale, che
trova il proprio punto di
riferimento nel contesto nel
quale i due coniugi hanno
vissuto quale situazione
condizionante la qualità e la
quantità
dei
bisogni
emergenti del richiedente e
che
si
pone
quale
accertamento
prioritario
rispetto alla verifica della
consistenza dei redditi
dell’altroconiuge”(75).
Questo parametro riferito
alla situazione della passata
convivenzaspessosuscitanel
coniugeeconomicamentepiù
debole aspettative che ben
difficilmente
trovano
accoglimento nelle pronunce
giudiziarie, condizionate da
numerosi altri elementi che
riguardano la situazione
presente e le scelte di vita
futura, quali potrebbero
essere la nascita di figli da
una nuova relazione e il
conseguente obbligo del loro
mantenimento,
le
ripercussioni sul piano
reddituale della legittima
sceltapersonale del coniuge
obbligatoalmantenimentodi
cessare
l’attività
professionale, o il vantaggio
derivante
al
coniuge
beneficiario dell’assegno dal
godimento
della
casa
coniugale(76).
Neconsegueche,neifatti,
la separazione determina
quasi sempre una situazione
di ridimensionamento del
tenore di vita di entrambi i
coniugi, e ciò comporta un
aumento della conflittualità
coniugale e spesso anche
genitoriale,nelcasoincuigli
stessi coniugi non abbiano
valutato
insieme
tali
conseguenze e negoziato
accordirelativiallorofuturo,
pervenendo
ad
una
mediazione delle reciproche
aspettativeedesigenze.
CAPITOLOIII
L’ASSEGNODI
MANTENIMENTOPERIL
CONIUGE.
INQUADRAMENTO
NELLANORMATIVA
SOSTANZIALEE
PROCESSUALEDELLA
SEPARAZIONE
SOMMARIO: 1. Il diritto al
mantenimento ai sensi dell’art.
156 c.c..
–2. L’assegno
alimentare in caso di addebito
della separazione. –3. La
domanda
di
attribuzione
dell’assegno di mantenimento
nel
procedimento
di
separazione. Art. 706 e ss.
c.p.c.. –4. Natura ed efficacia
del
provvedimento
presidenziale che attribuisce
l’assegnodimantenimento.–5.
Reclamabilità, revocabilità e
modificabilità dell’ordinanza
presidenziale
e
dei
provvedimenti del G.I. –6.
Esecutività del provvedimento
che dispone l’obbligo del
mantenimento. –7.Legaranzie
per
l’adempimento
degli
obblighi economici nella
separazione. –8. Il sequestro
ex art. 156, comma 6, c.c. –9.
L’ordinealterzodipagamento
dell’assegnodimantenimentoa
favore del coniuge. –10.
L’iscrizione
di
ipoteca
giudiziale.
1 .Il diritto al mantenimento
aisensidell’art.156c.c..
All’obbligo posto a carico
delconiugedall’art.143c.c.,
dicontribuireaibisognidella
famiglia
durante
il
matrimonio, subentra con la
separazione personale, ove
ricorrano
determinate
condizioni, l’obbligo di
mantenimento
previsto
dall’art. 156 c.c. (77),
destinato al soddisfacimento
dei bisogni individuali
dell’altroconiuge.
Ildirittoalmantenimento,
secondo l’art. 156, primo
comma, c.c., è condizionato
da due elementi, la non
addebitabilità
della
separazioneelamancanzadi
adeguati redditi propri,
entrambi riferiti al coniuge
cherichiedel’assegno.
È pacifico che il
mantenimento a favore del
coniuge cui non sia stata
addebitata la separazione
spetti, nel concorso delle
altre condizioni previste
dalla norma, a prescindere
dal fatto che la separazione
sia stata pronunciata con o
senza addebito all’altro
coniuge(78),népuòritenersi
di
per
sé
obbligato
all’assegno il coniuge al
qualelaseparazionesiastata
addebitata.
Alfinedelriconoscimento
deldirittoalmantenimentoa
favore del coniuge cui non
sia
addebitatile
la
separazione,èessenzialeche
questi sia privo di adeguati
redditi, situazione di cui
l’art.156,primocomma,c.c.
non dà una esplicita
definizione. I criteri di
valutazione dell’adeguatezza
dei redditi del coniuge
richiedente l’assegno, in
riferimento al tenore di vita
goduto
durante
la
convivenza,
e
della
sussistenza della disparità
economicatraiconiugi,sono
stati elaborati in dottrina (v.
cap. IV) e giurisprudenza (v.
cap. V), pervenendo ad un
orientamento
ormai
consolidato.
Ilgiudice,neldeterminare
l’entità dell’assegno, deve
tenerecontodellecircostanze
e dei redditi del coniuge
obbligato, secondo quanto
dispone l’art. 156, comma 2,
c.c.. La norma non definisce
le circostanze cui fa
riferimento, che, secondo
consolidata giurisprudenza,
consistonoinqueglielementi
fattualidiordineeconomico,
o comunque apprezzabili in
termini economici, diversi
dal reddito dell’onerato,
suscettibili di incidere sulle
condizioni economiche delle
parti(79).
Anchelanozionediredditi
contenuta nell’art. 156 c.c. è
assolutamente
generica,
dovendosi
quindi
fare
riferimento per i criteri di
quantificazione dell’assegno
all’elaborazione
giurisprudenziale.
2 .L’assegno alimentare in
caso di addebito della
separazione.
L’art. 156, comma 3, c.c.,
prevede che in caso di
dichiarazione di addebito ad
un coniuge, questi abbia
comunque
diritto
agli
alimentidicuiagliartt.433e
ss.c.c..
La perdita del diritto al
mantenimento, da parte del
coniuge al quale sia stata
addebitata la separazione,
costituisce una sanzione che
prescinde dalla condizione
economicadelcolpevoleesi
fonda su una valutazione
discrezionaledellegislatore.
Il diritto agli alimenti, in
questo
caso,
trova
giustificazione nel principio
di solidarietà coniugale, e
puòessererichiestodachisi
trova in stato di bisogno e
nonèingradodiprovvedere
al proprio mantenimento,
comedisponeinviagenerale
l’art.438c.c
Gli alimenti vengono
assegnati in proporzione al
bisogno
del
coniuge
richiedente e alle condizioni
economiche di chi deve
somministrarli,enondevono
tuttavia superare quanto
necessario per la vita
dell’alimentando, avuto però
riguardo alla sua posizione
sociale.
Poiché il concetto di
“impossibilità di provvedere
al proprio mantenimento” è
relativo
-
essendo
determinato da molteplici
elementiqualil’età,lasalute,
le attitudini al lavoro, la
condizione
sociale
del
soggetto, la situazione del
mercato del lavoro, e altri
ancora - la misura degli
alimenti dipende dal caso
specifico.
Ladifferenzatral’obbligo
di mantenimento e quello
alimentareècomunquenetta,
poiché
l’assegno
di
mantenimento
tende
a
garantire la conservazione
del
tenore
di
vita
precedentemente
goduto,
mentreildirittoaglialimenti
può
solo
consentire
l’erogazione di una somma
checorrispondaalleesigenze
basilari di vita del coniuge
beneficiario,
che
deve
previamente provare il suo
statodiindigenza(80).
3
.La
domanda
di
attribuzione dell’assegno di
mantenimento
nel
procedimentodiseparazione.
Il
provvedimento
giudiziario che riconosce
l’assegnodimantenimentoal
coniugeeconomicamentepiù
debole
presuppone
necessariamente l’esistenza
di una domanda di parte,
svolta nel procedimento di
separazione nei modi e
termini indicati dall’art. 706
e ss. c.p.c., come da ultimo
modificatidallal.14.5.2005,
n.80esucc.modif..
Ladomandadiseparazione
personale,
secondo
il
novellato art. 706 c.p.c., si
propone con ricorso, che
deve contenere la sola
“esposizione dei fatti su cui
la domanda è fondata”.
Trattasi di un atto di
contenuto limitato che,
secondo le intenzioni del
legislatore, è da un lato
finalizzato ad introdurre il
giudizio e consentire l’avvio
dell’udienza presidenziale, e
dall’altro ad agevolare il
tentativo di conciliazione da
parte del presidente, o la
trasformazione del rito da
contenziosoaconsensuale.
Sebbene l’art. 706 c.p.c.
non preveda l’onere di
formulare le domande nel
ricorso introduttivo, essendo
riservata alla successiva
memoria integrativa sia
l’esplicazione dell’oggetto
della controversia che le
conclusioni, si deve tenere
presentelanecessità,difatto,
di proporre da subito, con il
ricorso, la domanda volta ad
ottenere
l’assegno
di
mantenimento, laddove il
coniuge ricorrente abbia
l’esigenzadiottenereinsede
presidenziale,
in
via
provvisoriaedurgenteexart.
708
c.p.c.,
un
tale
provvedimentocautelare.
Analogamente, qualora il
coniugeeconomicamentepiù
debolesialaparteconvenuta
in giudizio, si rileva
l’opportunità di svolgere la
domanda di attribuzione
dell’assegno
di
mantenimentonellamemoria
difensiva prevista dallo
stesso art. 706 c.p.c.,
domanda che andrà motivata
edocumentata.
Infatti,
se
l’udienza
presidenziale è formalmente
la sede in cui si deve
svolgere il tentativo di
conciliazione dei coniugi,
nella prassi èl’ambito
funzionaleallapronunciadei
provvedimenti nell’interesse
deiconiugiedellaprole,che
non solo regolamentano
temporaneamente la vita dei
coniugi in pendenza del
giudizio di separazione, ma
chebenpossonostabilizzarsi
eregolarlaancheperilfuturo
inragionedellacaratteristica
ultrattività
dell’ordinanza
chelicontiene(81).
Ciò induce a svolgere sin
dai primi atti del giudizio
previsti dall’art. 706 c.p.c.
un’accurataattivitàdidifesa,
chedovràesserefinalizzataa
fornire al presidente quegli
elementi
necessari
a
conoscere la reale situazione
personale, reddituale e
patrimonialedeiconiugi,per
consentire l’emissione di
provvedimenti fondati ed
equi.
Ilnovellatoart.706c.p.c.,
perseguendo tale intento, fa
obbligoallepartidiprodurre
le ultime dichiarazioni dei
redditi, onere che si ritiene
permanga a carico del
convenuto anche nell’ipotesi
incuiquestinondepositiuna
memoriadifensiva.
Qualoralapartericorrente,
o quella convenuta in
giudizio, non svolga la
domanda di attribuzione
dell’assegno
di
mantenimento nel ricorso
introduttivo,onellamemoria
difensiva,potràproporretale
domanda,sericorrente,nella
successiva
memoria
integrativa, che ai sensi
dell’art.709,comma3,c.p.c.
“deve avere il contenuto di
cui all’articolo 163, terzo
comma,numeri2),3),4),5)e
6)”, o, se convenuta, nella
comparsa di costituzione in
g i u d i z i o“ai sensi degli
articoli 166 e 167, primo e
secondocomma”.
Nonèesclusalapossibilità
diproporreladomandaperil
riconoscimento dell’assegno
nell’udienzaexart.183c.p.c.
avantiilgiudiceistruttore,se
la domanda proposta dalla
parte attrice sia conseguenza
della
domanda
riconvenzionale avanzata dal
convenuto.
La
domanda
di
attribuzionedell’assegno,già
proposta dalla parte attrice
nel ricorso introduttivo o
nella memoria integrativa, e
dalconvenutonellacomparsa
di costituzione, può essere
modificata dalle parti, per
quanto
riguarda
la
quantificazione dell’assegno,
con la memoria ex art. 183,
comma6,n.1,c.p.c..
Una
volta
proposta
ritualmente, la domanda
relativa all’assegno può
comunque essere modificata
in corso di giudizio, per
adeguare l’assegno alla
svalutazione monetaria nel
frattempo intervenuta o
perché sono mutate le
condizioni
patrimoniali
inizialmente prospettate o
sonoemersifattinuovi.
4 .Natura ed efficacia del
provvedimento presidenziale
che attribuisce l’assegno di
mantenimento.
Per il combinato disposto
degli artt. 474 c.p.c. e 189
disp.
att.
c.p.c.,
il
provvedimento presidenziale
exart.708c.p.c.hacarattere
provvisorioeconservalasua
efficacia finché non sia
concluso il processo di
separazione ovvero non
intervenga una sua revoca o
modifica nel corso del
giudizio.
Qualorailprocedimentosi
estingua,ilprovvedimentoex
art.708c.p.c.rimaneefficace
finché non sia sostituito con
altro provvedimento emesso
dal presidente o dal giudice
istruttore a seguito di nuova
presentazione del ricorso per
separazione personale dei
coniugi.
Secondo
consolidata
giurisprudenza, l’ordinanza
con la quale il presidente,
autorizzando i coniugi a
vivereseparati,attribuiscein
via provvisoria l’assegno di
mantenimento al coniuge
economicamente più debole
chenefadomanda,hanatura
cautelare,
mirando
ad
assicurare il diritto al
mantenimento del coniuge
fino alla sua eventuale
esclusione o al suo
affievolimento in un diritto
meramente alimentare, che
può derivare solo dal
giudicatofinale(82).
La natura e funzione
alimentare
dell’assegno,
nonché, sotto il profilo
processuale, la riconduzione
del provvedimento ex art.
708 c.p.c., alla tutela
cautelare,comportanolanon
ripetibilità delle somme
corrisposte,
qualora
la
decisione definitiva escluda
il diritto all’assegno, ovvero
ne riduca l’importo, in
quanto
si
presumono
consumate
per
il
sostentamento, salva la
possibilità da parte del
coniuge danneggiato di far
valere la responsabilità ex
art.96c.p.c.,senericorranoi
presupposti(83).
5
.Reclamabilità,
revocabilità e modificabilità
dell’ordinanza presidenziale
edeiprovvedimentidelG.I..
La legge di riforma del
processo civile, n. 80/2005,
ha abrogato la disposizione
contenuta nel previgente
ultimo comma dell’art. 708
c.p.c., che sottoponeva la
revoca e la modifica
dell’ordinanza presidenziale
solo al verificarsi di
mutamenti delle circostanze,
ed ha previsto con il
novellato art. 709, comma 4,
c.p.c. che "i provvedimenti
temporanei e urgenti assunti
dal
presidente
con
l’ordinanza di cui al terzo
comma dell’art. 708 c.p.c.
possono essere revocati o
modificati
dal
giudice
istruttore".
La legge n. 54/2006 ha
successivamente introdotto
una ulteriore modifica
dell’art.708c.p.c.,inserendo
un nuovo quarto comma, in
forza del quale "contro i
provvedimentidicuialterzo
comma si può proporre
reclamo con ricorso alla
corte d’appello che si
pronuncia in camera di
consiglio” (84). Il reclamo è
proponibile entro il termine
perentorio di dieci giorni
dalla
notifica
del
provvedimento, e il relativo
procedimentosisvolgeconil
rito camerale ex artt. 739 e
ss.c.p.c..
Il legislatore non ha però
effettuato un coordinamento
tra queste norme, dando così
adito
ad
incertezze
interpretative
(85).
La
nor m a t i varichiamata non
esclude infatti, secondo una
interpretazione letterale, la
possibilità
che
il
provvedimento della corte
d’appello, sia confermativo
che
modificativo
dell’originario
provvedimentopresidenziale,
possaesseresuccessivamente
modificato o revocato dal
giudice
istruttore,
a
prescindere
dalla
sopravvenienza di nuove
circostanze di fatto atte a
giustificarne la modifica o
revoca(86).
La giurisprudenza delle
corti d’appello evidenzia
sinora
un’applicazione
restrittivadellanormativasul
reclamo
nei
confronti
dell’ordinanza presidenziale,
limitandosi ad ammettere il
reclamo solo per errori
decisionali evidenti e frutto
di una non corretta
valutazionedeglielementidi
massima acquisiti nella fase
iniziale del processo di
separazione,
e
senza
un’apposita istruzione (87).
Questo orientamento denota,
secondo autorevole dottrina,
la preoccupazione di non
consentire alle parti di
riversare nel giudizio di
reclamo
allegazioni
e
deduzioni probatorie che
dovrebbero
trovare
collocazione appropriata nel
giudizio di merito ed
utilizzabili dal giudice
istruttore ai fini della revoca
e della modifica del
provvedimento presidenziale
e, dall’altro lato, di evitare
chelacorted’appellosvolga
un’attività
processuale
simile,perisuoicontenuti,a
quella
riservata
alla
trattazione della causa
davantialtribunale(88).
Ne consegue l’esigenza di
esporre e documentare in
modocompleto,sindaiprimi
atti difensivi, i fatti e gli
elementi su cui si fonda la
domanda di attribuzione
dell’assegno
di
mantenimento, considerato
che non è possibile integrare
le produzioni documentali in
sede di reclamo avanti la
corted’appello.
Avverso
l’ordinanza
emessadallacorted’appello
sul reclamo contro il
provvedimento adottato, ai
sensi dell’articolo 708 c.p.c.,
dal presidente del tribunale
all’esito dell’udienza di
comparizione dei coniugi,
non è ammesso il ricorso
straordinario per cassazione
ex articolo 111 Cost.,
essendo essa priva del
carattere della definitività in
senso sostanziale. Infatti,
detto
provvedimento
presidenziale, anche dopo la
previsione normativa della
sua
impugnabilità
con
reclamo in appello, pur se
confermato o modificato in
tale sede ex articolo 708,
comma 4, c.p.c., continua ad
avere carattere interinale e
provvisorio,
essendo
modificabileerevocabiledal
giudice istruttore ed essendo
destinatoad essere trasfuso
nella sentenza che decide il
processo, impugnabile per
ogni profilo di merito e di
legittimità(89).
Va pure precisato che
qualora il reclamo non sia
stato esperito, può essere
richiesta al giudice istruttore
la revoca o la modifica del
provvedimentopresidenziale,
non
necessariamente
fondando la relativa istanza
sulla
deduzione
di
circostanzesopravvenute,ma
anchesuprofilidilegittimità
odimerito(90).
Per quanto riguarda la
revoca o la modifica dei
provvedimenti del giudice
istruttore, si ritiene sempre
possibile qualora si verifichi
un
mutamento
delle
circostanze di fatto esistenti
al momento della pronuncia,
stante il principio generale
secondo il quale tutte le
statuizioniaccessorierelative
alla separazione dei coniugi
sono soggette alla clausola
rebussicstantibus.
6
.Esecutività
del
provvedimento che dispone
l’obbligodelmantenimento.
L’ordinanzaconlaqualeil
presidente del tribunale o il
giudice istruttore dà i
provvedimenti di cui all’art.
708 c.p.c. costituisce titolo
esecutivo, ai sensi dell’art.
189,primocomma,disp.att.
c.p.c..
L’obbligo
di
corresponsione
periodica
dell’assegno
di
mantenimento si ricollega
alle obbligazioni di durata,
caratterizzate da unacausa
debendi continuativa, nel
senso che il protrarsi nel
tempodelleprestazionièuna
caratteristica essenziale che
nedeterminailcontenutoela
misura.
L’assegno
di
mantenimento è oggetto di
obbligazioni
periodiche
collegate tra loro ma dotate
singolarmente di autonomia,
e di adempimenti ricorrenti
neltempo,nonquantificabili
complessivamenteall’origine
(91). Il coniuge separato
titolare dell’assegno di
mantenimento può dunque
agire esecutivamente contro
l’altroconiugequaloraquesti
risulti inadempiente, ma
limitatamente alle rate
dell’assegno scadute e
rispetto alle quali si sia
verificatol’inadempimento.
A norma dell’art. 2941, n.
1) c.c., la prescrizione tra i
coniugi è sospesa di rito e
tale principio vale anche
durante il regime di
separazione personale, che
nonimplicailvenirmenodel
rapporto di coniugio, ma
soltantounaattenuazionedel
vincolo(92).
Decorrendo il termine
dalla cessazione del vincolo
coniugale, il diritto alla
corresponsione dell’assegno
di mantenimento per il
coniuge-inquantoaventead
oggetto
prestazioni
autonome,
distinte
e
periodiche - non si prescrive
a decorrere da un unico
termine, ma dalle singole
scadenze delle prestazioni
dovute,inrelazioneallequali
sorge di volta in volta il
dirittoall’adempimento(93).
Quanto
al
termine
prescrizionale, si ritiene
applicabile il disposto di cui
all’art. 2948, n. 2, c.c., ai
sensidelqualesiprescrivono
in cinque anni le annualità
delle pensioni alimentari
(94).
7
.Le
garanzie
per
l’adempimentodegliobblighi
economici.
L’art. 156 c.c., nel testo
modificato dalla legge di
riforma del 1975 che ha
recepito quanto previsto in
materia
dalla
legge
introduttiva del divorzio n.
898 del 1970, prevede una
serie di strumenti diretti ad
assicurare che il coniuge
onerato non si sottragga agli
obblighi
economici
impostigli in sede di
separazione.
Questegaranzietutelanoil
coniuge
beneficiario
dell’assegno,che,nelcasoin
cui il coniuge obbligato non
corrisponda l’assegno o lo
versi solo parzialmente, può
incontrare notevoli difficoltà
edesserecostrettoareiterati
e periodici atti di precetto e
di
pignoramento
nei
confrontideldebitore.
Il giudice, qualora ravvisi
il rischio d’insolvenza, può
imporrealconiugeobbligato
di prestare idonea garanzia
reale o personale, e può
concedere, in caso di
inadempienza e su richiesta
dell’avente
diritto,
il
sequestro di parte dei beni
dell’obbligato o ordinare a
terzi,tenutiacorrispondergli
ancheperiodicamentesomme
di denaro, che una parte di
esse
venga
versata
direttamente
all’avente
diritto.
In particolare, ai sensi
dell’art. 156, comma 4, c.c.,
il giudice può imporre al
coniugeobbligatodiprestare
idonea garanzia reale o
personale, se esiste il
pericolo che egli possa
sottrarsi
all’adempimento
degli obblighi economici
previstidallastessanorma.Il
pericolodeveesserevalutato
in relazione alla condotta
dell’obbligato, tale da far
apparire come probabile il
futuroinadempimento.
Il giudice può condannare
genericamente il coniuge
obbligato a prestare idonee
garanzie, ma non può
procedere direttamente alla
costituzione delle garanzie
stesse; la scelta della
garanzia spetta all’obbligato,
secondoilprincipiogenerale
dicuiall’art.1179c.c..
Tra le garanzie reali, si
ricorda il pegno, che può
riguardare qualsiasi bene
mobile, le universalità di
mobili, i crediti e ogni altro
dirittoaventeadoggettobeni
mobili (art. 2784), i titoli di
credito all’ordine (art. 2014)
o nominativi (art. 2026), le
azioni di s.p.a. (art. 2352),
nonché i diritti diversi dai
crediti (art. 2806), quali i
diritti di brevetto, i diritti
d’autore,idirittidimarchio,
ecc.. Tra le garanzie
personali, la più idonea al
caso di specie sembra essere
la fideiussione bancaria o
assicurativa(95).
8 .Il sequestro ex art. 156,
comma6,c.c.
Incasodiinadempienza,il
coniuge
avente
diritto
all’assegno può chiedere al
giudice di disporre il
sequestro di parte dei beni
delconiugeobbligato.
Presuppostonecessarioper
la concessione del sequestro
previstodall’art.156,comma
6, c.c, è l’inadempienza
dell’obbligato, e pertanto
dovrà essere provata una
sottrazione all’adempimento
già avvenuta, non essendo
sufficiente una situazione di
meropericolo.
Il provvedimento ha solo
una funzione di garanzia
dell’adempimento
degli
obblighipatrimonialistabiliti
dalgiudicedellaseparazione,
e, secondo un orientamento
della giurisprudenza di
legittimità, non ha natura
cautelare perché prescinde
dalpericuluminmora(96) e
non è suscettibile di
convertirsi in pignoramento.
Conseguentemente si ritiene
inammissibile il reclamo ai
sensi dell’art. 669-terdecies
c.p.c.(97).
Un recente orientamento
della Suprema Corte (98) si
discosta tuttavia da tale
definizione
della
qualificazione giuridica del
sequestroexart.156,comma
6, c.c., ritenendo che trattasi
invece di una misura
cautelare e, alla luce della
sua finalità strumentale, ne
ammette la conversione in
pignoramento,
all’esito
dell’eventuale sentenza di
condanna per singoli assegni
di mantenimento insoluti.
Secondo
quest’ultimo
orientamento,
è
inammissibile il ricorso
straordinarioincassazioneex
art. 111 Cost. avverso
l’ordinanza della corte
d’appello di rigetto del
gravame proposto avverso il
decreto di sequestro ex
art.156 cod. civ., trattandosi
di provvedimento di natura
cautelare, non decisorio, nè
definitivo.
Il sequestro ex art. 156,
comma 6, c.c. può essere
disposto anche dal giudice
istruttore in corso di causa
(99). Si è in particolare
precisato che poiché tale
ordine coercitivo risponde
a l l aratio di dare effettiva
soddisfazione
ai
provvedimenti giudiziali, ne
consegue che per evitare la
disparitàditrattamentodegli
aventi
diritto
al
mantenimento prima e dopo
lasentenzadiseparazione,ed
apprestare
un
rimedio
efficace all’inadempimento
di
obblighi
costituzionalmente tutelati,
va riconosciuta anche al
giudice
istruttore
la
competenza ad emettere tale
provvedimento.
Il sequestro ex art. 156,
comma 6, c.c., norma
originariamenteformulataad
esclusivo beneficio del
coniuge separato in via
giudiziale, è applicabile, a
seguito
di
numerosi
interventi
della
Corte
costituzionale,ancheatutela
del
coniuge
separato
consensualmente, dei figli di
coniugi separati e di quelli
nati fuori dal matrimonio,
riconosciuti dai genitori
(100).
9 .L’ordine al terzo di
pagamento dell’assegno di
mantenimento a favore del
coniuge.
Ulteriore
forma
di
garanzia per l’adempimento
degli obblighi economici
stabiliti dalla sentenza di
separazione o nel verbale di
separazione
consensuale
omologato
(101),
o
dall’ordinanza presidenziale
odelgiudiceistruttore(102),
è costituita dall’ordine
diretto ai terzi, debitoridel
coniuge inadempiente, di
versare direttamente somme
periodiche a favore del
coniugeaventediritto.
Presuppostoperl’adozione
del
provvedimento
in
questione è una pregressa e
comprovata
violazione
dell’obbligo
di
mantenimento, che potrà
risultare attestata dalla
precedente notificazione di
unoopiùattidiprecettoper
ratei di mantenimento non
corrisposti,odaaltrifattida
cui il giudice può trarre il
convincimento dell’intento
del coniuge obbligato di non
adempiere(103).
Il provvedimento assunto
aisensidell’art.156,comma
6, c.c. può essere emesso sia
in via interinale dal
presidentedeltribunaleodal
giudice istruttore nel corso
del giudizio, sia con la
sentenza che pronuncia la
separazione, sia a seguito di
procedura
camerale
successiva al giudizio di
separazione.
L’ordinepuòessererivolto
al datore di lavoro del
coniuge obbligato o a
persone tenute ad erogargli
prestazioni periodiche o ad
altri suoi debitori, e ha per
oggetto la corresponsione
dell’assegno
di
mantenimento, e quindi
dell’interasommadovutadal
terzo, quando questa non
ecceda, ma anzi realizzi
pienamente,
l’assetto
economico determinato in
sedediseparazione(104).
Tale provvedimento non
può che disporre per il
futuro, dalla data di
emanazione del relativo
ordine al terzo, rimanendo
impregiudicato il diritto del
creditore di procedere in via
esecutiva per il recupero
dellemensilitàgiàmaturatee
non corrisposte, sulla base
deltitoloinsuopossesso.
L’obbligodelterzoinsorge
con la notificazione nei suoi
confronti del provvedimento
giudiziario,acuradellaparte
istante.
1 0 .L’iscrizione di ipoteca
giudiziale.
Lasentenzadiseparazione
personale che pone a carico
di un coniuge l’obbligo di
corresponsione dell’assegno
di
mantenimento
o
alimentare
a
favore
dell’altro, costituisce titolo
per l’iscrizione dell’ipoteca
giudiziale
ai
sensi
dell’articolo2818c.c..
L’art. 156, comma 5, c.c.,
richiama infatti il principio
generale dettato dall’art.
2818 c.c., secondo il quale
ogni sentenza che comporta
la condanna al pagamento di
sommeoall’adempimentodi
obbligazioni
costituisce
titoloperiscrivereipoteca.
La norma, che estende i
suoi effetti anche al decreto
di omologa del verbale di
separazione
consensuale
(105),
qualifica
tali
provvedimenti come titoli di
per sé validi all’iscrizione,
attribuendo direttamente al
coniuge creditore la relativa
facoltà di avvalersene e la
valutazione
circa
la
sussistenza del pericolo di
inadempimento(106).
L’ipoteca giudiziale va
eseguita secondo gli artt.
2827 e ss. c.c.; può essere
iscritta, oltre che sui beni
esistenti all’epoca in cui la
sentenza è stata pronunciata,
anche
sui
beni
che
pervengano successivamente
al coniuge obbligato (art.
2828c.c.).
La norma non precisa
alcun criterio ai fini della
determinazione della somma
da garantire con l’ipoteca
giudiziale, e pertanto il
coniuge
beneficiario
dell’assegno ha la facoltà di
determinarla. Tuttavia si
ritienechequestinongodadi
assoluta ed incondizionata
libertà nell’individuazione
della somma cui riferire
l’iscrizione, dovendosi fare
riferimento come limite
massimo agli elementi
obiettivi desumibili dalle
tabelle previste dal R.D. 9
ottobre 1922, n. 1403 per la
costituzione delle rendite
vitalizie(107).
In
applicazione
dei
principidiordinegenerale,è
comunque fatta salva la
possibilità per il coniuge
obbligato di agire in
riduzione,
laddove
la
garanzia pretesa appaia
esorbitante
rispetto
all’ammontare del credito, e
di richiedere i danni
eventualmente a lui derivati
dall’indebito comportamento
delcreditore.
L’iscrizione di ipoteca
giudiziale, in forza di
sentenza di separazione
personale o di verbale di
separazione
consensuale
omologato,
è
esente
dall’imposta
ipotecaria,
analogamente a quanto
previsto per la sentenza di
divorzio(108).
Si deve da ultimo rilevare
che i provvedimenti di
carattere economico emessi
daltribunaleperiminorenni
infavoredeglifiglinatifuori
dal
matrimonio,
pur
integrando titoli esecutivi,
non consentono l’iscrizione
dell’ipoteca giudiziale ai
sensi dell’art. 2818, comma
2°, c.c., in mancanza di una
espressa
previsione
legislativachericonoscatale
effetto ( 109). Tale carenza
costituisce una irragionevole
disparità di trattamento dei
figli naturali rispetto ai figli
natidacoppieconiugate.
CAPITOLOIV
L’OBBLIGODI
MANTENIMENTOEXART.
156C.C.
NELL’INTERPRETAZIONE
DELLADOTTRINA
SOMMARIO: 1. Natura giuridica
dell’obbligo di mantenimento
nella separazione.
–2. Il
concettoditenoredivita,quale
riferimento
per
valutare
l’adeguatezza dei redditi del
coniuge richiedente l’assegno.
–3.L’autonomianegozialedei
coniugi e l’accordo relativo al
mantenimento.
1
.Natura
giuridica
dell’obbligodimantenimento
nellaseparazione.
Il mutamento dell’istituto
della separazione personale,
attuato con la riforma del
dirittodifamiglia,haportato
la dottrina ad interrogarsi se
sussista o meno una
soluzione di continuità tra il
dovere di contribuzione in
costanza di convivenza dei
coniugi (art. 143, comma 3,
c.c.)
e
quello
di
mantenimentoaseguitodella
separazione (art. 156, primo
comma,c.c.).
Parte
della
dottrina
sostiene che il diritto al
mantenimento
nella
separazione
trova
fondamento nel diritto
all’assistenza materiale del
coniuge nel matrimonio,
vincolo che la separazione
non estingue, con la
conseguenza
che
non
vengono sospesi i diritti di
contenuto economico che
spettanoaiconiugi(110).
Da parte di altri si precisa
che la separazione comporta
la persistenza dei doveri di
solidarietà economica che
derivano dal matrimonio,
anche se il loro contenuto
risulta modificato dal venir
meno della convivenza;
cessato,conlaseparazione,il
dovere
di
collaborare
nell’interesse della famiglia,
ildoveredicontribuzionenei
confronti
del
coniuge
economicamente più debole
si trasforma in quello di
corrispondergliunassegnodi
mantenimento(111).
Opinione diversa esprime
chi afferma che il dovere di
mantenimento non si pone
affatto in linea di continuità
con i doveri a contenuto
patrimoniale inerenti la
qualità di coniuge (112), e si
riferisce invece ad una
situazione completamente
nuova(113).
Queste
contrastanti
posizioni espresse dalla
dottrinasullanaturagiuridica
dell’obbligo
di
mantenimentoexart.156c.c.
rispecchiano
differenti
visioni della separazione,
intesa come periodo di
ripensamento
che
può
sfociarenellariconciliazione,
o viceversa, quale fase
preparatoria
al
futuro
divorzio(114).
2 .Il concetto di tenore di
vita, quale riferimento per
valutare l’adeguatezza dei
redditi
del
coniuge
richiedentel’assegno.
Per stabilire se il coniuge
richiedente
l’assegno
disponga o meno di
"adeguati redditi", si deve
fare riferimento al tenore di
vita goduto durante la
convivenza
matrimoniale
(115).
Nonostante
l’individuazioneunanime,da
parte della dottrina, del
parametro di valutazione
dell’adeguatezza dei redditi,
emergono
posizioni
differentiperquantoriguarda
la definizione concreta del
tenore di vita da assumere
comeriferimento.
Secondo una tesi risalente
nel tempo, il mantenimento
dovrebbegarantirealconiuge
separato lo stesso tenore di
vita goduto durante la
convivenza
matrimoniale
(116),epersinolostessostile
divita.
Diversa è la posizione di
chi rileva l’impossibilità per
i coniugi di mantenere lo
stesso tenore di vita
precedente alla separazione,
se le risorse rimangono
immutate, stante l’aumento
delle spese che comporta un
doppio ménage. Il giudice
sarebbe pertanto chiamato a
riequilibrare, per quanto
possibile, la situazione
economica
delle
parti,
svolgendo l’assegno di
mantenimento una funzione
di
equiparazione
delle
condizioni di vita dei
coniugi,
che
devono
tendenzialmente attestarsi ad
un livello paritario tra loro,
seppureinferioreaquelloche
caratterizzava la pregressa
convivenza(117).
Nelcasoincuiiltenoredi
vita dei coniugi sia stato
inferioreaquellocheleloro
potenzialità
economiche
potevano garantire, si ritiene
che
l’assegno
di
mantenimento debba essere
quantificato
tenendo
comunque
conto
della
complessiva
situazione
economica
e
delle
potenzialità dei coniugi, sia
che il tenore di vita più
modesto sia stato imposto o
tollerato, o sia stato
concordatoprivilegiandouna
scelta di vita improntata al
risparmio
(118).
Tale
interpretazione è criticata da
coloro che sostengono la
rilevanza dell’accordo dei
coniugi ex art. 144 c.c. e
un’area di disponibilità dei
doveri dettati dall’ art. 143
c.c.(119).
La
valutazione
dell’adeguatezza dei redditi
del coniuge richiedente,
secondo
unanime
orientamento, non deve
riferirsi ai soli suoi redditi,
ma estendersi all’intera
situazione
economica,
considerando
tutte
le
"circostanze" che ricorrono
in concreto e che incidono
sulla
sua
posizione
economica(120).
Si discute se si debba o
meno tenere conto, nel
valutarel’esistenzadiredditi
adeguati in capo al coniuge
richiedente,
della
sua
capacità
lavorativa,
nonostante l’art. 156 c.c.,
diversamente dall’art. 5,
comma 6, l. 898/70, come
modif. dalla l. 74/87 che
disciplina l’assegno di
divorzio, non ne faccia
menzione come presupposto
per
l’attribuzione
dell’assegno.
Secondo
l’opinione
prevalente, nell’accertare la
situazione economica e
patrimoniale del coniuge
richiedente l’assegno di
mantenimento,
occorre
valutare tutti i fattori
soggettivi ed oggettivi del
caso (121), e quindi tenere
presente anche la sua
capacitàlavorativa(122).
Minoritaria è la posizione
di chi ritiene che ogni
coniuge ha l’obbligo di
"automantenersi",ehadiritto
all’assegno di mantenimento
solo se è privo di mezzi di
sostentamento e si trova
nell’impossibilità oggettiva,
nondipendentedasuacolpa,
diprocurarseli(123).
Sulla rilevanza del lavoro
casalingo e di cura della
famigliasvoltoinparticolare
da un coniuge, concordato o
anche solo tacitamente
accettato dall’altro, parte
della dottrina si sofferma
sulleconseguenzediunatale
scelta, che può aver
comportato la rinuncia del
coniuge
alle
proprie
aspirazioni di lavoro o di
carriera. Si ritiene che
risulterebbe
ingiusto
obbligarlo a trovare un
qualsiasi lavoro, anche
modesto o degradante, per
tutelare le ragioni del
coniugeeconomicamentepiù
forte che può aver tratto
vantaggio dalla situazione, e
sisostieneconseguentemente
che l’assegno spetti, in tale
ipotesi, indipendentemente
dalle capacità di lavoro
extradomestico del coniuge
(124).
Seguendo
lo
stesso
orientamento, una recente
posizionedottrinariamettein
luce la funzione perequativa
dell’assegno
di
mantenimento,
in
considerazione
della
necessità di organizzare la
vita della famiglia anche
dopo la rottura della
convivenza matrimoniale, e
la conseguente esigenza di
operare “una equa divisione
delle risorse ed eliminare o
quantomeno ridurre le più
forti disuguaglianze tra i
coniugiproprionelmomento
in cui, a seguito della crisi
matrimoniale, le ricadute
negative di una divisione
asimmetrica dell’impegno
domestico-latentinellafase
fisiologica del rapporto possono manifestarsi e
risultare
particolarmente
gravi”(125).
Quanto alla situazione
economicaepatrimonialedel
coniuge
obbligato,
la
valutazione deve riferirsi in
modo ampio al complesso
deisuoiredditi,beni,utilitàe
potenzialità
economiche
(126). Tuttavia, partedella
dottrina ritiene che la
valutazione della situazione
economicaepatrimonialedel
coniuge più abbiente debba
essereeffettuatainmodotale
da consentire a entrambi i
coniugi - nel bilanciamento
dei rispettivi interessi e di
quelli della famiglia nel suo
insieme, e mediante la
corresponsionediunassegno
di mantenimento - di
conservare il pregresso
tenoredivitasenzaintaccare
il patrimonio di nessuno dei
due(127).
Sulla rilevanza, ai fini
dell’aumentodell’assegno,di
eventuali
miglioramenti
economiciedeltenoredivita
del coniuge obbligato, dopo
la separazione, la dottrina
risultadivisa.Secondoalcuni
Autori, non possono essere
estesialconiugebeneficiario
dell’assegno gli incrementi
patrimoniali del coniuge
obbligato (128), mentre
secondo altri il coniuge
economicamente più debole
neavrebbediritto(129). Una
posizione più equilibrata è
espressa da chi ritiene che
siano rilevanti ai fini
dell’aumento dell’assegno
quegli incrementi che siano
conseguenza e sviluppo di
attività intraprese nel corso
della convivenza coniugale
(130).
3.L’autonomianegozialedei
coniugi e l’accordo relativo
almantenimento.
I
coniugi
possono
liberamente determinare la
misura, le modalità di
corresponsione, i criteri di
quantificazione per il futuro,
le forme integrative e
sostitutive
dell’assegno,
nonchélasuadurata(131).
Queste
pattuizioni
vengono,
nella
prassi,
frequentemente
inserite
nell’accordo di separazione
consensuale, che costituisce
“uno dei momenti più
significatividellanegozialità
nell’ambito delle vicende
familiari” (132), e dove si
ritiene che coesistano un
contenuto necessario ed uno
eventuale.
Secondo un orientamento
risalente della dottrina, il
contenuto
necessario
comprende
l’accordo
sull’interruzione
della
convivenza e le pattuizioni
strettamente
connesse
(assegno di mantenimento
per il coniuge, affidamento
deifigliminori,assegnoperi
figli minori, assegnazione
della casa familiare, ecc.),
mentreilcontenutoeventuale
comprendequellepattuizioni
che non trovano nella
separazionelalorocausa,ma
solol’occasione(133).
Un
più
recente
orientamento identifica il
contenuto
essenziale
dell’accordo con il solo
consenso alla separazione, e
attribuisce
alle
altre
pattuizioni
natura
complementare, subordinata
ed accessoria rispetto al
negoziodiseparazione(134).
Qualora
esistano
i
presupposti
del
mantenimento, coloro che
ritengono i relativi patti
quale contenuto necessario
dell’accordo di separazione,
ne
sostengono
come
indispensabile
la
regolamentazione al fine di
assicurare la tutela del
coniugedebole.Neconsegue
che laddove l’accordo non
disponga sul mantenimento,
l’omologazione
andrebbe
rifiutata(135).
Disegnocontrarioèlatesi
secondo la quale la
regolamentazione
dei
rapporti economici tra i
coniugi resta nell’ambito
della loro discrezionale ed
autonoma determinazione,
chesifondasullavalutazione
delle rispettive convenienze,
con la conseguenza della
possibilitàcheglistessinulla
dispongano in ordine al
contributo al mantenimento
per un coniuge, o vi
provvedano con accordi
stragiudiziali(136).
La dottrina prevalente
ritiene che l’autonomia
negozialedeiconiugi,riferita
alle pattuizioni a carattere
patrimoniale, trovi un limite
solo nel principio della
inderogabilità dei diritti che
nascono dal matrimonio
(137),
e
della
non
omologabilità di clausole
comunquenulle(138).
Prevale
comunque
l’opinione che il diritto al
mantenimento, considerato
come prosecuzione del
dovere di assistenza o di
contribuzione,
sia
indisponibile
(139).
Il
coniuge separato non può
pertanto cedere tale diritto.
Quanto alla rinunzia al
mantenimento,
se
ne
ammette la validità come
affermazione
della
autosufficienza economica
del
coniugerebus sic
stantibus, rilevante fino a
revocaenonvincolantecome
rinuncia a future revisioni,
qualora muti la situazione di
fatto(140).
Una più ampia autonomia
negoziale dei coniugi è
affermata da chi sostiene la
pienadisponibilitàdeldiritto
almantenimento(141).
Nel regolamentare i loro
rapporti
economici
e
patrimoniali in sede di
separazione consensuale, i
coniugi possono anche
convenire
forme
di
attribuzione
economica,
integrative o sostitutive
dell’assegno
di
mantenimento, in funzione
satisfattiva dell’obbligo di
assistenza coniugale (142).
Possono
ad
esempio
concordare
che
la
corresponsionedelcontributo
economico avvenga con
modalità atipiche, quali la
determinazionediunimporto
variabile in aumento o in
diminuzione
legato
proporzionalmente
alle
variazioni
del
reddito
dell’obbligato (143), oppure
l’attribuzione diretta di
redditi
o
proventi
dell’obbligato,
o
il
pagamento diretto di spese,
qualiilcanonedilocazionee
lespeseaccessorie.
La dottrina prevalente
ammette che i coniugi
possano pattuire anche
prestazioni in denaro o
medianteattribuzionedibeni
mobili e immobili, in
alternativa alla periodica
somministrazione
dell’assegno
di
mantenimento, nonostante
che
nell’ambito
della
separazione non vi sia una
norma che espressamente
prevedatalepossibilità(144).
Così,
si
ritiene
ammissibile in sede di
separazione l’adempimento
dell’obbligo
del
mantenimento
mediante
corresponsionediunasomma
unatantum,comeprevedela
normativa che disciplina il
divorzio(l.1.12.1970,n.898,
art.5,comma8,comemodif.
dalla l. 74/87), a condizione
che sussista l’accordo delle
parti e ferma restando, a
differenza di quanto è
previsto per il divorzio, la
possibilità per il coniuge
beneficiario di avanzare in
futuro domande di carattere
economico, quanto meno di
naturaalimentare(145).
Parte
della
dottrina
sostiene la praticabilità di
questa soluzione anche nella
separazione
giudiziale,
ritenendo che ove le parti
concordino sull’opportunità
di liquidare il mantenimento
in un’unica soluzione, il
giudice, che valuti tale
accordo conveniente per il
coniuge beneficiario, può
statuireintalsenso(146).
Opinione
contraria
esprime chi ritiene che la
possibilità di concordare la
definizioneuna tantum dei
rapporti economici tra
coniugi non a caso sia
prevista tassativamente in
relazionealdivorzio,quando
non sussiste "alcun valido
ostacolo ad una definizione
convenzionaledefinitiva" dei
rapporti economici, mentre
ciònonèpossibiledurantela
separazione,poichél’assegno
di mantenimento ha la
funzione di perpetuare il
dovere
di
assistenza
reciproca che caratterizza il
matrimonio e si mantiene
integroanchedurantelostato
diseparazione(147).
Quanto alla possibilità di
sottoporre a termine o a
condizione le pattuizioni di
naturaeconomica,ladottrina
prevalente è contraria in
quanto
l’accordo
di
separazione deve avere
riguardo alla situazione
attuale dei coniugi e non
futura ed ipotetica (148). Si
ammette però la possibilità
di collegare la cessazione
dell’obbligo
di
mantenimento o la riduzione
dell’assegnoalpercepimento
di un reddito da attività
lavorativa da parte del
coniuge
beneficiario
dell’assegno,
o
all’instaurazione da parte di
questi di una convivenza
moreuxorio(149).
Sulla legittimità degli
accordia latere, intervenuti
tra i coniugi in un momento
anteriore, contestuale o
posteriore all’omologazione
e non trasfusi nel verbale di
separazione, si è sviluppato
un ampio dibattito in
dottrina,
come
in
giurisprudenza.
La tendenza recente a
riconoscere uno spazio
sempre
più
ampio
all’autonomia negoziale dei
coniugi ha dato avvio ad un
orientamento che riconosce
validitàadalcuniaccordinon
trasfusi nell’accordo di
separazione, tenendo conto
del loro contenuto e del
tempodellapattuizione.
Mentre
la
dottrina
risalente si esprime in senso
negativo sulla validità dei
patti anteriori o coevi
all’accordo formale di
separazione (150), in epoca
recente altri ritengono che
sianovalidisesicollocanoin
posizionedinoninterferenza
rispetto
all’accordo
omologato o di maggior
rispondenza
rispetto
all’interesse tutelato, come
nel caso dell’assegno di
mantenimento concordato in
misura superiore a quella
sottoposta ad omologazione
(151).
Gli accordi successivi
all’accordo omologato sono
invece ritenuti sempre validi
dalla dottrina maggioritaria,
col solo limite del rispetto
delle norme inderogabili
(152). Gli accordi non
omologati, dunque, non
differiscono, sotto il profilo
sostanziale, dalle pattuizioni
contenute nel verbale di
separazione consensuale ex
art.
711
c.p.c.
successivamente omologato,
mentre
sotto
l’aspetto
processualenonacquisiscono
efficaciadititoloesecutivo.
CAPITOLOV
ILMANTENIMENTODEL
CONIUGESEPARATO
SECONDO
L’ORIENTAMENTO
DELLAGIURISPRUDENZA
SOMMARIO: 1. Gli effetti
economici della separazione e
il diritto al mantenimento. –2.
La valutazione di adeguatezza
dei redditi del coniuge che
richiede l’assegno.
–3.
L’indisponibilità del diritto al
mantenimento e gli accordi di
naturaeconomicatraiconiugi.
1.Gli effetti economici della
separazione e il diritto al
mantenimento.
La giurisprudenza di
legittimità ritiene, con
orientamento
pressoché
univoco a differenza della
dottrina, che la separazione
instauriunregimetendentea
conservareilpiùpossibilegli
effettipropridelmatrimonio,
compatibiliconlacessazione
della convivenza, e, quindi,
anche lo stile di vita di
ciascunodeiconiugi(153).
Secondo una consolidata
interpretazione dell’art. 156,
primo comma, c.c., il
coniuge cui non sia
addebitabile la separazione e
che sia privo di redditi
propri,
adeguati
a
consentirgli di mantenere un
tenore
di
vita
tendenzialmente analogo a
quello goduto in costanza di
matrimonio, ha diritto al
mantenimento,
purché
sussista
una
disparità
economica tra i coniugi
(154).
Il mantenimento spettante
al coniuge separato ha una
funzione solidaristica e
riequilibratrice dei rapporti
economici fra i coniugi,
poiché con la separazione
personale non viene meno la
solidarietà economica che
lega gli stessi durante il
matrimonio e che comporta
la
condivisione
delle
reciproche fortune nel corso
dellaconvivenza(155).
Non assume pertanto
rilevanza
l’eventuale
disposizione
di
mezzi
economici che consentano al
coniuge di soddisfare le sue
esigenze primarie, in quanto
ilconcettodiadeguatezzadei
redditi non è riferito alla
sussistenza di uno stato di
bisogno, ma si traduce in un
accertamento diretto a
consentire al coniuge di
mantenere un tenore di vita
analogo a quello goduto
durantelaconvivenza(156).
Né si richiede che il
coniugechevantiildirittoal
mantenimento
dimostri
l’impossibilità a procurarsi,
per ragioni oggettive, redditi
propri adeguati al pregresso
tenore di vita, mettendo a
frutto la propria capacità di
lavoro, come invece previsto
in materia di divorzio
dall’art. 5, comma 6, l.
898/70,comemodif.dall’art.
10, l. 74/87 (157). Così, se
prima della separazione i
coniugi avevano concordato
o, quanto meno, accettato sia pure soltantoper facta
concludentia-cheunodiessi
non lavorasse, l’efficacia di
tale accordo permane anche
dopolaseparazione(158).
Anche la durata del
matrimonio non rientra tra
gli elementi costitutivi del
diritto
all’assegno
di
mantenimento, e pertanto
non può essere riconosciuta
alla breve durata della
convivenza coniugale una
efficacia
preclusiva
all’attribuzione dell’assegno,
nelconcorsodellecondizioni
indicate, avendo al più
rilievo ai fini della
quantificazione dell’assegno
stesso(159).
Presuppostoessenzialeper
l’attribuzionedell’assegnodi
mantenimento
è
la
sussistenza di una disparità
economicatraiconiugi,così
che una volta accertati il
tenore di vita del quale i
coniugi erano in grado di
godereduranteilmatrimonio
in
base
al
reddito
complessivo, e la mancanza
di mezzi adeguati al
mantenimento di quel tenore
di vita da parte del coniuge
richiedentel’assegno,sideve
poi
valutare
comparativamente
la
posizione economica dei
coniugi al momento della
pronuncia della separazione,
al fine di quantificare
l’assegno
in
funzione
tendenzialmente restitutoria,
in suo favore, del pregresso
tenore di vita, ove la
situazione del coniuge
richiedente sia deteriore
rispetto a quella dell’altro
(160).
2
.La
valutazione
di
adeguatezza dei redditi del
coniuge
che
richiede
l’assegno.
Ilparametrodiriferimento
per valutare l’adeguatezza
dei redditi del soggetto che
invoca
l’assegno
è
rappresentato dal contesto
sociale nel quale i coniugi
hanno vissuto durante la
convivenza e dal tenore di
vita che erano in grado di
godere.
In
particolare,
la
giurisprudenza
della
Suprema Corte è costante
nell’affermare che il tenore
di vita coincide con le
potenzialità
economiche
complessive dei coniugi
durante il matrimonio ed è
l’elemento condizionante la
qualità delle esigenze e
l’entità delle aspettative del
medesimorichiedente(161).
Il tenore di vita cui fare
riferimento è quello che il
coniuge
economicamente
forte aveva il dovere di
consentire
all’altro
in
relazione allesostanzedicui
disponeva, e non già quello
più modesto eventualmente
tolleratoosubitoincostanza
di matrimonio (162). Il
riferimento al tenore di vita
potenziale discende dal
cosiddetto
principio
contributivo sancito dall’art.
143 c.c., secondo il quale i
coniugisonotenuti,ciascuno
in relazione alle proprie
sostanze e alla propria
capacità
di
lavoro
professionale o casalingo, a
contribuire ai bisogni della
famiglia.
In alcune pronunce si
sostiene che non assume
rilevanzaneppureiltenoredi
vitaconcordatotraiconiugi,
tesoadesempioalrisparmio
o attuato con l’adozione di
particolari
criteri
di
suddivisione delle spese
familiari e di disposizione
dei redditi personali residui
(163).
Secondo il prevalente e
consolidato
orientamento
della giurisprudenza di
legittimità,seèpurveroche
la separazione determina
normalmentelacessazionedi
una serie di benefici e
consuetudinidivitaedanche
il diretto godimento di beni,
ciò nonostante il tenore di
vita goduto in costanza di
convivenza va identificato
avendo
riguardo
allo
"standard" di vita reso
oggettivamente possibile dal
complesso delle risorse
economiche dei coniugi,
tenendoquindicontoditutte
lepotenzialitàderivantidalla
titolarità del patrimonio in
termini di redditività, di
capacitàdispesa,digaranzie
di elevato benessere e di
fondate aspettative per il
futuro(164).
Tuttavia, si rileva nelle
pronunce della Cassazione
degli ultimi anni una
tendenza a tenere in
maggiore considerazione le
conseguenze
della
separazioneeleesigenzedei
nuovi progetti di vita dei
coniugi separati. Si è così
precisato
che
la
conservazionedelprecedente
tenore di vita da parte del
coniuge
beneficiario
dell’assegno costituisce un
obiettivo solo tendenziale,
poiché non sempre la
separazione ne consente la
piena realizzazione, essendo
notoriocheessariduceanche
lepossibilitàeconomichedel
coniuge onerato e che
soltanto dall’appartenenza al
consorzio familiare derivano
ai coniugi e alla prole
vantaggi - in termini,
soprattutto, di contenimento
delle
spese
fisse
riconducibili aeconomie di
scala e ad altri risparmi
connessi a consuetudini di
vitaincomune(165).
Detto obiettivo, pertanto,
va perseguito nei limiti
consentiti dalle condizioni
economiche del coniuge
obbligato e dalle altre
circostanze
richiamate
dall’art. 156, comma 2, c.c.,
con la precisazione che, in
ogni caso, la determinazione
di tali limiti è riservata al
giudice di merito, cui spetta
la valutazione comparativa
delle risorse dei due coniugi
al fine di stabilire in quale
misura l’uno debba integrare
i
redditi
insufficienti
dell’altro(166).
3 .L’indisponibilità del
diritto al mantenimento e gli
accordi di natura economica
traiconiugi.
Da
tempo
la
giurisprudenza
riconosce
pienamente il diritto di
ciascun
coniuge
a
condizionareilconsensoalla
separazione
ad
un
soddisfacente
assetto
generale dei propri interessi
economici, purché con tale
composizione non si realizzi
una lesione di diritti
inderogabili(167).
L’accordo tra i coniugi è
ritenuto l’elemento fondante
della
separazione
consensuale
e
del
regolamento
dei
loro
rapporti, cui viene impressa
efficacia
giuridica
dal
decretodiomologazione,atto
di controllo privo di
contenuto decisorio, che
svolge la funzione di
controllare la compatibilità
della convenzione rispetto
alle norme cogenti ed ai
principi di ordine pubblico
(168). In tale prospettiva
l’accordo di separazione
viene
considerato
atto
essenzialmente negoziale,
espressionedellacapacitàdei
coniugi di autodeterminarsi
responsabilmente(169).
Ne consegue, in ordine al
mantenimento a favore del
coniuge privo di adeguati
redditi propri, che i coniugi
possono
liberamente
determinarne la misura, i
criteri di quantificazione per
il futuro ed anche forme
integrative e sostitutive
dell’assegno.
L’autonomia dei coniugi
può anche comportare un
reciproco riconoscimento di
sufficienza economica e di
adeguatezza dei rispettivi
redditi, ma non la rinunzia
definitiva al mantenimento,
essendo
fatta
salva
l’eventuale
successiva
modifica delle condizioni
secondol’espressaprevisione
dell’art.711,u.c.,c.p.c..
Costante
è
pure
l’orientamento
giurisprudenziale
che
sostiene la nullità degli
accordi con i quali i coniugi
fissanoinsedediseparazione
il regime economico e
patrimoniale del futuro ed
eventuale divorzio, sul
presupposto che la causa sia
illecita in quanto stipulati in
violazione del principio
fondamentale
della
indisponibilità dei diritti in
materia
matrimoniale
espresso dall’art. 160 c.c..
(170).
Eludendo la questione,
tanto discussa in dottrina, in
merito alla riferibilità o
meno dell’art. 160 c.c. alla
sola fase fisiologica della
unione coniugale, e, in
particolare,
al
regime
patrimoniale della famiglia,
la
Cassazione
ha
recentemente precisato che,
inognicaso,ciòcheentrain
giuoco con riguardo alla
rinuncia del diritto al
mantenimento
non
è
propriamente il carattere
indisponibile in sè dei diritti
patrimonialideiconiugi,ma,
piuttosto,l’esigenzaditutela
del coniuge economicamente
più debole, l’attribuzione al
quale dell’assegno divorzile
potrebbe essere messa in
discussione da un accordo
stipulato in sede di
separazione(171).
Di conseguenza si ritiene
che non si possa tener conto
di tali accordi, sia quando
limitinooescludanoildiritto
del coniuge economicamente
più debole al conseguimento
di quanto è necessario per
soddisfare le sue esigenze di
vita, ma anche quando
soddisfino pienamente dette
esigenze,eciò"perilrilievo
che
una
preventiva
pattuizione - specie se
allettanteecondizionataalla
nonopposizionealdivorziopotrebbe determinare il
consenso alla dichiarazione
didivorzio"(172).
Altra questione riguarda il
ricorso,abbastanzafrequente
da parte dei coniugi, ad
accordi di natura economica,
che vengono sottoscritti in
epocaprecedente,contestuale
osuccessivaallaseparazione
consensuale,enonsottoposti
alla
omologazione
del
tribunale.
Si pone al riguardo il
problema della validità ed
efficacia di tali accordi, che
possono avere una funzione
integrativa, modificativa o
derogatoria rispetto alle
condizioni
concordate
inserite nel verbale di
separazione
consensuale
omologato.
La giurisprudenza tende a
riconoscere in tali casi
l’autonomia negoziale dei
coniugi,
pur
entro
determinati limiti e con
riferimento al tempo della
stipuladegliaccordi.
Secondo un consolidato
orientamento, le pattuizioni
convenute dai coniugi prima
del decreto di omologazione
e non trasfuse nell’accordo
omologato si configurano
come contratti atipici, aventi
presupposti e finalità diversi
sia
dalle
convenzioni
matrimonialichedagliattidi
liberalità, nonché autonomi
rispetto al contenuto tipico
del regolamento concordato
tra i coniugi, destinato ad
acquistare efficacia giuridica
soltanto in seguito al
provvedimento
di
omologazione.
A
tali
pattuizioni può riconoscersi
validità
solo
quando
assicurino una maggiore
vantaggiosità all’interesse
protetto dalla norma, ad
esempio concordando un
assegno di mantenimento in
misura superiore a quella
sottoposta ad omologazione,
o quando concernano un
aspetto non preso in
considerazione dall’accordo
omologato e sicuramente
compatibile con questo, in
quanto non modificativo
della sua sostanza e dei suoi
equilibri,
o
quando
costituiscano
clausole
meramente
specificative
dell’accordostesso(173).
Diversamente, non è
consentitoaiconiugiincidere
sull’accordo omologato con
soluzioni alternative di cui
non sia certa a priori la
uguale
o
migliore
rispondenza
all’interesse
tutelato
attraverso
il
controllo giudiziario di cui
all’art.158c.c..
Per quanto riguarda le
modifiche degli accordi
convenute tra i coniugi a
seguito dell’omologazione
della
separazione,
la
giurisprudenzadilegittimità,
trovando fondamento nel
disposto dell’art. 1322 c.c.,
ritiene che siano valide ed
efficaci
a
prescindere
dall’interventodelgiudiceex
art. 710 c.p.c., qualora non
superino il limite di
derogabilità
consentito
dall’art. 160 c.c. e, in
particolare, quando non
interferiscano con l’accordo
omologato
ma
ne
specifichinoilcontenutocon
disposizioni maggiormente
rispondenti agli interessi ivi
tutelati(174).
Trattasi in ogni caso di
pattuizioni che sono prive di
efficaciadititoloesecutivo,e
pertanto nell’ipotesi di
inadempimento del coniuge
obbligato non si potrà
procedere con l’azione
esecutiva, bensì solo attivare
un procedimento ordinario o
richiedere
un
decreto
ingiuntivo, o promuovere il
giudizio di modifica delle
condizionidiseparazione.
CAPITOLOVI
L’ASSEGNODI
MANTENIMENTO.
ANALISICRITICOGIURIDICADELLA
NORMATIVA
SOMMARIO: 1. I presupposti per
l’attribuzione dell’assegno di
mantenimento ai sensi dell’art.
156 c.c.. La non addebitabilità
della separazione e la
mancanza di adeguati redditi
propri. –2. La valutazione
comparativa della situazione
economicadeiconiugi. –3. La
quantificazionedell’assegnodi
mantenimento. Criteri. –4.
Altre circostanze che possono
influire sulla determinazione
dell’assegno.
–4.1.
L’assegnazione della casa
coniugale. –4.2.Leelargizioni
da parte di familiari. –4.3.
L’attitudine al lavoro del
coniuge richiedente l’assegno.
–4.4.Laduratadelmatrimonio.
– 4.5. La convivenza more
uxorio.–4.6.Lanascitadifigli
naturali. –4.7. Le modifiche
dell’attività lavorativa del
coniuge onerato. –4.8. Le
sopravvenienze reddituali e
patrimoniali nel corso del
giudizio. –5. L’accertamento
della situazione economica e
patrimoniale dei coniugi e
l’onere della prova. –6. Le
indagini sui redditi e i
patrimoni dei coniugi a mezzo
della polizia tributaria. –7. Le
modalità di corresponsione
dell’assegno. –8.Ladisciplina
dell’assegno di mantenimento.
– 8.1. La decorrenza. –8.2.
L’adeguamento dell’assegno. –
9. Revoca e modifica
dell’assegno.
1 .I presupposti per
l’attribuzionedell’assegnodi
mantenimento
ai
sensi
dell’art. 156 c.c.. La non
addebitabilità
della
separazioneelamancanzadi
adeguatiredditipropri.
Il diritto all’assegno di
mantenimento,secondol’art.
156, primo comma, c.c. e
l’orientamentocheprevalein
dottrina e giurisprudenza,
spetta al coniuge cui non sia
addebitabile la separazione e
chenondispongadiadeguati
redditi propri per il
mantenimentodiuntenoredi
vitatendenzialmenteanalogo
a quello che i coniugi erano
in grado di godere durante il
matrimonio in base al loro
reddito
e
patrimonio
complessivo, e laddove
sussista
una
disparità
economica tra gli stessi
(175).
La
mancanza
di
addebitabilità
della
separazione al coniuge che
richiede
l’assegno
è
condizione espressamente
prevista dall’art. 156, primo
comma, c.c. (176), mentre è
irrilevante che sia stato o
menodichiaratol’addebitoin
capoall’altroconiuge.
Non può invece essere
riconosciuto l’assegno di
mantenimento al coniuge
economicamente più debole
incasodiaddebitabilitàdella
separazione ad entrambi i
coniugi,
non
essendo
possibile effettuare da parte
del giudice una graduazione
fra le diverse responsabilità
(177).
L’attribuzione
dell’assegno
richiede
innanzitutto di accertare il
tenore di vita che i coniugi
erano in grado di godere
duranteilmatrimonioinbase
al loro reddito e patrimonio
complessivo; quindi di
verificare se il coniuge
richiedentesiaingradoconi
propri mezzi di conservare
un
tenore
di
vita
tendenzialmente analogo, e
in caso negativo di valutare
comparativamente
la
posizione economica dei
coniugi al momento della
pronunciadellaseparazione.
Qualora la situazione del
coniuge richiedente sia
deteriore rispetto a quella
dell’altro,
si
dovrà
quantificare l’assegno in
funzione
tendenzialmente
restitutoria,insuofavore,del
tenoredivitapregresso,così
da riequilibrare, per quanto
possibile, la situazione
economica delle parti, che
devono
tendenzialmente
attestarsi ad un livello
paritario tra loro, seppur
inferiore a quello che
caratterizzava la precedente
convivenza(178).
Il tenore di vita goduto
durante la convivenza deve
essere identificato avendo
riguardoallostandarddivita
reso
oggettivamente
possibiledalcomplessodelle
risorse economiche dei
coniugi,tenendoquindiconto
di tutte le potenzialità
derivanti dalla titolarità del
patrimonio in termini di
redditività, di capacità di
spesa, di garanzie di elevato
benessere e di fondate
aspettativeperilfuturo(179).
Andrà preso in esame il
contestoeconomicoesociale
che ha caratterizzato la vita
deiconiugi(180),chesarebbe
presumibilmente proseguito
incasodicontinuazionedella
convivenza.
Sidevetenercontonongià
del tenore di vita più
modesto consentito dal
coniugeeconomicamentepiù
forte, bensì di quello che
questi
avrebbe
dovuto
consentire alla famiglia in
base alle sue effettive
sostanze e disponibilità
reddituali (181). La stessa
soluzione
deve
essere
adottata nel caso in cui un
tenore di vita inferiore a
quello che i coniugi
avrebbero potuto avere, in
considerazione delle loro
complessive
risorse
economiche, sia stato frutto
di una comune scelta
improntata al risparmio
(182), dovendosi semmai
accertareseiconiugisonoin
regimedicomunionelegale–
e in tal caso il risparmio
accantonato sarà diviso tra i
coniugi e concorrerà a
delineare la situazione
economica del coniuge
richiedente l’assegno – o in
separazione dei beni –
rilevando in tale ipotesi la
condizione economica del
coniuge che ha beneficiato
dell’accantonamento
del
risparmio.
Aifinidellavalutazionedi
adeguatezza dei redditi del
soggettochechiedel’assegno
si deve fare riferimento,
secondo
consolidata
giurisprudenza,
alle
potenzialità
economiche
complessive dei coniugi
durante il matrimonio, quale
elemento condizionante la
qualità e la quantità delle
esigenze e l’entità delle
aspettative del medesimo
richiedente(183).
Tuttavia, la conservazione
del precedente tenore di vita
da parte del coniuge
beneficiariodell’assegnonon
può che costituire un
obiettivo solo tendenziale,
essendo notorio che la
separazione riduce spesso le
possibilità economiche del
coniuge onerato e comporta
un aumento delle spese in
considerazione delle nuove
esigenzedivitadientrambii
coniugi.
Tale obiettivo va dunque
perseguito
nei
limiti
consentiti dalle condizioni
economiche del coniuge
obbligato e dalle altre
circostanze
richiamate
dall’art.
156,
secondo
comma,
c.c.,
valutate
comparativamente le risorse
dei due coniugi al fine di
stabilire in quale misura
l’uno debba integrare i
redditiinsufficientidell’altro
(184).
2
.La
valutazione
comparativa della situazione
economicadeiconiugi.
Una volta accertato che i
mezzieconomicidelconiuge
che richiede l’assegno non
siano tali da consentirgli la
conservazionediuntenoredi
vitatendenzialmenteanalogo
a quello avuto durante il
matrimonio,
si
deve
procedere alla valutazione
comparativa dei mezzi
economici
di
ciascun
coniuge,
avendo
come
riferimento temporale il
momento della separazione,
al fine di stabilire se vi sia
una disparità economica che
giustifichi
l’imposizione
dell’assegno, e determinarne
lamisura(185).
Le
potenzialità
economiche dei coniugi che
vanno
prese
in
considerazionedevonoessere
attuali e concretamente
valutabili, e comprendono
non solo i redditi in senso
stretto, ma anche i cespiti di
cui si abbia il diritto di
godimento ed ogni altra
utilità
suscettibile
di
valutazioneeconomica(186).
Per reddito si intende
quella “misura monetaria
dellaricchezza(beni,servizi,
denaro,crediti)cheaffluisce
al soggetto in un certo arco
temporale, al netto della
ricchezza
dallo
stesso
consumata e ceduta per
produrla: è un flusso che, a
seconda della sua origine, è
qualificato come salario,
stipendio,pensione,pensione
di invalidità e assegni ad
essa
connessi,
inclusa
indennità
di
accompagnamento o di
superinvalidità, indennità di
servizio all’estero, profitto,
rendita,
plusvalenza,
interesse, dividendo, etc.”, e
si deve prendere in
considerazione, ai fini che
qui interessano, il “reddito
disponibile” cioè “il reddito
che il soggetto può spendere
o investire, dopo il
pagamento delle imposte e
dei contributi obbligatori,
con l’avvertenza che tale
configurazione di reddito
comprendetuttiiproventidel
soggetto, anche quelli non
dichiarati ai fini fiscali
(perchégiàtassatiallafonte,
perché esenti da imposta o
più semplicemente perché
sottrattiatassazione)”(187).
Il patrimonio deve invece
essere
inteso
“come
ricchezza, ovvero come
complesso di beni (mobili,
immobili, denaro, titoli),
diritti e crediti aventi
contenuto economico, di cui
il soggetto sia titolare: a
differenza del reddito il
patrimonio non è un flusso,
ma un aggregato, pur
essendosempreunaggregato
suscettibile di modificarsi
nella
composizione
qualitativa così come nella
dimensione.
Infatti,
le
componenti del patrimonio
rilevano,aprescinderedalla
loro provenienza e dalla
causa dell’acquisto, che può
essere anche ereditario,
siano essi produttivi o
temporaneamente
improduttivi, in tal caso
valutando il loro valore
intrinseco in vista della loro
alienazione o del diverso
impiego,ovveroilredditoda
essi concretamente prodotto
ovvero l’utilità, nel caso di
uso diretto a fini personali
(abitativi, anche periodici, o
professionali)”(188).
Il giudice terrà quindi
conto del valore del
patrimonio mobiliare e
immobiliare di cui ogni
coniuge dispone, e del
reddito ricavabile dagli
immobili, così come di ogni
rendita che matura su tali
beni. Qualora il reddito
prodotto dagli immobili sia
inferiore
a
quanto
potenzialmente ricavabile, o
sia inesistente, il giudice
terrà in considerazione il
valoredeibeni.Seilconiuge
ha provveduto a vendere in
tuttooinparteisuoibeni,il
prezzo
ricavato
verrà
computato
nel
suo
patrimonio.
Si
dovrà
viceversa tener conto della
eventuale
difficoltà
di
alienareolocareunbene,per
motivioggettivi.
Nonostante il primo
comma dell’art. 156 c.c. si
riferisca ai soli redditi del
coniuge
che
richiede
l’assegno, la dottrina e la
giurisprudenzasonoorientate
a ritenere che la valutazione
debbacoinvolgerenonsoloi
redditi ma anche ogni
“circostanza” che abbia
valenza economica riferita
alla
sua
situazione
patrimoniale complessiva,
come prevede l’art. 156,
comma 2, c.c. per il coniuge
onerato.
Oltre al reddito e al
patrimonio – che “ancorché
distinti, si presentano fra
loro strettamente collegati:
infatti,ilredditorisparmiato
e
quello
investito
costituiscono una delle
principali
fonti
di
accrescimentodelpatrimonio
e,d’altraparte,ilpatrimonio
èfontediredditosottoforma
di
interessi,
rendite,
dividendi,canoni,ecc.”(189)
– devono essere oggetto di
accertamento “le utilità di
vario
genere,
purché
suscettibili di valutazione
economica (vitto, alloggio,
pagamento
del
mutuo,
ospitalità per le vacanze,
utenze
gratuite,
ecc.)
ricavate
dai
rapporti
familiari o personali del
coniuge, per esempio la
famiglia di origine, il
convivente, il datore di
lavoro(benefits)”(190).
Sidovràtenercontoanche
delle
sopravvenienze
reddituali e patrimoniali
intervenute nelle more del
giudizio di separazione, in
quantodurantelaseparazione
non viene meno il rapporto
coniugale e i benefici
economici
sopravvenuti
devono essere condivisi
(191).
La valutazione della
situazione economica dei
coniugi
non
richiede,
secondo il costante indirizzo
della giurisprudenza di
legittimità,ladeterminazione
del preciso importo dei
redditi di ciascuno, ma
un’attendibile ricostruzione
delle complessive situazioni
patrimoniali e reddituali di
ogniconiuge(192).
3
.La
quantificazione
dell’assegno
di
mantenimento.Criteri.
La misura dell’assegno è
determinata “in relazione
allecircostanzeedairedditi
dell’obbligato”,
come
prescritto
dall’art.156,
comma2,c.c..
Le “circostanze”
da
considerare
per
la
quantificazione dell’assegno
di mantenimento consistono
in quegli elementi fattuali di
ordine
economico,
o
comunque apprezzabili in
termini economici, diversi
dal reddito del coniuge
onerato, e suscettibili di
incidere sulle condizioni
delle parti, quali ad esempio
la disponibilità di un
consistente
patrimonio,
anche mobiliare, o la
conduzione di uno stile di
vita particolarmente agiato e
lussuoso, o, in negativo, le
spese fisse dei coniugi
conseguenti alla separazione
(193). A differenza del
divorzio,
laddove
le
“circostanze” sono intese
come
“ragioni
della
decisione”, nella separazione
si deve far riferimento solo
ad elementi di ordine
economico e non alle cause
della separazione coniugale
(194).
Nel ricostruire il reddito
del coniuge onerato, il
giudicedovràtenerecontodi
tutti gli elementi positivi e
negativichecontribuisconoa
formarlo, e quindi anche
degli oneri, quali essi siano,
cheneriducanol’entità.Così
non si potrà attribuire un
assegno di mantenimento al
coniuge che pur ne avrebbe
diritto, quando la posizione
economica dell’obbligato sia
tale da far sì che qualsiasi
decurtazione si traduca nella
privazione del minimo
indispensabile
per
la
sopravvivenza, mentre si
potràdeterminareunassegno
di modesta entità ove sia
possibile
un
equo
contemperamento tra le
esigenze
del
coniuge
obbligato e l’opportunità di
assicurare un pur minimo
contributo alle necessità
dell’altro.
Secondo l’orientamento
consolidato
della
giurisprudenzadilegittimità,
il diritto di un coniuge al
mantenimento non postula
una
determinazione
dell’assegno ancorata a
criteri aritmetici, né può
comportare che il coniuge
percettore
di
redditi
corrisponda all’altro, che ne
sia sprovvisto, una somma
pari alla metà dei propri
(195).
La normativa vigente
riconosce al giudice un
ampio
spazio
di
discrezionalità circa la
quantificazione dell’assegno,
che
viene
determinato
secondo gli indici di
riferimento indicati dalla
legge e il rapporto di
proporzionalitàconilreddito
accertato
o
presunto
dell’obbligato; tale scelta,
svincolata dal sistema di
quote
o
percentuali
predeterminate (196), è
giustificata dall’esigenza di
trovare
soluzioni
che
valutino l’unicità e la novità
presentatadaognisituazione
difattodellavitaumana.Ciò
non comporta ovviamente
una facoltà di libero arbitrio
o di carenza motivazionale,
bensì, in ogni caso, una
puntualevalutazionedelcaso
concreto con riferimenti ai
singoliparametrinormativi.
4 .Altre circostanze che
possono
influire
sulla
determinazionedell’assegno.
Diverse
sono
le
circostanze che possono
influire sulla situazione
economica
di
ciascun
coniuge, in modo positivo o
negativo, quali ad esempio,
l’assegnazione della casa
coniugale
al
coniuge
beneficiariodell’assegnoele
spese di reperimento di
un’altra abitazione da parte
del coniuge obbligato; le
elargizioni da parte di
familiari; l’attitudine al
lavoro
del
coniuge
richiedente
l’assegno,
qualora venga riscontrata in
termini
di
effettiva
possibilità di svolgimento di
un’attività lavorativa, tenuto
contodiogniconcretofattore
individuale e ambientale; la
durata del matrimonio; la
prestazione di assistenza
materiale da parte del
c o n v i v e n t emore uxorio
quando di fatto escluda o
riducalostatodibisognodel
coniuge
richiedente
l’assegno; la nascita di figli
naturali.
4 . 1 .L’assegnazione della
casaconiugale.
L’art. 155- quater c.c.,
inseritodall’art.1,comma2,
l.
8.2.2006,
n.
54,
(“Disposizioni in materia di
separazione dei genitori e
affidamento condiviso dei
figli”) prescrive che il
giudice debba tenere conto
dell’ assegnazione della casa
coniugale “nella regolazione
dei rapporti economici tra i
genitori,
considerato
l’eventuale
titolo
di
proprietà”.
La norma introduce un
ulteriore elemento che
condizionalaquantificazione
dell’assegnodiseparazionea
favoredelconiuge.
Ladisposizionesiriferisce
al caso in cui vi siano figli
minori o maggiorenni non
autonomi conviventi con un
genitore,alquale,inforzadi
tale sua posizione di
collocatario dei figli, è stata
assegnata la casa coniugale,
incomproprietàtraiconiugi
o di proprietà esclusiva
dell’altro.
La giurisprudenza da
tempo
era
comunque
orientata nel senso di tener
conto della disponibilità, in
capo
al
beneficiario
dell’assegno, della casa
coniugale, che costituisce
un’utilità economicamente
valutabile
in
quanto
corrisponde al risparmio di
spesa che lo stesso realizza
non dovendo ricercare una
soluzione
abitativa
alternativa(197).
L’assegnazione della casa
coniugale
al
coniuge
potrebbe anche escludere
l’ulteriore erogazione a suo
favorediunasommaatitolo
di assegno di mantenimento,
qualora
le
condizioni
economiche complessive dei
coniugi
consentano
di
ritenere che il godimento
della
casa
compensi
integralmente
l’assegno
(198).
In caso di revoca
dell’assegnazione o qualora
la casa rimanga assegnata al
coniugeeconomicamentepiù
forte,adesempionelcasoin
cui questi ne sia l’esclusivo
proprietario e non vi siano
figli conviventi, minori o
maggiorenni non autonomi,
dovrà essere incrementato
l’assegno di mantenimento a
favore
del
coniuge
economicamente più debole
costrettoalasciarelacasa,e
aricercareun’altrasoluzione
che comporterà un aggravio
dispese(199).
4.2.Le elargizioni da parte
difamiliari.
Leipotesisonomolteplici,
in quanto le elargizioni da
partedeifamiliaripotrebbero
essere effettuate al coniuge
obbligato o al coniuge
richiedente l’assegno, in
costanzadimatrimonioonel
periododellaseparazione.
Secondo il più recente
orientamento
della
giurisprudenzadilegittimità,
la precedente vivenza a
caricodeigenitoridiunodei
coniugi in costanza di
matrimonio non comporta,
per il coniuge in grado di
procurarsi i mezzi di
sussistenza,
l’esonero
dall’obbligo di prestare
assistenza al coniuge del
tutto inidoneo a provvedere
al proprio mantenimento, a
nullarilevandocheigenitori
di
quest’ultimo,
evidentemente in difetto
dell’adempimento del primo
obbligato a norma dell’art.
433 c.c., vi abbiano
interamente provveduto e
continuino
a
farlo.
L’ospitalità e lo stesso
mantenimento forniti alla
coppia
di
coniugi
maggiorenni dai genitori di
uno dei due, infatti, ove non
siano
necessitati
da
condizioni oggettive e gravi
di impossibilità di autonomo
mantenimento,sonofruttodi
mera liberalità, e non
importano l’assunzione di
alcuna obbligazione di
mantenimento per il futuro
(200).
Un
precedente
orientamento
giurisprudenziale
aveva
invece sostenuto che il
coniuge separato che abbia
ricevuto, con carattere di
regolarità e continuità, aiuti
economici da parte dei suoi
familiari
durante
il
matrimonio
e,
successivamente, durante la
separazione, non ha diritto
all’assegno di mantenimento
(201).
Quantoalleelargizionidei
familiari effettuate con
regolarità
durante
la
convivenza a favore del
coniugeoneratodell’assegno,
secondo
un
risalente
orientamento
giurisprudenziale assumono
rilevanzainquantoelemento
idoneo ad accertare la sua
situazione economica ed il
pregressotenoredivitadella
famiglia, al fine di
determinare
la
misura
dell’assegno (202). Secondo
un recente orientamento,
invece, anche in tale ipotesi
le elargizioni dei familiari
sono irrilevanti, stante il
carattere liberale e non
obbligatorio di tali aiuti, che
impedisce di considerarli
redditodell’obbligato(203).
4.3.L’attitudineallavorodel
coniuge
richiedente
l’assegno.
Per quanto riguarda la
rilevanza della capacità di
lavoro
del
coniuge
richiedente l’assegno in sede
diseparazione,sidevetenere
presenteche-adifferenzadi
quantoprevistoinmateriadi
divorzio dall’art. 5, comma
6, l. 898/70 come succ.
modif. dalla l. 74/87 - per
l’attribuzionedell’assegnodi
mantenimento non occorre il
concorso del requisito della
impossibilità per lo stesso
coniuge “di procurarsi un
reddito
per
ragioni
oggettive”(204).
Pertanto, nel giudizio di
separazione l’attitudine al
lavoro del coniuge che
richiede l’assegno, come
potenziale
capacità
di
guadagno, èvalutata con
minore rigore rispetto al
contestodeldivorzio,mapuò
comunque incidere sulla
determinazione dell’assegno
(205).
Lacapacitàdilavoropotrà
tuttavia assumere rilevanza
solo se venga riscontrata in
termini
di
effettiva
possibilità di svolgimento di
una
attività
lavorativa
retribuita, tenuto conto di
ogni
concreto
fattore,
soggettivo (quali l’età, la
salute,
la
formazione
culturale e professionale,
ecc.)edoggettivo,nongiàin
termini meramente ipotetici
(206).
La teorica possibilità del
coniuge privo di reddito di
reperireunaoccupazionenon
elide pertanto il dovere di
solidarietà che persiste tra i
coniugi anche dopo la
separazione. Così, se i
coniugi hanno convenuto,
anche per comportamento
concludente, che durante il
matrimonio
la
moglie
svolgesse
solo
attività
casalinga, nella successiva
determinazione della misura
dell’assegno di separazione
nonsipotràtenercontodella
possibilità della stessa di
svolgere attività lavorativa,
inquantoconlaseparazione,
a differenza del divorzio, si
tende a mantenere la stessa
situazione
vigente
in
costanzadimatrimonio,nella
misura in cui è compatibile
con la cessazione della
convivenza(207).
Si deve pure ritenere
irrilevante che il coniuge
abbia una capacità di lavoro,
ove sia involontariamente
disoccupato oppure trovi
difficoltà
a
ottenere
occasioni di lavoro per via
delleesigenzefamiliari,ose
l’impegnodicuradeifiglidi
fatto
impedisca
lo
svolgimento di attività extra
domestiche, o se le concrete
possibilità di esplicazione di
un lavoro non siano
confacenti con le sue
attitudini
o
siano
eccessivamente
gravose
rispetto al pregresso livello
divitamatrimoniale.
In conclusione, l’inattività
lavorativa può costituire
circostanzaidoneaadinfluire
sull’attribuzione
o
la
quantificazione dell’assegno
solo se è conseguente al
rifiuto,
debitamente
accertato,
di
concrete,
adeguate, effettive, e non
meramente
ipotetiche,
opportunitàdilavoro(208).
Il mancato sfruttamento
delle proprie attitudini e
possibilitàlavorativenonpuò
lasciarpresumerediperséil
volontario
rifiuto
di
occasioni di reddito o una
scarsadiligenzanellaricerca
diunlavoro,finchénonsiano
provati
il
rifiuto
ingiustificatodiunaconcreta
opportunitàdioccupazione,o
la dismissione senza giusto
motivo,
di
un’attività
lavorativapregressa(209).
4 . 4 .La
matrimonio.
durata
del
La durata del matrimonio
non rientra tra gli elementi
costitutivi
del
diritto
all’assegnodimantenimento.
La breve durata del
matrimonio pertanto non ha
efficacia preclusiva del
diritto
all’assegno
di
mantenimento, ma può
assumere rilievo, con le
potenzialità
economiche
complessive dei coniugi
duranteilmatrimonio,aifini
della determinazione della
misura dell’assegno di
mantenimento(210).
4 . 5 .La convivenza more
uxorio.
Quanto all’incidenza della
convivenza "more uxorio" di
un coniuge con altri, sul
diritto
all’assegno
di
mantenimento che lo stesso
richiede,devedistinguersitra
semplice
rapporto
occasionale e famiglia di
fatto,sullabasedelcarattere
di stabilità che conferisce
grado di certezza al rapporto
di fatto sussistente tra le
persone, tale da renderlo
rilevante
giuridicamente
(211).
Le
prestazioni
di
assistenza di tipo coniugale
da parte di un convivente
more uxorio assumono
rilievo
in
ordine
all’attribuzione dell’assegno
di mantenimento, e alla sua
concreta
determinazione,
solo quando di fatto
escludonooriduconolostato
di bisogno del coniuge
separato(212).
Tuttavia si è a tale
proposito affermato che la
relazione more uxorio,
iniziata dalla moglie dopo
l’inizio della causa di
separazionepersonale,nonfa
venir meno per il marito
l’obbligo di corrisponderle
l’assegno di mantenimento
fissato in via provvisoria dal
presidente del tribunale o
dalla sentenza di primo
grado, ma rileva comunque
nei limiti in cui detta
relazione incida sulla reale e
concreta
situazione
economica della donna,
risolvendosi per questa in
una condizione e fonte
effettiva e non aleatoria di
reddito, posto che la
convivenza extraconiugale
noncomportaalcundirittoal
mantenimento(213).
Qualora sia il coniuge
separatooneratodell’assegno
adinstaurareunaconvivenza
more uxorio, l’eventuale
onere economico che tale
situazione gli comporta non
assume alcuna rilevanza ai
fini della determinazione
dell’assegno
a
favore
dell’altro coniuge (214),
salvo chedallanuovaunione
non nascano figli, dovendosi
in tale ipotesi valutare le
esigenze del nuovo nucleo
familiare(215).
4 . 6 .La nascita di figli
naturali.
La nascita di figli naturali
da
una
relazione
extraconiugale comporta, in
basealcombinatodispostodi
cui agli artt. 261 e 147 c.c..,
un obbligo di mantenimento
acaricodelgenitore,onerato
anche
del
versamento
dell’assegno al coniuge
separato,epuòincideresulla
determinazione, o revisione,
della misura dell’assegno di
mantenimento a favore di
questi(216).
4.7.Lemodifichedell’attività
lavorativa del coniuge
onerato.
Nel caso di modifica
dell’attività lavorativa del
coniuge onerato, intervenuta
nel corso del giudizio di
separazione, che comporti
unariduzionedelsuoreddito,
si dovrà valutare se tale
nuova situazione costituisca
omenounasceltaartificiosa
e strumentale da parte di
questi.
Qualora sia escluso tale
intento,
la
modifica
intervenutaandràvalutatanel
bilanciamento
delle
rispettive situazioni dei
coniugi, e potràcomportare
l’eliminazioneolariduzione
dell’assegno
determinato
rispetto
a
precedenti
parametri(217).
4 . 8 .Le sopravvenienze
reddituali e patrimoniali nel
corsodelgiudizio.
Nella determinazione del
tenore di vita su cui
parametrare l’assegno di
mantenimento
vanno
considerati
anche
gli
incrementi
dei
redditi
verificatisi nelle more del
giudizio di separazione, in
quantodurantelaseparazione
personale non viene meno la
solidarietà economica che
lega i coniugi durante il
matrimonio e che comporta
la
condivisione
delle
reciproche fortune nel corso
della convivenza, e tenuto
conto, sotto un profilo
processuale,chelapronuncia
è
adottata
all’esito
dell’istruttoria, valutata la
situazione
economico
patrimoniale esistente al
momento della decisione, o
successivamente
alla
separazionestessa(218).
Inparticolaresipotràtener
conto
degli
eventuali
miglioramenti
della
situazione economica del
coniuge nei cui confronti si
chieda l’assegno, qualora
costituiscano
sviluppi
naturali
e
prevedibili
dell’attività svolta durante il
matrimonio(219).
5 .L’accertamento della
situazione economica e
patrimoniale dei coniugi e
l’oneredellaprova.
Il coniuge che richiede
l’assegno di mantenimento
hal’oneredifornirelaprova
della fascia socioeconomica
di
appartenenza
della
famiglia all’epoca della
convivenza e di provare il
tenore di vita adottato in
costanza di matrimonio,
nonché
la
situazione
economica
attuale,
e
conseguentemente la sua
impossidenza
o
inadeguatezza di redditi e
sostanze(220).
Tuttavia, secondo la
giurisprudenzadilegittimità,
il coniuge richiedente non è
tenutoadarnedimostrazione
specifica e diretta, essendo
sufficiente che deduca anche
implicitamente
una
condizione inadeguata a
mantenere il precedente
tenoredivita,fermarestando
la possibilità dell’altro
coniuge di contestare la
pretesa
inesistenza
o
insufficienza di reddito o di
sostanze, indicando beni o
proventi che evidenzino
l’infondatezzadelladomanda
(221).
Il giudice, in mancanza di
prova
da
parte
del
richiedente, può anche
desumere, in via presuntiva,
il precedente tenore di vita
dalla situazione reddituale e
patrimoniale della famiglia
al momento della cessazione
dellaconvivenza(222),efare
riferimento, quale parametro
di valutazione del pregresso
stile
di
vita,
alla
documentazione attestante i
redditidell’onerato(223).
Lamancataprova,daparte
del coniuge che chieda
l’attribuzione dell’assegno,
delle condizioni richieste
dalla legge non comporta
quale
conseguenza
automatica il rigetto della
domanda, in quanto nel
nostro
ordinamento
processuale vige il principio
di acquisizione, secondo il
qualelerisultanzeistruttorie,
comunque ottenute e quale
che sia la parte ad iniziativa
operistanzadellaqualesono
formate, concorrono tutte,
indistintamente,
alla
formazione
del
convincimento del giudice,
senza che la diversa
provenienza
possa
condizionaretaleformazione
in un senso o nell’altro e,
quindi, senza che possa
escludersi l’utilizzazione di
una prova fornita da una
parte per trarre elementi
favorevoli alla controparte
(224).
Aseguitodellariformadel
procedimento
civile
introdotta dalla l. 14.5.2005
n. 80 e succ. modif., è
previstodall’art.706,comma
3, c.p.c. che al ricorso e alla
memoria difensiva siano
allegate
le
ultime
dichiarazioni dei redditi
presentate dai coniugi. La
norma
agevola
indubbiamente
l’accertamento
della
situazione reddituale delle
parti, sebbene non abbia
efficacia vincolante per il
giudice.Ilmancatooparziale
deposito
della
documentazionefiscalenonè
sanzionato dalla legge ma
forma oggetto di valutazione
dapartedelgiudice,chepuò
nel corso del giudizio
ordinarne l’esibizione fino
alla rimessione a sentenza,
onde
consentire
anche
l’aggiornamento
della
situazionedelleparti(225).
Secondo
consolidata
giurisprudenza,
la
dichiarazione dei redditi ha
una funzione tipicamente ed
esclusivamente
fiscale,
mirando a normalizzare e a
porre su un terreno di
reciproca fiducia i rapporti
tra uffici e contribuente, e
per tale sua natura e scopo
non è riferibile con uguale
valore a rapporti estranei al
sistema tributario (226).
Pertanto,ilgiudicedimerito
non è vincolato a quanto
emergedadettedichiarazioni
epuòlegittimamentefondare
il proprio convincimento su
altrerisultanzeprobatorie.
Il giudice può acquisire
d’ufficio documenti anche
neiconfrontideiterzi,exart.
210 c.p.c., eventualmente
anche all’estero per via
consolare,exart.204c.p.c..
6.Le indagini sui redditi e i
patrimoni dei coniugi a
mezzo
della
polizia
tributaria.
Al giudizio di separazione
si applica in via analogica,
secondo il consolidato
orientamentodelladottrinae
della giurisprudenza di
legittimità (227), quanto
previstodall’art.5,comma9,
l.1.12.1970,n.898,novellato
dall’art. 10, comma 4, l.
6.3.1987, n. 74, il quale, in
tema di riconoscimento e
determinazione dell’assegno
divorzile, stabilisce che "in
caso di contestazioni, il
tribunale dispone indagini
sui redditi e patrimoni dei
coniugi e sul loro effettivo
tenore di vita, valendosi, se
del caso, anche della polizia
tributaria".
Tali accertamenti sono
previstianchedalrecenteart.
155, comma 6, c.c.,
introdotto
dalla
legge
8.2.2006,
n.
54
(“Disposizioni in materia di
separazione dei genitori e
affidamento condiviso dei
figli”), nel caso in cui le
informazioni di carattere
economico
fornite
dai
genitori nell’ambito del
procedimento di separazione
personale, ai fini della
determinazione
del
contributo al mantenimento
dei figli, non risultino
sufficientemente
documentate(228).
Il
giudice
della
separazione può dunque
effettuare, a seguito di
specifica contestazione della
parte(chenondevelimitarsi
acontestaregenericamentela
documentazione ex adverso
prodotta,
ma
deve
contrapporre fatti diretti o
indiretti
di
valenza
probatoria
contraria),
l’approfondimento
della
situazioneattraversoindagini
di polizia tributaria, rivolti
ad un pieno accertamento
delle risorse economiche
dell’onerato, incluse le
disponibilità monetarie e gli
investimenti
in
titoli
obbligazionariedazionaried
in beni mobili, avuto
riguardo
a
tutte
le
potenzialità derivanti dalla
titolarità del patrimonio in
termini di redditività, di
capacitàdispesa,digaranzie
di elevato benessere e di
fondate aspettative per il
futuro(229).
L’esercizio del potere di
disporre
indagini
patrimoniali a mezzo della
polizia
tributaria,
che
costituisce una deroga alle
regole generali sull’ onere
della prova, rientra nella
discrezionalitàdelgiudicedi
merito, e non può essere
considerato come un dovere
impostoalgiudice,sullabase
della semplice contestazione
dellepartiinordinealleloro
rispettive
condizioni
economiche(230).Tuttaviala
discrezionalità delgiudice
incontra un limite, in quanto
lostessononpuòrigettarele
istanze delle parti relative al
riconoscimento ed alla
determinazione dell’assegno,
sottoilprofilodellamancata
dimostrazione degli assunti
sui quali si fondano, senza
avere prima disposto gli
accertamenti d’ufficio anche
attraverso
la
polizia
tributaria,salvoilcasoincui
ilgiudiceritengaraggiuntala
prova dell’insussistenza dei
presuppostichecondizionano
il
sopraindicato
riconoscimento(231).
Una
volta
ammessa
l’indagine
di
polizia
tributaria, è necessario che
vengano formulati quesiti
specifici e particolareggiati,
riferiti all’accertamento di
contibancariedepositititoli
intestati al coniuge o
cointestati, movimentazioni
bancarie,
posizioni
societarie, etc., al fine di
evitareaccertamentigenerici,
di fatto inutili anche ai fini
istruttori.
7
.Le
modalità
di
corresponsionedell’assegno.
Il mantenimento può
essere corrisposto mediante
erogazione di una somma
periodica o consistere in più
voci di spesa che possono
comprendere il canone
locativo,
gli
oneri
condominiali,
polizze
assicurative, spese mediche,
etc., purché si rispetti il
requisito
generale
di
determinatezza
o
determinabilità
della
prestazionerichiestodall’art.
1346c.c.(232).
La
giurisprudenza
riconoscelapossibilitàcheil
giudice determini l’assegno
di mantenimento in forma
mista,parteindenaroeparte
mediante altre forme di
sostegno economico, purché
nel loro insieme risultino
idonee a soddisfare le
esigenze
del
coniuge
beneficiario(233).
I coniugi possono anche
convenire, sia in sede di
separazione consensuale che
contenziosa,
che
il
mantenimento del coniuge
avvenga
mediante
l’attribuzione di una somma
o il trasferimento di beni
mobilioimmobili,atitolodi
una tantum, fermo restando
chetalesoluzionesiriferisce
solo alla fase della
separazione,
e
non
impedisce,
come
diversamente avviene per il
divorzio, la possibilità in
futuro di richiedere la
modifica delle condizioni di
naturaeconomica(234).
8.La disciplina dell’assegno
dimantenimento.
8.1Ladecorrenza
L’assegno
di
mantenimento fissato in
favoredelconiugeinsededi
separazione(cosìcomelasua
successivarevisione)decorre
dalla data della relativa
domanda,inapplicazionedel
principio generale stabilito
per gli alimenti dall’art. 445
c.c.edelprincipiosecondoil
quale un diritto non può
rimanere pregiudicato dal
tempo necessario a farlo
valereingiudizio(235).
Tale decorrenza sussiste
anche se non sono stati
assunti provvedimenti in
ordine al mantenimento del
coniuge in sede di udienza
presidenziale (236), o se la
sentenza
non
abbia
espressamente sancito la
retroattività
dell’assegno,
ovvero
abbia
stabilito
soltanto che esso debba
esserecorrispostoallafinedi
ogni mese, trattandosi di
modalità
riguardanti
l’adempimento
periodico
delle prestazioni non ancora
maturate, che non implica
dispensa per quelle dovute
per il passato e ancora non
adempiute(237).
Nel caso in cui con la
sentenza di separazione il
tribunale
accerti
l’intervenuto
mutamento
delle condizioni economiche
di uno dei coniugi durante il
giudizio, i conseguenti
mutamenti dell’assegno di
mantenimento vengono fatti
decorrere dalla data della
sentenza (238); tuttavia in
considerazione di modifiche
dell’assegno disposte nel
corso del giudizio, si ritiene
legittimo fissare misure e
decorrenze
differenziate
dalle diverse date in cui i
mutamenti si sono verificati
(239).
Anche
la
riduzione
giudiziale dell’assegno di
mantenimento,dispostaperil
peggioramento
delle
condizioni economiche del
coniuge obbligato, acquista
efficacia dalla data di
modifica del provvedimento,
essendo del tutto irrilevante
il momento in cui, di fatto,
sono maturati i presupposti
per la modificazione o
soppressione dello stesso
assegno, con la conseguenza
che, in mancanza di
specifiche disposizioni ed in
base ai principi generali
relativi
all’autorità,
all’intangibilità ed alla
stabilità,
per
quanto
temporalmente
limitata
(rebus sic stantibus), del
precedente
giudicato
impositivo del contributo di
mantenimento, gli effetti
della
decisione
giurisdizionale
di
modificazione
possono
retroagire non già al
momento dell’accadimento
innovativo, ma, al più, alla
data della domanda di
modificazione(240).
Tuttavia,dovendoritenersi
chegliassegnicorrispostinel
corso del processo siano
serviti alle esigenze di vita
del creditore, che non era
tenuto ad accantonarne una
parte
in
previsione
dell’eventuale
riduzione
(241), si è negato che
nell’ipotesi di esclusione del
diritto all’assegno a seguito
di pronuncia di separazione
per addebito alla moglie,
questa sia obbligata a
restituirelesommepercepite
prima del passaggio in
giudicato della sentenza,
salva
l’eventuale
responsabilità processuale
aggravataperavereellaagito
senza la normale prudenza
(242).
L’orientamento
espresso in tali pronunce si
fonda sul rilievo che
l’assegno provvisorio tiene
luogo del contributo cui il
coniuge è obbligato in
regimediconvivenzaaisensi
dell’art. 143 c.c. ed è
ontologicamentedestinatoad
assicurare al beneficiario i
mezzi adeguati al suo
sostentamento, secondo le
quotidianeesigenzedivita.
8
.
2L’adeguamento
dell’assegno.
È applicabile, in via
analogica, all’assegno di
mantenimento a favore del
coniuge
separato
l’adeguamento automatico
specificamente
previsto
dall’art. 5 l. n. 898/70, come
modif.dall’art.10l.n.74/87,
perl’assegnodivorzile.
L’aggiornamento annuale
dell’assegno deve operare in
misura pari almeno a quella
degli indici di svalutazione
monetaria(243),epuòessere
disposto anche d’ufficio con
la sentenza, in quanto si può
considerarecomepretesagià
racchiusa nell’istanza di
corresponsione
del
mantenimento(244).
9 .Revoca
dell’assegno.
e
modifica
L’art. 156, ultimo comma,
c.c. prevede che “qualora
sopravvengano giustificati
motivi il giudice, su istanza
di parte, può disporre la
revoca o la modifica dei
provvedimenti di cui ai
commiprecedenti.”
Se le circostanze che
motivano la domanda di
revoca o modifica del
provvedimento
di
attribuzione dell’assegno di
mantenimento al coniuge
intervengono nel corso del
procedimentodiseparazione,
la competenza è demandata
al giudice istruttore, che ai
sensi del novellato art. 709,
comma4,c.p.c.puòrevocare
o
modificare
"i
provvedimenti temporanei e
urgenti
assunti
dal
presidenteconl’ordinanzadi
cui al terzo comma dell’art.
708c.p.c.”.
Dopo la chiusura del
procedimento, il diritto di
percepire
l’assegno
di
mantenimento riconosciuto
dallasentenzadiseparazione
passata in giudicato o dal
verbale di separazione
consensuale omologato, può
essere modificato, ovvero
estinguersi del tutto, solo
attraverso la procedura
prevista dall’art. 710 c.p.c.,
oltre che per accordo tra le
parti.
Oggetto del procedimento
ex art. 710 c.p.c., che si
svolge con rito camerale, è
l’accertamento
della
esistenza dei "giustificati
motivi" che autorizzano la
modificazione
delle
condizioni della separazione,
intesi quali fatti nuovi
sopravvenuti, modificativi
della situazione in relazione
alla quale gli accordi furono
stipulati.
È stato precisato che il
termine “giustificati” che
qualifica
i
“motivi”
legittimanti la revisione non
comporta certo un sindacato
del giudice sulle cause dei
sopravvenuti
mutamenti
delle condizioni economiche
dei coniugi, ma comporta
solo l’esigenza di una
verifica circa l’idoneità di
tali mutamenti a giustificare
lamodificadelledisposizioni
sull’assegno(245).
In
particolare,
con
riferimento alla richiesta di
revisione delle condizioni
economiche
della
separazione consensuale da
parte di uno o di entrambi i
coniugi, la giurisprudenza di
legittimità è concorde nel
ritenere che il giudice può e
deve procedere alla richiesta
modifica
“quando
l’equilibrio
economico,
risultante dai patti della
separazione consensuale e
dalle parti voluto con
riguardo alle circostanze in
quel momento esistenti,
risulti alterato per la
sopravvenienza
di
circostanze che le parti
stesse non avrebbero potuto
tener presenti nel fissare
queipatti”(246).
Nonsonodeducibiliconil
giudizio camerale ai sensi
dell’art. 710 c.p.c., come
“giustificati motivi”, gli
eventuali vizi dell’accordo
posto
a
base
della
separazione
consensuale,
restando rimesso al giudizio
ordinario, secondo le regole
generali, l’accertamento dei
vizi (nullità o annullabilità)
che inficiano la validità
dell’accordo di separazione
omologatoelasuaeventuale
simulazione(247).
L’accertamento
della
sopravvenienza
di
“giustificati motivi” impone
al giudice di valutare il
contenuto delle disposizioni
relative all’assegno, inserite
nellasentenzadiseparazione
o nel verbale di separazione
consensuale omologato, che
nonsolointegranoiltermine
diriferimentodelladomanda
dimodifica,macostituiscono
anche uno dei dati da
considerarenellavalutazione
dell’esistenza o meno dello
squilibrio che si sostiene
intervenuto, oltre che nella
determinazionedellarelativa
portata(248).
Sottoilprofilodelmerito,
si è ritenuto che i
“giustificatimotivi”nonsono
ravvisabilinellameraperdita
da parte dell’obbligato di un
cespite o di un‘attività
produttiva
di
reddito,
restando da dimostrare, con
onere
a
carico
dell’interessato, che la
perdita medesima si sia
tradotta in una riduzione
delle complessive risorse
economiche, sì da integrare
uneffettivomutamentodella
situazione rispetto a quella
valutata, anche in via
consensuale, in sede di
determinazione dell’assegno
(249).
Tuttavia, un più recente
orientamento
della
giurisprudenza di legittimità
sostiene che nell’ipotesi di
peggioramento
delle
condizioni
economiche
dell’obbligato, e, più in
particolare, di contrazione
dei suoi redditi da lavoro,
l’incidenza
dell’evento
dedotto non può essere
aprioristicamente esclusa in
ragione del fatto che il
decrementoconseguaascelte
diquesti-purnondettateda
specifiche esigenze familiari
o di salute, e dunque
liberamente operate - in
ordine all’oggetto ed alle
modalità di svolgimento
della
propria
attività
lavorativa
(quale,
ad
esempio,quelladidismettere
la
precedente
attività
professionale
per
intraprenderne altra meno
redditizia, ma maggiormente
rispondente alle proprie
aspirazioni o meno usurante,
ovverodilimitarel’entitàdel
proprioimpegno,optandoper
illavoroatempoparziale,in
luogo di quello a tempo
pieno)(250).
Nelladiversasituazionein
cui si richieda una revisione
in aumento dell’assegno, per
gliintervenutimiglioramenti
della situazione economica
del coniuge obbligato, la
domandasaràaccoltasolose
tali
miglioramenti
costituiscano
sviluppi
naturali
e
prevedibili
dell’attività
svolta
dal
coniuge
durante
il
matrimonio, mentre non
assumono
rilevanza
i
miglioramenti
che
scaturiscano
da
eventi
autonomi, non collegati alla
situazione di fatto ed alle
aspettative maturate nel
corso delmatrimonio, ed
aventi
carattere
di
eccezionalità
e
di
imprevedibilità(251).
Quantoalladecorrenzadel
provvedimento di revisione,
siritienedeltuttoininfluente
il momento in cui di fatto
sono maturati i presupposti
per la modificazione o la
soppressione dell’assegno.
Pertanto, in mancanza di
specifiche disposizioni, in
base ai principi generali
relativi
all’autorità,
intangibilità e stabilità, per
quanto
temporalmente
limitata(rebussicstantibus),
del precedente giudicato
impositivo del contributo di
mantenimento, la decisione
giurisdizionale di revisione
decorre dalla data della
domandadimodificazione,e
non può avere decorrenza
anticipata al momento
dell’accadimento innovativo
(252).
CAPITOLOVII
L’ASSEGNODIDIVORZIO
INQUADRAMENTO
NELLANORMATIVA
SOSTANZIALEE
PROCESSUALE
SOMMARIO: 1. Il diritto
all’assegnodidivorzio,aisensi
dell’art. 5 l. 898/70, come
modif.dallal.74/87.–2.Profili
processali. La domanda di
attribuzione
dell’assegno
divorzile. –3. Contemporanea
pendenza del procedimento di
modifica dell’assegno di
mantenimento disposto in
separazioneedelprocedimento
di divorzio. –4. Contenuto
dell’ordinanza presidenziale in
meritoalladomandadiassegno
didivorzio. –5.Esecutivitàdel
provvedimento di natura
economica.–6.Legaranzieper
l’adempimento degli obblighi
economici.
–6.1.
La
prestazione di una garanzia
reale o personale.
–6.2.
L’iscrizione
dell’ipoteca
giudiziale ai sensi dell’art.
2818 c.c.. –6.3. Il versamento
diretto dell’assegno da parte
delterzo. –6.4.Ilsequestroex
art. 8, comma 7, l. div.. –7. Il
divorziocongiunto.
1 .Il diritto all’assegno di
divorzio,aisensidell’art.5l.
898/70, come modif. dalla l.
74/87.
Il diritto all’assegno di
divorzio trova fondamento
nell’ art. 5, comma 6, l.
898/70, come modif. dalla l.
74/87, ai sensi del quale il
tribunale,conlasentenzache
pronuncia lo scioglimento o
la cessazione degli effetti
civili del matrimonio (253),
dispone l’obbligo per un
coniuge di somministrare
periodicamente un assegno a
favore dell’altro, quando
questi non abbia mezzi
adeguati o comunque non
possaprocurarseliperragioni
oggettive, tenuto conto delle
condizioni dei coniugi, delle
ragioni della decisione, del
contributo personale ed
economico dato da ciascuno
alla conduzione familiare ed
alla
formazione
del
patrimonio di ciascuno o di
quellocomune,delredditodi
entrambi, e valutati tutti i
suddetti elementi anche in
rapporto alla durata del
matrimonio.
La mancanza di mezzi
adeguati, o l’impossibilità di
procurarseli per ragioni
oggettive, costituisce il
presupposto
per
l’attribuzione dell’assegno,
avendone il legislatore della
riformadel1987privilegiato
la natura assistenziale,
mentre gli altri criteri
indicati dall’art. 5, valutati
unitariamente
e
con
riferimento alla durata del
matrimonio, sono destinati
ad
operare
solo
se
l’accertamento
dell’unico
elemento attributivo si sia
risolto positivamente, e
quindi rilevano unicamente
ai fini della quantificazione
dell’assegno.
Nella
sua
originaria
formulazione, prima delle
modifiche introdotte dalla l.
74/87, l’assegno di divorzio
era attribuito “tenuto conto
delle condizioni economiche
dei coniugi e delle ragioni
delladecisione”,nonché“del
contributo personale ed
economico dato da ciascuno
dei coniugi alla conduzione
familiare ed alla formazione
del patrimonio di entrambi”,
e assolveva in tal modo alla
triplice
funzione
assistenziale,compensativae
risarcitoria.
Se ne affermava la natura
assistenziale,
avendo
riguardo alle condizioni
economiche dei coniugi, la
natura risarcitoria, con
riferimentoalleragionidella
decisione, e la natura
compensativa riferendosi al
criterio
del
contributo
personaleedeconomicodato
dai coniugi durante la vita
matrimoniale. Questi criteri
erano tra loro concorrenti ed
incidevanosiasull’anchesul
quantum
dell’assegno,
determinando una natura
“composita”
dell’assegno
(254).
La pratica applicazione di
questicriterilasciavatuttavia
un’ampia discrezionalità ai
giudicidimerito,equindisi
era imposta l’esigenza di
modificare questo sistema di
attribuzione dell’assegno, e
di
trovare
unnuovo
equilibrio tra l’esigenza di
tutelareilconiugepiùdebole
equelladiattenuareivincoli
patrimoniali conseguenti al
divorzio(255).
L’interventodiriformadel
legislatore nel 1987 ha così
privilegiato un unico criterio
di attribuzione, individuato
nellafunzioneassistenzialee
solidaristica
dell’assegno
divorzile,
fondato
sul
presupposto della mancanza
di mezzi adeguati o
dell’impossibilità
a
procurarseli per ragioni
oggettive,mentregliulteriori
criteri enunciati dalla legge
assumono rilevanza solo
nella fase di quantificazione
dell’importo.
Lasentenzacheattribuisce
l’assegno di divorzio deve
anche stabilire un criterio di
adeguamento
automatico
dell’assegno stesso, almeno
conriferimentoagliindicidi
svalutazione
monetaria,
comedisponel’art.5,comma
7, l. div.. Il tribunale può, in
caso di palese iniquità,
escluderne la previsione con
motivatadecisione.
Su accordo delle parti,
l’art. 5, comma 8, l. div.,
ammette la corresponsione
dell’assegno
in
unica
soluzione, che deve essere
ritenutaequadaltribunale.In
tale caso non può essere
proposta alcuna successiva
domanda
di
contenuto
economico.
2 .Profili processuali. La
domanda di attribuzione
dell’assegnodivorzile.
L’attribuzione
dell’assegno divorzile è
subordinata alla domanda di
parte, dovendosi escludere
che il giudice possa disporlo
d’ufficio ( 256). Tuttavia la
domanda non necessita di
formule particolari e può
essere anche implicita o
ravvisabile in deduzioni
inequivocamente rivolte al
conseguimento dell’assegno
stesso(257).
Dopo la riforma attuata
con il d.l. 35 del 2005,
integrato dalla legge di
conversione n. 80 del
14.5.2005,lapartericorrente
ha l’onere di proporre nella
memoria integrativa, a pena
di decadenza, le eventuali
domande accessorie che non
abbia già fatto valere con il
ricorsointroduttivo.
Per il coniuge convenuto
l’ultimomomentoutileperla
costituzioneingiudizio,eper
la
proposizione
della
domanda
relativa
all’assegno, è rappresentato
dal termine che il giudice
fissa ai sensi dell’art. 4,
comma10,l.div..
La
domanda
di
attribuzionedell’assegno,già
proposta dalla parte attrice
nel ricorso introduttivo o
nella memoria integrativa, e
dalla parte convenuta nella
comparsa di costituzione,
può essere modificata, per
quanto
riguarda
la
quantificazione dell’assegno,
con la memoria ex art. 183,
comma6,n.1,c.p.c..
Se il coniuge beneficiario
di
un
assegno
di
mantenimento
non
si
costituisce nel procedimento
di divorzio e non svolge
esplicitadomandadiassegno
divorzile, perderà, con la
sentenza,
l’assegno
di
separazione.
L’assegno può tuttavia
essere richiesto anche in un
giudizio
successivo
e
autonomo, in sede di
modifica delle condizioni
della sentenza di divorzio ex
art. 9 l. div., e la mancata
proposizione della domanda
nel corso del giudizio di
divorzio non esclude la
successiva
(258).
proponibilità
3 .Contemporanea pendenza
delprocedimentodimodifica
dell’assegno
di
mantenimento disposto in
separazione
e
del
procedimentodidivorzio.
Nel caso venga instaurato
un procedimento di divorzio
mentre è pendente un
giudizio di modifica delle
condizioni di separazione ex
art. 710 c.p.c., avente ad
oggetto la revisione dei
provvedimenti di natura
economica per il coniuge,
non si verifica litispendenza
exart.39c.p.c.(259).
Considerata infatti la
diversa natura e disciplina
dell’assegno
di
mantenimento previsto in
sede di separazione e di
quello di divorzio, la
giurisprudenza esclude la
cessazione della materia del
contendere nell’ambito del
giudizio
di
modifica
dell’assegno
di
mantenimento ex art. 710
c.p.c., in seguito alla
richiesta
dell’assegno
avanzata in sede di divorzio,
evidenziando la diversità di
oggettodeidueprocedimenti
(260).
Neppure la pronuncia di
divorzio
determina
la
cessazione della materia del
contendere nel giudizio di
revisione delle condizioni di
separazione,
iniziato
anteriormente e tuttora
pendente, ove esista un
interesse di una delle parti
allarevisionedellapronuncia
di separazione e dei relativi
provvedimenti patrimoniali,
per
la
definitiva
regolamentazione
dell’assegno
di
mantenimento (261). La
persistenzadell’interesseèin
effetti configurabile in
funzione della definizione
dei rapporti patrimoniali dei
coniugi separati, fino alla
pronuncia di scioglimento
del vincolo, o nei limiti in
cui l’accertamento nel
giudiziodiseparazionepossa
proiettarelasuainfluenzasul
regime patrimoniale da
definirsi a norma dell’art. 4,
commi 9 e 10 o dell’art. 9,
comma1,l.div..
4 .Contenuto dell’ordinanza
presidenziale in merito alla
domanda di assegno di
divorzio.
I
provvedimenti
temporaneiedurgentiassunti
dal
presidente
nel
procedimento di divorzio, ai
sensidell’art.4,comma8,l.
div.,
hanno
natura
anticipatoria della decisione
finale
e
regolano
provvisoriamente i rapporti
tra le parti nell’ambito
temporale del processo di
divorzio.
Nonostantel’art.4,comma
8, l. div. attribuisca al
presidente il potere di
pronunciare"anched’ufficio"
i provvedimenti interinali
nell’interesse dei coniugi,
oltre che della prole, la
dottrina ritiene operante
questa norma solo per i
provvedimenti
assunti
nell’interesse
dei
figli
minori.
L’ordinanza presidenziale
noninterferisceconilregime
preesistente alla domanda di
scioglimentodelvincolo,che
resta fissato dalle statuizioni
adottate nel giudizio di
separazione o di revisione
delle
condizioni
di
separazione(262).
Al presidente non viene
riconosciuto il potere di
m o d i f i c a r erebus
sic
stantibus e d’ufficio quanto
disposto nella sentenza di
separazione o nel verbale di
separazione consensuale in
merito
all’assegno
di
mantenimento, che può
essere modificato solo su
istanza di parte e ai sensi
dell’art. 710 c.p.c. (263), se
risulti una modifica delle
circostanze o emergano
nuove esigenze di tutela
(264).
Aisensidell’art.189disp.
att.c.p.c.,richiamatodall’art.
4, comma 8, l. div.,
l’ordinanza
presidenziale
costituiscetitoloesecutivo.
Qualora il giudizio di
divorziononsiapiùcoltivato
dopo essere stato attivato, e
debba ritenersi abbandonato,
i provvedimenti provvisori e
urgentiassuntidalpresidente
conservano la loro efficacia,
ma come disciplina dei
rapporti tra coniugi separati,
e sono suscettibili di
modifica secondo quanto
disponel’art.710c.p.c.(265).
5
.Esecutività
provvedimento di
economica.
del
natura
La sentenza di divorzio
pronunciatainprimogradoè
provvisoriamente esecutiva
per la parte relativa ai
provvedimenti di natura
economica, come dispone
l’art.4,comma11,l.div..
Tale
disposizione,
introdotta con la legge di
riforma del 1987, costituiva
all’epoca una deroga alla
regolageneralecheattribuiva
efficacia esecutiva alle sole
decisioni pronunciate in
appello o in unico grado.
Successivamente, la legge
26.11.1990 n. 353 ha
riformatoilprocessocivilee
ha riscritto l’art. 282 c.p.c.,
introducendo la regola della
generale
esecutività
provvisoria di tutte le
sentenze pronunciate in
primogrado.
La pronuncia sull’assegno
se contenuta nel decreto che
conclude il procedimento di
revisione ex art. 9 l. div.,
diviene invece esecutiva, ai
sensi dell’art. 741 c.p.c.,
quandosonodecorsiitermini
per la proposizione del
reclamo.
In dottrina è controverso
se l’efficacia esecutiva o
l’esecuzione della sentenza
di divorzio possa essere
inibita o sospesa dal giudice
d’appello, sulla base del
combinato disposto degli
artt.283e351c.p.c.(266).
6
.Le
garanzie
per
l’adempimentodegliobblighi
economici.
La legge 898/70 già
prevedeva
nel
testo
originario un sistema di
garanzie per tutelare la
posizione dell’ex coniuge
beneficiario dell’assegno di
divorzio
in
caso
di
inadempimento
dell’obbligato,chelariforma
del diritto di famiglia del
1975 ha poi esteso alla
separazione.
Le disposizioni relative
allaprestazionediunaidonea
garanziarealeopersonaleda
imporre all’ex coniuge
obbligato "se esiste il
pericolo che egli possa
sottrarsi all’adempimento
degliobblighidicuiagliartt.
5 e 6" (comma 1), e
all’iscrizione
dell’ipoteca
giudiziale ai sensi dell’art.
2818 c.c., in forza della
sentenza che ne costituisce
titolo (comma 2), previste
neltestooriginariodell’art.8
della legge 898/70, sono
rimasteimmutateanchedopo
lanovelladel1987.
L’art.12dellalegge74/87
ha invece sostituito il terzo
comma dell’art. 8, che
originariamenteconsentivaal
giudice di ordinare, anche
con
successivi
provvedimenti,cheunaquota
dei redditi dell’obbligato
fosse versata direttamente
all’ex coniuge e ai figli
aventidirittoall’assegno.
Nel testo vigente, l’art. 8,
comma 3, prevede la
possibilità per l’ex coniuge,
titolare per sé o i figli di un
assegno attribuito in sede di
procedimento di divorzio, di
ottenerne direttamente il
pagamentodapartedelterzo
che
sia
tenuto
a
corrispondere
periodicamente somme di
denaro
all’ex
coniuge
obbligato, senza necessità di
ulteriori azioni giudiziarie
perottenereunordinecontro
il terzo o per accertare
l’esistenza del debito di
questi
nei
confronti
dell’obbligato
al
mantenimento.
È stato inoltre introdotto
dal legislatore del 1987 lo
strumento del sequestro dei
beni
dell’ex
coniuge
obbligato a somministrare
l’assegno, che è disciplinato
dall’art.8,comma7.
6 . 1 .La prestazione di una
garanziarealeopersonale.
Il
tribunale,
contestualmente
all’emanazione
della
sentenza di divorzio o in un
momento successivo, nel
procedimento di revisione
dell’assegno ex art. 9 l. div.,
può imporre all’obbligato di
prestare una idonea garanzia
realeopersonale,seesisteil
pericolo che egli possa
sottrarsi
all’adempimento
degliobblighieconomici.
Nonostante il silenzio
della legge, si ritiene
necessaria una istanza della
parte, che ha l’onere di
provare gli elementi di fatto
cheintegranolasituazionedi
pericolo, attuale e concreta.
Spetta poi al tribunale
valutare, con riferimento al
caso concreto, al pregresso
comportamento del coniuge
obbligato,
alla
sua
consistenza
patrimoniale,
all’entità degli obblighi
stessi ed alla loro durata, se
sussiste un rischio di
inadempimento tale da
motivarel’applicazionedello
strumento
di
garanzia
richiesto(267).
Il tribunale emette una
condanna generica, essendo
riservataalconiugeobbligato
la facoltà di scegliere ex art.
1179 c.c. lo strumento di
garanzia dell’adempimento,
che
potrà
consistere
nell’iscrizione di ipoteca su
beni immobili per un valore
rapportato ad una sommaria
capitalizzazione
delle
prestazioni
periodiche
dovute, nella costituzione in
pegnodidenaro,benimobili,
titoli o altri crediti, nella
garanzia offerta da un terzo,
in una fideiussione bancaria
oprestatadaaltri(268).
La prestazione di una
garanziarealeopersonaleha
tuttavia
trovato
scarsa
applicazione
pratica,
probabilmente a causa della
discrezionalità della scelta
della garanzia stessa lasciata
exlegealconiugedebitore,e
alla mancanza di una
sanzione nel caso di
inottemperanza dell’ordine
deltribunale.
6.2.L’iscrizione dell’ipoteca
giudiziale ai sensi dell’art.
2818c.c..
Lasentenzadicondannaal
pagamento
dell’assegno
divorzile costituisce titolo
per l’iscrizione dell’ipoteca
giudiziale ai sensi dell’art.
2818 c.c.. È esclusa la
possibilità di iscrivere
ipoteca
in
forza
dell’ordinanza presidenziale,
o di altro provvedimento
provvisorio ed urgente ( 269)
emessonelcorsodelgiudizio
(270).
L’iscrizione dell’ipoteca
giudiziale
può
essere
effettuata a garanzia del
pagamento di un assegno di
divorzio periodico, come di
quello determinato in unica
soluzione.Taleultimaipotesi
non è infrequente, potendo
essereconcordatotraleparti
un versamento rateizzato
dell’una tantum, così che al
momento dell’emanazione
della sentenza la pretesa
creditoria dell’avente diritto
è sì liquida nel suo
complesso, ma non ancora
integralmente esigibile e,
pertanto, è maggiormente
sentita la necessità di
approntare una proficua
garanzia(271).
L’importo cui riferire
l’iscrizione ipotecaria è
indicato
dal
creditore,
mediante la capitalizzazione
dell’assegno periodico sulla
basedelletabelleprevistedal
R.D.9ottobre1922,n.1403,
per la costituzione delle
renditevitalizie(272).
Al creditore spetta la
valutazione
circa
la
sussistenza del pericolo
dell’inadempimento
che
giustifica
l’iscrizione
ipotecaria, la cui mancanza,
secondo
un
recente
orientamento
giurisprudenziale, fa venire
meno la finalità di questo
strumento
e
consente
all’obbligato il diritto ad
ottenere
dal
giudice
l’emanazione
del
corrispondente ordine di
cancellazione
ai
sensi
dell’art. 2884 c.c. (273). È
comunque fatta salvadalla
legge la possibilità per il
debitorediagireinriduzione,
laddove l’importo risulti
eccessivo
rispetto
all’ammontaredelcredito.
L’iscrizione
ipotecaria
effettuata a garanzia delle
obbligazioni assunte dall’ex
coniugeinsededidivorzioè
esentedatributi(274).
6 . 3 .Il versamento diretto
dell’assegno da parte del
terzo.
L’art. 8, comma 3, l. div.
prevede che il beneficiario
dell’assegno divorzile, nel
caso di inadempimento da
parte
dell’ex
coniuge
obbligato,possanotificareal
terzo debitore di questi il
provvedimento in cuisia
fissatalamisuradell’assegno
stesso, ed ottenerne il
versamento direttamente dal
terzo.
Presupposto per fare
ricorso all’azione diretta
contro il terzo debitore è
l’inadempimento
dell’ex
coniuge obbligato, che si
protragga da almeno trenta
giorni. Non è pertanto
sufficiente un mero ritardo
nell’adempimento, inferiore
al periodo indicato dalla
legge, pur se attuato
sistematicamente.
Condizioni necessarie per
l’eserciziodell’azionediretta
sono la costituzione in mora
del
coniuge
obbligato,
mediante raccomandata con
avviso di ricevimento; la
notificadapartedelcreditore
procedente al terzo del
provvedimento (in copia
autentica) in cui è stabilito
l’ammontare dell’assegno,
con l’invito a versargli
direttamente le somme
dovute; la comunicazione al
coniuge
inadempiente
dell’avvenuta
notifica
dell’attoalterzo.
L’art. 8, comma 6, l. div.
fissaespressamenteunlimite
quantitativo dell’obbligo del
terzo, nella misura massima
pari alla metà delle somme
da questi dovute al coniuge
obbligatoatitolodistipendi,
salari e pensioni. Tra i terzi
tenutiacorrisponderesomme
periodiche
all’ex-coniuge
obbligato sono da includere
anche gli enti previdenziali,
in relazione alla erogazione
di trattamenti pensionistici
(275).
Posizioni differenti sono
emerse in dottrina e
giurisprudenza in merito
all’individuazione
del
provvedimentogiudizialecui
si riferisce la norma,
ritenendosidapartedialcuni
che l’azione possa essere
proposta sia in forza di una
sentenza
che
dei
provvedimenti
provvisori
emessi dal presidente o dal
giudice istruttore nel corso
delgiudizio(276);dapartedi
altri si sostiene invece la
necessità di un titolo certo,
derivante dal giudicato sullo
status di persona divorziata
(277).
Il terzo, cui è stato
notificatoilprovvedimentoe
l’invito alla corresponsione
delle somme dovute, ha solo
la possibilità di proporre
opposizione all’esecuzione
facendo valere l’irritualità
della notifica effettuatagli,
ma non può eccepire
mancanze
del
coniuge
creditoreinordineallamessa
in mora del debitore o alla
successiva comunicazione
allo stesso, o far valere
pregressi adempimenti da
partedelconiugeobbligatoal
versamentodell’assegno.
Se il terzo cui è stato
notificato il provvedimento
non adempie, il coniuge
creditore può attivare, ai
sensi dell’art. 8, comma 4,
un’azione esecutiva diretta
nei suoi confronti per il
pagamento delle somme
dovutegli dall’altro coniuge.
In tale caso, dovendosi
applicare le norme generali
inmateria,sidovrànotificare
al terzo il titolo esecutivo,
che risulta dall’atto, munito
della formula esecutiva, già
notificatogli, composto dalla
copia
autentica
del
provvedimento attributivo
dell’assegno, dell’atto di
costituzione in mora del
debitore e dell’invito alla
corresponsione diretta delle
somme, che gli era stato
formulato(278).
Qualora il credito del
coniuge
obbligato
nei
confronti del terzo sia stato
già pignorato al momento
della
notificazione,
all’assegnazione e alla
ripartizione delle somme fra
il coniuge cui spetta la
corresponsione
periodica
dell’assegno, il creditore
procedente e i creditori
intervenuti nell’esecuzione,
provvede
il
giudice
dell’esecuzione.
6.4.Il sequestro ex art. 8,
comma7
Il sequestro dei beni del
coniuge obbligato è stato
introdottonelladisciplinadel
divorziodall’art.12,l.74/87,
al fine di rafforzare gli
strumentidituteladeldiritto
all’assegno, a favore dell’ex
coniuge e dei figli, e di
parificare la normativa in
materia a quella della
separazione,edinparticolare
all’art.156c.c.,cheaseguito
della riforma del 1975 già
prevedeva lo strumento del
sequestro.
Secondo
la
vigente
normativa, il giudice può
disporreilsequestrodeibeni
del coniuge obbligato a
somministrarel’assegno“per
assicurare
che
siano
soddisfatte o conservate le
ragioni del creditore in
ordineall’adempimentodegli
obblighidicuiagliarticoli5
e 6, su richiesta dell’avente
diritto”.
Il testo dell’art. 8, comma
7, l. div. evidenzia alcune
differenze rispetto all’art.
156, comma 6, c.c., che
disciplina il sequestro nel
giudizio di separazione, non
prevedendo
come
presupposto, ai fini della
concessione
del
provvedimento, un pregresso
inadempimento
dell’ex
coniugeobbligato,masolola
sussistenza di un nesso di
strumentalità della misura
rispettoalsuoscopoditutela
delle ragioni del creditore
(279).
La norma in esame non fa
alcun riferimento, come
invece prevede l’art. 156,
comma 6, c.c., alla
possibilità di assoggettare al
vincolo esclusivamente una
partedeibenidell’obbligato,
ma si ritiene trattarsi di una
omissione più formale che
sostanziale,“essendo in ogni
caso precluso al giudice di
emanare un provvedimento
penalizzante
come
il
sequestro
senza
la
contestuale determinazione
del limite entro concorrenza
del quale il vincolo deve
operare: anche in regime di
divorzio, dunque, dovrà
ritenersi che la misura
cautelare(atipica)nonpossa
colpire tutti i beni del
debitore, ma solo una parte
degli
stessi”
(280).
Interpretazione confermata
dallo stesso testo di legge,
che in riferimento al
sequestro di crediti, precisa
che “le somme spettanti al
coniuge obbligato alla
corresponsione dell’assegno
di cui al precedente comma
sono soggette a sequestro e
pignoramento fino alla
concorrenzadellametàperil
soddisfacimentodell’assegno
periodico di cui agli articoli
5e6”.
Posizioni differenti sono
emerse in dottrina, in merito
alla natura del sequestro ex
art.8,comma7,l.div.( 281),
stante la mancanza di una
adeguata
disciplina
sostanziale e processuale, e
sull’argomento valgono le
considerazioni già svolte in
relazione al sequestro ex art.
156 c.c., quale sequestro
atipico.
Secondo l’orientamento
della giurisprudenza, il
provvedimento di sequestro
dibenidelconiugeobbligato,
previsto sia dall’art. 156,
comma 6, c.c., in caso di
separazione personale, che
dall’art. 8, comma 7, l. div.,
ha natura atipica, cioè
differente da quella del
sequestro
conservativo
disciplinato dagli artt. 671 e
ss., c.p.c., che dipende
principalmente dalle speciali
condizioni
che
ne
giustificano la concessione
(titoloesecutivogiàformato,
inluogodelfumusbonijuris)
e la revoca (sopravvenienza
di
giustificati
motivi,
prevista dall’articolo 156,
ult. co., c.c., in luogo dei
motivi d’inefficacia previsti
dagli articoli 669novies e
675c.p.c.(282).
Differenti interpretazioni
sono emerse anche in merito
alla
tipologia
del
provvedimento che consente
la concessione del sequestro
eallacompetenzadelgiudice
cui
è
demandata
l’autorizzazione.
Una prima tesi sostiene
che il sequestro può essere
autorizzato solo in forza di
unasentenzadidivorzio,che
ha carattere costitutivo
dell’assegno divorzile, e
pertanto si esclude che tale
provvedimento possa essere
emesso dal giudice istruttore
(283). Altra tesi ammette
viceversa la competenza del
giudice istruttore nel corso
del giudizio di divorzio ad
emettereilprovvedimentodi
sequestro, a rafforzamento
degli obblighi determinati
nell’ordinanza presidenziale,
munita sempre di efficacia
esecutiva, e a tutela del
diritto della parte a vedersi
attribuire un assegno di
divorzio
all’esito
del
procedimento(284).
7.Ildivorziocongiunto.
Il
procedimento
su
domanda congiunta dei
coniugiperloscioglimentoo
la cessazione degli effetti
civili del matrimonio, è
disciplinato dall’art. 4, l.
898/70, come sostituito
dall’art.8,l.74/87.
Tale procedimento non si
configura come divorzio
consensuale, posto che il
caratteredell’istitutodipende
non dalle norme processuali,
le quali si limitano ad
incideresuitempitecniciper
addivenire alla pronuncia
giudiziale, bensì da quelle
sostanziali,
che
non
prevedonoilmutuoconsenso
come causa di divorzio, che
restaancoratoallecondizioni
dettate dagli artt. 1, 2 e 3
della l. 898/70 e successive
modificazioni. Nel giudicare
sulle domande proposte, il
tribunale
accerta
la
sussistenza dei requisiti e
presupposti di legge, come
avviene nel procedimento
contenzioso, e, a differenza
del
procedimento
di
separazioneconsensuale,non
omologa
l’accordo
intervenuto tra i coniugi, ma
emette una sentenza di
accoglimento o di rigetto
delledomande(285).
Neconseguechequalorale
parti abbiano convenuto la
corresponsione dell’assegno
divorzile in unica soluzione,
il tribunale, secondo il
disposto dell’art. 5, comma
8, l. div., mantiene il potere
divalutarnelarispondenzaa
criteri di equità e, in difetto,
secondo un orientamento
giurisprudenziale,
può
persinopronunciaresulpunto
una
sentenza
difforme
dall’accordodelleparti(286).
Per
quanto
attiene
all’assegno periodico, il
tribunale, pur dovendo
recepire
gli
accordi
intervenutitraleparti,enon
essendo
legittimato
a
sindacarne
il
merito
attraverso un controllo
analogoaquelloprevistoper
l’assegno in unica soluzione,
ha comunque il potere di
sottoporre tali intese a
valutazione giudiziale (287),
con
riguardo
alla
determinazione
della
decorrenzadell’assegnoedel
suo adeguamento automatico
(288).
CAPITOLOVIII
L’ASSEGNODIDIVORZIO
NELL’INTERPRETAZIONE
DELLADOTTRINA
SOMMARIO: 1. Fondamento e
naturadell’assegnodidivorzio.
– 2. I presupposti dell’assegno
divorzile. –3. I criteri di
determinazione dell’assegno. –
4. L’autonomia negoziale dei
coniugi e gli accordi di
contenuto patrimoniale nel
divorzio.
1 .Fondamento e natura
dell’assegnodidivorzio.
L’assegno di divorzio,
secondo
l’orientamento
prevalente della dottrina,
trova fondamento nella
solidarietà post coniugale,
dovendosi escludere ogni
riferimento
ai
doveri
matrimonialichecessanocon
lo scioglimento del vincolo.
Lasolidarietàpostconiugale,
che consiste nel dovere
giuridico
di
aiutare
economicamente
l’ex
coniuge, trova a sua volta
giustificazione nel fatto
stesso
del
pregresso
matrimonio, “realtà che pur
dopo il suo scioglimento
rende doverosa l’assistenza
economica tra coloro che di
tale realtà sono stati parte”
(289). Questo dovere di
assistenzanonsarebbesoloil
risultato di una scelta
legislativa, che con la
revisione del divorzio nel
1987 ha affermato la
funzione
esclusivamente
assistenziale dell’assegno,
ma
risponderebbe
“ad
un’esigenza sociale di tutela
delconiugedebole”(290).
Unaparteminoritariadella
dottrina sostiene, in senso
contrario, che il definitivo
scioglimento del vincolo
matrimoniale
appare
difficilmenteconciliabilecon
la sopravvivenza di una
solidarietà
destinata
a
proiettarsi per un tempo
indeterminato,
essendo
l’assegno,
di
regola,
attribuito per la vita del suo
beneficiario.
L’assegno
sarebbe quindi fondato solo
sull’oggettivo
deterioramento
delle
condizioni di vita di uno dei
coniugi, a causa del divorzio
(291).
Giovaricordarechesubito
dopo la riforma del 1987 la
dottrina prevalente aveva
sostenuto che la nuova
normativa imponeva di
abbandonare
la
tesi
precedentemente
seguita
della natura composita o
polifunzionale dell’assegno,
per affermare la sua natura
esclusivamente assistenziale
(292).
Ilnuovotestoriformatoha
tuttavia subito ingenerato
differentiinterpretazioni,non
indicando con chiarezza il
parametro in relazione al
quale deve essere valutata
l’adeguatezza dei mezzi del
coniugechechiedel’assegno
divorzile. Nel periodo tra
l’avvio della riforma del
1987 e l’intervento delle
Sezioni
unite
della
Cassazione nel 1990, resosi
necessario per sanare i
conflitti
giurisprudenziali
sorti nel frattempo (293),
sono emerse in dottrina
posizionicontrastanti,trachi
privilegiava il principio di
solidarietà per favorire il
soggetto economicamente
debole, e coloro che al
contrario sottolineavano che
ilvenirmenodelmatrimonio
attenuava
gli
obblighi
economici. Così, parte della
dottrina
sosteneva
che
l’assegno dovesse consentire
al beneficiario di continuare
a godere del tenore di vita
mantenuto in costanza di
matrimonio (294), ovvero di
untenoredivitaquantomeno
analogo, mentre da parte di
altri si affermava che al
coniuge privo di mezzi
dovesse essere riconosciuto
solo quanto necessario ad
assicuragli un esistenza
autonoma, libera e dignitosa
(295).
L’intervento delle Sezioni
Unite nel 1990 - che ha
affermato che il parametro
cui fare riferimento per
valutare l’adeguatezza dei
mezzidelconiugechechiede
l’assegno
divorzile
è
costituito dal tenore di vita
goduto in costanza di
matrimonio,
considerati
ancheglialtricriteriindicati
dalla norma che svolgono
una funzione correttiva nella
determinazione del suo
ammontare - non è tuttavia
valso a superare il contrasto
diopinioniindottrina(296).
Si è così osservato che la
giurisprudenzadilegittimità,
dalle pronunce del 1990 in
poi, segue principi che
sembrano “espressione, più
che di teorie che valorizzino
lasolidarietàpostconiugale,
di posizioni che affermano
l’ultrattività economica del
matrimoniodopoildivorzioe
che si pongono in contrasto
con la natura stessa del
divorzio, che fa cessare lo
stato di coniuge e gli effetti
delmatrimonio”(297).
Altri,
manifestando
un’opinionediversa,rilevano
invececheicritericosiddetti
correttivi (quale ad esempio
quellorelativoalladuratadel
matrimonio)
possono
incidere
sull’attribuzione
dell’assegno
fino
ad
azzerarlo, finendo così per
vanificare
la
funzione
assistenziale
dell’assegno
stesso.
Si è anche osservato che
nella prassi dei giudici di
merito il riferimento al
tenore di vita resta solo un
dato di partenza, un criterio
indicativo, ed è rimasta la
tendenza a ritenere che un
assegno assistenziale non
possa essere superiore a
quanto
necessario
per
condurre
un’esistenza
dignitosa(298).
Recentemente è stata
sottolineata l’esigenza di
riconoscere all’assegno di
divorzio
una
funzione
perequativa,perriequilibrare
lasituazionedelconiugeche
sitrovainstatodiinferiorità
economica, “quando (e nei
limiti in cui) vi sia stata
un’effettiva comunione di
vita matrimoniale, alla
costruzione della quale il
coniuge istante abbia dato il
suo contributo” (299), e di
dare maggiore rilevanza agli
aspetti compensativi e
indennitari, che sono invece
rilegati in secondo piano
dalla
«curvatura
assistenziale»
stesso(300).
dell’assegno
2.I presupposti dell’assegno
divorzile.
La dottrina attuale, pur
essendo concorde nel dare
atto che l’assegno divorzile
ha funzione assistenziale,
continua ad essere divisa
sull’individuazione
dei
presuppostiperl’attribuzione
dell’assegno.
Una prima tesi aderisce
all’orientamentodettatodalle
Sezioni
unite
della
Cassazione nel 1990, e
considera, quali presupposti
del diritto all’assegno di
divorzio, la mancanza di
mezzi sufficienti a garantire
all’ex coniuge il tenore di
vita di cui godeva o avrebbe
potuto godere durante il
matrimonio, e l’incapacità
per ragioni obbiettive a
procurarseli(301).Ilconiuge
che richiede l’assegno deve
trovarsi, secondo questa
posizione, in uno stato di
bisognorelativo,checonsiste
nella sua concreta inidoneità
a mantenere il livello di vita
matrimoniale, valutata sia in
relazione ai mezzi di cui
disponecheallasuacapacità
di lavoro e di reddito
patrimoniale (302).
La
capacitàdilavoro,siprecisa,
non deve essere considerata
in
astratto,
dovendosi
piuttosto tenere conto della
sua effettiva possibilità di
svolgimento,inrelazionealle
concrete
condizioni
personali,
familiari
e
ambientali di inserimento
della persona in un’attività
confacenteallesueattitudini,
alla sua formazione e alla
posizione di cui godeva in
costanza di matrimonio
(303).
Disegnooppostoèlatesi,
minoritaria, che afferma la
natura
alimentare
dell’assegno a favore dell’ex
coniuge,conseguentealvenir
meno del vincolo coniugale,
e con la sola finalità di
coprire i bisogni essenziali
dellavita(304).
La posizione prevalente
sostiene che l’assegno di
divorzio debba consentire
all’ex coniuge di condurre
un’esistenza
libera
e
dignitosa, e che pertanto si
debba fare riferimento a tale
modello di vita, e non al
pregresso tenore di vita
matrimoniale.Isostenitoridi
questa tesi affermano che la
solidarietàpostconiugalenon
può condurre ad attribuire al
coniuge più debole un
assegno
divorzile
parametrato al tenore di vita
coniugale,
poiché
tale
ultrattività del principio di
solidarietà finirebbe con il
tradursi
sul
piano
patrimoniale in una sorta di
indissolubilità del vincolo.
Inoltre,ilriferirsialtenoredi
vita
matrimoniale
non
consente la promozione di
una pari dignità sociale dei
coniugi ed impedisce al
coniugeeconomicamentepiù
deboledirendersiautonomo,
considerato che questi può
continuare
a
percepire
l’assegno come fonte di
renditaperenne(305).
Le diverse posizioni
espresse dalla dottrina
conseguono evidentemente a
diverse concezioni degli
istituti del matrimonio e del
divorzio, e a differenti
letture, anche sotto il profilo
sociale e politico, del
principio di eguaglianza dei
coniugi, in astratto piuttosto
che correlato all’effettivo
ruolo svolto da ciascuno a
favore della famiglia e dei
figli.
In conclusione, si può
condividere la posizione di
chi critica come astratte e
rigide le opposte tesi che
considerano l’assegno di
divorzio come aprioristico
effettodellasopravvivenzadi
una
solidarietà
postmatrimonialeoviceversa
elargizioneprovenientedaun
soggetto ormai estraneo, e
ritiene invece apprezzabile
l’attuale orientamento della
giurisprudenza
che,
valutando discrezionalmente
i singoli casi alla luce del
dettato legislativo, utilizza
l’assegno come strumento
perriequilibrarelasituazione
traiconiugi,avantaggiodel
coniugeeconomicamentepiù
debole(306).
3.Icriteridideterminazione
dell’assegno.
La sussistenza di un
bisogno assistenziale del
coniuge
è
condizione
necessaria
per
il
riconoscimento del diritto
all’assegnodivorzile,manon
è una condizione sufficiente
(307).
Parte
della
dottrina
evidenziachelamancanzadi
mezzi adeguati assume “il
significatotecnicodicriterio
di legittimazione all’azione,
che opera sul piano
processuale” e identifica “il
soggetto
titolare
dell’azione”,
ma
l’attribuzione dell’assegno
dipende “dalla valutazione
globale e comparata dei
criteri indicati dalla norma”
(308).
Detti criteri - che l’art. 5,
comma 6, l. div., individua
nelle
“condizioni
dei
coniugi”,nelle“ragionidella
decisione”, nel “contributo
personaleedeconomicodato
da ciascuno alla conduzione
familiare ed alla formazione
del patrimonio di ciascuno o
di quello comune”, nel
“redditodientrambi”,conla
precisazione che devono
essere valutati “anche in
rapporto alla durata del
matrimonio” – fungono,
secondo
la
concorde
interpretazionedelladottrina,
da
correttivi
nella
determinazione
concreta
dell’assegno, nel senso che
“possonocondurresolamente
alla riduzione dell’assegno”
epersinoalsuoazzeramento
(309).
Si esclude pertanto la
possibilitàcheall’exconiuge
venga attribuito un assegno
in misura “superiore al
diritto
all’assistenza
materiale spettantegli in
regimedimatrimonio”(310).
4.L’autonomianegozialedei
coniugi e gli accordi di
contenuto patrimoniale nel
divorzio.
Nella fase del divorzio,
così come avviene in quella
della separazione, i coniugi
possono raggiungere accordi
e pervenire a soluzioni
conciliativeconcordate.
L’autonomianegozialedei
coniugi si estrinseca in
accordi
che
possono
riguardare
l’ammontare
dell’assegno (311) e la sua
eventuale corresponsione in
unica soluzione, la rinunzia
del diritto all’assegno, la
transazionedicontroversiedi
natura
patrimoniale,
e
possono essere raggiunti in
untempoantecedentel’avvio
delprocedimentodidivorzio,
nonché durante lo stesso
procedimento o in epoca
posteriore.
Sulla disponibilità o meno
dell’assegno divorzile si è
discusso in dottrina sin
dall’entrata in vigore della
leggen.898/70(312).Inquel
periodo
erano
emerse
differenti posizioni, che
facevano riferimento alla
natura dell’assegno, o alla
disposizione che consente ai
coniugi di optare, se
d’accordo,
per
una
corresponsione dell’assegno
in unica soluzione (313): chi
sosteneva
la
natura
esclusivamente assistenziale
dell’assegno ne negava il
carattere
disponibile
e
considerava il versamento in
unicasoluzionecomederoga
di carattere eccezionale alla
indisponibilità del diritto
(314), mentre coloro che
davano rilevanza all’accordo
dei
coniugi
per
la
liquidazione una tantum
dell’assegnoneammettevano
ladisponibilità(315).
Dopo la riforma del 1987,
ladottrinacheattribuivauna
valenza decisiva alla natura
assistenziale dell’assegno di
divorzio ha continuato ad
escludere la disponibilità
dell’assegno stesso e a
sostenere,
come
conseguenza,unalimitazione
dello spazio riservato alla
transazione
diretta
a
comporre o a prevenire liti
sul diritto all’assegno (316).
In particolare, per quanto
riguarda la possibilità di
transazione prevista dall’art.
5, comma 8, l. div. che
consente alle parti di
concordarelacorresponsione
dell’assegno di divorzio in
unicasoluzione,siritiene,da
parte dei fautori di questa
posizione, che l’autonomia
negoziale dei coniugi sia
limitata dalla previsione del
giudizio di equità da parte
deltribunale(317).
Di segno opposto è la tesi
sostenuta da altra dottrina,
che mette in luce gli aspetti
della legge di riforma del
divorzio n. 74/87 che
enfatizzano
il
ruolo
dell’autonomia
negoziale
delle parti, primo tra tutti il
procedimento su domanda
congiunta(art.4,comma13,
l. div.), nonché il potere di
adottare il sistema solutorio
che gli stessi coniugi
ritengonopiùidoneoalleloro
esigenze e di derogare alla
periodicità
dell’assegno
(318).
Per quanto riguarda la
rinunciabilitàdell’assegnodi
divorzio,
coloro
che
sostengono la tesi della
indisponibilitàdeldirittoper
lasuanaturaassistenziale,ne
ritengono anche invalida la
rinuncia (319), considerata
altresì la possibilità di
revisione
dell’assegno
prevista dall’art. 9 l. div.. Si
ammettecomevalidasolola
rinuncia alle prestazioni
scadute(320).
Altriaffermanoinveceche
il coniuge economicamente
più debole possa rinunciare
all’assegno, così come gli è
riconosciuta la possibilità di
ottenere la liquidazione una
tantum(321).
Tuttavia, nel caso di
rinuncia
preventiva
all’assegno la dottrina è
pressoché
concorde
nell’osservare che non
produce alcun effetto in
quanto non si può rinunziare
a diritti futuri, e ciò tenuto
conto che l’assegno di
divorzio non può essere
considerato come diritto
dell’ex coniuge percipiente
finoaquandononvisiastata
la pronuncia di cessazione
delvincolo(322).
Sugli accordi di natura
patrimoniale tra i coniugi in
previsione del divorzio, la
dottrina
prevalente
si
esprimenelsensodiritenerli
validi
e
leciti,
differenziandosi così dal
contrarioeormaiconsolidato
orientamento
della
giurisprudenza di legittimità
(323).
Si osserva infatti che
trattasi di una esigenza
spesso sentita già in sede di
separazione dai coniugi, che
desideranoconunaccordodi
carattere
patrimoniale
abbreviare i tempi della
sistemazione definitiva dei
loro rapporti, anticipando un
evento (la pronuncia di
divorzio) che comunque, in
presenza delle condizioni di
legge,èinevitabile(324).
Mettendo in luce la
riconosciutaeguaglianzatrai
coniugi e il nuovo modo di
concepire la famiglia, la
dottrina che ammette la
validità
degli
accordi
preventivi,
sostiene
conseguentemente che i
rapportitraiconiugipossono
essereregolatidacontrattidi
dirittocomune(325).
CAPITOLOIX
L’ASSEGNODIDIVORZIO
SECONDO
L’ORIENTAMENTO
DELLAGIURISPRUDENZA
SOMMARIO: 1. La natura
dell’assegno
di
divorzio
nell’attuale disciplina. -2. La
valutazione di adeguatezza dei
redditidelconiugecherichiede
l’assegno. -3. Assegno di
mantenimento a favore del
coniuge separato e assegno di
divorzio. -4. L’indisponibilità
del diritto all’assegno di
divorzio e gli accordi di
caratterepatrimoniale.
1 .La natura dell’assegno di
divorzio
nell’attuale
disciplina.
L’assegno di divorzio,
nella disciplina introdotta
dall’art. 10 della l. 6.3.1987
n.74,modificativodell’art.5
della l. 1.12.1970 n. 898, ha
natura
esclusivamente
assistenziale “atteso che la
sua
concessione
trova
presupposto
nell’inadeguatezza dei mezzi
del coniuge istante, da
intendersicomeinsufficienza
deimedesimi,comprensividi
redditi, cespiti patrimoniali
ed altre utilità di cui possa
disporre, a conservargli un
tenore di vita analogo a
quello avuto in costanza di
matrimonio, senza cioè che
sia necessario uno stato di
bisogno, e rilevando invece
l’apprezzabile
deterioramento,
in
dipendenza del divorzio,
delle precedenti condizioni
economiche, le quali devono
essere
tendenzialmente
ripristinate, per ristabilire
un certo equilibrio”. A
questa conclusione è giunta
nel 1990 la Suprema Corte a
Sezioni
unite
(326),
componendo un contrasto
giurisprudenziale
tra
pronunce che, interpretando
il nuovo dettato normativo,
avevanoriferitolamancanza
di mezzi adeguati da parte
del coniuge richiedente
l’assegno al tenore di vita
tenuto in costanza di
matrimonio piuttosto che ad
un
modello
di
vita
oggettivamente autonomo e
dignitoso(327).
La giurisprudenza di
legittimità,conorientamento
chedaallorasièconsolidato,
continua a subordinare
l’attribuzionedell’assegnodi
divorzio alla mancanza di
"mezziadeguati", sostenendo
chel’accertamentodeldiritto
all’assegno va effettuato
verificando
innanzitutto
l’inadeguatezzadeimezzidel
coniuge
richiedente
a
conservare un tenore di vita
analogo a quello goduto in
costanzadimatrimonioeche
sarebbe
presumibilmente
proseguito in caso di
continuazione dello stesso,
ovvero
che
poteva
ragionevolmente prefigurarsi
sulla base di aspettative
esistenti nel corso del
rapportomatrimoniale(328).
Il carattere assistenziale
dell’assegno di divorzio non
presuppone pertanto uno
stato di bisogno del
richiedente, che può essere
anche
economicamente
autosufficiente, ma solo la
sua inidoneità a conservare,
con i suoi soli mezzi, il
tenore di vita suddetto,
goduto - o godibile - in
costanza di matrimonio
(329).
2
.La
valutazione
di
adeguatezza dei “mezzi” del
coniuge
che
richiede
l’assegno.
L’espressione “ mezzi” si
riferisce,
secondo
la
giurisprudenza, sia ai redditi
che ai cespiti patrimoniali
del coniuge beneficiario,
nonchéallealtreutilitàdicui
eventualmentepuòdisporre.
L’adeguatezzadeimezzia
disposizione va valutata con
riferimento al contesto nel
qualeiconiugihannovissuto
durante il matrimonio, in
rapporto alla pregressa
posizione economica e
sociale(330).
Nelle note sentenze del
1990 la Suprema Corte a
Sezioni unite ha precisato
che l’espressione “mezzi
adeguati” è analoga a quella
contenutanell’art.156c.c.,e
che
nell’interpretazione
giurisprudenziale
la
mancanza di redditi adeguati
è normalmente intesa come
difetto di redditi o di
sostanze od altre utilità
sufficienti ad assicurare al
coniuge il tenore di vita che
gli sarebbe spettato durante
la convivenza. Tuttavia, ha
sottolineato
la
Corte,
l’assegno di divorzio, a
differenza di quello di
separazione,
non
può
ritenersi radicato nel vincolo
matrimonialeenellarelativa
garanzia di continuità dello
statuseconomico.
Rese queste premesse, le
Sezioni
unite
hanno
censurato
l’orientamento
espresso dalla sentenza della
prima sezione n. 1652 del 2
marzo 1990, la quale aveva
qualificato come "mezzi
adeguati" quelli atti a
garantireunavitaautonomae
dignitosa, con esclusione del
diritto
del
coniuge
beneficiario a mantenere il
pregressotenoredivitaeciò
sul presupposto che la
modifica legislativa non
potevacollegarel’assegnoad
un rapporto estinto, e che la
solidarietà
post-coniugale
non poteva assicurare una
sistemazione definitiva o
posizioni
di
rendita
parassitaria.
Le Sezioni unite hanno
conseguentemente
tenuto
conto sia della situazione in
cuivieneatrovarsiilconiuge
obbligato a seguito della
dissoluzione del matrimonio
e dei suoi nuovi bisogni, per
evitare che la misura
dell’assegno si traduca in un
ingiustificato privilegio per
l’uno ed in un insostenibile
aggravio per l’altro, sia
dell’esigenzadiristabilireun
certo equilibrio tra le
posizioni economiche degli
ex coniugi, mediante la
concessione dell’assegno al
coniuge richiedente, le cui
condizioni
economiche
subiscano un apprezzabile
deterioramentoindipendenza
del divorzio, tale da non
consentirgli di mantenere un
tenore di vita analogo a
quellogodutoinprecedenza.
Successive pronunce della
Suprema
Corte,
nel
confermare
i
principi
espressi dalle Sezioni unite,
hanno precisato che le
“precedenti
condizioni
economiche” devono essere
ripristinate
“tendenzialmente”,
per
ristabilireuncertoequilibrio
tra le posizioni degli ex
coniugi (331). Il ruolo di
riequilibrio cui l’assegno
deve tendere non può essere
inteso in senso assoluto e
aprioristico, e il coniuge
economicamente più debole
non può pretendere di
beneficiare dopo il divorzio
deimiglioramentichesisono
verificati nella situazione
economica dell’ex coniuge,
laddove non costituiscano
sviluppinaturalieprevedibili
dell’attività
professionale
svoltaduranteilmatrimonio,
o di situazioni ed aspettative
maturate prima del divorzio,
anche se dipendenti dal
merito
del
coniuge
economicamente più forte
(332).
Quanto
all’ulteriore
presupposto
della
impossibilità di “procurarsi
gli adeguati mezzi di
sostentamento per ragioni
obiettive”,nonsitrattadiuna
ipotesi alternativa rispetto a
quella
della
mancanza
assolutadidettimezzi,maè
meramenteesplicativaditale
situazione,
dovendosi,
pertanto,
trattare
d’impossibilità di ottenere
mezzi tali da consentire il
raggiungimentonongiàdella
mera
autosufficienza
economica, ma di un tenore
di vita sostanzialmente non
diverso rispetto a quello
g o d u t oin costanza di
matrimonio
(333).
In
concreto, il soggetto non
deve essere in grado di
svolgere
un’attività
lavorativa,
per
ragioni
strettamente legate alla sua
personaqualil’età,lasalute,
il
tempo
intercorso
dall’ultima prestazione di
lavoro,
l’esigenza
di
dedicarsi ai figli, o dovute
alle condizioni offerte dal
mercato del lavoro o
all’eventualeimpossibilitàdi
trovareun’attivitàconfacente
alla posizione sociale, e alla
qualificazione professionale
(334).
3.Assegnodimantenimentoa
favoredelconiugeseparatoe
assegnodidivorzio.
La giurisprudenza di
legittimità è orientata a
tenere ben distinti l’assegno
di separazione e quello di
divorzio,che,presupponendo
lo
scioglimento
del
matrimonio, prescinde dagli
obblighi di mantenimento e
di alimenti operanti nel
regime di convivenza e di
separazione, e comporta una
determinazione fondata su
criteri propri ed autonomi
rispetto a quelli rilevanti per
il trattamento spettante al
coniugeseparato(335).
Indubbiamente
diverse
sono le rispettive discipline
sostanziali così come diversi
sono la natura, la struttura e
la finalità dei relativi
trattamenti.
La separazione infatti
tende a conservare il più
possibile tutti gli effetti
propri
del
matrimonio
compatibiliconlacessazione
della convivenza e, quindi,
anche i pregressi accordi
sull’indirizzo della vita
familiare, nonché il tenore e
iltipodivitadiciascunodei
coniugi; con il divorzio, che
fa cessare gli effetti del
matrimonio, residua invece
tra gli ex coniugi solo un
vincolo di solidarietà di tipo
preminentemente
assistenziale,chepresuppone
nell’ex coniuge assistito non
solo la mancanza di mezzi
economici adeguati, ma
anche
l’oggettiva
impossibilità di procurarseli
mettendo a frutto le proprie
capacitàdilavoro.
Sotto
il
profilo
processuale,
si
ritiene
pertanto irrilevante, ai fini
della
legittimità
della
domandaedellapronunciadi
attribuzione dell’assegno di
divorzio, la circostanza che
insedediseparazionenonsia
stato richiesto e attribuito
alcunassegno(336).
L’assetto
economico
relativo alla separazione, si
afferma,
può
solo
rappresentareunmeroindice
di riferimento per il giudice
del
divorzio,
dovendo
quest’ultimo rivedere le
relativestatuizionisullabase
di criteri distinti e autonomi
rispetto a quelli rilevanti in
sede di separazione e tenere
conto,
semmai,
della
situazione reddituale della
famiglia al momento della
cessazione della convivenza
quale elemento induttivo da
cui desumere, in via
presuntiva, il tenore di vita
goduto in costanza di
matrimonio ai soli fini del
riconoscimento dell’assegno
didivorzio(337).
Tuttavia si deve tenere
presente la tendenza della
giurisprudenza di merito a
considerare la mancata
previsione dell’assegno di
mantenimento a favore della
moglieinsedediseparazione
quale indice della capacità
dellastessadimantenerecon
i propri mezzi un tenore di
vita analogo a quello goduto
durante la convivenza, e
dunque elemento sufficiente
ad escludere l’attribuzione
dell’assegno di divorzio, in
mancanza
di
una
significativa modifica delle
condizioni patrimoniali dei
coniugi(338).
4 .L’indisponibilità del
diritto
all’assegno
di
divorzio e gli accordi di
natura patrimoniale tra le
parti.
L’accentuatorilievocheha
assunto la componente
assistenziale dell’assegno di
divorzio con la riforma del
1987
ha
consolidato
l’indirizzo
della
giurisprudenza di legittimità
sulla non disponibilità del
dirittoall’assegno(339).
Si continua così a ritenere
che gli accordi dei coniugi
diretti a fissare, in sede di
separazione, i reciproci
rapporti
economici
in
r e l a z i o n eal futuro ed
eventuale divorzio, con
riferimento
all’assegno
divorzile, siano nulli per
illiceitàdellacausa(340).
Ne consegue che non è
ritenuta applicabile al di
fuoridelgiudiziodidivorzio
la disposizione dell’art. 5,
comma8,l.div.,anormadel
quale,suaccordodelleparti,
la
corresponsione
dell’assegno divorzile può
avvenire in unica soluzione,
ove ritenuta equa dal
tribunale, senza che si possa
in tal caso proporre alcuna
successiva
domanda
a
contenuto economico (341).
Négliaccordidiseparazione
possono implicare rinuncia
all’assegnodidivorzio(342).
Purnonmodificandoilsuo
orientamento,
la
giurisprudenza di legittimità
negli ultimi anni ha aperto
uno
spiraglio
al
riconoscimento
dell’autonomiaprivataintali
ipotesi,sostenendolavalidità
degli accordi raggiunti dalle
parti quando non dispongano
per il futuro assetto dei
rapporti economici fra
coniugi, ma riguardino
invece il passato, ponendo
fine alle controversie insorte
tra gli stessi. Si ammette
quindi la validità di una
transazioneodiunarinuncia,
purchè non sia compromessa
laposizionedel"coniugepiù
debole", e fatta salva
l’applicazione della clausola
rebussicstantibus(343).
CAPITOLOX
L’ASSEGNODIDIVORZIO
ANALISICRITICOGIURIDICADELLA
NORMATIVA
SOMMARIO: 1. L’accertamento
del diritto all’assegno di
divorzio. –2.Ipresuppostiper
l’attribuzione dell’assegno di
divorzio: la mancanza di
adeguati “mezzi” propri e
l’impossibilità a procurarseli
per ragioni oggettive. –3. Il
riferimento al tenore di vita
goduto in costanza di
matrimonio e la valutazione
comparativa della situazione
economica delle parti. –4 .La
prova dell’inadeguatezza dei
mezzi e del tenore di vita
goduto in costanza di
matrimonio.
–5.
La
quantificazionedell’assegnodi
divorzio.
I
criteri
di
valutazione.
–5.1. Le
condizionideiconiugieilloro
reddito. –5.2. Le ragioni della
decisione. –5.3. Il contributo
personale ed economico dato
da ciascuno alla conduzione
familiare ed alla formazione
delpatrimoniodiciascunoedi
quello comune.
–5.4. La
valutazione dei precedenti
criteri in rapporto alla durata
del matrimonio. –6. Ulteriori
circostanze
che
possono
influire sulla quantificazione
dell’assegno.
–6.1.
L’assegnazione della casa
coniugale.–6.2.Laconvivenza
more
uxorio.
–7.
L’accertamentodeiredditiele
indagini tributarie. –8. Le
modalità di corresponsione
dell’assegnodidivorzio. –8.1.
Lasomministrazioneperiodica.
– 8.2. La corresponsione
dell’assegno
in
unica
soluzione. –9. La disciplina
dell’assegnodidivorzio. –9.1.
La
decorrenza.
9.2.
L’adeguamentodell’assegno. –
10.Larevisionedell’assegno.–
11.Lecausediestinzione.
1.L’accertamento del diritto
all’assegnodidivorzio.
Il riconoscimento e la
determinazione dell’assegno
di divorzio si articolano in
duefasi.
’Nella prima fase il
giudice deve verificare, al
momento del divorzio,
l’esistenza del diritto in
astratto,
in
relazione
all’inadeguatezza dei mezzi
delconiugerichiedenteoalla
sua
impossibilità
di
procurarseli per ragioni
oggettive, raffrontati ad un
tenore di vita analogo a
quello goduto in costanza di
matrimonio, o che poteva
legittimamente fondarsi su
aspettative maturate nel
corsodelmatrimonio,edeve
q u i n d iprocedere ad una
determinazione quantitativa
delle somme sufficienti a
superare l’inadeguatezza di
dettimezzi,checostituiscono
iltettomassimodellamisura
dell’assegno.
Nella seconda fase, il
giudice deve poi procedere
alla determinazione in
concretodell’assegnoinbase
alla valutazione ponderata e
bilaterale dei criteri indicati
nello stesso art. 5 l. div, che
agiscono come fattori di
moderazione e diminuzione
della somma considerata in
astratto, e possono in ipotesi
estreme valere anche ad
azzerarla,
quando
la
conservazione del tenore di
vita
assicurato
dal
matrimonio finisca per
risultare incompatibile con
tali
elementi
di
quantificazione(344).
L’intervento del giudice,
stante la natura assistenziale
dell’assegno di divorzio, si
pone di fatto in funzione di
riequilibrio delle posizioni
dei coniugi, a seguito
all’apprezzabile
deterioramento
delle
condizioni economiche di
uno di essi, in conseguenza
del divorzio. Tale funzione,
tuttavia, presuppone che vi
sia stata una effettiva
comunione
di
vita
matrimoniale, cui abbia
concretamente contribuito il
coniuge
che
richiede
l’assegno,
dovendosi
escludere il riconoscimento
del
diritto
all’assegno
divorzile qualora si accerti
che il matrimonio abbia
avutounaduratamoltobreve
enessuncontributomateriale
e morale sia stato mai dato
dalconiugerichiedente(345).
In ogni caso, totalmente
estranei
all’accertamento
dell’an debeatur sono i
criteri
risarcitorio
e
compensativo.
Le
considerazioni
sulla
responsabilità del fallimento
matrimoniale (346) e la
valutazione delle ragioni
della
decisione,
del
contributo personale ed
economico dato da ciascuno
alla conduzione familiare ed
alla
formazione
del
patrimonio di ciascuno o di
quello comune, il tutto in
relazione alla durata del
matrimonio,
non
sono
autonome condizioni per
l’attribuzionedell’assegnodi
divorzio,
bensì
criteri
integrativi per la sua
quantificazione(347).
2 .I presupposti per
l’attribuzionedell’assegnodi
divorzio: la mancanza di
adeguati “mezzi” propri e
l’impossibilitàaprocurarseli
perragionioggettive.
La
concessione
dell’assegno di divorzio
trova
presupposto
nell’inadeguatezza dei mezzi
del coniuge richiedente
(redditi, cespiti patrimoniali
edaltreutilitàeconomichedi
cui possa disporre) o
nell’impossibilità
di
procurarseli per ragioni
oggettive, raffrontate ad un
tenore
di
vita
tendenzialmente analogo a
quello avuto in costanza di
matrimonio e che sarebbe
presumibilmente proseguito
in caso di continuazione
dello stesso, o che poteva
legittimamente
e
ragionevolmente fondarsi su
aspettative maturate nel
corso del rapporto, fissate al
momentodeldivorzio.
Nonènecessariounostato
dibisognodell’aventediritto,
il quale può anche essere
economicamente
autosufficiente,
rilevando
invece
l’apprezzabile
deterioramento,
in
dipendenza del divorzio,
delle precedenti condizioni
economiche che devono
essere
tendenzialmente
ripristinate per ristabilire un
certoequilibrio(348).
Ilconiugerichiedentedeve
inoltre
trovarsi
nell’impossibilitàperragioni
obiettive
di
procurarsi
adeguati
mezzi
di
sostentamento, e quindi di
svolgere
un’attività
lavorativa.Questacondizione
èconsideratadalladottrinae
dalla giurisprudenza non
alternativa, bensì esplicativa
rispetto a quella della
mancanza dei mezzi, in
quanto volta a chiarire che
tale indisponibilità non deve
essere imputabile al coniuge
richiedente(349).
Tale indagine deve essere
condottainsededimerito,ed
esprimersi sul piano della
concretezzaedell’effettività,
tenendo conto di tutti gli
elementi e fattori individuali,
ambientali,
territoriali,
economico
sociali - della specifica
fattispecie (350). Nella varia
casistica,sièdatarilevanzaa
ragioni strettamente legate
alla persona, quali l’età, la
salute, il tempo intercorso
dall’ultima prestazione di
lavoro,
l’esigenza
di
dedicarsi ai figli, ma anche
alle condizioni offerte dal
mercato del lavoro e
all’eventualeimpossibilitàdi
trovareun’attivitàconfacente
alla posizione sociale e alla
qualificazione professionale
(351).
Sièancheaffermatochela
possibilità
di
svolgere
attività lavorativa deve
essere,
sotto
l’aspetto
economico
e
sociale,
rapportata al lavoro svolto
durante il matrimonio (352),
e
al
contesto
socio
economico in cui si è svolta
la vita coniugale. Deve
comunque risultare non la
meracapacitàlavorativa,per
etàecondizionidisalute,ma
l’effettiva possibilità di
concretizzaretalecapacità.,e
si è pertanto sostenuto che
non assume rilievo, quale
prova della possibilità di
svolgimento di un’attività
lavorativa retribuita, la
formale iscrizione dell’exconiuge nelle liste di
collocamento (353). Al
contrario si è ritenuto che
l’iscrizione nelle liste di
collocamento
della
richiedente, comprova lo
stato di privazione di mezzi
economiciidoneiagarantirle
lo stesso tenore di vita
goduto in costanza di
matrimonio(354).
3.Il riferimento al tenore di
vita goduto in costanza di
matrimonio e la valutazione
comparativa della situazione
economicadelleparti.
Il tenore di vita coniugale
è il parametro per la
valutazione dell’adeguatezza
dei redditi del coniuge che
richiede l’assegno divorzile;
tuttavia indica solo il «tetto
massimo»
dell’assegno,
poichè,
nella
concreta
determinazione del diritto, il
giudice deve tenere conto
degli altri parametri indicati
dall’art. 5, comma 6, l. div.,
che riflettono le esigenze
compensativeerisarcitorie,e
operano generalmente come
«fattori di moderazione»,
finoalpossibileazzeramento
dell’assegno.
Iltenoredivitaprecedente
vieneprovatoodesuntodalle
potenzialità economiche dei
coniugi,
ossia
dall’ammontare complessivo
dei loro redditi e delle loro
disponibilità patrimoniali,
come avviene anche in sede
di separazione (355). Non è
rilevante il tenore di vita di
livello inferiore tollerato,
subito o concordato, ma
quello che i coniugi
avrebbero potuto tenere in
base
alle
rispettive
potenzialità
economiche
(356).
Sul livello di benessere
economico che l’assegno
divorzile deve garantire
permane tuttavia un’ampia
discrezionalitàdelgiudicein
relazionealcasospecifico.Il
tenore di vita resta un
semplice “dato di partenza”
(357), un criterio indicativo,
da
ripristinare
“tendenzialmente”,
per
ristabilireuncertoequilibrio,
che tuttavia non può essere
inteso in senso assoluto e
aprioristico(358).
Si è anche precisato che
somiglianzadeltenoredivita
non significa poter disporre
esattamente della stessa
entità di risorse, ma soltanto
non
appartenere,
successivamente al divorzio,
ad una fascia economicosociale macroscopicamente
deteriore (359). Inoltre,
perché al coniuge istante
venga riconosciuto il diritto,
non è sufficiente che l’altro
coniugegodadibenieredditi
più cospicui, in quanto la
constatazionediunoggettivo
squilibrio tra le situazioni
degli ex coniugi non può
assumere rilevanza laddove
sisiaoriginatopereffettodi
incrementi patrimoniali alla
cui formazione il coniuge
richiedente
non
abbia
contribuito(360).
Peraltro, dovendo tenere
presente
che
nel
procedimento di divorzio la
valutazionedeipresuppostie
deglielementisucuisifonda
l’assegno è operata dal
giudice con riferimento a
quel momento, assumono
rilievo
gli
intervenuti
eventualimiglioramentidella
situazione economica del
coniuge nei cui confronti si
chiede l’assegno, qualora
costituiscano
sviluppi
naturali
e
prevedibili
dell’attività svolta durante il
matrimonio,
quali
ad
esempio i miglioramenti
economicirelativiall’attività
di lavoro subordinato svolta
dal coniuge durante la
convivenza,
i
quali
costituiscano
evoluzione
normale e prevedibile,
ancorché non certa, del
rapportodilavoro(361).
Non assumono invece
rilievo i miglioramenti che
scaturiscono
da
eventi
autonomi, non collegati alla
situazione di fatto e alle
aspettative maturate nel
corso del matrimonio e
aventi
carattere
di
eccezionalità in quanto
connessi a circostanze ed
eventi del tutto occasionali
edimprevedibili(362).
Quanto ai miglioramenti
determinati
da
altre
circostanze,qualiadesempio
il conseguimento di una
eredità,
l’orientamento
giurisprudenziale prevalente
sostiene che il coniuge
divorziato
non
possa
pretendere la revisione
dell’assegno per beneficiare
della eredità conseguita
dall’obbligato
successivamente al divorzio,
atteso che le aspettative
ereditarie sono sino al
momento dell’apertura della
successione prive di valenza
sul
tenore
di
vita
matrimoniale
e
giuridicamente inidonee a
fondare
affidamenti
economici (363). Si terrà
conto, invece, dei cespiti
ereditaripervenutialconiuge
obbligato in costanza di
matrimonio, in quanto
concorrenti a determinare il
tenore di vita della coppia
durante
il
regime
matrimoniale(364).
4
.La
prova
dell’inadeguatezza dei mezzi
edeltenoredivitagodutoin
costanzadimatrimonio.
Il coniuge che richiede
l’assegno ha l’onere di
fornireladimostrazionedella
fascia socio-economica di
appartenenza della coppia
all’epocadellaconvivenza,e
del relativo stile di vita
adottato
durante
il
matrimonio, nonché l’attuale
situazione
economica,
provando non solo un
oggettivo divario tra le
rispettive
condizioni
economiche ma altresì
l’esistenza di un nesso
causale tra il divorzio e il
deterioramento delle proprie
condizionidivita.
In mancanza di prova da
parte del richiedente, il
giudicepuòtenercontodella
situazione reddituale e
patrimoniale della famiglia
almomento della cessazione
della convivenza, quale
elemento induttivo da cui
desumere, in via presuntiva,
il tenore di vita goduto in
costanza di matrimonio
(365), e fare riferimento,
quale
parametro
di
valutazione del pregresso
tenore
di
vita,
alla
documentazione attestante i
redditi del coniuge onerato
(366).
Tale accertamento non
richiede
la
rigida
applicazione
di
criteri
matematicamente analitici,
una volta che sia stata
raggiunta
la
prova
dell’inadeguatezza dei mezzi
attualmente disponibili a
garantire un tenore di vita
analogo a quello precedente
(367).
Anche con riferimento al
procedimentodidivorziosiè
affermato che la mancata
prova, da parte del coniuge
richiedente l’assegno, delle
condizioni richieste dalla
legge
non
comporta
l’automaticaconseguenzadel
rigetto della domanda, in
quanto
nel
nostro
ordinamento
processuale
vige il principio di
acquisizione, secondo il
qualelerisultanzeistruttorie,
comunque ottenute e quale
che sia la parte ad iniziativa
operistanzadellaqualesono
formate, concorrono tutte,
indistintamente,
alla
formazione
del
convincimento del giudice,
chepuòanchefarriferimento
a fatti non contestati dalla
controparte, alla comune
esperienza e a fatti notori
(368).
5
.La
quantificazione
dell’assegno di divorzio. I
criteridivalutazione.
La
misura
concreta
dell’assegno deve essere
fissata
in
base
alla
valutazione ponderata e
bilaterale dei criteri indicati
nell’art. 5, comma 6, l. div.,
costituitidallecondizionidei
coniugi, dalle ragioni della
decisione, dal contributo
personaleedeconomicodato
da ciascuno allaconduzione
familiare ed alla formazione
del patrimonio di ciascuno e
diquellocomune,dalreddito
di entrambi, esaminati anche
in rapporto alla durata del
matrimonio, i quali agiscono
come fattori di moderazione
e diminuzione della somma
consideratainastratto.
Il giudice del merito,
purché ne dia adeguata
giustificazione, non è tenuto
ad utilizzare tutti i suddetti
criteri, salva restando la
valutazione
della
loro
influenza
sulla
misura
dell’assegno stesso (369).
L’importodell’assegnopotrà
essere
determinato
(o
azzerato) sulla base di uno
soltanto di tali elementi,
valutato in termini di
prevalenzarispettoatuttigli
altri(370).
5.1.Lecondizionideiconiugi
eillororeddito.
L’indagine
sulle
condizioni
nelle
quali
versano i coniugi deve
comportare una valutazione
comparativa delle loro
situazioni.
Le
“condizioni
dei
coniugi” rilevanti ai fini
della
quantificazione
dell’assegno di divorzio si
riferiscono, riguardo al
beneficiario, essenzialmente
allesuecondizionipersonali,
ed in particolare all’età, allo
stato di salute, alle
condizioni
sociali
di
appartenenza, alle eventuali
qualifiche
professionali,
all’attivitàlavorativasvoltao
all’attitudine a svolgere un
determinato lavoro, e a tutti
quegli elementi che possano
influire ai fini della
determinazione dell’assegno.
Quanto alla valutazione dei
suoi redditi, è da ritenersi
assorbita nella disamina
sull’adeguatezza o meno dei
suoi mezzi a mantenere un
tenore
di
vita
tendenzialmente analogo a
quello goduto durante il
matrimonio.
Conriferimentoalconiuge
obbligato all’assegno, il
giudice deve tenere conto di
ogni elemento, sia di
carattere patrimoniale, che
personale.
Per quanto riguarda i
redditi, si tengono in
considerazione
gli
emolumenti, le indennità
integrative(371),leentratedi
qualsiasi natura purché non
occasionali (372), la sua
condizione
professionale,
anchenellaproiezionefutura
(373).
Devonopoiesserevalutati
i cespiti patrimoniali, anche
immobiliari, di entrambi i
coniugi, sia produttivi che
improduttivi, poiché tali
cespiti, oltre alla intrinseca
idoneità
ad
assicurare
benefici
di
rilevanza
economica al loro titolare,
rappresentano,comunque,un
valore
patrimoniale
suscettibile di conversione o
didiversoimpiego(374).
Ulteriori elementi da
tenereinconsiderazionesono
laconvivenzamoreuxorio,la
nascita di figli naturali,
l’assegnazione della casa
familiare.
Il giudice deve, in ogni
caso,
effettuare
la
valutazione delle condizioni
economichedeiconiugiedel
loro reddito, con riferimento
al l afattispecie concreta e a
dati realmente esistenti, e
non secondo apprezzamenti
probabilistici(375).
L’apportoeconomicodelle
famiglie d’origine o di altri
estranei al nucleo familiare,
caratterizzatodamerospirito
di liberalità, non ha alcuna
rilevanza e non può essere
preso in considerazione, ai
fini della determinazione
dell’importo
dell’assegno
divorzile
(376).
Né
tantomeno
costituisce
parametro di riferimento, il
rapporto con i patrimoni
delle
famiglie
di
appartenenza
coniugi(377).
5 . 2 .Le
decisione.
degli
ragioni
ex
della
Le
“ragioni
della
decisione”
in
passato
integravano il cd. criterio
risarcitorio,maoggipossono
essere
prese
in
considerazione dal giudice,
unitamente a tutti gli altri
elementi indicati nell’art. 5,
comma 6, l. div., soltanto
nella fase della concreta
determinazione dell’assegno,
e solo come criterio di
moderazione
del
suo
ammontare.
Ne
deriva
che
l’accertamento della loro
sussistenzadiventasuperfluo
quando risulti che il coniuge
richiedente goda di mezzi
adeguati. Laddove invece
sussistano i presupposti
perchéglivengariconosciuto
l’assegnodivorzile,ilcriterio
risarcitorio
non
potrà
comunque comportare un
incremento dell’ammontare
dell’assegno. È pertanto
evidente che nell’attuale
normativa
il
criterio
risarcitorio ha perso quella
valenza che gli era attribuita
dall’originaria legge sul
divorzio.
Il criterio delle “ragioni
della decisione”, secondo un
orientamento
giurisprudenziale
ancora
recente, postula un’indagine
sulla responsabilità del
fallimentodelmatrimonioin
una
prospettiva
comprendente
l’intero
periodo della vita coniugale,
e quindi una valutazione che
attiene non soltanto alle
cause determinative della
separazione, ma anche al
successivo comportamento
che
ha
concretamente
costituito un impedimento al
ripristino della comunione
spirituale e materiale e alla
ricostituzione del consorzio
familiare (378). Tuttavia si
precisacheilcomportamento
dei coniugi anteriore alla
separazionerestapursempre
assorbito dalla valutazione
effettuata al riguardo dal
giudicedellaseparazionenel
procedimento contenzioso
(379), o dall’accordo di
separazione
consensuale,
dove
non
emergono
responsabilità specifiche di
unconiugenelfallimentodel
rapporto.
La dottrina, per lo più
contraria alla permanenza di
tale criterio nel testo
novellato della legge sul
divorzio, osserva che è in
stridente contrasto con la
natura
assistenziale
dell’assegno
postmatrimoniale, e che in ogni
caso può rivestire solo una
funzione marginale di tutela
delconiugenonresponsabile,
essendo invece dubbio che
possa
legittimare
una
decurtazione
dell’assegno
(380).
Le recenti aperture della
giurisprudenza in tema di
danno
endofamiliare
consentono
peraltro
al
coniuge, anche nel caso in
cui non abbia diritto
all’assegno divorzile, di far
accertareinseparatogiudizio
il suo diritto ad essere
risarcitodeldannosubitoper
l’illecito
comportamento
dell’altro,
tenuto
in
violazione degli obblighi
familiari(381).
5.3.Il contributo personale
ed economico dato da
ciascuno alla conduzione
familiare ed alla formazione
del patrimonio di ciascuno e
diquellocomune.
La
valutazione
del
“contributo personale ed
economicodatodaciascuno”
dei coniugi “alla conduzione
familiare ed alla formazione
del patrimonio di ciascuno o
diquellocomune”costituiva,
prima della legge di riforma
del divorzio, il cd. criterio
compensativo.
Nella normativa vigente,
se
considerato
come
elemento che agisce in
riduzione
dell’assegno
determinatoinastratto,perde
evidentemente di concreta
rilevanza. L’accertamento in
positivo del contributo
personaleedeconomicodato
da ciascun coniuge alla
conduzione familiare ed alla
formazione del patrimonio
comune e dell’altro coniuge,
costituisce al più una
conferma
dell’assegno
determinato in via astratta
dal giudice, nella fase in cui
valuta la sussistenza dei
presupposti
di
natura
assistenziale
dell’assegno
stesso in relazione al tenore
divitapregresso.
Giurisprudenza e dottrina
sostengono che per valutare
il contributo personale ed
economico dato da ciascun
coniuge si debba accertare
l’apporto dato nella gestione
della vita familiare, nella
cura e crescita dei figli, e
nell’assistenza morale e
materiale all’altro coniuge
(382).
Viene
presa
in
considerazione
anche
l’attività del coniuge che ha
consentito
all’altro
di
sottrarsi alle incombenze
familiari, consentendogli di
dedicarsi ad un’attività
produttiva di reddito con
sviluppidicarriera(383).
Quanto alla rilevanza del
contributo dato dal coniuge
alla
formazione
del
patrimonio dell’altro o di
quello comune, muta a
secondacheiconiugifossero
in regime di comunione
legale, nel qual caso si sarà
già proceduto o si potrà
procedere alla divisione dei
beni
comuni,
o
di
separazione
dei
beni,
dovendosi, in quest’ultimo
caso, tenere in maggiore
considerazione l’apporto del
coniugeeconomicamentepiù
debole.
Il periodo temporale cui
far
riferimento
per
l’applicazione del criterio
compensativo è quello
coincidente con l’intero
rapportoconiugale,compresa
la separazione, in particolare
quando il contributo sia
anche consistito nella cura
deifigli(384).
5 . 4 .La valutazione dei
precedenticriteriinrapporto
alladuratadelmatrimonio
La durata del matrimonio,
elemento
rivelatore
dell’effettività
della
comunione di vita coniugale
(385),
incide
significativamente
sulla
determinazione dell’assegno,
inquantoèilfiltroattraverso
cuidevonoessereesaminatie
considerati tutti gli altri
criteri.
Per
“durata
del
matrimonio” si intende
l’intera durata del vincolo,
che si esaurisce con la
pronunciadeldivorzio,enon
già la sola durata della
convivenzaconiugale(386).
Poiché
l’assegno
di
divorzio ha lo scopo di
tutelare
il
coniuge
economicamente più debole,
secondo
recente
giurisprudenza tale finalità
non viene meno ove il
matrimonio abbia avuto
breve durata e la comunione
materiale e spirituale non si
sia potuta costituire senza
colpa di questi, influendo in
tal caso la brevità del
matrimoniounicamentesulla
misuradell’assegno.
Si osserva peraltro che
esula dallaratiodellanorma
il riconoscimento di un
assegno di divorzio ove il
rapporto matrimoniale, per
volontà e colpa di entrambe
le parti o della parte
richiedente, risulti solo
formalmente istituito e non
abbia dato luogo alla
formazione
di
alcuna
comunione materiale e
spiritualetraiconiugi(387).
Pertanto, nel caso di
convivenze brevi in cui sia
dubitabile che si sia formata
una comunione materiale e
spirituale fra i coniugi,
tenuto conto anche delle
rispettive
responsabilità,
l’assegno potrà essere di
importo contenuto o anche
escluso(388).
6 .Ulteriori circostanze che
possono
influire
sulla
quantificazionedell’assegno.
6 . 1 .L’assegnazione della
casaconiugale.
Il giudice, valutando le
“condizioni dei coniugi”,
deve considerare anche il
godimento
della
casa
familiare, che “è attribuito
tenendo
prioritariamente
conto dell’interesse dei
figli”, ai sensi dell’art.
155-quaterintrodottodallal.
54/06eapplicabileanchealla
disciplina del divorzio (389).
Lo stesso art. 155-quater
dispone
che
“dell’assegnazione il giudice
tienecontonellaregolazione
dei rapporti economici tra i
genitori,
considerato
l’eventuale
titolo
di
proprietà”.
Nel caso di immobile in
comproprietà o di proprietà
esclusiva del genitore non
collocatario, l’assegnazione
della casa costituisce per
l’altro coniuge, collocatario
di figli minori o coabitante
con figli maggiorenni non
autonomieconomicamente,e
che abbia diritto all’assegno
divorzile,
un
indubbio
beneficioeconomicodicuisi
terrà
conto
nella
quantificazionedell’assegno.
Consolidata
giurisprudenza
afferma
inoltreche,seèpurveroche
l’assegnazione della casa
familiare comporta anche
riflessi economici, tale
beneficio non può essere
disposto al fine di sopperire
alleesigenzeeconomichedel
coniuge più debole, a
garanzia del quale è
unicamente
destinato
l’assegnodidivorzio(390).
L’assegnazione della casa
familiarenonhapertantouna
funzione
integrativa
o
sostitutiva
dell’assegno
divorzile, dovendo semmai
tenersi conto, ai fini della
determinazione di detto
assegno,
dell’eventuale
esborsoeconomicochel’uno
o l’altro coniuge è tenuto ad
affrontare per far fronte alle
proprieesigenzeabitative.
La
revoca
dell’assegnazione della casa
familiare
costituisce
elemento valutabile ai fini
del riconoscimento o della
revisione dell’assegno di
divorzio, in quanto essa
incide negativamente sulla
situazione economica della
parte che ne perde il
godimento e deve reperire
un’altra
sistemazione
abitativa(391).
6 . 2 .La convivenza more
uxorio.
Il diritto all’assegno di
divorzio, in linea di
principio, non può essere
automaticamente negato per
il solo fatto di una
convivenzamore uxorio del
coniugeeconomicamentepiù
debole, rappresentando tale
situazione solo un elemento
valutabilealfinediaccertare
se la parte che richiede
l’assegnodispongaomenodi
mezzi adeguati rispetto al
tenore di vita goduto in
costanza di matrimonio
(392).
Secondo la giurisprudenza
di legittimità, la convivenza
more uxorio, anche se
acquistacaratteredistabilità,
non comporta un obbligo di
mantenimentoreciprocofrai
conviventiepuòancheessere
instaurata con persona priva
di redditi e patrimonio,
cosicché
l’incidenza
economica della convivenza
deve essere valutata in
relazione al complesso delle
circostanze
che
caratterizzano il singolo
caso.
La
prova
del
miglioramento economico
delle condizioni del coniuge
che richiede l’assegno,
determinatodallaconvivenza
conaltri,puòesseredatacon
ogni
mezzo,
anche
presuntivo, soprattutto con
riferimento ai redditi e al
tenore di vita della persona
con la quale convive, i quali
possono far presumere che
dallaconvivenzamoreuxorio
il coniuge tragga benefici
economici.
In dottrina, si sottolinea
l’esigenza di verificare se la
convivenza del coniuge
richiedente
implichi
un’entrata
economica
caratterizzata da regolarità e
tendenziale sicurezza (393),
poiché in tal caso si dovrà
tenerecontodelleprestazioni
non occasionali percepite,
cheintegranol’adempimento
di un dovere sociale di
mantenimentochesiproietta
neltempo.
Nell’ipotesi di convivenza
more uxorio dell’ex coniuge
obbligato,ladottrinaafferma
che può avere qualche
rilevanzasecomportaesborsi
di tipo continuativo, ma si
escludecheglioneriversola
persona convivente possano
comportare
l’esonero
dall’obbligo dell’assegno di
divorzio (394). La legge
privilegia in effetti l’ex
coniuge,contemplandoasuo
favore un obbligo giuridico,
mentrerispettoalconvivente
sorge soltanto un dovere
morale,epertantol’impegno
derivante all’ex coniuge dal
carico di una convivenza
stabile può solo essere
valutato sul piano di un
contemperamento dei diversi
interessi (395). Si è inoltre
negato che possa avere
qualsivoglia rilevanza il
reddito della persona che
conviva con il coniuge
obbligato al versamento
dell’assegnostesso(396).
7.L’accertamentodeiredditi
eleindaginitributarie.
L’art. 5, comma 9, l. div.
dispone che i coniugi
presentino all’udienza di
comparizione avanti al
presidente del tribunale la
dichiarazione personale dei
redditi
ed
ogni
documentazione relativa ai
loro redditi e al loro
patrimonio personale e
comune. L’obbligo della
produzione in giudizio delle
dichiarazioni dei redditi, di
prassi indicato per gli ultimi
tre anni, è stato confermato
nelle nuove disposizioni che
disciplinano i procedimenti
della separazione e del
divorzio, introdotte dalla l.
14.5.2005 n. 80 e succ.
modif..
L’art. 5, comma 9, l. div.
prevedeinoltrecheincasodi
contestazioni il tribunale
dispongaindaginisuiredditi,
sui patrimoni e sull’effettivo
tenore di vita, valendosi, se
del caso, anche della polizia
tributaria.
Tale norma, tuttavia,
secondo la giurisprudenza di
legittimità non impone al
tribunaleinviaautomaticadi
disporreindaginiavvalendosi
della polizia tributaria ogni
voltaincuisiacontestatoun
reddito
indicato
e
documentato,marimetteallo
stesso giudice la valutazione
discrezionale
di
detta
esigenza, avendo questi la
facoltàdiammettereimezzi
diprovapropostidallepartie
di ordinare gli altri che può
disporre d’ufficio, previa
valutazione
della
loro
rilevanza e concludenza
(397).
L’unico limite a detto
potere è rappresentato dal
fattocheilgiudice,inderoga
alle
regole
generali
sull’onere della prova, non
può rigettare le domande
delle parti relative al
riconoscimento ed alla
determinazione dell’assegno
sottoilprofilodellamancata
dimostrazione da parte loro
degli assunti sui quali le
richiestesibasano,avendoin
talcasol’obbligodidisporre
accertamenti
d’ufficio,
avvalendosi anche della
poliziatributaria(398).
Si deve ricordare che la
polizia tributaria ha le
funzioni
di
ausiliario
qualificato del giudice nei
giudizi di separazione e
divorzio e può solo adiuvare
il giudice nel compimento
dellesuemansioni,nelsenso
che i campi di indagine
debbono essere determinati
nelprocessodalgiudicesulla
scorta delle richieste delle
parti. Le modalità di
accertamento della polizia
tributaria
sono
dati
dall’utilizzo di una serie di
sistemi informativi, quali a
titolo
esemplificativo
l’Anagrafe Tributaria, le
Camere di Commercio, il
Pubblico
Registro
Automobilistico,
le
Conservatorie dei registri
immobiliari, che consentono
diacquisireunariccaseriedi
informazioni; per tutte le
altre ricerche presso istituti
di credito o altri, il giudice
ben potrà delegare la polizia
tributaria ai sensi degli artt.
210e213c.p.c,asecondadei
casi.
8
.Le
modalità
di
corresponsione dell’assegno
didivorzio.
8 . 1La somministrazione
periodica.
Secondol’art.5,comma6,
l. div., l’assegno di divorzio
che il coniuge deve
corrispondere a favore
dell’altro è somministrato
“periodicamente”.
Il coniuge obbligato deve
eseguireconcadenzamensile
la prestazione pecuniaria,
secondo quanto previsto in
sentenza,
e
comunque
secondo i criteri generali di
adempimento
delle
obbligazioni,quantoamodo,
luogo e tempo, fissati negli
artt.1176-1200c.c.(399).
Si ritiene legittima anche
la
corresponsione
dell’assegno
divorzile
medianteformealternativeo
integrative,
quali
il
pagamento del canone di
locazione e degli oneri
accessori relativi alla casa
familiare (400), o il
versamento di utili di
un’impresa
commerciale
(401).
L’obbligo
di
corresponsione dell’assegno
di divorzio è a tempo
indeterminato, e il diritto a
ricevere
l’assegno,
configurato come vitalizio,
sussiste
in
quanto
permangano
attuali
le
condizioni che ne hanno
giustificatoilriconoscimento
(402).
Tuttavia la regola per cui
la
corresponsione
dell’assegno è a tempo
indeterminato può subire
delle eccezioni, e la dottrina
non esclude che il tribunale
possa disporre l’attribuzione
peruntempodeterminato,in
ragione della previsione del
superamentodellecondizioni
che ne legittimano il
riconoscimento in capo al
richiedente(403).
L’assegno periodico, nella
misura in cui risulta dal
provvedimento dell’autorità
giudiziaria, è considerato un
onere deducibile dal reddito
dellepersonefisiche,aisensi
del D.P.R. n. 597 del 1973,
art. 10, comma 1, lettera g)
(404).
8 . 2 .La corresponsione
dell’assegno
in
unica
soluzione.
Sull’accordo delle parti
l’assegno di divorzio può
essere corrisposto anche in
unica
soluzione,
come
previstodall’art.5,comma8,
l.div.,aseguitodellariforma
del 1987. La legge stessa
esclude la possibilità che il
giudice possa imporre la
corresponsione dell’assegno
con tale modalità, senza il
consenso di entrambi i
coniugi(405).
L’assegno corrispostouna
tantum è soggetto al
controllo del tribunale che
deve valutarne l’equità in
relazione al caso specifico,
edinparticolareallaidoneità
di assicurare al coniuge
beneficiario adeguati redditi
per il proprio sostentamento,
con
una
valutazione
proiettataneltempoavenire
(406).
La sommauna tantum
concordata tra le parti non
necessariamente corrisponde
alla
capitalizzazione
dell’assegno periodico (407),
e
viene
liberamente
determinata
nel
suo
ammontare dai coniugi, che,
nell’esercizio della loro
autonomia
negoziale,
possono anche convenire
altre forme di "liquidazione"
dell’assegno, alternative o
congiunte al versamento di
unasommadidenaro,qualiil
trasferimento in proprietà di
beni
immobili,
la
costituzionedidirittirealidi
godimento sui beni stessi,
etc.(408).
La dottrina più recente,
rilevato il sempre più
frequente
ricorso
alla
liquidazione dell’assegno in
unica soluzione - in
particolare nei casi di
matrimoni di breve durata o
senza figli - mette in luce il
ruolo
primario
dell’autonomia negoziale dei
coniugi, rispetto al potere di
controllo
delgiudice
sull’equità della prestazione,
che, si teme, potrebbe
tradursi
in
una
compromissione
degli
accordi liberamente assunti
dalleparti(409).
La giurisprudenza di
legittimità,
viceversa,
affermachelavalutazionedi
equitàeffettuatadaltribunale
costituisce un presupposto
necessario, in assenza del
qualel’accordoraggiuntodai
coniugi non è vincolante e
deveritenersiprivodieffetti.
Sigiungequindiasostenere,
in alcune pronunce, che tale
controllo
deve
essere
effettuato
anche
nel
procedimento
divorzile
introdotto su domanda
congiunta, che si conclude
con una sentenza del
tribunale(410).
La valutazione giudiziale
di equità della somma
liquidatauna tantum è stata
introdotta dal legislatore in
considerazione delle gravi
conseguenzechederivanoda
tale
modalità
di
corresponsione dell’assegno,
che preclude la proposizione
di successive domande di
contenuto economico nei
confrontidell’exconiuge.La
legge infatti esclude la
sopravvivenza in capo al
coniuge beneficiario di
qualsiasi ulteriore diritto, di
contenuto patrimoniale e
non, nei confronti dell’altro
coniuge, attesa la cessazione
per effetto del divorzio di
qualsiasi rapporto tra gli ex
coniugi, con la conseguenza
che
nessuna
ulteriore
prestazione può essere
legittimamente invocata dal
coniuge che ha percepito
l ’ a s s e g n ouna
tantum,
neanche
per
la
sopravvenienza di quei
giustificatimotivicuil’art.9
l.
div.
subordina
l’ammissibilità della istanza
di revisione dell’assegno
corrisposto periodicamente
(411).
L’assegno di divorzio
corrisposto, su accordo delle
parti,inunicasoluzione,non
è
qualificabile
come
"reddito" imponibile ai fini
Irpef e quindi non è
deducibile.
Ataleconclusioneègiunta
la Suprema Corte che ha
messo in luce la differenza
tra
"somministrazione
periodica"e"corresponsione
in
unica
soluzione"
dell’assegno
divorzile,
precisando che, mentre nella
prima ipotesi assume rilievo
determinante l’erogazione,
ripetuta periodicamente nel
tempo e potenzialmente
vitalizia, di una somma di
denaro, assimilata dall’art.
47,comma1,lett.f,D.P.R.n.
597 del 1973, al pagamento
di una sorta di retribuzione
stabilitaatempo,nelsecondo
caso viene trasferita una
somma capitale dal coniuge
obbligato
a
quello
beneficiario, che configura
un’attribuzione patrimoniale
enonunreddito(412).
Tale
indirizzo
interpretativo
è
stato
confermato dalla Corte
costituzionale, che in una
ordinanza del 2001 ha
ribaditoladiversitàdelledue
forme di adempimento,
quella periodica e quellauna
tantum, una soggetta alle
variazioni temporali e alla
successione delle leggi,
l’altracapacedidefinireogni
rapporto senza ulteriori
vincoli per il debitore,
diversità che legittima il
legislatore a prevedere, nella
sua discrezionalità, regimi
fiscalidifferenti(413).
In
una
successiva
ordinanza del 2007 la
Consulta,
confermando
questo orientamento, ha
sottolineato
come
il
legislatore, nel caso di
corresponsionediuncapitale
una tantum, abbia preferito
tutelare
il
coniuge
economicamente più debole,
non
assoggettandolo
a
tassazione per il relativo
importo
e
lasciando
simmetricamente immutato
l’ordi-nariocaricofiscaledel
solvens, senza prevedere,
quindi, alcuna deduzione per
taleesborso(414).
9.La disciplina dell’assegno
didivorzio.
9.1.Ladecorrenza
L’assegno di divorzio,
trovando la propria fonte nel
n u o v ostatus delle parti,
rispettoalqualelapronuncia
del giudice ha efficacia
costitutiva, decorre dal
passaggio in giudicato della
sentenza.
Questo principio trova un
temperamento nell’art. 4,
comma 10, l. 898/70, come
modificato dall’art. 8, l.
74/87, che attribuisce al
giudice
il
potere
discrezionaledifardecorrere
l’assegno divorzile dal
momento della domanda. Ne
consegue che qualora il
tribunale non ne fissi la
decorrenza da tale momento,
l’assegno divorzile spetta
dalla data della sentenza che
ha
pronunciato
lo
scioglimento del matrimonio
(415).
La giurisprudenza di
legittimità è da tempo
concorde nel ritenere che la
leggeconferiscaalgiudiceil
potere discrezionale di
disporre, in relazione alle
circostanze
del
caso
concreto, la decorrenza
dell’assegno dalla data della
domanda, sia nel caso di
pronuncia di divorzio con
sentenza non definitiva,
comeespressamenteprevisto
dall’art.4,comma10.,l.div.,
sia quando la sentenza è
definitiva,senzaperaltroche
sia necessaria un’apposita
domanda di parte in ordine
alla decorrenza dell’assegno
(416).
Parte della dottrina ha
criticato
questo
orientamento,
ritenendolo
irrazionale e “ai limiti
dell’illegittimità
costituzionale”, da un lato
perché conferisce al giudice
un potere discrezionale
nell’estendere
retroattivamente il credito
all’assegno
postmatrimoniale dal momento
della proposizione della
domanda introduttiva del
giudizio, dall’altro in quanto
il testo letterale della norma
limita la determinazione
retroattiva
dell’assegno
all’ipotesi in cui vi sia stata
sentenza non definitiva,
escludendola nel caso in cui
il divorzio sia stato
pronunciato con sentenza
definitiva,
in
palese
violazione con l’art. 3 Cost.
(417).Dapartedialtrisièal
contrario rilevato che la
decorrenza
dell’assegno
divorzile dal giorno della
domanda
risponde
all’esigenza di non far
gravare
sul
coniuge
bisognoso il pregiudizio
economico della durata del
processo.
Il
diritto
alla
corresponsione dell’assegno
di divorzio, in quanto avente
ad oggetto più prestazioni
periodiche,
distinte
ed
autonome, si prescrive non a
decorrere da un unico
termine costituito dalla
sentenza che ha pronunciato
sul diritto stesso, ma dalle
scadenze delle singole
prestazioni imposte dalla
pronuncia giudiziale, in
relazione alle quali sorge di
volta in volta l’interesse del
creditore all’adempimento
(418). In applicazione del
disposto dell’art. 2948, n. 4,
c.c.,ildirittoarichiederele
singole rate dell’assegno si
prescrive in cinque anni,
mentre il diritto alla
corresponsione
dell’una
tantum si prescrive in dieci
anni.
9 . 2 .L’adeguamento
dell’assegno.
L’art. 5, comma 7, l. div.,
nel testo modificato dalla l.
74/87,
prevede
l’adeguamento automatico
dell’assegno, da disporsi
d’ufficio anche in mancanza
di esplicita domanda, con la
sentenzadidivorziochedeve
stabilirne il criterio, almeno
conriferimentoagliindicidi
svalutazionemonetaria.
L’adeguamento
automatico è ritenuto una
componente
necessaria
dell’assegno stesso, volta ad
assicurargli
l’originario
potere di acquisto, e può
essereesclusosoloincasodi
palese iniquità, che richiede
unaspecificamotivazione.
Nel testo normativo
adottato dal legislatore del
1987 il riferimento agli
indici
ufficiali
di
svalutazione
monetaria
(Istat) costituisce il criterio
minimo di adeguamento
garantito,
mentre
l’attribuzionealgiudicediun
ampiopoteredisceltatragli
altri criteri possibili, in
relazione alle peculiarità
dellefattispecie,fornisceuno
strumento flessibile volto a
rapportare l’interesse del
beneficiario ad una totale
conservazione del potere di
acquisto dell’assegno al
gradodielasticitàdeiredditi
delsoggettoobbligato(419).
Si deve ricordare che nel
sistemaprecedenteallalegge
di riforma del divorzio del
1987 non era previsto
l’adeguamento automatico
dell’assegno, che poteva
essere disposto solo a
posteriori, in relazione al
mutamento
comparativo
delle rispettive condizioni
economichedegliexconiugi,
e sempre che si fosse
dimostrato
che
la
svalutazione monetaria non
aveva inciso - o, quanto
meno, non nella stessa
misura - sulla situazione
economica dell’ex coniuge
obbligato al pagamento
dell’assegno.
Pertanto
all’epoca, così come ancora
oggi nel caso di sentenze di
divorzio emesse prima della
legge di riforma n. 74/1987,
si è affermato che tra i
motivi
che
possono
giustificare la revisione
dell’assegno di divorzio, va
compresa
anche
la
svalutazione
monetaria,
suscettibile
di
alterare
profondamenteilvalorereale
dell’assegno(420).
La giurisprudenza, prima
dellariformadeldivorziodel
1987, aveva configurato
l’assegno divorzile come
espressione monetaria di un
debito di valore, affermando
conseguentemente che la
svalutazione
monetaria
sopravvenuta
dopo
la
liquidazionedidettoassegno
ne
giustificava
una
corrispondente
revisione
dell’ammontare, così da
mantenereinalteratoilvalore
dellaprestazione,sempreche
non fosse intervenuto anche
un
mutamento
delle
condizioni economiche dei
coniugi(421).
È stato anche sottolineato
che nei confronti di tali
obbligazioni - che si
differenziano
dalle
obbligazioni cosiddette di
valuta,
assoggettate
al
principio nominalistico - si
deve tener conto del variare
del potere di acquisto della
moneta sia ai fini del loro
aggiornamento periodico, sia
ancheaifinidellalorostessa
liquidazione, specialmente
quando
intercorre
un
notevolelassoditempotrail
momentodellaliquidazionee
l’epoca alla quale le
prestazioni sono riferite
(422).
1 0 .La
dell’assegno.
revisione
L’art. 9, comma 1, l. div.,
consente
la
revisione
dell’assegno di divorzio nel
caso
di
sopravvenuti
"giustificati motivi", la cui
naturavaidentificatatenendo
conto
della
funzione
assistenziale
dell’assegno
stesso.
Costituiscono
pertanto
"giustificati motivi" di
revisione, i mutamenti delle
condizioni economiche di
uno o di entrambi gli ex
coniugi che, all’esito di una
rinnovata
valutazione
comparativa, si presentino
oggettivamente idonei ad
alterare
l’equilibrio
determinato al momento
della pronuncia di divorzio
(423).
La
revisione
può
consistere non soltanto
nell’aumento
o
nella
diminuzione
dell’importo
dell’assegno, ma anche nella
sua integrale soppressione o
nel suo riconoscimento ex
novo.
Per quanto attiene alle
cause che possono avere
causato il mutamento delle
condizioni
economiche
dell’ex coniuge obbligato, si
è affermato che nell’ipotesi
in cui il mutamento consista
nel peggioramento delle
condizioni economiche di
questi,edinparticolarenella
contrazione dei suoi redditi
da lavoro, non assume
rilevanza il fatto che il
decrementoconseguaascelte
non dettate da specifiche
esigenzefamiliariodisalute,
ma liberamente operate
dell’ex coniuge in ordine
all’oggettoeallemodalitàdi
svolgimento della propria
attività lavorativa, quali, ad
esempio,lacessazionediuna
attività professionale per
intraprenderne altra meno
redditizia, ma maggiormente
rispondente alle proprie
aspirazioni o meno usurante,
o la scelta di limitare il
tempo del proprio impegno
di lavoro, optando per una
attività a tempo parziale
(424).
Il diritto all’assegno
divorzile non può infatti
essere considerato un diritto
"consolidato", in quanto
trova fondamento in una
situazione per sua natura
dinamica e mutevole nel
tempo, rispetto alla quale
opera
in
chiave
di
bilanciamento di interessi e
diriequilibriodeirapportitra
gli ex coniugi, ed è
conseguentemente connesso
all’evoluzione di detta
situazione.
La giurisprudenza di
legittimità
è
costante
nell’affermare
che
le
disposizioni in tema di
assegno post-patrimoniale
contenute nella pronuncia di
divorzio
non
possono
cristallizzare la posizione
dell’obbligato sul piano
dell’attività lavorativa, nel
senso
di
impegnarlo
comunque ad assistere, e
nella stessa misura, l’ex
coniuge beneficiario, anche
quando, per effetto di
legittime, anche se non
necessitate,
decisioni
riguardo alla propria vita
personale o professionale, il
divario fra le condizioni
economiche delle parti, a
frontedelqualel’assegnoera
stato riconosciuto, si sia
ridotto o annullato, o
addirittura la situazione del
beneficiario sia divenuta più
favorevole
di
quella
dell’obbligato(425).
Nel procedimento di
revisione, che si svolge con
ritocameralesuricorsodella
parteinteressata,iltribunale,
al fine di riconoscere un
giustificato
motivo
di
revisione
dell’assegno
divorzile, deve non solo
accertare una sopravvenuta
modifica delle condizioni
economichedegliexconiugi,
ma anche la idoneità di tale
modifica a mutare il
pregresso
assetto
patrimonialerealizzatoconil
precedente provvedimento
attributivo
dell’assegno,
secondo una valutazione
comparativa delle condizioni
economiche di entrambe le
parti.
Nellaparticolareipotesiin
cuiilmotivodirevisionesia
di consistenza tale da
condurre
alla
revoca
dell’assegno divorzile, è
indispensabile procedere ad
un rigoroso accertamento
della
effettività
dei
mutamenti, e verificare
l’esistenza di un nesso di
causalità tra essi e la nuova
situazione
patrimoniale
conseguentemente
instauratasi, onde dedurne
che l’ex coniuge titolare
dell’assegno abbia acquisito
la disponibilità di maggiori
redditi e pertanto di mezzi
idonei a conservargli un
tenore di vita analogo a
quello condotto in costanza
di matrimonio o che le
condizioni economiche del
coniuge obbligato si siano a
tal punto deteriorate da
rendere insostenibile l’onere
che era stato posto a suo
carico(426).
Qualorainveceladomanda
di revisione dell’assegno si
pretenda
fondata
sul
miglioramento
delle
condizioni
economiche
dell’ex coniuge obbligato,
tale miglioramento deve
configurarsi come attuazione
di
aspettative
ragionevolmente esistenti al
momento dello scioglimento
del
matrimonio,
non
assumendo
rilievo
gli
incrementi
patrimoniali
allora
non
prevedibili,
correlati al sopravvenire di
circostanzeeccezionali(427).
Inquantoindipendentedal
vincolo matrimoniale, il
presupposto del diritto
all’assegno
può
anche
intervenire successivamente
alla pronuncia di divorzio, e
in tale caso si dovranno
accertare
le
variazioni
patrimoniali intervenute che
giustificano l’attribuzione
dell’assegno, senza dover
compiere una nuova (o
prima) valutazione della
condizioni
iniziali
dei
coniugi(428).
Nel giudizio di revisione
non si può comunque
procedere a una nuova e
autonoma
determinazione
dell’assegnosullabasediuna
diversa valutazione delle
condizioni economiche delle
parti, e il tribunale deve
limitarsi a verificare se e in
quale misura le circostanze
sopravvenute
abbiano
alterato
l’equilibrio
raggiuntoinprecedenza,ead
adeguare l’importo o lo
stesso
obbligo
della
contribuzione alla nuova
situazionepatrimoniale.
La
variazione
dell’ammontaredell’assegno,
disposta in esito al
procedimento di revisione ai
sensi dell’art. 9 l. div.,
decorre dalla data della
domanda,inapplicazionedel
principiogeneralesecondoil
quale ladurata del processo
nonpuòpregiudicarelaparte
chehapropostounadomanda
fondata(429).
1 1 .Le cause di estinzione
dell’assegno.
Il diritto all’assegno di
divorzio si estingue per
diversecause.
L’art.5,comma10,l.div.
prevede la cessazione della
corresponsione dell’assegno
per il passaggio a nuove
nozze
del
coniuge
beneficiario, cui consegue il
diritto di questi a conseguire
il mantenimento dal nuovo
coniuge.
Il diritto all’assegno viene
meno anche per la morte o
perladichiarazionedimorte
presunta dell’ex coniuge
beneficiario, in quanto,
trattandosi di un diritto
personalissimo, non si
trasmetteaglieredi.
Quandosiverifica,invece,
la morte dell’ex coniuge
obbligato può sorgere nei
confronti dei suoi eredi,
secondo quanto previsto
dall’art. 9-bis l. div., un
successivo diritto dell’ex
coniuge beneficiario, che
versi in stato di bisogno, a
percepire
un
assegno
periodico, che il tribunale
determinerà tenendo conto
della misura dell’assegno di
divorzio, dell’entità del
bisogno,
dell’eventuale
pensione di reversibilità,
delle sostanze ereditarie, del
numero e della qualità degli
eredi e delle loro condizioni
economiche(430). L’assegno
a carico dell’eredità non
spetta se gli obblighi
patrimonialiprevistidall’art.
5 sono stati soddisfatti in
unicasoluzione.
In caso di fallimento
dell’ex coniuge tenuto a
corrispondere l’assegno deve
ritenersi preferibile la tesi
secondo cui l’obbligo si
trasferisce sulla massa
mentre il curatore sarà
legittimato a promuovere
l’azione volta ad ottenere la
revisione dei provvedimenti
a contenuto patrimoniale
conseguenza del divorzio
(431).
CAPITOLOXI
L’ASSEGNODI
MANTENIMENTOPERI
FIGLIPROFILI
SOSTANZIALIE
PROCESSUALI
SOMMARIO: 1. L’obbligo dei
genitori di contribuire al
mantenimentodeifigli.Lefonti
normative. –2. Affidamento
condiviso e mantenimento dei
figli. Le modifiche introdotte
dalla l. 54/06.
–3. Il
mantenimento diretto. –4. Il
mantenimento
dei
figli
maggiorenni non autonomi
economicamente.
–5. La
legittimazione a richiedere e
ricevere l’assegno per i figli
maggiorenni.
–6.
La
competenza del giudice in
ordine al mantenimento dei
figli legittimi e naturali. –7. I
poterid’ufficiodelgiudice.–8.
Validità e limiti degli accordi
tra i genitori. –9. L’efficacia
esecutiva dei provvedimenti di
natura economica a favore dei
figli. –10. Il procedimento ex
art. 148 c.c. in caso di
inadempimento del genitore. –
11. Le misure sanzionatorie in
caso
di
inadempimento,
previste dall’art. 709ter,
comma 2, c.p.c.. –12. Gli
strumenti
di
garanzia
dell’assegnoperifigli.
1 .L’obbligo dei genitori di
contribuire al mantenimento
deifigli.Lefontinormative.
La crisi della coppia,
coniugata o meno, cui
consegue la separazione
personale o di fatto, o il
divorzio,nonfaveniremeno
gli obblighi che i genitori
hannoneiconfrontideifigli,
sindallaloronascita(432).
L’
art.
30
Cost.,
nell’affermare che è “dovere
e diritto” dei genitori
mantenere,
istruire
ed
educare i figli, anche se nati
fuori
dal
matrimonio,
richiama gli stessi ad un
obbligo di responsabilità
genitoriale,
principio
immanente nell’ordinamento
e
ricavabile
dall’interpretazione
sistematica degli artt. 147
(“Doveri verso i figli”), 148
(“Concorso negli oneri”) e
261 (“Diritti e doveri
derivanti al genitore dal
riconoscimento”) del codice
civile.
L’ art. 147 c.c. impone ai
coniugi, quali genitori,
l’obbligo di mantenere,
istruire ed educare i figli
tenendo conto delle loro
capacità,inclinazioninaturali
e aspirazioni, mentre l’art.
148 c.c. prescrive agli stessi
di adempiere a tali doveri in
proporzione alle rispettive
sostanze e secondo la loro
capacità
di
lavoro
professionaleocasalingo.
Detti obblighi sono estesi
dall’art. 261 c.c. al genitore
che riconosce il figlio
naturale, dal momento della
suanascita(433).
L’obbligo
di
mantenimento dei figli
minori, legittimi o natura- li
(434), spetta primariamente
ailorogenitori,e,seunodei
due non possa o non voglia
adempiere, l’altro è tenuto a
farfronteperinteroalleloro
esigenze con tutte le sue
sostanze patrimoniali e
sfruttando tutta la propria
capacitàdilavoro,fattasalva
la possibilità di convenire in
giudizio l’inadempiente per
ottenere
un
contributo
proporzionale
alle
sue
condizionieconomiche(435).
Giurisprudenza e dottrina,
concordinelriteneresuperata
la definizione della potestà
quale diritto del genitore sul
figlio, inteso come bene
personale,
da
tempo
sottolineano la centralità del
concetto di responsabilità
correlatoaquellodifunzione
genitoriale
(munus),
e
definiscono
la
potestà
genitoriale, di cui agli artt.
316 e 317-bis c.c., quale
funzione (munus) diretta
all’esclusivo
soddisfacimento dei diritti
delminore,fondatasuldarea
questi
mantenimento,
educazione ed istruzione,
così
da
ampliare
progressivamente, con la
crescita, i suoi spazi di
autonomiaelosviluppodella
suapersonalità(436).
Il
concetto
di
mantenimento, anche dopo
l’entratainvigoredellalegge
8 febbraio 2006, n. 54,
"Disposizioni in materia di
separazione dei genitori e
affidamento condiviso dei
figli", che ha modificato
l’art.155c.c.esiapplica,ai
sensi dell’art. 4, comma 2,
della stessa legge “anche in
caso di scioglimento, di
cessazione degli effetti civili
o di nullità del matrimonio,
nonchè ai procedimenti
relativi ai figli di genitori
non coniugati”, coincide
pertanto
con
il
soddisfacimento
delle
moltepliciesigenzemateriali
dei figli connesse alla
prestazione
dei
mezzi
necessari per garantire un
lorocorrettosviluppofisicoe
psicologico(437).
Queste esigenze non sono
certamente riconducibili al
solo obbligo alimentare,
bensì sono estese all’aspetto
abitativo,
scolastico,
sportivo, sanitario, sociale,
alla assistenza morale e
materiale,
nonché
alla
opportuna predisposizione di
una stabile organizzazione
domestica-conmodalitàtali
dagarantireaifigliunlivello
economico corrispondente
alle risorse della famiglia ed
analogo,
per
quanto
possibile, a quello goduto in
costanza di convivenza dei
genitori(438).
Inordineall’adempimento
dell’obbligo
di
mantenimento,
assume
rilevanza
anche
la
predisposizione
e
conservazione dell’ambiente
domestico, considerato quale
centrodiaffetti,diinteressie
di consuetudini di vita, che
contribuisce in misura
fondamentale
alla
formazione armonica della
personalitàdelfiglio(439).
2 .Affidamento condiviso e
mantenimento dei figli. Le
modifiche introdotte dalla l.
54/06.
L’art. 155, comma 1, c.c.,
nel testo vigente modificato
dalla l. 54/06, afferma il
diritto del minore alla
bigenitorialità, precisando
che “anche in caso di
separazione personale dei
genitoriilfigliominorehail
diritto di mantenere un
rapporto equilibrato e
continuativo con ciascuno di
essi, di ricevere cura,
educazione e istruzione da
entrambi e di conservare
rapporti significativi con gli
ascendenti e con i parenti di
ciascunramogenitoriale”.
La disposizione normativa
si applica anche nei casi di
successivo divorzio dei
genitori e di separazione di
fattodeigenitorinaturali,nel
procedimento che si svolge
avanti il tribunale per i
minorenni avente ad oggetto
l’affidamento,
il
collocamento
e
il
mantenimentodeifigli.
Per realizzare le finalità
espresse dal comma 1
dell’art. 155 c.c., il giudice
adotta i provvedimenti
relativiaifigliconesclusivo
riferimento al loro interesse
morale
e
materiale,
valutandoprioritariamentela
possibilità che gli stessi
restino affidati a entrambi i
genitori,e“determinaitempi
e le modalità della loro
presenza presso ciascun
genitore, fissando altresì la
misura e il modo con cui
ciascuno di essi deve
contribuire al mantenimento,
alla cura, all’istruzione e
all’educazionedeifigli”.
Iltestodellalegge54/06si
differenzia dalla previgente
normativachedisciplinavail
mantenimento dei figli nella
separazione e nel divorzio.
Mentre in passato, ai sensi
dell’art. 155, comma 2, e
dell’art. 6, comma 3, l.
898/70 come modif. dalla l.
74/87, il giudice doveva
determinare la misura e le
modalità con cui il coniuge
non affidatario doveva
contribuire al mantenimento
del figlio, nell’attuale testo
legislativo, che privilegia
l’affidamento condiviso, il
giudice deve determinare la
misura e le modalità del
contributo
di
ciascun
genitore, con un’operazione
logicadiversa.
Richiamando il principio
della condivisione della
responsabilitàgenitorialeeil
criterio di proporzionalità,
giàprevistodall’art.148c.c.,
il quarto comma dell’ art.
155 c.c. prescrive che "salvo
accordi diversi liberamente
sottoscritti dalle parti,
ciascuno
dei
genitori
provvede al mantenimento
dei
figli
in
misura
proporzionale al proprio
reddito;ilgiudicestabilisce,
ove
necessario,
la
corresponsionediunassegno
periodico al fine di
realizzare il principio di
proporzionalità,
da
determinare considerando:
1) le attuali esigenze del
figlio; 2) il tenore di vita
goduto dal figlio in costanza
diconvivenzaconentrambii
genitori; 3) i tempi di
permanenza presso ciascun
genitore; 4) le risorse
economiche di entrambi i
genitori; 5) la valenza
economica dei compiti
domestici e di cura assunti
daciascungenitore”.
Laquestionefocale,cheha
suscitato un vivace dibattito
in dottrina e giurisprudenza,
riguarda il “mantenimento
diretto” della prole da parte
di entrambi i genitori,
essendo controverso se l’art.
155, comma 4, c.c. imponga
o meno come regola
principale il mantenimento
diretto, e la determinazione
diunassegnoperiodicocome
eccezione, solo in funzione
perequativa di “conguaglio”
(440).
La dottrina maggioritaria
ha posto in rilievo che
nell’intenzione
del
legislatore l’assegno ha
assunto
una
funzione
residuale
rispetto
al
mantenimento
diretto,
modalità contributiva più
vicina ai principi sottesi alla
riforma, volti a far
partecipare attivamente e
concretamente entrambi i
genitori alla vita quotidiana
dei figli (441). Si è quindi
auspicato che “con l’entrata
invigoredellanuovaleggee
l’assimilazione, da parte
dellasocietà,deiprincipiche
la animano, il mantenimento
diretto, che realizza in
maniera completa lo spirito
dell’affido condiviso, possa
diffondersi maggiormente e
regolarelamaggiorpartedei
rapporti economici tra
genitoriefigli"(442).
In tale ottica l’assegno
avrebbe
la
funzione
perequativa di ristabilire
l’equilibrio in relazione al
contributo dato da ciascun
genitore, “ove necessario”
(443).
La giurisprudenza sembra
tuttavia
restia
ad
abbandonare
la
prassi
dell’assegno periodico, sulla
basedellaconsiderazioneche
il genitore presso il quale il
figlio è collocato o che lo
tiene presso di sé con
carattere di stabilità, deve
poter
provvedere
direttamente a tutte le
esigenzedellaprole.Peraltro
la
tendenza
ancora
largamente prevalente a
prevedere la corresponsione
di un assegno periodico al
genitore
collocatario,
integrato dalla suddivisione
delle spese scolastiche,
mediche, ricreative, etc.,
sembra essere rispondente
alle domande svolte in
giudiziodaglistessigenitori,
e risulta essere l’opzione
ancorapreferitanegliaccordi
trasfusi nel verbale di
separazioneconsensuale.
Sinora è così prevalso
l’orientamento che riconosce
al genitore collocatario la
legittimazione attiva a
richiedere
l’assegno
periodicoatitolodiconcorso
al mantenimento del figlio,
come avvenuto in passato,
mentre è rimasta minoritaria
la posizione dei giudici di
merito che, interpretando
l’art. 155, comma 4, c.c. in
senso letterale e restrittivo,
prevede l’erogazione di un
assegno
al
genitore
collocatario solo nel caso in
cui la corresponsione diretta
non copra interamente il
budget a carico del genitore
noncollocatario(444).
La giurisprudenza di
legittimitàhasinoraespresso
una posizione che sembra
mediare
il
passato
orientamento con l’attuale
testo legislativo, ed ha
affermato che l’affidamento
congiunto, per le sue finalità
riguardanti l’interesse dei
figli,“nonpuòcertofarvenir
meno l’obbligo patrimoniale
di uno dei genitori a
contribuire
con
la
corresponsionediunassegno
al mantenimento dei figli in
relazione alle loro esigenze
di vita, sulla base del
contesto familiare e sociale
di appartenenza”, ed ha
concluso
ritenendo
censurabile la decisione del
giudicedelmeritochefaccia
erroneamente derivare, come
conseguenza "automatica",
dall’affidamentocongiuntoil
principio che ciascuno dei
genitori provveda in modo
diretto e autonomo alle
esigenzedeifigli(445).
3.Ilmantenimentodiretto.
Il mantenimento diretto
dei figli - se si tiene conto
della cruda realtà delle
controversie coniugali nelle
aulegiudiziarieedell’elevata
litigiosità delle coppie
soprattutto sulle questioni di
natura economica - può
essere
concretamente
adottato come modalità di
adempimento degli obblighi
dei genitori separati o
divorziati, solo laddove
sussista tra gli stessi un
rapporto
di
effettiva
collaborazione nell’interesse
dei figli, fondato sulla
fiducia e il rispetto del
reciprocoruologenitoriale.
Una corretta e duratura
applicazioneditaleformadi
mantenimentorichiede,come
necessario presupposto, la
consapevolezza da parte di
ciascun genitore di dover
adempiere all’obbligo di
mantenimento dei figli,
recependoleloroesigenzein
modo
responsabile
e
puntuale, seppur diretto e
spontaneo.
L’entità del mantenimento
diretto
deve
essere
proporzionato alle esigenze
del figlio e al tenore di vita
che questi godeva nella
famiglia unita, nonché alle
complessive
risorse
economiche dei genitori.
Anche il mantenimento
diretto, così come l’assegno
periodico, deve fondarsi sul
principio
della
proporzionalità, richiamato
dal novellato art. 155,
comma 4, c.c., nonché sui
criteriiviindicati(446).
Le condizioni concrete
richieste dalla modalità del
mantenimento diretto non
sono peraltro riscontrabili
con frequenza nella fase
patologica del rapporto di
coppia. Si è pertanto
sottolineata, sin dal varo
della legge 54/06, la
difficoltà di disporre il
mantenimento diretto, a
fronte di una sostanziale
generalizzata incapacità dei
genitori - anche nei casi di
non accesa conflittualità, e
quindi anche per cause
oggettive e non solo
soggettive - di gestire in via
diretta ed autonoma gli
aspetti
economici
conseguenti alla crisi di
coppia.
La casistica che emerge
dalle pronunce dei giudici di
merito,chehannodispostoil
mantenimento
diretto,
evidenzia situazioni in cui i
genitori
avevano
pari
potenzialità reddituali, o era
stato stabilito unparitario
periodo di permanenza dei
figli con ciascun genitore
(447). Rimane comunque
minoritario l’orientamento
della giurisprudenza di
merito che ritiene potersi
disporre
d’ufficio
il
mantenimento diretto della
prole, anche in mancanza di
domandadiparte.
Incasodiconflittualitàtra
i
genitori,
l’assegno
periodico continua di fatto a
corrispondere alla modalità
più opportuna per garantire
l’adempimento dell’obbligo
dimantenimentodeifigli.
4 .Il mantenimento dei figli
maggiorenni non autonomi
economicamente.
Con l’art. 155-quinquies
c.c. è stata introdotta dalla l.
54/06
una
specifica
disposizione che prevede la
possibilità di riconoscere ai
“figli maggiorenni non
indipendenti
economicamente”unassegno
di mantenimento periodico.
Lastessanormatutelaifigli
maggiorenni portatori di
handicap grave, ai quali si
applicano integralmente le
disposizioni previste in
favoredeifigliminori.
Nell’affermare che il
giudice,
“valutate
le
circostanze, può disporre in
favore dei figli maggiorenni
non
indipendenti
economicamente”unassegno
periodico,
e
che
il
versamento è effettuato
direttamente
all’avente
diritto, la norma ha fatto
sorgere
numerosi
interrogativi in ordine al
possibile
venir
meno
dell’automatismo
del
riconoscimento dell’assegno
ai figli al raggiungimento
della loro maggiore età, ai
presupposti e ai limiti
dell’obbligo
di
mantenimento da parte dei
genitori, all’individuazione
del soggetto legittimato alla
domanda di assegno e alle
modalità
della
sua
corresponsione.
In epoca precedente alla l.
54/06, pur in assenza di una
esplicita
previsione
normativa dell’assegno di
mantenimento a favore dei
figli
maggiorenni
non
autonomi economicamente
nell’ambito del giudizio di
separazione o divorzio, la
giurisprudenza
ha
pacificamente ritenuto che
l’obbligo dei genitori di
mantenere,
istruire
ed
educareifigli(art.30Cost.),
tenendo conto delle loro
capacità,inclinazioninaturali
e aspirazioni (art. 147 c.c.),
noncessiautomaticamenteal
raggiungimento
della
maggiore età, ma prosegua
fino a quando essi non
abbiano conseguito un grado
di autonomia tale da
consentire
loro
di
provvedere,
senza
il
contributo dei genitori, al
soddisfacimento
delle
proprienecessità.
Lepronuncedeigiudicidi
merito e di legittimità
successiveallal.54/06hanno
confermato questo pregresso
orientamento (448). Si è in
particolare precisato che, in
tema di mantenimento dei
figlimaggiorenni,lal.54/06
non
ha
abrogato,
o
modificato, il sistema degli
obblighi
genitoriali
inderogabili come previsti
dagli artt. 147 e 148 c.c., e
pertanto la locuzione “può
disporre”, contenuta nell’art.
155-quinquies c.c., non
significacheconlamaggiore
etàdelfigliocessiipsofacto
l’obbligodiconcorrerealsuo
mantenimento(449). L’unico
significatochepuòattribuirsi
al testo letterale dell’art.
155-quinquies,comma1,c.c.
è quello della preliminare
valutazione che il giudice
della separazione o del
divorzio rende, nei limiti di
quanto provato dal genitore
onerato sulle condizioni
effettive
del
figlio
maggiorenne, cioè se questi
sia o meno economicamente
indipendente, oppure se il
m a n c a t osvolgimento di
un’attivitàlavorativadipenda
da un suo atteggiamento di
inerzia, ovvero di rifiuto
ingiustificato(450).
Quanto al limite di
persistenza dell’obbligo di
mantenimento a carico dei
genitori,
prevale
in
giurisprudenza
l’orientamento secondo il
quale non è possibile
prefissare un termine o un
limite di età, dal momento
che una volta stabilito il
criterio che l’obbligo si
protrae
oltre
il
raggiungimento
della
maggiore età per consentire
ilcompletamentodeglistudi,
oacausadellenotedifficoltà
di inserimento dei giovani
nelmondodellavoro,nonsi
può determinare un termine
astratto, desunto dalla media
delladuratadeglistudiinuna
determinata facoltà o dalla
"normalità" del tempo
(intorno al compimento del
26moannodietà)che,inuna
data realtà economica,
occorre ad un giovane
laureato per trovare un
impiego(451).
Spetta pertanto al giudice
valutare
in
concreto
l’impegno del figlio e il suo
comportamento, ed accertare
se questi abbia o meno
saputo trarre profitto dalle
opportunità offertegli dagli
stessi genitori, che hanno
provvedutoadassicurarglile
condizioni necessarie per
concludere
gli
studi
intrapresi e conseguire il
titolo indispensabile ai fini
dell’accesso alla professione
auspicata, ovvero non sia
stato in grado diraggiungere
l’autosufficienza economica
per propria colpa (452).
Fermo
restando
che
l’accertamento da parte del
giudice - che il mancato
svolgimento di un’attività
economicadelfigliodipenda
da un atteggiamento di
inerzia
o
di
rifiuto
ingiustificato del lavoro deve ispirarsi a criteri di
relatività,
in
quanto
necessariamente
ancorato
alle aspirazioni, al percorso
scolastico, universitario e
post-universitario,
del
soggetto ed alla situazione
attuale del mercato del
lavoro,
con
specifico
riguardo al settore nel quale
il medesimo soggetto abbia
indirizzato
la
propria
formazione e la propria
specializzazione(453).
Si è anche precisato che i
concetti di indipendenza e
autosufficienza economica,
cui il giudice deve fare
riferimento, sottendono una
capacità
di
guadagno
connessaallosvolgimentodi
un’attività
lavorativa
remunerata o, quanto meno,
all’avvio verso di essa con
prospettive concrete, tale da
potere assicurare un introito
stabileesicuro;pertantonon
deve trattarsi di un lavoro
precario o di apprendistato o
totalmente inadeguato alla
formazione ed istruzione
ricevuta(454).
La prova che il figlio ha
raggiunto
l’indipendenza
economica, ovvero è stato
posto
nelle
concrete
condizioni per poter essere
economicamente
autosufficiente, senza averne
però tratto utile profitto per
sua colpa o scelta, deve
essere data dal genitore
interessato alla declaratoria
della cessazione dell’obbligo
dimantenimento(455).
Nel caso in cui il figlio
maggiorenneabbiainpassato
iniziato
ad
espletare
un’attività lavorativa, così
dimostrando
il
raggiungimento di una
adeguata capacità, e sia
successivamente
rimasto
privo di lavoro edi reddito,
non può vantare un diritto al
mantenimento, di cui sono
venuti meno i presupposti,
ma solo agli alimenti ex art.
433c.c..(456).
5 .La legittimazione a
richiedere
e
ricevere
l’assegno per i figli
maggiorenni.
In ordine al rapporto
economicotragenitoriefigli
divenuti maggiorenni, si
discute, già da epoca
precedenteallal.54/06,sulla
titolarità del diritto alla
corresponsione dell’assegno
elalegittimazioneaproporre
larelativadomanda.
Secondo la posizione
prevalente della dottrina
(457) e della giurisprudenza
(458)primadellal.54/06,era
configurabile
una
concorrenteed alternativa
legittimazione a richiedere e
ariceverel’assegno,daparte
del
figlio
divenuto
maggiorenne e del genitore
concuilostessocontinuavaa
convivere.
La
nuova
disciplina
introdotta dalla l. 54/06 laddove l’art. 155-quinquies
c.c. afferma che l’assegno
per i figli maggiorenni non
indipendenti
economicamente
“salvo
diversa determinazione del
giudice,
è
versato
direttamente
all’avente
diritto” – ha rimesso in
discussionelaquestionedella
legittimazione a proporre la
domanda di attribuzione e
modifica
dell’assegno
quando il figlio raggiunge la
maggioreetà.
In dottrina, da parte di
alcuniAutori si sostiene che
la previsione del versamento
direttoalfiglio,qualeavente
diritto,noncomportachesia
stata
introdotta
una
legittimazione esclusiva del
figlio
maggiorenne
a
chiedere
l’assegno
di
mantenimento in proprio
favore, e si rimarca che il
testo di legge fa salva la
diversa determinazione del
giudice che ben potrà
disporreperlalegittimazione
delgenitore(459).
Altra
tesi
sostiene
diversamente che la nuova
normativa
comporta
l’automatica
cessazione
dell’obbligo
di
mantenimento del genitore
nei confronti del figlio al
momentodelraggiungimento
dellamaggioreetà,ilqualeè
l’unicosoggettolegittimatoa
far valere il suo diritto al
mantenimento. Si ipotizza
conseguentemente
un
giudizio
autonomodal
procedimento di separazione
e divorzio, che il figlio
divenuto
maggiorenne
dovrebbe
promuovere
direttamente nei confronti di
entrambiigenitori(460).
La giurisprudenza di
merito e di legittimità
continua invece a riferirsi al
suo pregresso e consolidato
orientamento,earitenereche
laprevisionedellapossibilità
dicorrisponderel’assegnodi
mantenimento direttamente
al
figlio
maggiorenne
contenuta
nell’art.
155-quinquies c.c. non fa
venir meno la legittimazione
delgenitore,concuilostesso
convive,diagireiureproprio
per
il
relativo
riconoscimento. Si riconosce
pertanto una legittimazione
concorrente in capo al
genitore convivente con il
figlio maggiorenne non
autonomoeallostessofiglio,
titolare del diritto al
mantenimento,
con
la
precisazione che trattasi di
diritti autonomi, fondati su
presupposti in parte diversi
(nelcasodelgenitoreunodei
presupposti
è
la
coabitazione) e non del
medesimo diritto attribuito a
piùpersone(461).
Si continua inoltre a
ritenerecheancheilgenitore
convivente con il figlio
maggiorenne non autonomo
economicamente
possa
essere considerato quale
soggetto “avente diritto” a
percepire l’assegno, in
quanto anticipa le spese di
mantenimento del figlio,
facendosicaricodigarantire,
con le proprie risorse
economiche e con il proprio
contributopersonaleanchedi
lavorodomestico,unastabile
organizzazione di vita al
figlio, contribuendo così ad
assolvere le altre esigenze
educative e di istruzione di
cui il figlio ancora necessiti.
Nella prassi viene quindi
ancora
disposta
la
corresponsione dell’assegno
per il figlio divenuto
maggiorenne al genitore
convivente e già affidatario,
e siprevede il versamento
diretto dell’assegno al figlio
in casi particolari, quando la
convivenza con il genitore
già affidatario è cessata
(462).
6.Lacompetenzadelgiudice
in ordine al mantenimento
deifiglilegittimienaturali.
L’art.4,comma2,dellal.
54/06
ha
esteso
ai
procedimenti relativi ai figli
di genitori non coniugati
l’applicabilità di tutte le
disposizioni previste per i
figlilegittiminell’ambitodei
giudizi di separazione e
divorzio, la cui competenza
spetta al tribunale ordinario.
Tuttavia, non avendo il
legislatore previsto alcuna
disposizione in ordine alla
competenza del giudice per
la regolamentazione dei
rapporti tra genitori naturali
e dei loro obblighi verso i
figli, sono emersi in sede
applicativa
differenti
orientamenti,
tra
chi
affermava la sopravvenuta
competenza del tribunale
ordinario (463), e chi optava
per la competenza del
tribunale per i minorenni,
anche per le questioni
patrimoniali(464).
Giova ricordare che prima
dell’entrata in vigore della l.
54/06 i genitori naturali, in
caso di cessazione della loro
convivenza,sirivolgevanoal
tribunale per i minorenni,
competente ai sensi dell’art.
38disp.att.c.c.,perottenere
i provvedimenti ex art. 317
bis
c.c.,
relativi
all’affidamentodelfiglioela
regolamentazione del diritto
divisitaspettantealgenitore
non
affidatario
o
collocatario, mentre per le
controversie relative al
mantenimento della prole
naturale dovevano adire il
tribunale ordinario (con
ricorso ex art. 148 c.c. al
presidente del T.O., o con
atto di citazione secondo il
rito ordinario, non essendovi
neppure una omogeneità di
prassi procedurale avanti i
nostritribunali).Dapiùparti
si era quindi evidenziata la
disparità di trattamento che
penalizzava la filiazione
naturale rispetto a quella
legittima,elanecessitàdiun
unico giudice competente in
materia di affidamento e
mantenimento della prole,
legittimaenaturale.
LaCortediCassazione,in
sede di regolamento di
competenza, ha affermato
con diverse pronunce (465),
tutte dello stesso segno, che
la l. 54/06 ha “riplasmato
l’articolo 317- bis c.c., il
quale, innovato nel suo
contenuto
precettivo,
continua
tuttavia
a
rappresentare lo statuto
normativo della potestà del
genitore
naturale
e
dell’affidamento del figlio
nella crisi dell’unione di
fatto, sicché la competenza
ad adottare i provvedimenti
nell’interesse del figlio
naturale spetta al tribunale
per i minorenni, in forza
dell’art. 38, primo comma,
delle
disposizioni
di
attuazione del codice civile,
in parte qua non abrogato,
neppure tacitamente, dalla
novella”.
La contestualità delle
misure relative all’esercizio
della
potestà
e
all’affidamentodelfiglio,da
un lato, e di quelle
economiche inerenti al loro
mantenimento,
dall’altro,
prefigurata dai novellati artt.
155 e s.s. c.c., ha peraltro
determinato, secondo la
Suprema Corte, “in sintonia
con l’esigenza di evitare che
i
minori
ricevano
dall’ordinamento
un
trattamento diseguale a
seconda che siano nati da
genitori coniugati oppure da
genitori non coniugati, oltre
che di escludere soluzioni
interpretative
che
comportino un sacrificio del
principio di concentrazione
delle tutele, che è aspetto
centrale della ragionevole
durata del processo”, una
attrazione,incapoallostesso
giudice specializzato, della
competenza a provvedere
anche sulla misura e sul
modo con cui ciascuno dei
genitori
naturali
deve
contribuire al mantenimento
delfiglio(466).
Lacompetenzadelgiudice
minorile in merito al
contributo al mantenimento
del figlio naturale è tuttavia
giustificata
solo
dalla
contestuale pendenza delle
domande sull’affidamento e
il collocamento dello stesso,
eperlaregolamentazionedei
periodidipermanenzapresso
ciascun
genitore.
Ne
consegue che quando il
genitore convivente con il
figlio si limiti a richiedere
all’altro un contributo al
mantenimento di questi,
potrà essere attivato un
procedimento avanti il
tribunale ordinario con
ricorso ex art. 148 c.c. (467)
(ovvero con atto di
citazione). In tale sede,
peraltro,
il
convenuto
potrebbe avanzare una
domanda
riconvenzionale
inerente l’affidamento del
figlio,
o
la
sua
frequentazione,
con
la
conseguenza che in tale
ipotesi il tribunale ordinario
dovrà
declinare
la
competenza su tutte le
domande, disponendo per la
riassunzione
avanti
il
tribunale per i minorenni
(468).
La devoluzione al giudice
minoriledellecontroversiein
materia di mantenimento dei
figlinaturaliècomunqueben
lontana dal realizzare un
eguale trattamento tra figli
nati da genitori coniugati e
non coniugati, per i noti
problemi
di
carattere
processuale che connotano i
procedimenti
avanti
il
tribunale per i minorenni
(469).
Il rito della volontaria
giurisdizione, applicabile ai
procedimenti davanti al
tribunale minorile, risulta
infatti inadeguato per le
controversie relative alle
questioni patrimoniali ed
economiche, che trovano la
loro sede naturale nel
procedimento contenzioso
ordinario.Sipensiall’attuale
dibattuta
questione
dell’efficacia esecutiva dei
decreti del tribunale per i
minorennichedispongonoin
ordine al mantenimento dei
figli naturali, che solo in
alcune
sedi
viene
riconosciuta (470). Altra
questione irrisolta è quella
relativa alla possibilità di
ottenere l’attribuzione in via
provvisoria dell’assegno nel
corso del giudizio, poichè
trattandosi
di
un
procedimento camerale si
rendenecessarialafissazione
dell’udienza collegiale per
l’emissione
di
ogni
provvedimento, con notevole
allungamento dei tempi
processuali.Inognicasonon
è possibile ottenere un
provvedimento provvisorio
ed urgente, dotato di
immediata
efficacia
esecutiva, come avviene in
sede di separazione e
divorzio per i provvedimenti
afavoredeifiglilegittimi.
7 .I poteri d’ufficio del
giudice.
L’obbligodicontribuireal
mantenimento dei figli
minori non è governato dal
principio della domanda, o
delladisponibilità,essendoil
giudice titolare di un poteredovere improntato a tutelare
l’interessedelminore.
Pertanto,
nella
determinazione
del
contributo
dovuto
dal
genitoreperilmantenimento
del figlio, il giudice non
necessita di una domanda di
parte né è vincolato dagli
accordi tra le parti (471),
potendo
diversamente
disporre.Giàl’art.6,comma
9, l. div. e il precedente art.
155, comma 7, c.c.
enunciavano il principio
ripresodalnovellatoart.155
c.c., secondo il quale il
giudice “prende atto, se non
contrari all’interesse dei
figli,
degli
accordi
intervenutitraigenitori”.
In particolare l’art. 6,
comma9,l.div.prevedeche
“i provvedimenti possono
essere diversi rispetto alle
domandedellepartioalloro
accordo, ed emessi dopo
l’assunzione di mezzi di
prova dedotti dalle parti o
dispostid’ufficiodalgiudice,
ivi compresa, qualora sia
strettamente
necessario
anche in considerazione
dellaloroetà,l’audizionedei
figliminori”.
Gliartt.155ess.introdotti
dalla novella del 2006,
ugualmente attribuiscono al
giudice - che deve adottare i
provvedimenti relativi ai
figli
con
esclusivo
riferimento al loro interesse
moraleemateriale–ilpotere
di assumere, anche d’ufficio
e prima dell’emanazione dei
provvedimenti provvisori, i
mezzidiprovanecessariatal
fine,
e,
qualora
le
informazioni di carattere
economico
fornite
dai
genitori
non
risultino
sufficientemente
documentate, il potere di
disporre un accertamento
della polizia tributaria sui
redditi e sui beni oggetto
della contestazione, anche se
intestatiasoggettidiversi.
La legge, operando una
deroga alle regole generali
sull’onere della prova,
riconosce così al giudice
poteri istruttori d’ufficio per
finalità
di
natura
pubblicistica,
con
la
conseguenza che le domande
dellepartistessenonpossono
essere respinte sotto il
profilo
della
mancata
dimostrazione degli assunti
sui quali si fondano e che i
provvedimenti da emettere
devono essere ancorati ad
una adeguata verifica delle
condizioni patrimoniali dei
genitori e delle esigenze di
vitadeifigliesperibileanche
inviaofficiosa(472).
8 .Validità e limiti degli
accorditraigenitori.
Dottrina e giurisprudenza
sonounaniminelritenereche
il diritto dei figli al
mantenimento
sia
indisponibile,esianulloogni
atto che ne preveda la
rinunziaolacessioneaterzi
(473).Igenitoripossonosolo
accordarsi per determinare il
contenuto e le modalità del
mantenimento, ma questi
accordi non vincolano il
giudice(474).
Il novellato art. 155,
comma 4, c.c. ammette la
validità degli accordi tra i
genitori (475) in merito alle
rispettive
modalità
di
adempimento dell’obbligo di
mantenimento dei figli, ma
deve comunque essere
salvaguardato il principio di
proporzionalità
espresso
dall’art. 148 c.c., che
costituisce attuazione del
principio di uguaglianza,
inderogabile e indisponibile
(476).
In linea di principio, non
può essere condivisa una
diversa interpretazione che,
richiamandosi al tenore
letterale del comma 5 "salvo
accordi
diversi
liberamente sottoscritti dalle
parti, ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento
dei
figli
in
misura
proporzionale al proprio
reddito" - sostenga la
possibilità che i genitori si
discostino da tale principio,
pur dovendo riconoscere che
nellapraticanonsonorarigli
accordi che prevedono, per
diversi motivi, l’accollo
dell’interomantenimentodel
figlio a carico di un solo
genitore.
9 .L’efficacia esecutiva dei
provvedimenti di natura
economicaafavoredeifigli.
I provvedimenti di natura
economica a favore dei figli
minori o maggiorenni non
autonomi economicamente,
emessi nell’ambito dei
procedimenti di separazione
e divorzio avanti il tribunale
ordinario,siainviaurgentee
provvisoria dal presidente e
dal g.i. che in via definitiva
dal
collegio,
sono
immediatamente efficaci ed
esecutivi.
Altrettanto
non
può
pacificamente affermarsi per
i provvedimenti a contenuto
economico a favore di figli
naturali,
emessi
nel
procedimento ex art. 317bis
c.c. di competenza del
tribunale per i minorenni
(477), nonostante recenti
pronunce
della
Corte
Costituzionale e di giudici
minorili siano pervenute ad
una soluzione positiva della
questione(478).
Le difficoltà relative
all’apposizionedellaformula
esecutiva sui decreti che il
tribunale per i minorenni
pronunciaalterminedituttii
procedimenti in camera di
consigliohannooriginedalla
espressione letterale dell’art.
474, comma 2, n. l) c.p.c.
che,
nell’individuare
i
provvedimenti
giudiziari
utilizzabili come titoli
esecutivi,indica"le sentenze
e i provvedimenti ai quali la
legge
attribuisce
espressamente
efficacia
esecutiva", escludendo così,
almeno apparentemente, i
decreti pronunciati ex art.
737ess.poichédaunaparte
non si tratta all’evidenza di
sentenze, dall’altra nessuna
delle disposizioni di quel
capo del codice attribuisce
espressamente
efficacia
esecutiva
ai
detti
provvedimenti.
Tuttavia stante il disposto
dell’art. 741 c.p.c. sulla
possibilità di immediata
efficacia dei provvedimenti
emessiincameradiconsiglio
– che consente l’esecuzione
coattaqualoraunoqualunque
dei soggetti interessati non
intenda
adeguarsi
spontaneamentealdettatodel
provvedimento – il giudice
costituzionale,
rilevata
“l’esigenza di colmare una
lacuna e riparare una
disparità evidente tra i
decreti che quantificano il
contributo di mantenimento
emessi dal tribunale per i
minorenni in favore dei figli
di genitori non coniugati e
l’esecutività
dei
provvedimenti
analoghi
assunti dal tribunale civile
ordinario per i figli di
genitoriconiugati” e di dare
u
n
a“interpretazione
costituzionalmente conforme
della norma censurata”
facendo ricorso all’analogia,
h aaffermato che va accolta
“la soluzione ermeneutica
che attribuisce efficacia di
titolo
esecutivo
ai
provvedimenti a contenuto
patrimoniale a favore dei
figlinaturalipronunciatidai
competenti tribunali per i
minorenni”. Tale soluzione
era stata adottata, prima
dell’intervento della Corte
costituzionale, da alcuni
giudici minorili che avevano
interpretato
il
termine
“efficacia”
in
modo
equivalente al termine
“esecutività”,
e
conseguentemente
autorizzano
l’apposizione
della formula esecutiva sui
provvedimenti emessi dalla
camera
di
consiglio,
riconosciuti a pieno titolo
come dotati di efficacia
esecutiva(479).
Altri giudici minorili
erano invece pervenuti alla
stessa conclusione con una
diversa motivazione, che
richiama
per
analogia
l’efficaciadititoloesecutivo
riconosciuta al verbale di
separazione
consensuale
omologato ex art. 711 c.p.c.,
ovvero
all’assegno
provvisorioalimentareexart.
446 c.c., e al decreto ex art.
148 c.c. che determina il
contributo al mantenimento
del figlio, e afferma che non
si possa ragionevolmente
negare la natura di titolo
esecutivo ai decreti emessi
daltribunaleperiminorenni
checontenganostatuizionidi
carattere
economico,
apparendo una contraria
interpretazione
manifestamenteillogicaoltre
che lesiva del principio di
eguaglianza e parità di
trattamentodeifigli(480).
1 0 .Il procedimento ex art.
148 c.c. in caso di
inadempimentodelgenitore.
L’art. 148 c.c., nella
seconda parte del comma 1,
estendel’ambitodeisoggetti
obbligati al mantenimento
dei figli, legittimi e naturali,
accollando agli ascendenti
l’oneredifornireaigenitori,
che ne siano privi, i mezzi
necessari affinché questi
ultimi possano assolvere ai
loro doveri nei confronti dei
figli.
L’obbligodegliascendenti
investe contemporaneamente
tutti gli ascendenti di pari
grado di entrambi i genitori,
e va inteso nel senso che la
loro
obbligazione
è
subordinata,
e
quindi
sussidiaria, rispetto a quella
primaria dei genitori, e che
non sia possibile rivolgersi
agli ascendenti per un aiuto
economico per il solo fatto
che uno dei due genitori non
dia il proprio contributo al
mantenimento dei figli, se
l’altro genitore è in grado di
mantenerli(481).
La stessa norma prevede,
al comma 2, un efficace
rimedio
all’ipotesi
dell’inadempimento,
consentendo che attraverso
l’agile strumento del decreto
emesso dal presidente del
tribunale, adottato su ricorso
proposto
dalla
parte
interessata e con l’audizione
del genitore inadempiente,
nonché sulla base di
informazioni, si ottenga il
risultato del versamento
diretto di una quota dei
redditi dell’obbligato al
coniuge o a chi sopporta le
spese per il mantenimento
dellaprole.
Lanormaèstatautilizzata
sia come mero strumento di
distrazione dei redditi,
mediante il trasferimento
coattodelcreditoattuatocon
l’ordine al terzo debitore
dell’obbligato di versare
quanto dovuto direttamente
all’altro coniuge o a chi
sopporta le spese di
mantenimento,
sia
per
ottenere la condanna del
coniugeodegliascendential
pagamento delle somme
dovuteafavoredeiminori.
Nell’ipotesi prevista dal
secondocommadell’art.148
c.c.,assimilabile,quantoagli
effetti,
all’espropriazione
presso terzi, il decreto è
pronunciato nei confronti
dell’obbligato e del terzo
debitore di quest’ultimo, al
quale si ingiunge di versare
ad un altro soggetto una
quota
dei
redditi
dell’obbligato. Il decreto
costituiscetitoloesecutivoed
èopponibiledallepartiedal
terzo nei venti giorni dalla
notifica, ma non è idoneo
all’iscrizione di ipoteca
giudiziale sui beni del terzo
stesso(482).
Seildecretoèpronunciato
neisoliconfrontidelgenitore
o dell’ascendente di questi,
affinché versi le somme
destinate al mantenimento
dei figli, si instaura un
procedimento del tutto
analogo a quello monitorio,
anche
nella
fase
dell’opposizione.
Il
provvedimento ai sensi
dell’alt.148c.c.,pronunciato
nei confronti del solo
obbligato inadempiente è un
decreto ingiuntivo esecutivo
ex lege che, in quanto tale,
costituisce
titolo
per
l’iscrizione
dell’ipoteca
giudiziale, in applicazione
dell’art.655c.p.c.(483).
11 .Le misure sanzionatorie
in caso di inadempimento,
previste dall’art. 709 ter,
comma2,c.p.c..
La
legge
54/06
ha
introdotto con il nuovo art.
709ter,comma2,c.p.c.(484)
misure sanzionatorie nei
confronti del genitore che
tenga un comportamento di
grave
inadempienza
o
pregiudizievole al figlio
minore.
La norma rappresenta una
risposta all’esigenza di
assicurare l’effettivo rispetto
dei
provvedimenti
del
giudicecircal’eserciziodella
potestà genitoriale e le
modalità dell’affidamento
(485).Recentegiurisprudenza
ritiene applicabile l’art. 709
ter,comma2,c.p.c.ancheai
casi di inadempimento
dell’obbligo
di
mantenimento dei figli,
tenuto conto che l’esercizio
della potestà comporta
l’assunzione di decisioni che
possono
avere
riflessi
economici, e il nuovo art.
155 c.c. considera come
strettamente connessi il
profilo dell’affidamento e
quello del mantenimento del
minore(486).
In effetti, la norma
sanziona gli “atti che
comunque
arrechino
pregiudizioalminore ” o che
“ostacolino il corretto
svolgimento delle modalità
dell’affidamento”, e in tale
ottica vanno comprese,
anche, le violazioni d’ordine
economico, atteso che la
sufficienza
di
risorse
economiche è condizione
indispensabile
di
esplicazione e sviluppo della
personalitàdelminore.
Dottrina e giurisprudenza
concordano sulla natura
sanzionatoria delle misure
previste da questa norma, e
sulla loro funzione di
coazione anche psicologica
rispetto
all’adempimento
degli obblighi genitoriali
(487).
In particolare sulla natura
giuridica
della
“responsabilità” del genitore
che
con
il
proprio
comportamento
illecito
arrecadanniaiminoriovvero
all’altro
coniuge,
la
giurisprudenza di merito ha
sostenuto che si tratti di una
lesione di una aspettativa
legittima, inerente alla
relazione parentale. Si è
ancheprecisatochelemisure
sanzionatorie
previste
dall’art. 709ter cpc hanno
una finalità di prevenzione,
in quanto la minaccia della
sanzionedovrebbefungereda
deterrentealcommettereatti
pregiudizievoli per i minori,
ovvero inosservanti dei
provvedimenti assunti in
ordine all’esercizio della
potestà genitoriale o in
ordine
alle
modalità
dell’affidamento,
travalicando il limite di un
rapporto
strettamente
privatisticoedinterpersonale
all’interno
del
nucleo
familiare,edapprodandocosì
sudiunaspondadirilevanza
pubblicistica e di estrema
tutela delle aspettative
scaturenti dalle relazioni
parentali(488).
Ladottrinaprevalentepure
sottolinealafinalitàpunitiva
delle misure risarcitorie
previste dall’art. 709ter,
comma 2, c.p.c., configurate
come una pena privata che
non
si
sovrappone
all’ordinariorisarcimentodel
danno (489), e sostiene che
sia
necessario
fare
riferimento al solo criterio
dellagravitàdellacondotta,e
non alle conseguenze della
stessa(490).
Le sanzioni previste
dall’art. 709ter, comma 2,
c.p.c.
possono
essere
applicate anche dal tribunale
per i minorenni nei
procedimenti"relativi a figli
di genitori non coniugati",
pereffettodiquantodispone
l’art.4dellal.54/06.
Quanto
ai
profili
processuali, i provvedimenti
de quo sono adottabili dal
collegio come dal giudice
istruttore, considerato che
questi puòex art. 155sexies,
comma 1, pronunciare in via
provvisoria i provvedimenti
riguardo ai figli e, in
particolare
quei
provvedimenti atipici di cui
all’art. 155, comma 2, c.c.
(491).
Ladomandasaràproposta,
nelcorsodelprocedimentodi
separazione o divorzio, con
ricorso ex art. 709ter c.p.c.
al g.i. per l’applicazione di
sanzioni conseguenti la
violazione di una statuizione
contenuta
nell’ordinanza
presidenziale, o in un
provvedimento del g.i.
stesso. Si dovrà invece
attivare il procedimento
camerale ex art. 710 c.p.c.
quando
l’inottemperanza
riguarda
prescrizioni
contenute in sentenze di
separazione o divorzio o nel
verbale di separazione
consensuale.
Tali
provvedimenti,
esaurita la fase del reclamo,
non appaiono ricorribili per
cassazione,purcoinvolgendo
diritti fondamentali della
persona (dovere-diritto dei
genitori
di
mantenere,
educare, istruire i figli, e
correlativi diritti del figlio
stesso), non assumendo
contenuto decisorio, ma
attenendo
piuttosto
al
controllo esterno sulla
potestà; né essi hanno
carattere di definitività,
potendo essere sempre
riproposte le questioni con
successivoricorso(492).
12.Glistrumentidigaranzia
dell’assegnoperifigli.
Lemisureprevisteatutela
dell’obbligo
di
mantenimento del coniuge
nel
procedimento
di
separazione e divorzio sono
applicabili anche al fine di
garantire
l’adempimento
degli obblighi di natura
economica nei confronti dei
figli.
Trovano
pertanto
applicazioneirimediindicati
nell’art. 156 c.c. (493) e
nell’art. 8 l. div., in favore
dei figli, sia legittimi che
naturali(494).
In particolare, il richiamo
all’art. 155 c.c. operato
dall’art. 156, comma 4, c.c.,
rende evidente che i rimedi
previsti da tale disposizione
trovano applicazione anche
conriguardoagliassegniper
i figli, pur residuando,
secondo la dottrina, qualche
dubbio circa l’assegno per i
figli maggiorenni, posto che
l’art. 156 c.c., non toccato
dalla riforma del 2006, non
fa riferimento all’art. 155quinquiesc.c.(495).
CAPITOLOXII
LADETERMINAZIONE
DELL’ASSEGNOPERI
FIGLI
SOMMARIO: 1. I criteri di
riferimento
per
la
quantificazione dell’assegno. –
1.1. Le “attuali esigenze” del
figlio. –1.2 Il tenore di vita
godutodalfiglioincostanzadi
convivenzadeigenitori.–1.3.I
tempi di permanenza presso
ciascun genitore. –1.4. Le
risorse
economiche
dei
genitori. –1.5. La valenza
economica
dei
compiti
domestici e di cura assunti da
ciascun genitore.
–2.
L’accertamento dei redditi dei
genitorieleindaginidipolizia
tributaria.
–3. Le spese
straordinarie. –4. Modalità di
corresponsione e decorrenza
dell’assegno periodico. –5.
L’adeguamento
automatico
dell’assegno.
–6.
La
contribuzione al mantenimento
deifigliconaltremodalità. –7.
La revisione dell’assegno. –8.
La cessazione dell’obbligo di
mantenimento.
1.Icriteridiriferimentoper
la
quantificazione
dell’assegno.
L’assegno periodico di
mantenimento per i figli è
determinato dal giudice
secondo i criteri indicati dal
novellato art. 155 c.c., così
da realizzare il principio di
proporzionalità
secondo
quanto
disposto
anche
dall’art. 148 c.c., che si
riferisce alle “sostanze” ed
alla capacità di lavoro
professionale e casalingo dei
genitori(496).
La
l.
54/06
ha
opportunamente integrato i
criteri indicati nell’art. 148
c.c.,
precisando
dettagliatamenteglielementi
di natura personale ed
economica che il giudice
deve considerare per la
quantificazione dell’assegno
periodico: le attuali esigenze
del figlio; il tenore di vita
goduto dal figlio in costanza
diconvivenzaconentrambii
genitori; i tempi di
permanenza presso ciascun
genitore;
le
risorse
economiche di entrambi i
genitori;
la
valenza
economica dei compiti
domesticiedicuraassuntida
ciascungenitore.
Comeèstatoosservato,lo
specifico riferimento al
principio di proporzione e la
puntuale indicazione dei
criteri in base ai quali la
proporzione va valutata,
rendono“inequivoco”che“la
proporzionalità costituisce
una clausola generale” che
implica il riferimento a
parametri che devono essere
oggetto di accertamento, se
del caso anche attraverso
l’uso dei poteri istruttori
d’ufficio del giudice, e
quindi “della valutazione e
del bilanciamento al quale
consegue il giudizio circa
l’esistenza
della
proporzionalità”(497).
Il criterio del reddito
espressodall’art.148c.c.,nel
contestonormativoriformato
dalla l. 54/06, cessa pertanto
di essere l’unico parametro
di riferimento, e costituisce
orail“parametroimmediato,
in relazione al quale deve
essere
valutata
la
proporzionalità
tra
il
contributo dei due genitori
perilmantenimentodeifigli,
e, dall’altro, costituisce il
principio base, entro il cui
ambito e limiti i cinque
criteri,
con
funzione
integrativa,sonodestinatiad
operare”(498).
Risultaevidentechenonvi
sono
più
spazi
per
valutazionidiequitàdaparte
del giudice, tenuto ad
accertareevalutareunaserie
di elementi di natura sia
personale che economica e
patrimoniale, che la legge
stessaindica(499).
1.1.Le“attualiesigenze”del
figlio.
Le esigenze dei figli
devono
essere
dedotte
tenendo conto dell’età, della
loro situazione personale,
dell’ambiente sociale in cui
vivono i genitori, delle
modalità della loro vita
quotidiana(500).
I figli, nelle loro diverse
fasi di crescita e di sviluppo
della personalità, hanno
esigenze molteplici, che non
si riferiscono ai soli bisogni
alimentari, ma anche a
quanto loro necessita in
relazione
all’assetto
abitativo, all’istruzione ed
educazione, alla salute,
all’attività ricreativa e
sportiva, per sviluppare
appieno la loro persona sia
sotto il profilo fisico che
psicologico(501).
Si
deve
comunque
realizzarequantoprescrivel’
art. 147 c.c., che impone ai
genitori
di
adempiere
all’obbligodelmantenimento
dei figli tenendo conto delle
loro inclinazioni, aspirazioni
e capacità, e pertanto
“l’attualità” delle esigenze
cui fa riferimento la norma
deveessereinterpretatanella
prospettiva dello specifico
progetto di educazione e
crescitadeifigli,nelcontesto
sociale ed economico di
appartenenza dei genitori. Il
provvedimento del giudice
viene
adottatorebus sic
stantibus ed è pertanto
soggettoarevisione,nelcaso
sopravvengano
nuovi
elementidifatto.
1.2.Il tenore di vita goduto
dal figlio in costanza di
convivenzadeigenitori.
Il
tenore
di
vita
precedentemente goduto dal
figlio, durante la convivenza
dei genitori, costituisce solo
uno dei parametri di
valutazione,checoncorrecon
gli altri criteri indicati dagli
artt. 148 e 155 c.c. a
determinare l’assegno a suo
favore.
Le valutazioni sul tenore
di vita, che devono essere
effettuate dal giudice nella
determinazione dell’assegno
perilfiglio,sonoanaloghea
quelle già svolte nei
precedenti
capitoli,
in
relazione all’assegno a
favoredelconiugeseparatoe
divorziato. Il tenore di vita
cui fare riferimento sarà
pertanto
quello
corrispondente alle risorse
economiche dei genitori e
tendenzialmenteanalogo,per
quanto possibile, a quello
godutoinprecedenza(502).
Le esigenze del figlio, i
bisogni, le abitudini, le
legittime aspirazioni di
questi, e in genere le sue
prospettive di vita - non
potranno
non
essere
condizionate dal contesto
sociale, oltre che dallo
standardeconomico,incuiil
figlio ha vissuto con i
genitori(503).
1.3.I tempi di permanenza
pressociascungenitore.
Nellospiritodellal.54/06,
che valorizza il principio di
bigenitorialità e l’attivo
svolgimento
del
ruolo
genitoriale, i tempi di
permanenza del figlio presso
ciascun genitore assumono
particolare rilevanza ai fini
della
quantificazione
dell’assegno(504).
La permanenza presso il
genitorenoncollocatarioche
siprotraggaperalcunigiorni
durante la settimana, oltre il
canonico
week
end
quindicinale,einparimisura
con il genitore collocatario
durante i periodi di vacanza
scolastica, comporta un
mantenimento diretto da
parte del genitore non
collocatariointaliperiodi,di
cui il giudice deve tener
conto nella quantificazione
dell’assegno periodico da
corrispondersi
all’altro
genitore.
Tale valutazione potrà, o
meno, comportare una
riduzione dell’importo o
delle mensilità dell’assegno,
in quanto la rilevanza del
tempo deve essere correlata
agli altri criteri indicati
dall’art. 155 c.c. e al reddito
deigenitori.
L’applicazionedell’attuale
normativa in relazione al
criterio del tempo di
permanenza del figlio presso
ilgenitorenoncollocatariosi
pone in un’ottica nuova e in
un contesto diverso rispetto
alla questione relativa al
mancato adempimento della
corresponsione dell’assegno
al genitore affidatario nel
periodo coincidente con la
vacanza estiva del figlio con
il genitore non affidatario,
che era stata in passato
oggetto
di
numerose
pronunce. All’epoca, la
giurisprudenza di legittimità
riteneva che l’obbligo di
pagamento dell’assegno di
mantenimento dei figli non
veniva meno nei periodi di
vacanzadeglistessipressoil
genitore non affidatario, pur
facendo salva in alcuni casi
la richiesta di una riduzione
proporzionaledell’assegnoin
relazione alla quantità e
soprattutto alla durata del
soggiorno dei figli presso
questi(505).
1.4.Lerisorseeconomichedi
entrambiigenitori.
Nella
determinazione
dell’assegno
di
mantenimento per i figli, il
giudice deve tenere conto
delle risorse economiche
individualideigenitori.
Conservano piena validità
i principi elaborati dalla
giurisprudenza di legittimità
nella
vigenza
della
precedente normativa con
riferimento ai criteri indicati
dall’art. 148 c.c., e pertanto
la capacità economica dei
genitori deve essere valutata
in ragione del complessivo
patrimonio di ciascuno,
costituitooltrechedairedditi
di lavoro subordinato o
autonomo, da ogni altra
forma di reddito o utilità,
quali il valore dei beni
mobilioimmobiliposseduti,
le quote di partecipazione
sociale, i proventi di
qualsiasi natura percepiti
(506).
A differenza di quanto
avvienenelladeterminazione
dell’assegno spettante al
coniuge
separato
o
divorziato,laquantificazione
dell’assegnoperifiglinonsi
fonda su una rigida
comparazione
della
situazione patrimoniale di
ciascun coniuge, ma sulla
valutazione globale di più
elementi,comeindicatinegli
artt.148e155c.c.(507).
Il giudice dovrà pertanto
valutare anche la capacità di
lavoro, professionale o
casalingo,
di
ciascun
genitore, e valorizzare le
accertate
potenzialità
redditualideiconiugi(508).
D’altrocanto,dovràaltresì
tenere presenti gli oneri
economici che gravano su
ciascun genitore, quali le
spese per far fronte alle
proprieesigenzeabitativeoil
mantenimentodialtrifigli.
La giurisprudenza, di
legittimità e di merito, ha
evidenziato che ai fini della
determinazione
dell’ammontare dell’assegno
dimantenimentoafavoredei
figli, è legittimo tener conto
dellavocedispesacostituita
dall’importo del canone
necessario per la locazione
della casa di abitazione, sia
per
il
genitore
non
collocatario
che
ha
presumibilmente
dovuto
lasciarelacasafamiliare,sia
per il genitore collocatario,
considerato anche che grava
su entrambi i genitori
l’obbligo di contribuire
all’opportuna
predisposizionediunastabile
organizzazione
domestica
idonea a soddisfare le
necessità dei figli presso
ciascungenitore(509).
Quanto all’obbligo di
provvedere al mantenimento
dei figli naturali avuti da
un’altra
unione,
la
giurisprudenzaèorientataad
ammetterecheilgiudicenon
puòtrascurarediconsiderare,
nel valutare la capacità
patrimoniale del genitore,
anche gli obblighi di natura
economica che incombono
per legge su questi per il
mantenimentodialtrofiglio,
nato fuori dal matrimonio
(510).
Tuttavia, in relazione a
intervenuti mutamenti delle
condizioni economiche e di
vita dei genitori, si è anche
sostenuto che il solo
cambiamento
della
condizione familiare del
genitore tenuto all’assegno
per la formazione di una
nuova famiglia, e le sue
accresciute responsabilità,
non
comprovano
una
modificadellesuecondizioni
economiche
e
non
legittimano di per sé una
diminuzione del contributo
perilmantenimentodeifigli
nati in precedenza, poiché la
costituzione di un nuovo
nucleo
familiare
è
espressione di una scelta e
non di una necessità e lascia
inalteratalaconsistenzadegli
obblighi nei confronti della
prole(511).
Nessuna rilevanza ai fini
della determinazione o della
revisione dell’assegno per i
figli, assume poi la
convivenza del genitore,
collocatario o meno, con
altrapersona.Nelcasocheil
genitore collocatario goda di
prestazioni economiche da
parte del proprio convivente,
non muta la portata
dell’obbligodelgenitorenon
collocatario di contribuire al
mantenimento dei figli, non
potendo lo stesso giovarsi di
eventuali condizioni di
favore esistenti nei rapporti
tra l’altro genitore ed il
conviventemedesimo,tenuto
anche conto della precarietà
di tali rapporti, privi di
adeguata tutela giuridica
(512). Qualora sia il genitore
non collocatario a convivere
more uxorio con altra
persona,
non
potrà
ugualmente
far
valere
l’eventualeonereeconomico,
gravante su di lui, per il
mantenimento
della
convivente(513).
1 . 5 .La valenza economica
dei compiti domestici e di
cura assunti da ciascun
genitore
Il novellato art. 155 c.c.
valorizza il ruolo svolto da
ciascun genitore nella cura e
crescitadeifigli,attribuendo
un valore economico ai
compiti
domestici
e
all’accudimentodellaprole.
È un riconoscimento
importante sotto il profilo
sociale e culturale, che
consente di dare valore alla
scelta di privilegiare la cura
deifigli,soprattuttoditenera
età, rispetto ad una attività
extradomestica,cosìcomeal
tempo dedicato alla loro
cura.
L’attribuzione di valore ai
compiti domestici e di cura
non riguarda tuttavia il solo
parametro del “tempo”,
dovendosi necessariamente
effettuare una valutazione
qualitativadeicompiticheil
genitore
svolge,
quotidianamente, o nel fine
settimana o in periodi di
vacanza.
Nella cura quotidiana dei
figli sono infatti ricomprese
attività che riguardano il
soddisfacimento di loro
esigenze materiali primarie
(preparazione dei pasti, cura
dell’abbigliamento,deilocali
domestici, attività ludiche),
la vicinanza fisica ed
emotiva con condivisione o
compartecipazione
agli
eventi della quotidianità, ma
ancheoneriqualiilportare,o
riprendere,ifigliascuolaad
ore
fisse;
l’accompagnamento
ad
attività
extrascolastiche;
l’ausilio nell’esecuzione dei
compiti scolastici e nello
studio;l’accompagnamentoa
visite mediche, ad esami
diagnostici, ed altro ancora
(514). Attività che sono
qualitativamente diverse da
quelle ludiche che vengono
prevalentemente svolte nei
giornifestivieinvacanza.
2.L’accertamentodeiredditi
dei genitori e le indagini di
poliziatributaria.
La
normativa
che
disciplina il procedimento di
separazione e di divorzio
prevedel’obbligoperciascun
genitore di dare al giudice
ogni informazione sulle
proprierisorseeconomiche.
Questodoverediveridicità
(515), che deve essere
adempiuto
mediante
allegazione al ricorso e alla
memoria difensiva delle
ultime dichiarazioni dei
redditi presentate, è previsto
sia dall’art. 706, comma 3,
c.c.,chedall’art.4,comma6,
l.div..
La l. 54/06 è poi
intervenuta
rimodulando,
all’art.155,comma6,c.c.,il
poteredelgiudicedidisporre
accertamenti di polizia
t r i but a r i a ,sino ad oggi
previsto e regolamentato
dall’art. 5, comma 9, l. div.,
che veniva applicato per
analogia al procedimento di
separazione personale. Ai
sensi dell’ultimo comma
dell’art. 155 c.c., se le
informazioni di carattere
economico
fornite
dai
genitori
non
risultano
sufficientemente
documentate, il giudice
dispone un accertamento
della polizia tributaria sui
redditi e sui beni oggetto
della contestazione, anche se
intestati a soggetti diversi.
L’estensione delle indagini
della polizia tributaria
rispetto ai terzi costituisce
una innovazione introdotta
dalla l. 54/06, e può essere
dispostasoloquandositratta
di accertamenti reputati dal
giudice necessari data la
presenza di figli cui
provvedere(516).
Circa
i
presupposti
richiestidallaleggeperchéle
indagini di polizia tributaria
possano essere autorizzate,
sussistono ogni volta che sia
registrabile una significativa
discrasiatralerisultanzedei
documenti
di
natura
economica prodotti dalle
partiequantoemerge,anche
in via indiziaria, da altre
acquisizioniprocessualicirca
il tenore di vita goduto in
costanza di matrimonio o,
piùingenerale,lasituazione
patrimoniale della famiglia
(517).
3.Lespesestraordinarie.
La l. 54/06 nulla ha
previsto circa le c.d. spese
straordinarie a favore dei
figli, che di prassi sono
indicate negli accordi tra i
genitori,
come
nei
provvedimenti
giudiziari,
quali oneri integrativi del
mantenimento diretto o
dell’assegno periodico, posti
a carico di entrambi i
genitori,inmisuraparitariao
proporzionale al reddito di
ciascuno.
La questione delle spese
straordinarieèspessomotivo
di contenzioso tra i genitori,
non essendovi certezza nella
legge sulla definizione di
“spese straordinarie”, sulla
lorospecificaindividuazione,
sulla rilevanza o meno del
consenso del genitore non
collocatario
tenuto
al
rimborso, ed essendo molto
gravosol’iterprocessualeper
il recupero delle somme
dovute al genitore che le ha
anticipate.
In ordine alla definizione
di “spese straordinarie”, la
giurisprudenza di legittimità
ha precisato che trattasi di
quegli
oneri
che
si
ricollegano
ad
eventi
eccezionali ed imprevedibili
che non rientrano nella
consuetudine e nelle normali
esigenzedivitadeifigli,con
particolare riferimento alla
salute (518), e che non
possono considerarsi esigui
in relazione al tenore di vita
della famiglia, secondo le
capacità economiche dei
genitori.
È stata posta in evidenza
ancheladistinzionetraspese
straordinarie e spese inerenti
le decisioni di maggior
interesse per i figli,
sostenendo che solo in
relazione a queste ultime si
renderebbe imprescindibile
la necessità del previo
consenso dell’altro genitore,
decisivo per il sorgere del
diritto al rimborso, fatte
salvelesituazionidiurgenza
(519).
La giurisprudenza di
legittimità
ha
tuttavia
recentemente affermato che
“l’art. 155 cod. civ., nel
rimetterealledeterminazioni
di entrambi i coniugi le
scelte di maggior interesse
per i figli, non impone,
riguardo ad esse, alcuno
specifico
onere
di
informazione al genitore
affidatario, dovendo tale
onere
ritenersi
implicitamente gravante su
quest’ultimo…nelsolocaso
in cui l’informazione sia
necessaria
affinchè
il
genitore non affidatario
possa partecipare alla
decisione con riguardo ad
eventi
eccezionali
ed
imprevedibili. Ne consegue
che, nelle scelte "di maggior
interesse"
della
vita
quotidiana del minore quali, di regola, quelle
attinenti alla sua istruzione
… ciascun genitore, in ogni
casoedinognitempo,haun
autonomo potere di attivarsi
nei confronti dell’altro per
concordarne le eventuali
modalità, e, in difetto,
ricorrere
all’autorità
giudiziaria”(520).
Negli
accordi
di
separazione e divorzio, o di
cessazione della convivenza
moreuxorio,lepartihannola
tendenzaaricomprenderetra
le “spese straordinarie” un
insieme generico di spese
relative alla frequentazione
scolastica (libri, gite, etc.), a
corsi di studio all’estero,
lezioniprivate,sport,attività
ludicheericreative,oltreche
a
cure
mediche,
specialistiche o meno, esami
clinici, acquisto di farmaci,
etc.. Spesso queste spese
vengono forfettizzate ed
integrate
nell’assegno
periodico, soluzione che
consente
di
prevenire
situazioni conflittuali tra i
genitori,
ma
lascia
inevitabilmente prive di
tutela
situazioni
imprevedibili che potrebbero
essere
finanziariamente
onerose.
Nei provvedimenti emessi
dal giudice, di regola tali
spese non vengono incluse
forfettariamentenell’assegno
periodico in quanto sono
difficilmente quantificabili
preventivamenteesoggettea
variazioni anche sensibili. Il
giudice, considerata la
situazione
personale
e
patrimonialedeigenitoriele
loro domande processuali,
nonché tenute presenti le
esigenze dei figli, può
disporre, a titolo integrativo
dell’assegno periodico, la
suddivisione delle spese
straordinarietraigenitori,in
misura
paritaria
o
diversamenteproporzionale.
In mancanza di uno
specifico provvedimento del
giudice in ordine alla
suddivisione delle spese
straordinarie o all’obbligo
del genitore non collocatario
di contribuire pro quota a
dette
spese,
costante
giurisprudenza ritiene che
tale omissione di pronuncia
non può che essere
interpretatacomeobbligoper
entrambi i genitori di
contribuire in pari misura
allespese(521).
Nei casi in cui, come
prevede di regola l’art. 155
c.c., l’esercizio della potestà
permanga in capo ad
entrambi i genitori, la
decisione in merito alla
necessità
delle
spese
straordinarieealmodoincui
debbano essere affrontate,
compete agli stessi, ed
eventuali controver- sie
saranno risolte ricorrendo
alla procedura indicata
dall’art.709-terc.p.c.(522).
Il provvedimento che
dispone
l’obbligo
al
pagamento pro quota delle
spese straordinarie, non
costituiscetitoloesecutivoai
sensidell’art.474c.p.c.,non
potendo il predetto obbligo,
chenullaspecificarispettoal
quantum debeatur, essere
considerato un diritto certo,
liquidoedesigibile(523).
Né
il
giudice
dell’esecuzione può svolgere
qualsivoglia
attività
istruttoria
diretta
all’accertamento e alla
quantificazione del credito,
essendo la parte priva di
titoloesecutivo.
Secondo l’orientamento
giurisprudenziale
maggioritario,ilgenitoreche
ha
anticipato
spese
straordinarie per i figli, che
l’altro obbligato non intende
riconoscere, dovrà, al fine di
legittimare
l’esecuzione
forzata ex art. 474 c.p.c.,
munirsi di un valido titolo
esecutivo rivolgendosi al
giudice ordinario, il quale
accerterà la natura di spesa
straordinaria sostenuta, così
da verificare l’avveramento
dell’evento futuro e incerto
cui è subordinata l’efficacia
dellacondanna(524).
Anchenell’attualevigenza
della
normativa
che
privilegia
l’affidamento
condiviso
permangono
dunque delle difficoltà, in
particolare quando viene
concordato o disposto il
mantenimento diretto, che
fanno ritenere opportuno un
provvedimentocheindividui,
in modo chiaro ed analitico,
le spese che esulano dalla
quotidianità, fissando altresì
le percentuali di ripartizione
tra i genitori, che devono
rispecchiare le rispettive
capacitàcontributive(525).
Una recente pronuncia
della Suprema Corte ha
tuttavia sostenuto un diverso
orientamento, affermando
che “il provvedimento con il
quale,insedediseparazione,
si stabilisce che il genitore
non affidatario paghi, sia
pure "pro quota", le spese
mediche
e
scolastiche
ordinarie relative ai figli
costituisce idoneo titolo
esecutivo e non richiede un
ulteriore intervento del
giudiceinsededicognizione,
qualora il genitore creditore
possa
allegare
e
documentare
l’effettiva
sopravvenienza degli esborsi
indicati nel titolo e la
relativa entità, salvo il
diritto dell’altro coniuge di
contestare l’esistenza del
credito
per
la
non
riconducibilità degli esborsi
a spese necessarie o per
violazione delle modalità
d’individuazione dei bisogni
delminore”(526).
4
.Modalità
di
corresponsione e decorrenza
dell’assegnoperiodico.
Qualora
il
giudice
dispongalacorresponsionedi
unassegno,sitratteràdiuna
somma fissa da erogarsi
periodicamente, ogni mese,
al genitore presso il quale il
figlio è collocato, da
intendersi quale rata mensile
di un importo annuale,
determinato tenendo conto
dei criteri indicati dagli artt.
148 e 155 c.c. (527). Potrà
anche essere disposta o
concordata,
come
frequentemente avviene, una
forma
“mista”
di
adempimento,dovel’assegno
periodico viene integrato
dall’assunzione diretta da
parte di un genitore di
specifici capitoli di spesa
(abbigliamento, o spese
scolastiche, spese mediche,
etc.).
Non è da escludersi la
possibilità di un accordo tra
le
parti
o
di
un
provvedimento giudiziario
che limiti l’erogazione
temporale
dell’assegno,
prevedendone ad esempio la
sospensioneduranteunlungo
periododivacanzeestivedel
figlio con il genitore non
collocatario.
Recente
giurisprudenzadilegittimità,
successiva all’entrata in
vigore della l. 54/06, pur
confermando il pregresso
consolidato orientamento,
secondo cui il pagamento
dell’assegno per i figli non
può essere sospeso nei
periodi in cui gli stessi
vivanopressoilgenitorenon
affidatario, né quest’ultimo
può ritenersi sollevato
dall’obbligo
di
corresponsione dell’assegno
medesimoperiltempoincui
i minori si trovino presso di
lui ed egli provveda,
pertanto, in modo esclusivo,
al loro mantenimento, ha
ammessochelaquantitàela
durata dei periodi nei quali i
figli vivono con il genitore
non affidatario, possono
giustificare una riduzione
proporzionale della misura
delcontributo(528).
L’assegno
per
il
mantenimento dei figli
decorre dalla data della
domanda
proposta
dal
genitore nel procedimento di
separazioneodivorzio,atteso
che i diritti ed i doveri dei
genitori verso la prole non
subiscono alcuna variazione
a seguito della pronuncia di
separazione o di divorzio,
rimanendoidenticol’obbligo
di ciascuno dei coniugi di
contribuire, in proporzione
delle
sue
capacità,
all’assistenza
e
al
mantenimentodeifigli,dalla
loro nascita (529). Analogo
principio vale per i genitori
naturali,
tenuti
al
mantenimento dei figli fuori
dalmatrimonio.
5.L’adeguamentoautomatico
dell’assegno.
Il novellato art. 155,
comma 5, c.c. dispone che
"l’assegno
è
automaticamente adeguato
agliindiciISTATindifettodi
altro parametro indicato
dallepartiodalgiudice".
Questa
disposizione
consente di mantenere il
contributo del genitore al
mantenimento dei figli
concretamente
attuale
nonostante l’aumento del
costodellavita,riducendola
necessità di ricorrere in
giudizio,nelcorsodeltempo,
perlarevisionedell’assegno.
Lal.54/06hacosìcolmato
una
lacuna
normativa
esistentenelprocedimentodi
separazione personale dei
coniugi, che non prevedeva
l’adeguamento automatico
dell’assegno, e al quale
veniva quindi applicato per
analogia quanto disposto in
meritodall’art.6,comma11,
l.div.(530).
Tuttavia,volendofarsalva
la libertà delle parti di
concordare un criterio di
adeguamento dell’assegno
perifigli,l’art.155,comma
5,c.c.prevedel’applicazione
dell’indice Istat solo “in
difetto” di altro parametro
indicato dalle parti o dal
giudice,conciòponendosiin
contrasto con la disciplina
dell’art.6,l.div.,secondola
quale
il
criterio
di
adeguamento
automatico
dell’assegno deve essere
determinato “almeno” con
riferimentoagliindiciIstat.
In ogni caso, il giudice
devedecidere“con esclusivo
riferimento
all’interesse
morale e materiale” della
prole, e non può ritenere
legittimi accordi tra i
genitori contrari a tale
interesse, anche sotto il
profilo di una indicizzazione
nonadeguataall’aumentodel
costo della vita e alla
conseguente soddisfazione
delleesigenzedeifigli.
6 .La contribuzione al
mantenimento dei figli con
altremodalità.
L’obbligo
di
mantenimento dei figli
minori, o maggiorenni non
autonomi economicamente,
può essere adempiuto dai
genitori, in sede di
separazione personale o
divorzio, anche mediante un
accordo che attribuisca ai
figli la proprietà di beni
mobili od immobili, o
impegni l’uno o entrambi ad
effettuare tali attribuzioni
patrimoniali.
La
giurisprudenza,
nell’ammettere la validità di
tali accordi, ha precisato che
non si tratta di una
donazione, bensì costituisce
applicazione del principio,
stabilito dall’art. 1322 c.c.,
della libertà dei soggetti di
perseguire con lo strumento
contrattuale
interessi
meritevoli di tutela secondo
l’ordinamento
giuridico
(531).
L’accordo, se recepito nel
provvedimento
di
separazione o di divorzio,
comporta l’immediata e
definitiva acquisizione al
patrimonio dei figli della
proprietàdeibenichel’unoo
entrambi i genitori abbiano
loro attribuito o si siano
impegnatiadattribuire,enon
èsoggettonéallarisoluzione
per inadempimento, a norma
dell’art. 1453 c.c., né
all’eccezione
d’inadempimento, ai sensi
dell’art.1460c.c.(532).
L’obbligo assunto dal
genitore di attribuire ai figli
la proprietà di un bene,
sanzionatoinformaspecifica
dall’art. 2392 c.c., è
trasmissibile agli eredi del
promittente, in quanto trova
il suo titolo non già nella
prestazionedimantenimento,
che, nei limiti costituiti dal
valoredeibeniattribuitioda
attribuire
è
convenzionalmente liquidata
e sostituita dall’impegno
negoziale, ma nell’accordo
chel’haestinta(533).
Altre
modalità
di
adempimento dell’obbligo di
mantenimento
sono
configurabili,
quali
l’attribuzione diretta ai figli
deifruttidibeniecapitali,o
la corresponsione di una
somma in unica soluzione,
con la sola avvertenza che
una tale ipotesi può avere
un’efficacia solorebus sic
stantibus e non può
considerarsidefinitiva(534).
Si è anche ritenuto che
l’obbligo di mantenimento
possaessereadempiutoconil
trasferimento da un genitore
all’altrodibeniimmobilisui
quali sia stato apposto un
vincolo di destinazione ex
art. 2645-ter c.c. (535), che
consenta di sottrarre i beni
medesimi
alla
libera
disponibilità del genitore,
"impegnando gli stessi al
preminenteinteressedeifigli
(peraltro, attenuando il
rischio di espropriazione da
partedieventualicreditori)"
(536).
La stessa finalità di
“separatezza dei beni” e
tutela dei figli beneficiari
rispetto ai terzi può essere
realizzataconl’istituzionedi
untrust(537),concordatatra
i genitori in sede di
separazioneodivorzio(538).
7.Larevisionedell’assegno.
L’art.
155- ter
c.c.,
introdotto dalla l. 54/06,
riconosceildirittodiciascun
genitore di chiedere in ogni
tempo la revisione delle
disposizioni relative alla
misura e alla modalità del
contributo al mantenimento
deifigli.
La revisione dell’assegno
perifiglinonrichiedecome
presupposto
la
sopravvenienzadigiustificati
motivi,comeinvecerichiesto
dall’art. 156 c.c. per la
modifica dell’assegno di
mantenimento per il coniuge
separato e dall’art. 9 l. div.
per la revisione dell’assegno
didivorzioperl’exconiuge.
La necessità di modificare
la misura e la modalità del
contributo economico dei
genitori può infatti essere
determinata anche da nuove
valutazioni di circostanze
preesistenti o da fatti nuovi,
o da altre considerazioni
nell’interessedeifigli(539).
Laddove si richieda un
aumento
dell’assegno
motivato dalle maggiori
esigenze
di
vita
ed
economiche del figlio,
palesemente
determinate
dalla sua crescita, non si
ritiene
necessaria
una
specifica prova di tale
circostanza,
considerata
notoria(540).
Viceversa, si ritiene che il
giudice di merito non possa
accogliere
l’istanza
di
riduzione
dell’importo
dell’assegno
di
mantenimento, motivata dal
solofattodelraggiungimento
della maggiore età del figlio
(541).
Né la formazione di una
nuova famiglia legittima di
per sé una diminuzione del
contributo
per
il
mantenimento dei figli nati
in precedenza, in quanto
lascia
inalterata
la
consistenza degli obblighi
nei confronti degli stessi
(542). Tuttavia, il giudice
deve indubbiamente tenere
conto,“inmisuraconsonaal
tenore di vita delle parti”,
dell’obbligo
di
mantenimento dei figli nati
da una nuova relazione che
una di esse abbia iniziato
(543).
Nel caso in cui sia
intervenuta una modifica di
fatto del collocamento del
figlio, e il genitore
affidatario o collocatario
abbia consentito al figlio
minorediandareaviverecon
l’altro genitore, lo stesso è
tenuto a concorrere al suo
mantenimento anche prima
ed indipendentemente da un
provvedimento di modifica
delle
condizioni
della
separazione o del divorzio.
L’altro genitore, presso il
qualeilfigliosièrecato,può
proporre la domanda per
l’attribuzione di un assegno,
che decorrerà da tale
momento, e per il rimborso
di quanto dovuto per il
periodo precedente, dal
verificarsi
del
nuovo
collocamento(544).
Sidevetenerepresenteche
i provvedimenti emessi dal
giudice e le condizioni
concordate tra i genitori nel
procedimento di separazione
o
divorzio,
o
di
regolamentazione
dei
rapporti tra genitori naturali
relativi al mantenimento dei
figli, conservano la loro
valenzasostanzialeedititolo
esecutivo sino ad un
successivo provvedimento
giudiziario, emesso nel
procedimento promosso ai
sensi dell’art. 710 c.p.c., che
costituisce l’unico mezzo
giudiziale di modifica dei
suddetti titoli (545), essendo
del tutto ininfluente che si
siano in concreto maturati i
presuppostiperlarevisioneo
lasoppressionedell’assegno.
Il
provvedimento
giudiziario di revisione
dell’assegno o di altra
modalità di adempimento
dell’obbligo
del
mantenimentononpuòavere
decorrenzaanticipatarispetto
alla data della domanda di
modificazione proposta ex
art. 710 c.p.c., ed in specie
correlata al verificarsi del
fatto nuovo, e non comporta
la caducazione degli effetti
pregressi
prodotti
dall’antecedente
sentenza
passataincosagiudicata(art.
2909c.c.)(546).
Per quanto riguarda la
competenza a decidere sulla
revisione dell’assegno di
mantenimento per i figli
naturali,
un
recente
orientamento
della
giurisprudenza di legittimità
sostiene che, una volta
attratta al tribunale per i
minorenni, la competenza
resta radicata presso tale
tribunale anche per ogni
successiva richiesta di
modifica del provvedimento
adottato(547).
8.Lacessazionedell’obbligo
dimantenimento.
L’obbligo dei genitori di
contribuire al mantenimento
dei figli non si protraesine
die, ma neppure cessa
automaticamente.
Ne
consegue che la raggiunta
maggiore età e la raggiunta
autosufficienza economica
del figlio non sono di per sé
condizioni sufficienti a
legittimare,ipso facto, la
cessazione
della
corresponsione dell’assegno,
essendo
necessario
un
accordo in tal senso tra i
genitori o tra il genitore e il
figlio maggiorenne, se non
più convivente con il
genitore presso il quale
viveva, o un provvedimento
deltribunale.
Il genitore interessato alla
declaratoria della cessazione
dell’obbligo deve attivare la
procedura prevista dall’art.
710 c.p.c., e fornire la prova
che il figlio ha raggiunto
l’indipendenza economica,
ovvero che lo stesso, posto
nelleconcretecondizioniper
poter
addivenire
alla
autosufficienza economica,
non ne abbia tratto profitto
persuacolpa(548).
Nel caso in cui il figlio
maggiorenne abbia reperito
unlavororetribuito,siritiene
che debba corrispondere alla
professionalità
acquisita,
anche sotto il profilo del
reddito,
secondo
le
condizioni
normali
e
concretedimercato(549).
Il giudice deve valutare la
stabilità del rapporto di
lavoro e il trattamento
economico,eataleproposito
si è precisato che la mera
prestazionedilavorodaparte
del figlio occupato come
apprendista non è di per sé
tale da dimostrarne la totale
autosufficienza economica,
atteso che il complessivo
contenuto dello speciale
rapporto di apprendistato si
distingue sotto vari profili,
anche retributivi, da quello
degli ordinari rapporti di
lavorosubordinato,onde,non
essendo sufficiente il mero
godimento di un reddito
qualechesia,occorreinvece
la prova che il trattamento
economico percepito nel
medesimo
rapporto
di
apprendistato sia idoneo,
proporzionatoesufficienteai
sensi dell’art. 36 Cost., ad
assicurare all’apprendista,
perlasuastessaentitàecon
riferimentoanchealladurata,
passataefutura,delrapporto,
l’autosufficienza economica
(550).
Una volta dichiarato
cessatol’obbligodelgenitore
di
contribuire
al
mantenimento del figlio
maggiorenne, il sopravvento
di circostanze ulteriori che
possanodeterminarel’effetto
direnderequestinuovamente
privo
di
lavoro
e
sostentamento economico,
non possono far risorgere un
obbligo di mantenimento i
cui presupposti erano già
venuti
meno
per
il
raggiungimento di una
adeguata capacità lavorativa
(551). In tal caso il figlio
dovrà agire per richiedere ai
genitori gli alimenti, ex art.
433c.c..
Nelladiversaipotesiincui
il figlio maggiorenne, posto
nelleconcretecondizioniper
poter
addivenire
all’autosufficienza
economica, non ne abbia
ancora tratto profitto, il
genitore dovrà fornire la
provacheciòdipendedauna
condotta colpevole del figlio
stesso, che persiste in un
atteggiamento di inerzia
nella ricerca di un lavoro
compatibile con le sue
attitudini,rifiutaleoccasioni
che gli vengano offerte o
abbandona senza valide
giustificazioni il posto di
lavorodaluioccupato.
Tuttavia, è stata ritenuta
l’assenza di colpa ed inerzia
da parte del figlio che rifiuti
una sistemazione inadeguata
rispettoallasuapreparazione
ed alle sue attitudini,
compatibilmente con le
condizioni economiche della
famiglia,semprechetalisue
aspirazioni siano realizzabili
in
ragionevoli
limiti
temporali(552).
CAPITOLOXIII
DOMANDEERISPOSTE
SOMMARIO: 1. Assegno di
mantenimento e tenore di vita
dei coniugi. –2. Assegno di
mantenimento
e
lavoro
casalingo del coniuge durante
la convivenza. –3.Assegno di
mantenimentoedelargizionida
parentieterzi. –4.Assegno di
mantenimento e breve durata
del matrimonio.
–5. L’
accertamento della situazione
economica e patrimoniale dei
coniugiel’oneredellaprova.–
6. Valore probatorio delle
dichiarazioni dei redditi ai fini
della determinazione degli
assegni per il coniuge e i figli.
– 7. Rilevanza del rifiuto di
produrre le dichiarazioni dei
redditi.
–8. Domanda di
modifica dell’assegno di
mantenimento,
per
l’intervenutacostituzionediun
nuovonucleofamiliaredaparte
del coniuge obbligato. –9.
Ripetibilità
delle
somme
versate a titolo di assegno di
mantenimento. –10. Assegno
di divorzio e condizioni
economiche dei coniugi. –11.
Ripetibilità
delle
somme
versate a titolo di assegno di
divorzio. –12. Rapporto di
lavorodelfigliomaggiorennee
cessazione dell’obbligo di
mantenimento. –13.Azione di
recupero degli arretrati dovuti
direttamente
al
figlio
maggiorennenonautonomo.
1.Assegnodimantenimentoe
tenoredivitadeiconiugi.
Sussistono i presupposti
per
l’attribuzione
dell’assegno
di
mantenimento al coniuge, il
cui reddito sia rimasto
sostanzialmenteinvariatosia
primachedopolacessazione
dellaconvivenza?
Al fine di stabilire la
sussistenza
e
l’entità
dell’assegno
di
mantenimento in favore del
coniuge separato, ai sensi
dell’art. 156 c.c., non è
corretto cristallizzare la
situazione
esistente
al
momento della convivenza
matrimonialeecompararein
termini numerici il reddito
familiarepro-capitediallora
con il reddito individuale
attuale
del
richiedente
l’assegno, per negarne il
diritto.
Si deve invece tenere
conto del tenore di vita dei
coniugi
durante
la
convivenza, al quale va
rapportato il giudizio di
adeguatezza dei mezzi a
disposizione del coniuge
richiedente.
Il tenore di vita di
riferimento è quello offerto
dalle
potenzialità
economiche dei coniugi
durante il matrimonio, quale
elemento condizionante la
qualità delle esigenze e
l’entità delle aspettative del
richiedente.
Ai fini dell’imposizione e
della
determinazione
dell’assegno, occorre tener
conto dell’incremento dei
redditi di uno di essi e del
decremento
dell’altro
verificatosi a seguito della
cessazione della convivenza
e nelle more del giudizio di
separazione, in quanto
durante la separazione
personale non viene meno la
solidarietà economica che
lega i coniugi durante il
matrimonio,checomportala
condivisionedellereciproche
fortune nel corso della
convivenza
(Cass.,
20
gennaio 2012, n. 785; Cass.,
12settembre2011,n.18618;
Cass., 29 luglio 2011, n.
16736; Cass., 24 febbraio
2010, n. 4531; Cass. 7
febbraio2006,n.2626;Cass.
24dicembre2002,n.18327).
2.Assegnodimantenimentoe
lavorocasalingodelconiuge
durantelaconvivenza.
Il coniuge separato che
durante il matrimonio abbia
svolto solo lavoro casalingo,
ma abbia capacità e
opportunità di lavoro, ha
diritto
all’assegno
di
mantenimento?
Laseparazioneinstauraun
regime che tende a
conservareilpiùpossibilegli
effettipropridelmatrimonio,
compatibiliconlacessazione
della convivenza e, quindi,
anche il “tipo” di vita di
ciascunodeiconiugi.
Seprimadellaseparazione
iconiugihannoconcordato–
o, quanto meno, accettato –
cheunodiessinonlavorasse,
l’efficacia di tale accordo
permane anche dopo la
separazione.
Pertanto,
ai
fini
dell’accertamento del diritto
all’assegnodimantenimento,
è ininfluente la prova
tendente a dimostrare che la
mogliehacapacitàlavorativa
oharifiutatoconcreteofferte
lavorative se la stessa,
durante
la
convivenza
matrimoniale, non ha mai
svolto attività lavorativa
(Cass., 29 luglio 2011, n.
16736; Cass. 16 aprile 2008,
n. 10006, Cass. 25 agosto
2006,n.18547).Tuttavia,nel
giudizio di separazione
l’attitudine al lavoro del
coniuge
che
richiede
l’assegno, come potenziale
capacità di guadagno, può
comunque incidere sulla
quantificazione dell’assegno
(Cass. 22 marzo 2012 n.
4571). La capacità di lavoro
potràassumererilevanzasolo
se venga riscontrata in
termini
di
effettiva
possibilità di svolgimento di
una
attività
lavorativa
retribuita, tenuto conto di
ogni
concreto
fattore,
soggettivo (quali l’età, la
salute,
la
formazione
culturale e professionale,
ecc.)edoggettivo,nongiàin
terminimeramenteipotetici.
3 .Assegno di mantenimento
ed elargizioni da parenti e
terzi.
Gliaiutieconomicierogati
ad un coniuge da parenti o
da terzi possono escludere il
diritto dello stesso a
richiedere un assegno di
mantenimento
all’altro
coniuge, in sede di
separazione?
Gli
aiuti
economici
corrisposti da parenti o da
terzinoncostituiscono,diper
sé, espressione di capacità
economicadelconiugealcui
favore sono erogati, e sono
inidonei ad influire in
maniera stabile e certa sul
tenoredivitadelrichiedente
l’assegno (Cass., 21 giugno
2012, n. 10380; Cass., 18
luglio 2003, n. 11224; Cass.
30marzo2005,n.6712).
Tali elargizioni sono
infatti considerate di natura
precaria, se comunque
sussistono i presupposti per
l’attribuzionedell’assegnodi
mantenimento.
Tuttavia,
il
secondo
comma dell’art. 156 c.c.
stabilisce che il giudice
debba determinare la misura
dell’assegno "in relazione
allecircostanze”,oltrecheai
redditi
dell’obbligato,
tenendo conto di quegli
elementi fattuali di ordine
economico, o comunque
apprezzabili in termini
economici,
diversi
dal
reddito
dell’onerato,
suscettibili di incidere sulle
condizionidelleparti.
Laddove pertanto l’aiuto
economico da parte di un
parente o di un terzo, in
particolare se trattasi del
convivente more uxorio,
assuma il carattere della
stabilitàesiadientitàtaleda
incidere sulle condizioni di
vita del coniuge richiedente,
cosìdaconsentirgliuntenore
di vita analogo a quello
precedente alla separazione,
edaeliminareladisparitàdi
redditi tra i coniugi, il
giudice potrà tenerne conto
nella
quantificazione
dell’assegno,chepotràanche
essere azzerato (Cass., 8
novembre 1997, n. 11031;
Cass., 26 giugno 1996, n.
5916).
4.Assegnodimantenimentoe
breveduratadelmatrimonio.
Nel caso di matrimonio di
breve durata, dal quale non
sianonatideifigli,ilconiuge
che non abbia adeguati
redditi propri può ottenere
un assegno di mantenimento
insedediseparazione?
La breve durata del
matrimonio non preclude, in
sede di separazione, il
riconoscimento del diritto
all’assegnodimantenimento,
ove di questo sussistano gli
elementi
costitutivi
rappresentati dalla non
addebitabilità
della
separazione al coniuge
richiedente,
dalla
non
titolarità, da parte del
medesimo, di adeguati
redditipropri,ossiadiredditi
che consentano di mantenere
un tenore di vita analogo a
quello goduto in costanza di
matrimonio,
e
dalla
sussistenza di una disparità
economica tra le parti.
(Cass., 30 dicembre 2011, n.
30216;Cass.8febbraio2006
n.2818).
La durata del matrimonio
integra
un
parametro
utilizzabile in occasione
della
quantificazione
dell’assegno divorzile e non
puòpertantovalerealfinedi
escludere
la
spettanza
dell’assegno
di
mantenimento in caso di
separazionepersonale.
Tuttavia, laddove la breve
durata del matrimonio abbia
impedito la realizzazione di
una effettiva comunione di
vita, di carattere materiale e
spirituale, il giudice della
separazione tiene conto di
tale circostanza ai fini della
quantificazione dell’assegno
(Cass. 22 ottobre 2004, n.
20638).
5 .L’accertamento della
situazione economica e
patrimoniale dei coniugi e
l’oneredellaprova.
A chi spetta provare il
tenore di vita dei coniugi
durantelaconvivenza?
Il coniuge che richiede
l’assegno ha l’onere di
fornire la prova della fascia
socioeconomica
di
appartenenza della famiglia
all’epoca della convivenza e
di provare il tenore di vita
adottato in costanza di
matrimonio, nonché la
situazioneeconomicaattuale,
e conseguentemente la sua
impossidenza
o
inadeguatezza di redditi e
sostanze (Cass., 28 aprile
2006,n.9861).
Tuttavia,
il
coniuge
richiedente non è tenuto a
darne una dimostrazione
specifica e diretta, essendo
sufficiente che deduca anche
implicitamente
una
condizione inadeguata a
mantenere il precedente
tenoredivita,fermarestando
la possibilità dell’altro
coniuge di contestare la
pretesa
inesistenza
o
insufficienza di reddito o di
sostanze, indicando beni o
proventi che evidenzino
l’infondatezzadelladomanda
(Cass., 29 aprile 2005, n.
8940, Cass., 27 agosto 2004,
n.17136).
Il giudice, in mancanza di
prova
da
parte
del
richiedente, può anche
desumere, in via presuntiva,
il precedente tenore di vita
dalla situazione reddituale e
patrimoniale della famiglia
al momento della cessazione
della convivenza (Cass., 12
settembre2011,n.18618).
6 .Valore probatorio delle
dichiarazioni dei redditi ai
fini della determinazione
degliassegniperilconiugee
ifigli.
Se nel corso del giudizio
sono state prodotte le
dichiarazioni fiscali e non
sono emersi altri redditi del
coniuge obbligato alla
corresponsione dell’assegno,
tale documentazione vincola
ladecisionedelgiudice?
Ledichiarazionideiredditi
svolgono una funzione
meramente fiscale e, in una
controversia relativa a
rapporti estranei al sistema
tributario, non rivestono
valore vincolante per il
giudice, che nella sua
valutazionediscrezionalepuò
disattenderle.
Il giudice può fondare il
suo convincimento su altre
risultanze
probatorie,
valutandol’attivitàesercitata
dal coniuge, l’importanza
economica di eventuali utili
d’impresa, gli investimenti,
l’accumulo di cospicui
risparmi nel corso della
convivenza, gli elementi di
fatto idonei a dimostrare la
sua reale capacità di spesa,
che possono essere indici di
occultamento dell’effettiva
consistenza della situazione
economica del coniuge, nel
caso questi dichiari redditi
nonadeguati(Cass.14marzo
2006n.5521,Cass.11marzo
2006n.5379).
Per ricostruire, al di là
delle dichiarazioni fiscali,
l’effettiva
posizione
reddituale del coniuge, il
giudice può valorizzare gli
elementi di fatto come fonti
dipresunzione,semprechela
motivazione adottata al
riguardo sia congrua dal
punto di vista logico,
immunedaerrorididirittoe
rispettosa dei principi che
regolano la prova per
presunzioni
(Cass.,
maggio2005,n.10135).
14
7 .Rilevanza del rifiuto di
produrreledichiarazioni.
Il rifiuto di un coniuge di
produrre in giudizio le sue
dichiarazioni dei redditi,
costituisce criterio per
attribuire l’assegno all’altro
coniuge?
Il comportamento del
coniuge che, nonostante
l’ordine di produzione del
presidente o del giudice
istruttore,
rifiuti
di
depositare
le
proprie
dichiarazioni fiscali e ogni
altradocumentazionerelativa
ai redditi e al patrimonio
personale, non costituisce un
criterio utilizzabile dal
giudice per procedere alla
quantificazione dell’assegno
di mantenimento a favore
dell’altro.
Il giudice può tuttavia
trarre da quella inosservanza
argomentidiprova(art.116,
secondo comma cod. proc.
civ.).
Inognicasotalemancanza
costituisceunaviolazionedel
doveredilealtàdellapartein
giudizio, e ha conseguenze
sul piano delle spese
processuali (Cass. 14 marzo
2006n.5521).
8 .Domanda di modifica
dell’assegno
di
mantenimento,
per
l’intervenuta costituzione di
unnuovonucleofamiliareda
partedelconiugeobbligato.
Può
essere
ridotto
l’importo dell’assegno di
mantenimento qualora il
coniuge obbligato abbia
aumentato i propri oneri
economici,avendoinstaurato
una convivenza more uxorio
con altra persona, priva di
reddito, dalla quale abbia
avuto un figlio naturale
(553)?
L’eventualemaggioronere
economico derivante al
coniuge
obbligato
al
versamento dell’assegno, per
aver
instaurato
una
convivenza more uxorio con
una persona priva di reddito,
non assume alcuna rilevanza
ai fini della riduzione o
revoca dell’assegno a favore
dell’altro coniuge (Cass. 24
aprile2001,n.6017,Cass.24
novembre1999,n.13053).
Qualora dalla nuova
unione siano nati dei figli,
che ai sensi di legge hanno
diritto al mantenimento, gli
oneriderivantidalleesigenze
del nuovo nucleo familiare
possono essere tenuti in
considerazione ai fini della
revisione dell’assegno, a
condizione che abbiano
determinato un reale ed
effettivo
depauperamento
delle sostanze o della
capacità
patrimoniale
dell’obbligato stesso (Cass.,
22marzo2012,n.4551).
Si deve comunque tenere
conto che il nuovo dovere di
mantenimento dell’obbligato
vavalutatoancheallastregua
delle
potenzialità
economiche della nuova
famiglia in cui il bambino è
stato generato, e quindi
avendo riguardo pure alla
condizione
economica
dell’altro genitore (Cass. 24
gennaio2008,n.1595).
9 .Ripetibilità delle somme
versateatitolodiassegnodi
mantenimento.
Le somme erogate a titolo
di assegno di mantenimento
in forza del provvedimento
presidenziale,possonoessere
richieste in restituzione se
l’assegnovienerevocatocon
lasentenza?
Il
provvedimento
presidenziale di attribuzione
dell’assegno
di
mantenimento,emessoinvia
provvisoria ai sensi dell’art.
708, terzo comma, c.p.c., ha
naturaalimentareecautelare
etendeadassicurareimezzi
adeguati
al
necessario
sostentamento
del
beneficiario
fino
alla
decisionefinale.
Gli effetti della decisione
che esclude il diritto del
coniuge al mantenimento,
oppure ne riduce la misura,
non possono comportare la
ripetibilità delle maggiori
somme già corrisposte, le
quali
si
presumono
consumateperfarfrontealle
necessitàdisostentamento,a
meno che non vengano
dimostrati
gli
estremi
dell’eventuale responsabilità
processualeaggravata,exart.
96c.p.c.,peravereilconiuge
stesso “agito…in giudizio
con mala fede o colpa
grave”, ai sensi del primo
comma,ovvero“eseguito(il)
provvedimento cautelare…
senza la normale prudenza”,
aisensidelsecondocomma”
(Cass., 20 marzo 2009, n.
6864;Cass.12aprile2006n.
8512).
1 0 .Assegno di divorzio e
condizioni economiche dei
coniugi.
Le probabilità di lavoro
del coniuge, che ne abbia la
capacità e sia dotato di un
titolo di studio, escludono il
diritto
all’assegno
di
divorzio?
Ai fini dell’attribuzione e
della
quantificazione
dell’assegno di divorzio,
l’impossibilità del coniuge
richiedente di procurarsi
adeguati
mezzi
di
sostentamento per ragioni
obiettive - che costituisce
una ipotesi non già
alternativa, bensì esplicativa
rispetto a quella della
mancanza dei mezzi, in
quanto rivolta a chiarire che
dettaindisponibilitànondeve
essere
imputabile
al
richiedente-vaaccertatacon
riferimento alla finalità
perseguita dal legislatore di
far sì che le condizioni
economiche del coniuge più
debole
non
risultino
deteriorateperilsoloeffetto
deldivorzio.
Tale indagine deve essere
condotta sul piano della
concretezzaedell’effettività,
tenendo conto di tutti gli
elementi
e
fattori
(individuali,
ambientali,
territoriali,
economico
sociale) della specifica
fattispecie (Cass. 17 gennaio
2002,n.432).
Ilgiudicenonpuòpertanto
effettuare una valutazione
che non sia fondata su dati
realmente esistenti con
riferimento alla fattispecie
concreta, né può tener conto
di redditi “virtuali” che un
coniuge
potrebbe
astrattamentepercepire,sulla
base di un apprezzamento
solo probabilistico (Cass. 29
marzo2006,n.7117)
11.Ripetibilità delle somme
versateatitolodiassegnodi
divorzio.
Nelcasoincuivengameno
il diritto all’assegno di
divorzio, le somme percepite
devonoessererestituite?
L’assegno di divorzio,
attribuito allo scopo di
evitare
l’apprezzabile
deterioramento
delle
precedenti condizioni di vita
del coniuge richiedente, pur
essendo
di
natura
eminentemente assistenziale,
è destinato nei fatti a
soddisfare anche esigenze di
caratterealimentare.
Sotto questo profilo,
l’assegno di divorzio non si
differenzia dall’assegno di
mantenimento corrisposto in
sede di separazione, con la
conseguenza che le somme
corrisposte a tale titolo, nel
caso in cui venga meno il
diritto all’assegno o se ne
riduca l’entità, non sono
suscettibili di ripetizione
(Cass. 9 settembre 2002, n.
13060).
1 2 .Rapporto di lavoro del
figlio
maggiorenne
e
cessazione dell’obbligo di
mantenimento.
Il rapporto di lavoro
giuridicamente stabile del
figliomaggiorennefacessare
l’obbligodimantenimento?
L’obbligo dei genitori di
concorrere tra loro al
mantenimento dei figli
secondo le regole degli art.
147e148c.c.noncessa,ipso
facto, con il raggiungimento
dellamaggioreetàdapartedi
questi ultimi, ma perdura,
immutato, finché il genitore
interessato alla declaratoria
della cessazione dell’obbligo
nondialaprovacheilfiglio
ha raggiunto l’indipendenza
economica, ovvero è stato
posto
nelle
concrete
condizioni per poter essere
economicamente
autosufficiente, senza averne
però tratto utile profitto per
suacolpaodiscutibilescelta.
La raggiunta autonomia
economica
può
essere
determinata sia da un
rapporto
di
lavoro
giuridicamentestabile(ossia,
un contratto di lavoro a
tempoindeterminato),cheda
un contratto di lavoro a
tempo determinato (secondo
Cass. 3 novembre 2006, n.
23596, anche la mera
potenzialità
del
conseguimento
dell’autonomia economica
può essere sufficiente per
ottenere la declaratoria di
cessazione dell’obbligo di
mantenimento del figlio
maggiorenne).
Il
conseguimento
dell’indipendenza economica
del figlio non coincide
pertanto con l’instaurazione
effettiva di un rapporto di
lavoro
giuridicamente
stabile, ma con il verificarsi
diunasituazionetalechesia
ragionevole
dedurne
l’acquisto della autonomia
economica, anche se per
licenziamento, dimissioni o
altra causa tale rapporto
venga poi meno (Cass., 26
settembre 2011, n. 19589;
Cass., 22 novembre 2010, n.
23590; 28 agosto 2008, n.
21773).
13.Azione di recupero degli
arretrati dovuti direttamente
al figlio maggiorenne non
autonomo.
Nel caso di mancato
versamento da parte del
padre dell’assegno a favore
del figlio maggiorenne non
autonomo, di cui era stata
disposta la corresponsione
direttaalfiglio,èlegittimata
adagireperilrecuperodelle
somme anche la madre che
hanelfrattempoanticipatoil
mantenimento?
La legittimazione spetta
solo al figlio maggiorenne,
considerato che era stato
disposto il versamento
diretto dell’assegno a suo
favore.
Lamadrenonha,inquesto
caso,un’azioneneiconfronti
dell’altro genitore, neppure
inviaalternativaalfiglio.
In caso di convivenza del
genitore con un figlio
maggiorenne non autonomo,
la legittimazione attiva della
madre, alternativa a quella
del figlio, a richiedere
all’altro genitore un assegno
per il mantenimento del
figlio stesso, sussiste solo al
fine della richiesta di
erogazione a sé (Cass., 16
giugno2011n.13184;Cass.,
22 novembre 2010, n.
23590).
CAPITOLOXIV
LAVIOLAZIONE
DELL’OBBLIGODI
MANTENIMENTO.
PROFILIPROCESSUALPENALISTICI.
SOMMARIO: 1 .Premessa. La
tutela penale dell’obbligo di
mantenimentoelapossibilitàdi
“frazionamento” dell’interesse
leso dal relativo contegno
violativo. –2. Il presupposto
del reato: l’esistenza di
un’obbligazione
alimentare.
Differenze tra la nozione di
“mezzi di sussistenza” e di
“alimenti”. –3. Gli elementi
oggettividellafattispeciedicui
all’art.570,commaII,n.2,c.p.
Lo stato di bisogno. –4. Il
soggetto attivo del reato. –5.
L’elemento psicologico e la
valenza
“scusante”
dell’incapacità
economica
dell’obbligato. –6. Persona
offesadalreatoepartecivile.–
7. L’azionabilità della pretesa
risarcitoria in sede penale. La
legittimazione del coniuge
danneggiato dal reato alla
costituzionedipartecivile. –8.
La rappresentanza in giudizio
del minore - persona offesa. –
9.Permanenzaeprescrizione.–
10. Procedibilità.Discrimen tra
lafattispeciedicuiall’art.570,
comma II, n. 2 c.p. e quella di
mancata
corresponsione
dell’assegno divorzileex art.
12sexies,l.898/70.
1.Premessa.Latutelapenale
dell’obbligodimantenimento
e
la
possibilità
di
“frazionamento”
dell’interesse
leso
dal
relativocontegnoviolativo.
L’art.570,commaII,n.2,
n. c.p. punisce con la pena
della reclusione fino a un
anno e con la multa da €
103,00 ad € 1.032,00 la
condottadichi“famancarei
mezzi di sussistenza ai
discendenti di età minore,
ovvero inabili al lavoro, agli
ascendenti o al coniuge, il
quale non sia legalmente
separatopersuacolpa”.
Tale disposizione si
differenzia dalla previsione
contenuta nell’antecedente
commaprimo,cheincrimina
lacondottadichisisottraeai
più ampi “obblighi di
assistenza”(554),inquantoè
tesaatutelareinmanierapiù
energica( 555)gliinteressidi
natura
strettamente
patrimonialedellafamiglia.
Da ciò non si può
desumere
che
questa
disposizioneincriminisolola
violazione degli obblighi
morali e che la tutela degli
interessi economici sia
riservata in esclusiva al
precetto
contenuto
nel
secondocomma(556).
Il concetto di violazione
degli “obblighi di assistenza
inerenti alla potestà dei
genitori o alla qualità di
coniuge” è, infatti, ben più
ampio – nonché assorbente della nozione di “mezzi di
sussistenza”.
Le due fattispecie in
parola, che devono ritenersi
reciprocamente
autonome
(557),
differiscono
nettamente, invece, sotto il
profilostrutturale.
Il comma primo dell’art.
570 c.p., infatti, contempla
un’ipotesi di reato a forma
vincolata in quanto, per la
configurabilità sul piano
tipico, occorre che la
condottavengarealizzatacon
modalità
esecutive
predefinite
(558)
e,
precisamente,
“abbandonando il domicilio
domestico” o “comunque
serbando una condotta
contraria all’ordine o alla
moraledellefamiglie”(559).
Nell’ipotesi in cui, ad
esempio,
dall’abbandono
della dimora da parte del
soggetto obbligato consegua
il venir meno per la prole
d e l l ’ a s s i s t e n z aanche
materiale risulterà integrata,
dunque, la fattispecie di cui
al comma primo della
disposizione in commento e
non quella di cui al comma
secondo.
Di contro, prescindendosi
da
ulteriori
modalità
esecutive della condotta,
nell’evenienzaincuil’agente
faccia mancare i mezzi di
sussistenza ad un avente
diritto non in grado di
provvedere autonomamente
al proprio sostentamento,
opereràladisposizionedicui
alcapoversodell’art.570c.p.
Entrambe
le
ipotesi
delittuose sono accomunate
dall’essere poste a presidio
delbenegiuridicodell’ordine
familiare(560).
Mentre su quest’ultimo
aspetto la giurisprudenza ha
assunto posizioni univoche,
contrasti interpretativi sono
sorti, invece, per quanto
concerne il dato della tutela
apprestata dalla norma in
commento ai singoli aventi
diritto.
Secondo l’orientamento
maggioritario
formatosi
sull’argomento ( 561), la
protezione
dei
singoli
componenti del nucleo
familiare
costituirebbe
soltanto un riflesso della
tutela primaria accordata,
comedetto,inviaprincipale,
all’ordinefamiliare.
Alla
luce
di
tale
prospettazione, la norma
penaleindicherebbe“…come
oggetto di repressione una
condotta
indifferenziata
rispetto al numero ed alla
qualità dei soggetti lesi…”
(562), di guisa che venga
accordatatutelaalcomplesso
degli obblighi che fa capo
alla
famiglia,
intesa
quest’ultima quale entità
distintaedautonomarispetto
ai singoli componenti del
nucleofamiliare.
L’opposto orientamento
minoritario(563)sostiene,di
contro,cheisingoliindividui
checompongonolacomunità
domesticasianodirettamente
tutelati dalla norma penale,
nell’ottica
della
“valorizzazione dei rapporti
che … traggono origine e si
sviluppano … all’interno
della formazione sociale
famiglia”(564).
Laquestione,peririsvolti
praticichenederivano(565),
ha
reso
necessario
l’interevento delle Sezioni
Unite della Corte di
Cassazione (566) allo scopo
di dirimere il contrasto
interpretativo
insorto
all’interno
della
Sesta
Sezione Penale della S.C.
medesima.
I lPlenum del Supremo
Consessoharitenutodidover
accogliere la tesi minoritaria
non senza, tuttavia, operare
alcunepuntualizzazioni.
In premessa, i Supremi
Giudici hanno precisato che
l’argomentazione
della
natura plurioffensiva del
reato in esame, pure addotta
daalcuni,nonrivestevalenza
dirimente della questione
relativa alla ipotizzabilità di
un reatounico oplurimo in
casodicondotterealizzatein
dannodipiùsoggettilesi.
Ciò in quanto esistono
alcune fattispecie delittuose
indubbiamenteplurioffensive
che, tuttavia, originano un
reato che permaneunico
anche se le persone offese
sonopiùd’una.
Si pensi al reato di strage
od a quello di falso in
bilancio.
Correttaè,invece,apparsa
la ricostruzione del percorso
storico giuridico riguardante
la famiglia alla luce anche
dellaparticolarecollocazione
topografica dell’art. 570 c.p.
(contenuto nel titolo XI,
rubricato “dei delitti contro
la
famiglia”)
che,
verosimilmente, ha dato
luogo all’originaria visione
“indifferenziata”
della
famiglia ovverosia ad una
concezione unitaria del
nucleo
domestico
prescindente dai singoli
componenti.
Le Sezioni Unite, pur
avendo, come detto, aderito
all’opzione
minoritaria,
hanno ritenuto, tuttavia, di
non condividere l’assunto
metodologico, sostenuto in
verità
anche
dalla
giurisprudenzamaggioritaria,
secondo cui le condotte
incriminate dall’art. 570 c.p.
vadano
considerate
omogeneesottoilprofilodel
benegiuridicoprotetto.
I Supremi Giudici hanno,
infatti, precisato che la
normainparola,puressendo
indubbia l’unitarietà del fine
di tutela dei rapporti di
assistenza
in
ambito
familiare ad essa sotteso,
contemplacondotteedeventi
di diversa natura dai quali
può conseguire la lesione di
plurimi ed eterogenei beni
giuridici e, dunque, la
configurabilità
diplurimi
reati.
Ascopoesemplificativo,si
consideri la fattispecie di
sottrazione agli obblighi di
assistenza
mediante
abbandono del domicilio
domestico.
In siffatta ipotesi, deve
ritenersi
non
possibile
l’operazione
di
“frazionamento”
dell’interesse protetto, in
quanto
la
fattispecie
menzionataèvoltaatutelare
il bene (unico) della
convivenzafamiliare.
Non è pensabile, infatti,
chelacondottadiabbandono
del domicilio domestico
possa prodursi in danno di
solo alcuni dei componenti
dellafamiglia.
In relazione a tale
previsione,
dunque,
è
consentito
affermare
l’unicità del bene giuridico
protetto (famiglia intesa nel
suo
complesso)
e,
conseguentemente, l’unicità
della relativa fattispecie
delittuosa.
Diversamenteèadirsiper
quanto attiene alle condotte
contemplate nel capoverso
dell’art.570c.p.che,invece,
sono dirette a tutelare non
l’astratta unità familiare
bensì
precisi
interessi
economici ed, in particolare,
rispettivamente ai nn. 1 e 2
del capoverso dell’art. 570
c.p. (567), « la tutela del
patrimonio del soggetto
“debole” » e la « vera e
propria
sopravvivenza
economica di questi soggetti
(ndr dei soggetti deboli) »
(568).
Da ciò consegue la
possibilità di “frazionare”
l’interesse patrimoniale leso
(e, specularmente, protetto)
che
può
atteggiarsi
diversamenteasecondadelle
condizionidell’aventediritto
(in ipotesi,uno degliaventi
diritto potrebbe godere di
reddito proprio il che
escluderebbe lo stato di
bisognodiquesti)nonchédel
contegno del soggetto attivo
del reato (l’agente potrebbe
benessereinadempientesolo
nei confronti di uno dei
potenziali
beneficiari
dell’obbligoassistenziale).
Si noti che ove, di contro,
si
accedesse
alla
prospettazione che ravvede
l’unicità della fattispecie in
presenza di più persone
offese
si
dovrebbe
concludere
per
l’inconfigurabilità sul piano
tipico del reato nel caso in
cui l’agente abbia omesso di
apprestare i mezzi di
sussistenza in favore di solo
uno dei componenti della
famiglia, ciò in quanto
l’adempimento
soggettivamente frazionato
non è contemplato dalla
normaincriminatrice.
In punto di diritto, da tale
datoconseguechenelcasoin
cui l’obbligato abbia omesso
di somministrare i mezzi di
sussistenza in danno di più
componenti del medesimo
nucleo
familiare
si
configurerà una pluralità di
reati
con
conseguente
applicabilità della disciplina
del concorso formaleex art.
81, comma I, c.p. (569) nel
casoincuil’agentesiatenuto
ad un unico versamento
monetario e della disciplina
del reato continuato ai sensi
dell’art. 81, comma II, c.p.
(570)nelcasoincuil’agente
sia tenuto a separati
adempimenti.
2 .Il presupposto del reato:
l’esistenza
di
un’obbligazione alimentare.
Differenze tra la nozione di
“mezzi di sussistenza” e di
“alimenti”.
Lafattispeciedelittuosadi
cuiall’art.570,commaII,n.
2, c.p. presuppone, al fine
della propria configurabilità
sul
piano
tipico,
la
sussistenza
di
un’obbligazione alimentare
(571)gravantesuunsoggetto
( c h epotenzialmente può
rivestireilruolodiagentedel
reato) in favore di uno o più
beneficiari (che, in caso di
lesionedell’interesseprotetto
del quale sono titolari,
assumono la qualifica di
personeoffesedalreato).
Tuttavia,
va
esclusa
qualsiasi interdipendenza tra
l’ipotesi di reato in
commento e l’assegno
liquidato dal giudice in sede
civile (572) in quanto la
criminalizzazione
della
condotta
violativa
dell’obbligo alimentare non
ha carattere sanzionatorio
dell’inadempimento
civilistico.
Ai fini della sussistenza
del reato, ciò che rileva,
infatti,
è
unicamente
l’esistenza dell’obbligazione
alimentare - a prescindere
dallarelativaquantificazione
(573) -, la sussistenza dello
stato di bisogno dei
beneficiari, la mancata
somministrazione da parte
delsoggettoobbligato.
In base a tale assunto, è
stataritenutainfondatalatesi
difensiva che invocava
l’insussistenza del fatto di
reato sul presupposto del
venir meno della operatività
dell’assegno
alimentare
fissato
in
sede
di
separazione, per l’essere
sopravvenuta sentenza di
divorzio(574).
In sintesi, la mancata o
minore
corresponsione
dell’assegno stabilito dal
giudicecivilenonèdipersé
sufficiente ad integrare la
fattispeciedicuiall’art.570,
comma II, n. 2, c.p., se non
risulta accompagnata dalla
prova che, in ragione della
omissione,sianovenutimeno
i mezzi di sussistenza
all’aventediritto(575).
L’evidenziata autonomia
tra l’assegno alimentare
come
determinato
nel
provvedimento civilistico e
la fattispecie delittuosa in
commento si coglie anche
nella diversità di contenuto
del parametro di riferimento
che nel primo caso è
costituito dagli “alimenti”
(576) e nel secondo dai
“mezzidisussistenza”.
La giurisprudenza di
legittimità, unanimemente,
ritiene che i mezzi di
sussistenza
non
si
identificano con gli alimenti
avendoessiuncontenutopiù
ristrettoinquantolimitatoai
soli mezzi di sostentamento
(577).
Nello specifico, i “mezzi
di sussistenza” coincidono
con ciò che è strettamente
indispensabileallavita,come
il vitto, l’abitazione (578), i
canoni per le ordinarie
utenze, i medicinali, il
vestiario, le spese per
l’educazione
(579)
e
l’istruzione(580)deifigli,tra
le quali ultime andrebbero
ricomprese anche quelle
necessarie per libri e mezzi
ditrasporto(581).
Nella
nozione
di
“alimenti”, invece, rientra
ancheciòcheèsoltantoutile
e conforme alla condizione
dell’alimentando oltre che
proporzionale alle sostanze
dell’obbligato.
Alla luce delle varie
pronunce di legittimità
esaminate, dunque, parrebbe
corretto affermare che
un’ulteriore
scriminante
peculiarità del concetto di
“mezzi di sussistenza”
rispetto alla nozione di
“alimenti sia costituita
dall’impossibilità
di
parametrare i primi alle
condizioni
dell’obbligato,
dovendo l’essenzialità dei
“mezzi” essere ragguagliata
unicamentealdatooggettivo
delle esigenze indispensabili
divita.
Tuttavia,
secondo
un’isolata
impostazione
(582), occorrerebbe tener
conto anche delle reali
condizioni
economiche
dell’obbligato.
3 .Gli elementi oggettivi
della fattispecie di cui
all’art. 570, comma II, n. 2,
c.p.Lostatodibisogno.
Ildelittodicuiall’art.570,
commaII,n.2,c.p.,sulpiano
oggettivo, è integrato dalla
condottadichi“famancarei
mezzi di sussistenza” ai
beneficiari della prestazione
alimentare(583).
Comedetto,per“mezzidi
sussistenza” deve intendersi
ciò
che
risulta
oggettivamente
indispensabileallavita.
Pare corretto affermare,
pertanto, che la proiezione
delconcettodi“mancanzadi
mezzi di sussistenza” sia
rappresentata dallo “stato di
bisogno” dell’avente diritto;
se questi, infatti, non
versasse in una situazione di
“bisogno”, un eventuale
inadempimento del soggetto
obbligato
sarebbe
penalmente irrilevante (584)
in quanto inidoneo a creare
un effettivo stato di
indigenza(585).
Pertaleargomentazione,si
è ritenuto di inserire il
parametro dello “stato di
bisogno” tra gli elementi
oggettivi della fattispecie di
cuiall’art.570,commaII,n.
2 c.p. nonostante la
giurisprudenza di legittimità
nonadottiespressamentetale
qualificazione(586).
Da tale assunto consegue
che, nel caso in cui all’esito
del procedimento penale si
ravvisi l’insussistenza di
detto elemento costitutivo
delreato,larelativasentenza
assolutoriaandràpronunciata
con la formula “perché il
fatto
non
sussiste”
mancando,perl’appunto,una
componentedelfattotipico.
Nellospecifico,siafferma
chelo“statodibisogno”non
è escluso dall’aver l’altro
genitore provveduto in via
sussidiaria al mantenimento
del figlio minore (587)
oppure dal comportamento
delbeneficiariofinalizzatoal
recupero forzoso del credito
alimentare(588).
Analogamente, non sono
idonei ad elidere lo stato di
bisogno la fruizione da parte
del
destinatario
della
prestazione assistenziale di
una modesta pensione di
invalidità
(589),
lo
svolgimento saltuario di una
limitata attività lavorativa
(590) o eventuali aiuti
economici provenienti dal
nuovoconvivente(591).
L’indigenza,
quale
elemento materiale del
delitto in commento, è
esclusa,
invece,
dalla
disponibilità di cospicue
somme di danaro depositate
incontibancari(592).
Nel caso in cui il
potenziale beneficiario non
abbia raggiunto la maggiore
età, non è necessario fornire
unarigorosaprovadellostato
di bisogno dello stesso,
operando, in siffatta ipotesi,
una presunzione semplice di
incapacità del minore di
produrre reddito proprio
(593).
Non integra, invece, il
reato di cui all’art. 570,
comma II, n. 2 c.p. la
mancata corresponsione dei
mezzi di sussistenza a figli
maggiorenni non inabili a
lavoro, anche se studenti
(594).
L’esistenza del “bisogno”
va accertata nel caso
concreto (595), non facendo
stato nel giudizio penale il
provvedimento del giudice
civile che determina l’entità
dell’obbligazione alimentare
“… nè in ordine alle
condizioni economiche del
coniugeobbligato,nèperciò
che riguarda lo stato di
bisogno degli aventi diritto
…”(596).
Alla luce di tale principio
(597), nell’ipotesi in cui il
soggetto su cui grava
l’obbligo
assistenziale
corrisponda agli aventi
diritto una somma inferiore
rispetto a quella determinata
in
sede
civile
(c.d.
“autoriduzione
dell’assegno”), il delitto di
cuiall’art.570,cpv,n.2,c.p.
non sarà integrato qualora
l’importo
effettivamente
versato sia, comunque, tale
dagarantirelecondizioniper
un’esistenza dignitosa (598).
Tale
ultimo
assunto
giurisprudenzialeèsostenuto
in maniera prevalente salvo
una isolata, pur recente,
decisione in senso difforme
(599).
4.Ilsoggettoattivodelreato.
Ilsoggettoattivodelreato
(o agente) è colui che
realizza nella realtà fattuale
lacondottatipica.
Inrelazioneallafattispecie
dicuiall’art.570,commaII,
n. 2, c.p. è, dunque,agente
chi materialmente pone in
essere l’azione di “far
mancare i mezzi di
sussistenza”
ad
alcuni
soggetti
qualificati
esplicitamente contemplati
dallanormaincriminatrice.
La previsione in parola
indica i “discendenti di età
minore ovvero inabili al
lavoro”, “gli ascendenti” ed
il “coniuge” (600) quali
potenziali beneficiari della
prestazione
alimentare,
assistiti da tutela penale
(601).
Da ciò consegue che la
veste di soggetto attivo del
reato,
pur
potendo
apparentemente
essere
assunta da “chiunque” (602),
in realtà, va ancorata alla
sussistenza di una relazione
qualificata con gli aventi
diritto e, specularmente, con
il bene giuridico protetto
dallanorma(603).
In base a tale assunto,
dunque, la fattispecie in
commento va inquadrata
nellacategoriadogmaticadei
“reatipropri”(604).
In sintesi, soggetto attivo
del reato di cui all’art. 570,
comma II, n. 2, c.p. potrà
essere solo il genitore od il
coniuge sui quali incombe
l’obbligo alimentare e non
anche altro soggetto pur
gravato da un’obbligazione
assistenziale(605).
Il reato in esame può
configurarsi anche quando la
condotta
violativa
dell’obbligo alimentare sia
posta in essere dal coniuge
separato ciò in quanto la
qualifica di coniuge non
viene
meno
con
la
separazione(606).
5 .L’elemento psicologico e
la
valenza
“scusante”
dell’incapacità economica
dell’obbligato.
Il delitto punito dall’art.
570, cpv, n. 2, c.p. si
configura come reato a dolo
generico (607) non essendo
richiesto,inpuntoditipicità,
il fineulteriore di aver agito
allo scopo di far mancare i
mezzi di sussistenza al
soggettopassivo.
Quanto alla struttura del
dolo in relazione a tale
ipotesi delittuosa è stato,
correttamente,
osservato
(608) che la componente
intellettiva
dell’elemento
psicologico
(rappresentazione)
(609)
consiste nella conoscenza
dell’obbligo, dello stato di
bisogno e della capacità
dell’agente di sopperire ad
esso.
L’elemento
volitivo,
invece,
si
sostanzia
nell’intenzione
di
non
conferirequantodovuto.
Secondo un orientamento
(610),ildelittoinesamepuò
essere integrato anche a
titolodidoloeventuale(611)
nelcasoincuil’agentesisia
volontariamente posto nella
condizione di non poter
adempiere gli obblighi di
assistenza familiare, ad
esempio,
inopinatamente
dimettendosi dal posto di
lavoro.
L’indagine sull’esistenza
dell’elemento psicologico va
condotta anche in ipotesi di
inadempimento
parziale
(612) in cui è necessario
accertare se vi sia “…
nell’autore
del
comportamento descritto la
consapevolezza di erogare
insufficienti
mezzi
di
sussistenza”(613).
Il
convincimento
dell’obbligato di non essere
tenuto alla prestazione
assistenziale per la supposta
mancanza dello stato di
bisogno del beneficiario non
esclude il dolo (614) in
quanto detto contegno si
traduce in un errore sul
precettochenonscusa(615).
Del pari, il recupero
forzoso
del
credito
alimentare
operato
dall’avente diritto non è
idoneo a far venir meno
l’elemento soggettivo del
reato(616).
L’intenzionalità
della
condotta,
secondo
un
orientamento (617), sarebbe,
invece,
esclusa
dall’incapacità economica
dell’obbligato.
Tuttavia,
tale
impostazione, non pare
condivisibile atteso che
l’impossibilità
di
adempimentopiùcheelidere
l’elemento
psicologico
dell’azione opera sul diverso
pianodell’“inesigibilitàdella
condotta”conforme.
In tale ipotesi, infatti, la
condotta omissiva dolosa
(618)
dell’agente,
pur
permanendo
antigiuridica
(619), risulta non punibile in
virtù di una valutazione che
tiene conto delle concrete
possibilità di obbedienza del
precetto penale da parte dei
destinatari(620).
Appare, pertanto, corretto
ricondurre
l’impossibilità
economica
dell’obbligato
alla
categoria
delle
“scusanti” e non, invece, a
quella delle “cause di
giustificazione”(621).
La qualificazione proposta
è in linea con l’assunto
secondo cui solo le prime
lasciano impregiudicate le
conseguenzesulpianocivile,
non elidendo, a differenza
delle altre, l’antigiuridicità
delfatto.
Nello
specifico,
l’incapacità economica può
assumere valenza “scusante”
solo allorché sia assoluta
(622) e non ascrivibile a
colpa (623) o anche a mera
negligenza
dell’obbligato
(624).
E’, inoltre, necessario che
l’impossibilità si estenda a
tutto il tempo in cui si sono
verificate le periodiche
inadempienze (625) e che
essa sia tale da non far
residuare una possibilità di
adempimentoparziale(626).
La prova dell’incapacità
economica
grava
sull’obbligato il quale, per
andare
esente
da
responsabilità,deve“allegare
idoneieconvincentielementi
indicativi della concreta e
totale impossibilità di far
fronte ai propri obblighi”
(627).
In proposito, la Suprema
Corte, nel cassare la
pronuncia di merito, ha
ritenuto
adeguatamente
documentata l’impossibilità
di adempiere sulla base di
cartelle cliniche relative ai
ricoveri
in
ospedale
dell’imputatoaffettodagravi
crisidepressive.
In tale occasione, si è
affermato
l’ulteriore
principio secondo cui, per
escludere il reato, è
necessario
accertare
l’effettiva incidenza delle
condizioni di salute sulle
capacità
lavorative
dell’obbligato.
Si
rammenta
che
l’accertamentodellacapacità
economica del soggetto non
può basarsi solo sulle
risultanzedelmod.740Irpef
(oggi,modellounico)(628).
Va escluso, inoltre, che la
dichiarazione di fallimento
faccia venir meno l’obbligo
di fornire i mezzi di
sussistenza alla famiglia,
salvoilcasoincuiildissesto
economico abbia prodotto
una situazione di assoluta
indigenza
dell’obbligato
(629).
6.Personaoffesadalreatoe
partecivile.
Lapersonaoffesadalreato
(osoggettopassivo)(630)èil
titolare del bene protetto
dallanormapenale.
Ad essa spetta il diritto di
querela (631) che costituisce
lacondizionediprocedibilità
di determinate categorie di
reati.
Il soggetto passivo va
tenuto
distinto
dal
“danneggiato” che coincide,
invece, con colui che ha
riportato in conseguenza del
reato
un
danno
patrimonialmente
apprezzabile.
Le due figure possono
coincidere solo in via
eventuale come accade nel
caso in cui il beneficiario
della prestazione alimentare
disattesa sia unicamente il
coniuge.
In tale ipotesi, infatti, il
soggetto titolare del bene
giuridico protetto dalla
norma è anche colui che ha
riportato
un
danno
economico,
come
tale
risarcibile.
Diverso è il caso in cui la
prestazione assistenziale sia
stata stabilita solo in favore
diunfigliominore.
In detta evenienza, il
coniuge assume la veste di
“danneggiato”, salva la
possibilitàdiacquisireanche
l ostatus di persona offesa
ove agisca nell’interesse del
minore, quale esercente la
potestàgenitoriale.
In relazione al reato di
omessasomministrazionedei
mezzidisussistenza,possono
assumere la qualifica di
soggetto passivo del reato i
discendenti di età minore
ovvero inabili al lavoro, gli
ascendenti o il coniuge
dell’obbligato.
I discendenti sono tutelati
dallanormapenalesianoessi
legittimi,
naturali
riconosciuti (632) o anche
non riconoscibili ma titolari
del diritto al mantenimento
exart.279c.c.
I minori sono sempre
garantiti, in ossequio alla
presunzione semplice di
incapacitàdiprodurreredditi
propri(633).
Idiscendentimaggiorenni,
invece, godono di protezione
penale solo se inabili al
lavoro(634).
La norma non prevede
limiti
nel
grado
di
ascendenza o discendenza e,
pertanto,
l’obbligo
penalmente
sanzionato
sussiste anche nei confronti
dei figli dei figli e dei loro
ulterioridiscendenti(635).
L’art.570,commaII,n.2,
c.p. non tutela, invece, altri
soggettineicuiconfrontipur
può sussistere l’obbligo
alimentare come i fratelli o
lesorelle.
Ildelittoincommentopuò
essere commesso in danno
nelconiuge“ilqualenonsia
legalmente separato per sua
colpa”(636).
La disposizione non è
coordinataconlariformadel
diritto di famiglia del 1975
che abolisce la separazione
per “colpa”, introducendo il
diverso
concetto
di
“addebito”.
Secondo
dottrina
e
giurisprudenzamaggioritarie,
laconfigurabilitàdelreatoin
commento non avrebbe
subito alcuna modifica a
seguito
della
nuova
disciplina civilistica della
separazionepersonale(637).
In senso contrario, è stato
osservato (638) che “colpa”
ed “addebito” sono concetti
sostanzialmente diversi e,
come tali, non suscettibili di
assimilazione, a maggior
ragione nell’ipotesi in cui
taleoperazionedeterminiuna
dilatazione della portata
precettiva di una norma
penale.
Laconvivenzamoreuxorio
non fa venir meno l’obbligo
di somministrazione dei
mezzi di sussistenza ai
beneficiarioriginari.
Insiffattaipotesi,tuttavia,
il reato è escluso solo
dall’adempimento parziale
dell’obbligato ovverosia da
una prestazione equamente
ripartita tra i vari aventi
diritto.
Ove,invece,siailconiuge
beneficiario
ad
aver
intrapreso
una
stabile
convivenza, è esclusa la
responsabilità penale del
coniuge inadempiente in
quanto l’obbligo alimentare
cessa temporaneamente per
difettodellostatodibisogno
dello stesso avente diritto
(639).
Si discute se la persona
offesa possa validamente
rinunciare
al
credito
alimentare
con
ciò
scriminando il reato ai sensi
dell’art.50c.p.(640).
L’orientamento prevalente
sostiene la tesi negativa sul
presupposto dell’incedibilità
del diritto in parola (641) e
dell’indisponibilità
dell’interesse protetto dalla
norma(642).
Taleprospettazioneappare
condivisibilequantomenonel
caso in cui si proceda per
violazioni commesse in
dannodifigliminori.
La persona offesa che
intenda azionare la propria
pretesa
civilistica
nell’ambitodelprocedimento
penale può avvalersi dello
strumento della costituzione
dipartecivile.
In tal modo, la persona
offesa acquista la veste di
parte.
Dall’assunzione di tale
status deriva la facoltà di
agireperlerestituzionieper
il risarcimento del danno
patito in conseguenza del
reatononchélapossibilitàdi
partecipare attivamente al
sub-procedimento probatorio
(643).
Lapartecivilepuò,infatti,
avanzare le proprie richieste
istruttorie (sia orali che
documentali)
ai
sensi
dell’art.493c.p.p.(644),può
condurre l’esame diretto dei
testimonideiqualihachiesto
l’audizione in base all’art.
498 c.p.p. (645), può
formulare opposizioniexart.
504c.p.p.alledomandeposte
dallealtrepartiprocessualiai
testi
dalla
medesima
introdotti(646),hafacoltàdi
controesaminare i testimoni
di cui non ha chiesto la
citazione(647) e di quelli in
relazione ai quali non abbia
“interessecomune”(648)alla
parterichiedente(649),anche
formulando
domande
suggestive che tendano a
scardinare la credibilità del
dichiarante.
Esaurital’assunzionedelle
prove,lapartecivile(dopoil
pubblico ministero e prima
che la parola venga data
all’imputato) illustra le
proprierichieste,presentando
conclusioni scritte che
devonocomprendere,quando
sia richiesto il risarcimento
dei danni, anche la
determinazione del loro
ammontare, ai sensi dell’art.
523,commaII,c.p.p.
Lapartecivilepuò,inoltre,
chiedere che l’imputato
venga
condannato
al
pagamento
di
una
provvisionale nei limiti del
danno per cui si ritiene già
raggiuntalaprova(650).
La persona offesa che non
sia costituita parte civile nel
processo penale dispone,
invece,difacoltàlimitate.
Essa
può
soltanto
presentare memorie in ogni
stato
e
grado
del
procedimento
e,
con
esclusione del giudizio di
cassazione,indicareelementi
probanti, senza, tuttavia,
essere abilitata a partecipare
alla formazione della prova
in dibattimento mediante
proposizione di domande ai
testimoni.
7 .L’azionabilità della
pretesa risarcitoria in sede
penale.Lalegittimazionedel
coniuge danneggiato dal
reato alla costituzione di
partecivile.
Lapossibilitàdiintervento
in
sede
penale
del
danneggiato (651) trova
giustificazione nell’unicità
del fatto valutabile sotto il
duplice profilo della illiceità
penale e dell’illiceità civile
(652).
Il vaglio globale da parte
di un unico giudice non solo
realizza una esigenza di
economia di giudizi per
quanto evita il rischio di
contrasti di giudicati tra due
organi giurisdizionali diversi
che si trovano a dover
decidere in merito al
medesimofattostorico(653).
Ciònonsignifica,tuttavia,
cheildanneggiatononpossa
azionare la propria pretesa
nellanaturalesedecivile.
Anzi, l’attuale assetto
processual-penalistico
sembra piuttosto propendere
perlaseparazionedeigiudizi
allo scopo di favorire la
semplificazione
dell’accertamentopenale.
Un
dato
normativo,
significativo in tal senso
(654),
è
rappresentato
dall’art. 652 c.p.p. in base al
qualelasentenzairrevocabile
di assoluzione con cui il
giudicepenaledichiaricheil
fatto non sussiste, che
l’imputato non lo ha
commesso,cheilfattoèstato
compiuto nell’adempimento
di un dovere o nell’esercizio
diunafacoltàlegittima(655)
ha efficacia di giudicato nel
giudiziocivile,semprecheil
danneggiato si sia costituito
o sia stato posto in
condizione di costituirsi
partecivile.
Tale disposizione non si
applica se il danneggiato ha
esercitato l’azione civile
nella sede propria senza
trasferirla in quella penale o
sel’azionecivilemedesimaè
stata avviata nella sede
naturale quando non è più
ammessa la costituzione di
parte civile nel processo
penale(656).
In sintesi, se si preferisce
la sede civile, non opera la
preclusione del giudicato di
una eventuale sentenza
penalesfavorevole(657).
La
legittimazione
all’azione civile spetta al
soggetto al quale il reato ha
recato danno ovvero ai suoi
successori universali, nei
confronti dell’imputato e del
responsabilecivile(658).
Il
coniuge,
soggetto
passivo del reato di omessa
somministrazione dei mezzi
di sussistenza, può, dunque,
far valereiure proprio la
pretesa al risarcimento dei
danni in sede penale,
utilizzando lo strumento
della costituzione di parte
civile(659).
L’azione civile in sede
penale può essere esercitata
personalmente o a mezzo di
procuratorespeciale(660).
Se l’atto di costituzione è
firmato direttamente dalla
parte,
la
relativa
sottoscrizione può essere
autenticata dal procuratore
speciale nominato per il
giudizio
sempreché
la
procura sia apposta in calce
alla
dichiarazione
di
costituzione di parte civile
(661).
Tale formalità è richiesta
ai fini dell’ammissibilità
dellacostitu-zione.
Si rammenti, che ai sensi
dell’art. 122, comma III,
c.p.p., non è consentita
alcuna ratifica degli atti
compiuti nell’interesse altrui
senza procura speciale nei
casi in cui questa è richiesta
dalla legge o, del pari, senza
procura rilasciata con le
modalitàdirito.
L’attodicostituzionedeve
contenere le generalità della
persona
fisica
o
la
denominazione
dell’associazione o dell’ente
chesicostituiscepartecivile
elegeneralitàdelsuolegale
rappresentante, le generalità
dell’imputato
nei
cui
confronti viene esercitata
l’azione civile o le altre
indicazioni personali che
valgono a identificarlo, il
nome e il cognomedel
difensore e l’indicazione
della procura, l’esposizione
delleragionichegiustificano
ladomanda,lasottoscrizione
deldifensore(662).
La
dichiarazione
di
costituzione può essere
presentata direttamente in
udienza (663) oppure fuori
udienza, nel qual caso la
costituenda parte civile deve
provvedere alle notifiche del
relativo atto alle altre parti
(664)(665).
La costituzione di parte
civile, a pena di decadenza,
deve avvenire “per l’udienza
preliminare”
o,
successivamente, fino a che
non
sianocompiuti gli
accertamenti relativi alla
regolare costituzione delle
parti(666).
L’usodellalocuzione“ per
l’udienza preliminare” in
luogo di “nell’udienza
preliminare”,
lascia
intendere, come chiarito
dalla relazione al progetto
preliminare al codice, che il
danneggiato
non
deve
attendere
l’avvio
dell’udienza
preliminare,
potendo, invece, costituirsi
non appena abbia avuto
conoscenza
del
promovimento dell’azione
penaleacaricodell’imputato
(667).
L’assunzione della qualità
di parte si realizza dal
momento della costituzione,
non essendo necessario un
provvedimento ammissivo,
sia pure implicito, da parte
delgiudice.
In base a tale principio, la
SupremaCorteharitenutola
parte civile costituitasi fuori
udienza, con atto notificato
alle altre parti, legittimata,
per ciò solo, a formulare
istanza
di
sequestro
conservativoex art. 316
c.p.p.(668).
La costituzione di parte
civileproduceiproprieffetti
in ogni stato e grado del
processo.
Non è, dunque, necessario
in alcun caso rinnovare la
dichiarazio- ne, vigendo il
principio di “immanenza”
della costituzione di parte
civile(669).
8 .La rappresentanza in
giudiziodelminore-persona
offesa.
Il minore-persona offesadanneggiato che intende
costituirsi parte civile nel
processo penale deve essere
rappresentato, autorizzato od
assistito
nelle
forme
prescritte per l’esercizio
delleazionicivili(670).
Lacostituzioneavvenutaa
mezzo dell’esercente la
potestà genitoriale non
richiede l’autorizzazione del
giudice tutelare, in quanto si
tratta di un atto non
eccedente
l’ordinaria
amministrazione(671).
Nell’ipotesi in cui il
minore, nel corso del
giudizio,
diventi
maggiorenne, la relativa
costituzione di parte civile
conservalasuavaliditàsenza
necessità di rinnovazione, in
assenza di dichiarazione al
riguardo da parte del
difensoreediiniziativedelle
controparti(672).
Dataleprincipioconsegue
chelamancatadichiarazione
del raggiungimento della
maggiore età, nell’ipotesi di
parte civile costituitasi a
mezzo del genitore, non può
essere interpretata come
un’implicita rinuncia alla
costituzione da parte del
minoremedesimo(673).
Tale orientamento appare
meritevoledicondivisionein
quantoconformealprincipio
di
“immanenza”
della
costituzione di parte civile
(674).
Nell’ipotesi in cui manca
la persona a cui spetta la
rappresentanza o l’assistenza
e vi sono ragioni di urgenza
ovvero vi è conflitto di
interessi tra il danneggiato e
chi lo rappresenta, il
pubblico ministero può
chiedere al giudice di
nominare al minore un
curatorespeciale(675).
Ai sensi dell’art. 77,
comma IV, c.p.p., in caso di
assoluta urgenza ( 676),
l’azione civile nell’interesse
del danneggiato minorenne
può essere esercitata dal
pubblico ministero finché
subentricoluialqualespetta
la
rappresentanza
o
l’assistenza
ovvero
il
curatorespeciale.
Sirammenta,infine,chela
questione
relativa
alla
legittimazione del curatore
speciale di minore a
costituirsi parte civile, già
risolta positivamente dal
giudice
dell’udienza
preliminare, non può essere
riproposta in sede di
procedimento di riesame di
sequestroconservativo(677).
9
.Permanenza
e
prescrizione.
Il delitto previsto dall’art.
570, comma II, n. 2, c.p. ha
caratterepermanente(678)in
quanto
lo
stato
di
consumazione perdura per
tutto il tempo in cui si
manifestalacondottaecessa
per effetto di un contegno
contrariodell’agente.
Un eventuale tardivo
adempimento determina la
cessazione della permanenza
ma non esclude il reato se
l’omissione dell’obbligato si
è
protratta
per
un
apprezzabile arco temporale
(679).
In tale ipotesi, potrà, al
più, ritenersi applicabile
l’attenuantedicuiall’art.62,
n.6,c.p.(680).
La permanenza non viene
meno, inoltre, nel caso di
decadenza dalla potestà
genitoriale ciò in quanto il
relativo provvedimento elide
i poteri ma non i doveri che
non siano incompatibili con
le ragioni che hanno
determinato
il
provvedimento(681).
Dalla natura permanente
del reato discende che la
prescrizione decorre dal
compimento
dell’azione
idonea ad interrompere la
condottaillecitaoppuredalla
pronuncia della sentenza di
primogrado(682).
In relazione a tale ultimo
aspetto,
dunque,
la
contestazione di condotte
omissive realizzate in epoca
anteriore a quelle valutate
nellasentenzadiprimogrado
divenuta irrevocabile è
preclusadaldivietodelbisin
idem(683)(684).
10.Procedibilità. Discrimen
tra la fattispecie di cui
all’art. 570, comma II, n. 2
c.p. e quella di mancata
corresponsione dell’assegno
divorzile ex art. 12sexies, l.
898/70.
Il comma quarto dell’art.
570 c.p. stabilisce la
procedibilitàex officio della
fattispecie
di
omessa
somministrazione dei mezzi
di sussistenza commessa in
dannodiminore.
Ove, invece, il delitto sia
realizzato in danno del
coniuge, dei discendenti
inabili al lavoro o degli
ascendenti, la procedibilità è
aquereladiparte.
Data la natura permanente
delreatoincommento(685),
il termine per proporre
quereladecorredalgiornoin
cuilapersonaoffesahaavuto
piena
contezza
del
persistente inadempimento
della persona obbligata,
quale indice univoco, in
assenza di cause di
giustificazione,
della
violazione dell’obbligo di
legge(686).
L’art.570c.p.èrichiamato
quoad poenam dall’art. 12
sexies,
l.
898/70
contemplante, quest’ultima
disposizione,lafattispeciedi
omessa
corresponsione
dell’assegnodivorzile(687).
Detta ipotesi delittuosa si
differenzia dalla previsione
di cui all’art. 570 comma II,
n.2c.p.(688)configurandosi
sul piano tipico alla
verificazione
delmero
inadempimento dell’obbligo
di
corresponsione
dell’assegno
di
mantenimento stabilito dal
giudiceinsededidivorzio.
La norma extracodicistica
risulta applicabile alle sole
ipotesi di inadempimento
dell’obbligo
di
mantenimento in favore dei
figli(689)(690).
Attenendoilrinvioalsolo
aspetto sanzionatorio, i
Supremi Giudici hanno
ribadito la procedibilità
d’ufficio della fattispecie in
materiadidivorzio(691).
Tra le due fattispecie
incriminatrici
sussiste
concorso formale eterogeneo
(692) e non rapporto di
consunzione (693), con
conseguenteapplicabilità al
contegno violativo di più
disposizioni
di
legge
dell’aumento di cui all’art.
81c.p.(694).
CAPITOLOXV
CENNIEQUESITIFISCALI
SOMMARIO: 1. Brevi cenni sulla
normativa. –2. Riferimenti
giurisprudenziali. –3. Aspetti
fiscali. –4. Contributi ed altre
utilità in favore del coniuge
separato. –5. Abitazione nella
casa familiare.
–6. Le
dichiarazioni dei redditi dei
coniugi separati irpef, imu, ici.
– 7. Interessi sui mutui per
l’acquistodellacasa.
1 .Brevi
normativa.
cenni
sulla
Il nostro codice civile
prevede (art. 150) la
possibilità di porre fine al
rapporto coniugale mediante
l’istituto della separazione
personale.Tuttavial’Unione
Europea ha emanato di
recente ha emanato il
Regolamento N. 1259/2010
del 20 dicembre 2010. Il
Regolamentointervienenegli
statimembriconl’attuazione
di
una
cooperazione
rafforzata nel settore della
legge applicabile al divorzio
e alla separazione personale,
la normativa trae spunto dal
trattato sul funzionamento
dell’Unione europea, in
particolare dall’articolo 81,
paragrafo3,edalladecisione
2010/405/UE del Consiglio,
del 12 luglio 2010, che
autorizza una cooperazione
rafforzata nel settore del
diritto applicabile in materia
di divorzio e di separazione
legale. L’Unione si prefigge
di conservare e sviluppare
uno spazio di libertà,
sicurezza e giustizia in cui
sia assicurata la libera
circolazione delle persone;
per pervenire a una
progressivaistituzioneditale
spazio,
l’Unione
deve
adottare misure nel settore
della
cooperazione
giudiziaria nelle materie
civili con implicazioni
transnazionali.
La separazione può essere
giudiziale, qualora ne sia
fatta domanda al giudice da
parte di un solo coniuge e
venga pronunciata con
sentenza a seguito di un
giudizio, oppure consensuale
quando sia fruttodi un
accordotraiconiugi,accordo
poi omologato dal giudice
(omologazione che risulta
indispensabile affinché la
separazione possa produrre
effetti), ovvero di fatto
quandolastessanonvengain
alcun modo formalizzata,
avendo, in tal caso, effetti
estremamentelimitati.
Lasentenzadiseparazione
produce effetti sui rapporti
patrimoniali tra i coniugi:
infatti il coniuge non
responsabile
della
separazione ha diritto di
ricevere dall’altro coniuge
quanto è necessario al suo
mantenimento qualora non
abbiaredditipropriadeguati.
Il coniuge responsabile del
fallimento del matrimonio,
se non ha redditi propri
sufficienti, ha invece diritto
aglialimenti.
L’assegno
di
mantenimento ha come fine
permettere
al
coniuge
economicamente più debole
di mantenere un tenore di
vita compatibile con quello
tenutoduranteilmatrimonio.
Il diritto agli alimenti è
invece concesso solo quando
lapartechelorichiedenonè
in grado di provvedere al
proprio sostentamento con
un’attivitàlavorativa.
2
.Riferimenti
giurisprudenziali
Cassazione Penale, sez.
VI, sentenza 28.08.2012 n.
33319
L’inadempimentosaltuario
del pagamento dell’assegno
non è sufficiente per far
condannare l’ex marito per
averfattomancareimezzidi
sussistenza al figlio (6 mesi
su 21). Lo ha stabilito la
Corte di cassazione, con la
sentenza
33319/2012,
accogliendoilricorsodell’ex
marito contro la sentenza
della Corte di Appello di
Messina che confermando il
primo grado lo aveva
condannato per il reato
previsto dall’articolo 570,
secondo comma, del codice
penale, sulla base della sola
testimonianza della ex
moglie secondo cui la quale
ilproprioexconiugeerogava
gli importi quando se lo
ricordava, e cioè ogni tre
quattromesi.Unacircostanza
quest’ultima
che,
contrariamente a quanto
sostenuto in appello, non
trova per nulla riscontro nei
“vaglia postali prodotti dalla
difesa”, a contare i quali,
all’opposto, risulta che “solo
sei mensilità non furono
pagate, in circa due anni.
Inadempienze, spiega la
Corte,bencompatibiliconil
tipodilavorodell’exmarito,
cameriereatempo,edunque
tali “da non configurare,
quanto meno sotto il profilo
psicologico,
quella
consapevole e volontaria
sottrazione agli obblighi di
somministrazione dei mezzi
disussistenzachecostituisce
il nucleo essenziale del
delitto previsto dal secondo
comma dell’articolo 570 del
codicepenale.”
Cassazione Civile, sez. I,
sentenza19.03.2012n.4296
La Corte ha riconosciuto,
conlasentenzadel19marzo
2012, il diritto al figlio
maggiorenne
non
autosufficiente, a partecipare
nellacausadiseparazionedei
genitori.
Quindi
sì
all’ingresso
del
figlio
maggiorenne nel giudizio di
separazioneedidivorziodei
genitori; la Corte di
cassazione,
sentenza
4296/2012,
infatti
ha
riconosciuto ad un ventenne
veneziano la legittimazione
adintervenirenellacausatra
mamma e papà per ottenere
un assegno congruo che gli
consentisse di proseguire in
autonomia
gli
studi
universitari. Il codice civile
all’articolo 155 quinquies
prevede che il giudice possa
disporre in favore dei figli
maggiorenni
ma
non
autosufficienti il pagamento
di un assegno anche
direttamente
all’avente
diritto. In simili casi,
secondo la Corte, si
scontrano due posizioni
entrambe meritevoli di
tutela, quella del genitore
conviventedirettaadottenere
l’assegno per adempiere ai
propri compiti senza dover
anticipare il denaro di tasca
propria; e quella del figlio
avente
diritto
al
mantenimento, “ed anzi
legittimato in via prioritaria
ad ottenere il versamento
diretto del contributo”. Così,
spiegalasentenza,ecioèche
l’articolo 155 quinquies
“appare rivolto al giudice
della
crisi
familiare,
chiamato ad adottare - sulla
base di una prudente
valutazione delle concrete
emergenze del caso - quella
diversa determinazione in
derogaalprincipiogenerale”.
E con l’ingresso in giudizio
del figlio si amplia il
contraddittorio consentendo
al giudice di decidere “sulla
base di una approfondita ed
effettiva disamina delle
istanze
dei
soggetti
interessati”. D’altra parte,
per l’articolo 105 del Cpc è
sufficiente
a
ritenere
ammissibile l’ingresso in
giudizio “la circostanza che
la
domanda
dell’interveniente presenti
una connessione od un
collegamento con quella di
altrepartirelativeallostesso
oggetto sostanziale, tali da
giustificare un simultaneo
processo”.
Cassazione Civile, sez. I,
sentenza28.03.2003n.4736
La sentenza precisa che
l’iscrizione nelle liste di
collocamento,
unitamente
allapresenzadicertificazioni
sanitarie che sconsigliano lo
svolgimento di attività
lavorativeperilsoggettopiù
debole
economicamente,
dimostrano
l’oggettiva
impossibilità di procurarsi i
mezzidisostentamento.
Cassazione Civile, sez. I,
sentenza 25.09.2003 n.
14252
La sentenza stabilisce che
l’acquisto di una barca di
maggiorpregioevaloredella
precedente costituisce un
elemento ai fini della
valutazione
della
adeguatezza dei redditi per
determinare l’assegno di
mantenimento in favore del
coniuge cui non sia
addebitabilelaseparazione.
Cassazione Civile, sez. I,
sentenza 11.11.2003 n.
16912
La sentenza ha affermato
che il coniuge separato, cui
non sia addebitabile la
separazione, ha diritto di
otteneredall’altroconiugeun
assegno di mantenimento
idoneo ad assicurargli la
conservazione del medesimo
tenore di vita di cui godeva
in costanza di matrimonio,
con la conseguenza che, in
forza di tale permanente
solidarietà, il coniuge al
quale non sia stato attribuito
alcunassegno,qualoralasua
situazione economica si sia
deteriorata, o sia migliorata
quelladell’altroconiuge,può
chiederelacorresponsionedi
un assegno rapportato al
tenore di vita che avrebbe
avutoovelaseparazionenon
fosse
intervenuta.
La
sentenza ha inoltre ricordato
il che la solidarietà tra i
coniugi non viene meno con
laseparazioneenonconsente
di escludere il diritto ad un
assegno di mantenimento in
favore dell’altro coniuge, il
quale,purgodendodiredditi
sufficienti, non sia in grado
diconservareiltenoredivita
goduto in costanza di
matrimonio.
Cassazione Civile, sez. I,
sentenza 12.12.2003 n.
19042
La sentenza riconosce il
diritto
alla
riduzione
dell’assegno
di
mantenimento
se
l’ex
coniuge lavora in nero. La
Corte ha confermato la
sentenza dei giudici merito,
ritenendo
legittima
la
riduzione dell’assegno a
carico di un professore
universitario di Roma a
favore della ex moglie, la
qualelavoravainneropresso
unnegoziodiabbigliamento.
Cassazione Civile, sez.
IV, sentenza 22.11.2002 n.
16462
La
corresponsione
dell’assegno di divorzio una
t a n t u mnon integra gli
estremi di un onere
deducibile dal reddito, dal
momento che tale somma
nonassolvealmantenimento
periodico,
costituendo
quindi, per il coniuge
beneficiario,
reddito
imponibile
ai
fini
dell’IRPEF. La sentenza ha
accolto un ricorso presentato
dal Ministero delle Finanze,
ponendo fine ad una
questionecontroversa.
La Suprema Corte ha
ribadito
che
l’assegno
periodico e l’assegno in
unica soluzione, pur avendo
entrambi la funzione di
regolare
i
rapporti
patrimoniali derivanti dallo
scioglimento
o
dalla
cessazionedeglieffetticivili
delmatrimonio,nonhannola
stessanaturaeappaionosotto
variprofilidiversietalisono
stati
considerati
dal
legislatore nella disciplina
dettatainmateria.
3.Aspettifiscali.
Innanzitutto bisogna fare
unadistinzionetraassegnodi
mantenimento destinato al
coniuge separato ed assegno
di mantenimento corrisposto
aifigli.
Aifinifiscali,l’assegnodi
mantenimento corrisposto a
seguito di sentenza del
Giudice è deducibile dal
reddito imponibile del
coniuge
obbligato
e
costituisce
reddito
imponibileperilconiugeche
loriceve.
Lequotecorrisposteperil
mantenimento dei figli non
possonoinveceessereportate
in deduzione dal reddito
imponibile del coniuge
obbligatoenoncostituiscono
reddito imponibile per il
coniugechelericeve.
L’assegno periodico di
mantenimento del coniuge a
seguito di cessazione del
matrimonio ha un duplice
profilo:risultaesserereddito
assimilato a quello di lavoro
dipendente per l’ex coniuge
che lo riceve, mentre è un
onere deducibile per l’ex
coniuge che lo eroga;
conseguentemente il coniuge
che
riceve
l’assegno
periodico di mantenimento
deveincluderloaifinifiscali
nella propria dichiarazione
dei redditi tra i redditi
assimilati a quelli di lavoro
dipendente,mentreilconiuge
che eroga l’assegno di
mantenimento, deve indicare
tale importo tra gli oneri
deducibili
dal
reddito
complessivo
nel
rigo
“rubricato”
assegno
corrisposto al coniuge, con
esclusione della quota di
mantenimentodeifigli.
Nella dichiarazione dei
redditi bisogna indicare la
somma
degli
assegni
periodici
corrisposti
nell’anno (pagati dal 1
gennaio al 31 dicembre,
anche se di competenza
diversa) in conseguenza di
separazione
legale
ed
effettiva, scioglimento o
annullamento di matrimonio
o di cessazione dei suoi
effetti civili, con esclusione
degli assegni destinati al
mantenimentodeifigli.
Come si è detto, gli
assegni di mantenimento
versati a favore dei figli non
vanno dichiarati dal coniuge
che li percepisce, né dedotti
dalconiugechelihaversati.
Particolareattenzionedeve
essere posta nel caso in cui
l’assegno corrisposto al
coniuge
comprenda
cumulativamente (e senza
distinzione) anche le somme
destinate al mantenimento
dei figli. In questo caso
l’importo dell’assegno si
considera per metà destinato
al coniuge e per l’altra metà
aifigli.
Non risultano invece
deducibili
le
somme
corrisposte in un unica
soluzione
al
coniuge
separato,
essendo
ben
specificato dalla norma che
perottenereladeduzionedal
reddito complessivo del
contribuente delle somme
corrisposte al coniuge, deve
trattarsi di assegni periodici,
con conseguente esclusione
di qualsiasi versamento
effettuato in una unica
soluzione.
Schemaesemplificativo
ASSEGNOALCONIUGE
PerilCONIUGEEROGANTE
=Onerededucibile
PerilCONIUGE
RICEVENTE=Altriredditidi
lavorodipendente
ASSEGNO
DI
MANTENIMENTO
AL
CONIUGE AFFIDATARIO
PERIFIGLI
PerilCONIUGEEROGANTE
=Noncostituisceonere
deducibile
PerilCONIUGE
RICEVENTE=Noncostituisce
reddito
4 .Contributi ed altre utilità
in favore del coniuge
separato.
Icontributielealtreutilità
a favore del coniuge
separato,diversidall’assegno
di mantenimento, sono
assolutamente indeducibili.
In materia di oneri
deducibili,
l’elencazione
delle erogazioni che vi
rientrano è stabilita dalla
legge e non è estensibile per
analogia; restano, pertanto,
esclusidaglionerideducibili
i contributi forfettari alle
s p e s edi
gestioni
condominiali
relative
all’appartamento occupato
dalconiugeseparatoepagate
al condominio, le spese per
l’arredamento
dell’appartamento comprato
innomeepercontodeifigli
alla madre, le spese di
manutenzione straordinaria
dell’immobile,ratedimutuo
pagate per il coniuge che,
contemporaneamente,rinunci
all’assegno di mantenimento
ed altri oneri, sia pure
attribuiti al contribuente ad
operadellasentenza.
5 .Abitazione nella casa
familiare.
L’uso
dell’abitazione
coniugale e delle sue
pertinenze
spettano
al
coniuge assegnatario ed ai
membri della famiglia con
luiconvivente.Comeènoto,
lalegge8febbraio2006n.54
ha modificato anche tale
materia,
dettando
prescrizioni
per
l’assegnazionedellacasacon
ilnuovoarticolo155quater.
Le novità, in estrema
sintesi,
riguardano
la
possibilità di assegnare la
casa anche al coniuge non
affidatarioesclusivo,oveciò
corrisponda all’interesse dei
figli.
L’usodellacasafamiliare,
comporta l’accollo delle
spese relative alla custodia,
amministrazione
e
manutenzione ordinaria e
straordinaria, nonché dei
tributi relativi allo stesso;
restano, inoltre, a carico di
chiusufruiscedell’immobile,
gli oneri condominiali
ordinari.
6 .Le dichiarazioni dei
redditideiconiugiseparatiIRPEF-IMU-ICI
La dichiarazione dei
redditideveesserepresentata
da ciascun coniuge separato,
non
è
ammessa
la
dichiarazionecongiunta.
Nellamaggioranzadeicasi
al centro della dichiarazione
dei redditi vi è l’abitazione
degliexconiugi;allalucedi
recenti disposizioni di legge
del goveno Monti del 2012,
riguardanti
l’imposizione
fiscalesullacasa(irpef,imu,
ici). Per individuare la
corretta
imputazione
tributaria della propria casa,
per prima cosa bisogna
effettuare una distinzione tra
“prima casa” ed “abitazione
principale”.
La differenza tra prima
casa e abitazione principale,
che molto spesso coincidono
(es.casodiunafamigliache
possiede un unicoimmobile
e vi abita), è legata alla
legge,laqualeriservadiversi
benefici alle due categorie
menzionate.
Primacasa
Ilconcettodiprimacasafa
riferimento al possesso di
una unità immobiliare,
ovvero la prima che un
soggetto acquista ed entra a
far parte della propria
disponibilità.
La legge, dal 1982 ( l. 22
aprile 1982 n. 168) per
l’acquistodeibenidaiprivati
e dal 1993 per l’acquisto dei
beni
dalle
società
immobiliari e dai costruttori
(D.L. 22 maggio 1993 n.
155), dà la possibilità al
momento dell’acquisto di
alcuneagevolazioni.Laparte
acquirentedevedichiararedi
essere residente nel comune
dovel’immobileèacquistato
ovvero si deve impegnare a
trasferirvi la residenza entro
18 mesi; inoltre l’immobile
non
deve
avere
caratteristiche di lusso (es.
categoriaA2).
La parte acquirente non
deve avere né la proprietà in
quota o anche l’usufrutto di
un immobile a destinazione
abitativanellostessocomune
dove
sta
comprando
l’immobile in oggetto né
avere la piena proprietà in
qualsiasi comune italiano di
un’abitazione che sia stata
acquistata beneficiando delle
agevolazioniinquestione.
Soddisfatti questi requisiti
davanti al notaio le imposte
di registro, ipotecarie e
catastali dovute scenderanno
dal10al3%.L’agevolazione
per l’acquisto della prima
casaprevedeunobbligo:non
vendere la proprietà per 5
anni dalla data di acquisto.
Ove si venda la casa
acquistata
con
le
agevolazioni, si è soggetti al
pagamentodiunasovrattassa
del 30% sulle tasse pagate e
alpagamentodelladifferenza
tra il 3% e il 10% (imposta
dovutasenzaleagevolazioni)
nonché gli interessi. Per
evitare
di
decadere
dall’agevolazione,oltreanon
vendere per 5 anni, vi è
un’alternativa: ricomprare
entro un anno dall’avvenuta
vendita una nuova prima
casa.
Abitazioneprincipale
Il concetto di abitazione
principale è sostanzialmente
assimilabile con quello di
residenza, che la legge la
definisce dimora abituale
(cit.art.43C.C.comma2:la
residenzaèilluogoincuila
persona ha la sua dimora
abituale), ovvero l’immobile
doveunapersonaounnucleo
familiare ha stabilito la sede
principale dei suoi affari ed
interessi; ciò comporta
agevolazioniIMU(inpassato
sull’ICI vi era l’esenzione);
lanonimponibilitàIRPEF;la
detraibilità degli interessi
passivi sul mutuo contratto
per l’acquisto e prezzi
agevolati sulla stipula di
contratti
sulle
utenze
domestiche.
Per effetto, quindi, di
queste
citate
recenti
disposizioni di legge e fatte
ledistinzionidicuisopratra
“prima casa” e “abitazione
principale”, in funzione di
queste distinzioni la legge
riconosceriduzionisull’IMU
(e non esclusione come
disposto dalla previgente
normativa in materia), tali
riduzioni si applicano ai
contribuenti che hanno quale
abitazione
principale
l’immobile
oggetto
dell’impostasull’IMU.
A tal fine è opportuno
ricordare che la nozione di
abitazioneprincipaleimplica
l’unicità della stessa. Non si
possono avere più abitazioni
principali. Inoltre, tale
nozione deve essere sempre
riferitaaldichiarante.
7 .Interessi sui mutui per
l’acquistodellacasa.
Sonodeducibilidalreddito
gliinteressipassivi,glioneri
accessori e le quote di
rivalutazione previste da
clausolediindicizzazioneper
mutui ipotecari contratti per
l’acquistodiimmobiliadibiti
ad abitazione principale
(sempre che l’immobile sia
adibito
ad
abitazione
principale entro un anno
dall’acquistoechel’acquisto
sia avvenuto nell’anno
antecedente o successivo
all’accensionedelmutuo).
Dal 2001, inoltre, la
detrazionespettaanche:
- dalla data in cui
l’immobile è adibito ad
abitazione principale e
comunque entro due anni
dall’acquisto, se l’immobile
è oggetto di lavori di
ristrutturazione
edilizia,
comprovati dalla relativa
concessione edilizia o da un
attoequivalente;
- anche nel caso di
acquisto di un immobile
locato se, entro tre mesi
dall’acquisto, l’acquirente
notifica al locatario l’atto
d’intimazionedilicenzaodi
sfratto per finita locazione e
se,entrounannodalrilascio,
l’immobile è adibito ad
abitazioneprincipale;
-
al
contribuente
acquirente e intestatario del
contratto di mutuo, anche se
l’immobile viene adibito ad
abitazione principale di un
familiare;
- nel caso in cui il
contribuente trasferisca la
propria dimora per motivi di
lavoro oppure la trasferisca
in istituti di ricovero o
sanitari, a condizione che
l’immobilenonsiaaffittato.
Perabitazioneprincipalesi
intende quella nella quale il
contribuente o i suoi
familiari
dimorano
abitualmente. Pertanto la
detrazione
spetta
al
contribuente acquirente ed
intestatario del contratto di
mutuo,anchesel’immobileè
adibito
ad
abitazione
principalediunsuofamiliare
(coniuge, parenti entro il
terzo grado ed affini entro il
secondo grado): Tra i
familiari si considera anche
il coniuge separato, fino a
quando non interviene la
sentenza di divorzio. Il
contribuentechehatrasferito
la sua dimora abituale, a
seguitodiseparazionelegale,
non perde il diritto alla
detrazione sugli interessi
passivi per la propria quota
dispettanza.
In caso di divorzio, lo
stesso contribuente mantiene
lapropriadetrazionesolonel
caso in cui l’immobile
acquistato
costituisca
l’abitazione principale dei
suoifamiliari(ifigli),purse
conviventi con l’ex coniuge.
Quest’ultimo non rientra più
traifamiliari.
CAPITOLOXVI
LAMEDIAZIONE
FAMILIARECOME
PRATICADIDIVERSION
PERUNASEPARAZIONE
MITE
SOMMARIO:
1.
Riflessioni
preliminari. –2. Le ragioni
della mediazione. –3. Joint
custodyesharedparenting.–4.
Cos’è la mediazione familiare.
– 5. La mediazione familiare
come pratica extragiudiziale. –
6. Il posto dei figli nella
mediazione familiare.
–7.
Caratteristiche del percorso di
mediazione.–8.Conclusioni.
1.Riflessionipreliminari.
La mediazione familiare
riprendeuncopioneereditato
dalla storia dell’uomo (695);
siproponecomeunpercorso
durante il quale le persone
vengono aiutate a stabilire
reciprociaccordi-dopoaver
definito
l’oggetto
del
contendere e le loro
aspettative - che possano
essere sostenuti anche per il
futuro e costituire la
premessa
per
nuove
transazioni adattive. Essa
rilancia costantemente l’idea
chelepersonepossegganole
risorse per sottrarsi alla
logica della conflittualità
improduttiva, in favore della
logica della produttività in
presenza di conflitto (696)
checomportailsuperamento
dello stallo - in virtù del
quale
altri
prendono
decisioni - attraverso mutui
accordi e il reciproco
riconoscimentodisentimenti
indisponibili come, per
esempio,
quello
della
genitorialità,convenendoche
la riduzione del contenzioso
comporti sia una vittoria
reciproca non effimera, sia
un vantaggio reale per la
tuteladellavitadeifigli.
La figura del mediatore
riprendelontanamentequella
del capofamiglia o della
persona
autorevole
e
imparziale a cui si ricorreva
nell’antichità per dirimere le
questionidicaratterecivilee
familiare, per riapparire
all’internodiunaconcezione
contemporaneaevolutacome
possibilità
d’integrazione
dell’ordinario procedimento
civilistico, a partire da un
contesto non giudicante o
socialmente sanzionatorio.
Questa è una prospettiva
laica che, in un’ottica
sistemica e relazionale,
consente di lavorare per
gestione di problemi, e che
risponde a parametri di
efficacia all’interno di una
dimensione autoformativa in
età adulta sostenuta dalla
figura di un operatore
competente. Di fatto, la
mediazione è una delle
principali
funzioni
dell’attività di educazione
che si esplica sui vari fronti
delle relazioni interpersonali
(697) e che istituisce la
peculiarità di tutte le
professionalità ed azioni che
siano
riconducibili
a
significati
di
ordine
educativo come ricerca di
una conciliazione tra le
diverse istanze contrapposte,
attraverso esperienze capaci
di far evolvere il conflitto
(698).
Ovunque esperita, la
pratica della mediazione,
correttamente intesa ed
aggiornata, riprende gli
orientamenti della “Charte
europeenne de la formation
des médiateurs familiaux
exerçant dans les situations
dedivorceetdeséparation”e
il
relativo
codice
deontologico(699).Inviadel
tutto preliminare, si può
assumere che la peculiarità
del percorso di mediazione
consiste
nell’assunzione
diretta, da parte dei due
partners, delle decisioni
concernenti le conseguenze
della separazione e del
divorzio
sul
piano
economico,
delle
responsabilità genitoriali e
della riorganizzazione della
vitaindividualeesocialeche
le
scelte
in
atto
inevitabilmentecomportano.
Per le sue molteplici
potenzialità, lo “spirito della
mediazione”(700)attirasudi
sé l’interesse di molti
professionisti delle scienze
dell’uomo e delle istituzioni
giudiziarie e dei servizi non
soltanto per il principio
innovativo del modello che
coglie nel sistema familiare
in
crisil’aspetto di
transizione verso un nuovo
ciclo di vita inteso come
compitoevolutivo,maanche
per quegli aspetti deflattivi
delcontenziosopenalechesi
accompagna spesso a quello
civilequandosifinisceconil
guardareallavitaconiugalee
familiare conclusa come alla
fine della storia - e di ogni
altrapossibilestoria-ecisi
appella ad un giudizio tanto
assoluto
quanto
impronunciabilesudiessa.È
evidente che in letteratura e
nellapraticasono,forsesolo,
in
apparente
contrapposizione un modello
cheguardaallaseparazionee
al divorzio come alla morte
di qualcosa di vitale e ad un
lutto
conseguente
da
elaborare e un modello che,
senza affatto omettere gli
aspetti emotivi della vicenda
e senza, però, assolutizzarli,
guarda al potenziale break
evolutivo
insito
nella
separazioneeneldivorzio.È
evidente che l’epistemologia
della mediazione si pone nel
mezzo fra quanti tendono a
sottolineare esclusivamente
la
separazione
come
occasionepositivadicrescita
e condizione necessaria di
sviluppo personale e quanti
laconsideranosoltantocome
perdita,
fallimento,
patologia.
In tutti i casi, essa può e
deveessereconsideratacome
una delle possibili strategie
di aiuto – non l’unica – alla
coppia
genitoriale
per
garantire quel superiore
interesse dei figli che, della
vicenda
familiare,
costituiscono l’anello più
debole. Da questo punto di
vista,unanuovaculturadella
separazione e del divorzio,
soprattutto
all’indomani
delle nuove “Disposizioni in
materia di separazione dei
genitori e affidamento
condiviso dei figli” (701),
non può prescindere da una
corretta visione di tutte
quelle problematiche che
accompagnano i figli nella
loro condizione di prole di
genitoriseparatiodivorziati.
Va da sé, infatti, che per
quantoifigliabbianorisorse
checonsentonodisuperarele
condizioni di stress, ciò
nondimeno non dovrebbe
essere consentito agli adulti
dimetteregratuitamentealla
prova i propri figli con
comportamentiedazioniche,
sollecitando fortemente la
loro sfera emotiva ed
affettiva, li sovresponga
destabilizzandoli a tal punto
dadareluogoaveriepropri
disturbi relazionali, della
condotta e della personalità.
È, altresì, evidente che
genitori sereni possono
senz’altro aiutare meglio i
figli
a
contenere
un’esperienza defatigante e
trasformarla in risorsa
personale, continuando ad
assolvere, in tale modo, al
loro compito genitoriale, in
costanza di separazione o
divorzio.
Daultimo–manonultimo
- occorre aggiungere che
l’iter giudiziario, con il suo
linguaggio formale, con le
sue procedure e coreografie,
comunica implicitamente ai
genitori che si separano un
messaggio complessivo che,
malgrado le intenzioni di
ciascuno,
finisce
col
rinforzare comportamenti e
alimentare sentimenti per
tanti versi opposti a quelli
necessari
per
superare
costruttivamente la crisi
della separazione o del
divorzio. Spesso accade che
questi
genitori
si
percepiscanoesicomportino
come individui infantilizzati
e colpevolizzati, ai limiti
della patologia e della
devianza, delegando ad altri
la gestione dei propri affetti
più intimi, la quotidianità
stessadeilorofigli,ostaggie
strumento di genitori irretiti
dalle
loro
esasperate
rivendicazioni.
In realtà, la separazione è
una possibilità implicita,
anche se non desiderata o
preventivata, di ogni unione;
non è, dunque, né una
malattia né un fatto
riprovevole purché essa sia
l’esito di una decisione
maturata dalle parti senza
che ciò comporti situazioni
gravose per se stessi, per i
più deboli e per la società.
Del resto, molte esperienze
di mediazione, in Italia e
all’estero, hanno dimostrato
che è possibile, anche in
situazioni di contrasto,
separarsi senza far mancare
ai figli la preziosa risorsa
della presenza congiunta di
padreemadre.
La mediazione familiare,
infatti, ponendo l’accento
sulla riorganizzazione della
quotidianità
dopo
la
separazione o il divorzio, è
un percorso che invita la
coppia ad accettare la
legittimità delle molteplici
scelte di vita che le
trasformazioni individuali e
socialiinattocomportano.È
un’opportunità«formativa»e
di aiuto che sostiene
l’autorganizzazione,
la
consapevolezza
e
la
responsabilità delle scelte
operate. Ciò può accadere e,
di fatto, è riscontrabile nella
praticaperché"lamediazione
rappresenta (...) l’arte e la
tecnica per risolvere i
conflitti al di fuori del
contesto giudiziario, con
l’aiuto di una terza parte
imparziale, sopra un terreno
che vede enfatizzati i fattori
di consenso rispetto a quelli
diconflitto(702).
Per tutti questi motivi, si
può
ritenere
che
la
mediazione possa costituire
il “luogo” all’interno del
quale il conflitto può essere
dichiaratoelapresenzadiun
mediatore autorevole e
competente - educatore del
possibile-necessaria.
2 .Le
ragioni
mediazione.
della
La mediazione familiare –
secondoalcuni–nascecome
rispostaall’inadeguatezzadel
sistema
giudiziario
tradizionale che, piuttosto
che dirimere i contrasti, a
motivo
della
stereotipizzazione dei ruoli
processuali, conduce spesso
alla spersonalizzazione e
all’emarginazione o alla
prevaricazione e alla lite
pretestuosa.
Numerosi disegni di legge
di
revisione
della
legislazione in materia di
separazione,
prima
dell’avvento della legge di
modifica dell’art. 155 del
codice civile (infra, n.7),
auspicavano come soluzione
del problema della parità di
trattamento di entrambi i
coniugi in sede processuale
l’obbligatorietà
del
trattamento di mediazione
familiare preliminarmente
all’udienza presidenziale comunque prima della fase
istruttoria-secondomodalità
diverse, spesso legate anche
alla tipologia di affidamento
ipotizzato in via talora
obbligante per il magistrato:
affidamento
congiunto,
alternato,
esercizio
congiunto
della
responsabilità genitoriale,
affidamento ad entrambi i
genitori. Alcune proposte,
invece, lasciavano al giudice
di merito la possibilità di
inviareinmododiscrezionale
ocoattivolacoppiapressoun
centro di mediazione e/o di
consulenza familiare durante
l’iter istruttorio, allorquando
avesse
ravvisato
le
condizioni per introdurre
siffatta
procedura.
Si
trattava, come si può notare,
di orientamenti che, sia pure
decisamente non conciliabili
fra di loro - uno si muoveva
all’interno di una procedura
di tipo extragiudiziale o
mista, l’altro di tipo
decisamente intraprocessuale
- aspiravano a rendere la
pratica della mediazione
familiare obbligatoria con
ricadute procedurali spesso
pregiudizievoli in caso di
esito negativo, venendosi a
trasformare la mediazione in
una specie di consulenza
tecnica per il giudice
soprattutto in relazione
all’idoneitàgenitoriale.
Appare fuori di ogni
discussione il fatto che un
affidamento di tipo non
monogenitoriale,aqualunque
fattispeciecisipossariferire
di
quelle
citate
in
precedenza, non può essere
chefruttodiunaccordofrale
parti o di un percorso di
mediazionee,inognicaso,di
una separazione personale di
tipoconsensualedoveancora
sia presente la stima
reciproca e dove sia stata
riconosciuta la capacità di
accudire ed educare la prole
da parte di entrambi i
genitori,
in
ragione
dell’affetto verso i propri
figli. Infatti, il motivo
principale per cui anche nel
nostro Paese, a prescindere
dalla
prassi
giurisprudenziale, si sta
lentamente diffondendo la
pratica della mediazione,
risiede in un approccio
culturalmente diverso alla
separazione e al divorzio e
alla tutela dei figli minori,
così da evitare possibili
traumiinessiinunmomento
giàdipersédelicatodelloro
ciclovitale,conlaperditadel
sistemafamiliarestabilmente
costituito e con il carico di
ansiacheciòpuòcomportare
(703).
Diversamente, in costanza
della logica del conflitto,
qualsiasi
scelta
di
affidamento imposta dalla
legge, anche quella che
teoricamente sancirebbe la
piena parità di trattamento
dei genitori - ma quale
codice la potrebbe garantire
veramente? - finirebbe col
risultareunameraastrazione
giuridica
al
pari
di
quell’affidamento congiunto
o alternato pure previsto
dalla novella divorzile (704)
prima ancora che il
Legislatore
introducesse
quello “condiviso” nella
riformulazione dell’art.155
del codice civile che
sancisce, in punto di diritto,
la parità di trattamento della
coppia
genitoriale,
ispirandosi alla Legislazione
europea ormai copiosa
quanto al diritto dei figli
minori a “mantenere un
rapporto
equilibrato
e
continuativo con ciascuno di
essi, di ricevere cura,
educazione e istruzione da
entrambi e di conservare
rapporti significativi con gli
ascendenti e con i parenti di
ciascun ramo genitoriale”
(comma 1). Innanzi a coppie
genitoriali esasperatamente
confligenti, il giudice di
meritononpuòfarealtroche
agire
discrezionalmente
stabilendo, caso per caso,
quale sia l’affidamento
teoricamente più idoneo
nell’interesse del minore,
sancendo così, una volta e
per tutte, che esso non possa
essere garantito che dai
genitori stessi nel rispetto
reciproco di una sana
bigenitorialità (art. 155-bis,
comma1).
La mediazione appare,
dunque, uno strumento utile
percontenerelaconflittualità
coniugale nei casi di
separazione e divorzio e,
soprattutto, per offrire alla
coppia
genitoriale
un’opportunità di natura
pedagogica per determinare,
attraverso un condiviso
progetto d’intenti, nuove e
più chiare modalità di
gestionedellarelazioneconi
figli in cuiciascuno dei
membri della coppia assuma
responsabilmente il carico
delle scelte: quelle che nella
situazione specifica risultino
eque, adeguate e sostenibili
nell’esercizio
della
genitorialità
anche
a
separazioneavvenuta.
Col
suffragio
della
letteratura, piace considerare
la mediazione come una
metodologiad’interventopiù
adeguata rispetto alla logica
della
contrapposizione
frontale
che
viene
delineandosi nelle aule dei
tribunali, anche se essa non
esautora affatto le istituzioni
giudiziarie nel loro insieme,
sulle quali incombe l’onere
della valutazione finale
dell’accordoall’internodiun
quadro
sostanziale
e
procedurale di difesa dei
diritti sia dei membri della
coppia genitoriale che dei
figli, nel pieno rispetto delle
regoledigiustizia.
Proprio a ragione di ciò,
l’art.158 del codice civile
(705) garantisce i genitori e
la prole, mettendo gli uni e
glialtrialriparodapossibili
accordi che potrebbero
violare i diritti di ciascuno
degli attori, evitando che vi
possano essere parti deboli e
parti forti. Infatti, se da un
lato, è interesse di chi
esercita la mediazione
puntare
su
percorsi
progettuali di riorientamento
edidelineazioneconsensuale
degli accordi, dall’altro la
pratica della mediazione non
è alternativa all’istituzione
giudiziaria e sostitutiva o
concorrenzialeall’avvocatura
che rimane, in linea di
principio e nel suo insieme,
strumento indispensabile di
natura tecnico/culturale a
garanziaedifesagiuridicadi
ciascuncittadino.
Nello stesso tempo, si
tratta anche di porsi
nell’ottica di ricercare in
qual modo una coppia
genitoriale possa essere
aiutata, senza “sanitarizzare”
l’aiuto
ma,
anzi,
riconducendo
l’intervento
all’interno di quella teoria
del ciclo di vita che include,
fra i processi più generali e
fisiologici di sviluppo e
crescita dei sistemi viventi
umani,
anche
quelli
separativi. Nella maggior
parte dei casi, si tratta di un
ciclo che, per quanto
conflittuale e/o ansiogeno,
può
essere
contenuto
nell’ambito delle risorse o
capacità di recupero che
ciascun
individuo
generalmente possiede o può
attivare se opportunamente
incoraggiatoesostenuto.
La vicenda separativa o
divorziale,dunque,èinsieme
un evento relazionale (la
rottura del rapporto di
coppia) e giuridico (la
definizione di un diverso
assetto dei diritti e dei
doveri); da quest’ultimo
puntodivista,taliistitutinon
possono essere collocati in
un contesto di totale
degiuridicizzazione
e
degiurisdizionalizzazione del
diritto di famiglia, anche se
la mediazione a fini
separativipuòrientrarefrale
pratichedi“diversion”e,più
in generale, in una visione
“mite” dell’amministrazione
del diritto (706). Tuttavia,
allo stato attuale della
questione, quello che appare
difficile da realizzare è
l’integrazionefral’offertadi
aiuto proveniente dal sapere
frutto della teoria della
mediazione (707) e l’offerta
di aiuto propria del sapere
giuridico sostanziale e
processuale. Estranei l’uno
all’altro,
questi
saperi
sembra dovranno sempre di
più
interrogarsi
vicendevolmente in un
prossimo futuro e integrarsi
pur
conservando
una
distinzione tanto disciplinare
quantoprofessionale,pernon
ingenerare
conflitti
di
competenza e ambiguità
circa lo spazio specifico di
intervento e di aiuto di
ciascun operatore. Infatti, il
problemaèmalpostoquando
si pensi alla possibile
elusione
del
sistema
giuridico nella problematica
separativa come se si
trattasse
di
optare
rigidamente fra un sistema
totalmente “in-Court” e uno
esclusivamente “out-Court”;
si
tratta,
invece,
di
riconoscere lo spazio per il
recupero di una capacità
interlocutoria
negoziale
confusa, resa incerta e
conflittuale dal sopravvenire
diistanzeebisogninuovidai
confini non ancora ridefiniti
che la sola materia giuridica
non può ignorare o fingere
inesistenti. Tutti sanno, e le
statistiche lo confermano,
che la vicenda separativa e
quella divorzile non si
concludono
con
il
pronunciamento
della
sentenza da parte del
Tribunale,
perdurando
strascichi e contenziosi
giudiziari, alimentati dal
disagiopsichicoeambientale
che,ingenere,hannotermine
soltanto
con
il
sopraggiungere
della
maggiore età dei figli e con
l’apparire di nuovi scenari
esistenziali. Non a caso, si è
solitidistinguerefradivorzio
legale, emotivo, economico,
genitoriale,
istituzionale.
Questo vuol dire che la
coppiagenitorialehabisogno
diunaiutochesappiavedere
oltreilcontenziosogiuridico
omeglionellanaturadiesso,
perché nella maggior parte
d e l l evolte il problema è
proprio dentro di esso: nelle
motivazioni inespresse, nelle
finalità non dichiarate, nelle
aspettative nuove e forse
ancorasfocate,neiparametri
di riferimento alternativi a
cui
ciascuno
anela,
consapevolmente
o
inconsapevolmente, e che
portadentrodisé.
Alla luce di ciò, occorre
individuare uno spazio reale
di incontro e dialogo che si
ponga come una sorta di
laicolocusofcontrolinterno
edesternoall’interavicenda.
Inquest’otticalamediazione
familiare appare come una
proposta, adeguata alle
istanze sociali e culturali
contemporanee,
a
cui
accedere perché rispettosa
delle parti e delle risorse
professionali
chiamate
doverosamente ad interagire
nell’interesseditutti.
3 .Joint custody e shared
parenting.
Molti pensano alla pratica
della mediazione ritenendo,
implicitamente
o
esplicitamente, che essa sia
la
via
naturale
all’affidamento congiunto o
condiviso (joint custody). In
realtà, l’esito positivo della
pratica della mediazione
invoca una separazione
personale consensuale e
l’esercizio congiunto della
responsabilità
genitoriale
(sharedparenting)cherende
più
concretamente
e
immediatamente percepibile
l’aspetto paritario della
funzione genitoriale dopo la
separazione in relazione alle
necessità di accudimento e
crescita armoniosa dei figli,
così co- me delineato anche
dalla dottrina della Corte
Costituzionale sin dal 1987
(708). Il trattamento di
shared parenting appare
come
un
modo
realisticamente accettabile
per
garantire
la
bigenitorialità ai figli e, al
genitore non stabilmente
convivente con la prole, il
diritto di esercizio della
responsabilità genitoriale,
così come invocato dal
rinnovellato art.155 del
codicecivile.
La nuova disciplina della
separazione
e
dell’affidamento condiviso
elimina, almeno in punto di
diritto, quel trattamento
vessatorio, presente nel
precedente art.155, nei
confronti del genitore non
affidatario al quale veniva
assegnato
un
ruolo
genitoriale subalterno e, dal
punto di vista pedagogico
non
significativo
nei
confronti della prole della
quale veniva di fatto
espropriato con motivazioni
apodittiche genericamente
motivate dal pregiudizio
fondato sulla basa di un
inveterato
stereotipo
culturale. A tal proposito in
letteraturaèstatasostenutala
tesi, suffragata proprio dalla
giurisprudenza dei giudici di
merito, che la figura del
genitore non stabilmente
convivente (non affidatario)
(709) fosse trattata di fatto
alla stessa stregua di quel
genitoreche,aisensidell’art.
333 del codice civile, viene
allontanato dalla prole a
motivo
dell’eventuale
condottapregiudizievole,con
l’evidente
disparità
di
trattamento in ragione della
quale,mentreilgenitorenon
affidatario non avrebbe mai
potuto
chiedere
l’applicazione dell’art. 332
c.c. (“Reintegrazione nella
potestà”), quello sanzionato
per condotta pregiudizievole
avrebbe potuto aspirare alla
reintegrazione nella potestà.
Infatti, il precedente art.155
stabiliva che l’esercizio
esclusivo della potestà sui
figli rimanesse in capo al
genitore affidatario, fatto
salvo il diritto-dovere alla
vigilanza del genitore non
affidatario.
Tutti coloro che a vario
titolo trattano della materia
della separazione sanno che
la figura del genitore non
affidatario era trattata in
modoresidualedalgiudicedi
merito anzi, spesso, la
giurisprudenza dimostrava
insofferenza verso la sua
presenza, quando questa
reclamava
nell’interesse
della prole il diritto-dovere
all’esercizio
della
genitorialità. Il giudice di
merito
finiva
con
l’identificare arbitrariamente
l’interesse del minore con la
tutela dell’esercizio della
potestà
del
genitore
“affidatario”": genitore che
la Legislazione francese,
invece,definisce«locatario»,
in ciò rendendo più
concretamente percepibile,
anche semanticamente, la
parità sostanziale fra le due
figure genitoriali in ordine
allatuteladell’interessedella
prole.
Con
l’applicazione
generalizzata
dell’affidamento
monogenitorialeilgiudicedi
meritofiniva,inrealtà,conil
facilitare
–
pur
sanzionandolo
l’assenteismo del genitore
non
affidatario
autorizzandolo,
indirettamente,adisattendere
anche agli articoli 143, 2
(fatto salvo il diritto a non
coabitare a seguito di
pronunciamento
presidenziale),147e148del
codicecivile.
Restailfattoche,inordine
ad una ricerca condotta in
Germania, i ricercatori nel
trarre le loro valutazioni
sostengono che i genitori
“prima che possa funzionare
u naffidamento congiunto
dopo il divorzio hanno
bisogno,
tanto
per
cominciare, di unesercizio
congiunto
delle
cure
genitoriali nell’ambito della
famiglia completa” (710).
Con il terminejoint custody,
dunque, in questa sede, si
vuolerinviare,piùcheaduna
prassi
giurisprudenziale
obbligatoria, ad una cultura
della separazione ricca di
responsabilità da parte di
entrambelefiguregenitoriali
vissuta in modo paritario
attraverso
il
reciproco
riconoscimento della vitale
funzione
parentale
da
svolgere nei confronti dei
figli.Iltrattamentodishared
parenting, quindi, rende
ragione di accordi che,
comunque, devono essere
assunti
reciprocamente
perché la salvaguardia non
retorica dell’interesse dei
figli minori esige equità ed
adeguatezza delle decisioni
anche nella prospettiva di
eventuali e non improbabili
disarmonie che possono
sopraggiungere,adistanzadi
tempo,dopolaseparazionee
ildivorzio.
Perquestopiacedefinirela
mediazione come “un mezzo
per ridurre l’irrazionalità
delle parti impedendo le
recriminazioni personali e
localizzando l’attenzione sui
problemi reali, esplorando
soluzioni
alternative,
rendendo possibile alle parti
di fare o ritirare concessioni
senza perdere la faccia o il
rispetto; aumentando la
comunicazionecostruttivatra
leparti;ricordandoalleparti
il costo del conflitto e le
conseguenze di dispute
irrisolte,
fornendo
un
modello di competenza,
integrità, imparzialità nella
figura del mediatore” (711)
all’interno di una visione
ecologicadelconflitto(712).
4 .Cos’è la mediazione
familiare.
La mediazione familiare è
un percorso volontario,
strutturato, che porta a
soluzioni più celeri di quelle
prospettate dal normaleiter
giudiziario ed ha l’obiettivo
di sostenere le parti in lite
nella ricerca di accordi equi
n épraeter nécontra legem.
Tale pratica non pretende di
risolverelacomplessitàdelle
vicissitudini che gravitano
attorno alla famiglia, tenta
però di aiutare a gestire e
vivere un’esperienza resa
spesso
caotica
dall’insorgenza di nodi
irrisolti. “La separazione
coniugale è un percorso
attraverso il quale i genitori
separati o in via di
separazione si rivolgono
liberamente ad un terzo
neutrale (imparziale), per
ridurre gli effetti distruttivi
di un grave conflitto che
interrompe o disturba la
comunicazione tra loro. La
mediazionemiraaristabilire
la comunicazione tra le parti
per poter raggiungere un
obiettivo
concreto:
la
realizzazione di un progetto
di organizzazione delle
relazionidopolaseparazione
o il divorzio. L’obiettivo
finale della mediazione
familiare si realizza quando
il padre e la madre,
nell’interessedeifiglieloro,
siriappropriano,purseparati,
della comune responsabilità
genitoriale. Ad essi spetta
ognidecisionefinale”(713).
È per questo che “la
mediazione familiare non è
una semplice tecnica più o
meno efficace che si
apprende
e
si
usa
esclusivamente nel proprio
ambito professionale. È,
invece,unmododipensaree
diviverechetravalicailpuro
mestiere.Èlacapacità:
-diempatizzareconl’altro
senza lasciarsi travolgere
dalle sue sofferenze e senza
sovrapporre a queste le
proprie;
- di tenere presenti gli
assenti (i figli) senza farne
un uso ricattatorio per
ottenere
pseudo-accordi
basati sui sensi di colpa dei
genitori;
- di non confondere la
maschera con l’attore che la
indossa. Occorre, in altre
parole, rammentare che la
durezza, la bellicosità, la
sgradevolezza di molti
genitori in battaglia sono
frutto di sofferenza, ansia,
delusioneaggravatedaimodi
dellaseparazione;
- di resistere alle
frustrazioni
e
al
coinvolgimento emotivo che
derivanodall’assistereaduri
scontri tra genitori e a
dialoghi instaurati a fatica e
poi bruscamente interrotti,
dal lavorare interrotti, dal
lavorareinunclimaculturale
che predica la pace ma
sembra non credere alle
possibili concrete soluzioni
pacifiche, dalle interferenze
dichigettabenzinasulfuoco
quando addirittura non trae
vantaggio dall’inasprimento
delloscontro”(714).
Secondo la definizione
proposta
nel
1990
dall’Association pour la
Promotion de la Mediation
Familiale (A.P.M.F.): “La
mediazione familiare, in
materia di separazione e
divorzio, è un processo di
risoluzione dei conflitti
familiari:
le
coppie,
coniugate o no, richiedono
l’intervento confidenziale di
una terza persona, neutrale e
qualificata,
chiamata
chiaramente
«Mediatore
Familiare». Il ruolo del
mediatore familiare è quello
di portare i membri della
coppiaatrovaredasélebasi
di un accordo durevole e
mutuamente
accettabile,
tenendo conto dei bisogni di
ciascun componente della
famiglia e particolarmente
dei figli, in uno spirito di
corresponsabilità
e
uguaglianza
dei
ruoli
genitoriali”(715).
J.M.Heynes,unodeisuoi
fondatori,
definisce
la
mediazione “come l’offerta
di aiuto alla coppia, allo
scopo di riequilibrare il
potere contrattuale tra le
parti, dove lo scambio
ridiviene alla pari”. Queste
definizioni
pongono
l’accento sulla necessità di
gestire il potere all’interno
della coppia, mentre la
definizione
fornita
dall’A.P.M.F. pone l’accento
sulle capacità socio-psicopedagogiche che l’operatore
deve possedere all’interno
della relazione professionale
d’aiuto (716). “La funzione
socio-psico-pedagogica del
mediatore
deriva
dal
convincimento
che
il
superiore interesse del
bambinodeveesserelaguida
di coloro che hanno la
responsabilità della sua
educazione,
del
suo
orientamento,inprimoluogo
i genitori e ciò richiede un
forteinvestimento”(717).
In quest’ottica è evidente
che la mediazione familiare
differisce significativamente
sia dall’arbitrato, sia dalla
terapia di coppia che dalla
consulenza
familiare.
L’intervento di mediazione
purutilizzandocompetenzee
strategie
tipiche
del
colloquioclinico,sidistingue
dalla terapia sotto molti
aspetti. Prima di tutto, opera
con un sistema, quello
familiare, che ha già avviato
o scelto un cambiamento, la
separazione; tende da subito
alla creazione di un nuovo
equilibrio; è esclusivamente
orientato al presente ed è
interessato
alla
futura
strutturazionepersonalechei
componenti la famiglia si
daranno;
la
durata
dell’intervento è limitata nel
tempo. L’intervento che, tra
l’altro,
comporta
l’obbligatorietà della copresenza dei genitori, è
circoscritto su obiettivi
concordati e predefiniti; gli
argomenti, inoltre, sono
trattati in successione in
conformità a un programma
concordato sin dall’inizio
dell’intervento fra mediatore
ecoppiagenitoriale(718).
In questa prospettiva «la
Mediazione Familiare si
configura come l’intervento
di
un
professionista
“imparziale” nel conflitto,
che si accompagna al
processo di separazione e di
divorzio: essa si articola in
un numero limitato di
incontri, in cui è offerto ai
coniugi
un
contesto
strutturato e protetto, dove
affrontare la crisi coniugale,
cogliendo le opportunità
evolutive che il conflitto
propone anche in funzione
della crescita e della
maturazionedeifigli.
Con
la
Mediazione
Familiare
s’intende
raggiungere accordi concreti
e stabili nel tempo sulle
principali decisioni che
riguardanogenitoriefigli:la
divisione
dei
beni,
l’affidamento e l’educazione
deiminori,iperiodidivisita
del genitore non affidatario,
la gestione del tempo libero,
etc.
Sono proprio tali aspetti,
infatti, che ostacolano quasi
sempre il percorso di
separazione,
diventando
terreno di scontro fra i
partners
su
questioni
relazionali di fondo rimaste
irrisolte.
Il Modello Sistemico,
prendendo in considerazione
l’intero sistema familiare
coinvolto, ha il vantaggio di
aiutare il gruppo familiare a
superare la fase critica del
suo ciclo vitale ed a
raggiungere, utilizzando le
risorse presenti, un assetto
relazionale più soddisfacente
per i membri della famiglia.
L’intervento viene effettuato
con la coppia e, quando è
necessario,conifigli»(719).
L’esito positivo della
mediazione
familiare
conduce alla separazione
personale consensuale e
all’affidamento condiviso da
intendersi,difatto,piùcome
esercizio
congiunto
o
condiviso
della
responsabilità
genitoriale
(sharedparenting) che come
affidamento congiunto (joint
custody).
In sostanza, la mediazione
familiare si prefigge di
aiutare la coppia in conflitto
a riacquistare la padronanza
delledecisionidaprendereal
momento
della
riorganizzazione
della
propria vita, dopo che si è
verificata la crisi coniugale,
intervenendo sui problemi
legati
alle
decisioni
genitoriali con l’attivazione
di
un
percorso
di
contenimento dello stato di
conflitto, in modo da
restituire pari dignità e
responsabilità alle figure
adulte,
confermando
l’uguaglianza
e
la
corresponsabilità
di
entrambi.L’operatoreagisce,
quindi, sul piano della
relazione-comunicazione fra
lefigureadulteall’internodi
un modello preferibilmente
sistemico.
Alla mediazione possono
ricorrerefamiglieincrisi,ma
non necessariamente a
rischio di separazione; ad
essa si può giungere
soprattutto per offrire alla
coppia
genitoriale
un’opportunità di natura
psicopedagogica tale da
determinare, attraverso il
progetto d’intenti, nuove e
più chiare modalità di
gestionedellarelazioneconi
figli,
assumendo
consapevolmente il carico
dellescelte:quelleche,nella
situazionespecifica,risultino
essere reciprocamente le più
adeguate
e
sostenibili
nell’esercizio
della
genitorialità
anche
in
costanza di separazione e
divorzio.
La mediazione familiare,
dunque, non è un rimedio
assoluto, né una via a
disposizione di tutti per
affrontare separazione e
divorzio. Alcuni contesti
sembranopiùindicatidialtri
perlamediazione.
In primo luogo, appaiono
contesti idonei quelli che
presentanolivelliconflittuali
moderati, in quanto è più
semplice ottenere dalla
coppia
un
accordo
mutuamente soddisfacente.
La mediazione non è
inefficace nei casi di alto
conflitto ma lo è certamente
laddove essi siano esacerbati
o cronicizzati così da
fiaccare ogni prospettiva di
accordo.Legamidisperantie
paradossali
(720)
non
consentono di superare la
rabbiaediconsiderarefinita
larelazione,mentrevengono
prese in considerazione
strategie subdole e pervasive
diricattomoraleedaffettivo
quando non anche materiali
edeconomiche.
In secondo luogo, la
mediazione
sembra
conseguirepiùsuccessodove
ci sono più “cose” da
dividere. Al contrario, la
scarsità di risorse farebbe
diminuire le occasioni per
giungere ad un accordo
accettabile, spostando la lite
sui figli (721). Spesso, le
parti si presentano così
inaspriteedamareggiate,che
possono desiderare di punire
l’ex partner, di sfogare la
rabbia ovvero di ottenere
delle concessioni speciali in
cambio della chiusura della
lite. In alcuni casi, le parti
decidono
di
lasciar
trascorrere del tempo per
maturare
anche
psicologicamente il distacco
e superare l’umiliazione
ricevuta.Inaltrecircostanze,
invece,lecoppienonsonoin
grado
di
comunicare
efficacementeeasufficienza
le loro differenti posizioni e
non riescono ad arrivare
all’accordo,nonostantecheil
mediatore possa aver tentato
di insegnare loro modalità
comunicativeefficaci(722).
Pertanto,talepercorsonon
èperseguibile:
- in quei casi in cui un
genitorecoviunastiointenso
nei confronti dell’altro e
utilizzi i figli come un’arma
persoddisfareisuoidesideri
di vendetta a meno che il
mediatoreriescaadisolareil
conflitto, separando l’area
genitoriale
da
quella
coniugale;
- nei casi di estrema
indigenzaoqualoracisiauna
condizione
economica
angustaepersistente;
- in presenza di una
conclamata
patologia
psichiatrica da parte di un
coniuge;
- nei casi in cui le parti si
presentano
ormai
così
cronicizzate nel conflitto da
precluderequalsiasitentativo
dimediazione;
- nei casi di violenza
perdurante e/o conclamata
(723).
Esistono
condizioni
preliminari
affinché
l’intervento di mediazione
possa essere introdotto
allorquando sia stata già
avviata la procedura legale.
Condizioni rappresentate dal
rispetto dei “provvedimenti
temporanei ed urgenti”
dettatiinsedepresidenzialee
dalla rinuncia a creare
situazioni strumentali al
conflitto come, per esempio,
ilricorsoalleperiziediparte
o a certificazioni mediche
pretestuose;
viceversa,
difficilmente
l’operatore
potrà prestarsi per una
mediazione (724). In realtà,
esiste un tempo ideale, sia
pure non generalizzabile per
tutti, per avviare la
mediazione: un tempo, cioè,
collocatoinunafaseprecoce
della vicenda separativa,
preferibilmente prima che
siano state avviate le
procedure legali, in presenza
d’aree di contrasto ancora
fluide e non radicalizzate.
Tra l’altro, nei casi di
sofferenzaindividualeancora
moltoacuta,inaltreparolein
presenza di un forte
squilibrio nella coppia, è
bene rimandare l’avvio della
mediazione pur delineando
un
possibile
percorso
professionalmente
alternativo; differire l’inizio
del lavoro senza rinunciare
ad un primo competente
intervento,consentenonsolo
una maggiore maturazione
delle parti, ma permette al
mediatore di prendersi il
tempo
necessario
per
comprenderelasituazioneed
evitare, così, di soccombere
nelcaosdellacontesa.
5 .La mediazione familiare
comepraticaextragiudiziale
La mediazione familiare
nonèunaconsulenzatecnica
per i giudici. Essa non si
pone l’obiettivo di fornire a
terzi giudicanti informazioni
sui rapporti esistenti tra il
minore e i genitori, sulle
qualitàdeigenitoristessiper
definire quale sia quello
potenzialmente più idoneo
(non produce diagnosi né
psichiatriche
né
psicopatologiche,
né
r e l a z i o n a l isulle figure
genitoriali), sugli elementi
che incidono sulla vita
quotidiana
del
minore
(disfunzionali e non) e sui
problemi relativi alla sua
crescita
e
alla
sua
educazione.
La mediazione familiare
non deve sacrificare le parti,
non può essere assunta in
maniera aprioristica e non
può essere imposta con
provvedimenti
giurisprudenziali. Pertanto,
essa non può essere resa
obbligatoria con l’invio
coatto della coppia, né tanto
meno può essere istituita
presso
le
istituzioni
giudiziarie come una prassi
peritale; ciò facendo, si
correrebbe il rischio di un
ritorno ansiogeno e intrusivo
oltrechevanificante.Leparti
in conflitto, fra l’altro,
potrebbero
non
volere
giungere ad un accordo e
desiderare,
invece,
di
rimettersi ai provvedimenti
del
giudice,
ciascuna
rappresentando il proprio
legittimo convincimento ed
interesse. Tutto questo
impone
al
magistrato
l’obbligo professionale e
deontologico di possedere
conoscenze generali nel
settore delle scienze del
comportamento
e
dell’educazione che gli
consentirebberol’eserciziodi
quella discrezionalità e
terzietà senza le quali la
pratica del buon senso si
trasforma nell’assunzione di
provvedimenti poveri dal
punto di vista psicopedagogico,
cioè
dell’interesse del minore, e
l’affermarsidiunapedagogia
c(o)attiva all’interno delle
auledeltribunale.
Se «il divorzio non è un
atto d’egoismo, né una
vergogna sociale; è un
rimedio necessario ad un
matrimonio sbagliato o
esaurito, in alternativa alla
simulazione e al gelo
affettivo. Non è una
sconfitta, né un fallimento,
né la devastazione; è un
progetto nuovo che mette in
gioco forze e debolezze nel
segnodellasincerità,anchea
favore dei figli per educarli
alla vita e ai cambiamenti,
quando sono necessari»
(725), allora occorre porsi
nell’ottica di aiutare la
coppiaaricercarelemodalità
con le quali risolvere i
conflitti
senza
“sanitarizzare” l’aiuto e
senza rendere patologico ciò
che attiene alla fisiologia
delle relazioni umane. È
necessario considerare la
separazione come una tappa
all’interno dei processi più
generali del ciclo di vita del
sistemafamiliare.Infatti,per
quanto questa fase possa
essere
conflittuale
e/o
ansiogena, ogni individuo
possiede in sé risorse e
capacità di recupero per
contenerlaesuperarla.
Il divorzio non è neanche
un
problema
relativo
solamenteallepersonechelo
vivono con sofferenza e
difficoltà,
ma
è
fondamentalmente
un
problema
sociale.
Separazione e divorzio,
infatti, producono effetti a
lungo termine che si
ripercuotono sui vari sistemi
interagenti e sulle future
generazioni ed è in questo
sensochepuòesseredefinito
unproblemasociale(726).
6 .Il posto dei figli nella
mediazionefamiliare.
La
pratica
della
mediazione più diffusa in
Italia è tendenzialmente di
tipo“parziale”.Ciòvuoldire
che il mediatore non
interviene né sul piano
legale, né su quello
psicoterapeutico e che il suo
scopoèdiadoprarsiaffinché
igenitorimantenganoilloro
ruologenitorialeenonusino
ifigliinmodostrumentaleai
rispettiviinteressi
I genitori, con l’aiuto del
professionista,sonoinvitatia
trovare la soluzione più
idonea ai loro problemi, in
modo da evitare possibili
ulterioridisagiaifigliminori
in un momento già di per sé
delicato e difficile del loro
ciclovitale,conlaperditadel
nucleo familiare stabilmente
costituito e con il carico di
ansia
che
ciò
può
comportare.
Lamediazionefamiliaresi
afferma e si rileva efficace
perché, al di là della pur
importantissima
tecnica,
offre ai genitori un contesto
complessivo di elaborazione,
in buona parte spontanea
della crisi separativa, che ne
favorisce il superamento in
senso
trasformativo
e
progettuale.
Gli
stessi
genitori, ricevendo un aiuto
specialistico, centrato sui
principi e sulla tecnica della
negoziazioneragionata(727),
sono
sostenuti
nella
formulazione, in prima
persona,diunprogrammadi
separazione che soddisfi le
esigenze fondamentali dei
bambini e degliadulti stessi
(728).
«Il
minore
è
certamente la parte più
debole... ma il disporsi
all’interno del dissidio
coniugale dal suo punto di
vista può condurre ad una
presa di distanza dalle
cocenti vicende della coppia
in crisi. Intervenire in suo
nome
può
significare
l’elusione degli elementi
attivi scatenanti del dissidio
finoalasciarequestiirrisolti
e potenzialmente attivi in
ogni momento futuro. Per
agire, dunque, in nome dei
minori, per andare incontro
ai lori interessi indifesi,
occorre agire in prima
istanza in favore della
coppia. Per aiutare i figli
vanno innanzi tutto aiutati i
lori genitori» (729). In tale
ottica, il compito del
mediatore è quello di
assumere temporaneamente,
senzasottrarlaallarelazione,
la
rappresentanza
del
bambino;eglideveassumere
ilsuopuntodivistamasenza
identificarvisi,
deve
«...portare in primo piano i
suoi bisogni e le sue
domande
vincendo
la
tentazionedifornireanchele
risposte,
identificandosi
così... con una sorta di super
genitore perfetto, deve
reggere la frustrazione di
essere un testimone, se pur
attivo e se necessario molto
direttivo quanto alle regole
del gioco, di un percorso
altrui, un percorso che egli
può solo aiutare a ritagliare,
ma può e deve prescrivere,
deve... mettersi al servizio
dellecoppiedigenitorichesi
trova di fronte, calibrandosi
di volta in volta in funzione
di quella mamma, di quel
papà, e delle loro risorse
affettive,
culturali
e
relazionali, sapendo che la
più brillante delle soluzioni
nonvalenullaalconfrontodi
quelpocoodiqueltantoche,
con il suo aiuto, questi
sapranno
produrre
autonomamente e quindi
realisticamente rispettare a
vantaggio dei loro figli»
(730).
Ci si potrebbe chiedere in
quale modo sia possibile
richiamare
costantemente
l’attenzione dei genitori sui
bisogni dei loro figli, pur
senza che questi siano
presenti nel setting della
mediazione.
In
effetti,
lavorando con i genitori si
puòinvitarliaparlarealungo
dei bambini, del loro
carattere,delleloroabitudini,
chiedendogli di mostrare le
lorofotografie. In tal modo,
attraverso la presentazione
dei bambini, il mediatore ha
modo di lavorare sulla
rappresentazione affettiva
individuale e di coppia che i
genitori hanno di loro. È,
infatti,
su
quella
presentazione che si gioca la
relazionetraqueibambiniei
lorogenitori,edèsempresu
quella che il mediatore
insieme con i genitori deve
operare in una prospettiva di
più
ampio
respiro
progettuale. È vero, dunque,
che nei “colloqui di
mediazione familiare i
bambini
sono
presenti
dall’inizio alla fine, ma
sempre nella mediazione
affettiva dei loro genitori”
(731).
Generalmente i figli sono
esclusi dagli incontri di
mediazione, soprattutto se in
età di prima e seconda
infanzia. C’è, pero, chi
sostiene che sia utile
coinvolgere i bambini negli
incontri in modo da
modificare le interazioni
all’interno del sistema
familiare. In ogni modo, il
problemadelcoinvolgimento
o meno del minore rimane
una questione aperta; la
scelta
migliore,
probabilmente,rimanequella
dellavalutazionedelcasoper
caso. Forse, nell’età in cui
discrezionalmente il minore
può essere ascoltato dal
magistratodellaseparazione,
il mediatore può, col
consenso
delle
parti,
introdurlo nel percorso di
mediazione limitatamente
agliaspetticheloriguardano
da vicino (732). È, altresì,
notocheleRaccomandazioni
europee (733) sostengono da
tempo che i figli minori
debbano essere ascoltati
quandositrattadeiproblemi
che li riguardano da vicino,
sicché alcuni autori e scuole
dimediazione,partendodalla
consapevolezza che assai
spesso i genitori non sono
capaci di separare i loro
bisogni da quelli della loro
prole e che la maggior parte
delle coppie che richiedono
la mediazione non riescono
ad accordarsi sulle necessità
dei figli, ritengono che sia
sempre utile introdurre i
minori nelle sedute durante
lequalisiragionasullescelte
che li riguardano. È chiaro
che non sarà loro chiesto di
esprimere giudizi di valore
sui genitori, ma giudizi di
fatto con la ricostruzione,
quando possibile, del loro
personale modo di vivere la
situazione. I figli, in tal
modo, sono posti nella
condizione di raccontare che
cosa li lega a ciascuno dei
due genitori, i problemi che
individuano in ciascun
nucleo mono-parentale, gli
aspetti
positivi
della
partecipazioneaciascunodei
due nuclei, aiutando i
genitori a prendere decisioni
equilibrate. L’introduzione
dei minori nel percorso
potrebbe servire ai genitori
da
stimolo
per
il
raggiungimento
di
un
accordofavorevoleaciascun
componente la famiglia e,
nellostessotempo,aiutareil
mediatoreamantenerefermo
l’obiettivo della tutela
dell’interesse del minore.
Inoltre, il mediatore, tramite
la relazione diretta con il
bambino, potrebbe più
facilmente
richiamare
l’attenzione dei genitori sui
bisogni specifici del figlio,
piuttosto che limitarsi agli
aspetti globali e generali dei
bisognidituttiibambiniche
si trovano ad affrontare la
realtàdeldivorzio,cosìcome
descrittiinletteratura.
In due casi potrebbe non
esserenecessariointrodurrei
minorinelpercorso:
- quando i genitori
descrivono in modo similare
i bisogni dei loro figli ed
hanno idee concordanti sul
tipo di sistemazione a loro
piùcongeniale;
- quando i bambini
abbiano meno di tre anni.
Questo perché bambini così
piccoli non sono in grado di
sostenere una conversazione
sui “livelli” delle persone
adulte.
D’altra parte, è noto che
esistono modalità specifiche,
protettive, atte a permettere
aibambinidipartecipareagli
incontri di mediazione ed
evitare che essi possano
percepirsi e convincersi
d’essere una parte non
significativa delle decisioni
genitoriali. Secondo alcuni
studiosi «...si fa violenza al
minorequandoglisitoglieil
dirittodiparolaecisirifiuta
di ascoltarlo»; in effetti
«...esistono molti modi
indirettidisaperecosaprova,
cosa pensa e cosa vuole il
minore e per realizzare così
davvero
quel
famoso
interesse del minore tanto
spesso sbandierato e tanto
pocorispettato»(734).
Nella
pratica
delle
separazioni e dei divorzi
accade sovente che la voce
dei figli rimanga inascoltata
e non di rado accade che il
figlio siaaffidato a genitore
diverso da quello atteso
(735). Dovrebbe, quindi,
essere compito dei genitori,
che decidono di separarsi,
aiutare i figli a superare il
difficile momento della
separazione, per evitare loro
di vivere sentimenti di
abbandono e angoscia. In
sostanza, il destino di un
bambino che vive la
separazione dei genitori
dovrebbe essere posto più
nellemanideigenitoristessi
che non deciso nelle aule di
tribunale. I genitori non
vanno
mai
deresponsabilizzati,
bensì
aiutati a mantenere le loro
competenze o quella che
viene più spesso definita
come la “responsabilità
genitoriale”. Proprio per
questomotivo,nonècorretto
attribuire al minore la
responsabilità di esprimere
giudizi sui genitori e
decidere con chi stare:
sarebbe
un
carico
assolutamente intollerabile.
Occorre, invece, ascoltare i
suoi bisogni e lavorare con i
genitori in modo tale che la
prole possa godere dei
benefici della bigenitorialità
e non vederla ristretta nelle
tristi e affatto pedagogiche
alchimiedeldirittodivisita.
7
.Caratteristiche
percorsodimediazione.
del
La mediazione è una
pratica volontaria, condotta
al di fuori delle istituzioni
giudiziarie,chehaunsuoben
definito setting e garanzie di
segretezzaconcaratteristiche
teoriche, deontologiche e
procedurali alle quali fanno
riferimento coloro che si
riconducono direttamente o
in via di principio alla Carta
Europea dei Mediatori che
operano nei casi di
separazione e divorzio e alle
Direttive europee (infra,
n.38).
Il modello che in questa
sedevienedelineatoébasato
essenzialmente
su
un
percorso
definito
di
conciliazione così come
descritto dal Rapporto Finer.
Secondo il Rapporto, la
conciliazione consiste nell’
“aiutarelepartiadaffrontare
le conseguenze della crisi
ormai definitiva del loro
matrimonio, sia che questa
porti a un divorzio o a una
separazione, raggiungendo
accordi, dando consensi o
riducendo
l’entità
del
conflitto sull’affidamento,
gli alimenti, l’accesso e
l’educazione deifigli, e su
tutte le questioni che
richiedono decisioni per
come organizzarsi in futuro”
(736).
Questa proposta enfatizza
una visione costruttiva del
conflitto, la fiducia nelle
capacità dei genitori di
assumeredecisioni;distingue
nettamente un modello
terapeutico
da
quello
mediativo ed infine è
orientato verso un approccio
di empowerment (737). “La
conciliazione,
per
definizione,devecoinvolgere
ambedue i coniugi, con il
consenso di entrambi, e vi
possonoprendereparteanche
i figli e altri membri della
famiglia. I conciliatori
incoraggiano i genitori a
prendereinsiemeledecisioni
per il futuro, decisioni che
solitamente
hanno
conseguenze legali, oltre che
sociali ed emozionali, per la
famiglia nel suo complesso.
Il counseling in fase di
divorzio, invece, interessa
spessounsoloconiuge,offre
aiutopersuperareildoloree
le
difficoltà
dell’adattamento,
e
generalmentenonharapporti
con il processo legale del
divorzio. Di norma i
conciliatorinonanalizzanole
percezioni, i sentimenti e i
trascorsiquantoicounseloro
i terapeuti, poiché la
conciliazioneècaratterizzata
dalla brevità, dall’intensità e
dalladifficoltàdiequilibrare
i contrasti di percezione e di
bisogni degli interessati. Per
quanto limitata nel tempo e
nell’oggetto,
essa
può
tuttavia
influenzare
l’interazione familiare a un
livello
più
profondo,
permettendo ai genitori di
ascoltarsi
a
vicenda,
aiutandoli a concentrarsi sui
sentimenti dei figli” (738).
Sta di fatto che “nella
conciliazione
e
nella
mediazione vengono usate
varieformedicollaborazione
(co-working), e molti di
questi
modelli
sono
influenzati da concetti e
metodi mutuati dalla terapia
familiare.Alcunisibasanoin
larga
misura
su
un
particolare
modello
terapeutico, come la terapia
sistemica familiare, mentre
altriincorporanounaseriedi
ideeetecnichetrattedafonti
diverse. Pur riconoscendo il
valore di questi prestiti, è
importante accertare fino a
che punto certi metodi di
lavoro
possano
essere
trasferiti da un processo (la
terapia) ad un altro (la
conciliazione)
senza
confondere ruoli e obiettivi”
(739).
Si tratta, cioè, di
distinguere,
non
di
sovrapporre o confondere gli
ambiti di pertinenza delle
diverse professioni pur
ammettendol’usoditecniche
comuni.
Comesiègiàaccennatoin
precedenza,nell’ambitodella
metodologia d’intervento è
possibile distinguere due
linee di orientamento; quella
di chi opta per un percorso
mediativoparzialeequelladi
chi
preferisce
una
mediazioneglobale.
Il
percorso
definito
parziale
si
occupa
dell’organizzazione
delle
relazionifamiliariperquanto
attiene all’esercizio della
genitorialità
nella
separazione e nel divorzio e
si propone le seguenti
finalità:
1.- offrire ai genitori un
contesto strutturato in cui il
mediatore possa sostenere i
genitori nella gestione del
conflitto a vantaggio della
capacità di negoziare gli
accordi;
2.-favorireigenitorinella
ricerca delle soluzioni più
adatte alla specificità della
loro situazione e dei loro
problemi per tutti quegli
aspetti che riguardano la
relazione
affettiva
ed
educativaconifigli.
Gli obiettivi di tale
percorso sono da ricondurre
aiseguenti:
a.- continuità dei legami
genitoriali
per
il
mantenimento di stabili e
significativi rapporti del
figlio con entrambi i
genitori;
b.-
responsabilità
condivisa nelle decisioni da
prendereriguardoaifigli;
c.- equilibrio tra diritti e
doveri dei genitori verso i
figli;
d.- comunicazione tra i
genitoriperportareavantiun
progettoeducativocondiviso;
e.- collaborazione dei
genitori nella “gestione” dei
figli;
f.- clima di fiducia per
mantenere un adeguato
livello di stima reciproca tra
igenitori.
L’orientamento volto alla
mediazione globale, invece,
si prende carico di tutti gli
aspetti della separazione e
del divorzio, da quelli
patrimoniali (mantenimento
dei figli e alimenti al
coniuge, suddivisione dei
beni, etc...) a quelli connessi
all’esercizio
della
genitorialità(affidamentodei
figli, regime delle visite,
etc...).Questoorientamentoè
piuttosto recente, data dalla
seconda metà degli anni
Ottanta e vede l’evolversi
della
co-mediazione
interdisciplinare in cui più
esperti fanno équipe con il
mediatore. Nel percorso di
Mediazionefamiliareglobale
si
ritiene
importante
esplorare la via percorsa dai
coniugi e dai loro figli nel
periodocomprendentelavita
comune prima e la vita
separata poi, per poter
anticipare in quale misura le
parti desidereranno prendere
accordi in merito alla futura
riorganizzazione,eperessere
preparati ai metodi e ai
terminicheessitenterannodi
adottare
prima
della
formalizzazione
delle
disposizionipattuite(740).
Compito iniziale del
mediatoreèquellodiaiutare
i genitori a ricostruire un
gomitolo ordinato dalla
massa informe e sfilacciata
costituita dal groviglio delle
accuse reciproche, ponendo
leregoledelsetting.Ilpasso
successivo consiste nel far
recuperare ai genitori la
completa autonomia nei
confronti
di
qualsiasi
intervento
di
disturbo
dell’accordo parentale. È,
quindi, importante escludere
dalla scena tutti coloro i
quali potrebbero avere un
interesse soggettivo e/o
oggettivoallaprosecuzioneo
all’aggravamento
del
conflitto. La mediazione
svolgendosi solo con i
genitoripuntaadattivarnele
risorse affinché essi stessi
sianoiveriprotagonistidella
vicenda separativa: quando
chi è presente è in realtà un
inviatodiqualcunaltroenon
può decidere in proprio, la
mediazione non ha gambe
per
camminare.
La
mediazione si avvia, quindi,
proprio
dalla
contrapposizione iniziale dei
rispettivi punti di partenza
delle parti in causa e dalla
loro necessità di affermarsi
ammettendo il conflitto, ma
superando
la
contrapposizionefrontaleche
deriva dalla negazione
dell’altro. Ciascuna delle
parti, infatti, di fronte alla
contrapposizione non può
restare indifferente, ma è
costretta
a
prendere
posizione e a collocare la
comunicazione nell’ambito
della conflittualità. Nel
setting della mediazione
nessuno ha le chiavi di
risoluzione, tutti hanno la
necessità
di
trarre
dall’esperienza
di
vita
materialicognitivi,affettivie
simbolici quali indicatori
d’usodellacomprensionedei
fatti, valorizzando quel
contesto
relazionale
e
comunicativo marcato dalla
conflittualità ma anche dalla
cooperazione,incuihaluogo
l’apprendimentoperlavita.
Nelle prime fasi della
mediazionevieneesploratoil
problema,
vengono
prospettate modalità d’aiuto
e viene chiesto a ciascuna
parte in quale modo si
attiverà per risolverlo. A
volte l’approfondimento può
partire da un accordo di
massimagiàrealizzatoconil
comune legale o attraverso
quelli di parte. In questo
caso, l’operatore attinge dal
testo redatto gli ulteriori
elementi sui quali le parti
hanno già espresso le loro
posizioni, i limiti posti da
essi
alla
flessibilità
dell’accordo e ai margini di
manovrabilità.
Il
consenso
alla
mediazione costituisce un
atto sostanziale e non
formale di impegno, il cui
rispetto ha una forte
rilevanza etica per la coppia
ed è condizione per la
mediazione. La coppia,
infatti, viene licenziata
quando non si adegua al
metodo di lavoro proposto o
quando, per un qualsiasi
motivo, non risulta possibile
raggiungere un accordo sia
pure minimale. Sempre in
questa fase, il mediatore
dovrà
raccogliere
le
informazioni necessarie a
costruire una piattaforma su
cui elaborare insieme con la
coppia un accordo stabile e
duraturo. L’operatore può
trovarsi nella condizione di
dover
sostenere,
incoraggiare,
rinforzare
quegli aspetti di autostima
della
coppia
che
costituiscono la condizione
necessaria per giungere
all’accordo.
Inizialmente,
raccogliere
informazioni
dettagliate sul matrimonio,
sulle rispettive famiglie
d’origine può risultare
dispersivo o peggio essere
percepito
dalla
coppia
genitoriale
come
un’intromissione. “Troppa
attenzione
alle
aree
problematiche personali, o
della coppia coniugale,
rischia di frenare o
insabbiare la mediazione.
Soprattutto nei colloqui
iniziali c’è il rischio, per
l’operatore, di lasciarsi
soffocare dalla confusione e
dalla depressione legate alla
storia dei coniugi, facendosi
irretirenegliaspettiirrigiditi
della relazione; inoltre, dare
troppo spazio ad elementi
che esulano dal contesto
attuale può sbilanciare la
comunicazione sul versante
della
valutazione
ed
incoraggiare la delega. È
sempre
presente,
specialmente all’inizio del
lavoro,
questa
contrapposizione
tra
l’occuparsi
deltutto e
l’occuparsi delsolo” (741).
Lo sforzo più grande che
l’operatore deve compiere
consiste
nell’oscillazione
consapevole
tra
due
differenti, anche se non
inconciliabili, posizioni; egli
deve, da una parte, garantire
l’ascoltoempatico,ilsilenzio
paziente che garantisce
accoglimentoecontenimento
alle
reciproche
rappresentazioni
negative
ma,nellostessotempo,deve
anche stanare e valorizzare
tutto il buono o il
bonificabile che emerge dai
genitori,
aiutandoli
a
progettareperilfuturo.
Tuttalafasecentraledella
mediazione,
invece,
è
incentrata sulle modalità
tramite le quali è possibile
approdare ad un accordo
concreto per la risoluzione o
gestione dei problemi. In
questa fase, è opportuno
potenziare
la
capacità
comunicativa dei genitori,
inoltre, potrebbe essere utile
sintetizzare ciò che si è
raggiunto nel corso dei
precedenti incontri, in modo
tale da verificare quanto di
concretosivacostruendoper
i figli. L’operatore deve
sforzarsi di far emergere le
soluzioni, riformularle e
restituirle in modo chiaro,
inequivocabile e lineare,
perchésoltantocosìlacoppia
èingradodiprevederequelle
che saranno le conseguenze
delle scelte e, quindi,
valutare quelle più adeguate.
Queste
scelte,
inoltre,
dovranno essere vissute dai
partner della coppia come
autonome e personali e,
dunque, meritevoli di essere
realizzate con coerenza e
responsabilità nell’interesse
dei figli. L’operatore, dal
canto suo, dovrà cercare di
comprendere le modalità
positive con le quali le parti
pensanodiaderireaitermini
dell’accordo e, nello stesso
tempo, incoraggiarlo e
sostenerlo.
È a questo punto del
percorso che viene messa in
attolanegoziazione.Tramite
i
colloqui,
l’operatore
dovrebbe
essersi
fatto
un’ideaabbastanzaprecisadi
ciòchelacoppiahainmente,
cosa spera di ottenere e cosa
si aspetta dall’intervento del
mediatore. I genitori, infatti,
giungono al colloquio con
delleaspettativechesperadi
vedere soddisfatte. Esse non
sono altro che il frutto del
suo
modo
personale,
ambientale e culturale di
concepire la conflittualità
coniugale e delle modalità
piùadeguateperrisolverla.
Strategia del mediatore è
anche quella di far emergere
la conflittualità per lavorare
sudiessaeaiutarelacoppia
a comprendere che non è
funzionalealraggiungimento
degli
accordi.
La
negoziazione, ovvero il
confronto, su di un piano
paritario tra il punto di vista
della coppia e quello
dell’operatore, offre la base
per la realizzazione di una
relazione
autenticamente
mediatrice; in tal modo, la
coppia può esplicitare quello
che spera di ottenere e
l’operatore quello che pensa
di poterle offrire; solo
attraversol’incontrodiquesti
modi di vedere è possibile
realizzareun’areacomunein
cui le divergenze possano
convergere e l’operatore
possa
ottenere
la
collaborazione delle parti
senza
assumerenei suoi
confronti un atteggiamento
impositivo, paternalistico o
delegittimante la comune
responsabilitàgenitoriale.
Ilfulcro,quindi,dituttoil
percorso sta nella relazione
tra l’operatore e la coppia
genitoriale. È necessario
pensare a questa relazione
come ad uno spazio in cui
possa realizzarsi il distacco;
se, infatti, continuano ad
esistere aree di fusione,
ovvero se i coniugi
continuano ad avere vita
ciascunodentrol’altro,nonè
possibile individuare lo
spazio della differenziazione
e della negoziazione onde
poterraggiungereilconsenso
fraleparti.
Lanegoziazioneragionata,
quale strategia per pervenire
al
consenso
reciproco,
costituisce - tra l’altro - un
riparo contro il rischio
rappresentato dal fatto che
l’operatore stesso possa
identificarsi
con
le
problematiche della coppia
fino al punto di vedersi
annullato nel conflitto e
privatodiquelrequisitodella
terzietà, del quale come
mediatore non può fare a
meno.
8.Conclusioni.
Si può ritenere che la
mediazione offre uno spazio
euntempoperriconoscereil
conflitto in atto, permette la
manifestazione
delle
emozioni legate all’hic et
nunc delle situazioni, ma
anche al tempo passato
prossimo dei sentimenti che
sono all’origine della crisi;
offre
un
diritto
di
cittadinanza alla discussione
eallanegoziazioneragionata,
restituisce potere a tutte le
parti aventi causa nella
ricercadellesoluzioni.
Lamediazionecomincialà
dove
non
resta,
apparentemente, alcuna via
d’uscita al conflitto. Essa
s’inscrive in un processo
millenarioattraversoilquale
l’uomohadasemprecercato
di conoscere se stesso e di
risolvere le contraddizioni
personali e di relazione.
Permette di ritrovare il
presente allorquando ogni
conflitto non è che la
reiterazione del passato e di
guardare al futuro, quando il
presente non consente di
accettare il cambiamento in
atto.
Il
percorso
della
mediazione fa emergere
l’autoresponsabilizzazione di
ognuno e, quindi, la capacità
e la necessità di autogestirsi
dasoli.Ilmediatorenonèun
giudice, un consigliere, un
arbitro, un terapeuta, ma un
catalizzatore di risorse; egli
pratica la dialettica; facilita
nei soggetti, attraverso una
nuova conoscenza di sé, la
consapevolezza di essere in
grado di trovare la propria
strada in compagnia degli
altri.
La mediazione, pur non
essendo
un
intervento
prioritariamente pedagogico,
offre uno spazio riflessivo
autoeducativo attraverso il
quale il mediatore trasmette
allepartiinconflittociòche
ha appreso per se stesso nel
corso della sua formazione
(742).
Molti studi sostengono la
positività del percorso di
mediazione familiare che,
spesso, coincide proprio con
la scelta dell’affidamento
congiunto o condiviso dei
figli e garantisce, anche
prescindendo
dal
tipo
d’affidamento, una maggiore
partecipazione
e
responsabilizzazione
di
entrambiigenitori.
All’interno del quadro
delineato è, però, importante
definire
i
confini
dell’intervento dei diversi
operatori impegnati nel
processo di separazione e di
riorganizzazione
della
famiglia, dal momento che
tuttiiprofessionisticoinvolti
ritengono di fare già un
lavoro di mediazione. La
specificità del ruolo e della
funzione del mediatore, le
cui
competenze
sono
trasversali a più aree
disciplinari, merita una
riflessione
sempre
più
approfondita,
perché
consente
realmente
ai
genitori
di
ritrovarsi
“sufficientementebuoni”edi
comunicare fra di loro
garantendo
ai
figli
quell’autorevolezza, stima e
rispettoreciprococheilruolo
genitoriale comporta e che i
figlisiattendono.
INDICEALFABETICOANALITICO
A
Accordialatere,cap.IV,§3.
Affidamentocondiviso,cap.I,§
5,cap.II,§1,cap.VI,§6,cap.
XI,§1,cap.XI,§2,cap.XII,§
3.
Alimenti,cap.I,§1,cap.III,§2,
cap.XI,§4,cap.XVI,§2.
Art.12sexies,l.898/70,cap.XIV,
§10.
Art.143c.c.,cap.I,§3,cap.III,§
1,cap.IV,§2.
Art.144c.c.,cap.I,§§2-3,cap.
IV,§2.
Art.147c.c.,cap.I,§5,cap.VI,§
4.6,cap.XI,§1,cap.XII,§1.1.
Art.148c.c.,cap.I,§5,cap.XI,
§§4-10.
Art.155c.c.,cap.I,§5,cap.II,§
6,cap.X,§6.1,cap.XI,§§1,2,
3,7,8,11,cap.XII,§1,1.3,2.
Art.156c.c.,cap.III,§§1e8,
cap.IV,§§1,2e3,cap.VI,§1.
Art.160c.c.,cap.I,§5,cap.V,§
3
Art.183c.p.c.,cap.III,§3.
Art.261c.c.,cap.I,§5,cap.VI,§
4.6,cap.XI,§1.
Art.30Cost.,cap.I,§5,cap.XI,§
1.4.
Art.317-bisc.c.,cap.XI,§1.
Art.706c.p.c.,cap.III,§3,cap.
VI,§5.
Art.570c.p.,cap.XIV,§1.
Art.652c.p.p.,cap.XIV,§7.
Art.708c.p.c.,cap.III,§3,4,6,
cap.VI,§9,cap.XIII,§9.
Art.709ter,comma2,c.p.c.,cap.
XI,§11.
Art.5,comma6,l.898/70,cap.
IV,§2,cap.V,§1,cap.VI,§
4.3,cap.VII,§1,cap.VIII,§3,
cap.X,§3,5,8.1.
Assegno
-Funzioneperequativa,cap.I,§
5,cap.IV,§3.
Assegnodidivorzio,cap.VII,§§
1-7,cap.VIII,§§1-4,cap.IX,
§§1-11.
-Adeguamentoautomatico,cap.
VI,§8,cap.VII,§§1e7,cap.
IX,§9,cap.XII,§5.
-Aspettativeereditarie,cap.X,§
3.
-Assegnazionecasaconiugale,
rilevanza,cap.X,§6.1.
-Attribuzione,criteri,cap.VIII,
§3.
-Cespitiereditari,cap.X,§3.
-Corresponsioneperiodica,cap.
X,§8.1.
-Corresponsioneunatantum,
cap.X,§8.2.
-Criteridideterminazione,cap.
VIII,§3.
-Decorrenza,cap.X,§9.1.
-Deducibilità,cap.X,§8.2.
-Disponibilitàdeldiritto,cap.
VIII,§4.
-Domandadiparte,cap.VII,§2.
-Estinzione,cap.X,§11.
-Modalitàdicorresponsione,
cap.IX,§8.
-Natura,cap.VIII,§1.
-Naturaassistenziale,cap.VII,§
1,cap.VIII,§1.
-Prescrizione,cap.X,§9.1.
-Presupposti,cap.VIII,§2.
-Presupposti,adeguatezzadei
mezzi,cap.X,§2.
-Presupposti,impossibilitàdi
procurarsiadeguatimezzi,cap.
X,§2.
-Quantificazione,cap.X,§5.
-Quantificazione,assegnazione
casaconiugale,cap.X,§6.1.
-Quantificazione,contributo
personaleedeconomico,cap.X,
§5.3.
-Quantificazione,convivenza
moreuxorio,cap.X,§6.2.
-Quantificazione,duratadel
matrimonio,cap.X,§5.4.
-Quantificazione,fattoridi
moderazione,cap.X,§1e3.
-Quantificazione,ragionidella
decisione,cap.X,§5.2.
-Revisione,cap.X,§10.
-Revisione,giustificatimotivi,
cap.X,§10.
-Revoca,cap.X,§11.
-Rinunciabilità,cap.IX,§4.
-Tenoredivita,cap.X,§3.
-Tutela,garanziarealeo
personale,cap.VII,§6.1.
-Tutela,sequestroexart.8,
comma7,l.div.,cap.VII,§6.4.
-Tutela,versamentodirettoda
partedelterzo,cap.VII,§6.3.
-Valutazioneequitàunatantum,
cap.X,§8.2.
Assegnodimantenimentodel
coniuge,cap.III,§1.
-Accertamentoredditi,cap.VI,§
5e6.
-Adeguamentoautomatico,cap.
VI,§8.2.
-Assegnazionecasaconiugale,
rilevanza,cap.VI,§4.1.
-Attitudineallavoro,cap.VI,§
4.3.
-Attivitàlavorativa,modifica,
cap.VI,§4.7.
-Decorrenza,cap.VI,§8.1.
-Definizioneunatantum,cap.
IV,§3.
-Domandadiparte,cap.III,§3.
-Funzioneperequativa,cap.IV,
§2.
-Funzioneperequativa,
-bilanciamentosituazione
coniugi,cap.VI,§4.7.
-Funzionesolidaristica,cap.V,§
1.
-Modalitàdicorresponsione,
cap.VI,§7.
-Modifica,sopravvenienze
reddituali,cap.VI,§4.7e4.8.
-Natura,cap.III,§1.
-Prescrizione,cap.III,§6.
Presupposti,cap.VI,§1.
Presupposti,disparità
economica,cap.VI,§2.
-Presupposti,nonaddebitabilità
dellaseparazione,cap.VI,§1.
-Presupposti,mancanzadi
adeguatiredditi,cap.VI,§1.
-Quantificazione,cap.VI,§3.
-Quantificazione,criteri
aritmetici,cap.VI,§3.
-Quantificazione,elargizionida
familiari,cap.VI,§4.2.
-Revocaemodifica,cap.VI,§9.
-Tenoredivita,cap.VI,§5.
-Tutela,garanziarealeo
personale,cap.III,§7.
-Tutela,ordinedirettoaiterzi,
cap.III,§9.
-Tutela,sequestroexart.156,
comma6,c.c.,cap.III,§8.
Assegnodimantenimentoperi
figli,cap.XI,§1.
-Accorditraigenitori,cap.XI,§
8.
-Adeguamentoautomatico,cap.
XII,§5.
-Assegnoperiodico,cap.XI,§2.
-Competenzadelgiudice,cap.
XI,§6.
-Decorrenza,cap.XI,§4.
-Dirittoindisponibile,cap.XI,§
1.
-Efficaciaesecutivadei
provvedimenti,cap.XI,§9.
-Figlimaggiorenninon
autonomi,cap.XI,§4.
-Figlimaggiorenni,cessazione
dell’obbligo,cap.XII,§8.
-Figlimaggiorenni,
indipendenzaeconomica,cap.
XI,§4.
-Figlimaggiorenni,
legittimazioneattiva,cap.XI,§
5.
-Figlimaggiorenni,limiti
temporali,cap.XI,§4.
-Inadempimento,misure,cap.
XI,§11.
-Misureatuteladell’assegno,
cap.XI,§12.
-Modalitàdicorresponsione,
cap.XII,§4.
-Poterid’ufficiodelgiudice,
cap.XI,§7.
-Prescrizione,cap.XI,§11.
-Quantificazione,cap.XII,§1.
-Quantificazione,esigenze
attualideifigli,cap.XII,§1.1.
-Quantificazione,risorsedei
genitori,cap.XII,§1.4.
-Quantificazione,tempidi
permanenza,cap.XII,§1.3.
-Quantificazione,tenoredivita,
cap.XII,§1.2.
-Quantificazione,valoredella
curaedeicompitidomestici,
cap.XII,§1.5.
-Revisione,cap.XII,§1.7.
Azionecivileinsedepenale,cap.
XIV,§7.
Autonomianegozialedeiconiugi,
cap.IV,§3,cap.VIII,§4.
B
Benegiuridicoprotetto,cap.XIV,
§1.
Bigenitorialità,cap.XVI,§2.
C
Capacitàdilavoro,cap.I,§3,
cap.IV,§2,cap.V,§1,cap.VI
§4.3,cap.VIII,§2,cap.IX,§
3,cap.XI,§1,cap.XII,§1.
Cespitipatrimoniali,cap.XI,§1e
2,cap.X,§2.
Circostanze,cap.VI,§4,cap.X,
§6.
Condizionideiconiugi,cap.X,§
5.1.
Conflittualitàtraigenitori,cap.
XI,§3,cap.XVI,§2e7.
Consensoallamediazione,cap.
XVI,§6.
Convivenzamoreuxorio,cap.VI,
§4.5,cap.X,§6.2.
Co-working,cap.XVI,§6.Comediazione,cap.XVI,§6.
Curadeifigli,cap.VI,§4.3,cap.
X,§5.3,cap.XII,§1.
D
Delitticontrolafamiglia,cap.
XIV,§1.
Dichiarazionedifallimento,cap.
XIV,§5.
Dichiarazionideiredditi,cap.VI,
§4.8,cap.X,§7,cap.XII,§2,
cap.XIII,§6.
Discendentimaggiorenni,cap.
XIV,§6.
Diversion,cap.XVI,§2.
Divorziocongiunto,cap.VII,§7.
Divorzio,procedimento,
-Contenutoprovvedimenti
presidenziali,cap.VII,§4.
-Esecutivitàprovvedimenti,cap.
VII,§5.
-Naturaprovvedimenti
presidenziali,cap.VII,§4.
-Pendenzagiudiziomodifica
condizioniseparazione,cap.
VII,§3.
Prova,mancanzadi,cap.VII,§
4.
Prova,oneredella,cap.XI,§7.
Reclamo,cap.III,§5,cap.VI,§
5.
Dologenerico,cap.XIV,§5.
Duratadelmatrimonio,cap.VI,§
4.4,cap.X,§5.4,cap.XIII,§4.
E
Eguaglianza,cap.I,§2e3.
Elementopsicologico,cap.XIV,§
5.
Equità,cap.I,§6,cap.VIII,§4,
cap.X,§8.2,cap.XII,§1.
F
Fattoridiconsenso,cap.XVI,§1.
Figli
-Mantenimentodiretto,cap.XI,
§3.
-Mantenimento,forme
alternativeeintegrative,cap.
XII,§4.
-Mantenimento,inadempimento,
misuresanzionatorie,cap.XI,§
11.
-Mantenimento,spese
scolastiche,cap.XI,§3,cap.
XII,§3.
-Mantenimento,spese
straordinarie,cap.XII,§3.
-Sviluppodellapersonalità,cap.
XI,§1e11.
Frazionamentodell’interesse
protetto,cap.XIV,§1.
I
ICI,cap.XV,§6.
IMU,cap.XV,§6.
Incapacitàeconomica,cap.XIV,
§5.
Indaginipatrimoniali,cap.VI,§
5,cap.X,§7,cap.XII,§2.
Ipotecagiudiziale,cap.III,§10,
cap.VII,§6.2.
IRPEF,cap.X,§8.2;XV,§2,6.
J
Jointcustody,cap.XVI,§3.
L
Lavorocasalingo,cap.I,§3e6,
cap.IV,§2,cap.XIII,§2.
Legittimazionedelcuratore,cap.
XIV,§8.
Legittimazione,cap.XI,§5,cap.
XIV,§7.
Logicadelconflitto,cap.XVI,§
2.
M
Mantenimento
-Dirittoal,cap.I,§1,cap.III,§
1e3,cap.V,§1,cap.VI,§1,
cap.VII,§1,cap.XI,§4e5.
-Perditadeldiritto,cap.V,§3.
-Rinunziaal,cap.IV,§3.
Mediazionefamiliare,cap.XVI,§
1ss.
Mediazione,cap.II,§2.
Mezzidisussistenza,cap.XIV,§
2.
Minore–personaoffesa,cap.
XIV,§8.
Modellosistemico,cap.XVI,§4.
N
Nascitafiglinaturali,cap.VI,§
4.6,cap.X,§5.1.
Naturaplurioffensiva,cap.XIV,§
1.
O
Obbligazionealimentare,cap.
XIV,§2.
Obbligoalimentarecap.XI,§1,
cap.XIV,§2.
Omessacorresponsione
dell’assegno,cap.XIV,§10.
Omissionedell’obbligato,cap.
XIV,§9.
P
Parità,cap.I,§2.
Partecivile,cap.XIV,§6.
Patrimonio,cap.I,§1,cap.V,§2,
cap.VI,§1e2,cap.VII,§1,
cap.X,§5.3.
Permanenza,cap.XIV,§9.
Personaoffesa,cap.XIV,§6.
PoliziaTributaria,cap.VI,§6,
cap.XII,§2.
Potenzialitàeconomiche,cap.IV,
§2,cap.V,§2,cap.V,§1,cap.
X,§3.
Potestà,cap.I,§1e5,cap.XI,§
1,6e11,cap.XII,§3,cap.
XVI,§3.
PrenuptialAgreements,cap.I,§
6.
Prescrizione,cap.XIV,§9.
Pretesarisarcitoria,cap.XIV,§7.
Procedibilitàd’ufficio,cap.XIV,
§10.
Proporzionalità,principiodi,cap.
VI,§3,cap.XI,§2,3e8,cap.
XII,§1.
R
Ragionidellamediazione,cap.
XVI,§2.
Reatoaformavincolata,cap.
XIV,§1.
Reddito,cap.III,§1,cap.IV,§3,
cap.V,§2,cap.VI,§1e2,cap.
VIII,§3,cap.X,§5.1.
Responsabilitàgenitoriale,cap.
XI,§1e2,cap.XVI,§2.
-Funzione(munus),cap.I,§5,
cap.XI,§1.
Riorganizzazionedella
quotidianità,cap.XVI,§1.
S
Sentenzapenale,cap.XIV,§7.
Separazione,procedimento,
-Esecutivitàprovvedimenti,cap.
III,§4
-Prova,mancanzadi,cap.VI,§
4.3.
-Prova,oneredella,cap.VI,§5.
-Provvedimentopresidenziale,
-cap.III,§4.
-Reclamo,cap.III,§5.
Sharedparenting,cap.XVI,§3.
Sequestroconservativo,cap.XIV,
§8.
Separazione,rimedio,cap.II,§1.
Soggettoattivodelreato,cap.
XIV,§4.
Solidarietà,cap.I,§3,cap.II,§2,
cap.III,§2,cap.VIII,§1,cap.
IX,§2.
Spiritodellamediazione,cap.
XVI,§1.
Statodibisogno,cap.XIV,§3.
Strategiedelmediatore,cap.XVI,
§6.
T
Testimoni,cap.XIV,§6.
Tutelapenale,cap.XIV,§1.
U
Udienzapreliminare,cap.XIV,§
7.
Utilitàeconomiche,cap.X,§2.
V
Vicendaseparativa,cap.XVI,§4.
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AUTORI
MILENAPINIèavvocatodelforo
di Milano, svolge dal 1981
attività esclusiva nell'ambito
del diritto di famiglia.
Presidente
dell'AIAF
Lombardia,
Associazione
Italiana Avvocati per la
Famiglia e i Minori. Collabora
con riviste giuridiche del
settore ed è autrice di
pubblicazioni sul diritto di
famiglia.
BRUNO SCHETTINI Professore
straordinario di pedagogia
sociale presso la Seconda
UniversitàdiNapoli.Didattadi
mediazione familiare e penale
nonché membro del direttivo e
coordinatore
della
commissione nazionale per la
professione dell'Associazione
Internazionale
Mediatori
Sistemi. Collaboratore de' "Il
Sole 24 ore" per i temi della
famigliaedell'educazione".
ANNA LISA BUONADONNA è
avvocato penalista in Salerno.
Vincitrice nell’anno 2003 del
premio di eloquenza “Adolfo
Cilento” per giovani avvocati
penalisti, e’ specializzato in
Diritto Processuale Penale
comparato. Ha conseguito il
titolo di Dottore di Ricerca in
Procedura
Penale
presso
l’Università degli Studi di
Palermo. E’ componente della
Commissione
per
la
Formazione della Magistratura
Onoraria istituita dal Consiglio
Superiore della Magistratura
per il Distretto di Salerno. E’
autore
delle
seguenti
pubblicazioni: “La funzione
conciliatrice del Giudice di
Pace
Penale”
(Primo
ClassificatoPremioFondazione
“Pasquale Pastore” e Rotary
International anno 2002); “Le
figurenormativedelpropalante
erga a-lios ed il regime
processuale delle dichiarazioni
rese dal teste-assistito”; “ La
«coercibilità» del patrimonio
conoscitivo dell’imputato in
procedimento connesso o
collegato
e
lo
scopo
dell’accertamento
penale”;
“Dall’ibrido «impumone» alla
figura di «teste assistito»; “La
responsabilità penale del
neurologo”.
PASQUALE
RICCI
è
Commercialista
distretto
giudiziario di Napoli, Revisore
dei Conti, Consulente Tecnico
del Tribunale, Pubblicista,
svolge dal 1986 attività di
Tributarista,concollaborazioni
a saggi e riviste. Dal 1990 al
1995 Membro del Consiglio
Tributario del Comune di
Napoli, dal 1997 al 2000
Consigliere
Nazionale
AssociazioneTributaristi–Dal
2001 al 2005 presidente del
Collegio dei Revisori DAC
ServiceS.p.a.Napoli–dal2003
al2005presidentedelCollegio
dei Revisori della SICMI s.r.l.
Bergamo – Dal 2001 al 2003
presidente del Collegio dei
Revisori della CO.VI.m. s.r.l.
Napoli – Dal 2003 al 2008
Presidente del Collegio dei revisori della Montagna s.r.l.
Napoli – dal 2005 Sindaco
Effettivo della GE.VI. S.p.a. –
Dal 2005 al 2006 Sindaco
Effettivo del M.I.U.R. dei
seguenti Isituti I.T.C. Doria
Napoli, D.D. II Circolo Napoli,
S.M. Alighieri Napoli, S.M.
Aliperti Napoli – Dal 2006
SindacoEffettivodiCittàdella
Scienza S.p.a. – Dal 2003
Direttore della Mostra di
Antiquariato presso la sede
della Facoltà di Agraria
Univeristà Federico II –
Componente del comitato di
redazione del giornale Il
Commercialista – Direttore
Responsabile del periodico di
cultura e informazione “Tempi
Moderni”
BRUNO DE FILIPPIS, giudice dal
1978, ha esercitato, nella
magistratura, funzioni direttive
e semidirettive e si è occupato
di importanti processi. Autore
di
numerosissime
pubblicazioni, alcune delle
quali conservate in biblioteche
estere,edirettoredellaCollana
“La Biblioteca del diritto di
Famiglia”. Ha collaborato alla
predisposizione dei testi di
nuoveleggi,tracuilan.54del
2006 (Affidamento condiviso
deifiglinellaseparazioneenel
divorzio) e di numerose
proposte di legge, sia nelle
precedenti legislature, che
nell’attuale.
NOTES
(1) Cfr.: Cass., 22 marzo 2007,
n. 6979: «Il previgente art. 155
cod. civ. ed il vigente art. 155
quater cod. civ. in tema di
separazione e l’art. 6 della legge
sul divorzio subordinano il
provvedimento di assegnazione
dellacasaconiugaleallapresenza
difigli,minoriomaggiorenninon
autosufficienti economicamente
conviventi con i coniugi; in
assenzaditalepresupposto,siala
casa
in
comproprietà
o
appartenga a un solo coniuge, il
giudicenonpotràadottare,conla
sentenza di separazione, un
provvedimento di assegnazione
dellacasaconiugale,nonessendo
la medesima neppure prevista
dall’art. 156 cod. civ. in
sostituzione o quale componente
dell’assegnodimantenimento».
(2) In antichi libri di diritto di
famiglia si leggono tesi del
genere,
documentate
con
statistiche dalle quali risultava
che la maggior parte dei
delinquenti, minorili e non, o
delle prostitute erano nati fuori
delmatrimonio.
(3) Cfr.: Corte Cost., 14 aprile
1969,n.79.
(4)CorteCost.,4aprile1990,n.
184.
(5) Cfr.: Corte Cost., 18 aprile
1991,n.158.
(6) Cfr.: Corte Cost., 7
novembre 1994, n. 377, ove la
Consulta riconobbe che, dopo
vent’annidallariformadeldiritto
di famiglia, appariva sempre
meno plausibile la regola che
escludeva dall’eredità i fratelli e
le sorelle naturali del defunto, a
beneficioanchedilontaniparenti
legittimi fino al sesto grado, ma
concluse rilevando che la
modifica del sistema successorio
competevasoloallegislatore.
(7) Corte Cost., ord. 14
dicembre2011,n.7:
(8)CorteCost.184/1990cit.
(9) Cfr.: P ROSPERI, L’incerto
incedere
della
Corte
Costituzionaleneiconfrontidella
parentela naturale, inRass. Dir.
Civ.,1991,pag.447.
(10) L’uso dei termini
“legittimo” e “naturale” sia
consentito, anche dopo la loro
abrogazione,aifiniesplicativi.
(11) Cfr.: Cass., 8 giugno 1993,
n. 6381, inNuova giur. civ.
comm.,1994,I,pag.339.
(12) Cass., 2 aprile 1987, n.
3134; 10 ottobre 1992, n. 11073,
5 aprile 1996, n. 3194, 5 aprile
1996,n.3194,27agosto1997,n.
8059.
(13)Sulpunto,cfr.V.A DAMI,Il
riconoscimento
del
figlio
naturale da parte della donna
coniugata,inStatocivileit.,1982,
22.
(14) Cfr. Cass. pen., sez. VI, 13
dicembre2004n.4453.
(15) Cass., 3 gennaio 2003, n.
14.
(16) Cfr.: Cass. 22 aprile 1981,
n.2383;Cass.31dicembre2008,
n.30688.
(17) Nel vigore della vecchia
normativa, la giurisprudenza
riconosceva al giudice ampi
poteri inquisitori, indipendenti
dalle allegazioni delle parti. Cfr.
Cass., 13 novembre 1986, n.
6649.
(18) Corte Cost., 9 febbraio
2011,n.83.
(19) Cass., 11 gennaio 2006, n.
395.
(20) Cass., 13 aprile 2012, n.
5884.
(21) Cfr.: Cass., 9 novembre
2004,n.21359.
(22) In ordine alla necessità ed
alla funzione dell’intervento del
PM, si veda, sia pure in materia
differente,CorteCost.,25giugno
1996,n.214.
(23) Cass., 3 febbraio 2011, n.
2645.
(24) Cass., 13 marzo 1987, n.
2654.
(25) Cfr.: La Repubblica, Il
Corriere della Sera ed altra
stampadel27novembre2012.
(26) Cfr.: E. C ARBONE, Della
filiazione naturale e della
legittimazione,subart.262c.c.,in
Commentario del codice civile a
cura di L. Balestra, diretto da E.
Gabrielli, vol. II,Della famiglia,
UtetTorino,2010,pag.567.
(27) Cfr. B IANCA, La famiglia.
Lesuccessioni,ed.4,vol.II,pag.
360ss.,Giuffrè2005.
(28)FAYER,Lafamiliaromana.
Aspetti giuridici ed antiquari.
Parteprima(Problemiericerche
di storia antica), "L’Erma" di
Bretschneider, Roma, 1994. Per
approfondimenti sulla famiglia e
la posizione della donna nel
diritto romano, v. C ANTARELLA,
PassatoProssimo,Donneromane
da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli,
Milano,1996p.51;CENERINI, La
donna romana. Modelli e realtà .,
Il Mulino, Bologna, 2002;
LOBRANO, “Uxor quodammodo
domina”. Riflessioni suPaul. D.
25.
2.
1,I. Il carattere
“comunitario” del diritto di
famiglia nel sistema giuridico
romanistaeildirittoromano.,Ed.
Univ. Sassari, 1989; L OBRANO,
Pater et filius eadem persona.
Vol. 1: Per lo studio della patria
potestas,Giuffrè,Milano,1985.
(29)FAYER,Lafamiliaromana.
Aspettigiuridiciedantiquari,cit.,
osserva che la struttura della
familia si modificò «come
conseguenza
diretta
del
rallentarsi
dei
vincoli
dell’agnazione, che avevano
tenute ben salde fra loro le
famiglie naturali componenti la
familia proprio iure; ora, grazie
anche alla corrente pratica
dell’emancipazione che rendeva
il filius familias pater familias
della propria famiglia, la familia
romana divenne sempre più
simile alla famiglia moderna,
basata
sulla
coniunctio
sanguinis, e il pater familias
coincidevasemprepiùspessocon
il padre naturale». Lapatria
potestas
venne
limitata
indirettamente al finire dell’età
repubblicana
con
il
riconoscimentoinqualchemisura
ai figli di una certa capacità di
agire.Lastessacreazionedaparte
di
Augusto
delpeculium
castrense, grazie al quale i figli
potevano disporre dei beni che
acquistavano durante il servizio
militare,einetàpostclassica,del
peculium quasi castrense, che
riguardavagliacquistiottenutiin
occasione
dell’esercizio
di
attività
burocratiche
ed
ecclesiastiche,incrinaronol’unità
delpatrimoniofamiliare.
(30)Perilraffrontodellenorme
relative al matrimonio e ai
rapporti tra i coniugi nel diritto
romano e nella legislazione del
Regno d’Italia, v. H AIMBERGER,
Il diritto romano privato e puro ,
RondinellaEditore,Napoli,1863,
79ess..
(31) L’art 134 del codice civile
del1865recitava:“Lamoglienon
può donare, alienare beni
immobili, sottoporli ad ipoteca,
contrarre mutui, cedere o
riscuotere capitali, costituirsi
sicurtà, né transigere o stare in
giudizio relativamente a tali atti,
senzal’autorizzazionedelmarito.
Il marito può con atto pubblico
dare alla moglie l’autorizzazione
ingenerepertuttioperalcunidei
detti atti, salvo a lui il diritto di
revocarla.”.
(32) L’autorizzazione maritale,
acuisifacevaspessoricorsoper
negarealladonnaidirittipolitici,
venne abolita solo nel 1919, al
termine della prima guerra
mondiale,concludendounalunga
battaglia parlamentare, iniziata
alla Camera nel 1910 dal
socialistamodeneseCarloGallini.
La legge 17 luglio 1919, che
stabiliva norme circa la capacità
giuridica della donna, abrogò
l’art. 134 del codice civile del
1865, e ammise le donne “a pari
titolo degli uomini, ad esercitare
tutte le professioni ed a coprire
tuttigliimpieghipubblici,esclusi
soltanto,senonvisianoammesse
espressamente dalle leggi, quelli
che implicano poteri pubblici
giurisdizionari o l’esercizio di
dirittiedipotestàpolitiche,oche
attengono alla difesa militare
dello
Stato
secondo
la
specificazione che sarà fatta con
appositoregolamento.”.
(33)Ilcodicenapoleonicoentrò
in vigore il 21 marzo 1804;
eliminava definitivamente i
retaggi dell’ancién régime e
creava
una
società
prevalentemente borghese e
liberale,diispirazionelaica,nella
qualevenivanoconsacratiidiritti
di eguaglianza, sicurezza e
proprietà.Perl’Italiailvaloredel
codice napoleonico fu fondante,
poichéessofuportatonegliStati
creatidaNapoleoneeconfluìpoi
nel codice civile italiano del
1865.
(34) I 556 componenti
dell’Assemblea Costituente, di
cui 21 donne, in rappresentanza
del popolo italiano si riunirono
per la prima volta il 25 giugno
1946 per nominare il Capo
provvisorio dello Stato e per
designare
i
75
membri
rappresentativi
di
tutta
l’Assemblea.Dopocircaseimesi
diattività,laCommissionedei75
sottopose il proprio progetto
costituzionale
all’intera
Assembleachenelcorsodiquasi
tutto il 1947 discusse, integrò,
modificò, articolo per articolo, la
bozza iniziale. Il 22 dicembre
1947 venne approvato, a
larghissima maggioranza, il testo
definitivo della Costituzione che
una volta promulgato dal Capo
ProvvisoriodelloStato,EnricoDe
Nicola, entrò in vigore il 1°
gennaio1948.
(35) Art. 29, secondo comma,
Cost. “Il matrimonio è ordinato
sull’uguaglianza
morale
e
giuridicadeiconiugi,conilimiti
stabiliti dalla legge a garanzia
dell’unitàfamiliare”.
(36) JEMOLO, La famiglia e il
diritto,inPaginesparsedidiritto
e storiografia, Giuffrè, Milano,
1957, 228; STELLA RICTHER,
Prospettive di riforma del diritto
di famiglia, in Giust. Civ., 1970,
IV,
270;
B IN,
Rapporti
patrimoniali tra coniugi e
principio
di
eguaglianza,
Giappichelli,Torino,1971,71.
(37)
Sul
principio
di
eguaglianzadicuiall’art.3Cost.,
con riferimento all’art. 29 Cost.,
laCortecostituzionaleneglianni
’60 si espresse più volte,
dichiarando non fondate le
questioni
di
legittimità
costituzionaleproposte.LaCorte,
con sentenza n. 64 del 23
novembre1961,affermòche“con
riferimento all’art. 29, laddove
per il principio di eguaglianza
tra i coniugi si prevede che la
legge ordinaria possa disporre
limiti a garanzia della unità
familiare, fra i limiti a detto
principiosianoinprimoluogoda
annoverare
quelli
che
riguardano le esigenze di
organizzazione della famiglia, e
che, senza creare alcuna
inferiorità a carico della moglie,
fanno tuttora del marito, per
taluni aspetti, il punto di
convergenzadellaunitàfamiliare
e della posizione della famiglia
nellavitasociale”.
Adistanzadianni,nel1967,la
Consulta ancora sosteneva che
“la parità morale e giuridica dei
coniugi è garantita dall’art. 29
secondo
comma
della
Costituzione‘conilimitistabiliti
dallaleggeagaranziadellaunità
familiare’. Il che vuol dire che il
legislatore ordinario è appunto
autorizzato ad individuare e
codificare quelle limitazioni che
siano obiettivamente necessarie
ai fini delle fondamentali
esigenze di organizzazione della
famiglia e che, senza creare
alcuna inferiorità a carico della
moglie, fanno tuttora del marito,
per taluni aspetti, il punto di
convergenzadellaunitàfamiliare
e della posizione della famiglia
nella vita sociale" (C. Cost.,
sentenza n. 102 del 26 giugno
1967).
(38) Si deve ricordare che l’art.
559delcodicepenale,chepuniva
la moglie adultera, e il correo di
questa,manonilmaritoadultero,
e l’art. 151, secondo comma, del
codice di procedura civile, che
escludeva
l’ammissibilità
dell’azione
di
separazione
personale da parte della moglie
per adulterio del marito in
mancanzadi"circostanzetaliche
ilfattocostituiscaingiuriagrave
alla moglie", vennero dichiarati
costituzionalmenteillegittimicon
sentenze n. 126 e n. 127 del 16
dicembre1968.
(39)Apochimesidalvarodella
riforma del diritto di famiglia,
nella sua relazione annuale sulla
giurisprudenza
della
Corte
Costituzionale nel 1974, il
Presidente Francesco Paolo
Bonifacio sottolineò che “le
nostre pronunzie non possono
sostituire l’opera del legislatore,
dappoiché non c’è settore del
diritto che più del diritto di
famiglia richieda una riforma
organicamateriatadivalutazioni
politiche:laprima,fondamentale
valutazione politica essendo
quella inerente alla posizione
stessa della famiglia nella nuova
società.Edognunvedecomesolo
il legislatore possa avere questa
visione organica e possa
incasellare
la
ricchissima
problematica della materia in un
quadro coerente nelle sue varie
parti. La riprova che è
impossibile pretendere dalla
Corte più di quanto nell’ambito
deisuoipoteriessapossadareè
offerta dalla sentenza n. 187,
pronunziata a seguito di
un’ordinanza che, attraverso
l’impugnativa dell’art. 215 cod.
civ., in sostanza finiva col
chiedere una totale riforma dei
rapporti patrimoniali fra i
coniugi. La Corte ha solo potuto
segnalare al legislatore – con
parolechenonlascianodubitare
trattarsi di vero obbligo –
l’esigenzachetalirapportisiano
adeguatialprincipiodiparitàfra
coniugi e, in particolare, che sia
datoildovutorilievoall’apporto
delladonna,talvoltaindirettoma
nonperciòmenoconsistente,alle
fortune
economiche
della
famiglia”(20gennaio1975).
(40) Legge 19 maggio 1975, n.
151.
(41)
Per
approfondimenti
sull’iter parlamentare della legge
di riforma del diritto di famiglia
del1975,eperunesameanalitico
degli articoli della legge 151/75,
v. A. F INOCCHIARO – M.
FINOCCHIARO,
Diritto
di
famiglia, vol. I, Giuffrè, Milano,
1984.
(42) A. F INOCCHIARO – M.
FINOCCHIARO,
Diritto
di
famiglia,op.cit.,p.262
(43) La dottrina dell’epoca
attribuì
diversi
significati
all’”accordo” ex art. 144 c.c.,
privilegiandosidapartedialcuni
la nuova valenza della relazione
tra i coniugi alla ricerca del
consenso (ZATTI, I diritti e i
doveri che nascono dal
matrimonio e la separazione dei
coniugi, inTrattato di diritto
privato, diretto da Rescigno, 3,
Utet, Torino, 1996, 21), e quindi
l’accordo come manifestazione
dell’autonomia negoziale privata
dei coniugi, e da parte di altri la
funzione dell’accordo come
strumento per il soddisfacimento
degli interessi della famiglia
(MOSCARINI, Parità coniugale e
governo della famiglia, Giuffrè,
Milano,1974,96ss.)
(44) A LAGNA, Il regime
patrimoniale primario della
famiglia, in Vita not., 1977, II,
850; SESTA, Diritto di famiglia,
Cedam,Padova,2005,131ss.
(45) Cass., 18 agosto 1994, n.
7437; Cass., 14 agosto 1997, n.
7630, inMass. Giust. civ., 1997,
1433; Cass., 29 marzo 2000, n.
3792, inFam. e dir. , 2000, 411,
connotadiDE MICHEL, Assegno
di mantenimento e tenore di vita
deiconiugiseparati.
(46) BIANCA, Diritto civile, 2.
La famiglia. Le successioni.,
Giuffrè,Milano,2005,211.
(47) DE FILIPPIS, Il matrimonio,
la separazione dei coniugi ed il
divorzio, Cedam, Padova, 2007,
387.
(48) SESTA, Diritto di famiglia,
op.cit.,328;secondol’Autore“in
costanzadimatrimoniol’obbligo
di contribuire ai bisogni della
famigliaaltrononècheilriflesso
deldoveredicollaborazioneedi
assistenza morale e materiale.
Venutomeno,conlaseparazione,
il dovere di collaborare
nell’interesse della famiglia, il
dovere di contribuzione si
trasforma, nei confronti del
coniuge economicamente più
debole,
in
quello
di
corrispondergli un assegno di
mantenimento”.
(49) In data 27 novembre 2012
la Camera dei Deputati ha
definitivamente approvato le
nuove“Disposizioniinmateriadi
riconoscimentodeifiglinaturali”.
Ivi è previsto che tutti i figli
abbianolostessostatogiuridicoe
che, nel codice civile, le parole
“figlilegittimi”e“figlinaturali”,
ovunque
ricorrano,
siano
sostituitidallaparola“figli”.
(50)Si veda la precedente nota
n.22.
(51)Si veda la precedente nota
n.22.
(52) Legge 8 febbraio 2006, n.
54, "Disposizioni in materia di
separazione dei genitori e
affidamento condiviso dei figli",
pubblicata
nella
Gazzetta
Ufficialen.50del1°marzo2006.
(53)Trib.Venezia,sent.16-30
giugno 2004, inIl Merito, n. 12005,connotadiPINI,Riflessioni
e perplessità in merito alla
risarcibilità e ai criteri di
liquidazione del danno non
patrimoniale a favore del figlio;
nello stesso senso C. App.
Bologna, 10 febbraio 2004, in
Fam.edir.,n.5,2006,511eTrib.
Brindisi, 26.1.2007, n. 13,
www.altalex.com
che
riconoscendo il danno non
patrimoniale conseguente alla
mancata corresponsione da parte
di un genitore del contributo al
mantenimento del figlio ha
affermato che “tale condotta
rileva,sulpianocivile,intermini
di violazione non di un mero
diritto di contenuto patrimoniale
ma di sottesi e più pregnanti
diritti
fondamentali
della
persona, in quanto figlio ed in
quantominore”,eciò“oveanche
allasoddisfazionedeibisognidel
minore abbia già provveduto la
madre.”
(54) Si veda la precedente nota
n.22.
(55) Cass., 10 aprile 2012 n.
5652, inIl Sole 24 Ore, Mass.
RepertorioLex24
(56) Cass., 10 maggio 2005, n.
9801, inFam. e dir., 2005, 365,
con note di SESTA e di FAC-CI.
Cass., 15 settembre 2011, n.
18853,
inIpsoa, Danno e
Responsabilità,2012,4,382.
(57) VINCENZI A MATO, La
famigliaeildiritto,inLafamiglia
italiana dall’ottocento a oggi,
Editori Laterza, 1988; ZANATTA,
Le nuove Famiglie, Il Mulino,
Bologna,1997.
(58) accordi che i futuri sposi
concludono per regolare alcuni
aspetti della vita matrimoniale e
diunaeventualecrisiconiugale.
(59) OBERTO, I contratti della
crisi coniugale, I, Giuffrè,
Milano,1999,556;
(60) Cass., 25 gennaio 2012, n.
1084;Cass.,4novembre2010,n.
22505 ha ribadito la “nullità per
illiceità
della
causa”
dell’accordo che contempla una
rinuncia “interferente sul diritto
indisponibile all’assegno di
divorzio,
di
carattere
assistenziale, ed inerente a
materia nella quale le decisioni
del giudice, collegate anche ad
interessidiordinegenerale,sono
svincolate dal potere dispositivo
dei contendenti”; v. anche Cass.,
10marzo2006,n.5302;Cass.,11
settembre2001,n.11575;Cass.,1
dicembre 2000, n. 15349; Cass.,
18 febbraio 2000, n. 1810; in
dottrina, per l’ammissibilità di
accordi con i quali si dispone
riguardo al mantenimento, e per
la disponibilità dell’assegno di
divorzio, OBERTO, I contratti
della crisi coniugale, I, op. cit.,
459
(61) A L MUREDEN ,Nuove
prospettive di tutela del coniuge
debole. Funzione perequativa
dell’assegno divorzile e famiglia
destrutturata, Ipsoa, Milano,
2007, 16 ss., evidenzia che nel
nostro Paese all’affermata parità
formale tra i coniugi, sul piano
giuridico, ed all’accesso delle
donnealmercatodellavoro,non
corrisponde il raggiungimento di
un’effettiva parità all’interno
della famiglia. Così i "costi" che
la cura della famiglia comporta,
soprattuttointerminidiperditadi
energie dedicate all’attività
professionale
o
formativa
gravano ancora per la maggior
parte sulle donne, tanto che si
riscontra un rapporto di
proporzionalità inversa tra il
numero di figli e il tasso di
occupazione femminile a tempo
pieno o di lavoropart-time. Ne
deriva,
secondo
l’Autore,
l’esigenza che le norme che
disciplinano
gli
effetti
patrimoniali della crisi coniugale
e dello scioglimento del
matrimonio costituiscano un
efficace contrappeso rispetto alle
conseguenze negative che si
ricollegano ad una divisione
asimmetricadellavorodomestico
nella famiglia e che proprio nel
momento della rottura del
matrimonio possono manifestarsi
in senso negativo. Se così non
fosse, l’attuazione del principio
costituzionale dell’eguaglianza
traiconiugirisulterebbe,secondo
l’Autore,
gravemente
compromessaesidarebbevitaad
una situazione quasi paradossale
in quanto gli strumenti che
dovrebbero controbilanciare una
divisione asimmetrica dei pesi
della famiglia assisterebbero il
coniugedeboleinunmomento(la
fase fisiologica) nel quale
normalmentelacomunionedivita
rende l’esigenza di tutela
superflua, per poi abbandonarlo
proprioquandoglieffettinegativi
connessi
alla
prolungata
dedizioneallacuradellafamiglia
si possono manifestare - e
generalmente si manifestano con maggiore asprezza. Ne
consegue la necessità di operare
una equa divisione delle risorse
ed eliminare o quantomeno
ridurrelepiùfortidisuguaglianze
tra
i
coniugi,
nella
consapevolezzadellanecessitàdi
organizzare la vita della famiglia
dopo la cessazione della
convivenzamatrimoniale.
(62) v. in tal senso, Cass., 18
luglio2005,n.15157,conformea
Cass. 6566/1997, 3098/1995,
10512/1994;
in
dottrina,
BONILINI, Manuale di diritto di
famiglia, 3ª ed., Utet, Torino,
2005,172ss.
(63) Cass., 9 ottobre 2007, n.
21099,
inIl Quotidiano
Giuridico, 12.10.2007; Cass. 14
febbraio2007,n.3356.
(64)
DOGLIOTTI,
La
separazione
personale
dei
coniugi, inIl diritto di famiglia,
Trattato diretto da Bonilini e
Cattaneo, I, Utet, Torino, 1997,
465ss.
(65) TOMMASEO, La disciplina
processuale del divorzio, in
BONILINI,
TOMMASEO,
Lo
scioglimentodelmatrimonio,inIl
codicecivile,Comm.Schlesinger,
Giuffrè,Milano,2004,330testoe
nt.108.
(66) Questa tendenza è
confermata dalla rilevazione dei
datiISTAT,dacuiemergechele
separazioni ed i divorzi sono in
continuoaumento.Secondoidati
più
recenti
(http://www.istat.it/it/archivio),
nel2010leseparazionisonostate
88.191eidivorzi54.160;rispetto
all’anno
precedente
le
separazioni hanno registrato un
incremento del 2,6% mentre i
divorzi un decremento pari a
0,5%. I tassi di separazione e di
divorzio totale mostrano per
entrambiifenomeniunacontinua
crescita: se nel 1995 per ogni
1.000 matrimoni erano 158 le
separazioni e 80 i divorzi, nel
2010siarrivaa307separazionie
182 divorzi. La tipologia di
procedimento
maggiormente
scelta dai coniugi è quella
consensuale: nel 2010 si sono
concluseinquestomodol’85,5%
delle separazioni e il 72,4% dei
divorzi. Nel 20,6% delle
separazionièprevistounassegno
mensile per il coniuge (nel 98%
dei casi corrisposto dal marito).
Tale quota è più alta nelle Isole
(24,9%) e nel Sud (24,1%),
mentre nel Nord si assesta sul
17%. Gli importi medi, invece,
sono più elevati al Nord (520,4
euro) che nel resto del Paese
(447,4 euro). In dottrina, sul
fenomeno
sociale
della
separazione v. B ARBAGLI e
SARACENO,SepararsiinItalia,Il
Mulino,Bologna,1998,15ss.
(67) BARBAGLI e SARACENO,
SepararsiinItalia,op.cit.,41.
(68) EMERY, Il divorzio.
Rinegoziarelerelazionifamiliari,
FrancoAngeli,Milano,1998,56.
(69) EMERY, Il divorzio.
Rinegoziarelerelazionifamiliari,
op.cit.,56ss.
(70) Utile strumento che può
aiutare i coniugi in questo
percorso è la mediazione
familiare, pratica affermata da
anni anche nel nostro Paese, che
siesprimeinvarieteorizzazionie
diversi modelli, che possono
riassumersi nel concetto di
“procedura alternativa alla lite
legale e ad altre forme di
assistenza terapeutica o sociale,
in cui una terza persona,
imparziale,qualificataeconuna
formazione specifica, chiamata
mediatore,
agisce
per
incoraggiare e per facilitare la
risoluzione di una disputa tra le
parti”, secondo la definizione
data da HAYNES e BUZZI,
Introduzione alla mediazione
familiare.Principifondamentalie
sua
applicazione,
Giuffrè,
Milano,1996,11.
L’art. 155-sexies, comma 2,
c.c.,introdottodallelegge154/06
sull’affidamento condiviso, fa
esplicito
riferimento
alla
mediazione nel procedimento di
separazione personale "per
consentire che i coniugi,
avvalendosi di esperti, tentino
una mediazione per raggiungere
unaccordo".
(71) v. A RDONE, MAZZONI, La
mediazione familiare per una
regolazione della conflittualità
nella separazione e nel divorzio,
Giuffrè, Milano, 1994, 45;
PARKINSON,
Separazione,
divorzio e mediazione familiare,
Erickson,Londra,1987,23ss.
(72)
FERRANDO,
Le
conseguenze patrimoniali del
divorziotraautonomiaetutela,in
Dir. fam. e pers., 1998, I, 722 ss;
ROSSI-CARLEO,Laseparazionee
il divorzio, in Tratt. dir. priv.,
diretto da Bessone, IV, I, Torino,
1999,281.
(73) A L
MUREDEN,
Il
mantenimento
del
coniuge
debole: verso un trattamento
differenziato dei matrimoni di
breveedilungadurata?,inFam.
e dir., n. 2/2005, p. 127, dove
l’Autore mette in luce la
positività della prassi instaurata
neiPaesidicommonlaw:“Inquel
contestosièdatemposviluppata
la c.d. clean break theory, ossia
la tendenza a definire una volta
per tutte le conseguenze
patrimoniali
del
divorzio
evitando che si protraggano nel
tempo rapporti patrimoniali
collegatiadunmatrimonioormai
venuto meno. L’obiettivo viene
realizzato,
ove
possibile,
mediante
l’attribuzione
al
coniugedebolediunasommauna
tantum o di una parte del
patrimonio
del
coniuge
economicamenteforte.Unasimile
impostazione risulta funzionale
siaaconsentireagliexconiugidi
lasciarsi alle spalle la passata
esperienza per ricominciare una
nuova vita, sia a garantire
maggiormente il coniuge debole
che, ricevendo in un’unica
soluzione quanto a lui dovuto, si
pone al riparo dal rischio che
l’altro non adempia ai suoi
obblighi(inargomentoBlumberg,
TheFinancialIncidentsofFamily
Dissolution, cit., 393 ss.; Katz,
FamilyLawinAmerica,NewYork,
2003,87).”
(74) Cass., 29 luglio 2011, n.
16736, incd rom Fam. e dir.,
Ipsoa; Cass., 25 agosto 2008, n.
18547; Cass., 4 aprile 2002, n.
4800, inGiur. It ., 2003, 686;
Cass.29marzo2000,n.3792,cit.
(75) Cass., 2 luglio 1990, n.
6774,inGiur.It.,1991,I,1,424.
(76) Cass., 4 aprile 2002, n.
4800,cit.
(77)Art. 156 c.c. - Effetti della
separazione
sui
rapporti
patrimoniali tra i coniugi. “Il
giudice,
pronunziando
la
separazione,
stabilisce
a
vantaggiodelconiugecuinonsia
addebitabile la separazione il
diritto di ricevere dall’altro
coniuge quanto è necessario al
suo mantenimento, qualora egli
non abbia adeguati redditi
propri.
L’entità di tale somministrazione
è determinata in relazione alle
circostanze
e
ai
redditi
dell’obbligato.
Restafermol’obbligodiprestare
glialimentidicuiagliartt.433e
seguenti.
Il giudice che pronunzia la
separazione può imporre al
coniuge di prestare idonea
garanzia reale o personale se
esiste il pericolo che egli possa
sottrarsi all’adempimento degli
obblighi previsti dai precedenti
commiedall’art.155.
La sentenza costituisce titolo per
l’iscrizione
dell’ipoteca
giudizialeaisensidell’art.2818.
In caso di inadempienza, su
richiesta dell’avente diritto, il
giudicepuòdisporreilsequestro
di parte dei beni del coniuge
obbligato e ordinare ai terzi,
tenuti a corrispondere anche
periodicamentesommedidanaro
all’obbligato, che una parte di
esse venga versata direttamente
agliaventidiritto.
Qualora
sopravvengano
giustificati motivi il giudice, su
istanza di parte, può disporre la
revoca o la modifica dei
provvedimenti di cui ai commi
precedenti.”
(78) Cass., 5 novembre 1987 n.
8153,inMass.Giur.It.,1987.
(79)daultimo,Cass.,27giugno
2006,n.14840,inForoIt., 2007,
1,138,I.
(80) Secondo Cass., 23 aprile
1998, n. 4198, “la richiesta di
alimenti costituisce un ‘minus’,
necessariamente ricompreso in
quella di mantenimento (Cass.
5677/96; 2128/94) : con la
conseguenza che non comporta
vizio di extrapetizione il
riconoscimento
al
coniuge
separatodiunassegnoalimentare
in luogo del richiesto assegno di
mantenimento”. Recentemente
Cass., 22 novembre 2010, n.
23591 ha ribadito che il diritto
agli alimenti non può assicurare
al coniuge meno abbiente, al
quale è stata addebitata la
separazione, “lo stesso agio
goduto prima della crisi
coniugale, ma deve solo
consentirgli di disporre di mezzi
adeguati a condurre una vita
dignitosa. È a questo criterio che
deve ispirarsi la determinazione
della sua misura, sicché non
rilevano
le
condizioni
patrimoniali
del
coniuge
chiamato a soddisfare col suo
sforzo economico le anzidette
esigenze.”
(81)
SALVANESCHI,
I
procedimenti di separazione e
divorzio,inFam.edir.,n.4/2006,
356.
(82) Cass. 12 aprile 2006 n.
8512, inGuida al dir. , 2006, n.
30,52.
(83) Cass., 20 marzo 2009, n.
6864, inIl Sole 24 Ore, Mass.
RepertorioLex24,haribaditoche
“la decisione che nega il diritto
delconiugealmantenimentoone
riducelamisuranoncomportala
ripetibilità delle maggiori somme
corrisposteinforzadiprecedenti
provvedimenti non definitivi,
qualora, per la loro non elevata
entità, tali somme siano state
comunquedestinateadassicurare
ilmantenimentodelconiugefino
all’eventuale esclusione del
diritto stesso o al suo
affievolimento in un obbligo di
natura solo alimentare, e debba
presumersi, proprio in virtù della
modestiadelloroimporto,chele
stesse siano state consumate per
fini di sostentamento personale”;
nellostessosenso,Cass.12aprile
2006n.8512,cit.;Cass.,5ottobre
1999, n. 11029, inFam. e dir.,
2000, 292; Cass., 23 aprile 1998,
n. 4198, inGiust. civ. Mass .,
1998, 872; Cass., 12 aprile 1994,
n.3415,inFam.edir.,1994,531.
(84) Cass., 30 novembre 2007,
n. 25015, inFamiglia e Minori,
2008, 2, 69, in relazione alla
modificabilità e revocabilità dei
provvedimentiemessiexart.708
c.p.c., reclamabili ai sensi dello
stessoart.708,comma4,c.p.c.,e
l’appello avverso la sentenza
definitiva, ha precisato: “I
provvedimenti temporanei ed
urgenti emessi nel corso del
procedimento di separazione
personale dei coniugi ai sensi
dell’articolo
708
c.p.c.,
costituiscono
provvedimenti
modificabilierevocabiliincorso
di causa e comunque idonei a
produrre
effetti
soltanto
provvisori fino alla sentenza che
conclude il giudizio (Cass.
1978/23; 1983/6389), restando
destinati ad essere assorbiti e
superatidadettasentenza(Cass.
1990/1309), con la conseguenza
chel’attodiappellononpuòche
avere ad oggetto la sentenza
definitiva,restandoinammissibili,
per carenza d’interesse, le
censure sollevate invece contro i
provvedimenti provvisori e
urgenti o anche contro le
ordinanze emanate dal tribunale
per regolamentare l’andamento
del processo. Infatti, l’interesse
all’impugnazione, manifestazione
del più generale interesse ad
agire,vaapprezzatoinrelazione
alla utilità concreta derivabile
alla
parte
dall’eventuale
accoglimento dell’impugnazione
e non può consistere in un mero
interesse astratto ad una più
corretta soluzione di una
questione giuridica, non avente
riflessi pratici sulla decisione
adottata (Cass. 2006/13593;
2007/12952).”
(85)SecondoTrib.Modena,ord.
5 ottobre 2006, in Fam. e dir.,
2007, 4, 401, “Nel nuovo
processo familiare, riformato
primadallaleggen.80del2005e
poi dalla legge n. 54 del 2006, il
reclamo alla Corte d’appello, ex
art. 708, comma 4, c.p.c., ed il
ricorso per la revoca o modifica
dell’ordinanza presidenziale, ex
art. 709, ultimo comma, c.p.c.,
costituiscono due strumenti di
tutela alternativi. Onde evitare
decisioni contrastanti, pertanto,
unavoltasceltalaviadelreclamo
nonèammessaistanzadirevoca,
se non in presenza di un
"mutamento nelle circostanze".
Non coltivata e perciò perenta la
via del reclamo, appare, invece,
ammissibile il ricorso per
revoca/modifica al G.I., allo
scopo
di
rivedere
il
provvedimento
presidenziale
anche
sotto
il
profilo
dell’opportunità, in quanto il
potere del G.I. non appare più
condizionato dal requisito del
"mutamento nelle circostanze". Il
Trib. Napoli, ord. 9 novembre
2006, in Il Corriere del Merito,
2007, 1, 26, ha dal canto suo
sostenuto che “in pendenza del
termine per la proponibilità del
reclamo in corte d"appello, in
forzadelprincipiodialternatività
dei mezzi di tutela, e al fine di
evitare
contrasti
tra
provvedimenti, non è possibile
chiedere al giudice istruttore la
modifica o la revoca dei
provvedimenti
presidenziali,
adottati
nelle
cause
di
separazione, anche in ipotesi di
sopravvenienze.”. E ancora,App.
Napoli, 30 agosto 2006, in Il
Corriere del Merito, 2006, 11,
1255, ha ribadito che “nel corso
del procedimento di separazione
personale dei coniugi è
inammissibileilreclamoproposto
innanzi alla Corte d’Appello
avverso i provvedimenti adottati
dalGiudiceistruttore,dimodifica
erevocadiquellipresidenziali.”;
nello stesso senso App. Cagliari,
18 luglio 2006, in Foro It., 2006,
11,3242.
(86)DANOVI,Reclamoerevoca
nel processo di separazione e
divorzio,
inVentiquattrore
Avvocato,2010,n.10,59,ritiene
che
“una
lettura
costituzionalmente
orientata
induce a scegliere come
soluzione
maggiormente
appagante quella volta ad
autorizzare la revoca e modifica
da parte dell’istruttore anche del
provvedimento emanato dalla
Corte d’Appello in sede di
reclamo, subordinandola tuttavia
alla
presenza
di
nuove
circostanze, ritenendo che il
potere revocatorio generale e
incondizionato previsto dal
nuovo art.709,comma4,c.p.c. si
sia ormai consumato per effetto
della pronuncia in sede di
reclamo da parte di un giudice
superiore, ma sopravviva un più
limitato
potere
di
modifica/revoca, in ossequio alla
clausola rebus sic stantibus”.
DANOVI precisa peraltro che
“nell’ipotesi in cui il reclamo sia
stato concretamente esperito, in
pendenza dello stesso non è
ammissibilelaproposizionedella
revoca/modifica, essendo la sede
del reclamo idonea a fare valere
qualunque circostanza, anche
sopravvenuta, tale da incidere
sull’assetto dei provvedimenti
presidenziale”. V. anche, dello
stessoAutore, Reclamo, revoca e
modifica dei provvedimenti
sommari nella separazione e nel
divorzio, in Il giusto processo
civile,2008,vol.3,fasc.1,203.
(87) App. Bologna, decreto 8
maggio 2006, con nota di
TOMMASEO,
Provvedimenti
presidenziali e motivi di reclamo
alla corte d’appello, inFam. e
dir., n. 6/2007, p. 617; secondo
App. Trento, 6 luglio 2006, inLa
Rivista dell’AIAF, 2006, 4, 53 s.
“va evidenziato il carattere
necessariamente sommario delle
decisioni
presidenziali
e
conseguentemente i limiti dei
poteri di controllo affidati al
giudice del reclamo, con la
conseguenza
che
possono
assumere rilievo ed essere
eliminati
soltanto
errori
decisionali evidenti e frutto di
una non corretta valutazione
degli elementi di massima
acquisiti nella fase iniziale del
processo di separazione, senza
alcuna
anticipazione
dell’istruttoria vera e propria
demandata al G.I.”. V. anche
App. Bologna, 13 novembre
2006,inFam.edir.,2007,280ss.
con nota di A RCERI, Sulla
reclamabilità dei provvedimenti
interinalinellaseparazioneenel
divorzio.
(88)TOMMASEO,Provvedimenti
presidenziali e motivi di reclamo
allacorted’appello,cit.,617.
(89) Cass., 26 gennaio 2011, n.
1841;Cass.,6novembre2008,n.
26631
(90)DANOVI,Reclamoerevoca
nel processo di separazione e
divorzio,cit.
(91) Cass., 4 aprile 2005, n.
6975, inGuida al dir. , 2005, n.
16,39,connotadiFIORINI.
(92) Cass., 23 agosto 1985, n.
4502; Trib. Milano, 10 febbraio
1999.
C.Cost.,29gennaio1998,n.2,
nel precisare che “l’istituto della
prescrizioneèfinalizzato-com’è
noto-adunobiettivodiprimaria
importanza, che è quello di
garantirelacertezzadeirapporti
giuridici, facendo venir meno il
diritto non esercitato per un
determinato periodo di tempo. In
tale prospettiva, la sospensione
della prescrizione si caratterizza
perlapeculiarità,rilevataanche
dalgiudiceaquo,costituitadalla
tassatività dei casi previsti dalla
legge.Seinfattiognidiritto,salvo
specifiche eccezioni, "si estingue
per prescrizione, quando il
titolare non lo esercita per il
tempo determinato dalla legge"
(art. 2934 cod. civ.), ne deriva
coerentemente che non è
possibile riconoscere ipotesi di
sospensione che non siano
espressamente regolate dal
codice civile o da altre norme
speciali in materia (v., ad
esempio, l’art. 168, secondo
comma della legge fallimentare).
Èperquestochel’art.2941cod.
civ. contiene un elenco ben
determinato di casi, enucleabili
in base a rigorosi criteri formali
e giustificati dalla particolarità
delle situazioni ivi previste”, ha
affermato che “la sospensione
dellaprescrizioneimplicaprecisi
elementi formali e temporali che
si ravvisano nel coniugio”, e “la
stessanaturadellaprescrizioneistituto finalizzato a conferire
stabilitàarapportipatrimonialiimponeperildecorsodeitermini
l’adozione di parametri di
riferimento
certi
ed
incontestabili, quali possono
essere
offerti
soltanto
dall’esistenzaodalvenirmenodi
un vincolo giuridico quale il
matrimonio.”
(93) Cass., 4 aprile 2005, n.
6975,cit;Cass.,1giugno2010,n.
13414.
(94)Cass.,12settembre2005,n.
18097; Cass., 1 giugno 2010, n.
13414.
(95) FINOCCHIARO F., Del
matrimonio, II, II ed., in Comm.
Scialoja-Branca,subartt.84-158,
Bologna-Roma, 1993, 440 ss.
OBERTO,
I
rimedi
all’inadempimento degli obblighi
di mantenimento nell’ambito
della crisi della famiglia, in Fam.
edir.,2008,77ss.
(96) Cass. 12 maggio 1998, n.
4776,
in
Ventiquattrore
Avvocato, 2006, 2, 13, annotata
da FELCIOLONI, ha ribadito “il
carattere non cautelare e atipico
del sequestro di cui all’art. 156
comma 6, cod. civ, che
presupponendo l’inadempimento
diobblighiperiqualiviègià’un
titolo con efficacia esecutiva, si
distingue sia dal sequestro
giudiziario, che da quello
conservativo. Il giudice delle
leggi ha posto in luce differenze
significative tra il sequestro in
questione ed il sequestro
conservativo (Corte Cost. 19
luglio 1996 n. 258, che ha
dichiarato incostituzionale l’art.
156, comma 6, nella parte in cui
non prevede che il giudice
istruttore possa adottare, nel
corso della causa di separazione,
il provvedimento di sequestro ex
art. 156 c.c.), osservando che
mentre il sequestro conservativo
presuppone,
secondo
una
consolidata
tradizione,
la
sussistenzadel"fumusboniiuris"
e del "periculum in mora", il
provvedimento previsto dall’art.
156 c.c. presuppone un credito
già’ dichiarato, sia pure in via
provvisoria, e può’ essere
disposto pur in mancanza del
secondo di detti requisiti, sulla
basedellasempliceinadempienza
agli obblighi di mantenimento. È
stato pure sottolineato in
giurisprudenzacheilsequestrodi
cuiall’art.156c.c.nonhanatura
cautelare, essendo finalizzato ad
una funzione di coazione, anche
psicologica,
all’adempimento
degli obblighi di mantenimento
posti a carico di uno dei coniugi
(Cass. 20 febbraio 1989 n. 4861,
5 febbraio 1988 n. 1261; Corte
Cost. n. 258 del 1996 cit.).” V.
anche Cass., 28 gennaio 2000, n.
944. In dottrina, OBERTO, I
riumedi all’inadempimento degli
obblighi
di
mantenimento
nell’ambito della crisi della
famiglia, in Fam. e dir., 2008, 77
ss., secondo cui “tale strumento
nonèincludibilenellec.d.misure
cautelari atipiche di cui all’art.
669-quaterdeciesc.p.c.,inquanto
ha caratteri peculiari rispetto
all’ordinario
sequestro
conservativo disciplinato dagli
art.671eseguentic.p.c.”.
(97) Cass., 28 maggio 2004, n.
10273,inCorriereGiur.,2004,8,
1002; Cass., 12 maggio 1998, n.
4776,inMass.,1998.
(98) Cass., 2 febbraio 2012, n.
1518,incdromFam.edir.,Ipsoa.
(99)Corte.cost.19luglio1996,
n.258,inGiur.It., 1997,I,16,ha
dichiarato
l’illegittimità
costituzionale dell’art. 156, 6°
comma,c.c.,percontrastocongli
art. 3, 29, 30 e 31 Cost., nella
parte in cui non prevede che il
giudice istruttore possa adottare
nel corso della causa di
separazione, il provvedimento di
sequestro di parte dei beni del
coniuge
obbligato
al
mantenimento.L’esigenzadidare
tempestiva
ed
efficace
soddisfazione alle esigenze di
mantenimento
del
coniuge
bisognoso e, soprattutto, dei figli
minorisussisteancheprimadella
sentenza di separazione in
relazione agli obblighi di
mantenimento stabiliti in sede
presidenzialeeperciòdeveessere
riconosciuta anche al giudice
istruttore la competenza a
disporre il sequestro dei beni del
coniuge obbligato. Inoltre la
Corte
costituzionale,
con
pronuncia del 18 aprile 1997, n.
99, inForo it., 1998, I, 3074, ha
ritenuto
applicabili
nelle
controversie tra genitori naturali
concernenti il mantenimento di
figli
riconosciuti,
come
conseguenza sistematicamente
deducibile dall’art. 261 cod. civ.,
le misure del sequestro e
dell’ordinedipagamentoalterzo,
previste dall’art. 156, comma 6,
c.c., in quanto tali misure,
sebbene
inquadrate
nel
procedimento di separazione dei
coniugi,rappresentanounaforma
di attuazione del principio di
responsabilitàgenitoriale,ilquale
postula
il
tempestivo
soddisfacimentodelleesigenzedi
mantenimento del figlio, a
prescindere dalla qualificazione
dello status. In senso conforme
Cass. 15 settembre 2006, n.
19946, che ha sostenuto
l’applicabilità del sequestro
previsto dall’art. 156, comma 6,
cod. civ., in favore del figlio
minorenne nell’ambito di un
procedimento
per
la
dichiarazione
giudiziale
di
paternitànaturale.
(100) La Corte costituzionale
consentenzadel31maggio1983,
n.144hadichiaratol’illegittimità
costituzionale del comma 6°
dell’art.156c.c.nellaparteincui
non prevede che le disposizioni
ivicontenutesiapplichinoanche
a favore dei figli di coniugi
consensualmente separati; con
sentenza del 19 gennaio 1987, n.
5
ha
altresì
dichiarato
l’illegittimità costituzionale dello
stesso comma nella parte in cui
non prevede che le disposizioni
ivicontenutesiapplichinopureai
coniugi
separati
consensualmente.
Inoltre la Corte costituzionale,
conpronunciadel18aprile1997,
n.99,inForoit.,1998,I,3074,ha
ritenuto
applicabili
nelle
controversie tra genitori naturali
concernenti il mantenimento di
figli
riconosciuti,
come
conseguenza sistematicamente
deducibile dall’art. 261 cod. civ.,
le misure del sequestro e
dell’ordinedipagamentoalterzo,
previste dall’art. 156, comma 6,
c.c., in quanto tali misure,
sebbene
inquadrate
nel
procedimento di separazione dei
coniugi,rappresentanounaforma
di attuazione del principio di
responsabilitàgenitoriale,ilquale
postula
il
tempestivo
soddisfacimentodelleesigenzedi
mantenimento del figlio, a
prescindere dalla qualificazione
dello status. In senso conforme
Cass. 15 settembre 2006, n.
19946, che ha sostenuto
l’applicabilità del sequestro
previsto dall’art. 156, comma 6,
cod. civ., in favore del figlio
minorenne nell’ambito di un
procedimento
per
la
dichiarazione
giudiziale
di
paternitànaturale.
(101) Corte cost. 19 gennaio
1987n.5,cit.
(102)Cortecost.6luglio1994n.
278, inGiust.Civ.,1994,I,2404,
ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 156,
comma 6 c.c., per contrasto con
gliart.3e30Cost.,nellapartein
cui non prevede che il giudice
istruttorepossaadottarenelcorso
della causa di separazione il
provvedimento di ordinare ai
terzi debitori del coniuge
obbligato al mantenimento di
versare una parte delle somme
direttamenteagliaventidiritto.
(103) Cass. 19 maggio 2011, n.
11062, incd rom Fam. e dir.,
Ipsoa, ha precisato che “l’art.
156, sesto comma, cod. civ.,
nell’attribuirealgiudice,incaso
d’inadempimento dell’obbligo di
corrispondere l’assegno di
mantenimento, il potere di
ordinare ai terzi, tenuti a
corrispondere
anche
periodicamente somme di denaro
al coniuge obbligato, che una
parte di esse venga versata
direttamente agli aventi diritto,
postula una valutazione di
opportunità
che
implica
esclusivamenteunapprezzamento
in ordine all’idoneità del
comportamento dell’obbligato a
suscitare dubbi circa l’esattezza
e la regolarità del futuro
adempimento e, quindi, a
frustrare le finalità proprie
dell’assegnodimantenimento.”
(104)Cass.6novembre2006,n.
23668, inFam., pers. e succ.,
2007, 2, 168, con nota di
SCA-RANO.
(105) Corte cost., 18 febbraio
1988, n. 186, inCons. Stato,
1988, II, 232, ha dichiarato
incostituzionalel’art.158c.c.per
violazione dell’art. 3 Cost., nella
parte in cui non prevede che il
decreto di omologazione della
separazione consensuale dei
coniugi costituisca titolo per
l’iscrizione
dell’ipoteca
giudiziale, ai sensi dell’art. 2818
c.c.,comelocostituisce,aisensi
dell’art.156,5°comma,cod.cit.,
la sentenza che pronunzia la
separazione
personale
dei
coniugi.
(106) Secondo un recente
orientamento, la valutazione del
coniuge, circa la sussistenza del
pericolo di inadempimento del
coniuge obbligato ai fini
dell’iscrizione ipotecaria, rimane
sindacabile nel merito, sì che la
mancanza
originaria
o
sopravvenuta di tale pericolo
determina l’estinzione della
garanzia ipotecaria, e il
conseguentedirittodell’obbligato
di
ottenere
dal
giudice
l’emanazione dell’ordine di
cancellazione dell’ipoteca ai
sensi dell’art. 2884 c.c.. (Cass., 6
luglio 2004, n. 12309, inMass.
Giur.It.,2004).
(107)Cass.,29gennaio1980,n.
679.
(108)Cortecost.15aprile1992,
n.176,inForoIt.,1994,I,41
(109) v. Corte cost., ord. 12
gennaio 2012, n. 6, che peraltro
non si è pronunciata nel merito,
dichiarando
la
questione
manifestamenteinammissibileper
difetto di legittimazione del
giudicerimettente.
(110) BIANCA, Diritto civile, 2.
La famiglia. Le successioni,
op.cit., 211, sostiene che “il
coniuge separato conserva il
diritto all’assistenza materiale,
che tuttavia, venendo meno la
convivenza, si traduce nel diritto
adunassegnodimantenimento”;
BONILINI, Manuale di diritto di
famiglia, op. cit., 187, sottolinea
che“l’assegnodimantenimentoche è costituito da una
prestazionepecuniariaperiodicaè espressione della solidarietà
coniugale, e ha funzione
assistenziale,
non
già
sanzionatoria:
il
coniuge
obbligato
al
pagamento
dell’assegno, quindi, è colui che
versa
nelle
condizioni
economiche migliori, sia esso
responsabile o meno del
fallimentodelmatrimonio”.
(111)SESTA,Dirittodifamiglia,
Cedam, Padova, 2005, op. cit.,
328; secondoDE FILIPPIS, Il
matrimonio, la separazione dei
coniugi ed il divorzio, op. cit.,
372,“l’attualeprevisionedell’art.
156 si pone in rapporto di
continuitàconl’art.143cod.civ.
che prevede per ciascuno dei
coniugil’obbligodicontribuireai
bisogni della famiglia, e lo
trasforma, in costanza di
separazione,neldoveredifornire
al coniuge privo di adeguati
redditi propri quanto necessario
per il proprio mantenimento”; v.
a n c h eDE FILIPPIS, Il diritto di
famiglia. Leggi, prassi e
giurisprudenza, Cedam, Padova,
2011,
529; DE FILIPPISCASABURI,
Separazione
e
divorzio nella dottrina e nella
giurisprudenza, Cedam, Padova,
1998, 353, osservano che
l’obbligo
di
mantenimento
stabilito dall’art. 156 c.c. è una
“continuazione e nel contempo
un affievolimento del dovere di
contribuzione”
previsto
in
costanza ed in piena vigenza del
matrimonio.
(112) ZATTI, I diritti e i doveri
che nascono dal matrimonio e la
separazione dei coniugi, in
Trattato di diritto privato, diretto
daRescigno,Utet,Torino,237.
(113) Secondo FALZEA, Il
dovere di contribuzione nel
regime
patrimoniale
della
famiglia,inRiv.Dir.Civ.,I,1977,
621,
“l’obbligazione
di
mantenimento
del
coniuge
separato sostituisce l’obbligo di
contribuzione vigente durante la
convivenza matrimoniale (art.
143,3°co.),obbligovenutomeno
per effetto della separazione”;
CALOGERO, La separazione
giudiziale,inTrattatodidirittodi
famiglia, diretto da Zatti, I, 2,
Giuffrè, Milano, 2002, 1058 ss.,
sostiene che l’assegno di
mantenimento costituisce uno
strumento volto a garantire al
coniuge economicamente più
debole “un passaggio meno
traumatico
alla
nuova
situazione”.
(114) SESTA, Codice della
famiglia, I, Milano, 2007, 604
evidenzia
che
“una
conformazione dell’obbligo di
mantenimento
speculare
all’obbligo di contribuzione
sancito dall’art. 143 c.c. risente
chiaramente della più vetusta
rappresentazione
dell’istituto,
originariamente concepito quale
mero periodo di ripensamento,
prodromico alla riconciliazione,
durante il quale rimanevano
integri tutti i doveri (anche di
natura strettamente personale)
nascenti
dal
matrimonio.
Diversamente,
una
visione
dell’obbligo di mantenimento
quale apporto – sui generis –
strettamente commisurato ai
mezzi dell’obbligato, diretto alla
soddisfazione della legittima
aspettativa del coniuge più
debole
di
non
vedere
sensibilmente deteriorato, in
dipendenza della separazione, il
proprioprecedentetenoredivita,
appare più rispondente alla
funzione dell’istituto così come
attualmente
disciplinato.
Funzionechebenpuòdefinirsi–
anche per ciò che riguarda
l’assetto dei rispettivi interessi
patrimoniali – ‘preparatoria’ al
futurodivorzio”.
(115)MOROZZODELLAROCCA,
voceSeparazione personale (dir.
priv.), in Enc. Dir., XLI , Giuffrè,
Milano, 1989, 1397 ss..;
BESSONE-ALPA-D’ANGELOFERRANDO-SPALLAROSSA, La
famiglianelnuovodiritto,IVed.,
Zanichelli, Bologna, 1997, 125;
SESTA, Diritto di famiglia, op.
cit., 329, sottolinea come “il
difetto di redditi adeguati non
vada inteso come stato di
bisogno,bensìcomemancanzadi
redditi sufficienti ad assicurare
alconiugeiltenoredivitagoduto
durante il matrimonio, di modo
che, in mancanza di tale
condizione, non può essere
imposto alcun assegno di
mantenimento a carico di un
coniuge, qualunque sia la
consistenzadeisuoiredditi”.
(116) GRASSETTI, Sub art. 156,
inCommentarioaldirittoitaliano
della famiglia, a cura di Cian,
Oppo eTrabucchi, II, Cedam,
Padova,1992,707.
(117)
FINOCCHIARO,
Del
matrimonio, op. cit, 426 e ss.;
ZATTI, I diritti e i doveri che
nascono dal matrimonio e la
separazionedeiconiugi,op.cit.,.,
241 e ss.; CALOGERO, La
separazione giudiziale, op. cit.,
1 0 6 7 ;DE FILIPPIS, Il diritto di
famiglia. Leggi, prassi e
giurisprudenza, op. cit., 531;DE
FILIPPIS, Il matrimonio, la
separazione dei coniugi ed il
divorzio,op.cit.,388,osservache
“il concetto di tenore di vita
goduto o godibile non deve
essere inteso in senso letterale,
poiché
la
separazione,
determinando maggiori spese ed
eliminando le economie che
derivano dal vivere insieme, non
può non comportare un
abbassamento
del
livello
generale
di
possibilità
economiche. Esso deve pertanto
intendersicomeriequilibriodelle
dueposizioni,talecheentrambii
coniugi, dovendo ridimensionare
ilpropriostandardeconomico,lo
facciano nella medesima misura.
Pertanto, il concetto di tenore di
vita è collegato a quello di
disparità tra le situazioni
economichedelledueparti,quali
risultano in costanza di
separazione, ed all’esistenza di
unosquilibrio.”
(118)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio,
la separazione dei coniugi ed il
divorzio, op. cit., 389;contra
BAR-BIERA, I diritti patrimoniali
dei separati e dei divorziati, II
ed., Zanichelli, Bologna, 2001,
22, il quale sostiene che non ha
senso pretendere la ricostruzione
di una comunione di vita ormai
cessata,portandoiltenoredivita
del
coniuge
beneficiario
dell’assegno ad un livello
addirittura più elevato e quindi
diversodaquellogodutodurante
la convivenza; CARBONE, Sul
concetto di adeguatezza dei
redditidelconiugeseparato,nota
a Cass., 26 novembre 1996, n.
10465, inGiust. civ., 1997, I,
rileva che appare illogico che "il
soggetto,ilquale,durantelavita
matrimoniale
abbia
pacificamente condiviso, o al
massimo tollerato, un tenore di
vita inferiore alle possibilità
economiche per le ragioni più
svariate
(...),
possa
poi
pretendere,
a
separazione
avvenuta, un assegno non
commisurato al tenore di vita
matrimoniale,
obiettivamente
dimostrabile, ma al tenore che
sarebbe stato, secondo un
giudizio ipotetico, il più consono
allesostanzedellacoppia".
(119) OBERTO, I contratti della
crisiconiugale,op.cit.,388ss.
(120)
DOGLIOTTI,
La
separazione giudiziale, op. cit.,
504,
sottolinea
che,
nell’accertamentodellamancanza
di adeguati redditi da parte del
coniuge richiedente l’assegno,
occorre far riferimento alla
situazione esistente al momento
dellaseparazione.
(121) SecondoDE FILIPPIS, Il
matrimonio, la separazione dei
coniugi ed il divorzio, op. cit.,
391,“selepartiavevanostabilito
che un coniuge non lavorasse o
magari abbandonasse un lavoro
che prima aveva, ciò non può
mancarediinfluenzareilgiudizio
divalutazionedellapossibilitàdi
procurarsi mezzi adeguati. Per
converso, un coniuge che abbia
svolto attività lavorativa nel
periodo di convivenza non può,
in assenza di validi motivi, quali
unmaggiorcaricoperlacuradei
figli, smettere di lavorare e
pretenderecheisuoimezzisiano
valutati sulla base della nuova
situazione.”
(122) BIANCA, Diritto civile, 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit., 212, secondo l’Autore “lo
statodibisogno,tuttavia,sussiste
anche quando il coniuge abbia
una capacità lavorativa specifica
ma
sia
involontariamente
disoccupato
ovvero
trovi
difficoltà a conciliare il lavoro
con le esigenze familiari. È
irrilevante,ancora,cheilconiuge
bisognoso abbia la capacità
lavorativa se le concrete
possibilità di esplicazione di tale
capacitànonsianoconfacenticon
le sue attitudini o risultino
eccessivamente
gravose
in
relazione al livello di vita
matrimoniale”.
(123) PAJARDI, La separazione
personale dei coniugi della
giurisprudenza, Giuffrè, Milano
1989, 303; nello stesso senso
BARBIERA, I diritti patrimoniali
dei separati e dei divorziati, op.
cit., 37, secondo il quale “caduto
insieme alla potestà maritale
l’accollo prioritario al marito
degliobblighieconomicinonviè
ragioneperassicurarealseparato
economicamente debole rendite
parassitarie prescindendo dalle
sueattitudiniallavoro”.
(124) ZATTI, I diritti e i doveri
che nascono dal matrimonio e la
separazione dei coniugi, op. cit.,
243; DALLA VALLE-ONGAROPANTALEONI-SICCHIERO,
Separazione,
divorzio,
annullamento del matrimonio,
Utet,Torino2000,195.
(125) A L MUREDEN, Crisi del
matrimonio,
famiglia
destrutturata
e
perduranti
esigenze di perequazione tra i
coniugi, nota a Cass. 11 ottobre
2006, n. 21805, in Fam. e dir.,
3/2007,
229,
rileva
che
“all’affermata parità formale tra
coniugi, sul piano giuridico, ed
all’accesso delle donne al
mercato del lavoro, su quello
sociale, non corrisponde il
raggiungimento di una effettiva
parità all’interno della famiglia.
Studi condotti dall’Eurostat,
infatti, testimoniano che i "costi"
che la cura della famiglia
comporta, soprattutto in termini
di perdita di energie dedicate
all’attività
professionale
o
formativa gravano ancora per la
maggior parte sulle donne. Così,
in particolare, la nascita dei figli
incide negativamente sui tassi di
occupazione delle madri e
positivamentesuquellideipadri,
siriscontraunchiarorapportodi
proporzionalità inversa tra il
numero di figli e il tasso di
occupazione femminile ed anche
la scelta di optare per un lavoro
part-time risulta decisamente più
accentuata per le madri. Occorre
poi tenere presente che le
esigenze di tutela del coniuge
che, avendo deciso di dedicarsi
prevalentemente alla cura della
famiglia abbia rinunciato a
svolgere attività extradomestica
produttiva di reddito, o,
quantomeno, abbia subito un
significativo rallentamento nel
proprio percorso professionale o
formativo restano latenti nella
fase fisiologica del rapporto e si
manifestano con particolare
evidenza al momento della crisi
coniugale”. L’Autore sostiene
pertanto che “proprio nel
momento della crisi e della
dissoluzione del matrimonio i
coniugi sono chiamati ad una
sorta di "collazione delle
potenzialità".
(126) Secondo SESTA, Diritto di
famiglia,op.cit.,329,“iltermine
redditi (art. 156, comma 2, c.c.)
deve intendersi in senso ampio
quale sinonimo di mezzi,
comprensivodunquenonsolodei
redditiinsensostretto,maanche
deicespitiingodimentodirettoe
delle altre utilità suscettibili di
valutazione economica. E ciò
benchè l’art. 156, comma 2, c.c.
menzioni esclusivamente il
reddito del coniuge obbligato, a
differenzadell’art.143c.c.cheal
contrario determina l’obbligo di
contribuzione in relazione alle
“sostanze e capacità di lavoro”
delconiuge”.
(127) M. FINOCCHIARO, nota a
Cass.,12aprile2001,n.5492,in
Giust.Civ.2002,I,3237.
(128) BRIGUGLIO, Separazione
personale dei coniugi, NNDI-
App., VII, Utet, Torino, 1987,
129.
(129)
SCARDULLA,
La
separazione personale tra i
coniugi e il divorzio, Giuffrè,
Milano,1996,319.
(130)MANTOVANI,Separazione
personale dei coniugi, I)
Disciplina sostanziale, EG,
XXVIII,
Istituto
della
Enciclopedia Italiana fondata da
G.Treccani,Roma1992,18.
(131) BIANCA, Diritto civile, 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit.,226ss.,tuttaviaribadisceche
“l’accordo relativo agli effetti
economicidellaseparazioneodel
divorzio non può privare in tutto
o in parte il coniuge del diritto
assistenziale
all’assistenza
coniugale
o
postconiugale
spettantegli per legge”; OBERTO,
Icontrattidellacrisiconiugale,II,
op. cit., 748, sostiene invece che
“con riferimento alle prestazioni
previste dagli artt. 156 c.c. e 5 l.
div., ai coniugi sia rimesso un
amplissimopoteredispositivoper
quanto
attiene
alla
determinazione consensuale, sia
dell’an che del quantum, con la
conseguenza che al riguardo le
partisarannoliberediattenersiai
criteri legislativi fissati, così
come di derogarvi, ovvero di
ispirarsiaprincipidiversirispetto
aquelliprevistidallanormativa.”.
(132) così ZATTI, I diritti e i
doveri
che
nascono
dal
matrimonio e la separazione dei
coniugi,op.cit.,138.
(133) FALZEA, La separazione
personale,Giuffrè,Milano,1943,
98; A ZZOLINA, La separazione
personale dei coniugi, III ed.,
Utet,Torino,1966,203ess..
(134) OBERTO, I contratti della
crisi coniugale, I, op. cit., 217;
FINOCCHIARO A.-F INOCCHIARO
M . ,Diritto di famiglia, op. cit.,
689.
(135) ZATTI, I diritti e i doveri
che nascono dal matrimonio e la
separazione dei coniugi, op. cit.,
142.
(136)
TOMMASEO,
Della
separazione
personale
dei
coniugi,
inCommentario al
diritto italiano della famiglia, a
cura di Cian, Oppo e Trabucchi,
VI,I,Cedam,Padova,1993,590.
(137) BIANCA, Diritto civile, 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit., 229;contra OBERTO, I
contratti della crisi coniugale, I,
op. cit., 457 ss., ritiene che l’art.
160 c.c. vale quale disposizione
generale in relazione alle sole
norme ivi contenute, che si
riferiscono ai diritti e doveri tra
gli sposi in costanza di
convivenza,enonvigenellafase
della crisi coniugale, nella
regolamentazionedeirapportitra
coniugi separati; COMPORTI,
Autonomia privata e convenzioni
preventive di separazione, di
divorzio e di annullamento del
matrimonio, inForo It., 1995, V,
c.113.
(138)Secondolaconcezionec.d.
privatistica,seguitadalladottrina
maggioritaria - che individua nel
consenso la causa della
separazione - la funzione
dell’omologazione è quella di
attribuire efficacia all’accordo
privato, senza operare alcuna
integrazione
della
volontà
negoziale, v. F ALZEA, La
separazione personale, op. cit.,
77.
ZATTI, I diritti e i doveri che
nascono dal matrimonio e la
separazione dei coniugi, op. cit.,
139; MANTOVANI, Separazione
personale dei coniugi, I,
Disciplinasostanziale,op.cit.,29,
ritengono che l’omologazione
abbia una funzione di mero
controllo, di legittimità o di
merito.
BRECCIA,
Separazione
personale dei coniugi, Digesto
Italiano, IV civ., XVIII, Utet,
Torino 1998, 376, sostiene che il
tribunale debba svolgere un
controllo di legittimità, sulla
ritualità della fase presidenziale,
l’esistenza del consenso e
l’inesistenzadiclausolenulle.
Secondo altra dottrina non
sarebbe però sufficiente il mero
giudizio di liceità: A UTORINO
STANZIONE-ZAMBRANO,
Separazioneindirittocomparato,
Digesto Italiano, IV civ., XVIII,
Utet, Torino, 1998, 438, ritiene
necessarioungiudiziopositivodi
meritevolezza delle condizioni
pattuite;ZATTI,Idirittieidoveri
che nascono dal matrimonio e la
separazione dei coniugi, op. cit.,
140 e MANTOVANI, Separazione
personale dei coniugi, I,
Disciplina sostanziale, op. cit.,
29, ritengono possibile il rifiuto
dell’omologazione nel caso di
clausolevessatorie,dacuiemerga
unaposizionediinferioritàdiun
coniuge verso l’altro, ove il
sacrificio nasconda uno stato di
debolezza che condizioni il
consenso.
Contra, altri negano il potere
del tribunale di sindacare la
legittimità
sostanziale
dell’accordo, salva la conformità
degli accordi all’interesse della
prole,
ritenendo
che
l’omologazione del verbale di
separazione
consensuale
sottoscrittodaiconiugi,verificata
la legittimità formale del
procedimento, sia un "atto
dovuto";
il
rifiuto
dell’omologazione-conriguardo
alle condizioni economiche della
separazione relative ai coniugi –
costituirebbe non uno "specifico
potere" riconosciuto al giudice,
ma un provvedimento negativo
conseguente
all’accertamento
d’ufficio,exartt.160e1421c.c.,
della nullità di un accordo
negoziale per violazione di una
norma imperativa di legge, v.
DORIA, Autonomia privata e
causa familiare. Gli accordi
traslativi tra i coniugi in
occasione della separazione
personaleedeldivorzio, Giuffrè,
Milano,1996,318.
Da parte di altri ancora, si
sostiene che il procedimento di
separazione consensuale sia
"fisiologicamente" non idoneo a
verificaregliaccordipatrimoniali
formulati dai coniugi, v.
POLLI-CE, Autonomia dei coniugi
e controllo giudiziale nella
separazione consensuale: il
problema degli accordi non
omologati,inDG,1988,107.
(139) BIANCA, Diritto civile, 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit., 229; SCARDULLA, La
separazione personale tra i
coniugieildivorzio,op.cit.,359,
afferma che “il diritto al
mantenimento ed agli alimenti è
assolutoedinderogabileequindi
irrinunciabile ed ogni accordo
che prevede una rinuncia in via
preventiva o che maschera una
rinuncia è nullo, in quanto
concernente
un
diritto
indisponibile. E’ del pari nullo
ogniaccordoaventeadoggettola
rinuncia alla revisione eventuale
dell’accordo sul trattamento
economicoosullasentenzachelo
hadeterminato.…Nelrispettodi
tali inderogabili principi, dettati
dalla finalità della tutela
dell’interessedellafamiglia,nulla
vieta che i coniugi … possano
giungere ad un accordo (sia in
sede di separazione giudiziale
che consensuale) sull’entità
dell’assegno o che il coniuge a
cui favore dovrebbe essere, in
astratto, corrisposto riconosca (o
rappresenti) la sua attuale
autosufficienza … Tale accordo
però non preclude al coniuge cheavevariconosciutolapropria
autosufficienza
e
quindi
rinunciato validamente alla
corresponsione dell’assegno per
laqualedifettavanoipresupposti
– la possibilità successiva di
convenire l’altro in giudizio
perché provveda a corrispondere
l’assegno … ove quelle
condizioni … sono venute meno.
…Va ancora aggiunto che
l’accordo
anzidetto,
non
potendosi considerare come una
rinuncia, è valido in quanto
scaturisce da una libera ed
obiettiva
valutazione
delle
possibilitàenecessitàdientrambi
iconiugi,conlaconseguenzache
essosarebbenulloovefossestato
inficiato da errore sulla
situazione
economica
dell’obbligato o determinato da
violenza.”.
(140) CECCHERINI, I rapporti
patrimoniali nella crisi della
famigliaenelfallimento,Giuffrè,
Milano,1996,192;ZATTI,Idiritti
e i doveri che nascono dal
matrimonio e la separazione dei
coniugi,op.cit.,258;DEFILIPPIS,
Il matrimonio, la separazione dei
coniugi ed il divorzio, op. cit.,
260; COMPORTI, Autonomia
privata e convenzioni preventive
di separazione, di divorzio e di
annullamentodelmatrimonio,op.
cit.,114ess.,ammettelavalidità
della rinuncia al mantenimento,
che però deve intendersi sempre
soggetta alla clausola implicita
rebussicstantibus.
(141) OBERTO, I contratti della
crisi coniugale, I, op.cit., 388 e
ss.,sostienelapienavaliditàdegli
accordi aventi ad oggetto atti di
disposizione del diritto al
mantenimento
tra
coniugi
separati, e mette in luce la
contraddizione della tesi che
distinguetrainammissibilitàdella
rinuncia
all’an
e
libera
determinazione
delquantum
dell’assegno “atteso l’evidente
carattere dispositivo di entrambi
gliaccordi”.
(142) BIANCA, Diritto civile, 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit.,226ss.
(143)
SCARDULLA,
La
separazione personale tra i
coniugieildivorzio,op.cit.,365
ss.
(144)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio,
la separazione dei coniugi ed il
divorzio,op.cit.,259ss.,ammette
che l’accordo di separazione
consensuale possa contenere
“una pattuizione che preveda
l’adempimento dell’obbligo di
mantenimentoinunicasoluzione,
mediante l’elargizione di una
somma di denaro o il
trasferimento di un bene
immobile”, e precisa che “il
coniuge che riceve il bene non
compie alcuna rinuncia” – alla
prestazione
periodica
dell’assegno
–
“quanto
acconsente ad una diversa
regolamentazione,
che
evidentemente
considera
conveniente”; CECCHERINI, I
rapporti patrimoniali nella crisi
della famiglia e nel fallimento,
op.cit.,223;
(145)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio,
la separazione dei coniugi ed il
divorzio, op. cit., 260 ammette la
“possibilità di corrispondere
quanto
dovuto
per
il
mantenimento
in
unica
soluzione” anche in sede di
separazione, fermo restando che
“l’accordo
di
separazione
consensuale è valido rebus sic
stantibus” e “non può contenere
una clausola di rinuncia a future
revisioni, ove sopraggiungano
nuovecircostanze,perleesplicite
previsioni dell’art. 156 u.c.
cod.civ. e 710 cod. proc. civ.”;
DOGLIOTTI, La separazione
giudiziale, op. cit., 505 e ss.;
ZATTI, I diritti e i doveri che
nascono dal matrimonio e la
separazione dei coniugi, op. cit.,
259;RABITTI,Laprestazioneuna
tantum nella separazione dei
coniugi, in Familia, 2001, 615 e
ss.;OBERTO,Icontrattidellacrisi
coniugale, II, op. cit., 795 ss.,
sostiene la piena validità
dell’accordo
per
la
corresponsione
in
unica
soluzione
dell’assegno
di
mantenimento
al
coniuge
separato, poichè “una volta
superato l’ostacolo concernente
l’asserita non disponibilità del
diritto al mantenimento del
coniuge separato e dimostrata
l’inapplicabilità dell’art. 160 c.c.
alla crisi coniugale” si deve
lasciare il massimo spazio
all’autonomiadelleparti.
(146) ZATTI, I diritti e i doveri
che nascono dal matrimonio e la
separazione dei coniugi, op. cit.,
259; DOGLIOTTI, La separazione
giudiziale,op.cit.,508;OBERTO,
Prestazioni "una tantum" e
trasferimento tra coniugi in
occasione di separazione e
divorzio, Collana Biblioteca del
Diritto di Famiglia, diretta da
Dogliotti, Ipsoa, Milano, 2000,
41.
(147)
SCARDULLA,
La
separazione personale tra i
coniugieildivorzio,op.cit.,367;
AULETTA, Gli accordi sulla crisi
coniugale,inFamilia,2003,I,66,
sostienel’invaliditàdegliaccordi
preventivididivorziostipulatiin
sede di separazione, in quanto
privano il coniuge bisognoso, in
misura totale o parziale, del
diritto al sostentamento, o
finiscono con l’incidere sulla
libertà di aprire la crisi o di
determinarne
gli
effetti;
BONILINI,
L’assegno
postmatrimoniale, in BONILINI e
TOMMA-SEO,Loscioglimentodel
matrimonio, inIl codice civile,
Commentario Schlesinger diretto
da Busnelli, Giuffrè, Milano,
2004, par. 25, afferma che gli
accordi preventivi di divorzio
non sono attualmente praticabili
nel nostro ordinamento: “a mio
avviso,soltantounanovellazione
della disciplina vigente in
materia di divorzio potrebbe
legittimarne il tanto invocato
ingresso nel sistema; a ben
vedere, peraltro, essa dovrebbe
orientarsi a ridisegnare l’intera
struttura dell’istituto divorzile e,
soprattutto,
dei
caratteri
dell’assegno post-matrimoniale.
Sembra, quindi, assai arduo che
ildibattitopossaessererisoltoin
senso positivo, in via di
interpretazione,
richiamando
l’applicazione
dei
principì
contrattuali.Insintesi,almenotre
sonoleperplessitàsalientichele
intese
preventive,
relative
all’assegno post-matrimoniale,
suscitano: la circostanza che il
divorzio
costituisca
una
condizione, il cui avveramento
dipende essenzialmente dalla
volontà delle parti, dato che a
questeultimecompetel’iniziativa
del procedimento e l’entrata nel
processo, attraverso l’offerta di
prove; soprattutto, il fatto che il
trascorreredeltempogiuochiun
ruolo fortemente negativo sulla
sistemazioneattuatamediantegli
accordi in vista del divorzio, il
cui valore è, pertanto, quasi del
tutto
ridimensionato
dalla
clausola rebus sic stantibus; la
circostanza, infine, che, ove i
coniugi intendano abbreviare i
tempiprocessuali,potrannofarlo
attraverso la proposizione della
domanda congiunta di divorzio,
eventualmente rimeditando e
formalizzandoprecedentiaccordi
non
vincolanti.”
Per
l’ammissibilità degli accordi
preventivi di divorzio di natura
economicaepatrimoniale,insede
di separazione, v. O BERTO, I
contratti della crisi coniugale, I,
op.cit.,483ss;OBERTO, Accordi
preventivi di divorzio: la prima
picconata è del Tribunale di
Torino, nota a Trib. Torino, sez.
VII,ord.20aprile2012,secondo
il quale “l’accordo concluso sui
profili patrimoniali tra i coniugi
in sede di separazione legale ed
in vista del divorzio non
contrasta né con l’ordine
pubblico,néconl’art.160c.c.”,,
inFam.eDir., n. 8-9, 2012, 803;
OBERTO,
Contratti
prematrimoniali
e
accordi
preventivi sulla crisi coniugale,
i nFam. e Dir., n. 1, 2012, 69;
BUSNELLI,PrefazioneadAA.Vv.,
La famiglia e il diritto fra
diversità nazionali ed iniziative
dell’Unione Europea, a cura di
Amram e A. D’Angelo, Padova,
2011,XIX.
(148) BIANCA, Diritto civile, 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit., 218; SCARDULLA, La
separazione personale tra i
coniugieildivorzio,op.cit.,101;
BONILINI,
L’assegno
postmatrimoniale, op. cit., par. 25,
afferma
il
principio
dell’indisponibilità sostanziale
preventiva
dell’assegno
di
divorzio, nella fase della
separazione, in ossequio alla
natura assistenziale dell’assegno
post-matrimoniale.
(149) DE PAOLA, nota a sent.
Cass., 4 aprile 1998, n. 3503, in
Fam.eDir.,1998,333.
(150)MOROZZODELLAROCCA,
voceSeparazione personale (dir.
Priv.) in Enc. Dir., op. cit., 1381;
ZATTI, nota a Cass. 13 febbraio
1985,n.1208,inNuovagiur.civ.
comm.,1985,I,658.
(151) CARBONE, Autonomia
privataerapportipatrimonialitra
coniugi(incrisi),notaaCass.22
gennaio 1994, n. 657, in Fam. e
Dir.,1994,145;F ERRARI,Ancora
in tema di accordi fuori dal
verbale di separazione, Nuova
giur. civ. comm., 1994, I, 710;
DOGLIOTTI,
Separazione
e
divorzio. Il dato normativo, I
problemi interpretativi, Utet,
Torino,1995,18.
(152) BRECCIA, Separazione
personale dei coniugi, op. cit.,
377;ZATTI,Idirittieidoveriche
nascono dal matrimonio e la
separazione dei coniugi, op. cit.,
144; una posizione intermedia è
espressa
da
MANTOVANI,
Separazione
personale
dei
coniugi,I)Disciplinasostanziale,
op.cit.,20,secondocuil’accordo
non omologato vale a regolare i
rapporti tra le parti finché non
intervenga una revoca del
consenso, che fa rivivere
l’efficacia delle determinazioni
originarie.
(153) Cass., 12 settembre 2011,
n.18618;Cass.,29luglio2011,n.
16736;Cass.,24febbraio2010,n.
4531;Cass.,14dicembre2006,n.
26835; Cass., 25 agosto 2006, n.
18547; Cass., 27 giugno 2006, n.
14840;Cass.,7febbraio2006,n.
2626; Cass., 22 ottobre 2004, n.
20638,inGuidaaldir.,2007,20,
45.
(154) Cass., 28 aprile 2006, n.
9878,Guida al dir. , 2006, n. 30,
sottolinea che “la conservazione
del precedente tenore di vita da
parte del coniuge beneficiario
dell’assegno costituisce un
obiettivo tendenziale, e non
sempre
la
separazione,
aumentando le spese fisse dei
coniugi,
ne
consente
la
realizzazione; sicché esso va
perseguito nei limiti consentiti
dalle condizioni economiche del
coniuge obbligato, richiamate
dall’art. 156, comma 2, c.c.”;
conf.Cass.,16novembre2005,n.
23071;Cass.,7febbraio2006,n.
2626; Cass., 30 marzo 2005, n.
6712; Cass., 27 giugno 1997, n.
5762,inGiust.civ.,1998,I,149.
(155) Cass., 14 dicembre 2006,
n. 26835; Cass., 25 agosto 2006,
n. 18547; Cass., 27 giugno 2006,
n.14840;Cass.,7febbraio2006,
n.2626;Cass.24dicembre2002,
n. 18327, inFam. e dir., 2003,
275.
(156) Cass., 22 ottobre 2004, n.
20638; Cass., 11 aprile 2000, n.
4558; Cass., 26 giugno 1996, n.
5916;28aprile1995,n.4720;27
febbraio1995,n.2223;18agosto
1994, n. 7437; 2 luglio 1990, n.
6774.
(157) Cass., 19 marzo 2004, n.
5555, inRiv. Dir. Fam. e pers .,
2004,343.
(158) Cass., 29 luglio 2011, n.
16736; Cass., 19 marzo 2004, n.
5555,cit.;Cass.7marzo2001,n.
3291, inFam. e dir., n. 6/2001,
608,connotadiNADDEO.
(159) Cass., 16 dicembre 2004,
n. 23378, inFam. e dir., n.
2/2005,127.
(160) Cass., 14 dicembre 2006,
n.26835,cit.;Cass.14novembre
2001, n. 14162; Cass., 27 giugno
1997,n.5762.
(161) Cass., 12 settembre 2011,
n.18618;Cass.,24luglio2007,n.
16334,inFam.eDir.,n.11/2007,
1060; Cass., 24 aprile 2007, n.
9915; Cass., 27 giugno 2006, n.
14640;Cass.,7febbraio2006,n.
2625, inForo it., 2006, I, 1751;
Cass.,22ottobre2004,n.20638;
Cass., 18 settembre 2003, n.
13747, inArch. civ., 2004, 7/8,
943;Cass.,26novembre1996,n.
10465, inFam. e dir., 1997, 167;
Cass.,18agosto1994,n.7437,in
NuovaGiust.Civ.,1995,I,551.
(162) Cass., 22 settembre 2011,
n.19439;Cass.,24luglio2007,n.
16334, cit.; Cass., 4 aprile 2000,
n.4800,inGiur.It., 2003,4,686,
connotadiBARBIERA.
(163) Cass., 22 settembre 2011,
n. 19439; Cass. 16 maggio 2005
n. 10210, inGuida al dir. , 2005,
n.29,55,connotadiGALLUZZO;
Cass. 26 novembre 1996, n.
10465.
(164) Cass., 24 aprile 2007, n.
9915; Cass., 5 luglio 2006, n.
15326; Cass., 27 giugno 2006, n.
14640; Cass., 9 marzo 2006, n.
5061; Cass., 22 ottobre 2004, n.
20638.
(165) Cass., 7 luglio 2008, n.
18613,rigettandoilricorsodiuna
moglie che lamentava la
violazione dell’art. 156 c.c., per
non avere i giudici del merito
valutato
l’inadeguatezza
dell’assegno di mantenimento,
sulla base delle rispettive
capacità economiche dei coniugi
e in rapporto al tenore di vita da
lorofruitodurantelavitacomune
(erastatoattribuitoallamoglieun
assegno mensile di euro
18.000,00, a fronte di un
imponibile
lordo
annuo
dichiarato dal marito di euro
820.000,00, considerato anche
che il marito, nel corso della
convivenza coniugale versava
ogni mese 30.000 dollari alla
moglie), ha affermato che “nella
determinazionedelmantenimento
del coniuge deve tenersi conto
del tenore di vita "normalmente"
godibile in base ai redditi
percepitidallacoppia,epertanto
colui al quale è riconosciuto il
diritto a tale assegno potrà
chiedere,pertaletitolo,lesomme
necessarie a integrare entrate
sufficienti a soddisfare le sue
esigenze di vita personale e di
relazionealmedesimolivellogià
raggiunto nel corso del
matrimonio, non dovendosi
nell’assegno comprendere, di
regola, somme che consentano
atti di spreco o di inutile
prodigalità del suo destinatario.
… il mantenimento non è quindi
destinato allo svolgimento di
attività diverse da quelle
strettamente
inerenti
allo
sviluppo della vita personale fisica e culturale (sport, viaggi,
letture, frequenza di corsi) - e di
relazione (incontri, vacanze,
ricevimentietc.),delconiugeche
lo riceve, e quindi non serve per
gli investimenti o per consentire
una
eventuale
attività
imprenditoriale di chi ne
beneficia”.
(166) Cass., 28 aprile 2006, n.
9878, inGuida al dir., 2006, n.
30,52;Cass.,16novembre2005,
n. 23071 inGiust. Civ. Mass .,
2005, 11; Cass., 30 marzo 2005,
n.6712.
(167)Cass.,8novembre2006,n.
23801, inMass. Rep. Lex24;
Cass., 20 ottobre 2005, n. 20290,
i nFam., pers. e succ., 2007, 2,
107, con nota di ZUCCHI; Cass.,
22 gennaio 1994, n. 657, inDir.
Fam.,1994,868,eVentiquattrore
Avvocato Contratti, 2007, 4, 73,
connotadiDIGIACIN-TO.
(168)
Sul
decreto
di
omologazione, Cass., 30 aprile
2008, n. 10932, inIl Corr. Giur .,
2008, 6, 753, nel confermare il
suo consolidato indirizzo, ha
ribaditoche“èprivodeicaratteri
della definitività e della
decisorietà, poichè incide su
diritti soggettivi, senza tuttavia
decidere su di essi e non ha
attitudine
ad
acquistare
l’efficacia
del
giudicato
sostanziale. Il decreto viene
emesso nell’ambito di un
procedimento di volontaria
giurisdizioneesisostanziainun
provvedimento con il quale il
tribunale,
esercitato
positivamenteilpropriocontrollo
sull’osservanza del rito e sulla
conformità
delle
clausole
convenzionali sottopostegli dai
coniugi alle norme imperative
che regolano la materia ed
all’ordine pubblico, imprime
efficacia giuridica all’accordo
intervenuto tra le parti (Cass. n.
3390 del 2001). Le specifiche
condizioni dell’accordo sono
modificabili, per circostanze
sopravvenute, attraverso il
procedimento di cui all’articolo
710
c.p.c.,
richiamato
dall’articolo 711 c.p.c.; il
provvedimentodiomologazioneè
impugnabile con reclamo alla
corte di appello ai sensi degli
articoli 739 e ss. c.p.c. (Cass. n.
3390 del 2001), ma è anche
revocabile per vizio proprio di
legittimità
-
dovuto
a
inosservanza
di
norme
processuali o sostanziali -, in
base alle disposizioni comuni ai
procedimenti in camera di
consiglio,contenutenegliarticoli
737-742 bis c.p.c. (Cass. n. 8712
del1990).Indefinitiva,ildecreto
di omologazione costituisce un
atto di controllo privo di
contenuto decisorio, perchè
incide ma non decide su diritti
soggettivi perfetti, non avendo
attitudine ad acquistare la
efficacia
del
giudicato
sostanziale. Gli eventuali vizi di
legittimità non si convertono in
motividigravameesonoinogni
tempo deducibili nell’ambito
della giurisdizione camerale;
sono pure eccepibili in un
processoordinario-adesempio,
riguardante lo scioglimento del
vincolo matrimoniale -, dove
l’esistenzadiunvalidodecretodi
omologazione si presenti come
imprescindibile condizione di
legittimità dell’azione (Cass. n.
8712 del 1990)”; Cass., 8 marzo
2001,n.3390,inArch.civ.,2002,
1,120.
(169) Sulla definizione della
separazione consensuale come
negozio di diritto familiare,
“espressamente previsto dagli
artt. 150 e 158 cod. civ. e
disciplinato nei suoi aspetti
formali dall’art. 711 c.p.c. ”,
Cass., 15 maggio 1997, n. 4306,
ha precisato: “detto accordo ha
un contenuto essenziale - il
consenso reciproco a vivere
separati - ed un contenuto
eventuale,
costituito
dalle
pattuizioni
necessarie
ed
opportune,
in
relazione
all’instaurazione di un regime di
vita separata, a seconda della
situazione familiare (affidamento
dei
figli;
assegni
di
mantenimento;
statuizioni
economiche connesse)”; “rientra
pertinentemente nel contenuto
eventuale
dell’accordo
di
separazione ogni statuizione
finalizzata a regolare l’assetto
economico dei rapporti tra i
coniugi in conseguenza della
separazione, comprese quelle
attinenti al godimento ed alla
proprietà dei beni, il cui nuovo
assetto sia ritenuto dai coniugi
stessi necessario in relazione
all’accordo di separazione e che
ilTribunale-conl’omologazione
- non abbia considerato in
contrasto con interessi familiari
prevalenti rispetto a quelli
disponibilidiciascunodiessi”;v.
anche Cass., 20 novembre 2003,
n. 17607, inGuida al dir., 2004,
7, 70, che conferma la “natura
negoziale dell’atto che dà
sostanza e fondamento alla
separazione consensuale, atteso
che in tale accordo si dispiega
pienamente l’autonomia dei
coniugi e la loro valutazione
della gravità della crisi
coniugale,conesclusionediogni
poterediindaginedelgiudicesui
motivi della decisione di
separarsi e di valutazione circa
lavaliditàditalimotivi,inpiena
coerenza con la centralità del
principio del consenso nel
modello di famiglia delineato
dalla legge di riforma ed in
ragione del tasso di negozialità
dallastessaleggericonosciutoin
relazione ai diversi momenti ed
aspettidelladinamicafamiliare”.
(170)Cass.,25gennaio2012,n.
1084;Cass.,4novembre2010,n.
22505; Cass., 10 marzo 2006, n.
5302; Cass. 1 dicembre 2000, n.
15349,inArch.civ.,2001,1,110;
Cass., 14 giugno 2000, n. 8109;
Cass.,18febbraio2000,n.1810;
Cass.,20marzo1998,n.2955.
(171) Cass., 10 agosto 2007, n.
17634; Cass., 10 marzo 2006, n.
5302.
(172)Cass.,18febbraio2000,n.
1810.
(173)Cass.,8novembre2006,n.
23801,Foro It., 2007, 4, 1189, I;
Cass., 20 ottobre 2005, n. 20290,
cit.; Cass. 30 agosto 2004, n.
17434,Guida al dir. , 2004, 42,
73;Cass.28luglio1997,n.7029,
inGiust.civ.Mass.,1997,1287.
(174) Cass., 20 ottobre 2005, n.
20290, cit.; Cass., 11 giugno
1998, n. 5829, inGiust. civ.
Mass., 1998, 1292, eGuida al
dir.,2004,38,45;Cass.30agosto
2004,n.17434,cit..
(175) Cass., 11 giugno 2008, n.
15557; Cass., 6 giugno 2008, n.
15086, inFamiglia e Minori,
2008, 7, 60; Cass., 22 maggio
2008, n. 13097; Cass., 3 ottobre
2005,n.19291,inForoIt., 2006,
5,1362,I,connotadiCASABURI.
(176) sulla perdita del diritto al
mantenimento a seguito della
pronuncia di addebito, Cass., 1
agosto 1994, n. 7165, inForo it.
Rep., 1994, voceSeparazione di
coniugi,n.79.
(177)Cass.,24febbraio2006,n.
4204; Cass., 19 ottobre 1988, n.
5698,inGiur.It.,1989,I,1,450.
(178) secondoDE FILIPPIS, Il
matrimonio, la separazione dei
coniugi ed il divorzio, op. cit.,
388,“ilconcettoditenoredivita
goduto o godibile non deve
essere inteso in senso letterale,
poiché
la
separazione,
determinando maggiori spese ed
eliminando le economie che
derivano dal vivere insieme, non
può non comportare un
abbassamento
del
livello
generale
di
possibilità
economiche. Esso deve pertanto
intendersicomeriequilibriodelle
dueposizioni,talecheentrambii
coniugi, dovendo ridimensionare
ilpropriostandardeconomico,lo
faccianonellamedesimamisura”.
(179) Cass., 24 aprile 2007, n.
9915; Cass., 5 luglio 2006, n.
15326; Cass. 16 maggio 2005, n.
10210, inGuidaaldir.,2005,29,
55,connotadiGALLUZZO;Cass.,
22 ottobre 2004, n. 20638; Cass.
24 dicembre 2002, n. 18327;
Cass.,28aprile1995,n.4720.
(180) Cass. 4 aprile 2002, n.
4800,Arch.civ.,2003,3,325.
(181) Cass., 22 settembre 2011,
n.19349;Cass.,5luglio2006,n.
15326; Cass. 16 maggio 2005, n.
10210,cit..
(182) Cass., 22 settembre 2011,
n.
19349;DE FILIPPIS, Il
matrimonio, la separazione dei
coniugi ed il divorzio, op. cit.,
389.
(183) Cass. 24 aprile 2007, n.
9915; Cass., 7 febbraio 2006, n.
2625, inForo it., 2006, I, 1751;
un recente orientamento della
giurisprudenza di merito, Trib.
Firenze,3ottobre2007,inFam.e
dir., 1/2008, 53, sostiene che
l’assegno di mantenimento al
coniuge deve consentire dopo la
separazione “ai due nuovi nuclei
un tenore di vita analogo tra
loro”, e sottolinea che “per
valutarel’effettodiunaqualsiasi
ripartizionedellerisorsetraidue
coniugioccorrevalutareiltenore
divitadellafamigliaoriginariae
confrontarlo con quello che
avrebbero le due famiglie
risultanti dalla separazione in
relazione alla ripartizione di
risorse di volta in volta
considerata.
La
questione
delicata è che il tenore di vita
delle famiglie che si vogliono
confrontare non dipende solo
dalle risorse a disposizione ma
anche dai bisogni differenti, che
si determinano in relazione alla
diversacomposizionefamiliare.”,
mettendoancheinlucel’esigenza
di tener conto della tipologia di
speseedeibisognichevarianoda
famiglia
a
famiglia,
in
considerazione del reddito, della
sua composizione e della zona
geografica di residenza, per cui
“mentre la spesa tipica di una
famiglia con un basso livello di
benessere economico risulta
sbilanciata verso beni di prima
necessità (tipicamente beni
alimentari), una famiglia agiata
devolverà una quota importante
delle proprie risorse economiche
abenidilussoevoluttuari:ossia
all’aumentare
del
reddito
diminuisce l’importanza relativa
dellaspesapergenerialimentari
e per bisogni primari, mentre
cresce per altre categorie di
beni.”
(184) Cass., 28 aprile 2006, n.
9878,Guida al dir. , 2006, n. 30,
52; Cass., 16 novembre 2005, n.
23071,inGiust.Civ.Mass., 2005,
11; Cass., 30 marzo 2005, n.
6712,Foro it. Rep., 2005, voce
Separazionediconiugi,n.11.
(185) Cass., 11 agosto 2011, n.
17193.
(186) Cass., 24 luglio 2007, n.
16334, inQuestioni di diritto di
famiglia, Maggioli, 2008, 1, 38,
con nota di A RCERI; Cass. 24
aprile 2007, n. 9915; Cass. 12
giugno 2006, n. 13592; Cass., 3
ottobre 2005, n. 19291, inForo
It., 2006, 5, 1362, I, con nota di
CASABURI;Cass.,30marzo2005,
n.6712;Cass.,18settembre2003,
n.13747.
(187) SERVETTI e MANGANO,
Provvedimenti concernenti la
casa
coniugale
ed
il
mantenimento, in Le prassi
giudiziali nei procedimenti di
separazione e divorzio, Il diritto
vivente.
Riflessioni
e
approfondimenti dal C.S.M, Utet,
Torino, 2007, 94; Cass. 24 aprile
2007, n. 9915; Cass., 7 marzo
2001, n. 3291, cit.; Cass., 23
aprile 2010, n. 9719 ha precisato
che“lavalutazioneinordinealle
capacità economiche delconiuge
obbligato
ai
fini
del
riconoscimento
e
della
determinazione dell’assegno a
favoredell’altroconiugenonpuò
che essere operata sul reddito
nettoenongiàsuquellolordoin
perfetta corrispondenza con la
situazione che si verifica in
costanzadimatrimonioincuisul
reddito netto la famiglia fa
affidamento e sul quale ogni
possibilità di spesa viene
rapportata”.
(188) SERVETTI e MANGANO,
Provvedimenti concernenti la
casa
coniugale
ed
il
mantenimento,op.cit.,94.
(189) SERVETTI e MANGANO,
Provvedimenti concernenti la
casa
coniugale
ed
il
mantenimento,op.cit.,95.
(190) SERVETTI e MANGANO,
Provvedimenti concernenti la
casa
coniugale
ed
il
mantenimento,op.cit.,95.
(191)Cass.,20gennaio2012,n.
785; Cass., 7 febbraio 2006, n.
2626; Cass. 3 ottobre 2005, n.
19291, cit.; Cass., 24 dicembre
2002, n. 18327, inFam. e dir.,
2003, 275; Cass., 28 settembre
2001, n. 12136, inFam. e dir.,
2002,271.
(192) Cass., 12 settembre 2011,
n. 18618 secondo cui “in
mancanza di prova sul tenore di
vita, può sopperire l’ammontare
complessivo del patrimonio e dei
redditi dei coniugi, dando esso
luogo ad una presunzione sul
tenore di vita da essi goduto
duranteilmatrimonio”;Cass.,10
luglio 2008, n. 19066; Cass., 7
dicembre2007,n.25618;Cass.,4
aprile 2002, n. 4800, inGiur. it .,
2003, 686, con nota di
BARBIERA;Cass.,19marzo2002,
n. 3974, inForo it. Rep., 2002,
v o c eSeparazione di coniugi, n.
84; Cass., 8 maggio 1998, n.
4679, inForoit.Rep.,1998,voce
Separazione di coniugi, n. 77;
diversamente,secondounrecente
orientamento dei giudici di
merito, Trib. Firenze, 3 ottobre
2007, cit., è necessario effettuare
unaprecisaindagine,avvalendosi
di un’analisi econometrica che
definisceequantificalerisorsee
ibisognidiciascuno.
(193) Cass., 24 aprile 2007, n.
9915; Cass., 30 marzo 2005, n.
6712;Cass.,18settembre2003,n.
13747.
(194) Cass., 14 agosto 1997, n.
7630,inForoIt.Mass.,1997.
(195) Cass., 12 giugno 2006, n.
13592, e Cass. 28 aprile 2006, n.
9878, inGuida al dir. , 2006, n.
30, hanno ribadito che la
determinazione dell’assegno di
mantenimento richiede una
valutazione complessa e globale,
che non è ancorata a criteri
aritmetici o alla ripartizione dei
redditi per quote, dovendosi
comunque
operare
un
bilanciamento tra la situazione
economica e patrimoniale dei
coniugi, al momento della
decisione.
(196) In altri Paesi europei, tra
cui ad esempio la Germania, il
Belgio e la Danimarca, il giudice
quantifica l’assegno per il
coniuge e i figli sulla base di
tabellecheriportanoilcostodella
vita e dei figli, elaborato su basi
statistiche per fasce di reddito, e
dinumeroedetàdeifigli.
(197) Cass., 3 ottobre 2005, n.
19291;Cass.,9settembre2002,n.
13065, inFam. e dir., 2002, 587,
con nota di LIUZZI; Cass. 14
agosto1997,n.7630.
(198) Cass., 6 maggio 1998, n.
4543, inGiust. Civ. Mass ., 1998,
941.
(199) Cass., 12 marzo 2012, n.
3922haaffermatoche“larevoca
dell’assegnazione della casa
familiare costituisce elemento
valutabile
ai
fini
del
riconoscimento dell’assegno di
divorzio, in quanto essa incide
negativamente (e, normalmente,
in modo rilevante) sulla
situazione economica della parte
che debba ottenere in locazione
altroimmobileperfarfrontealle
proprie necessità abitative, e ne
può, quindi, derivare un
peggioramento della situazione
economica dell’ex coniuge tale
da renderla insufficiente ai fini
della conservazione di un tenore
divitaanalogoaquelloavutoin
costanza di matrimonio” (nello
stesso senso, Cass., 20 aprile
2011, n. 9079; Cass., 30 marzo
2005,n.6712);Cass.,9settembre
2002,n.13065,cit.
(200) Cass., 21 giugno 2012, n.
10380; Cass., 18 luglio 2003, n.
11224,Fam.edir.,2004,88.
(201)Cass.,8novembre1997,n.
11031, inFam. e dir. , 1998, 347;
Cass.,26giugno1996,n.5916,in
Fam.edir.,1996,530.
(202) Trib. Roma, 2 maggio
2006, inRiv. dir. fam. e pers. ,
2006,1200.
(203) Cass., 21 giugno 2012, n.
10380.
(204) Cass. 21 settembre 2005,
n. 18604, inGuida al dir. , 2005,
n.43.
(205) Cass., 22 marzo 2012, n.
4571;Cass.,11dicembre2003,n.
18920; Cass. 17 ottobre 1989,
4163.
(206) Cass., 25 agosto 2006, n.
18547; Cass., 16 dicembre 2004,
n. 23378,Fam. e dir., 2/2005,
127; Cass., 19 marzo 2002, n.
3975,inGiust.Mass.,2002,489.
(207) Cass., 19 marzo 2004, n.
5555,Riv.dir.fam.epers. , 2004,
343;Cass.,7marzo2001n.3291,
Fam.edir.,2001,608,connotadi
NADDEO;Cass.,4aprile1998,n.
3490; Cass. 18 agosto 1994 n.
7437,Nuova Giust. Civ., 1995, I,
551.
(208) Secondo Cass., 23 luglio
2010, n. 17347, “il rifiuto di
accettare possibilità d’impiego
non può essere considerato, di
per sè solo, espressione di
renitenzaaprovvederealproprio
mantenimento se non si dimostri
cheleofferteeranoadeguatealla
qualificazione professionale e
alla dignità personale del
coniuge,tenutoanchecontodelle
condizioni economiche e sociali
godute prima della crisi
matrimoniale”.
(209) Cass., 2 luglio 2004, n.
12121, inRiv. dir. fam. e pers. ,
2005,46,eForoIt.,2006,2,580,
I,hasostenutoche“l’attitudineal
lavoro proficuo, come potenziale
capacitàdiguadagno,appartiene
certamente al novero degli
elementi valutabili dal Giudice
della separazione per definire la
misura dell’assegno, dovendo
egli considerare a tal fine non
soltanto i redditi in denaro, ma
anche ogni utilità o capacità
propria dei coniugi, suscettibile
di valutazione economica (Cass.
nn. 4543/1998, 7630/1997,
961/1992, 11523/1990, 6774/
1990).
Ma
il
mancato
sfruttamento della supposta
attitudine al lavoro non equivale
adunredditoattualené,dipersé
ed in modo univoco, lascia
presumere la volontaria ripulsa
di propizie occasioni di reddito.
L’inattività lavorativa, infatti,
non necessariamente è indice di
scarsa diligenza nella ricerca di
unlavoro,finchénonsiaprovato,
ai
fini
della
decisione
sull’assegno, il rifiuto di una
concreta
opportunità
di
occupazione: solo in tal caso lo
stato di disoccupazione potrebbe
essere interpretato, secondo le
circostanze, come rifiuto o non
avvertitanecessitàdiunreddito;
il che condurrebbe ad escludere
il diritto di ricevere dal coniuge
(cfr. Cass. nn. 3975/2002, 4163/
1989), a titolo di mantenimento,
le somme che il richiedente
avrebbe potuto ottenere quale
retribuzione
per
l’attività
lavorativa rifiutata o dismessa
senza giusto motivo”; v. anche
Cass.,19marzo2002,n.3975,in
Giust.civ.Mass.,2002,489.
(210) Cass., 30 dicembre 2011,
n.30216,haribaditoche“intema
di separazione personale dei
coniugi, allabreve durata del
matrimonio non può essere
riconosciuta efficacia preclusiva
del diritto all’assegno di
mantenimento, ove di questo
sussistano
gli
elementi
costitutivi”, e “al più, alladurata
d e lmatrimonio può essere
attribuito rilievo ai fini della
determinazione della misura
dell’assegno di mantenimento”;
Cass., 8 febbraio 2006, n. 2818;
Cass., 16 dicembre 2004, n.
23378, in Fam. e dir., 2/2005,
127; Cass., 22 ottobre 2004, n.
20638inForoit.,Rep.2004,voce
Separazionediconiugi,n.73.
(211) Cass. 10 agosto 2007, n.
17643, inGuidaaldir.,2007,42,
76; Cass. 12 dicembre 2003, n.
19042, inDir. Fam ., 2004, 373;
Cass., 8 agosto 2003, n. 11975;
Cass., 4 aprile 1998, n. 3503, in
Giur.it.,1999,1608.
(212) Cass., 25 novembre 2010,
n.23968haprecisatoche“purela
relazione stabile del coniuge
avente diritto almantenimento
non esonera l’altra parte
dall’obbligo di corrispondere
l’assegno dimantenimentoinsuo
favore, in rapporto agli articoli
155e156c.c.,inmancanzadella
provacheilconviventeprovveda
integralmente ai bisogni di chi
chiede il contributo”; Cass., 20
gennaio 2006, n. 1179; Cass., 22
aprile 1993, n. 4761, in Guida al
dir.,n.11/1995,66.
(213) Cass., 27 marzo 1993, n.
3720.
(214) Cass., 24 aprile 2001, n.
6017,Familia,2001,864.
(215) contra, Cass., 27 gennaio
2004, n. 1398, e Cass., 22
novembre2000,n.15065,dovesi
èsostenutoche“laformazionedi
unanuovafamiglianonlegittima
di per sé una diminuzione del
contributo per il mantenimento
dei figli nati in precedenza, in
quanto costituisce espressione di
unasceltaenondiunanecessità
elasciainalteratalaconsistenza
degliobblighineiconfrontidella
prole. Tuttavia …. il Giudice del
meritodeveindubbiamentetenere
conto, in misura consona al
tenore di vita delle parti,
dell’obbligo di mantenimento dei
figlinatidaunanuovarelazione
cheunadiesseabbiainiziato”.
(216) Cass., 22 marzo 2012, n.
4551,
consolidando
l’orientamento
della
giurisprudenza di legittimità sul
punto, ha precisato che la
costituzione di un nuovo nucleo
familiareolanascitadifiglinon
comporta
automaticamente
l’accoglimento della domanda di
riduzione dell’assegno avanzata
dalconiugeobbligato,dovendoil
giudice
verificare
se
i
sopravvenuti oneri familiari del
coniuge obbligato al versamento
dell’assegno determinino un
effettivo depauperamento delle
sue sostanze, così da effettuare
una
rinnovata
valutazione
comparativa della situazione
delle parti; Cass., 20 gennaio
2006, n. 1179; Cass., 4 aprile
2002, n. 4800; Cass., 24 aprile
2001,n.6017,inDir.Fam. ,2001,
864.
(217) Cass., 4 aprile 2002, n.
4800, inGiur. It ., 2003, 4, 686,
con nota di BARBIERA; Cass., 5
giugno 1997, n. 5024, inFam.
Dir.,1997,305.
(218) Cass., 19 settembre 2006,
n.20256;Cass.,7febbraio2006,
n.2626;Cass.,24dicembre2002,
n. 18327; Cass., 28 settembre
2001, n. 12136, inFam. e dir. ,
2002, 271; Cass. 7 maggio 1999,
n. 4570; Cass. 22 aprile 1998, n.
4094; Cass. 10 marzo 1994, n.
2349.
(219) Cass., 12 marzo 2012, n.
3914; Cass., 20 gennaio 2012, n.
785.
(220) Cass., 28 aprile 2006, n.
9861.
(221) Cass., 29 aprile 2005, n.
8940,Fam.edir.,n.4/2005,434;
Cass., 27 agosto 2004, n. 17136,
inGuidaaldir.,2004,37,75.
(222) Cass., 12 settembre 2011,
n.18618.
(223) Cass., 28 aprile 2006, n.
9861; Cass. 6 ottobre 2005, n.
19446; Cass., 16 luglio 2004, n.
13169; Cass. 7 maggio 2002, n.
6541; Cass., 24 maggio 2001, n.
7068; Cass. 5 agosto 1997, n.
7199.
(224) Cass., 19 ottobre 2006, n.
22500; Cass., 19 aprile 2000, n.
5126.
(225)RecentementeilTribunale
di Roma e il Tribunale di Monza
hanno introdotto una prassi che
prevedel’inserimentoneldecreto
presidenziale che fissa l’udienza
di comparizione delle parti nei
giudizidiseparazioneedivorzio,
ed i termini per la notificazione
del decreto e del deposito della
memoriadifensivadelconvenuto,
della richiesta alle parti di
depositare le dichiarazioni dei
redditidegliultimitreannieuna
dichiarazione sostituiva di atto
notorio(aisensieperglieffettidi
cui
al
d.P.R.
445/2000)
contenente l’indicazione di
circostanzeinerentialredditoeal
patrimonio di ciascuno dei
coniugi. I provvedimenti sono
pubblicati inFam. e dir., n. 4,
2012.
(226) Cass., 12 giugno 2006, n.
13592; Cass. 11 marzo 2006, n.
5379; Cass. 14 maggio 2005, n.
10135, inForo it. Rep., 2005,
vocePresunzione, n. 6; Cass. 19
giugno 2003, n. 9806,Foro it.
Rep., 2003, voceProva civile in
genere,n.50.
(227) Cass. 17 maggio 2005, n.
10344, inGuida al dir. , 2005, n.
25,46.
(228) Cass. 22 marzo 2012, n.
4551; Cass., 28 gennaio 2011, n.
2098haribaditocheilpoteredel
giudicediattivare,d’ufficioosu
istanza di parte, indagini
patrimoniali avvalendosi della
poliziatributaria“nonpuòessere
attivato a fini meramente
esplorativi, sicchè la relativa
istanza e la contestazione di
parte dei fatti incidenti sulla
posizione reddituale del coniuge
tenuto al predetto mantenimento
devonobasarsisufattispecificie
circostanziati”.
(229) Cass., 24 aprile 2007, n.
9915.
(230) Cass., 22 marzo 2012, n.
4551; Cass., 25 maggio 2007, n.
12308;Cass.,17maggio2005,n.
10344,cit.
(231) Cass., 23 aprile 2010, n.
9719; Cass., 28 aprile 2006, n.
9861; Cass., 17 maggio 2005, n.
10344.
(232) Cass., 30 luglio 1997 n.
7127,Giust. Civ., 1998, I, 1413,
connotadiCASINI.
(233) Cass., 30 luglio 1997 n.
7127, cit., ha affermato che “in
tema di separazione personale
dei coniugi, il giudice ha facoltà
di
determinare
l’assegno
periodico di mantenimento, che
unconiugeèobbligatoaversare
infavoredell’altro,inunasomma
di danaro unica o in più voci di
spesa,lequali,nelloroinsiemee
correlate tra loro, risultino
idonee a soddisfare le esigenze
del coniuge in cui favore
l’assegno è disposto, rispettando
il
requisito
generale
di
determinatezza o determinabilità
dell’obbligazione(art.1346c.c.).
Pertanto, il coniuge può essere
obbligato a corrispondere, oltre
ad un assegno determinato in
somma di danaro, anche altre
spese, quali quelle relative al
canone di locazione per la casa
coniugale ed i relativi oneri
condominiali, purché queste
spese abbiano costituito oggetto
di specifico accertamento nel
loro ammontare e vengano
attribuite nel rispetto dei criteri
sanciti dai commi primo e
secondodell’art.156c.c.".
(234) Cass., 23 dicembre 1988,
n. 7044, inGiust. Civ., 1988, I,
1062; Cass. 13 maggio 1999, n.
4748.
(235) Cass., 22 ottobre 2002, n.
14 8 8 6 ,Giust. civ. Mass. , 2002,
1829; Cass., 8 gennaio 1994, n.
1 4 7 ,Giur. it . 1994, I, 1, 844, e
Fam.edir.,1994,281.
(236) Cass., 11 aprile 2000, n.
4 5 5 8 ,Giust. civ. Mass. , 2000,
775;Cass.,8gennaio1994,cit.
(237) Cass., 20 agosto 1997, n.
7 7 7 0 ,Giust. civ. Mass. , 1997,
1455.
(238) Cass., 12 dicembre 2003,
n. 19042,Riv. dir. fam. e pers. ,
2004,373.
(239) Cass., 22 ottobre 2002, n.
14886,cit.
(240) Cass., 26 settembre 2011,
n.19589;Cass.,17luglio2008,n.
19722; Cass., 7 gennaio 2008, n.
28;Cass.n.14886/2002;Cass.n.
4558/2000.
(241)Cass.9settembre2002,n.
13060,Giur. it ., 2003, c. 1794;
Cass.,5giugno1990,n.5384.
(242) Cass. 23 aprile 1998, n.
4198,Foro it. Rep., 1998, voce
Separazione di coniugi, n. 92;
Cass. 12 aprile 1994, n. 3415,
Giust.Civ.,1994,I,c.2865.
(243) Cass., 4 febbraio 2000, n.
1226,Fam. e dir., 6, 2000, 582,
con nota di Ivaldi; Cass., 3
novembre 1994, n. 9047,Giust.
Civ.,1995,743.
(244) Cass. 11 aprile 2011, n.
8227, nel sottolineare che “la
legge prevede un criterio di
adeguamento
automatico
dell’assegno divorzile”, precisa
che ciò “comporta che esso è
rivalutabile anche in assenza di
domandadiparteesenzaobbligo
dimotivazione”;Cass.,4febbraio
2000, n. 1226,Fam. e dir. , 2000,
582 Cass., sez. I, 6 dicembre
1999, n. 13610, inGiust. civ.
Mass.,1999,2451.
(245) Cass., 11 marzo 2006, n.
5378.
(246) Cass., 27 agosto 2004, n.
17136,cit..
(247) Cass., 8 maggio 2008, n.
11489, inGuidaaldir. 2008, 33,
62,connotadiDETULLIO;Cass.,
22 novembre 2007, n. 24321, in
Famiglia e Minori, 2008, 2, 69;
Cass.,5marzo2001,n.3149
(248)Cass.,2dicembre2004,n.
22606.
(249)Cass.,7dicembre1999,n.
13666.
(250) Cass., 11 marzo 2006, n.
5378.
(251)Cass.,20gennaio2012,n.
785;Cass.,26settembre2007,n.
20204.
(252) Cass., 26 settembre 2011,
n.19589;Cass.,17luglio2008,n.
19722; Cass., 7 gennaio 2008, n.
28.
(253) BIANCA, Diritto civile, 2,
Lafamiglia.Lesuccessioni,2005,
Giuffrè, Milano, 285, precisa che
“il
diritto
all’assegno
postmatrimoniale ha la sua fonte
nella legge. La sentenza o
l’accordo delle parti non creano
il diritto ma ne accertano
l’esistenza o ne fissano il
contenuto.Ildirittohainfattipur
sempre la sua causa nella
solidarietàpostconiugaleelasua
fattispecie
costitutiva
nei
presuppostiprevistidallanorma.
Dalla sentenza o dall’accordo
delle parti dipendono invece la
liquiditàel’esigibilitàdeldiritto.
Il provvedimento giudiziale che
dispone
la
corresponsione
dell’assegnoè,precisamente,una
sentenza di condanna emessa a
seguitodell’accertamentoedella
determinazionedeldirittodell’ex
coniuge nei confronti dell’altro.
Essa costituisce titolo esecutivo
perl’eserciziodeldiritto.”.
(254) Cass., Sez. un., 26 aprile
1974,n.1194.
(255) DOSSETTI, L’attribuzione
dell’assegno di divorzio, in
L’assegno,lapensioneeglialtri
diritti di DOSSETTI, MORETTI,
MENOTTI, PASTORI, La Tribuna,
Piacenza,2003,31ss.
(256)TOMMASEO, La disciplina
processuale del divorzio, in
BONILINI,
TOMMASEO,
Lo
scioglimento del matrimonio, in
Commentario Schlesinger, 2ª ed.,
Giuffrè,Milano,2004,351.
(257) Cass., 28 aprile 2008, n.
10810, con riferimento alla
domanda di parte, ha precisato
che “per accertare se sia stata o
meno proposta, il giudice di
merito deve avere riguardo al
contenuto sostanziale della
pretesafattavalereconriguardo
alle finalità che la parte intende
perseguire, con la conseguenza
che
un’istanza
non
espressamente e formalmente
proposta
può
ritenersi
implicitamente introdotta e
virtualmente contenuta nella
domanda dedotta in giudizio
quando si trovi in rapporto di
connessione necessaria con il
"petitum" e la "causa petendi"
formulati sia dalla parte stessa,
che dalla controparte, senza
perciò introdurre un nuovo
"thema decidendum"; v. anche
Cass. 5 luglio 2001 n. 9058, in
Familia, 2002, 270; e, più in
generale, Cass. 9 aprile 2004 n..
6972, Cass. 28 aprile 2004 n.
8128.
(258) Cass., 2 febbraio 1998, n.
1031; Cass., 15 novembre 1982,
n. 6094, inDir.Fam.Pers ., 1983,
25.
(259) Cass., 8 febbraio 2012, n.
1779 ha da ultimo ribadito che
“tra il giudizio di divorzio e
quello di modifica delle
condizioni della separazione
personale, pendenti dinanzi a
giudici diversi, non ricorrono i
requisitidell’identitàdipetitume
di
causa
petendi
che
costituiscono,
insieme
con
l’identità
dei
soggetti,
presuppostiindispensabiliperché
possa ravvisarsi l’identità di
causa ai sensi dell’art. 39 cod.
proc.civ..Sitratta,percontro,di
procedimenti del tutto autonomi,
sia per la diversa struttura,
finalità e natura dell’assegno di
divorzio rispetto a quella di
separazione, sia perché per
effetto della pronunzia di
divorzio perde efficacia il
regolamento economico stabilito
in sede di separazione”. La
Suprema Corte ha altresì
precisato con la stessa pronuncia
che “ciò non esclude che la
domanda
di
adeguamento
dell’assegno di separazione
possa essere proposta dinanzi
allo stesso giudice del divorzio,
data, anzi, l’opportunità del
simultaneus processus per la
definizione
di
questioni
patrimoniali
indubbiamente
connesse (Cass., sez. 1^, 10
dicembre 2008, n. 28.990; Cass.,
sez.1^,24agosto1994,n.7488);
con l’unico limite naturale del
divieto di duplicazione dei due
assegni e di preclusione della
revisione
dell’assegno
di
separazione ove l’ordinanza
presidenziale o del giudice
istruttore di cui alla L. 1
dicembre 1970, n. 898, art. 4,
comma
8,
contenga
già
disposizioni
sui
rapporti
economicitraiconiugi”.
(260) Cass., 8 febbraio 2012, n.
1779; Cass., 8 maggio 1992, n.
5497; Cass., 24 agosto 1994 n.
7488 ha affermato che “poiché
l’assegno di mantenimento in
favore di uno dei coniugi in
regime di separazione è dovuto
fino al passaggio in giudicato
della sentenza che pronuncia il
divorzio, deve sempre ritenersi
ammissibile - proprio per
l’opportunità del simultaneus
processus innanzi allo stesso
giudice per la definizione delle
questioni
patrimoniali
indubbiamente connesse - la
domanda
di
adeguamento
dell’assegno di separazione nel
corso del giudizio di divorzio,
anche se il coniuge che tale
adeguamento richiede non si
opponga alla pronuncia di
scioglimento o di cessazione
degli effetti civili del matrimonio
e richieda, contestualmente, la
corresponsione dell’assegno di
divorzio ai sensi dell’articolo 5
della legge 898/1970 e sempre
chenonsirichieda,perlostesso
periodo, la concessione di
entrambigliassegni.”
(261) Cass., 8 febbraio 2012, n.
1779; Cass., 8 luglio 2005, n.
14381;Cass.,2settembre1997,n.
8381.
(262) Cass., 8 luglio 2005, n.
14381;
SALVANESCHI,
Provvedimenti
presidenziali
nell’interesse dei coniugi e della
prole e procedimento cautelare
uniforme, inRiv. dir. priv. , 1994,
1066.
(263)TOMMASEO, La disciplina
processualedeldivorzio, op. cit.,
349 ss.; GRAZIOSI (a cura di),I
processi di separazione e di
divorzio, Giappichelli, Torino,
2008, 60, sostiene che il
presidente non ha autonomia di
valutazione sul contenuto dei
provvedimenti
emessi
nel
giudizio di separazione, che
possono essere modificati solo
con il procedimento ex art. 710
c.p.c.
(264)TOMMASEO, La disciplina
processualedeldivorzio, op. cit.,
349 ss.; SALETTI, Aa.Vv.,
Procedimento e sentenza di
divorzio, inIl diritto di famiglia,
I, inFamiglia e matrimonio,
Trattato diretto da BONILINI,
CATTANEO, Utet, Torino, 1997,
601.
(265) Cass., 30 marzo 1994, n.
3164, inGiust. civ. Mass. , 1994,
429
(266) la risposta affermativa
sembra prevalere: TOMMASEO,
La disciplina processuale del
divorzio, op. cit., 410; SALETTI,
Aa.Vv., Procedimento e sentenza
di divorzio, op. cit., 616;
SAL-VANESCHI,Iprocedimentidi
separazione e divorzio dopo la
novella del processo civile, in
Riv. dir. priv ., 1996, 50;contra,
GRAZIOSI, La sentenza di
divorzio, Giuffrè, Milano, 1997,
298, sostiene che tali norme non
sarebbero applicabili al giudizio
di divorzio, per il quale
continuerebbe a valere la
disposizione speciale di cui
all’art.4,11°co.,l.divorzio,che
non
prevede
l’inibitoria
dell’efficacia esecutiva della
sentenza.
(267)SERVETTI,Imezziditutela
perl’adempimentodegliobblighi
patrimoniali nella separazione e
neldivorzio, inFam.edir., 1995,
4,387ss.
(268) Cass. 10 aprile 1992, n.
4391.
(269) Secondo Tommaseo,Sui
titoliidoneiperiscrivereipoteca
giudiziale a garanzia delle
obbligazioni
assunte
nella
separazione e nel divorzio, in
Fam.edir.,n.3/2011,289,nota
a Trib. Vicenza, decreto 27
maggio2010(checonfermaCass.
10 novembre 1994, n. 9393),
“titolo idoneo per iscrivere
ipotecagiudizialeagaranziadei
creditidimantenimentodispostia
favoredelconiugedivorziatonon
èsoltantolasentenzadidivorzio,
come vuole la lettera dell’art. 8
legge div., ma anche il decreto
che modifica tale sentenza nei
medesimicapisuccessivamenteal
suo passaggio in giudicato”;
BONILINI,
TOMMASEO,
Lo
scioglimento del matrimonio,
Milano,2010,457ss.
(270)Cortecost.,ord.17giugno
2002, n. 272, ha dichiarato
infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art.
708, 3° e 4° comma, c.p.c.
sollevatainriferimentoagliartt.3
e 30 della Costituzione, nella
parteincuilanormanonammette
l’iscrizione
dell’ipoteca
giudiziale
in
forza
dei
provvedimenti provvisori e
urgenti emanati dal presidente in
sede di separazione; Cass. 25
novembre 2000, n. 1100, ord., in
Corr.giur.2001,339ss.,connota
di F. D ANOVI, All’esame della
Consulta
la
questione
dell’iscrivibilità di ipoteca
giudiziale in forza di ordinanza
exart.708c.p.c.
(271)SERVETTI,Imezziditutela
perl’adempimentodegliobblighi
patrimoniali nella separazione e
neldivorzio,cit.,387ss.
(272)Cass.,29gennaio1980,n.
679, inGiust. civ. , 1980, I, 1342:
“L’iscrizione ipotecaria in base
alla
sentenza
attributiva
dell’assegno di divorzio, che
l’art. 8 comma 2 della l. 1
dicembre 1970 n. 898, prevede
senza indicare alcun criterio per
la determinazione della somma
per cui può essere presa, può
essere fatta per la somma
indicata dal creditore (art. 2838
c.c.), con la possibilità per il
debitore di chiederne la
riduzione con ricorso al giudice,
il quale non gode di
discrezionalità piena, ma deve
applicare criteri che facciano
riferimento ad elementi obiettivi,
qualiletabelleprevistedalr.d.9
ottobre 1922 n. 1403 per la
costituzionedellerenditevitalizie
immediate. La prelazione così
precostituita
dal
creditore
dell’assegno può essere fatta
valere solo nei limiti delle rate
scaduteenonpagateenonincide
sulla disponibilità del bene
ipotecato e sulla capacità di
essere garanzia di future
obbligazioni, restando anzi
soggetta alla riduzione ai sensi
del comma 2 dell’art. 2873 c.c.
dopo l’estinzione di un quinto
dellasommacapitalizzata”.
(273) Cass. 6 luglio 2004, n.
12309,haaffermatoche“posto…
chel’aventediritto,perséoperi
figli, oltre che dalla garanzia ex
lege
nascente
dall’ipoteca
giudiziale ai sensi dell’art. 2818
c.c., può essere tutelato nei
rispettivi interessi da specifiche
garanzie imposte al debitore
dalla sentenza di divorzio o di
separazione(nonchénelcasodel
verbale
di
separazione
omologato), quando vi sia il
pericolo che egli possa sottrarsi
all’adempimento
delle
sue
obbligazioni, pare inevitabile
dover concludere, sulla base di
una
lettura
in
chiave
"sistematica" delle riportate
disposizioni (la quale tenga
altresì conto, da un lato, pur
sempre dell’autonomia, rispetto
all’art. 2818 c.c., ivi richiamato,
delle previsioni di cui all’art. 8,
secondo comma, della legge n.
898del1970edicuiall’art.156,
quinto comma, c.c., nonché,
dall’altro lato, del fatto che
anche le misure del sequestro di
parte dei beni del coniuge
obbligatoedell’ordineaiterzidi
versamento diretto agli aventi
dirittosonosubordinate,anorma
del penultimo comma dell’art.
156c.c.,comepurealsensidelle
disposizioni affini contenute nei
commi dal terzo al settimo
dell’art. 8 della citata legge n.
898/1970,qualisostituitidall’art.
12 della legge n. 74 del 1987, al
"caso
di
inadempienza"
dell’obbligato,
ancorché,
evidentemente, in queste ultime
ipotesi debba trattarsi di una
"sottrazione all’adempimento"
già avvenuta e non già soltanto
del mero "pericolo" di tale
sottrazione), nel senso che la
valutazione del creditore, ai fini
dell’iscrizione ipotecaria, circa
la sussistenza di siffatto pericolo
restasindacabilenelmerito,onde
la relativa mancanza, originaria
o sopravvenuta, determina,
venendo appunto meno lo scopo
per cui la legge consente il
vincolo,
l’estinzione
della
garanzia ipotecaria già prestata
e, di conseguenza, il sorgere del
diritto dell’obbligato ad ottenere
dal giudice, dietro accertamento
delle
condizioni
anzidette,
l’emanazione del corrispondente
ordine di cancellazione ai sensi
dell’art. 2884 c.c.. Nella specie,
quindi, va esente da censura la
decisionedellaCorteterritoriale,
làdovequesta,"tenutocontodel
corretto adempimento del B., in
misura anche superiore al
dovuto" ciò che, evidentemente,
equivale ad un apprezzamento
negativo circa "il pericolo che
egli
possa
sottrarsi
all’adempimento" stesso, ha
quindi ordinato la cancellazione
dell’ipoteca
fatta
iscrivere
dall’odierna
ricorrente
sull’immobile
di
esclusiva
proprietàdelconiuge.”; v. anche
Cass., 20 novembre 1991, n.
12428, che ha precisato che è
rimessa alla valutazione del
creditore la sussistenza del
pericolo di inadempimento che
giustifical’iscrizionedell’ipoteca
giudizialeinforzadellasentenza
di divorzio che imponga all’altro
coniuge
la
corresponsione
dell’assegno.
(274) Art. 19 L. n. 74/1987:
“Tutti gli atti, i documenti ed i
provvedimenti
relativi
al
procedimentodiscioglimentodel
matrimonio o di cessazione degli
effetti civili del matrimonio
nonchè ai procedimenti anche
esecutivi e cautelari diretti ad
ottenere la corresponsione o la
revisionedegliassegnidicuiagli
articoli 5 e 6 della legge 1º
dicembre 1970, n. 898, sono
esenti dall’imposta di bollo, di
registroedaognialtratassa.”
(275) Cass. 27 gennaio 2004, n.
1398; Cass., 11 aprile 1991, n.
3817.
(276)
CARPI,
GRAZIOSI,
Procedimentiintemadifamiglia,
inDigestociv.,XIV,Utet,Torino,
1996, 523 ss.; A NSALDO,
Divorzio, inComm. Alpa, Zatti,
Leggi complementari, 4ª ed., I,
Cedam, Padova, 2003, 303 ss.;
BARBIERA, I diritti patrimoniali
dei separati e dei divorziati , op.
cit.,126.
(277)SERVETTI,Imezziditutela
perl’adempimentodegliobblighi
patrimoniali nella separazione e
nel divorzio, cit., 387 ss.;DE
FILIPPIS, Il matrimonio, la
separazione dei coniugi ed il
divorzio, op. cit., 595, sostiene
che “in favore dell’applicabilità
dellaproceduraperilpagamento
diretto da parte del terzo solo ai
provvedimentieconomicidisposti
aseguitodisentenza,depongala
configurazione sistematica della
norma, la quale, al primo ed al
secondo comma, si riferisce alla
sentenza e non può, nel comma
successivo,
mutare,
senza
esplicita previsione, il proprio
ambito di riferimento, divenendo
applicabile in corso di causa.
Questa conclusione risponde a
principi di ragionevolezza, in
quanto, finchè il giudizio si sta
svolgendo (e pertanto non
sussistono né la preoccupazione
diaggravareilcaricogiudiziario
con nuove domane, né quella di
costringere la parte a porre in
essere
nuove
iniziative
processuali) è opportuno che
ogni vicenda che riguarda
l’oggetto della causa sia
sottoposta al vaglio del giudice
dellastessae,permiglioretutela
delle
parti,
sia
inserita
nell’ambito della valutazione
complessiva che lo stesso deve
compiere”.
(278) CECCHERINI, I rapporti
patrimoniali nella crisi della
famigliaenelfallimento, op. cit.,
403.
(279) secondo DOGLIOTTI,
Separazione e divorzio. Il dato
normativo.
I
problemi
interpretativi, op. cit., 206, il
sequestro a garanzia degli
obblighi patrimoniali in sede di
separazione
personale
presuppone
l’inadempienza
dell’obbligato, mentre quello
introdotto nella disciplina del
divorzio presuppone il mero
pericolodiinadempimento.
(280)SERVETTI,Imezziditutela
perl’adempimentodegliobblighi
patrimoniali nella separazione e
nel divorzio, cit., 387 ss.;
CUSATTI, Il «nuovo» sequestro
dei beni dell’ex-coniuge a tutela
del diritto al mantenimento, in
Dir.egiust.,1987,348ss..
(281)DOGLIOTTI,Separazionee
divorzio. Il dato normativo. I
problemi interpretativi , op. cit.,
206 ss., sostiene che il sequestro
ex art. 8, ult. co., l. div. svolge
anche una funzione in una certa
misura, olato sensu cautelare,
tenuto conto che è diretta a
conservare la garanzia e ad
assicurare
l’adempimento
soprattutto di prestazioni future
periodiche;
CECCHERINI,
I
rapporti patrimoniali nella crisi
della famiglia e nel fallimento,
op. cit., 266 ss., lo avvicina al
sequestro conservativo previsto
dall’art. 1878 c.c., a tutela della
rendita vitalizia, con caratteri di
specialità, perché oltre ad essere
strumento di esecuzione forzata
per le rate pregresse, opera in
funzionecautelareperleratenon
ancorascadute.
(282)Cass.,19febbraio2003,n.
2479 ha messo in luce le
differenze della natura e della
funzione dello strumento di cui
all’art. 8, co. 7, l. 1.12.1970, n.
898, da quelle del sequestro
conservativo; Trib. Milano, 5
dicembre1995,inForoit.1996,I,
c.1050,eGiur.It.,1995,I,2,878:
“ilsequestrodipartedeibenidel
coniuge obbligato previsto dal
comma6dell’art.156c.c.,nonha
natura cautelare e, quindi, non
essendo assoggettato in forza
dellaclausoladicompatibilitàdi
cuiall’art.669-quaterdeciesalla
nuova disciplina cautelare
uniforme, non è impugnabile con
il reclamo previsto dall’art. 669terdecies”.
(283) SERVETTI, I mezzi di
tutela per l’adempimento degli
obblighi
patrimoniali
nella
separazione e nel divorzio, cit.,
387ss.,secondolaquale“ragioni
di ordine sistematico portano a
ritenere che nelle more del
procedimento
di
divorzio
l’assegno
periodico
eventualmente spettante ad un
coniuge non possa che essere
qualificato
come
di
mantenimento, destinato, in caso
di positivo apprezzamento della
domanda ad esso relativa, a
convertirsi in quello divorzile
(dalle connotazioni e dalle
conseguenzedeltuttoparticolari)
solo con l’emanazione della
sentenza: da tali rilievi
discenderà altresì l’osservazione
che prima di tale momento
decisorio l’assegno in questione
sarà assoggettato alla disciplina
propria
del
regime
di
separazione personale, non
essendo consentito neppure a
limitati effetti della sua tutela il
ricorso ad istituti che hanno per
loro natura riguardo alla sola
prestazione periodica ex art. 5..
Tali argomentazioni rivestono,
invero, valenza risolutiva anche
in ordine alla accennata
controversa questione della
competenza ad autorizzare il
sequestro atipico qui in esame,
poiché ne resta esclusa la
possibilità che ad emettere il
provvedimento in parola sia il
giudice istruttore, il quale in
ragione
della
stessa
determinazionetemporaledelsuo
ambito di competenza non potrà
mai
trovarsi
di
fronte
all’esigenza di approntare una
tutela ad un assegno divorzile
che...
nella
sua
esatta
qualificazione giuridica non è
ancoravenutoadesistenza.”.
(284)FIGONE,Sulmantenimento
delfiglioinregimedidivorzio,in
Fam. e dir., 1995, 359 ss., 360;
Trib.Verona,17novembre1993,
inFam.edir.,1994,444,connota
diRusso,secondocui“il rimedio
del sequestro previsto dalla
disciplinadeldivorziopuòessere
adottato dal giudice istruttore,
anche a cautela dell’obbligo
discendente da provvedimenti
provvisori ed in pendenza del
giudiziodidivorzio”.
(285) Da ultimo, v. Cass., 7
dicembre2011,n.26365.
(286) Cass. 19 settembre 2000,
n.12389.
(287) Cass., 11 giugno 1997, n.
5244.
(288)TOMMASEO, La disciplina
processualedeldivorzio, op. cit.,
429;
SALETTI,
Aa.Vv.,
Procedimento e sentenza di
divorzio, op. cit., 609, sostiene
invece che gli accordi di natura
patrimoniale tra i coniugi non
possono mai essere disattesi dal
giudice.
(289) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit.,284.
(290) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit.,284.
(291) QUADRI, La nuova legge
sul
divorzio.
I.
Profili
patrimoniali, Jovene, Napoli,
1987, 34; BARBIERA, I diritti
patrimoniali dei separati e dei
divorziati,op.cit.,28ss..
(292) DOGLIOTTI, Più luci che
ombrenellariformadeldivorzio,
i nGiust. civ., 1987, II, 493;
BONI-LINI,
L’assegno
postmatrimoniale, in BONILINI e
TOMMASEO, Lo scioglimento del
matrimonio, inIl codice civile,
Commentario Schlesinger diretto
da Busnelli, Giuffrè, Milano,
2004, 557 e s.; A. e M.
FI-NOCCHIARO,
Diritto
di
famiglia. III. Il divorzio, Giuffrè,
Milano, 1988, 398 e ss;
FERRANDO, Le conseguenze
patrimoniali del divorzio tra
autonomiaetutela,cit.,722ss.
(293) Cass., Sez. un., 29
novembre1990,n.11490,inForo
it ., 1991, I, 67, con note di
QUADRI e CARBONE; v. anche
Cass., Sez. un., 29 novembre
1990,nn.11489,11491,11492.
(294) DOGLIOTTI, Più luci che
ombrenellariformadeldivorzio,
cit.,492ss..
(295) MACARIO, Assegno di
divorzioemezziadeguati,inForo
it., 1990, I, 1165, nota a Cass., 2
marzo 1990, n. 1652, che, sulla
base della natura esclusivamente
assistenziale dell’assegno e della
necessità di non creare posizioni
di «pura rendita», ha affermato
che «la valutazione relativa
all’adeguatezza
dei
mezzi
economici del richiedente deve
essere compiuta con riferimento
non al tenore di vita da lui
godutoduranteilmatrimonio,ma
ad un modello di vita
economicamente autonomo e
dignitoso,quale,neicasisingoli,
configurato dalla coscienza
sociale»; QUADRI, La nuova
legge sul divorzio, I, Profili
patrimoniali, cit., 34 ss., ha
sostenuto la tesi che il
presupposto
del
diritto
all’assegno di divorzio consiste
nell’incapacità del coniuge
divorziato
di
condurre
un’esistenzadignitosa.
(296)DOSSETTI,Loscioglimento
del matrimonio: gli effetti della
pronunziadidivorzio,inIldiritto
di famiglia, Trattato diretto da
BonilinieCattaneo,I,Famiglia e
matrimonio, Utet, Torino, 1997,
640; DOSSETTI, L’attribuzione
dell’assegno di divorzio, op. cit.,
57 ss.; BONILINI, L’assegno
postmatrimoniale,op.cit.525.
(297)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio,
la separazione dei coniugi ed il
divorzio,op.cit.,573.
(298) così RIMINI, La tutela del
coniuge più debole fra logiche
assistenziali
ed
esigenze
compensative,inFam.edir.,n.4,
2008, 412 ss. osserva che “per
evitare il formarsi di inique
rendite parassitarie, la prassi
giurisprudenziale finisce con il
creare
modeste
rendite
sostanzialmente vitalizie che
vengono percepite dagli ex
coniugi che hanno dedicato la
vita alle esigenze della famiglia
come compensazioni del tutto
insufficienti dei loro sacrifici;
mentre vengono percepite dagli
ex coniugi che non hanno
ricevuto durante il matrimonio
significativi contributi come una
ingiusta,
seppur
modesta,
assistenza vitalizia a chi non ha
titoloperpercepirla.”.
(299)DOSSETTI,Loscioglimento
del matrimonio: gli effetti della
pronunzia di divorzio, op. cit.,
644, sostiene che “l’assegno non
va considerato necessariamente
edinmodoaprioristico,nécome
effettodellasussistenzatragliex
coniugidiunparticolarevincolo
di solidarietà, né come aiuto al
coniuge privo di mezzi, ma
piuttosto
come
concreto
strumento per riequilibrare la
situazione del coniuge che si
trova in stato di inferiorità
economica”.
(300) RIMINI, La tutela del
coniuge più debole fra logiche
assistenziali
ed
esigenze
compensative, cit., 412 ss., rileva
che “il coniuge più debole
generalmente, al momento dello
scioglimentodelmatrimonio,non
cerca affatto assistenza – e
considera anzi offensiva per la
propria dignità la sola idea di
chiedere assistenza – ma
pretende una giusta ricompensa
per i sacrifici spesso assai
rilevanti compiuti durante il
matrimonio a favore della
famigliaedicoluichesitrovaad
essere,almomentodeldivorzio,il
coniuge più forte. Talora chiede
anche un indennizzo perché
ritienediaversubitountortoda
partedelconiugepiùfortecheha
violatoidoverichederivanodal
matrimonio. Questa discrasia fra
il fondamento che il coniuge
deboleattribuisceaipropridiritti
e la natura assistenziale
attribuita all’assegno divorzile
nella
ricostruzione
giurisprudenziale
non
può
portare ad una soluzione
equilibrata e soddisfacente del
conflitto postconiugale.”; v.
QUADRI,Definizionedegliassetti
economici postconiugali ed
esigenze perequative, inRiv. dir.
fam.epers.,2005,1307.
(301) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit., 277 ss.; CECCHERINI, I
rapporti patrimoniali nella crisi
della famiglia e nel fallimento,
op.cit.,337ss..
(302) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit, 278, sottolinea che “per
livello di vita matrimoniale deve
intendersi il livello di vita che i
coniugi avevano concretamente
tenutooavrebberopotutotenere
inbaseailororedditi”.
(303) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit,279
(304) A RGIROFFI, Gli alimenti.
Profili oggettivi del rapporto,
Utet,Torino,1993,30ss.
(305) BONILINI, L’assegno
postmatrimoniale, op. cit., 558;
BRUSCUGLIA, GIUSTI, Sub art. 5
l.d., inCommentario alla riforma
deldivorzio,Ipsoa,Milano,1987,
79; CARBONE, Il contrasto non
composto sul tenore di vita
«paraconiugale», inFam. e dir.,
1994,19;LUMINOSO, La riforma
del divorzio: profili di diritto
sostanziale. (Prime impressioni
sulla l. 6.3.1987 n. 74), inDir.
fam. e pers., 1988, 455;
MACARIO, Nuove norme sulla
disciplina
dei
casi
di
scioglimento del matrimonio, sub
art.10,inNuoveleggiciv.comm .,
acuradiLIPARI,Cedam,Padova,
1987, 899 ss.; FER-RANDO, Le
conseguenze patrimoniali del
divorzio tra autonomia e tutela,
cit., 729; TRABUCCHI, La
funzione
di
assistenza
nell’assegno di divorzio e
l’assegnoincorsodiseparazione
legale,inGiur.It.,1982,I,1,146.
(306) DOSSETTI, L’attribuzione
dell’assegno di divorzio, op. cit.,
62.
(307) RIMINI, La tutela del
coniuge più debole fra logiche
assistenziali
ed
esigenze
compensative,cit.,412ss.osserva
che "considerazioni di natura
compensativa (la misura del
contributo dato da ciascun
coniuge al soddisfacimento delle
esigenzefamiliarieladuratadel
matrimonio) e indennitaria (le
ragioni della decisione) possono
portare all’annullamento del
dirittodelconiugepiùdebole”.
(308) DOSSETTI, L’attribuzione
dell’assegno di divorzio, op. cit.,
64; CECCHERINI, I rapporti
patrimoniali nella crisi della
famigliaenelfallimento, op. cit.,
329ss..
(309) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit,281.
(310) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit,281.
(311) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit, 292 ss., osserva che
“l’accordo delle parti non muta
lacausadeldirittoall’assegno,e
cioèlasolidarietàpostconiugale,
e neppure il suo titolo che è pur
sempre la legge. L’assegno
determinativo
dell’assegno
postmatrimoniale ha piuttosto la
natura di un negozio di
accertamento” che ne fissa il
contenuto e la decorrenza degli
effetti.
(312)perunapprofondimentov.
BONILINI,
L’assegno
postmatrimoniale,op.cit.,524ss.
(313) A. e M. F INOCCHIARO,
Dirittodifamiglia.III.Ildivorzio,
op.cit.,442ss.
(314)MOROZZODELLAROCCA,
Un problema ancora insoluto: la
natura dell’assegno periodico di
divorzio,notaaCass.1°febbraio
1974,n.263,inDir.efam .,1974,
375; GRASSI, La legge sul
divorzio, Jovene, Napoli, 1971,
196.
(315) BARBIERA, Disciplina dei
casi di scioglimento del
matrimonio, inCommentario del
codice civile Scialoja-Branca,
Zanichelli, Bologna-Roma, 1971,
147;BARBIERA, Il divorzio dopo
la riforma del diritto di famiglia,
i nCommentario del codice civile
Scialoja-Branca,
Zanichelli,
Bologna-Roma, 1979, 326 ss.;
VINCENZI A MATO, I rapporti
patrimoniali, inCommentario sul
divorzio a cura di RESCIGNO,
Giuffrè, Milano, 1980, 340;
SANTOSUOSSO, Il divorzio, in
Trattatodidirittoprivato, diretto
da RESCIGNO, III, Utet, Torino,
1982,361ss..
(316) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit,, 294; BONILINI, L’assegno
post-matrimoniale, op. cit. , 524
ss.
(317)BONILINI,L’assegnopostmatrimoniale,op.cit.,517.;A.e
M. FINOCCHIARO, Diritto di
famiglia. III. Il divorzio, op. cit.,
448; MORETTI, Assegno di
divorzio e autonomia privata, in
L’assegno,lapensioneeglialtri
diritti di DOSSETTI, MORETTI,
MENOTTI, PASTORI, La Tribuna,
Piacenza, 2003, 198, rileva che
“anchesenzaapprofondirequale
sia in realtà il contenuto
dell’accordo che i coniugi
possono raggiungere e quanto
incisivo sia l’intervento del
tribunale, quello che certamente
emerge è la previsione di una
necessariavalutazionegiudiziale
di equità, ossia che, senza tale
giudizio, l’accordo dei coniugi
non è vincolante, ma rimane
privodieffetti.…Nelmomentoin
cui, riformando la normativa sul
divorzio,sièaccentuatoilpotere
dispositivodeiconiugi,siè,nello
stesso tempo, data chiara
dimostrazione di come questo
poterenonsiaassoluto”.
(318) QUADRI, La nuova legge
sul divorzio, op. cit., 48 ss.;
CARBONE, L’assegno di divorzio
tra
disponibilità
ed
indisponibilità, nota a Cass. 4
giugno 1992, n. 6857, inCorr.
giur., 1992, 866; CARBONE,
Autonomia privata e rapporti
patrimonialitraconiugi(incrisi)
,notaaCass.22gennaio1994,n.
657, cit., 148 ss.; SESTA, Diritto
difamiglia,Cedam,Padova,2005,
356,osservacheilmeccanismodi
controllo giudiziale sull’equità
dell’accordo non è in grado di
operare in caso di divorzio su
domanda congiunta; OBERTO,
Sulla natura disponibile degli
assegni di separazione e
divorzio:traautonomiaprivatae
intervento giudiziale (seconda
parte), inFam. e dir., n. 5, 2003,
495,sottolineache“quanto … al
principiodisolidarietàconiugale
non si riesce a comprendere per
quale motivo esso dovrebbe
spingersi al punto da imporre di
non tenere conto alcuno della
volontà liberamente espressa per motivi, come s’è visto,
assolutamente insindacabili dall’avente diritto: altro è
imporre un reciproco dovere di
soccorsoed’assistenzacontrola
volontà dell’obbligato, altro è
invecepretenderechetaledovere
trovi applicazione contro la
volontà dell’avente diritto, in
violazione del principio di
autoresponsabilità
e
di
affidamento
nel
canone
fondamentalesecondocui(anche
tra coniugi!) pacta sunt
servanda.”.
(319)BONILINI,L’assegnopostmatrimoniale,op.cit.,519.
(320) BIANCA, Diritto civile. 2.
La famiglia. Le successioni, op.
cit,229.
(321) OBERTO, I contratti della
crisi coniugale, op. cit., 483 ss..
nelsostenerel’ammissibilitàdella
rinuncia all’assegno, rileva che
dallaprevisionedellavalutazione
d’equità del tribunale si può
trarre solo un’indicazione nel
senso dell’inammissibilità di una
rinunzia preventiva, ma non di
unarinunziatoutcourt.
(322)BONILINI,L’assegnopostmatrimoniale,op.cit.,519.
(323) Secondo il consolidato
orientamento della Suprema
Corte, questi accordi di natura
patrimoniale violano il principio
di indisponibilità dell’assegno di
divorzio,nontengonocontodella
possibilità
di
revisione
dell’assegno stesso o di
richiedernel’attribuzionedopola
pronuncia di divorzio, hanno
causaillecitasestipulatifuoridal
giudizio di divorzio in quanto
pregiudicanoildirittodidifesae
si traducono in un atto di
disposizione
dello
status
coniugale; v. Cass., 25 gennaio
2012,n.1084;Cass.,4novembre
2010, n. 22505; Cass., 10 marzo
2006, n. 5302; Cass., 9 maggio
2000, n. 5866, inGiust. Civ.
Mass.,2000,964.
(324) MORETTI, Assegno di
divorzioeautonomiaprivata, op.
cit., 211 ss.; F ERRANDO, Crisi
coniugale e accordi intesi a
definirnegliaspettieconomici,in
Familia, 2001, 250; COMPORTI,
Autonomia privata e convenzioni
preventive di separazione, di
divorzio e di annullamento del
matrimonio, cit., 105 ss.;
VALIGNANI, Familia, 2001, 381;
DE FILIPPIS, Il matrimonio, la
separazione dei coniugi ed il
divorzio,op.cit.,523,affermache
“ogni accordo di carattere
economico può influenzare la
libertà di disposizione dello
status e tradursi in una forma di
disposizione
di
esso,
condizionando sia la parte che
intenda conseguire un vantaggio
patrimoniale,siaquellachedeve
attribuirloeche,nonessendopiù
in grado di mantenere quanto
promesso,puòvederefrustratala
propriaaspirazioneadottenereil
divorzio. È pertanto strumentale
la distinzione tra questioni
relative allo status, come tali
indisponibili,
e
questioni
patrimoniali, di cui le parti
potrebbero liberamente disporre,
per la stretta connessione che
esiste tra le une e le altre.
Neppure può dirsi che non sia
riconosciuto
spazio
all’autonomia privata, poiché la
stessa può tranquillamente
estrinsecarsi,
ad
esempio
attraverso
un
divorzio
consensuale, con l’unico limite
della non ammissibilità di
convenzioni preventive.” ;contra
BIANCA, Diritto civile. 2. La
famiglia. Le successioni, op. cit.,
230, secondo il quale la nullità
degli accordi preventivi non può
essere desunta dal principio di
indisponibilità
del
diritto
all’assegno, in quanto tale
principio non esclude la validità
degli accordi che determinano la
misura dell’assegno posti in
esserenellafasedeldivorzio,ma
“sembra
piuttosto
doversi
spiegare in ragione della
indeterminatezza dell’oggetto, in
quanto gli effetti economici che
gliaccordipreventivivorrebbero
regolare non sono valutabili
prima che vengano in essere i
presuppostidelseedelquanto”.
(325) OBERTO, I contratti della
crisi coniugale, op.cit., 442 ss.;
CARBONE, Accordi patrimoniali
deflattividellacrisiconiugale, in
Fam.edir.,2000,430ss.
(326)Cass.Sez.un.,sentenzedel
29 novembre 1990, n. 11489, n.
11490,inForoit.,1991,I,67,con
note di CARBONE e QUADRI; n.
11491 e n. 11492, in Vita Not.,
1991,161.
(327) In alcune pronunce la
Suprema Corte aveva sostenuto
che “a seguito della riforma
introdotta dalla l. 6 marzo 1987
n. 74, all’assegno di divorzio è
statariconosciutadallegislatore
(art. 10 legge cit., che ha
modificato l’art. 5 l. 1 dicembre
1970
n.
898)
natura
eminentemente assistenziale, per
cui ai fini della sua attribuzione
assume ora valore decisivo
l’autonomia economica del
richiedente, nel senso che l’altro
coniugeètenutoadaiutarlosolo
se egli non sia economicamente
indipendente nei limiti in cui
l’aiuto si renda necessario per
sopperire alla carenza dei mezzi
conseguentealladissoluzionedel
matrimonio, in applicazione del
principio
di
solidarietà
postconiugale, che costituisce il
fondamento etico e giuridico
dell’attribuzione
dell’assegno
divorzile.Pertanto,lavalutazione
relativa all’adeguatezza dei
mezzi economici del richiedente
deve essere compiuta con
riferimento non al tenore di vita
da lui goduto durante il
matrimonio,maadunmodellodi
vitaeconomicamenteautonomoe
dignitoso,quale,neicasisingoli,
configurato dalla coscienza
sociale” (Cass., 2 marzo 1990, n.
1652, inRiv. dir. fam. e pers. ,
1990,437)
(328) In questo senso, Cass., 13
aprile 2012, n. 5876; Cass. 14
gennaio 2008, n. 593; Cass., 28
febbraio2007,n.4764;Cass.,19
ottobre2006,n.22500;Cass.,28
aprile 2006, n. 9861; Cass., 23
febbraio2006,n.4021;Cass.,16
maggio2005,n.10210;Cass.,15
ottobre 2003, n. 15383; Cass., 7
maggio 2002, n. 6541; Cass., 5
luglio 2001, n. 9058; Cass., 16
giugno2000,n.8225,inGiur.It .,
2001, 462, con nota di
CASTAGNARO; Cass., 19 luglio
1999, n. 7672, inGiur. It ., 2000,
465,connotadiLOBASSO;Cass.,
27 luglio 1998, n. 7352, inGiur.
It, 1999, 692, con nota di DE
ROBERTIS.
(329) Da ultimo, Cass. 23
febbraio2006,n.4021;Cass.,12
dicembre2003,n.19026.
(330) Cass., 13 aprile 2012, n.
5876sottolineachelanozionedi
adeguatezza postula“un esame
comparativo della situazione
reddituale e patrimoniale attuale
del richiedente con quella della
famiglia
all’epoca
della
cessazione della convivenza”,
tenendo
altresì
conto“dei
miglioramenti della condizione
finanziariadell’onerato,anchese
successivi alla cessazione della
convivenza, i quali costituiscano
sviluppi naturali e prevedibili
dell’attività svolta durante il
matrimonio”; Cass., 28 gennaio
2004, n. 1487; Cass. 13 aprile
1994 n. 3429; Cass., 2 luglio
1990,n.6774.
(331) Cass., 30 novembre 2007,
n.25010;Cass.,24gennaio2007,
n.1595;Cass.,12dicembre2003
n.19026;Cass.7maggio1998,n.
4617, inFam. e dir., 1998, 525;
Cass.,1dicembre1993,n.11860,
inFam.edir.,1994,12.
(332) Cass. 28 gennaio 2004, n.
1487, inFam. e dir., 2004, con
nota di LIUZZI, ha affermato che
“nella
determinazione
dell’importo
dell’assegno
divorzile, occorre tenere conto
degli eventuali miglioramenti
della situazione economica del
coniuge nei cui confronti si
chieda l’assegno, anche se
successivi alla cessazione della
convivenza,
qualora
costituiscano sviluppi naturali e
prevedibili dell’attività svolta
durante il matrimonio e trovino
radice nell’attività all’epoca
svolta e/o nel tipo di
qualificazione professionale e/o
nella
collocazione
sociale
dell’onerato,
adeguatamente
valutando se siano riferibili al
tempoanterioreosuccessivoalla
separazione,mentrenonpossono
essere valutati i miglioramenti
che scaturiscano da eventi
autonomi, non collegati alla
situazione di fatto ed alle
aspettativematuratenelcorsodel
matrimonio”; conf. Cass. 26
settembre 2007, n. 20204; Cass.,
17 novembre 2006, n. 24496;
Cass.,6ottobre2005,n.19446,in
Guida al dir., 2007, 43, 47, con
nota di GRA-GNANI; Cass. 28
gennaio 2000, n. 958, inGiust.
Civ.,2000,I,679.
(333) Cass., 16 luglio 2004, n.
13169.
(334) Cass., 28 gennaio 2004 n.
1487; Cass., 13 aprile 1994 n.
3429.
(335)Cass.,21febbraio2008,n.
4424;Cass.30novembre2007,n.
25010 ha chiaramente affermato
che
“la
determinazione
dell’assegno di divorzio, alla
stregua dell’art. 5 della legge 1
dicembre1970n.898,modificato
dall’art. 10 della legge 6 marzo
1987 n. 74, è indipendente dalle
statuizioni patrimoniali operanti,
peraccordotralepartieinvirtù
didecisionegiudiziale,invigenza
di separazione dei coniugi,
poiché, data la diversità delle
discipline sostanziali, della
natura, struttura e finalità dei
relativi trattamenti, correlate e
diversificate situazioni, e delle
rispettive decisioni giudiziali,
l’assegno
divorzile,
presupponendo lo scioglimento
del matrimonio, prescinde dagli
obblighi di mantenimento e di
alimenti, operanti nel regime di
convivenza e di separazione, e
costituisce effetto diretto della
pronuncia di divorzio, con la
conseguenza
che
l’assetto
economico
relativo
alla
separazione può rappresentare
mero indice di riferimento nella
misura in cui appaia idoneo a
fornire utili elementi di
valutazione.”; Cass., 2 luglio
2007, n. 14965, inFam. e dir., n.
12, 2007, 1090, con nota di
RUSSO; Cass., 10 marzo 2006, n.
5302;Cass.,11settembre2001,n.
11575,inGiur.It .,2002,704ein
Fam.edir.,2002,285,connotadi
SCIANCALEPORE.
(336) Cass., 28 gennaio 2008,
n.1758, ha ribadito che “il
diniego dell’assegno divorzile
non può fondarsi sul rilievo che
negli accordi di separazione i
coniugi pattuirono che nessun
assegno fosse versato dal marito
perilmantenimentodellamoglie,
dovendo comunque il giudice
procedere alla verifica del
rapporto delle attuali condizioni
economiche delle parti con il
pregresso tenore di vita
coniugale”; Cass., 20 gennaio
2006, n. 1203 ha ancora
recentemente confermato che
“poichè l’assegno di divorzio è
determinato sulla base di criteri
autonomi e distinti rispetto a
quellirilevantiperiltrattamento
economico al coniuge separato,
non rappresenta una circostanza
decisiva,
ai
fini
della
dimostrazione della attuale
autosufficienza economica del
coniuge richiedente l’assegno di
divorzio,lamancatarichiesta,in
sede di separazione, da parte di
questo, di un assegno di
mantenimento”; conf. Cass., 10
marzo 2006, n. 5302; Cass., 11
settembre 2001, n. 11575, cit.;
Cass., 22 novembre 2000, n.
15055, inNuovo dir. , 2001, 563,
connotadiPEDRINI.
(337) Cass. 30 novembre 2007,
n. 25010, cit.; Cass., 2 luglio
2007, n. 14965, cit.; Cass., 19
ottobre 2006, n. 22500; Cass., 9
luglio 2004 n. 12666,Guida al
dir., 2004, 32, 71. In dottrina,
RIMINI,Latuteladelconiugepiù
debole fra logiche assistenziali
ed esigenze compensative, cit.,
412 ss. osserva che “chiunque
conosca la prassi quotidiana dei
nostri tribunali ben sa che
l’assegno divorzile finisce con
l’essere la proiezione, dopo la
cessazione
del
vincolo,
dell’assegno di mantenimento,
determinato dal giudice del
divorzio nell’identico ammontare
fissato al momento della
separazione.…Ciòsignificache,
quando il coniuge più debole
ottiene il riconoscimento del
diritto ad un assegno di
mantenimento al momento della
separazione, la determinazione
delsuoorizzontetemporaleviene
effettuata
troppo
spesso
prescindendo dall’accertamento
del suo effettivo contributo alle
esigenze della famiglia e dalla
valutazione della possibilità,
almeno dopo il divorzio, di
trovareunlavorochegarantisca
adeguati redditi propri, cosicché
non è infrequente che si formino
situazioniincuiunconiugegode
di una rendita ingiustificata a
tempo indeterminato. Questa
prassi, ad un primo esame,
potrebbe portare ad affermare
che, al momento del divorzio, i
nostri
tribunali
tutelano
eccessivamenteleragionidell’ex
coniuge più debole, giacché
proiettano, anche dopo la
cessazionedelvincolo,ildirittoa
godere del tenore di vita
matrimoniale – garantito al
coniuge separato dall’art. 156
c.c. – senza tenere in gran conto
gli altri parametri indicati
dall’art. 5, l. div., che invece
dovrebbero operare, come si è
visto,
come
fattori
di
moderazione.
Ma
questa
conclusione non regge ad un
esame più profondo: infatti il
giudice
della
separazione,
consapevole del fatto che
l’assegno di mantenimento sarà
quasi certamente confermato al
momento del divorzio, ritenendo
iniquo che la parte più debole
abbiasempredirittoamantenere
vitanaturaldurante il medesimo
tenore di vita matrimoniale,
finisce con il prevedere … un
assegno di mantenimento assai
inferioreallamisurachegli(ole)
consentirebbe di mantenere il
tenoredivitamatrimoniale.”.
(338) A. Milano, 14 febbraio
1997, inFam. e dir., 1997, 447,
connotadiGIULIANO.
(339) Cass. 4 giugno 1992, n.
6857, inCorr. giur ., 1992, 863,
connotadiCARBONE, e inGiur.
it., 1993, I, 1, 340, con nota di
DALMOTTO, ha affermato che
l’opzione da parte del legislatore
“per il criterio di solidarietà
post-coniugale, sul presupposto
dell’impossibilità oggettiva del
coniuge più debole di svolgere
attività lavorativa retribuita,
comportal’esistenzadellimitedi
indisponibilità cui soggiacciono,
secondo un principio generale
dell’ordinamento, emolumenti di
varia natura correlati alle
esigenze della vita (pensione,
alimenti, retribuzione, ecc.)";
negli stessi termini, per la
giurisprudenza risalente, v. Cass.
6dicembre1991,n.13128,Cass.
7 settembre 1995, n. 9416, Cass.
16 novembre 1994, n. 9645 , in
Fam.edir.,1995,239,connotadi
PADOVINI, relative a casi di
rinunziapreventiva.
(340)Cass.,25gennaio2012,n.
1084;Cass.,4novembre2010,n.
22505;Cass.,21febbraio2008,n.
4424,haribaditoche“gliaccordi
con i quali i coniugi intendano
regolare,insedediseparazione,i
lororeciprocirapportieconomici
in relazione al futuro divorzio
con riferimento all’assegno di
mantenimento sono nulli, per
illiceità della causa, stante la
natura assistenziale di tale
assegno, previsto a tutela del
coniuge più debole, che rende
indisponibile il diritto a
richiederloinsededidivorzio”.
(341)Cass.,21febbraio2008,n.
4424; Cass. 10 marzo 2006, n.
5302.
(342) Cass. 10 marzo 2006, n.
5302.
(343) Cass., 14 giugno 2000, n.
8109, inForo. It., I, 2001, 1318
con note di RUSSO e
CECCHERINI,inFam.edir.,2000,
429, con nota di CARBONE, e in
Guida al dir., 2000, n. 24, con
comm.diM.FINOCCHIARO.
(344) Cass., 27 dicembre 2011,
n.28892;Cass.14gennaio2008,
n. 593; Cass., 2 luglio 2007, n.
14965, cit.; Cass., 19 ottobre
2006, n. 22500; Cass. 22 agosto
2006, n. 18241; Cass. 16 maggio
2005n.10210;19marzo2003,n.
4040, inArch. Civ., 2004, 116;
Cass.17marzo2000,n.3101.
(345) Cass., 29 ottobre 1996, n.
9439, inForo it., 1997, I, 1541,
connotadiQUADRI.
(346)
RUSSO,
Ancora
sull’assegno
divorzile:
la
Cassazione
conferma
l’orientamento, commento a
Cass.,2luglio2007,n.14965,in
Fam. e dir., n. 12, 2007, 1090,
osserva che “date le recenti
aperture della giurisprudenza in
tema di danno endofamiliare”,
anche nel caso in cui non
sussistano i presupposti per
l’assegno divorzile, l’ex coniuge
può in separato giudizio far
accertare il suo diritto ad essere
risarcito “per violazione degli
obblighifamiliarinellamisurain
cuil’attoantigiuridicoabbialeso
un bene costituzionalmente
protetto. Il danno familiare ed
"endofamiliare" integra, secondo
una lettura costituzionalmente
orientata dell’art. 2059 c.c.,
danno non patrimoniale, vale a
dire un danno rilevante e
risarcibileinquantosioffendano
beni costituzionalmente protetti,
configurabileadesempioquando
la lesione di un diritto
fondamentale della personalità
avviene da parte di altro
componente della famiglia, non
potendo ritenersi che diritti
definiti inviolabili ricevano
diversa tutela a seconda che i
titolari si pongano o meno
all’interno di un contesto
familiare e dovendo dall’altro
lato escludersi che la violazione
dei
doveri
nascenti
dal
matrimonio - ove si realizzino
condottediintrinsecagravitàtali
da integrare aggressione ai
dirittifondamentalidellapersona
- riceva la propria sanzione, in
nomediunapresuntaspecificità,
completezza ed autosufficienza
del
diritto
di
famiglia,
esclusivamente nelle misure
tipicheprevistedatalesettoredel
diritto.”.
(347) Secondo Cass., 27
dicembre 2011, n. 28892“ai fini
della quantificazione in concreto
del- l’assegno di divorzio,
assumono rilevanza le "ragioni
della decisione" - da intendersi
noncomecausedelfallimentodel
matrimonioinrelazioneallaloro
addebitabilitàpercomportamenti
anteriori alla separazione, che
non possono essere accertate al
di fuori del giudizio di
separazione (Cass. 22 novembre
2000,n.15055;2giugno1981,n.
3549;11giugno1980,n.3712)ma al "contributo personale"
dato dal coniuge alla vita
familiare, valutando unicamente
a tal fine il suo comportamento
nelcorsodelmatrimonio.”
(348) Cass., 30 novembre 2007,
n.25010;Cass.,24gennaio2007,
n.1595;Cass.,28aprile2006,n.
9861;Cass.,12dicembre2003,n.
19026; Cass., 17 marzo 2000, n.
3101,inGius,2000,1440.
(349) BONILINI, L’assegno
postmatrimoniale,op.cit.,532ss.,
mette in luce come la normativa
del divorzio accentui la
situazione
di
maggiore
indipendenza cui dovrebbero
tendere ed aspirare entrambi i
coniugi; Cass., 16 luglio 2004 n.
13169.
(350) Cass., 29 novembre 2007,
n.24938;Cass.,17gennaio2002,
n.432,inFam.edir.,2002,317.
(351)Cass.,28gennaio2004,n.
1487.
(352) Cass., 4 maggio 2000, n.
5582.
(353) Cass., 28 marzo 2003, n.
4736, inDir. e Giust. , 2003, 16,
24,connotadiAFFINITO.
(354)Cass.,22febbraio2006,n.
3838; Cass., 28 marzo 2003, n.
4736, inRiv. dir. fam. e pers .,
2003,65.
(355) Cass., 15 ottobre 2003 n.
15383, inGuidaaldir. ,2003,47,
47.
(356) Cass., 16 maggio 2005, n.
10210, inGuida al dir., 2005, n.
29,55,connotadiGALLUZZO.
(357)Cass.Sez.un.,11490/90.
(358) Cass., 30 novembre 2007,
n.25010;Cass.,24gennaio2007,
n.1595;Cass.,28aprile2006,n.
9861.
(359) Cass., 5 agosto 1997, n.
7199, inGiur. It ., 1998, 416, con
notadiRUNFOLATE-STINI.
(360) Cass., 12 marzo 2012, n.
3914; Cass., 20 gennaio 2012, n.
785; Cass., 28 gennaio 2004, n.
1487, inFam. e dir., 2004, con
notadiLIUZZI.
(361)v.nota7,cap.IX;Cass.,8
febbraio 2000 n. 1379, inDir. e
Giust., 2000, f.6,. ha cassato la
decisionedellaCortedimerito,la
quale aveva escluso che si
potesse
prendere
in
considerazione, ai fini della
liquidazione
dell’assegno
divorzile,l’incrementoreddituale
dell’ex coniuge funzionario di
banca,lacuipromozionenonera
dovutaadautomatismidicarriera,
ma alle sue personali capacità,
senza fornire alcuna motivazione
in ordine al ritenuto carattere
eccezionale ed imprevedibile
della progressione di cui si
trattava.
(362) Cass., 26 settembre 2007,
n. 20204, inIl Quotidiano
Giuridico, n. 1-10-2007, ha
negato la revisione dell’assegno,
ritenendo che il successo
economico
conseguito
dal
coniugeobbligatocircadiecianni
dopo la cessazione della
convivenza matrimoniale “è
derivatodallasuaattivitàliberoprofessionale,
la
quale
costituisce,
rispetto
alla
precedente attività di pubblico
dipendente,nongiàilfruttodiun
prevedibile sviluppo di carriera,
ma un evento eccezionale,
determinato dalla scelta di
accedere al pensionamento
anticipatoedidedicarsiallavita
professionale autonoma, una
scelta non prevedibile sulla base
delle circostanze preesistenti e
comportanteunaforteassunzione
dirischi”;Cass.28gennaio2004,
n. 1487, cit., nel precisare che il
giudice non può limitarsi a
considerare unicamente l’entità
del reddito rispettivamente
percepito dai due coniugi prima
del divorzio, ma deve altresì
valutare se e come tali redditi
siano variati sino al momento
della decisione, e soprattutto se
eventuali incrementi del reddito
dell’obbligato siano destinati a
cessareentrouncertotermine,ha
cassatoladecisionedimeritoche,
nel determinare la misura
dell’assegno, aveva tenuto conto
degli emolumenti percepiti dal
coniuge eletto alla carica di
consigliere regionale, senza
considerare la circostanza che
tale reddito sarebbe venuto a
cessare alla scadenza del
mandato. Tuttavia Cass., 12
marzo2012,n.3914hasostenuto
che si possa tener conto “del
miglioramento delle condizioni
economiche
del
coniuge
obbligatoderivantedaunevento
imprevisto, come nel caso di
specie
la
vincita
al
Superenalotto, …al fine di
valutare se le condizioni
patrimoniali
dell’obbligato
consentano di corrispondere
l’assegno divorzile che sia
determinato in relazione al
tenore di vita goduto durante il
matrimonio”.
(363) Cass., 30 maggio 2007, n.
12687 ha affermato il principio
secondo il quale “le successioni
ereditarie ricevute dopo il
divorziodalsoggettooneratodel
pagamento di un assegno
divorzile, in mancanza di un
peggioramento della situazione
economica
del
soggetto
beneficiario dell’assegno, non
sono idonee a giustificare
l’aumento
dell’assegno,
concorrendo
il
relativo
incremento
patrimoniale
unicamente nella valutazione
della
capacità
economica
dell’obbligato
a
pagare
l’assegno già in atto”; Cass., 28
febbraio 2007, n. 4764; Cass. 18
marzo1996,n.2273,inDir.fam .,
1996,1371.
(364) Cass., 9 marzo 2000 n.
2662,Mass.Giur.It.,2000.
(365)Cass.,22febbraio2006,n.
3838; Cass. 6 ottobre 2005, n.
19446; Cass. 16 luglio 2004, n.
13169; Cass. 7 maggio 2002, n.
6541; Cass. 24 maggio 2001, n.
7068.
(366) Cass., 15 giugno 2005, n.
12838, inFam e dir. , 2005, 664;
Cass., 10 giugno 2005, n. 12283,
inFamedir.,2005,664;Cass.,16
giugno 2000, n. 8225, inGiust.
civ.Mass.,2000,1319.
(367) secondo Cass., 29 marzo
2000, n. 3792, cit., il giudice del
merito non è tenuto ad un’esatta
quantificazione dei redditi dei
coniugi, potendo avvalersi di
elementi presuntivi, idonei a
fornire sicuri dati sulle rispettive
capacità economiche; Cass., 21
agosto 1997, n. 7799, inGiust.
civ.Mass.,1997,1460.
(368) Cass., 10 agosto 2001, n.
11059, inFam. e dir. , 2001, 648;
Cass.,3ottobre2000,n.13068,in
Giust.civ.Mass.,2000,2077.
(369) Cass. 14 gennaio 2008, n.
593; Cass., 16 maggio 2005 n.
10210; Cass., 16 luglio 2004 n.
13169.
(370) Cass. 10 marzo 2006, n.
5302; Cass. 16 maggio 2005, n.
10210; Cass. 16 luglio 2004, n.
13169.
(371)Cass.17dicembre2003,n.
19309, ha precisato che devono
essere considerati in sede di
divorzio, rientrando peraltro
nell’indennitàdifinerapportoex
art.12bis,vuoil’indennitàdicui
all’ art. 2120 c.c. (ovvero il
trattamento di fine rapporto,
propriamente detto, per i
lavoratori privati, che, a seguito
della riforma introdotta dall’ art.
1dellaL.29maggio1982,n.297,
laqualehaprofondamenteinciso
sulla struttura dell’indennità di
anzianità
disciplinata
dal
precedente
art.
2120,
diversamente regolandone le
modalità di calcolo in ragione
dell’intero sviluppo nel tempo
della carriera lavorativa del
soggetto percettore, ha visto
accentuare la propria natura di
retribuzione
differita,
ad
esigibilità
condizionata
all’estinzione del rapporto), vuoi
l’indennità
di
buonuscita
spettante ai dipendenti pubblici,
vuoi le indennità di cui agli artt.
2118 e 2119 c.c. (mancato
preavviso e giusta causa), vuoi i
premi,lepartecipazioniazionarie
e le elargizioni per prassi
aziendali.
(372) Cass., 6 ottobre 2005, n.
19446, in relazione a compensi
perlavorostraordinarioeapremi
di produttività, ha tuttavia
precisato che “non si vede come
possanoconsiderarsieccezionali,
occasionali o imprevedibili gli
incrementi patrimoniali dovuti a
emolumenti quali i compensi per
lavorostraordinariooipremidi
presenza e di produttività. In
particolare, sulla scorta della
comune esperienza, va osservato
che il c.d. straordinario, pur
essendo legato a esigenze di
servizio
teoricamente
non
sistematiche,finisceconl’essere,
almeno in una certa misura, una
componente
costante
della
retribuzione; il premio di
presenza
si
sostanzia,
generalmente, in una somma
prevista in via ordinaria e, in
parte o in tutto, proporzionata
all’assiduità del dipendente; il
premio di produttività, infine, ha
anch’esso carattere permanente
e, a prescindere dai criteri in
base ai quali viene riconosciuto,
assume di fatto carattere di
integrazionestipendiale”.
(373)Cass.,28gennaio2004,n.
1487; Cass., 8 febbraio 2000, n.
1379.
(374) Cass., 29 ottobre 1998, n.
10801, inGiust.civ.Mass. , 1998,
2211; Cass., 20 marzo 1998, n.
2955, inGiust. civ. Mass. , 1998,
620.
(375) Cass., 29 marzo 2006, n.
7117, ribadendo che nella
determinazione
dell’assegno
divorzilesidevefarriferimentoa
dati concreti, ha cassato la
pronuncia della Corte d’appello
perché aveva tenuto conto, nella
quantificazione
dell’assegno
divorzile, di “redditi virtuali”
della ex moglie ed aveva
considerato, quale circostanza
decisiva, che “la laurea della
donna potrebbe darle un’entrata
didue,tremilionialmese”.
(376) Cass., 21 giugno 2012, n.
10380;Cass.,9settembre2002,n.
13060.
(377) Cass.,11 ottobre 2006, n.
21805,
inDir. e giust.,
17.10.2006.
(378)Cass.,9settembre2002,n.
13060, inGiust.civ.Mass ., 2002,
1644, ha ritenuto motivata la
sentenza impugnata che, ai fini
delladeterminazionedellamisura
dell’assegno di divorzio, aveva
attribuito rilievo alla convivenza
more uxorio del coniuge
richiedente
protrattasi,
successivamenteallaseparazione,
perunperiodoparialladuratadel
matrimonio; Cass., 27 dicembre
2011, n. 28892, pur avendo
affermato che le "ragioni della
decisione"
che
assumono
rilevanza
ai
fini
della
quantificazione in concreto
dell’assegno di divorzio, non
sonodaintendersiqualicausedel
fallimento del matrimonio in
relazione alla loro addebitabilità
per comportamenti anteriori alla
separazione, che non possono
essere accertate al di fuori del
giudizio di separazione, ma al
"contributo personale" dato dal
coniuge alla vita familiare,
valutandounicamenteatalfineil
suocomportamentonelcorsodel
matrimonio, ha tuttavia tenuto in
considerazionenelcasodispecie
“lo scarso contributo dato dalla
moglie alla gestione complessiva
della vita familiare, in ragione
del comportamento e della
condottadivitatenutidurantegli
anni della convivenza. Ciò sulla
base della considerazione che la
vita libera e disordinata,
l’abitudine di frequentare locali
notturni della riviera romagnola
anche durante i primi anni di
matrimonio quando i figli erano
piccoli, l’abuso di sostanze
alcoliche e di psicofarmaci (che
l’hanno in seguito costretta a
sottoporsi
a
terapie
psicoanalitiche
contro
la
dipendenza), circostanze non
contestateingiudizio,nonhanno
certo contribuito a creare un
clima di serenità in seno alla
famiglia o facilitare il rapporto
con il marito, che risulta essere
statocostrettoinpiùoccasionia
intervenire, anche in presenza
delle forze dell’ordine, per
aiutareorecuperareladonnain
difficoltàacausadell’assunzione
disostanzealcoliche".
(379) Cass., 22 novembre 2000,
n. 15055, inGiust. civ. Mass .,
2000, 2402, ha confermato la
decisione di merito che, preso
atto che la separazione era stata
pronunciata senza addebito, non
aveva attribuito rilievo, ai fini
dell’assegno di divorzio, alla
pregressa
relazione
extraconiugale di uno dei
coniugi.
(380) BONILINI, L’assegno
postmatrimoniale,op.cit.,552.
(381)
RUSSO,
Ancora
sull’assegno
divorzile:
la
Cassazione
conferma
l’orientamento, commento a
Cass.,2luglio2007,n.14965,cit.
(382) Cass. 14 gennaio 2008, n.
593; Cass. 28 aprile 2006, n.
9876.
(383)DOSSETTI,Loscioglimento
del matrimonio: gli effetti della
pronunzia di divorzio, op.cit.,
648.
(384) Cass., 25 giugno 2003, n.
10075; Cass., 5 novembre 1992,
n. 11978, inForo It., 1993, I,
1123.
(385)DOSSETTI,Loscioglimento
del matrimonio: gli effetti della
pronunzia di divorzio, op.cit.,
650.
(386) Cass., 11 ottobre 2006, n.
21805,inDir.egiust.,2006.
(387) Cass., 28 maggio 2008, n.
14056; Cass. 12 luglio 2007, n.
15611; 19 marzo 2003, n. 4040;
Cass.,16giugno2000,n.8233.
(388) Tuttavia Cass. 22
settembre 2011, n. 19349 ha
sostenuto che l’instaurazione di
un’effettiva convivenza fra i
coniugi non è richiesta quale
condizione per il sorgere del
diritto al mantenimento in favore
del coniuge, precisando che “la
mancata convivenza può, infatti,
trovareragionenellepiùdiverse
situazioni o esigenze, e va
comunque intesa, in difetto di
elementi che dimostrino il
contrario, come espressione di
unasceltadellacoppia,dipersè
non escludente la comunione
spiritualeemateriale,dallaquale
nonpossonofarsiderivareeffetti
penalizzanti per uno dei coniugi
ed alla quale comunque non può
attribuirsi efficacia estintiva dei
diritti e doveri di natura
patrimoniale che nascono dal
matrimonio”.
(389) L’art. 6, comma 6, l. div.,
chesiritieneabrogato,disponeva
invece che “L’abitazione nella
casa familiare spetta di
preferenza al genitore cui
vengono affidati i figli o con il
quale i figli convivono oltre la
maggioreetà.Inognicasoaifini
dell’assegnazione il giudice
dovrà valutare le condizioni
economiche dei coniugi e le
ragionidelladecisioneefavorire
il
coniuge
più
debole.
L’assegnazione,
in
quanto
trascritta, è opponibile al terzo
acquirenteaisensidell’art.1599
delcodicecivile”.
Cass.,Sez.un.,28ottobre1995,
n. 11297, inFam. e dir. , 1995,
533, aveva poi affermato che
l’art. 6, comma 6, l. div., non
attribuiva al giudice il potere di
disporre l’assegnazione della
casa familiare a favore del
coniugeprivodiundiritto–reale
opersonale–sull’immobileeche
non sia affidatario della prole
minorenneoconviventeconfigli
maggiorenni
non
ancora
provvisti, senza loro colpa, di
sufficientiredditipropri.
(390) Cass., 2 febbraio 2006, n.
2338, inForo it., 2006, I, 1361;
Cass., 25 agosto 2005, n. 17299,
inFam.edir. ,2006,81;Cass.,10
giugno2005,n.12295,inFam. e
dir.,2005,663;Cass.,1dicembre
2004, n. 22500, inFam. e dir. ,
2005, 137; Cass. sez. I, 9 luglio
2004, n. 12666, inForoit., 2006,
I,575.
(391) Cass., 12 marzo 2012, n.
3922; Cass., 20 aprile 2011, n.
9079; Cass., 12 gennaio 2005, n.
408,inFam.edir.,2005,408.
(392) Secondo Cass., 25
novembre 2010 n. 23968, “la
convivenzadelconiugeconaltre
persona,
avente
carattere
occasionale o temporaneo, non
incidedipersèdirettamenteedin
astratto
sull’assegno
di
mantenimento”;lagiurisprudenza
dilegittimitàèinfattipacificanel
sostenere che il presupposto per
la riconoscibilità di un assegno
divorzile viene meno solo ove la
convivenza“assumaicaratteridi
stabilità e continuità, e i
conviventi elaborino un progetto
ed un modello di vita in comune
analogo a quello che di regola
caratterizza la famiglia fondata
sulmatrimonio”(Cass.,12marzo
2012, n. 3923; Cass., 11 agosto
2011, n. 17195); v. anche Cass.
26 gennaio 2006, n, 1546; 9
aprile 2003, n. 5560; secondo
Cass.,8luglio2004,n.12557,in
Guida al dir. , 2004, 32, 70, “in
assenza di un nuovo matrimonio,
il diritto all’assegno di divorzio
di per sé permane nella misura
stabilita dalla sentenza di
divorzio, anche se il suo titolare
instauri una convivenza "more
uxorio"conaltrapersona”,salvo
che si provi da parte dell’ex
coniuge onerato, che “tale
convivenza ha determinato un
mutamento "in melius", pur se
non assistito da garanzie
giuridichedistabilità,madifatto
adeguatamenteconsolidato,delle
condizioni
economiche
dell’aventediritto,aseguitodiun
contributo al suo mantenimento
dapartedelconvivente,oquanto
meno da risparmi di spese da
questa derivatigli”; in ogni caso
ha precisato la Corte nella stessa
sentenza, “la relativa prova non
puòesserelimitataaquelladella
mera instaurazione e del
permanere di una convivenza
more uxorio dell’avente diritto
con altra persona, essendo detta
convivenzadiperséneutraaifini
del
miglioramento
delle
condizioni
economiche
del
titolare,
potendo
essere
instaurata con persona priva di
redditi e patrimonio, e dovendo
l’incidenza economica di detta
convivenza essere valutata in
relazione al complesso delle
circostanze
che
la
caratterizzano”; Cass., 8 agosto
2003, n. 11975, inFam. e dir.,
2004,195,precisachefraifattori
capaci di incidere sulla nozione
di "adeguatezza" dei mezzi “è
suscettibile di acquisire rilievo
anche la eventuale convivenza
"more uxorio", la quale, quando
si caratterizzi per i connotati
della stabilità, continuità e
regolarità tanto da venire ad
assumere i connotati della
cosiddetta "famiglia di fatto"
(caratterizzata, in quanto tale,
dalla
libera
e
stabile
condivisione di valori e dei
modelli di vita, in essi compresi
anchequelloeconomico)fasìche
la valutazione di una tale
"adeguatezza" non possa non
registrare una tale evoluzione
esistenziale, recidendo - finché
duri tale convivenza (e ferma
rimanendo in questo caso la
perdurante rilevanza del solo
eventuale stato di bisogno in sé
ove"noncompensato"all’interno
della convivenza) - ogni
plausibile connessione con il
tenore e con il modello di vita
economici caratterizzanti la
pregressa fase di convivenza
coniugale, ed escludendo - con
ciòstesso-ognipresuppostoper
il riconoscimento, in concreto,
dell’assegno divorzile fondato
sullaconservazionedeglistessi”.
V. anche Cass., 9 aprile 2003, n.
5560; secondo Cass., 17 gennaio
2002,n.432,inGiust.Civ.,2002,
I, 1001, con nota di M.
FINOCCHIARO, “al fine di
escludereildirittodell’exmoglie,
privadiadeguatiredditipropri,a
percepirel’assegnodidivorzioa
carico dell’altro coniuge non è
sufficiente la prova limitata
all’accertamento
della
convivenza della stessa con un
terzo, ove manchi qualsiasi
riferimento a prestazioni di
assistenza di tipo coniugale in
suo favore conseguenti al nuovo
rapporto”; Cass., 2 giugno 2000,
n.7328.
(393)DOSSETTI,Loscioglimento
del matrimonio: gli effetti della
pronunzia di divorzio, op.cit.,
648.
(394) MACARIO, Nuove norme
sulla disciplina dei casi di
scioglimento del matrimonio, op.
cit.,904ss.
(395)DOSSETTI,Loscioglimento
del matrimonio: gli effetti della
pronunzia di divorzio, op.cit.,
647.
(396) Cass., 24 novembre 1999,
n. 13053, inForo It., 2000, I,
1229.
(397) Cass., 22 marzo 2012, n.
4551; Cass., 21 maggio 2002, n.
7435,inFam.edir.,2002,604
(398) Cass., 21 maggio 2002, n.
7435; Cass., 10 agosto 2001, n.
11059, inFam. e dir., 2001, 469,
con nota di CARBONE; Cass., 21
giugno2000,n.8417,inGiur.It .,
2001,21,connotadiBARBIERA;
Cass., 16 giugno 2000, n. 8225;
Cass., 3 luglio 1996, n. 6087, in
Fam. e dir., , 1996, 431, con nota
di CHIZZINI; Cass., 8 novembre
1996, n. 9756, inFam. e dir. ,
1997,16,connotadiCHIZZINI.
(399) BARBIERA, Il divorzio
dopo la riforma del diritto di
famiglia, op. cit., 330; A. e M.
FI-NOCCHIARO,
Diritto
di
famiglia. III. Il divorzio, op. cit.,
582.
(400) Cass., 19 marzo 1991, n.
2932,inArch.loc.,1991,553.
(401) Cass., 16 novembre 1994,
n.9645,inMass.,1994
(402) BONILINI, L’assegno
postmatrimoniale,op.cit.,506.
(403) BARBIERA, I diritti
patrimoniali dei separati e dei
divorziati , op. cit., 25 ss.;
DOSSETTI, Lo scioglimento del
matrimonio: gli effetti della
pronunzia di divorzio, op.cit.,
651.
(404) Corte cost., ord. 29 marzo
2007, n. 113, ha sottolineato
comeillegislatore,nelcasodegli
assegni periodici, abbia ritenuto
di“assimilarliairedditidilavoro
dipendente assoggettandoli a
tassazioneincapoalconiugeche
li percepisce e correlativamente,
al fine di evitare doppie
imposizioni, li ha considerati
oneri deducibili da parte del
coniugechelicorrisponde;eciò,
in ragione sia della loro
periodicità (e, quindi, della loro
pertinenza a più periodi
d’imposta)siadellapossibilitàdi
unalororevisioneeconomicaper
sopraggiuntigiustificatimotivi”.
(405)Cass.,18febbraio2000,n.
1810
(406) A UTORINO STANZIONE MUSIO, Il divorzio. Disciplina,
procedure
e
profili
comparatistici, Ipsoa, Milano,
2002,83.
(407) Cass., 22 novembre 2002,
n.
16462;DE FILIPPIS, Il
matrimonio, la separazione dei
coniugi ed il divorzio, op. cit.,
586, sostiene invece che il
controllo secondo equità del
Tribunale deve essere esercitato
“ipotizzandounacapitalizzazione
del diritto e verificando se vi sia
sproporzione tra il risultato
dell’operazione e la somma
offerta, nonché tenendo presente
che la perdita della rendita può
significare, per il benficiario,
perditadicertezzaperilfuturoe
che la stessa, ove sussista, deve
essere compensata.”; secondo
DOGLIOTTI, Alcuni problemi
interpretativi in materia di
separazioneedivorzio, inFam. e
dir., 1997, n. 5, 479 e ss.,
“dovrebbe trattarsi, seppur
lasciando qualche margine
all’autonomia delle parti, di una
vera e propria capitalizzazione
dell’assegno che sarebbe stato
corrisposto periodicamente, in
relazioneallapresumibiledurata
dellavitadelbeneficiario”.
(408) Cass., 12 ottobre 1999, n.
11437evidenziache“all’oggetto
della liquidazione” in unica
soluzionesiaddicemaggiormente
la qualificazione di "attribuzione
patrimoniale", piuttosto che
quelladi"reddito".
(409)SESTA,Dirittodifamiglia,
op.cit.,356;secondoDOGLIOTTI,
Alcuni problemi interpretativi in
materia di separazione e
divorzio, cit., “il controllo del
giudice
dovrebbe
limitarsi
soprattutto all’importo, ma nulla
vieta che possa ritenere iniqua
anche la corresponsione in se
stessa: così ad es. quando il
beneficiariositrovasseinstatodi
stretto bisogno e necessitasse di
una prestazione periodica,
evidentemente adeguabile al
costo della vita, fossero
prevedibili
mutamenti
di
circostanze in un termine
piuttosto breve (miglioramento
dei redditi dell’obbligato o
peggioramento
per
il
beneficiario)chenonpotrebbero
farsi valere successivamente,
essendoinammissibileunanuova
domanda
di
contenuto
economico. Tuttavia il Tribunale
deve usare tale potere con
estrema cautela, per evitare
pesanti
interferenze
ed
inopportunipaternalismi”.
(410) Cass., 19 settembre 2000,
n.12389.
(411) La giurisprudenza di
legittimitàhatuttaviamanifestato
recentemente un orientamento
non univoco sulla questione se
spetti o meno la pensione di
reversibilità all’ex coniuge che
abbia
percepito
l’assegno
divorzile in unica soluzione:
Cass. 3 luglio 2012, n. 11088,
escludendo tale diritto dell’ex
coniuge, ha sostenuto che “la
corresponsione
in
unica
soluzione dell’assegno divorale,
giusta il disposto dell’articolo 5,
comma
8,
esclude
la
sopravvivenza, in capo al
coniugebeneficiario,diqualsiasi
ulteriore diritto di contenuto
patrimoniale
nei
confronti
dell’altro coniuge”, nello stesso
senso, Cass. 8 marzo 2012, n.
3635 e Cass., 5 gennaio 2001, n.
126, inFam. e dir. , 2001, 128;
Cass. 29 luglio 2011, n. 16744 e
Cass. 28 maggio 2010, n. 13108,
hannoinveceaffermatol’opposto
principio secondo cui anche la
corresponsione,
in
unica
soluzione, al coniuge "più
debole"disommedidenaro(odi
altre
utilità
patrimoniali),
soddisfa il requisito della previa
titolaritàdell’assegnodidivorzio
che consente al coniuge
medesimo di accedere alla
pensione di reversibilità o (in
concorso con il coniuge
superstite)aunasuaquota.
(412)Cass.,6novembre2006,n.
23659;Cass.,22novembre2002,
n. 16462; Cass. 12 ottobre 1999,
n.11437.
(413) Corte cost., ord. 6
dicembre 2001, n. 383, ha
precisatoche“sull’accordotrale
parti l’importo da corrispondere
informaperiodicavienestabilito
in base alla situazione esistente
al momento della pronuncia, con
laconseguentepossibilitàdiuna
loro revisione, in aumento o in
diminuzione; mentre al contrario
quanto versato una tantum - che
noncorrispondenecessariamente
alla
capitalizzazione
dell’assegno periodico - viene
concordato liberamente dai
coniugi nel suo ammontare e
definisceunavoltapertutteiloro
rapporti per mezzo di una
attribuzione
patrimoniale,
producendo l’effetto di rendere
non più rivedibili le condizioni
pattuite, le quali restano così
fissatedefinitivamente”.
(414) Corte cost., ord. 29 marzo
2007,n.113,sièpronunciatanel
giudizio
di
legittimità
costituzionale degli artt. 10,
comma 1, letterac),e47,comma
1,
letterai), del d.P.R. 22
dicembre
1986,
n.
917
(Approvazione del testo unico
delle imposte sui redditi),
promosso dalla Commissione
tributaria provinciale di Udine,
che sosteneva che la Corte cost.
nell’ordinanza n. 383 del 2001,
non
aveva
adeguatamente
considerato: “a) che l’accordo
raggiunto dalle parti, circa
l’adempimentoinunicasoluzione
– invece che mediante assegni
periodici – dell’obbligazione
derivante dallo scioglimento o
dalla cessazione del vincolo
matrimoniale, «vale […] a
determinare il “modo” di
estinzione dell’obbligazione, ma
non ne muta la natura», data la
«perfetta equivalenza sotto il
profilogiuridicoefunzionale»di
tale forma di adempimento con
quella rappresentata da esborsi
periodici, rispetto alla comune
finalità di sovvenire il coniuge
economicamente piú debole, in
conformità ad un provvedimento
giudiziario; b) il pagamento una
tantum di un assegno al coniuge
– in misura corrispondente alla
capitalizzazione di un assegno
periodico – è fatto idoneo a
ridimensionare l’entità dei
rilevatori di ricchezza di chi ha
effettuato l’esborso e, quindi, ad
incidere
sulla
capacità
contributiva del solvens, al pari
del pagamento di assegni
periodici; c) l’indeducibilità
dell’assegno corrisposto una
tantum, prevista dal censurato
art. 10, comma 1, lettera c), del
d.P.R. n. 917 del 1986, comporta
una
ingiustificata
disincentivazione del ricorso dei
coniugi a tale tipo di assegno,
rispetto agli assegni periodici,
dalla legge considerati, invece,
deducibili;…”.
(415)Cass.,21febbraio2008,n.
4424.
(416) Cass. 30 novembre 2007,
n.25010;Cass.,12luglio2007,n.
15611; Cass., 29 marzo 2006, n.
7117; Cass., 6 marzo 2003, n.
3351.
(417) TOMMASEO, Commento
all’art. 4, l. 1 dicembre 1970, n.
898, inCommentario al diritto
italiano della famiglia, a cura di
Cian, Oppo e Trabucchi, VI, 1,
Cedam,Padova,1993,301ss.
(418)Cass.,14gennaio2004,n.
336.
(419)Cass.,21febbraio2001,n.
2492.
(420) Cass., 25 maggio 2007, n.
12317; Cass. 29 aprile 1982 n.
2687;23gennaio1980n.549.
(421) Cass. 15 giugno 1995, n.
6737; Cass. 20 maggio 1985 n.
3080; la tesi è stata ancora
sostenuta da Cass., 15 giugno
1995,n.6737,inFam.edir.,n.5/
1995, 434, secondo la quale
“nelle obbligazioni relative al
pagamentodell’assegnodivorzile
e del contributo per il
mantenimento dei figli, come in
quelle
alimentari,
la
determinazione monetaria della
prestazionenonèfineasestessa,
ma è legata ad un determinato
potere di acquisto, che deve
essere salvaguardato nonostante
il variare del valore intrinseco
della
moneta,
per
non
compromettere la funzione delle
suddette
obbligazioni,
che
consiste
nell’attribuire
al
beneficiario
un
apporto
periodico incidente "in misura
reale"sullesuecondizionidivita.
Pertanto, nei confronti di tali
obbligazioni
-
che
si
differenziano dalle obbligazioni
cosiddettedivaluta,assoggettate
al principio nominalistico - si
deve tener conto del variare del
potere di acquisto della moneta
siaaifinidelloroaggiornamento
periodico, sia anche ai fini della
loro
stessa
liquidazione,
specialmente quando intercorre
un notevole lasso di tempo tra il
momento della liquidazione e
l’epoca alla quale le prestazioni
sono
riferite.”;
CARBONE,
L’assegno di divorzio tra debito
di valuta e debito di valore, nel
commentare tale pronuncia,
critica questa interpretazione,
rilevando che l’assegno di
divorzio
non
ha
natura
alimentare, e non è un debito di
valore bensì solo un “debito
indicizzato”, e osserva che
“l’insisteresullafiguradeldebito
di valore, significa il non
prendere atto della tendenza
normativa che intende sostituire
le tecniche "valoristiche" non
soddisfacentiperprestazionilato
sensu alimentari con quelle di
indicizzazionelegaleogiudiziale,
caratterizzate cioè da una
predeterminazione dei criteri cui
è collegata la dinamica delle
prestazionimonetarie”.
(422) Cass. 15 giugno 1995, n.
6737; Cass., 25 maggio 2007, n.
12317.
(423) Cass. 28 gennaio 2008, n.
1761, confermando il pregresso
consolidato orientamento, ha
affermato che “il provvedimento
di
revisione
dell’assegno
divorzile-previstodallaL.n.898
del 1970, art. 9, - postula non
soltanto l’accertamento di una
sopravvenuta modifica delle
condizioni economiche degli ex
coniugi, ma anche la idoneità di
tale modifica a mutare il
pregresso assetto patrimoniale
realizzato con il precedente
provvedimento
attributivo
dell’assegno,
secondo
una
valutazione comparativa delle
condizioni
economiche
di
entrambe le parti”; Cass., 2
maggio2007,n.10133;Cass.,11
marzo 2006, n. 5378, inFam.,
pers. e succ., 2006, 791; Cass, 4
settembre 2004, n. 17895; Cass.,
27settembre2002,n.14004.
(424) Cass., 11 marzo 2006, n.
5378,inFam.,pers.esucc.,2006,
791, ha cassato la pronuncia del
giudice di merito, che aveva
sostenuto che “le ripercussioni
economicamente negative della
scelta”dell’exconiugeobbligato
–cheavevasceltodisvolgereun
lavoro part time anziché a tempo
pieno - “non potrebbero
comunque assumere rilievo”,
“dovendosi
escludere
che
decisioni
basate
su
considerazionipersonalipossano
ledereidiritticonsolidatiditerze
persone"; la Suprema Corte ha
invece ritenuto che quelle scelte,
pienamente
legittime,
“costituiscono
altresì
esplicazione di fondamentali
diritti di libertà della persona,
qualiquellidiliberadisponibilità
delle proprie energie fisiche ed
intellettive e di libera scelta
dell’attivitàlavorativa(artt.2e4
Cost.,comma2)”;v.ancheCass.,
4aprile2002,n.4800,inGiur. it
., 2003, 686, con nota di
BARBIERA.
(425) Cass. 24 gennaio 2008, n.
1595, ha riconosciuto la
sopravvenienza di giustificati
motivi ai fini della revisione
dell’assegno di divorzio, per la
nascita di un figlio, generato da
successiva
unione,
che,
considerate tutte le circostanze
del caso concreto, abbia
determinato un reale ed effettivo
depauperamento delle sostanze o
della capacità patrimoniale
dell’obbligato, accertato all’esito
di una rinnovata valutazione
comparativa della situazione
delle parti; ha inoltre precisato
che il dovere di mantenimento
dell’obbligatoversoilfiglionato
dalla successiva unione va
valutato anche alla stregua delle
potenzialità economiche della
nuova famiglia in cui il bambino
èstatogenerato,equindiavendo
riguardo pure alla condizione
dell’altrogenitore;v.ancheCass.,
3 agosto 2007, n. 17041,Fam. e
dir.,2007;Cass.,11marzo2006,
n.5378.
(426) Cass., 2 maggio 2007, n.
10133; Cass., 23 agosto 2006, n.
18367, inDir. e giust. del
7/9/2006; Cass., 27 settembre
2002, n. 14004, inFam. e dir. ,
2003, 14; Cass., 28 agosto 1999,
n.9056,inFam.edir.,1999,579.
(427) Cass., 12 marzo 2012, n.
3914; Cass. 20 gennaio 2012, n.
785; Cass., 28 gennaio 2000, n.
958,inFam.edir.,2000,586.
(428) Cass., 3 agosto 2007, n.
17041, cit., esaminando il caso
dell’exconiuge,privodiassegno,
chescegliediandareinpensione
o di dimettersi, raggiunta l’età
pensionabile, ha ribadito come
non
possa
essere
aprioristicamente
esclusa
l’incidenza dell’evento dedotto,
in ragione del fatto che il
decremento consegua ad una
libera scelta dell’ex coniuge che
richiedeexnovol’assegno.
(429) Cass., 9 gennaio 2003, n.
113.
(430)Cass.,27gennaio2012,n.
1253; Cass., 14 maggio 2004, n.
9185.
(431) DOSSETTI, Il diritto di
famiglia,
I,
Famiglia
e
matrimonio, diretto da BONILINICATTANEO, Utet, Torino, 1999,
662; secondo Cass., 16 gennaio
1982, n. 268, inGiust.civ., 1982,
I,946,"l’exconiuge,beneficiario
dell’assegno di divorzio, in caso
di fallimento dell’obbligato, non
può pretendere l’adempimento
del credito, neppure in moneta
fallimentare, per il tempo
successivo all’apertura del
procedimento concorsuale", e il
correlativodirittosiestingue.
(432)Cass.,14febbraio2003,n.
2196,Arch. Civ. , 2003, 931, “lo
statobiologicodiprocreazionefa
sorgere a carico del genitore
(legittimo o naturale) tutti i
doveri di cui all’art. 147 c.c.,
compreso
quello
di
mantenimento, che unitamente ai
doveridieducareeistruireifigli,
obbligaigenitoriexart.148c.c.
afarfronteadunamolteplicitàdi
esigenze, non riconducibili al
solo obbligo alimentare, ma
estese all’aspetto abitativo,
scolastico, sportivo, sanitario,
sociale”.
(433) La giurisprudenza di
legittimità
è
univoca
nell’affermare che il dovere di
mantenimento non coincide
necessariamente con l’inizio
dell’esercizio della potestà,
poiché sorge con e per il fatto
stesso della procreazione, e non
dalla
data
dell’eventuale
successivo riconoscimento o
accertamento della genitorialità;
v. da ultimo Cass., 3 novembre
2006, n. 23596: “Nell’ipotesi in
cui al momento della nascita il
figlio sia riconosciuto da uno
solodeigenitori,tenutoperciòa
provvedere per intero al suo
mantenimento, non viene meno
l’obbligo dell’altro genitore per
il periodo anteriore alla
pronuncia di dichiarazione
giudiziale di paternità o di
maternitànaturale,essendosorto
sin dalla nascita il diritto del
figlio naturale ad essere
mantenuto,istruitoededucatoda
parte di entrambi i genitori. Da
ciòconsegue,perunverso,cheil
genitorenaturale,dichiaratotale
con provvedimento del giudice,
non
può
sottrarsi
alla
obbligazione nei confronti del
figlio per la quota parte posta a
suo carico, ma è tenuto a
provvedervi sin dal momento
della nascita, e, per altro verso,
che il genitore il quale ha
provveduto in via esclusiva al
mantenimentodelfigliohaazione
nei confronti dell’altro per
ottenere il rimborso "pro quota"
delle spese sostenute dalla
nascita. Tale azione non è
tuttavia utilmente esercitabile se
non dal momento del passaggio
in giudicato della sentenza di
accertamento della filiazione
naturale (atteso che soltanto per
effetto della pronuncia si
costituisce lo "status" di figlio
naturale, sia pure con effetti
retroagenti alla data della
nascita),conlaconseguenzache
detto momento segna altresì il
"dies a quo" della decorrenza
della prescrizione del diritto
stesso”;v.ancheCass.,2febbraio
2006, n. 2328, inGuida al dir.,
2006, n.19, 84; Cass. 26 maggio
2004,n.10124,inMass.ForoIt.,
2004; Cass., 22 novembre 2000,
n. 15063, inGiust.Civ., 2001, I,
1296,cheprecisa:“lacircostanza
che i genitori siano o meno
conviventi non ha alcuna
rilevanzainrelazioneall’obbligo
di mantenimento dei figli, che
incombesuentrambiigenitoriin
quanto nascente dal fatto stesso
dellaprocreazione”.
In dottrina, BESSONE-ALPAD’ANGELO-FERRANDO-
SPALLAROSSA, La famiglia nel
nuovo diritto, op.cit., 265; PINI,
Lafiliazione,inTrattatodidiritto
minorile, di Musacchio, Cedam,
Padova,2007.
(434) Si veda la nota 22 del
capitoloI.
(435) Cass., 23 marzo 1995, n.
3402.
(436) Corte cost., 13 maggio
1998, n. 166, inFam. e dir.,
3,1998, 205, con nota di
CAR-BONE;Cass.,19aprile2002,
n.5714,inFam.edir., n.4,2002,
415;Cass.,3aprile2002,n.4765,
i nFam. e dir., n. 4, 2002, 351;
Cass.,8maggio2003,n.6970,in
Fam. e dir., n. 4, 2003, 319, con
notadiFIGONE.
(437)Cortecost.,30luglio2008,
n.308.
(438) Cass., 12 settembre 2011,
n.18618;Cass.3agosto2007,n,
17043; Cass., 24 aprile 2007, n.
9915; Cass. 22 marzo 2005 n.
6197,inGiust.civ.Mass .2005,4;
Cass., 14 febbraio 2003, n. 2196,
cit.; Cass., 19 marzo 2002, n.
3974.
(439) Cass., 12 settembre 2011,
n. 18618; Corte cost., 30 luglio
2008, n. 308; Corte cost., 13
maggio1998n.166,cit.
(440) Secondo Trib. Catania,
sentenza12luglio2006,n.2597,
i nwww.affidamento condiviso.it,
“il dovere contributivo previsto
dagliartt.30Cost.,147e148c.c.
che su ciascun genitore grava in
misura proporzionale al proprio
reddito e che rimane intatto pur
nel dissolvimento del consortium
vitae, può assumere modalità
diversedisoddisfacimentolegate
all’affidamento dei figli e al
concreto
atteggiarsi
delle
condizioni di vita, reddituali e
lavorative dei coniugi in lite.
L’ottica in cui si muove il
legislatore è quella per cui,
tendenzialmente, nel rapporto
conifiglinullaconl’affidamento
condiviso dovrebbe mutare se
non nei limiti in cui la non più
costante presenza giornaliera
dell’unoincidenelfarfrontealle
quotidiane necessità economiche
della prole. Il modo in cui far
frontealdoverecontributivopuò
essere: - diretto (ciascuno dei
genitori
provvede
al
mantenimento,recitalanorma)e
cioè provvedendo in proprio
all’acquisto dei beni e al
pagamento
delle
spese
necessarie; ovvero indiretto e
cioè mediante il versamento
all’altro coniuge della somma in
denaroaconguagliocheresidua
ove il modo diretto non copra
interamente il budget a proprio
carico (art. 155 comma 4 “il
giudice
stabilisce”ove
necessario”lacorresponsionedi
un assegno”)”. Nel caso di
specie, il Trib. di Catania,
considerato che i genitori
avevano pari potenzialità di
reddito, in quanto entrambi
insegnanti, e che era previsto un
pari periodo di permanenza della
figlia presso entrambi, ha
disposto che ciascun genitore
provvedesse al mantenimento
diretto nei periodi di rispettiva
permanenzaehapostoacaricodi
ciascuno il 50% delle spese
scolastiche e di vestiario e di
quelle per le attività sportive o
ricreative cui abbia dato il suo
assenso, nonché il 50% di quelle
dicaratteresanitario.
(441) DE FILIPPIS, Affidamento
condiviso dei figli nella
separazione e nel divorzio ,
Cedam,Padova,2006,106,rileva
che il mantenimento diretto "fa
entrare il genitore nella
quotidianità
del
figlio,
coinvolgendolo in essa ben
diversamente da quanto avviene
con la "delega in bianco"
all’altro genitore, che l’assegno
incarna"; nello stesso senso,
ARCERI,L’affidamentocondiviso.
Nuovi
diritti
e
nuove
responsabilità nella famiglia in
crisi, Ipsoa, Milano, 2007, 152;
SESTA, Le nuove norme
sull’affidamento condiviso: a)
Profilisostanziali, inFam. e dir.,
n. 4, 2006, 377, osserva che“il
mantenimento
diretto
rappresenta … la forma di
contribuzione più in linea con lo
spirito ed il significato della
riforma - che, deve ricordarsi,
mira a dare attuazione al
principiodellabigenitorialità-e,
nel contempo, appare il più
consono al modello della
spartizione dei compiti e delle
responsabilitàeducative,dimodo
ché, nella misura in cui
esercitano la potestà, i genitori
devono, in linea di principio,
anchecontribuiredirettamenteal
soddisfacimento delle necessità
dei figli salvo, se necessario,
disporre il riequilibrio tra loro
mediante l’assegno. In tale
prospettiva, dunque, l’assegno
sembrerebbenoncostituirepiùla
modalitàordinariaattraversocui
il genitore dà attuazione al
proprio dovere di mantenimento,
avendo invece assunto una
funzione residuale rispetto alla
contribuzione diretta, tant’è che,
secondo il tenore dell’art. 155
c.c., il giudice lo dispone, solo
ovenecessario”.
(442) DE FILIPPIS, Affidamento
condiviso dei figli nella
separazione e nel divorzio, op.
cit.,
106,
che
osserva:
“all’assegno si deve far ricorso
nell’ipotesi in cui vi siano
inadempienze o siano posti in
essere comportamenti idonei a
danneggiare i figli o a rendere
non tempestive le prestazioni in
loro favore ” ;contra, PADALINO,
L’affidamento condiviso dei figli,
Giappichelli, Torino, 2006, 60,
sostienecheinordinealmododi
contribuzione al mantenimento
dei figli, "nulla è cambiato
rispetto
alla
disciplina
abrogata".
(443) Secondo SESTA, Le nuove
norme
sull’affidamento
condiviso: a) Profili sostanziali,
cit., 377, “a ben vedere, la
dichiaratanaturariequilibratrice
dell’assegno
è
chiara
testimonianza della circostanza
che l’obbligo di mantenimento
debba
essere
adempiuto
essenzialmente in via diretta;
l’inciso iniziale, dunque, che
consente
ai
genitori
di
concordare modalità diverse di
contribuzione, mediante accordi
chedebbonoavereformascritta,
deve essere inteso come un
riferimento alla possibilità che
essi determinino come assumere
direttamente parte degli oneri
relativi al mantenimento dei figli
mediante l’attribuzione di un
bene o attraverso il pagamento
diretto di beni o prestazioni in
favoredeifigli”.
(444) Trib. Catania, sentenza 12
luglio 2006, n. 2597, in
www.affidamentocondiviso.it;
Trib.Catania,ord.24aprile2006,
ivi.
(445)Cass.,20gennaio2012,n.
785; Cass., 29 luglio 2011, n.
16736; Cass. 18 agosto 2006 n.
18187, inGiust.civ.Mass ., 2006,
7ss.
(446)
SecondoDE FILIPPIS,
Affidamento condiviso dei figli
nella separazione e nel divorzio,
op. cit., 104 ss., per determinare
l’entità del mantenimento diretto
si deve fare riferimento sia al
reddito dei genitori, che
costituisce
il
parametro
immediato, per valutare la
proporzionalità tra il contributo
degli stessi, sia, in funzione
integrativa, ai cinque criteri
enunciatidall’art.155c.c.
(447) Secondo Trib. Catania,
sentenza12luglio2006,n.2597,
cit.,intalicasi“nonv’ènecessità
di imporre all’uno o all’altro il
versamento di un assegno
periodico, fermo restando che
ciascun
genitore
dovrà
provvedere al mantenimento
diretto nel periodo di rispettiva
permanenza e che sarà tenuto al
50% delle spese scolastiche e di
vestiarioediquelleperleattività
sportive o ricreative cui abbia
dato il suo assenso, nonché al
50% di quelle di carattere
sanitario”. Nello stesso senso,
Trib. La Spezia, ord. 14 marzo
2007: “in tema di mantenimento
dei figli minori, l’adozione di un
regimediaffidamentoalternatocon suddivisione paritaria della
convivenzaedeltempotrascorso
conl’unoeconl’altrogenitoreimpone il venir meno di
qualsivoglia
contributo
di
mantenimento della prole a
caricodiungenitoreedinfavore
dell’altro;
conseguentemente
ciascun genitore potrà e dovrà
sopportare gli oneri quotidiani
nel momento in cui la figlia ne è
convivente. Viceversa, quanto
aglionerinonquotidiani(qualiil
rinnovo del vestiario, l’acquisto
dei libri scolastici e le spese per
le vacanze), l’unica scelta
possibile è quella della loro
attribuzione in misura paritaria
adentrambiiconiugi;setrattasi
di oneri straordinari (ad es.,
apparecchio ortodontico o corsi
di recupero), sarà necessario il
previo accordo delle parti, fatta
salva l’urgenza del caso; per gli
onerinonstraordinari(quale,ad
es., l’acquisto di vestiti), ogni
genitore
potrà
assumere
l’iniziativa di affrontarli e
chiederne il rimborso all’altro
coniuge per la quota di sua
spettanza.”.
(448)Cass.,24gennaio2011,n.
1611; Cass., 16 giugno 2011, n.
13184; Cass., 26 settembre 2011,
n.19589;Cass.,11gennaio2007,
n. 407; Cass., 6 ottobre 2006, n.
21572, inGuida al dir. , 2006, n.
49, 54; Cass., 18 agosto 2006, n.
18187, inGuida al dir. , 2006, n.
35,42;Cass.,20maggio2006,n.
11891, inDir. e giust ., 2006,
25,18; Cass., 7 aprile 2006, n.
8221, inMass. Giust. Civ., 2006,
4.
(449)Cass.21febbraio2007,n,
4102: Cass., 18 agosto 2006, n.
18187, cit., ha precisato che
l’obbligo del mantenimento
perdura “indipendentemente dal
raggiungimento della maggiore
età,finchélefiglienondiventino
autosufficienti dal punto di vista
economico”; Cass. 3 aprile 2002,
n.4765.
(450)Cass.,24gennaio2011,n.
1611; Cass., 16 giugno 2011, n.
13184; Cass., 26 settembre 2011,
n.19589;Trib.Messina,decreto5
maggio
2006,
www.affidamentocondiviso.it. In
dottrina, SESTA, Le nuove norme
sull’affidamento condiviso: a)
Profili sostanziali, cit., 377,
osserva che “la norma disciplina
l’ipotesi in cui il giudice della
separazionedebbadeciderecirca
il mantenimento dei figli
maggiorenni non autosufficienti
della coppia che si sta
separando; essa consente al
genitore obbligato di instare
affinché il giudice, "valutate le
circostanze", disponga che egli
versi l’assegno direttamente al
figlio. La disposizione, pertanto,
non troverà automaticamente
applicazione qualora il figlio
divenga
maggiorenne
successivamenteallaconclusione
del procedimento, e quindi
l’assegnoasuotempodispostoin
sedediseparazionecontinueràa
dover essere corrisposto al
genitore in favore del quale era
stato attribuito, salva la facoltà
delfigliodidomandarealgiudice
competente secondo le regole
ordinarie
di
vederselo
corrispondere direttamente, e
salva la facoltà del genitore
obbligato, che voglia versare
l’assegno dovuto direttamente al
figlio, di agire ex art.710 c.p.c.
perlamodificaintalsensodelle
condizioni di separazione”;
contra,
M.
FINOCCHIARO,
Assegno versato direttamente ai
maggiorenni, inGuida al dir. ,
2006, 11, 41-42, secondo cui il
diritto alla contribuzione fissato
dalgiudicedurantelaminoreetà
del figlio cessa automaticamente
quando questi raggiunga la
maggiore età; successivamente,
su domanda del figlio nei
confrontidientrambiigenitori,il
giudicepuòdisporre,exnovo,in
favore dello stesso figlio un
assegno periodico; secondo
l’Autore, per effetto di quanto
statuito nell’art. 155quinquies
c.c., al figlio deve anche
riconoscersi la legittimazione ad
intervenire nel giudizio di
separazioneodivorzio.
(451) Cass., 7 aprile 2006, n.
8221,cit.
(452) Cass., 7 aprile 2006, n.
8221, cit.; conforme a Cass., 4
aprile 2005, n. 6975, inGuida al
dir.,n.16,39.
(453) Cass., 26 settembre 2011,
n.19589;Cass.,26gennaio2011,
n. 1830. Sul diritto del figlio
maggiorenne
a
percepire
l’assegnodimantenimentoanche
nelcasoincuisiaprivodireddito
per avere rifiutato un impiego
non
adeguato
alla
sua
preparazione,v.Cass.,18gennaio
2005, n. 951, inDir. e giust.,
2005, 6, 29 con nota di
FITTIPALDI; Cass., 3 aprile 2002,
n. 4765, inDir.Fam.pers. , 2002,
310;Cass.,22novembre2000,n.
15065, inGiust.civ.Mass. , 2000,
2406.
(454) Cass., 7 aprile 2006, n.
8221,cit.
(455) Cass., 26 settembre 2011,
n.19589;Cass.,7aprile2006,n.
8221,cit.;Cass.3aprile2002,n.
4765; Cass. 30 agosto 1999, n.
9109; Cass. 11 marzo 1998, n.
2670; Cass. 7 maggio 1998, n.
4616.
(456) Cass., 26 settembre 2011,
n.19589;Cass.,28gennaio2008,
n. 1761; Cass., 2 dicembre 2005,
n.26259;Cass.,7luglio2004,n.
12477.
(457) BIANCA, Diritto civile, 2,
La famiglia. Le successioni., op.
cit., 244, nel condividere la
posizione
della
prevalente
giurisprudenza sulla concorrente
legittimazione
a
richiedere
l’assegno del figlio maggiorenne
edelgenitoreconluiconvivente,
precisa che la legittimazione del
genitore è fondata sulla
continuità dei doveri di
mantenimento che gravano su di
lui nella persistenza della
convivenza,
mentre
la
legittimazionedelfigliodivenuto
maggiorenne trova fondamento
nella titolarità del diritto al
mantenimento; l’Autore ritiene
inoltrechesussistaunrapportodi
“solidarietàattiva”trailgenitore
convivente già affidatario e il
figlio, cui consegue che
l’adempimento eseguito all’uno
libera il genitore, obbligato alla
corresponsione dell’assegno, nei
confrontidell’altro;contra,perla
tesicheilsolofigliomaggiorenne
è legittimato a richiedere e a
ricevere l’assegno, nonché ad
agire in caso di inadempimento
del genitore obbligato o per le
modifichedell’assegno,v.A.eM.
FINOCCHIARO,
Diritto
di
Famiglia,op.cit.,569ss..
(458)Cass.,24febbraio2006n.
4188, secondo cui “il genitore,
separatoodivorziato,cuiilfiglio
sia stato affidato durante la
minore età, continua, pur dopo
che
questi
sia
divenuto
maggiorenne, ma coabiti ancora
conluienonsiaeconomicamente
autosufficiente,
ad
essere
legittimato iure proprio, in
assenzadiun’autonomarichiesta
dapartedellostesso,arichiedere
all’altro genitore tanto il
rimborso, pro quota, delle spese
giàsostenuteperilmantenimento
delfiglio,quantoilversamentodi
un assegno periodico a titolo di
contributo
per
detto
mantenimento”;Cass.,27maggio
2005, n. 11320,Foro it., Rep.
2005, voceMatrimonio,n.18,“Il
genitore,separatoodivorziato,a
cui il figlio sia stato affidato
durante la minore età, pur dopo
che il figlio (non ancora
autosufficiente) sia divenuto
maggiorenne,
continua,
in
assenzadiun’autonomarichiesta
da parte di quest’ultimo, ad
esserelegittimatoiureproprioad
ottenere dall’altro genitore il
pagamento dell’assegno per il
mantenimento del figlio, sempre
chetrailgenitoregiàaffidatario
e il figlio persista il rapporto di
coabitazione; al fine di ritenere
integrato il detto requisito della
coabitazione, basta che il figlio
maggiorenne - pur in assenza di
unaquotidianacoabitazione,che
può essere impedita dalla
necessità di assentarsi con
frequenza, anche per non brevi
periodi,permotivi,adesempio,di
studio - mantenga tuttavia un
collegamento
stabile
con
l’abitazione
del
genitore,
facendovi ritorno ogniqualvolta
gli impegni glielo consentano, e
questo collegamento, se da un
lato costituisce un sufficiente
elemento per ritenere non
interrottoilrapportochelolega
alla casa familiare, dall’altro
concreta la possibilità per tale
genitore di provvedere, sia pure
con modalità diverse, alle
esigenze del figlio”; Cass.,18
aprile2005,n.8007:“Il genitore
affidatario, il quale continui a
provvedere direttamente ed
integralmente al mantenimento
dei figli divenuti maggiorenni e
non ancora economicamente
autosufficienti, resta legittimato
non solo ad ottenere "iure
proprio", e non già " capite
filiorum", il rimborso di quanto
da lui anticipato a titolo di
contributo dovuto dall’altro
genitore, ma anche a pretendere
detto
contributo
per
il
mantenimento futuro dei figli
stessi. La legittimazione del
genitore concorre, peraltro, con
quelladelfiglio,laqualetrovail
suo fondamento nella titolarità
del diritto al mantenimento, ed i
rapporti tra le due legittimazioni
si risolvono in base ai principi
della
solidarietà
attiva,
applicabiliinviaanalogica”.
(459) SESTA, Le nuove norme
sull’affidamento condiviso: A)
profili sostanziali, cit., 386;
PADA-LINO,
L’affidamento
condiviso dei figli, cit., 175,
secondo cui l’intento del
legislatore non è stato quello di
privare il genitore della
legittimazione
a
riscuotere
l’assegno di mantenimentoiure
proprio, ma piuttosto di ribaltare
la regola circa la corresponsione
applicata in giurisprudenza,
imponendo al giudice di valutare
prioritariamente il pagamento
dell’assegno a favore del figlio
sulla base della mera richiesta
avanzatadalgenitoreonerato;DE
FILIPPIS, Affidamento condiviso
dei figli nella separazione e nel
divorzio, op. cit., 131, rileva che
la nuova normativa “consente di
continuare a ritenere” che
sussiste una legittimazione
concorrenteperilgenitoreeper
il figlio, “sia pure sulla base dei
nuovi elementi di merito e dei
mutatipresupposti”.
(460)
M.
FINOCCHIARO,
Assegno versato direttamente al
maggiorenne,cit.,41.
(461) Cass., 16 giugno 2011 n.
13184;Cass.,22novembre2010,
n.23590;Cass.,12ottobre2007,
n.21437,nelriconoscerealfiglio
divenuto maggiorenne, ma non
economicamente autosufficiente,
unalegittimazione"iure proprio "
all’azione diretta a ottenere dal
genitore non convivente il
contributo
al
proprio
mantenimento,
ha
tuttavia
precisatoche“laddoveilgenitore
affidatario non abbia agito nel
giudiziodiprimogradoanchein
rappresentanza del figlio, allora
minore, bensì azionando un
proprio autonomo diritto, il
compimento della maggiore età
da parte del figlio non dà luogo
ad alcun effetto interruttivo, nè
legittima il figlio, che non era
partediquelgiudizio,aproporvi
appello”; Cass.,19 gennaio 2007,
n.1146;App.Trento,ord.6luglio
2006; Trib. Messina, ord. 31
ottobre 2006; Trib. Messina,
decreto 5 maggio 2006, in
www.affidamentocondiviso.it.
(462)Trib.Bologna,sentenza22
maggio 2006, n. 1212, in
www.minoriefamiglia.it
(463)Trib.min.Milano,decreto
12maggio2006,est.Zamagni,in
www.affidamentocondiviso.it, cui
hanno fatto seguito numerose
pronunce dello stesso tribunale,
tutte conformi, si è dichiarato
incompetente a decidere in
materia di affidamento dei figli
naturali, sostenendo che la
previsione dell’art. 317bis c.c.
che esclude dall’esercizio della
potestàilgenitorenonconvivente
con il figlio, salvo attribuire al
giudice il potere di disporre
diversamente,nonpuòritenersiin
vigoreaseguitodellanovelladel
2006, che ha sancito per tutti i
figli
il
principio
della
bigenitorialità. Secondo questa
tesi,ilgiudicedevepertantofare
riferimento per le questioni
relative all’affidamento e al
mantenimentodeifigli,legittimie
naturali,agliartt.155ess.c.c.,e
non più all’art. 317bis c.c., in
quanto la l. 54/06 prevede una
disciplinaunitariachesiriferisce
all’affidamento dei figli come al
loro mantenimento, con la
conseguenza che non è più
scindibile la competenza tra T.O.
e T.M. in relazione alle diverse
questioni, e unico giudice
competentenonpuòcheessereil
tribunaleordinario;v.ancheTrib.
min. Roma, decreto 23 ottobre
2006.
(464) Trib. Milano, ord. 20
luglio2006,Pres.Siniscalchi,Rel.
Bonfilio; Trib. Min. Bologna,
decreto26aprile2006;Trib.Min.
Trento,decreto11aprile2006,in
www.affidamentocondiviso.it,
hanno sostenuto il permanere
della competenza in materia di
affidamento dei figli naturali in
capo al tribunale per i minorenni
in forza del combinato disposto
degli artt. 317bis c.c. e 38 disp.
att. c.c., e della competenza del
tribunale ordinario per le
domande di natura economica.
Ritenendo
la
propria
incompetenza per materia a
conoscere una controversia in
relazione alla quale il Tribunale
periminorennidiMilanosierain
precedenza
dichiarato
incompetente, il Tribunale di
Milano con ordinanza del
20.7.2006 ha disposto la
trasmissione del procedimento
alla Cassazione, richiedendo
d’ufficio il regolamento di
competenza. Su tale controversia
la Cassazione si è pronunciata
conl’ordinanzadel3aprile2007,
n.8362.
Il Trib. di Monza, con ord. 10
ottobre 2006, Pres. Rel. Calabrò,
ha
invece
sostenuto
la
competenza del T.M. sia in
materia di affidamento dei figli
naturali, che di mantenimento e
assegnazionedellacasafamiliare.
Secondo questo orientamento, la
l. 54/06, nel disporre che il
giudice
debba
decidere
sull’affidamento condiviso e
contestualmentefissareanche“la
misuraeilmodoconcuiciascuno
dei genitori deve contribuire al
mantenimento,
alla
cura,
all’istruzione e all’educazione
dei figli” e nel prevedere
l’applicabilità delle disposizioni
anchealleunionidifatto,hafatto
venire meno il precedente
sdoppiamento di competenze;
conformi Trib. Monza, sentenza
29giugno2006,est.Buratti;Trib.
Catania,sentenza14aprile2006;
App. Napoli 27 settembre 2006,
inwww.affidamentocondiviso.it.
(465)Cass.,ord.3aprile2007,n.
8362, inFam. e dir., n. 5/2007,
446, con nota di TOMMASEO;
Cass., ord. 20 settembre 2007, n.
19406 e Cass., ord. 25 settembre
2007, n. 19909, entrambe in
Famiglia e Minori, 2007, 10, 45,
con nota di RUO; Cass., ord. 7
febbraio2008,n.2966.
(466)Cass.,16gennaio2012,n.
514;Cass.20giugno2011,ord.n.
13508;Cass.ord.3aprile2007,n.
8362.
(467)Cass.,ord.25agosto2008,
n.21754,n.21755,n.21756.
(468) Significative novità sono
stateintrodotte,inquestamateria,
dalle “Disposizioni in materia di
riconoscimentodeifiglinaturali”,
definitivamente approvate dalla
Camera il 27/11/2012 e
pubblicate
nella
Gazzetta
Ufficiale n. 293 del 17 dicembre
2012. Ivi, infatti, la competenza
delTribunaleperiminorenniper
le controversie di cui all’art. 317
bis c.c. è stata abrogata e le
predette questioni sono state
integralmente
rimesse
al
Tribunale ordinario. La nuova
normativa prevede altresì, come
disposizionediattuazione,lasua
applicazione ai giudizi instaurati
adecorreredalladatadientratain
vigoredellalegge.
(469)Sivedalaprecedentenota
n.37.
(470) V. succ. paragrafo 9 di
questocapitolo.
(471) Cass., 3 agosto 2007, n,
17043; Cass., 15 marzo 2006, n.
1329,Guida al dir., 2006, n. 22,
48; Cass., 24 febbraio 2006,
n.4205;Cass.,22novembre2000,
n.15065;Cass.,4maggio2000,n.
5586.
(472) Cass. 3 agosto 2007, n.
17043; Cass. 15 marzo 2006, n.
1329, inGuida al dir., 2006, n.
22,48;Cass.24febbraio2006,n.
4205;Cass.22novembre2000,n.
15065; Cass. 4 maggio 2000, n.
5586.
(473) BIANCA, Commento
all’art. 6, l. 1 dicembre 1970, n.
898, inCommentario al diritto
italiano della famiglia, a cura di
Cian, Oppo e Trabucchi, VI, 1,
Cedam, Padova, 1993, 383,
evidenzia la nullità degli atti di
rinunzia, transazione e cessione
del diritto al contributo nel suo
complesso, ma si esprime per la
validità delle rinunzie e delle
transazioni aventi ad oggetto le
prestazioni
arretrate;
in
giurisprudenza, Cass. 21.05.1984
n.3115.
(474) TOMMASEO, Le nuove
norme
sull’affidamento
condiviso: b) Profili processuali ,
i nFam. e dir., 4, 2006, 388,
osserva che “vige pur sempre la
regola, già enunciata dal comma
7dell’art.155(oraabrogato)ma
ancora presente nella disciplina
processuale del divorzio (art. 6,
9° comma), per cui la
contemplazione
dell’interesse
superiore del minore può anche
infrangere il principio di
corrispondenza fra il chiesto e il
pronunciato consentendo al
giudice di dare ai propri
provvedimenti contenuti anche
diversi ‘rispetto alle domande
dellepartioalloroaccordo’.”.
(475) DE FILIPPIS, Affidamento
condiviso dei figli nella
separazione e nel divorzio, op.
cit., 110, osserva che “il ‘far
salvi’ gli accordi tra le parti
significa attribuire al giudice
poteri di intervento solo ove essi
manchino. Tale scelta si spiega
con il favore attribuito dalla
novella
legislativa
all’autodeterminazione
delle
parti.”
(476) PADALINO, L’affidamento
condiviso dei figli, op.cit., 65,
esclude che l’autonomia dei
genitori possa spingersi fino a
derogare al principio della
proporzionalità
nella
contribuzione, prevedendo, ad
esempio,lapossibileesenzionedi
un genitore da qualunque forma
di contribuzione. TOMMASEO, Le
nuove norme sull’affidamento
condiviso: b) Profili processuali ,
cit.,388,rilevachelavalutazione
della congruità degli accordi “è
definitivamente
rimessa
al
giudice di merito: si tratta di
accordi sindacabili dal giudice
sotto il profilo della loro
contrarietàall’interessemoralee
materiale dei figli minori, ma
anche quando siano contrari a
norme di norme di ordine
pubblico”.
(477) Cass., 3 aprile 2007, n.
8362.
(478) C. Cost., 20 novembre
2009, ord. n. 310; Trib. min.
Milano, decreto 14 dicembre
2007;Trib.min.Bologna,decreto
2
aprile
2008,
in
www.minoriefamiglia.it.
(479) C. Cost., 20 novembre
2009, ord. n. 310; Trib. min.
Bologna,decreto2aprile2008.
(480)Trib.min.Milano,decreto
14dicembre2007,cit.
(481) Cass., 23 marzo 1995, n.
3402,“l’obbligodimantenimento
dei figli minori, siano essi
legittimi o naturali, spetta
primariamenteeintegralmenteai
loro genitori, e nel caso in cui
uno dei due non possa o non
voglia adempiere al proprio
dovere, l’altro, nel preminente
interessedeifigli,devefarfronte
per intero alle loro esigenze con
tuttelesuesostanzepatrimoniali
e sfruttando la propria capacità
di lavoro, salva la possibilità di
convenire
in
giudizio
l’inadempiente per ottenere un
contributo”; questo orientamento
è stato confermato da Cass., 16
settembre 2011, ord. n. 19015 e
Cass., 30 settembre 2010, n.
20509, che ha precisato:
“pertanto
l’obbligo
degli
ascendentidifornireaigenitorii
mezzi necessari affinché possano
adempiere i loro doveri nei
confronti dei figli - che investe
contemporaneamente tutti gli
ascendenti di pari grado di
entrambi i genitori - va inteso
non solo nel senso che
l’obbligazionedegliascendentiè
subordinatae,quindi,sussidiaria
rispetto a quella, primaria, dei
genitori, ma anche nel senso che
agli ascendenti non ci si possa
rivolgereperunaiutoeconomico
per il solo fatto che uno dei due
genitori non dia il proprio
contributo al mantenimento dei
figli, se l’altro genitore è in
grado di mantenerli”, e continua
atrovareadesionenellepronunce
dei giudici di merito, Trib.
Bologna,2febbraio2006,n.282,
i nIl merito, 2006, 5, 44; Trib.
Roma, 7 aprile 2004, inGiur.
merito, 2004, 7-8, I, 1332; Trib.
Napoli, 8 marzo 2001, incd rom
Fam. e dir., Ipsoa; Trib. Milano,
30giugno2000,inFamilia,2001,
5, 534. Tuttavia, secondo Cass.,
16settembre2011,ord.n.19015
“la natura sussidiaria delle
obbligazioni degli ascendenti di
cui all’art. 148 c.c. comporta che
esse siano esercitabili anche
allorché uno dei due genitori
“non possa o non voglia
adempiere al proprio dovere”
(così Cass., n. 20509 del 2010),
con conseguente concorrenza
degli ascendenti in solido, nei
confronti del genitore che
provvedeamantenereilminore”.
(482) Corte cost. 14 giugno
2002,n.236.
(483) Cass. 17 aprile 2007, n.
9132.
(484) Art. 709-ter c.p.c.
(Soluzione delle controversie e
provvedimenti in caso di
inadempienzeoviolazioni).
“Per
la
soluzione
delle
controversieinsortetraigenitori
in ordine all’esercizio della
potestà genitoriale o delle
modalità dell’affidamento è
competente il giudice del
procedimento in corso. Per i
procedimenti di cui all’articolo
710ècompetenteiltribunaledel
luogodiresidenzadelminore.
A seguito del ricorso, il giudice
convoca le parti e adotta i
provvedimentiopportuni.Incaso
di gravi inadempienze o di atti
che
comunque
arrechino
pregiudizio al minore od
ostacolinoilcorrettosvolgimento
delle modalità dell’affidamento,
puòmodificareiprovvedimentiin
vigore
e
può,
anche
congiuntamente: 1) ammonire il
genitore
inadempiente;
2)
disporre il risarcimento dei
danni, a carico di uno dei
genitori, nei confronti del
minore;
3)
disporre
il
risarcimento dei danni, a carico
di uno dei genitori, nei confronti
dell’altro; 4) condannare il
genitore
inadempiente
al
pagamento di una sanzione
amministrativapecuniaria,daun
minimo di 75 euro a un massimo
di 5.000 euro a favore della
Cassadelleammende.
I provvedimenti assunti dal
giudice del procedimento sono
impugnabilineimodiordinari.”
(485) per un approfondimento,
v . DE FILIPPIS, Affidamento
condiviso dei figli nella
separazione e nel divorzio, op.
cit., 148 ss.: DOGLIOTTI (a cura
d i ) ,Affidamento condiviso e
diritti dei minori (Legge 8
febbraio
2006,
n.
54),
Giappichelli,Torino,2008.
(486)Cass.15febbraio2012,n.
2170; Trib. Roma 17 febbraio
2012,n.3304eTrib.Varese,ord.
7 maggio 2010, inbanca dati
Lex24 Il Sole24Ore; Trib.
Modena29gennaio2007(eTrib.
Modena 21 luglio 2006): “Le
sanzioniprevistedall’art.709-ter
c.p.c. sono applicabili anche
nelle ipotesi di inadempimenti
concernenti
le
statuizioni
d’ordine patrimoniale, e non
soltanto a quelle concernenti
l’affidamento dei figli. Ciò in
quanto
la
richiamata
disposizione normativa sanziona
le “gravi inadempienze”, e tali
possono sicuramente essere gli
inadempimenti
d’ordine
economico, trattandosi di crediti
alimentari sanzionati anche
penalmente, e, quindi, già
sottoposti a valutazione di
gravità da parte del legislatore
penale”; Trib. Bologna, decreto
19 giugno 2007, che si è
pronunciato in una controversia
relativa alla misura ed alle
modalità di ripartizione delle
spese straordinarie sostenute
nell’interesse del figlio minore;
Trib.ReggioEmilia,ordinanza30
aprile 2007, ha affermato che “il
perduranteinadempimentodiuno
dei coniugi nel versamento delle
sommeposteasuocaricoatitolo
di concorso nel mantenimento
della moglie e della figlia
giustifica il suo ammonimento ai
sensi dell’art. 709-ter c.p.c.”;
Trib. Modena, ordinanza 7 aprile
2006,
in
un
caso
di
inadempimento dell’obbligo di
corresponsione dell’assegno a
favoredelfiglio,harichiamatoil
genitore “all’adempimento dei
propri obblighi sanciti dal
provvedimento
presidenziale,
tramite l’ammonimento e la
conseguente inflizione della
sanzione del pagamento di una
sanzione
amministrativa
pecuniaria a favore della Cassa
delle
ammende,
salvo
successivamente disporre, nel
caso
di
protrazione
dell’inottemperanzaedispecifica
prova dei danni, il risarcimento
patrimoniale a carico del
convenuto”. Il testo integrale dei
citati provvedimenti è pubblicato
suwww.minoriefamiglia.it.
In senso contrario, C. App.
Caltanissetta,ord.3maggio2012,
i nIl Sole 24 Ore, Guida al
Diritto, 2012, 25, pg. VII,
annotata da PORRACCIOLO,
secondo cui “L’articolo 709-ter
del Cpc persegue lo scopo di
meglio
disciplinare
le
conseguenze
dell’affidamento
condiviso e di fornire uno
strumento per la soluzione dei
conflitti tra genitori che
riguardino i figli. Ne consegue
che
l’inadempimento
degli
obblighi patrimoniali (nella
specie:nonpuntualenécompleto
versamento dell’assegno di
mantenimento disposto in favore
delle figlie minorenni; omesso
rimborso della quota dovuta per
le spese straordinarie sostenute
dall’altro genitore nell’interesse
della prole minorenne) non
integra gli estremi delle gravi
inadempienze o degli atti che
comunque arrechino pregiudizio
al minore od ostacolino il
corretto
svolgimento
delle
modalità dell’affidamento, e
dunquenonèpunibileconalcuna
dellesanzioniprevistenelcomma
2°dellostessoarticolo709-ter.”.
In dottrina, v. DE FILIPPIS,
Affidamento condiviso dei figli
nella separazione e nel divorzio,
op. cit., 149, secondo il quale
“l’espressione
‘modalità
dell’affidamento’ deve essere
intesa in senso ampio, con
riferimento anche alle modalità
di carattere economico, relative
al mantenimento diretto o
indiretto(assegno)dellaprole”.
(487) Trib. Roma, 17 febbraio
2012n.3304,inbancadatiLex24
Il Sole24Ore. Secondo Trib.
Messina, 5 aprile 2007, est.
Russo, inFam. e dir., n. 1/2008,
60 ss., con nota di LA ROSA, il
risarcimentodeldannoexart.709
ter c.p.c. nn. 2 e 3, è una misura
che può essere considerata alla
stregua dei“punitive damages
dell’esperienza
anglosassone,
vale a dire sanzioni inflitte
all’autore di un comportamento
illecito e cioè una condanna al
risarcimentodeldannochenonè
diretta a compensare ma a
punire, al fine di dissuadere chi
ha commesso l’atto illecito dal
commetternealtri”.
(488) Trib. Messina, 5 aprile
2007, cit.; sotto il profilo
processuale, GRAZIOSI (a cura
di),Iprocessidiseparazioneedi
divorzio, Giappichelli, Torino,
2008,sostienecheilgiudicenon
possa procedere d’ufficio e sia
necessarialadomandadellaparte
i n t e r e s s a t a ;contra,
LUPOI,
Commentoall’art.709tercpc, in
Commentario breve al codice di
proceduracivile,acuradiCarpiColesanti- Taruffo, Cedam,
Padova, 2006, ritiene possibile
perilgiudiceprocedered’ufficio
relativamente all’ammonimento
ed alla condanna a sanzione
pecuniaria.
(489)
D’ANGELO,
Il
risarcimento del danno come
sanzione? Alcune riflessioni sul
nuovo art. 709 ter c.p.c., in
Familia,2006,1031.
(490)Nellepronuncedeigiudici
di merito che dispongono in
ordinealrisarcimentoexart.709
ter c.p.c. si rileva che la misura
risarcitoria è applicata a
prescinderedall’accertamentodel
danno e delle sue conseguenze,
rapportandola, viceversa, alla
gravità della condotta, con ciò
aderendo alla soluzione che
assimila questa tipologia di
risarcimento ai danni punitivi, e
nonalladisciplinaexart.2043e
2059c.c..
In
analoghi
casi
di
inadempimento dell’obbligo di
mantenimento, si è anche
riconosciuta la sussistenza di un
dannoesistenziale.CosìilTrib.di
Modena, con ordinanza del 12
settembre 2006, inIl merito,
2007, 1-2, 4, in un caso di
mancato mantenimento da parte
delpadrenaturale,taledichiarato
giudizialmente,
ritenuta
la
violazione degli artt. 147, 148 e
261 c.c., e la conseguente
sussistenzadiundannodinatura
esistenziale nei confronti del
figlio naturale e della di lui
madre, ha condannato il genitore
al risarcimento del danno da
costoro subito, nonché al
rimborsodellesommespesedalla
madre per il mantenimento del
figliostesso,eatuteladelcredito
ha autorizzato il sequestro
conservativo
sui
beni
dell’obbligato e sulle somme e
cose al medesimo dovute. V.
anche Cass., 7 giugno 2000, n.
7713, inFam. e dir. , 2001, 159,
con nota di DOGLIOTTI, che ha
affermato
la
responsabilità
aquiliana del padre naturale che,
successivamente
alla
dichiarazionegiudiziale,peranni
avevarifiutatodicorrispondereal
figlioimezzidisussistenza.
(491) TOMMASEO, Riflessioni
sulle impugnazioni e sui reclami
nel diritto di famiglia e delle
persone (In particolare, nella
disciplina della separazione di
cuiallaleggen.54del2006), in
Fam.edir. ,1,2008,97ss.Cass.,
220ttobre2010,n.21718.
(492) Cass., 22 ottobre 2010, n.
21718;Cass.,22gennaio2009,n.
1611.
(493)SecondoCass.,4dicembre
1996, n. 10813, inGiust. civ.
Mass., 1996, 1670, “in tema di
separazione
personale
dei
coniugi, l’ordine al terzo di
versare direttamente agli aventi
diritto parte delle somme di
denaro periodicamente dovute
all’obbligato può estendersi
anche all’assegno in favore dei
figliminori,nonostantel’art.156
c.c. richiami il precedente art.
155 solo nel comma 4 (dove è
prevista l’imposizione di idonee
garanzierealiepersonali)”.
(494)CorteCost.18aprile1997,
n.99,inForoit.,1998,I,3074,ha
affermato
che
“al
pari
dell’estensibilità dell’ordine di
distrazione delle somme previsto
dall’art. 148 cod. civ. - che può
essere
applicato,
secondo
costantegiurisprudenza,ancheai
figli naturali, e che ammette la
possibilitàdiunatuteladelfiglio
nei confronti del genitore
mediante ordine ai terzi debitori
di distrazione di una parte dei
redditi di chi è obbligato al
mantenimento - anche il
sequestro di cui all’art. 156 cod.
civ.èunaformadiattuazionedel
principio di responsabilità
genitoriale, il quale postula che
sia data tempestiva ed efficace
soddisfazione alle esigenze di
mantenimentodelfiglio(sentenza
n. 258 del 1996), a prescindere
dalla qualificazione dello status.
La norma che tale disposizione
esprime deve pertanto ritenersi
ugualmente applicabile (al di
fuori del procedimento di
separazione), da parte del
giudice competente (v. sentenza
n.23del1996)nellecontroversie
concernenti il mantenimento dei
figli naturali poiché il sequestro
de quo consiste, secondo quanto
detto, in un ulteriore mezzo di
tutela
speciale
ma
non
eccezionaledellaprole.”
(495) OBERTO, I rimedi
all’inadempimento degli obblighi
di mantenimento nell’ambito
dellacrisidellafamiglia, inFam.
edir.,n.1,2008,82.
(496)
Sul
criterio
di
proporzionalità
richiamato
dall’art. 148 c.c., v. Cass. 16
ottobre 1991, n. 1090,Giust. civ.
Mass. 1991, fasc. 10, "l’art. 148
c.c.,nelprescriverecheentrambi
i
coniugi
adempiano
all’obbligazionedimantenimento
dei figli in proporzione alle
rispettive sostanze e secondo la
loro capacità di lavoro
professionale o casalingo, non
detta un criterio automatico per
la
determinazione
dell’ammontare dei rispettivi
contributi, fornito dal calcolo
percentuale dei redditi dei due
soggetti (che finirebbe per
penalizzare il coniuge più
debole), ma prevede un sistema
più completo ed elastico di
valutazione,chetengacontonon
solodeiredditi,maanchediogni
altra risorsa economica e delle
cennate capacità di svolgere
un’attività
professionale
o
domestica,echesiesprimasulla
base di un’indagine comparativa
delle condizioni - in tal senso
intese-deidueobbligati".
(497) Trib. Firenze, 3 ottobre
2007, inFam.edir,n.1/2008,39
ss.
(498)
CosìDE FILIPPIS,
Affidamento condiviso dei figli
nella separazione e nel divorzio,
op. cit., 104. Cass. 21 giugno
2011, n. 13630 ha precisato che
“ai fini della quantificazione
dell’assegnodimantenimentoper
i figli devono essere presi in
considerazione una serie di
parametri che, all’esito di una
valutazioneolisticaecomparata,
portino ad una individuazione
dell’apportodinaturaeconomica
a carico del genitore che,
essenzialmente,tengacontodelle
esigenzedeiminori.Esigenzeche,
pur collegate all’età, non
possono prescindere – nel
rispetto del principio di
proporzionalità che presiede
all’obbligo di mantenimento –
dalle risorse economiche dei
genitori, dal tenore di vita già
goduto e, in definitiva, dalle
aspettative che derivano, o
possono
derivare,
dalla
collocazione
sociale
della
famiglia”.
(499) Una analitica indicazione
dei parametri rilevanti ai fini
della determinazione del c.d.
‘assegno perequativo’ è stata
svolta dal Tribunale di Bologna
nella pronuncia del 9/22 maggio
2006, inwww.minoriefamiglia.it.,
doverisultanoconsiderati:icosti
abitativi sostenuti da entrambi i
genitori; la nascita di un nuovo
figlio di uno dei due; le
aumentate esigenze del figlio nel
tempo; il miglioramento della
condizione economica del padre;
i tempi della presenza del figlio
presso ciascun genitore; il
patrimonio complessivo e la
valutazione comparativa dei
redditi di questi, ed infine il
valore dei compiti domestici e di
cura sostenuti dalla madre
conviventeconilfiglio.
(500) Cass., 21 giugno 2011 n.
13630, secondo cui “ai fini della
determinazione dell’assegno di
mantenimento a favore del figlio
minore, le buone risorse
economichedell’obbligatohanno
rilievo non soltanto nel rapporto
proporzionale col contributo
dovuto dall’altro genitore, ma
anche in funzione diretta di un
più ampio soddisfacimento delle
esigenze del figlio, posto che i
bisogni, le abitudini, le legittime
aspirazionidiquesto,eingenere
le sue prospettive di vita, non
potrannononrisentiredellivello
economico - sociale in cui si
collocalafiguradelgenitore”.
(501) Cass., 16 maggio 2008, n.
12461.
(502) Cass., 19 marzo 2002, n.
3974.
(503) Cass., 18 agosto 2006, n.
18187; Cass., 2 maggio 2006, n.
10119.
(504) A RCERI, Onere di
mantenimentodellaproleetempi
di permanenza presso ciascun
genitore,
nell’affidamento
alternato e nell’affidamento
condiviso, inFam. e dir., n. 4,
2008,392,osservache“sepureè
vero che con l’affidamento
condivisononsièintesoimporre
una suddivisione rigidamente
paritaria
dei
tempi
di
permanenza del figlio presso
l’uno o presso l’altro genitore, è
altrettanto vero che la legge ha
inteso assicurare che tali tempi
siano tali da assicurare una
presenza significativa, nella vita
del figlio, a ciascuna figura
parentale, dando per scontato,
quindi,cheindettiperiodidinon
sporadica frequentazione, il
genitore convivente provveda in
tuttoepertuttoalleesigenzedel
figliostesso”.
(505)Cass.,17gennaio2001,n.
566,inGiust.civ.Mass .2001,99,
secondo cui, in mancanza di
diverse
disposizioni“il
contributo al mantenimento dei
figli minori, determinato in una
sommafissamensileinfavoredel
genitore
affidatario,
non
costituiscailmerorimborsodelle
spese sostenute dal suddetto
affidatario
nel
mese
corrispondente, bensì la rata
mensile di un assegno annuale
determinato, tenendo conto di
ogni altra circostanza emergente
dal contesto, in funzione delle
esigenze della prole rapportate
all’anno; ne consegue che il
genitore non affidatario non può
ritenersisollevatodall’obbligodi
corresponsione dell’assegno per
iltempoincuiifigli,inrelazione
alle modalità di visita disposte
dal giudice, si trovino presso di
lui ed egli provveda pertanto, in
modo esclusivo, al loro
mantenimento”;
v.
anche,
recentemente, Cass., 3 agosto
2007,n.17055.
(506)Cass.,sez.I,3luglio1999,
n. 6872, inGiust. civ. Mass. ,
1999, 1551; Cass., 22 marzo
2005,n.6197.
(507) Cass. 24 gennaio 2007, n.
1607.
(508)Cass.,8novembre1997,n.
11025; Cass., 17 settembre 1992,
n.10659,secondocui,lamancata
occupazione lavorativa del
genitore non affidatario non ha
effetto di per sé ai fini della
contribuzione al mantenimento
dei figli, dovendosi tenere conto
della complessiva situazione
patrimonialedell’obbligato.
(509) Secondo Cass., 3 agosto
2007, n. 17055, il canone di
locazione sostenuto dal genitore
affidatario assume rilevanza ai
fini della determinazione del
contributo di mantenimento del
minore a carico dell’altro
genitore.
(510) Cass., 16 maggio 2005, n.
10197, inFam. pers. e succ.,
2005,456.
(511) Cass., 22 marzo 2012, n.
4551;Cass.30novembre2007,n.
25010;Cass.,22novembre2000,
n.15065,inFam.edir.,2001,34.
(512) Cass., 12 marzo 2012, n.
3923; Cass., 11 agosto 2011, n.
17195; Cass. 3 agosto 2007, n.
17043;Cass.24febbraio2006,n.
4203.
(513) Cass., 24 aprile 2001, n.
6017, inFamilia,2001,864,“per
determinare
la
misura
dell’assegno di mantenimento
occorre considerare l’onere
economico, gravante sul coniuge
obbligato,
derivante
dal
mantenimento di figli nati da
relazioneextraconiugale,manon
il preteso onere di mantenimento
dellaconviventemoreuxorio”.
(514) Trib. Firenze, 3 ottobre
2007,cit.
(515) TOMMASEO, Le nuove
norme
sull’affidamento
condiviso: b) Profili processuali ,
cit., 388 e ss., rileva che “il dare
le informazioni economiche è
oggettodiundovereenondiun
onere: qui le parti hanno un
doverediveridicitàcoordinatoa
un dovere di collaborazione, e il
giudice ha tutti i poteri per
integrare e colmare le eventuali
insufficienze
della
documentazioneprodotta”.
(516) GRAZIOSI (a cura di),I
processi di separazione e di
divorzio,op.cit.,96;nellostesso
sen so ,DE FILIPPIS, Affidamento
condiviso dei figli nella
separazione e nel divorzio, op.
cit., 113, secondo il quale “la
collocazione della disposizione
nell’ambito dei provvedimenti
relativiaifigli,inducearitenere
che essa non possa applicarsi ai
rapportipatrimonialitraconiugi,
valeadire,nonpossaapplicarsi
né in assenza di figli, né, ove gli
stessi esistano, qualora non vi
siano questioni aperte in ordine
allerispettivecontribuzioniperil
loromantenimento.”
(517) GRAZIOSI (a cura di),I
processi di separazione e di
divorzio,op.cit.,96ess.
(518) Cass. 19 luglio 1999, n.
7662, inGuida al Dir. 1999, 83;
inGiur.It .2000,465,connotadi
LoBasso.
(519) Cass., 5 maggio 1999, n.
4459, interpretando il previgente
testo dell’art. 155 c.c. aveva già
precisato che “il concetto di
"spese straordinarie" è ben
distinto, dal punto di vista
ontologico, e da quello delle
coerenti implicazioni giuridiche,
dalla nozione di "scelte
straordinarie" invocato dal
ricorrente (rectius, "decisioni di
maggiore interesse", secondo il
disposto della norma richiamata
edelcorrispondenteart.155c.c.
perilcasodiseparazione),intese
come
decisioni
che
più
marcatamenteincidonosullavita,
sull’istruzione e sui valori guida
nell’educazione dei figli. E se
pureèverocheassaidifrequente
la realizzazione di scelte siffatte
comporta esborsi straordinari,
ovvero,sottooppostaprospettiva,
che l’erogazione di tali esborsi
trova il proprio presupposto in
momenti decisionali attinenti ad
aspetti importanti della vita dei
figli, è, tuttavia, altrettanto vero
che l’interferenza tra le due
categorie non ne determina la
coincidenza,
ben
potendo
ipotizzarsidecisionifondamentali
privedispesa(adesempioquelle
che attengono all’educazione
religiosa) e, per converso,
decisioni non rilevanti dal punto
di
vista
della
vita
e
dell’educazione dei minori e,
tuttavia, assai onerose sul piano
economico (si pensi a viaggi
all’estero o, per altro aspetto, a
necessarie terapie mediche)”, ed
era giunta così ad escludere un
obbligo di concertazione del
genitoreaffidatarioconl’altro,in
ordine alle spese straordinarie,
fatto salvo comunque il dovere
del genitore affidatario di
coinvolgere l’altro genitore nelle
relative decisioni; v. anche,
recentemente, Cass., 17 dicembre
2007, n. 26750 che ha ritenuto
giustificato il rifiuto opposto dal
padre a contribuire alla spesa di
uninterventodichirurgiaestetica
dellafiglia,chenonavevafinalità
curativa ed era stato deciso
unilateralmente dalla madre, in
quanto era da annoverarsi tra le
decisioni di maggior importanza,
o di indirizzo, e avrebbe dovuto
essere previamente concordato
conl’altrogenitore.
In dottrina, A RCERI, Onere di
mantenimentodellaproleetempi
di permanenza presso ciascun
genitore,
nell’affidamento
alternato e nell’affidamento
condiviso, cit., 389, sostiene che
“nel caso di spese straordinarie
"pure", ben può affermarsi che
l’obbligo
di
preventiva
concertazione assolve più che
altro ad una esigenza di
collaborazione
e
buona
comunicazione tra i genitori, ma
non incide senz’altro sulla
sussistenza e configurabilità del
dirittoalrimborsoafavoredichi
lehaanticipate”.
(520) v. Cass., 26 settembre
2011,n.19607;nelcasodispecie
si è sostenuto che “le spese di
soggiorno negli U.S.A. per la
frequentazione di corsi di lingua
inglese devono considerarsi una
spesa di sicura utilità, se non
addirittura necessaria, rispetto
alleesigenzediapprendimentodi
una studentessa universitaria di
lingue
intenzionata
a
intraprendere la professione di
interprete”, nonostante il padre,
dichiarato tenuto al rimborso pro
quota,nonavessepartecipatoalla
decisione.
(521)Cass.14febbraio2007,n.
3336; in dottrina,DE FILIPPIS, Il
matrimonio, la separazione dei
coniugi ed il divorzio, op. cit.,
381, sostiene che “in assenza di
esplicite previsioni, si può
ritenere che i genitori debbano
provvedere anche alle spese
straordinarie, impreviste o non
previste,
‘in
misura
proporzionalealproprioreddito’
”.
(522)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio,
la separazione dei coniugi ed il
divorzio,op.cit.,381.
(523)Cass.,24febbraio2011,n.
4543; Cass. 28 gennaio 2008, n.
1758.
(524)Cass.,24febbraio2011,n.
4543; Cass. 28 gennaio 2008, n.
1758.
(525) A RCERI, Onere di
mantenimentodellaproleetempi
di permanenza presso ciascun
genitore,
nell’affidamento
alternato e nell’affidamento
condiviso,cit.,389.
(526) Cass., 23 maggio 2011, n.
11316
(527) Cass. 25 maggio 2007, n.
12308;Cass.17gennaio2001,n.
566.
(528) Cass. 25 maggio 2007, n.
12308,inFam.edir.,n.10,2007,
947,
ha
motivato
tale
orientamento precisando che “le
spesedimantenimentodeiminori
che il coniuge affidatario di
questi deve sopportare con
incidenza prevalente (ovvero le
spese generali di alloggio e di
organizzazione
domestica)
persistono senza soluzione di
continuità
e
sono
tendenzialmente illimitate, vuoi
perchè il diritto-dovere del
genitorenonaffidatarioditenere
i figli presso di sè per taluni
periodi(dellasettimana,delmese
o dell’anno) potrebbe, in
concreto, non venire esercitato,
vuoi perché sarebbe impossibile
o estremamente difficile, in
relazione ai periodi nei quali è
previsto che i minori vadano a
stare con il genitore non
affidatario, eliminare le spese
generali sopraindicate. … Ciò,
tuttavia,nonescludecheancheil
genitore non affidatario debba
approntare le condizioni per
poter tenere con sè i minori nei
periodi prefissati, ma tale
obbligo, in quanto limitato nel
tempo (e questa è la normalità
della
regolamentazione
giudiziariadell’affidamento),può
essere
assolto
con
una
organizzazioneche,puridoneae
sufficiente allo scopo, sia
connotatadallasuacorrelazione
con la precarietà e con la
temporaneità dell’obbligo stesso,
onde,comevisonospeseche,nei
menzionati periodi, il genitore
affidatario non sopporta (vitto e
curaquotidianadeiminori),così
visonospese(quelleoraindicate
ed altre) che, in relazione
particolarmente alla quantità e
alladuratadeiperiodineiqualiè
previsto che i minori medesimi
debbano vivere con il genitore
non affidatario, quest’ultimo è
tenuto a sopportare, potendo
similicircostanzegiustificareuna
riduzione proporzionale della
misuradelcontributo”.
(529) Cass., 23 ottobre 2007, n.
22255; Cass., 2 maggio 2006, n.
10119; Cass., 3 novembre 2004,
n.21087.
(530) Cass., 2 marzo 1994, n.
2051,inFam.edir.,1994,266.
(531)Cass.,21febbraio2006,n.
3747; Cass., 2 febbraio 2005, n.
2088; Cass., 17 giugno 2004, n.
11342,inGiust.civ.,2005,I,415;
Cass.,6febbraio2004n.2288,in
Guida al dir. , 2004, n. 19, 54,
secondocui“possonodirsidiretti
a realizzare interessi meritevoli
di tutela secondo l’ordinamento
giuridico, ex articolo 1322,
comma2,delcodicecivile,tuttii
contrattiatipicinoncontrarialla
legge, all’ordine pubblico e al
buoncostume”.
(532) Cass., 17 giugno 2004, n.
11342,inGiust.civ.,2005,I,415,
ha espresso tale orientamento in
uncasoincuiilpadre,cheaveva
assuntol’impegnoditrasferireun
immobile alla figlia, era stato
convenuto in giudizio per
l’esecuzione specifica ai sensi
dell’art. 2932 c.c., aveva chiesto
la risoluzione della pattuizione
deducendol’inadempimentodella
madre all’obbligazione, da costei
assunta nel medesimo accordo di
separazione tra coniugi, di
consentirechelafiglialovedesse
efrequentasse.
(533)Cass.,5settembre2003,n.
12939.
(534) In dottrina, A UTORINO
STANZIONE, Conseguenze del
divorzio rispetto ai figli, in
STANZIONE,
MUSIO,
Il
divorzio.Disciplina, procedure e
profili comparatistici, Ipsoa,
Milano, 2002, 152; OBERTO,
Famigliaerapportipatrimoniali.
Questioni d’attualità, Giuffrè,
Milano,
2002,
681;
Id.,
Prestazioni "una tantum" e
trasferimenti tra i coniugi in
occasione di separazione e
divorzio, in Collana «Biblioteca
del Diritto di Famiglia », diretta
da Dogliotti, IPSOA, Milano,
2000,149ss..
(535) Art. 2645-ter c.c.
(Trascrizione
di
atti
di
destinazione per la realizzazione
di interessi meritevoli di tutela
riferibiliapersonecondisabilità,
apubblicheamministrazioni,oad
altri enti o persone fisiche).“Gli
atti in forma pubblica con cui
beni immobili o beni mobili
iscritti in pubblici registri sono
destinati, per un periodo non
superioreanovantaannioperla
durata della vita della persona
fisica
beneficiaria,
alla
realizzazione
di
interessi
meritevoli di tutela riferibili a
persone con disabilità, a
pubbliche amministrazioni, o ad
altri enti o persone fisiche ai
sensidell’articolo1322,secondo
comma, possono essere trascritti
al fine di rendere opponibile ai
terzi il vincolo di destinazione;
per la realizzazione di tali
interessi può agire, oltre al
conferente, qualsiasi interessato
anche durante la vita del
conferentestesso.Ibeniconferiti
e i loro frutti possono essere
impiegati
solo
per
la
realizzazione del fine di
destinazioneepossonocostituire
oggetto di esecuzione, salvo
quanto previsto dall’articolo
2915, primo comma, solo per
debiticontrattipertalescopo.”
(536) Trib. Reggio Emilia,
decreto 23 marzo 2007, inIl
CorrieredelMerito,2007,6,699,
ha ritenuto “valido, in quanto
aventecausalecita,l’accordotra
coniugi, raggiunto in sede di
verbale
di
separazione
consensuale, con il quale l’uno
trasferisce
all’altro,
in
adempimento dell’obbligo di
mantenimento dei figli minori,
talune porzioni immobiliari, con
l’impegno di quest’ultimo di non
alienarli prima della maggiore
etàdeibeneficiariedidestinarne
i frutti in loro favore, e detto
accordo, ove trascritto ai sensi
dell’art. 2645 ter c.c., è
opponibile erga omnes”. Il
decreto 23.3.07 del Trib. di
Reggio Emilia richiama in
motivazione Cass., 17 giugno
2004, n. 11342, cit., secondo cui
“l’accordo di separazione che
contenga l’impegno di uno dei
coniugi, al fine di concorrere al
mantenimento del figlio minore,
di trasferire, in suo favore, la
piena proprietà di un bene
immobile,
trattandosi
di
pattuizione che dà vita ad un
contratto atipico, distinto dalle
convenzioni matrimoniali e dalle
donazioni, [è] volto a realizzare
interessi meritevoli di tutela
secondol’ordinamentogiuridico,
aisensidell’art.1322cod.civ.”.
Indottrina,OBERTO,Vincoli di
destinazione ex art. 2645-ter c.c.
e rapporti patrimoniali tra
coniugi,inFam.edir. ,n.2,2007,
202,secondoilquale“ènotoche
latesiormaiprevalenteaffermail
carattere
atipico
delle
convenzioni e dei relativi regimi
patrimoniali:
se
dunque
all’autonomia
negoziale
è
concesso di liberamente dar vita
a convenzioni matrimoniali
disegnanti regimi diversi da
quelli previsti dagli artt. 159 ss.
c.c., a maggior ragione sarà
consentitoaiconiugidiavvalersi
di strumenti negoziali tipici
(ancorché non previsti da norme
tipicamente giusfamiliari) per
conseguireilrisultatodiottenere
un regime divergente da quelli
legislativamente nominati come
tali.”. Né, secondo l’Autore,
significative obiezioni possono
insorgere “avuto riguardo al
carattere
essenzialmente
unilaterale dell’atto costitutivo
del vincolo”; a maggior ragione
“potrà
riconoscersi
nella
creazione del vincolo ex art.
2645-ter c.c., alle condizioni
predette,
la
natura
di
convenzione
matrimoniale,
allorquandoilnegoziocostitutivo
nell’interesse della famiglia
assumaunastrutturabilateraleo
plurilaterale (si pensi alla
costituzionediunvincolosubeni
dientrambiiconiugie/oditerzi,
sullabasediunaccordotratuttii
soggetti coinvolti) e pertanto
possa
qualificarsi
come
"convenzione", cioè accordo di
dueopiùsoggetti.”.
(537) Iltrustèunistitutocreato
dai tribunali di equità dei Paesi
dellacommonlaw,regolamentato
dalla Convenzione adottata a
L’Ajail1°luglio1985,ratificata
dall’Italia e resa esecutiva con
legge 16 ottobre 1989, n. 364, in
vigore dal 1° gennaio 1992. Il
trust non ha una disciplina
civilistica interna al nostro
ordinamento, ma trova tuttavia
legittimazione a seguito di detta
legge di ratifica. In base all’art.
21 della Convenzione, l’Italia è
tenuta a riconoscere, con gli
effetti giuridici minimi previsti
dall’articolo 11 della stessa
Convenzione, itrust costituiti in
Paesi che li regolano nelle
rispettive legislazioni, salve
restando solo le proprie
competenze in tema di ordine
pubblico ed in materia fiscale, in
forza degli articoli 18 e 19 della
Convenzione.
Recentemente, l’articolo 1,
commida74a76dellalegge27
dicembre 2006, n. 296 (legge
finanziaria 2007), ha introdotto
per
la
prima
volta
nell’ordinamento
tributario
nazionale disposizioni in materia
d itrust, includendo itrust tra i
soggetti passivi dell’imposta sul
redditodellesocietà(IRES).Intal
modoèstatariconosciutaaltrust
un’autonoma
soggettività
tributaria rilevante ai fini
dell’imposta tipica delle società,
degli enti commerciali e non
commerciali.
Ai sensi dell’art. 2 della
Convenzione,
pertrust si
intendono “i rapporti giuridici
istituiti da una persona, il
costituente - con atto tra vivi o
mortis causa - qualora dei beni
sianostatipostisottoilcontrollo
di un trustee nell’interesse di un
beneficiario o per un fine
specifico.
Il trust presenta le seguenti
caratteristiche:
a) i beni del trust costituiscono
una massa distinta e non fanno
partedelpatrimoniodeltrustee;
b)ibenideltrustsonointestatia
nome del trustee o di un’altra
personapercontodeltrustee;
c)iltrusteeèinvestitodelpotere
e onerato dell’obbligo, di cui
deve
rendere
conto,
di
amministrare, gestire o disporre
benisecondoiterminideltruste
le norme particolari impostegli
dallalegge.”
(538)v.Trib.Milano,decretodi
omologa
di
verbale
di
separazione consensuale, del
23.2.2005,
inRivista del
notariato, 2005, 4, 85, che ha
ritenutoomologabileilverbaledi
separazioneconsensualetralecui
condizioni era contemplato
l’obbligo di un coniuge ad
istituire intrust un immobile di
sua proprietà con la finalità di
adibirloadabitazionedellafiglia
e dell’altro coniuge, con
previsione
dell’obbligo
di
trasferimento
dello
stesso
immobile
alla
figlia
al
compimento dei suoi trent’anni;
Trib. Milano, decreto di omologa
di verbale di separazione
consensuale, del 7 giugno 2006,
i nTrusts e attività fiduciarie,
ottobre 2006, 575, che contiene
l’istituzione
di
untrust
autodichiarato, con la finalità di
“perpetuareibeneficiconnessial
preesistente fondo patrimoniale
anche per i casi in cui il fondo
stesso
dovesse
cessare,
mantenendo il vincolo di
destinazioneimpressoaibenidel
fondo per soddisfare i bisogni
della famiglia, assicurando ai
figli B. e A., alla madre e, ove
necessario, al padre, lo stesso
tenoredivitagodutoincostanza
diconvivenzadeigenitori,sinoa
che i figli non avranno
completato il ciclo di studi e
avranno raggiunto l’autonomia
economica”. Itrusteeeranoidue
coniugidisponenti.
(539) DE FILIPPIS, Affidamento
condiviso dei figli nella
separazione e nel divorzio , op.
cit.,119ss.
(540) Cass., 3 agosto 2007, n.
17055.
(541) Cass., 20 maggio 2006, n.
11891,inDir.egiust.,2006,f.25,
18.
(542) Cass., 22 marzo 2012, n.
4551; Cass., 30 novembre 2007,
n.25010;Cass.,27gennaio2004,
n. 1398, inGuida al dir., 2006,
46, 38, con nota di PADALINO;
Cass., 22 novembre 2000, n.
15065, inGuida al dir., 2001, 4,
80.
(543) Cass., 30 novembre 2007,
n. 25010, pur respingendo il
ricorso ritenendo “corretta la
decisione del giudice di secondo
grado di non attribuire alcun
rilievo, ai fini della richiesta
riduzione
della
misura
dell’assegno divorzile, ai nuovi
oneri
assunti
dall’attuale
ricorrente per effetto della
costituzione di un nuovo nucleo
familiare, avuto riguardo alla
complessiva
situazione
patrimoniale dello stesso, di
consistenza tale da rendere
irrilevanti, ai fini che qui
interessano,dettinuovioneri”,ha
ammesso la possibilità di
revisione per tali motivi,
precisando che “ove, a sostegno
della richiesta, siano allegati
sopravvenuti oneri familiari
dell’obbligato, il giudice deve
verificare
se
detta
sopravvenienza determini un
effettivo depauperamento delle
sue sostanze, facendo carico
all’istante - in vista di una
rinnovata
valutazione
comparativa della situazione
delle parti - di offrire un
esauriente quadro in ordine alle
proprie condizioni economicopatrimoniali”.Nellostessosenso,
v. anche Cass., 11 settembre
2007, n. 19065; Cass., 23 agosto
2006, n. 18367, inGuida al dir. ,
2006, 37, 60, con nota di
GALLUZZO.
(544) Cass., 16 ottobre 2003, n.
15481, inGiust.civ.Mass ., 2003,
10.
(545) Cass., 7 gennaio 2008, n.
28.
(546) Cass., 12 marzo 2012, n.
3922;Cass.,26settembre2011,n.
19589; Cass. 7 gennaio 2008, n.
28.
(547)Cass.,ord.5maggio2011,
n.9936.
(548) Cass., 26 settembre 2011,
n. 19589; Cass., 16 giugno 2011,
n.13184;Cass.,24gennaio2011,
n. 1611;Cass., 6 novembre 2006,
n. 23673, inDir. e giust ., 2006;
conformi:Cass.,7aprile2006,n.
8221,inFam.,pers.esucc.,2006,
582;Cass.,4aprile2005,n.6975,
i nDir. e giust ., 2005, f. 24, 27;
Cass.,1dicembre2004,n.22500;
Cass., 3 aprile 2002, n. 4765, in
Familia, 2003, 195; Cass., 12
dicembre2002,n.17717,inFam.
edir.,2003,349;Cass.,16giugno
2000, n. 8235, inFam. e dir.,
2000,513.
(549) Cass., 17 novembre 2006,
n. 24498 ha precisato che “una
volta che sia provata la
prestazione di attività lavorativa
retribuita, resta rimessa alla
valutazionedelgiudicedelmerito
la eventuale esiguità del reddito
percepito, al fine di escludere la
cessazione
dell’obbligo
di
contributo a carico del genitore
nonaffidatario”.
(550)Cass.,11gennaio2007,n.
407.
(551) Cass., 26 settembre 2011,
n. 19589; Cass., 22 novembre
2010,n.23590;Cass.21febbraio
2007, n. 4102; Cass., 2 dicembre
2005,n.26259;conformeaCass.,
7luglio2004,n.12477.
(552) Cass. 3 aprile 2002, n.
4765,inFam.edir.,2002,p.351,
connotadiNASTI.
(553) Si veda la nota 22 del
capitoloI.
(554) L’art. 570 c.p., al comma
primo, stabilisce che: “chiunque,
abbandonando il domicilio
domestico,ocomunqueserbando
una condotta contraria all’ordine
o alla morale delle famiglie, si
sottraeagliobblighidiassistenza
inerenti alla potestà dei genitori,
oallaqualitàdiconiuge,èpunito
conlareclusionefinoaunannoo
conlamultada103euroa1.032
euro”.
(555)Comesipuònotare,infatti,
la condotta sussumibile nella
fattispeciedicuialprimocomma
dellanormaincommentoèpunita
con la pena detentiva da
applicarsi alternativamente alla
pena pecuniaria. Ove dovessero
ritenersi integrate, invece, le
ipotesi contemplate nel comma
secondodellastessanorma,ainn.
1 e 2, le pene detentiva e
pecuniaria saranno applicate
congiuntamente.
(556) Sul punto, si vedaDE
FILIPPIS inManuale di diritto di
famiglia, Parte Penale, Cedam,
Padova,2006,pag.92.
(557) Secondo Cass. Pen., Sez.
VI, 6 novembre 2006, n. 41735,
Rv.235301,“ilreatodicuiall’art.
570, comma secondo, cod. pen.
costituisce
una
fattispecie
autonoma di reato e non una
figura circostanziata rispetto a
quella del comma primo dello
stesso articolo, per cui non è
possibile operare il giudizio di
comparazione con circostanze
attenuanti” (in senso conforme,
Cass. Pen., Sez. VI, 27 gennaio
2011, n. 6297,Rv.249344 .Piùdi
recente, la sesta Sezione della
S.C.,consentenza13marzo2012,
n.
12307,Rv. 252604 , ha
precisato,
inoltre,
che
dall’autonomia delle fattispecie
inparoladiscendel’impossibilità
di configurare tra le medesime
una “progressione criminosa che
possa far ritenere assorbita la
contestazione del comma primo
nellasecondadisposizione”.
(558)Sidicono“aformalibera”
quei
reati
astrattamente
realizzabili
con
qualsiasi
modalità esecutiva, senza che
rilevi l’articolazione dell’azione
tipica in particolari forme. Tali
ipotesi
delittuose
si
giustappongonoallacategoriadei
reati “a forma vincolata” che si
caratterizza per il rilievo sul
piano tipico di particolari
modalità di esecuzione del fatto,
come descritte dalla fattispecie
incriminatrice.
Per
l’approfondimento
di
tale
argomento, si veda MANTOVANI,
i nDiritto Penale, parte generale,
II ed., CEDAM, Padova, 1988,
pag.159.
(559) A ben vedere, tuttavia,
nonostantelafattispecieinesame
rientri
tecnicamente
nella
categoria dei reati a forma
vincolata,ilricorsoallalocuzione
“comunque
serbando
una
condotta contraria all’ordine o
alla morale delle famiglie”
sembra
celare
l’intenzione
legislativa di dare rilievo ad
un’amplissima rosa di modalità
esecutive del reato che vengano
valutatequesteultimedalgiudice
del merito come “contrarie
all’ordine od alla morale”, quasi
implicitamente riconoscendosi
l’impossibilità di contenere il
parametro della “contrarietà”
entro una puntuale codificazione
normativa.
(560) Tale dato è riconosciuto
unanimemente
dalla
giurisprudenza di legittimità fin
da Cass. Pen., Sez. VI, 6
novembre 1972, n. 1221,Rv.
123176.
(561) Il più recente precedente
giurisprudenziale che si colloca
in linea con l’impostazione
maggioritaria è Cass. Pen., Sez.
VI,14gennaio2004,n.1251,Rv.
228226.
(562) Cass. Pen., Sez. VI, 14
gennaio 2004, n. 1251,cit., in
motivazione.
(563)TracuiCass.Pen.,Sez.VI,
19 giugno 2002, n. 36070,Rv.
222666.
(564) Testualmente, Cass. Pen.,
Sez. VI, 19 giugno 2002, n.
36070,cit.
(565) Dalla risoluzione della
questione di cui al testo deriva
l’applicabilità o meno al caso in
esame della disciplina del
concorsoformaledicuiall’art.81
c.p.secondocui:“èpunitoconla
penachedovrebbeinfliggersiper
laviolazionepiùgraveaumentata
sino al triplo chi con una sola
azioneodomissionevioladiverse
disposizioni di legge ovvero
commette più violazioni della
medesimadisposizionedilegge”.
(566) SS.UU., 26 febbraio 2008,
n.
8413,
in
www.overlex.com/leggisentenza.asp
id=997.
(567)Sirammentachel’art.570,
cpv,n.1,c.p.puniscelacondotta
dichi“malversaodilapidaibeni
del figlio minore o del coniuge”
ed al successivo n. 2, descrive la
condotta di chi “fa mancare i
mezzi
di
sussistenza
ai
discendentidietàminore,ovvero
inabiliallavoro,agliascendentio
al coniuge, il quale non sia
legalmente separato per sua
colpa”.
(568)
Così,
letteralmente,
SS.UU., 26 febbraio 2008, n.
8413,cit.
(569) Il primo comma dell’art.
81 c.p. stabilisce che: “è punito
con la pena che dovrebbe
infliggersi per la violazione più
graveaumentatasinoaltriplochi
conunasolaazioneodomissione
viola diverse disposizioni di
legge ovvero commette più
violazioni
della
medesima
disposizionedilegge”.
(570) Il capoverso dell’art. 81
c.p., rinviando al primo comma,
prevede che: “alla stessa pena
soggiace chi con più azioni od
omissioni, esecutive di un
medesimo disegno criminoso,
commette anche in tempi diversi
più violazioni della stessa o di
diversedisposizionidilegge”.
(571) Non è, invece, necessaria
l’esistenza di un provvedimento
giudiziale di separazione “…in
quanto l’obbligo morale e
giuridico di contribuire al
mantenimento dei figli grava sui
genitori anche in caso di
separazionedifatto”.Intalsenso,
Cass. Pen., Sez. III, 8 febbraio
2008,n.17843,Rv.240153.
(572) Ciò in quanto “i relativi
obblighi, quello civile e quello
penale, hanno natura, funzione,
giustificazione e presupposti del
tutto diversi”. Così, Cass. Pen.,
Sez.VI,20ottobre1982,n.2324,
Rv.157933.
(573) Il provvedimento del
giudice civile con cui è stato
fissato l’obbligo del versamento
di un assegno, infatti, può
costituire un punto di partenza
per l’accertamento del reato solo
nella misura in cui dimostra la
sussistenza di uno stato di
bisogno
dei
beneficiari.
Sull’argomento, Cass. Pen., Sez.
VI,27giugno1989,n.12670,Rv.
182094.Ilmedesimoprincipiodi
diritto è stato ribadito da Cass.
Pen.,Sez.VI,12novembre2009,
n.
49501,Rv. 245653 , con
l’ulteriore precisazione secondo
cui “… il giudice penale deve
accertare, nell’ipotesi di mancata
corresponsione da parte del
coniuge obbligato al versamento
dell’assegno stabilito in sede di
separazione coniugale, se per
effetto di tale condotta siano
venuti a mancare in concreto i
mezzi
di
sussistenza
ai
beneficiari”,conciòrimarcandosi
la necessità di condurre in sede
penale un vaglio autonomo e più
rigoroso.
(574)Così,Cass.Pen.,Sez.VI,5
febbraio 1998, n. 3450,Rv.
210087.
(575)Inuncaso,èstatoritenuto
inidoneo a garantire le esigenze
primariedivital’importo–paria
circa 500 euro – versato
dall’imputato alla figlia minore
rispetto a quello imposto dal
giudice civile – pari a 1000 euro
– tenuto conto delle concrete
possibilità
economiche
dell’obbligato, titolare di due
studi odontoiatrici e ritenuta
l’irrilevanza, ai fini della
valutazione
degli
obblighi
genitoriali di mantenimento
gravanti
sull’imputato,
la
situazione economica della
moglie e gli aiuti forniti dal
convivente di quest’ultima. Detta
prospettazione si pone, dunque,
in linea con quanto sostenuto in
senso
maggioritario
dalla
giurisprudenza di legittimità
secondo cui, ai fini della
sussistenza della fattispecie
tipica, occorre accertare in
concreto, con giudizio autonomo
e complessivo, se dalla condotta
violativa
dell’obbligazione
alimentare sia effettivamente
derivato lo stato di bisogno del
soggetto passivo, a prescindere
dalle valutazioni operate in sede
civile.Perunapprofondimento,si
veda Cass. Pen., Sez. VI, 3
febbraio 2010, n. 14906,Rv.
247022.
(576) Previsti dagli artt. 433 e
ss.,c.c.
(577) Ex plurimis, Cass. Pen.,
Sez.VI,8luglio2004,n.37137in
www.foroeuropeo.it/sen/cas/04/371
Sivedaanche,Cass.Pen.,Sez.VI,
20 ottobre 1982, n. 2324,Rv.
157933.
(578) Cass. Pen., Sez. VI, 8
luglio 2004, n. 37137cit.,
sottolinea che, ovviamente, un
tale obbligo non può ritenersi
sussistente in relazione ad un
alloggio di lusso; ciò in quanto
l’“essenzialità” non deve essere
rapportata alle condizioni sociali
odallepregresseabitudinidivita
del beneficiario. Sull’argomento,
siveda,indottrina,DEFILIPPISin
Manuale di diritto di famiglia,
Parte Penale, Cedam, Padova,
2006,pag.94.
(579) Così, Cass. Pen., Sez. VI,
28 marzo 2012, n. 13900,Rv.
252608.Ivi,perlaprimavolta,la
S.C. ricomprende nel concetto di
cui al testo anche le spese per
l’educazione dei figli e non solo
quelle per l’istruzione scolastica
con ciò legittimando una sia pur
limitataespansionedellanozione
di “ciò che è strettamente
indispensabileallavita”.
(580) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez. VI, 8 luglio 2004, n. 37137,
cit.
(581) Cass. Pen., Sez., VI, 23
maggio 1980, n. 11503,Rv.
146490.
(582) Cass. Pen., Sez., VI, 23
maggio1980,n.11503,cit.
(583)Eprecisamente,secondoil
dettato normativo dell’art. 570
cpv, n. 2, c.p., ai “discendenti di
età minore, ovvero inabili al
lavoro, agli ascendenti o al
coniuge, il quale non sia
legalmente separato per sua
colpa”.
(584)Daultimo,Cass.Pen.,Sez.
VI, 28 marzo 2012, n. 12516,Rv.
252606.
(585)Insiffattaipotesi,l’avente
diritto potrà agire solo in sede
civile per vedere soddisfatto il
creditoalimentarevantato.
(586) Cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 8
luglio 2004, n. 37137 in
www.foroeuropeo.it/sen/cas/04/371
ove,inmotivazionesilegge“per
la configurabilità del reato in
esame(ndrprevistodall’art.570,
comma II, n. 2, c.p.), deve
dimostrarsi la sussistenza, in
concreto, del duplicerequisito
(ndr il corsivo è di chi scrive)
dellostatodibisognodell’avente
dirittoedellacapacitàeconomica
dell’obbligatodifornirealprimo
i mezzi indispensabili per
vivere”. Più di recente, si
segnalano Cass. Pen., Sez. VI, 3
febbraio 2010, n. 14906,Rv.
247022; Cass. Pen., Sez. VI, 4
febbraio 2011, n. 8912,Rv.
249639 nonché Cass. Pen., Sez.
VI, 28 marzo 2012, n. 12516,Rv.
252606
ove
compare
il
riferimento espresso alla nozione
di“statodibisogno”che,siapur
in assenza di una esplicita
qualificazione giuridica in tal
senso, viene di fatto considerato
quale elemento di tipicità della
fattispecie, discendendo dalla
mancanza
di
quest’ultimo
l’inconfigurabilità del reato in
commento.
(587) Secondo Cass. Pen., Sez.
VI, 23 aprile 1998, n. 10216,Rv.
211573, “in tema di obblighi di
assistenza familiare, entrambi i
genitorisonotenutiaovviareallo
statodibisognodelfigliochenon
sia in grado di procurarsi un
proprio
reddito.
Commette
pertantoilreatodicuiall’art.570
c.p.ilgenitorechenonadempiea
tale obbligo; né lo stato di
bisogno può ritenersi soddisfatto
se al mantenimento provveda in
via sussidiaria l’altro genitore,
specialmentesequest’ultimonon
abbia risorse ordinarie e per tale
motivononpossacompiutamente
provvedervi,
incontrando
difficoltà nel mantenimento del
minore”.Conforme, Cass. Pen.,
Sez. VI, 21 marzo 1996, n. 5525,
Rv.204875, Cass.Pen.,Sez.VI,3
febbraio 2010, n. 14906,cit.
nonché Cass. Pen., Sez. VI, 4
febbraio2011,n.8912,cit.
(588) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez.VI,26aprile2007,n.33808,
Rv.237325ovesiprecisa,inoltre,
che il recupero coattivo del
credito alimentare da parte
dell’avente diritto si pone,
rispettoallaperpetrataomissione,
come
un
“post
factum”
dimostrativo della pregressa
facoltà
di
spontaneo
adempimento
da
parte
dell’obbligato.
(589) In applicazione del
principio di cui al testo, Cass.
Pen.,Sez.VI,1dicembre2003,n.
7 1 5 ,Rv. 228262 , ha ritenuto
correttaladecisionedeigiudicidi
meritocheavevanoconfiguratoil
reatodicuiall’art.570,commaII,
n.2,c.p.nellaarbitrariariduzione
dapartedelgenitoredell’assegno
per il mantenimento del figlio
minore handicappato stabilito in
sede di separazione dei coniugi,
ritenendo non sufficienti ad
elidere lo stato di bisogno la
percezionedapartedelminoredi
una modesta pensione di
invalidità e la circostanza che
fosse assistito economicamente
dal genitore affidatario, che
svolgevaun’attivitàlavorativa.
(590) Si veda, Cass. Pen., Sez.
VI,14febbraio1994,n.4636,Rv.
198824 secondo cui “per la
sussistenza del delitto di
violazione degli obblighi di
assistenza familiare, previsto
dall’art.570commasecondocod.
pen., in presenza del totale
inadempimento
da
parte
dell’obbligato degli obblighi
impostigli, non rileva che il
soggetto
passivo
svolga
saltuariamente
un
lavoro
retribuito, ma occorre che dalla
attività lavorativa egli tragga
quantooccorreperfarfrontecon
dignità alle elementari necessità
divita”.
(591) In tema, Cass. Pen., Sez.
VI, 3 febbraio 2010, n. 14906,
cit.,inmotivazione.
(592) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez.VI,20ottobre1982,n.2324,
Rv.157933.
(593) Sull’argomento, Cass.
Pen., Sez. VI, 26 marzo 2003, n.
26725,Rv.225875secondocuila
presunzione in parola è
suscettibile di essere superata
laddove il minore disponga di
redditi
patrimoniali
propri
eccezion fatta per il caso in cui
questi derivino da espletamento
di attività lavorativa, la quale,
anzi,costituisceprovadellostato
dibisogno.Intema,sivedaanche
Cass. Pen., Sez. VI, 13 novembre
2008,n.2736,Rv.242854 ,ovesi
precisa, inoltre, che l’incapacità
del minore di produrre reddito
propriononèelisaneanchedalla
percezione da parte dell’avente
diritto minorenne di eventuali
elargizioniacaricodellapubblica
assistenza.
(594) Sul punto, si veda, Cass.
Pen.,Sez.VI,25novembre1993,
n. 895,Rv. 196946 . I Supremi
Giudici hanno, a tal proposito,
evidenziato che “l’onere di
prestare i mezzi di sussistenza,
penalmente sanzionato, ha … un
contenuto soggettivamente e
oggettivamente più ristretto di
quellodelleobbligazionipreviste
dallaleggecivile.Inipotesipotrà
sussisterelafattispeciedelittuosa
di cui all’art. 388, comma I, cod.
pen. sempreché ricorrano i
requisiti da tale norma previsti
(compimento di atti fraudolenti
diretti ad eludere gli obblighi di
cuitrattasi)”.Inrelazioneadetto
ultimo aspetto, appare utile
rammentare che la previsione
contenuta nel successivo comma
II del medesimo art. 388 c.p.,
invece, non potrà trovare
applicazione in caso di omessa
somministrazione dei mezzi di
sussistenza, in quanto la stessa,
sanzionando
la
mancata
esecuzione
dolosa
dei
provvedimenti del giudice civile
che concernano l’affidamento di
minoriodialtrepersoneincapaci,
attieneairapportipersonalienon
anche a quelli economici del
provvedimentoemessoinsededi
separazione.Sullatematica,Cass.
Pen., Sez. VI, 2 maggio 2000, n.
9 4 1 4 ,Rv. 217704 . Anche la
giurisprudenza di merito si è
uniformata a tale orientamento;
exmultis, Trib. Nola, 25 febbraio
2008, n. 362 inGuida al dir., n.
15,12aprile2008,pag.95.Perla
diversa disciplina contenuta
nell’art. 12-sexies della legge 1
dicembre 1970, n. 898, quanto ai
figli maggiorenni, si veda Cass.
Pen., Sez. VI, 22 settembre 2011,
n.36263,Rv.250879.
(595)Sullanecessitàdicondurre
unapprezzamentospecificodello
“stato di bisogno” in relazione
allepeculiaritàdelcasoconcreto,
si veda Cass. Pen., 28 marzo
2012,n.12516,Rv.252606.
(596) Testualmente, Cass. Pen.,
Sez. VI, 20 aprile 1983, n. 6082,
Rv. 159664 . Il medesimo
principioèribaditodaCass.Pen.,
Sez.VI,5febbraio1998,n.3450,
Rv.
210087 .
In
senso
parzialmentedifforme,Cass.Pen.,
Sez. VI, 27 giugno 1989, n.
1 2 6 7 0 ,Rv. 182094 ove si
sottolinea che “il provvedimento
del giudice civile con cui è stato
fissato l’obbligo del versamento
di un assegno, può costituire un
punto
di
partenza
per
l’accertamento del reato nella
misura in cui dimostra la
sussistenza di uno stato di
bisogno
dei
beneficiari”.
Tuttavia, anche la pronuncia da
ultimo menzionata non sembra
attribuire una valenza probante
assoluta – in relazione alla
sussistenzadellostatodibisogno
-alprovvedimentocivilistico.
(597) Nonché in considerazione
della più volte evidenziata
autonomiatral’ipotesidireatoin
commento e l’assegno liquidato
dalgiudiceinsedecivile.
(598)Cfr.Cass.Pen.,Sez.VI,10
aprile
2001
in
http://www.legalionline.com/html/a
(599) È stato recentemente
affermato,infatti,che“ilcorretto
adempimento dell’obbligazione
gravante sul genitore in favore
dei minori consiste nella dazione
(messaadisposizionedelminore)
dei mezzi di sussistenza, nella
qualità e nel valore fissato dal
giudice e comporta, di necessità
ed agli effetti dell’applicazione
dei disposti normativi dell’art.
570
cpv.
c.p.,
n.
2,
l’apprestamento
solo
ed
esclusivamente di quel bene o di
quel valore che il giudice della
separazione o del divorzio ha
ritenuto di determinare … Non è
pertanto consentito al soggetto
tenuto di autoridurre l’assegno
disposto a favore dei minori,
salva la sua comprovata
incapacità
di
far
fronte
all’impegno”.Testualmente,Cass.
Pen., Sez. VI, 14 dicembre 2010,
dep.15febbraio2011,n.5752,in
www.la
previdenza.it/news/documenti/cass
Tale impostazione, tuttavia, non
pare condivisibile atteso che dal
suo recepimento deriverebbe una
indiscriminata
dilatazione
dell’ambito di rilevanza penale
dei contegni pur minimamente
violativi deldictum reso dal
giudicecivile.
(600) La norma specifica “il
coniuge il quale non sia
legalmente separato per sua
colpa”,comesivedràinfra,∫VI.
(601) Non sono, invece,
contemplati altri parenti come i
fratelli o le sorelle, nei cui
confronti pure sussiste l’obbligo
alimentare previsto dall’art. 433
c.c.Sulpunto,sivedaDEFILIPPIS
inManuale di diritto di famiglia,
Parte Penale, Cedam, Padova,
2006,pag.94.
(602) La norma in commento,
infatti,testualmenterecita“chi fa
mancare…”.
Apparentemente,
dall’utilizzo di tale pronome
relativo indefinito sembrerebbe
discendere la non necessarietà
dell’esistenza in capo all’agente
di una particolare qualifica
soggettiva.
(603) Da cui consegue la c.d.
“legittimazione
al
reato”
dell’agente. Con tale espressione
sisuoleindicarelacapacitàdiun
soggetto di arrecare offesa al
benegiuridico.Detta“attitudine”
discende dal particolare rapporto
esistente tra l’agente medesimo
ed il bene tutelato. Si veda
MANTOVANI, inDiritto Penale,
parte generale, II ed., CEDAM,
Padova,1988,pag.144.
(604) La dottrina penalistica
effettua un distinguo tra i reati
“comuni” ed i reati “propri”. I
primi si contraddistinguono per
l’essereilfattotipicorealizzabile
d aqualsiasi persona (es. lesioni
personali, ingiurie, minacce etc.).
I secondi, di contro, sono reati
“…di cui possono essere autori
soltantodeterminate persone…”.
Co s ì ,FIORE, inDiritto Penale,
parte generale, Vol. I, UTET,
1997, pag. 159. L’A., osserva,
inoltre, che nel reato proprio “…
assumeunaspecificarilevanzala
qualità o posizione del soggetto
attivo, che vale a porlo in una
particolare relazione con il bene
protetto dalla norma…la speciale
relazione dell’autore con il bene
tutelatopuòassumererilevanza,o
in quanto determina l’esistenza
stessa di un illecito penale, che
non si configurerebbe affatto in
mancanza della particolare
qualità del soggetto; ovvero in
quantodàluogoalconfigurarsidi
undiversotipodiillecitopenale”
(es. appropriazione indebita di
danaro o di cose altrui che, se
commessidalpubblicoufficialeo
dall’incaricato di un pubblico
servizio che ne abbia la
disponibilità per ragioni del suo
ufficiooserviziocostituisconoil
delitto di peculato previsto e
punitodall’art.314c.p.,mentrese
commessidaunprivatocittadino
integrano
il
fatto
tipico
dell’appropriazione
indebita
contemplatanell’art.646c.p.).
(605) Per la ragione esplicitata
nella nota 42, dunque, non potrà
assumere la veste di soggetto
attivo del reato il fratello o la
sorella.
(606)
Sull’argomento, DE
FILIPPIS inManuale di diritto di
famiglia,cit.,pag.94.
(607) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez. VI, 7 ottobre 1993, n. 185,
Rv. 197226. Conformemente si è
espressa, più di recente, Cass.
Pen., Sez. VI, 22 dicembre 2010,
n. 785,Rv.249202. Indottrina,si
precisacheildoloègenerico“…
quando la legge richiede la
semplice coscienza e volontà del
fatto
materiale,
essendo
indifferente per l’esistenza del
reato il fine per cui si agisce…”.
Per un approfondimento della
tematica,sivedaMANTO-VANI,in
Diritto Penale, parte generale, II
ed., CEDAM, Padova, 1988, pag.
314.
(608) In dottrina,DE FILIPPIS in
Manuale di diritto di famiglia,
Parte Penale, Cedam, Padova,
2006,pag.102.
(609) Perrappresentazione si
intende la conoscenza delle
circostanze in cui il soggetto
attivo del reato agisce per
l’effettività dell’atto volitivo. Si
v e d a ,FIORE, inDiritto Penale,
parte generale, Vol. I, UTET,
1997,pag.212.
(610) Cass. Pen., Sez. VI, 18
febbraio 1989, n. 5287,Rv.
183987.
(611) Il dolo eventuale o
indiretto si configura quando la
volontànonsidirigedirettamente
verso l’evento, ma l’agente lo
accetta
come
conseguenza
eventuale,
accessoria
della
propria condotta. Si veda,
MANTOVANI, inDiritto Penale,
cit.,pag.306.
(612) Pur se legittimamente
rifiutato dall’avente diritto ai
sensidell’art.1181cod.civ.
(613) Nel senso di cui al testo,
Cass. Pen., Sez. VI, 7 febbraio
1984,n.2081,Rv.162997.
(614) Cass. Pen., Sez. II, 5
maggio 1994, n. 7640,Rv.
198687.
(615) Si rammenta che solo
l’erroresulfattochecostituisceil
reato (e non anche l’errore sul
precetto) può escludere la
punibilità dell’agente ai sensi
dell’art. 47 c.p. Il principio
sussunto nel brocardoignorantia
legis non excusat è positivizzato
nell’art.5c.p.
(616) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez.VI,26aprile2007,n.33808,
Rv. 237325 . Anche la prevalente
giurisprudenza di merito si è
uniformata a tale orientamento.
Ex plurimis, si veda Trib. Terni,
24 gennaio 2012, n. 48, in
www.diritto.net,inmotivazione.
(617) Cass. Pen., sez. VI, 12
aprile1991,n.4152,Rv.187312.
(618)Deveritenersichel’azione
continui ad essere “dolosa” in
quanto
l’impossibilità
di
adempiere non incide sul piano
dell’imputazione soggettiva della
condotta che resta pur sempre
ascrivibilealsuoautore.
(619)Inquantocontravvienead
un
divieto
contenuto
nell’ordinamento, in assenza di
“norme permissive”. Per un
approfondimentodeltema,FIORE,
i nDiritto Penale, parte generale,
Vol.I,UTET,1997,pagg.120ss.
(620) Ciò in quanto è lo stesso
diritto penale a modellare la
propriapretesaall’osservanzadei
precetti in relazione alla
possibilità concreta di esigere la
condotta conforme. Tale pretesa
statuale viene autolimitata in
presenza di situazioni al
verificarsi delle quali non è
possibile richiedere ai consociati
il rispetto della norma. Sulla
nozione di “inesigibilità” si veda
FIORE,inDirittoPenale,cit.,pag.
345.
(621)Contra,Cass.Pen.,Sez.VI,
25 ottobre 1990, n. 4152,Rv.
1873.
(622) Perché possa ritenersi
scusata la condotta di omessa
somministrazione dei mezzi di
sussistenza è necessario che la
situazionedidifficoltàeconomica
incuiversal’obbligatositraduca
in “uno stato di vera e propria
indigenza”. Così, Cass. Pen., Sez.
VI, 24 luglio 2007, n. 30150
http://www.affidamentocondiviso.it
030150-2007,%20massima.htm.
Intema,sivedaancheCass.Pen.,
21 ottobre 2010, n. 41362,Rv.
248955,ove,inmanierarigorosa,
si precisa che “… l’incapacità
economicadell’obbligato…deve
essere assoluta e deve altresì
integrare una situazione di
persistente,
oggettiva
...
indisponibilitàdiintroiti”.
(623) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez. VI, 21 settembre 2001, n.
37419,Rv.220712 . Il riferimento
al concetto di “incolpevole”
situazione
di
impossibilità
scriminante si rinviene anche in
Cass. Pen., Cass. Pen., 21 ottobre
2010,n.41362,cit.
(624) Si veda, Cass. Pen., Sez.
VI, 1 giugno 1989, n. 13706,Rv.
182275ovesiaffermache“aifini
dell’esenzione da responsabilità
in ordine al reato di omessa
prestazione dei mezzi di
sussistenza, di cui all’art. 570,
secondocomman.2cod.pen.,lo
stato di disoccupazione non
coincide necessariamente con
l’incapacità
economica,
né
quest’ultima discrimina quando
sia dipesa da comportamento
anche soltanto negligente del
soggetto in relazione all’obbligo,
nella specie, di mantenere la
prole”.Cfr.Cass.Pen.,Sez.VI,29
novembre 1985, n. 1232,Rv.
171772 ove, invece, si specifica
che “l’incapacità economica…è
rilevante
(ndr
ai
fini
dell’esclusione di responsabilità)
solo se non siavolontariamente
determinata”.
(625) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez. VI, 11 dicembre 1969, n.
2 4 0 9 ,Rv. 113681 ove si
puntualizzachel’art.570,comma
II, n. 2, c.p. sanziona
l’inadempimento
di
una
“obbligazione avente ad oggetto
prestazioni
di
carattere
periodico”.
(626) Cass. Pen., Sez. VI, 25
giugno 1999, n. 1283,Rv.
216826, secondo cui l’omessa
somministrazione dei mezzi di
sussistenza in presenza di una
capacità economica che avrebbe
consentito un adempimento
parziale
non
esclude
la
responsabilitàpenale.
(627) Cass. Pen., Sez. VI, 25
giugno1999,n.1283,cit.
(628)Ciòinquantolerisultanze
del modello 740 (divenuto poi
modellounico)noncostituiscono
prova certa ed ineccepibile
dell’effettivo ammontare dei
redditi del soggetto, in quanto
esse hanno valore solo fino a
prova contraria, dato che il fisco
può sempre impugnarle o
rettificarle. Sul punto, Cass. Pen.,
Sez. VI, 8 maggio 1981, n. 7937,
Rv.150106.
(629)Così,Cass.Pen.,Sez.VI,1
marzo1995,n.5780,Rv.201674.
(630) I due termini sono
equipollenti perFIORE, inDiritto
Penale, parte generale, Vol. I,
UTET,1997,pag.160.
(631)Ai sensi dell’art. 120 c.p.,
“ogni persona offesa da un reato
per cui non debba procedersi
d’ufficio o dietro richiesta o
istanzahadirittodiquerela…”.
(632) A tal proposito, è stato
osservato da Cass. Pen., Sez. VI,
28 marzo 2012, n. 15952,Rv.
252588, che “l’obbligazione,
penalmente rilevante ex art. 570,
comma secondo, cod. pen., in
capo al padre naturale di non far
mancareimezzidisussistenzaal
figlio minore non nato in
costanza
di
matrimonio
presuppone la prova della
filiazione da acquisirsi mediante
l’atto di riconoscimento formale
ovvero mediante altro modo
consentito,
non
esclusa
eventualmente
l’applicazione
della pregiudiziale di stato ai
sensi e per gli effetti dell’art. 3
cod. proc. pen.”. Nel caso
originante la pronuncia testè
riportata, la S.C. ha cassato la
sentenza della Corte territoriale
che aveva condannato il padre
naturale, ritenendo provato il
rapportodifiliazionesullascorta
delle sole dichiarazioni della
madre.
(633) Secondo Cass. Pen., Sez.
VI, 26 marzo 2003, n. 26725,Rv.
225875
“…
la
mancata
corresponsione dell’assegno per
ilmantenimentodelfigliominore
stabilito in sede di separazione
dei coniugi integra la fattispecie
di cui all’art. 570 cod. pen., in
base alla presunzione semplice
che il minore sia incapace di
produrre
reddito
proprio,
presunzionesuscettibilediessere
superata laddove il minore
disponga di redditi patrimoniali
sempre che non si tratti di
retribuzione
per
attività
lavorativa, la quale, anzi,
costituisce prova dello stato di
bisogno”.
(634) L’inabilità al lavoro deve
derivare da menomazioni fisiche
o psichiche. Per alcuni, nel
concetto di inabilità dovrebbe
rientrare anche il caso della
“disoccupazioneinvolontaria”.Si
veda,“Ilreatodiviolazionedegli
obblighi di assistenza” in
http://www.ilmatrimoniointribunale
Tale ultimo assunto sembrerebbe
maggiormente in linea con il
principio di diritto proclamato
dalla Prima Sezione Civile della
Suprema Corte (3 aprile 2002, n.
4765) secondo cui “i genitori
restanoobbligatiaconcorreretra
loro, secondo il principio dettato
dall’articolo 148 c.c., nel
mantenimentodelfigliodivenuto
maggiorenne qualora questi non
abbia ancora conseguito, senza
sua colpa, un reddito tale da
renderlo
economicamente
autonomo e che, pertanto, detto
obbligo
non
cessa
automaticamente
con
il
raggiungimento della maggiore
età,mapersistefinchéilgenitore
oigenitoriinteressatidimostrino
che il figlio ha raggiunto
l’indipendenza
economica,
ovveroèstatodaloropostonelle
concrete condizioni per essere
autosufficiente”
in
http://www.altalex.com/index.php?
idnot=4382. Secondo Cass. Pen.,
Sez. VI, 25 novembre 1993, n.
8 9 5 ,Rv. 196946 , invece, non
integrailreatodicuiall’art.570,
comma II, c.p., la mancata
corresponsione dei mezzi di
sussistenza a figli maggiorenni
non inabili a lavoro, anche se
studenti.
(635) Sul punto,DE FILIPPIS in
Manuale di diritto di famiglia,
Parte Penale, Cedam, Padova,
2006,pag.94.
(636) Così testualmente l’art.
570,commaII,n.2,c.p.
(637)
La
stessa
Corte
Costituzionale nella motivazione
della sentenza n. 472 del 1989
con la quale venivano dichiarate
non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art.
12-sexies della legge 1 dicembre
1970, n. 898 sollevate, in
riferimento all’art. 3 della
Costituzione
nonché
inammissibili le questioni di
legittimità costituzionale dell’art.
12-sexies della legge 1 dicembre
1970, n. 898 sollevate in
riferimento agli artt. 3 e 25,
secondo
comma,
della
Costituzione, in relazione alla
fattispecie delittuosa di cui
all’art. 570, comma II, n. 2, c.p.,
ritiene che la “separazione senza
colpa” debba oggi intendersi
come
“separazione
senza
addebito”.
In
http://www.giurcost.org/decisioni/1
89.html.
(638) DE FILIPPIS inManuale di
dirittodifamiglia,cit.,pag.95.
(639) Ciò in quanto si
presuppone che il coniuge
beneficiario riceva i mezzi di
sussistenza
dal
proprio
conviventemore uxorio. Si veda,
“Il reato di violazione degli
obblighi di assistenza” in
http://www.ilmatrimoniointribunale
Tale situazione, tuttavia, non
esclude l’obbligo genitoriale di
mantenimento nei confronti dei
figli minori pur in presenza di
aiuti economici forniti dal
convivente
del
coniuge
beneficiario. In argomento, Cass.
Pen.,Sez.VI,3febbraio2010,n,
14906,Rv.247022.
(640)L’art.50c.p.stabilisceche
“nonèpunibilechiledeoponein
pericolo un diritto, col consenso
della
persona
che
può
validamente disporne”. Come si
evince chiaramente dal dettato
normativo, la possibilità di
disporre validamente del diritto
di cui si è titolari costituisce
presupposto di operatività della
scriminante
del
“consenso
dell’aventediritto”.
(641) L’incedibilità del credito
alimentare è sancita dall’art. 447
c.c.Sullamedesimaposizionesiè
assestata anche Cass. Pen., 12
marzo 1970, inCass. Pen. Mass.,
1971,799.
(642)Cass.Pen.,Sez.VI,1aprile
1969,n.773,Rv.112862.
(643) Il procedimento volto alla
formazione della prova nel
contraddittorio delle parti, in
considerazione dell’autonomia
funzionalecheleèpropria,viene
definito
“sub-procedimento
probatorio”.
(644) A mente dell’art. 493
c.p.p., “il pubblico ministero, i
difensori della parte civile, del
responsabilecivile,dellapersona
civilmente obbligata per la pena
pecuniaria
e
dell’imputato
nell’ordine indicano i fatti che
intendono provare e chiedono
l’ammissionedelleprove”.
(645)Aisensidelprimocomma
dell’art. 498 c.p.p., “le domande
sono rivolte direttamente dal
pubblico ministero o dal
difensore che ha chiesto l’esame
deltestimone”.
(646) L’art. 504 c.p.p. stabilisce
che“salvochelaleggedisponga
diversamente, sulle opposizioni
formulate nel corso dell’esame
dei testimoni, dei periti, dei
consulenti tecnici e delleparti
private il presidente decide
immediatamente
e
senza
formalità”.
(647) In ossequio al disposto di
cui al comma secondo dell’art.
498 c.p.p., successivamente
all’esame condotto dalla parte
che ha chiesto l’esame del
testimone,altredomandepossono
essere rivolte dalle parti che non
hannochiestol’esame,secondoil
seguente
ordine:
pubblico
ministero, difensori della parte
civile, del responsabile civile,
della
persona
civilmente
obbligataperlapenapecuniariae
dell’imputato. Tale ordine è
derogabile con il consenso delle
partiaisensidell’art.496,comma
II,c.p.p.
(648) Per “interesse comune”
deve, ovviamente, intendersi
“interesse processuale comune”.
Il pubblico ministero e la parte
civile, ad esempio, sono
accomunati
dal
medesimo
interesse all’affermazione di
responsabilità dell’imputato. Di
contro,ilresponsabilecivileedil
civilmente obbligato per la pena
pecuniaria
hanno
interesse
paralleloaquellodell’imputatoa
vedere esclusa la responsabilità
penalediquest’ultimo.
(649)Talelimitazioneèprevista
dall’art. 499, comma III, c.p.p.
chevietaallapartechehachiesto
la citazione del testimone ed a
quella che ha un interesse
comune di formulare domande
che tendono a suggerire le
risposte. Questa previsione ha lo
scopo di preservare la genuinità
della dichiarazione e di
scongiurare,
specularmente,
deposizioni“concertate”.
(650) L’art. 539 c.p.p. stabilisce
che “il giudice, se le prove
acquisite non consentono la
liquidazione
del
danno,
pronuncia condanna generica e
rimettelepartidavantialgiudice
civile. A richiesta della parte
civile,l’imputatoeilresponsabile
civile sono condannati al
pagamento di una provvisionale
nei limiti del danno per cui si
ritienegiàraggiuntalaprova”.
(651)
Le
cui
richieste
dovrebbero avere come naturale
destinatarioilgiudicecivile.
(652)
Così,
SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA
i nDiritto Processuale Penale,
Vol. II, Nuova ed., Giuffrè ed.,
2004,pag.179.
(653)
SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA
i nDiritto Processuale Penale,
cit., pag. 179, sottolineano,
inoltre, che tale operazione è
consentita dall’accettazione da
parte del nostro ordinamento del
principio di unità del potere
giurisdizionale che favorisce
l’intrecciarsi di rapporti tra la
giurisdizione penale e le altre
giurisdizioni. Sul principio
dell’unità
della
funzione
giurisdizionale, si veda anche
Cass.Pen.,Sez.IV,9marzo2001,
n.9795,Rv.218283.
(654)
Così,
SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA
i nDiritto Processuale Penale,
cit.,pag.179.
(655)
Tutte
pronunce
sfavorevoli che per chi intenda
ottenere un risarcimento per
dannoderivantedareato.
(656)Eciòinbasealdispostodi
cui all’art. 75, comma II, c.p.p. a
cui rinvia l’art. 652, comma I,
c.p.p.
(657)Nelcasoincuil’imputato
chieda che il giudizio si svolga
nelle forme del rito abbreviato, è
conveniente per la parte civile
non accettare il rito alternativo,
ondeevitarediincorrere,incaso
di assoluzione, nella limitazione
di cui all’art. 652 c.p.p.
applicabile anche all’ipotesi di
abbreviato, in base al comma
secondo
della
medesima
disposizione.
(658)Così,l’art.74c.p.p.
(659)Semprechéabbia“illibero
esercizio dei diritti” che intenda
far valere in giudizio come
previsto dall’art. 77, comma I,
c.p.p. La disposizione da ultimo
menzionata, al comma secondo,
stabilisce,inoltre,chesemancala
persona a cui spetta la
rappresentanzaol’assistenzaevi
sonoragionidiurgenzaovverovi
è conflitto di interessi tra il
danneggiatoechilorappresenta,
il pubblico ministero può
chiedere al giudice di nominare
un curatore speciale. La nomina
può essere chiesta altresì dalla
persona che deve essere
rappresentata o assistita ovvero
dai suoi prossimi congiunti e, in
caso di conflitto di interessi, dal
rappresentante.
(660) Tale è la previsione
contenuta nell’art. 76 c.p.p. Si
rammenta che l’art. 122 c.p.p.
stabilisce che “quando la legge
consentecheunattosiacompiuto
per mezzo di un procuratore
speciale, la procura deve, a pena
di
inammissibilità,
essere
rilasciata per atto pubblico o
scrittura privata autenticata e
deve contenere, oltre alle
indicazioni
richieste
specificamente dalla legge, la
determinazione dell’oggetto per
cuièconferitaedeifattiaiquali
si riferisce. Se la procura è
rilasciata per scrittura privata al
difensore, la sottoscrizione può
essere autenticata dal difensore
medesimo.Laprocuraèunitaagli
atti”.
(661)Intalsenso,Cass.Pen.,16
novembre 1999, n. 13107,Rv.
214577.
(662)Glielementirichiestidalla
leggeperl’ammissibilitàdell’atto
di costituzione di parte civile
sonocontenutinell’art.78c.p.p.
(663) Ai sensi dell’art. 78,
commaI,c.p.p.
(664)
Secondo
SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA
i nDiritto Processuale Penale,
Vol. II, Nuova ed., Giuffrè ed.,
2004,pag.183,trale“altreparti”
va ricompreso anche il pubblico
ministero,
spettando
a
quest’ultimoilpoteredichiedere
l’esclusione della parte civile, ai
sensi dell’art. 86 c.p.p.Contra,
Cass. Pen., Sez. IV, 23 aprile
1997,n.5270,Rv.208530 ,ovesi
specifica quanto segue: “posto
chelacostituzionedipartecivile
realizzal’inserzionenelprocesso
penale di un rapporto civilistico
per il risarcimento del danno e
per le restituzioni, di cui sono
partiildanneggiato,daunlato,e
l’imputato ed il responsabile
civile,dall’altro,neconsegueche
lealtreparti,cuiessadeveessere
notificata,
sono
appunto
l’imputato ed eventualmente il
responsabile
civile
con
esclusione
del
pubblico
ministero,cheèdeltuttoestraneo
alsuddettorapporto”.
(665)Lanotificaallealtreparti,
in caso di costituzione fuori
udienza, è imposta dall’art. 78,
commaII,c.p.p.Generalmente,si
opta per la costituzione “fuori
udienza” nei casi in cui la parte
civileintendapresentareunalista
testimoniale che, a sensi dell’art.
468 c.p.p., a pena di
inammissibilità, deve essere
depositata nella cancelleria del
giudicecheprocedealmenosette
giorni prima dell’udienza. Ciò in
quanto, diversamente, la parte
civile non ancora costituita non
potrebbe
esercitare
facoltà
processuali spettanti unicamente
a l l eparti (costituite) del
processo. In senso parzialmente
difforme, si veda, però, Cass.
Pen., Sez. V, 8 giugno 2005, n.
28748,Rv. 232297 , secondo cui
“in tema di diritti e facoltà della
persona offesa, è ammissibile la
richiesta di testi, mediante il
deposito della relativa lista, da
parte della persona offesa,
costituitasi fuori dell’udienza, in
data precedente la notifica della
dichiarazione di costituzione di
parte civile, in quanto tale
richiestaècompresanellafacoltà
di indicazione di elementi di
provadicuiall’art.90cod.proc.
pen., con la conseguenza che la
personaoffesadalreato,divenuta
parte processuale a mezzo
dell’atto di costituzione di parte
civile, può certamente avvalersi
del mezzo di prova già proposto,
senza necessità di ripresentare la
listatestimonialegiàdepositatain
tempo utile rispetto a quello
indicato dall’art. 468, comma
primo,cod.proc.pen.,mentregli
effetti della costituzione di parte
civile, formalizzata fuori udienza
riguardano, ai sensi dell’art. 78,
comma secondo, cod. proc. pen.,
l’instaurazione
del
contraddittorio civile nella sede
penale”.
(666)Sivedal’art.79,commiIe
II, c.p.p. che rinvia all’art. 484
c.p.p.
(667) Ciò in quanto l’esercizio
dell’azione penale da parte del
pubblico ministero costituisce
condizione imprescindibile per
l’individuazione del soggetto nei
confronti del quale è possibile
esercitare l’azione civile. Così,
SIRACUSANO-GALATITRANCHINA-ZAPPALÀ, inDiritto
Processuale Penale, Vol. II,
Nuovaed.,Giuffrèed.,2004,pag.
184.
(668) Cass. Pen., Sez. III, 6
febbraio 2008, n. 12423,Rv.
239335.
(669)
Il
principio
di
“immanenza” della costituzione
di parte civile è codificato
nell’art.76,commaII,c.p.p.
(670) Il minore non ha, infatti,
capacità di stare in giudizio da
solo, mancando il requisito della
“libera disponibilità dei diritti”,
come prescritto dall’art. 77,
commaI,c.p.p.
(671) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez.VI,1ottobre2007,n.40719,
Rv.237962.
(672) Cass. Pen., Sez. I, 22
giugno 2006, n. 24683,Rv.
234842, ove, in motivazione, si
precisache“…peravereeffetto,
ai sensi dell’art. 300 c.p.c., la
perditadellacapacitàdiunaparte
di stare in giudizio deve essere
dichiarata
dal
difensore,
proseguendo in caso contrario il
processo tra le parti originarie
…”.Ciòsignificache,nelcasoin
cui il procuratore speciale di
parte civile dichiari la perdita di
capacità di stare in giudizio del
rappresentante,
si
dovrà
provvedere a rinnovare la
dichiarazione di costituzione a
nome del danneggiato divenuto
maggiorenne.
Analoga
rinnovazione andrà operata nel
caso in cui la controparte sollevi
tempestivamente l’eccezione di
caducazionedellacostituzione.Si
vedaancheCass.Pen.,Sez.IV,7
novembre 2001, n. 7726,Rv.
221132, secondo cui “in tema di
capacità processuale della parte
civile,
viene
meno
la
rappresentanza del minore da
parte del genitore costituitosi,
allorché,nellemoretrailgiudizio
di primo grado e quello
d’impugnazione, il figlio sia
divenuto maggiorenne; in tal
caso, tuttavia, la contestazione
della costituzione di parte civile
per sopravvenuta invalidità è
preclusa se non viene eccepita
tempestivamente,subitodopoche
sia compiuto, per la prima volta,
l’accertamento della costituzione
delleparti”.
(673) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez. VI, 23 novembre 2004, n.
452,Rv.230949. Conforme,Cass.
Pen., Sez. VI, 2 ottobre 1997, n.
9725,Rv.209010.
(674)Sivedanotan.109.
(675) A norma dell’art. 77,
commaII,c.p.p.
(676) Come può accadere, ad
esempio, nel caso in cui si
proceda a carico dell’imputato
con le forme del giudizio
direttissimo.
(677)Così,Cass.Pen.,Sez.III,6
febbraio 2008, n. 12423,Rv.
239336. Tale principio è
applicabile a tutte le questioni di
ammissibilità ed esclusione della
partecivile.
(678) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez. VI, 4 dicembre 2003, n.
7 1 9 1 ,Rv. 228601. Conforme,
Cass. Pen., Sez. VI, 11 maggio
2010, n. 22219,Rv. 247393 .
Contra, in dottrina,BATTAGLINI,
Osservazioni
sulla
natura
giuridica del reato di omessa
prestazione dei mezzi di
sussistenza, inGiust. pen. 1956,
II,248.
(679)Sìdaprodurreun’offesaal
bene giuridico protetto dalla
norma.
(680)L’attenuantedicuialtesto
è applicabile nel caso in cui
l’agente si sia adoperato
spontaneamenteedefficacemente
per elidere o attenuare le
conseguenze
dannose
o
pericolosedelreato.
(681) Permangono, dunque, in
capoalgenitoredecadutoidoveri
di natura economica (oltre a
quelli di natura morale). Si veda,
Cass. Pen., Sez. VI, 21 marzo
2000, n. 4887,Rv. 216132. In
senso conforme, si veda Cass.
Pen.,Sez.VI,29ottobre2009,n.
43288,Rv.245254.
(682) Cass. Pen., Sez. VI, 4
dicembre 2003, n. 7191,Rv.
228601. Conforme, Cass. Pen.,
Sez. VI, 30 ottobre 2008, n.
4 3 7 9 3 ,Rv. 242228 . Si veda
anche, Cass. Pen., Sez. VI, 11
febbraio 2009, n. 7321,Rv.
242920,ovesiribadisceche“…
ilterminediprescrizionedecorre
dalla data della sentenza di
condanna di primo grado e non
dalla data di emissione del
decreto di citazione a giudizio,
ovvero da quella del formale
eserciziodell’azionepenale”.
(683) In tal senso, Cass. Pen.,
Sez.VI,30aprile2003,n.26714,
Rv.225874.
(684) Il principio delne bis in
idem o divieto di un secondo
giudizioècodificatonell’art.649
c.p.p. che, testualmente, recita:
“l’imputato
prosciolto
o
condannato con sentenza o
decreto
penale
divenuti
irrevocabili non può essere di
nuovosottopostoaprocedimento
penale per il medesimo fatto,
neppure se questo viene
diversamente considerato per il
titolo, per il grado o per le
circostanze,
salvo
quanto
disposto dagli articoli 69 comma
2 e 345. Se ciò nonostante viene
di nuovo iniziato procedimento
penale, il giudice in ogni stato e
grado del processo pronuncia
sentenza di proscioglimento o di
non
luogo
a
procedere,
enunciandone la causa nel
dispositivo”.
(685) Comesupra si è detto, ∫
IX.
(686) Così, Cass. Pen., Sez. VI,
11 maggio 2010, n. 22219,Rv.
247393.
(687)L’art.12sexiesmenzionato
stabilisce: “al coniuge che si
sottrae
all’obbligo
di
corresponsione
dell’assegno
dovuto a norma degli artt. 5 e 6
della l. n. 898/70 si applicano le
pene previste dall’art. 570 c.p.”.
La fattispecie in parola si
configura in punto di tipicità per
il solo fatto del mancato
versamento dell’assegno stabilito
nella sentenza divorzile o anche
nell’ipotesi di un adempimento
parziale e ciò indipendentemente
dalla circostanza che tale
omissionecomportiilvenirmeno
dei mezzi di sussistenza per il
beneficiario dell’assegno. Sul
punto,siveda,Cass.Pen.,Sez.VI,
6 luglio 2000, n. 7910,Rv.
217076.
(688) Per la cui configurabilità
occorre
la
sussistenza
dell’ulteriore requisito dello
“stato di bisogno” degli aventi
diritto. Si veda diffusamente
supra,∫III.
(689) Siano essi maggiorenni o
minorenni.
(690) Dovendosi escludere,
invece, l’inadempimento di
analogo obbligo posto nei
confronti del coniuge separato
cui è applicabile la tutela
predisposta dall’art. 570 c.p. In
tema, si veda Cass. Pen., Sez. VI,
22 settembre 2011, n. 36263,Rv.
250879.
(691) Cass. Pen., Sez. VI, 25
settembre 2009, n. 39938,Rv.
245004 nonché Cass. Pen., Sez.
VI, 3 ottobre 2007, n. 39392,Rv.
237663, in motivazione. Si veda
anche, Cass. Pen., Sez. VI, 19
dicembre2006,n.14,Rv.235753 ,
ove tra l’altro si osserva che tale
regime è stato ritenuto non
meritevoledicensuradallaCorte
Costituzionale con sentenza n.
325 del 1995 e con ordinanze n.
209del1997en.423del1999.In
senso difforme, Cass. Pen., Sez.
VI, 2 marzo 2004, n. 21673,Rv.
229636.
(692) Si ha concorso formale di
reati quando il soggetto agente
pone in essere più reati con una
sola azione od omissione. Il
concorso èeterogeneo quando
dall’unicaactio delittuosa sia
derivata la violazione di più
norme diverse tra loro. Per un
approfondimento,
si
veda
MANTOVANI, inDiritto Penale,
parte generale, II ed., CEDAM,
Padova, 1988, pag. 441. La
giurisprudenza più recente si è
assestata
sulla
posizione
dogmatica di cui al testo. A tal
proposito, si vedano Cass. Pen.,
Sez. VI, 16 giugno 2011, n.
34736,Rv. 250839 è Cass. Pen.,
13 marzo 2012, n. 12307,Rv.
252605. In senso difforme,
invece,sieraespressaCass.Pen.,
Sez. VI, 18 novembre 2008, n.
6575, Rv. 243529 in base alla
quale “ … nel caso in cui la
mancata corresponsione da parte
dell’obbligato
dell’assegno
fissato dal giudice in sede di
divorzio per il mantenimento del
figlio minore privi costui dei
mezzi di sussistenza, tale
condotta deve essere inquadrata
nel paradigma dell’art. 570,
commasecondo,cod.pen.”.
(693) Secondo il criterio di
consunzione (o fenomeno dell’
“assorbimento”),
la
norma
consumante prevale sulla norma
consumatainbasealprincipiolex
consumens
derogat
legi
consuptae. È consumante “la
normailcuifattocomprendeinsé
il fatto previsto dalla norma
consumata,echeperciòesaurisce
l’intero disvalore del fatto
concreto”.
Testualmente,
MANTOVANI, inDiritto Penale,
parte generale, II ed., CEDAM,
Padova, 1988, pag. 450.Al lume
di tale argomentazione non
appare corretto qualificare la
disposizione extrcodicistica di
cui al testo quale norma
“speciale”.
(694) In materia di concorso
formale di reati, l’art. 81 c.p., al
primo comma, stabilisce che: “è
punito con la pena che dovrebbe
infliggersi per la violazione più
graveaumentatasinoaltriplochi
conunasolaazioneodomissione
viola diverse disposizioni di
legge ovvero commette più
violazioni
della
medesima
disposizionedilegge”.
(695) Cf. DEL BEL BELLUZ A.,
Storia della mediazione, in
“FamigliaOggi”,n.11(1997).
(696) Cf. A RIELLI E., SCOTTO
G.,Iconflitti.Introduzioneauna
teoria
generale,
Bruno
Mondatori,Milano1998.
(697) Cf. Voce: «MediazioneMediare», in Bertolini P.,
Dizionario di pedagogia e
scienze
dell’educazione,
Zanichelli,Torino1996.
(698)
DEMETRIO
D.,
Convergenze
e
peculiarità
pedagogiche. Le professioni
educative non scolastiche nelle
multiplerealtàdelladomanda, in
"Studium Educationis", n.1
(1997).
(699) Il Documento è reperibile
nella traduzione pubblicata dalla
Rivista “Famiglia Oggi”, n.6
(1994),pp.9-14.
(700) Cf. MORINEAU J. (a cura
d i),Lo spirito della mediazione,
FrancoAngeli,Milano1998.
(701) Legge 8 febbraio 2006,
n.54.
(702) GULLOTTA G., SANTI G.,
Dal conflitto al consenso.
Utilizzazione di strategie di
mediazione in particolare nei
conflitti familiari, Giuffé, Milano
1988,p.41.
(703)Perunostudiosistematico,
cf. POLÀCEK K.,Conseguenze
psicologichedeldivorziosuifigli,
interventi per ridurle, in
“Orientamenti Pedagogici”, n. 4
(1991) e Schettini B.,Il disagio
dei figli di genitori separati:
aspetti
psicodinamici
e
psicopedagogici, in "Rassegna di
ServizioSociale",n.2(2000).
(704)"Oveiltribunaleloritenga
utile nell’interesse dei minori,
anche in relazione all’età degli
stessi, può essere disposto
l’affidamento
congiunto
o
alternato" (Legge 1 dicembre
1970,n.898,art.6).
(705)“Separazioneconsensuale.
– (I). La separazione per il solo
consenso dei coniugi non ha
effetto senza l’omologazione del
giudice. - (II). Quando l’accordo
dei
coniugi
relativamente
all’affidamento
e
al
mantenimento dei figli è in
contrastoconl’interessediquesti
il giudice riconvoca i coniugi
indicando
ad
essi
le
modificazioni
da
adottare
nell’interessedeifiglieincasodi
inidonea soluzione, può rifiutare
allostatol’omologazione”.
(706) Cf. ZAGREBELSKY G.,Il
dirittomite,Einaudi,Torino1992.
(707) Sul punto, cf. MAZZEI F.,
SCHETTINIB.,Principigeneralie
istitutivi di etica e deontologia
per la professione di mediatore ,
in “Civitas et Iustitia”, n. 1
(2004),pp.211-226.
(708) Anche se per altra
fattispecie,nell’otticadellanuova
visione del ruolo dei genitori
nella vita familiare, ed in
particolare del modo in cui essi
debbono con eguali diritti e
doveri concorrere all’assistenza
alla
prole...
la
Corte
Costituzionale già nel 1996, con
riferimento ad una letteratura
psicopedagogia
consolidata,
riconosceva che «il figlio va
tutelato, non solo per ciò che
attiene
ai
bisogni
più
propriamente fisiologici, ma
ancheinriferimentoalleesigenze
di carattere relazionale ed
affettivo che sono collegate allo
sviluppo della sua personalità...
Inquestocontesto,ancheilpadre
è idoneo - e quindi tenuto - a
prestare assistenza materiale e
supporto affettivo al minore...
ritenendosi irrazionale che non
sia assicurata al bambino la
presenzanelprimoannodivita...
anche del padre, in sostanza di
quello dei genitori che a loro
giudizio sia meglio in grado via
viadiassisterlo,perun’atmosfera
il più possibile di serenità...
riconoscendo non solo il diritto
dovere di entrambi i genitori ad
assistereilfiglio,purseditenera
età,masoprattuttoilsuperamento
della concezione di una rigida
distinzione dei ruoli e che un
equilibrato
sviluppo
della
personalità del bambino esige
spesso l’assistenza da parte di
entrambe le figure genitoriali
anche per aspetti di carattere
affettivo
e
relazionale...»
(Sentenzan.179del2aprile1993
-RelatoreF.Casavola).
(709)Inquestasedesipreferisce
parlare di “genitore stabilmente
convivente/genitore
non
stabilmente convivente” in luogo
del termine più propriamente
tecnico/giuridico di “affidatario»
cheperòsicaratterizzaperlasua
marcata antipedagogicità. Infatti,
il termine, nella cultura giuridica
e, per travaso, in quella comune
significa «espropriazione» di
qualcuno da qualcuno/qualcosa,
cheèl’esattocontrariodiciòche
invece
andrebbe
fatto
nell’interesse
del
minore.
Stranamente, fino al febbraio
2006, le cautele invocate per
l’affido eterofamiliare e per
l’adozione, di cui alla vigente
normativa, erano del tutto
neglette nei casi di affidamento
ex art.155 del c.c. Ciò dimostra
come vi fosse una prassi
giurisprudenziale e quindi un
comportamento del tutto diverso
fra il giudice della separazione e
del divorzio e il giudice del
Tribunaleperiminorenni,sottola
cui giurisdizione cade l’istituto
dell’affido e dell’adozione; del
tutto garantista quest’ultimo,
stereotipatoilprimo.
(710) BERNARD C., SCHAFFLER
E . ,L’alibi di papà. Le colpe
sommerse del padre assente, in
"Psicologia
contemporanea",
n.121(1994),p.57.
(711) BROWN D.,Divorce and
familymediation:Historyreview,
futuredirections,in“Conciliation
andCourtsReview”,n.20(1982),
2,pp.1-44.
(712) Cf. BUSSO P.,Lotta e
cooperazione. Percorsi per
un’evoluzione ecologica del
conflitto,ArmandoEditore,Roma
2004.
(713) SCAPARRO F.,Etica della
mediazione familiare, in Ardone
R., Mazzoni S. (a cura di),La
mediazione familiare: per una
regolazione della conflittualità
nella separazione e nel divorzio,
Giuffrè,Milano1994,pp.55-58.
(714) Cf. SCAPARRO F.,
Prefazione, in Bernardini I. (a
cura di),Genitori ancora. La
mediazione
familiare
nella
separazione, Roma, Editori
Riuniti,1994.
(715) In: A A.VV. ,Médiation
familiale, Atti del I Congresso
Europeo,Caen20-30novembre/1
dicembre1990.Anche,Infran.5.
(716) HEYNES J.M., BUZZI I.,
Introduzione alla mediazione
familiare.Principifondamentalie
suaapplicazione,Giuffré,Milano
1996. Anche Schettini B.,Teoria
e metodologia della mediazione
familiare. Manuale per operatori
sociali, Libreria dell’Università
Editrice,Pescara1997,p.53.
(717) SCHETTINI B.,op.cit., p.
53.
(718)Ibidem,52.
(719)
Dal
“Regolamento”
dell’Associazione Internazionale
Mediatori Sistemici, art.1. Cf.
BASSOLI F., M ARIOTTI M.,
FRISONR.(acuradi),Mediazione
sistemica,
Edizioni
Sapere,
Padova1999.
(720)
Cf.
CIGOLI
V.,
GALIMBERTI C., MOMBELLI M.,
Il
legame
disperante”;
RaffaelloCortina,Milano1988.
(721) Cf. SARACENO C. PRADI
R. (a cura di),I figli contesi,
Unicopli,Milano1992.
(722)Cf.A NGELOC.(acuradi),
La coppia in crisi, Edizioni ITF,
Roma1990.
(723) GULLOTTA G., SANTI G.,
op.cit.,pp.60-61.
(724)Ibidem,p.55.
(725) Cf. BERARDINI DE PACE
A . ,La separazione insieme, in
AlagnaL,(acuradi),Sperling&
Kuppler,Milano1996.
(726) Cf. GULOTTA G., SANTI
G., CIGOLI V. (a cura di),
Separazione,
divorzio
e
affidamento dei figli. Giuffrè,
Milano 1983 ed ancora:Il dover
disporre dell’altro e il poter
negoziare con l’altro nella
coppia genitoriale divorziata, in
“Terapia familiare”, n.72 (2003),
pp.5-26;Illavorodimediazione:
alla ricerca dei fondamenti
clinici, in “Mediazione Familiare
Sistemica”, n. 5/6 (2007), pp.
116-124.
(727) Cf. FISHER R., URY W.,
PATTON B.,L’arte del negoziato.
Perchivuoleottenereilmeglioin
una trattativa ed evitare lo
scontro,Corbaccio,Milano2005.
(728) BERNARDINI I.,Genitori
ancora responsabili, in Schettini
B. (a cura di),Operatori e
mediazione familiare. Contenuti,
problemi,esperienzeaconfronto ,
La Ricerca Psicologica, Napoli
1994,pp.107-110.
(729)
STARACE
G.,
Considerazioni cliniche in tema
di mediazione familiare, in
Schettini B. (a cura di),op.cit., p.
45.
(730)BERNARDINII,Ibambinie
la mediazione familiare , in
ArdoneR.,MazzoniS.(acuradi),
Lamediazionefamiliare:peruna
regolazione della conflittualità
nella separazione e nel divorzio,
op.cit.,p.251.
(731)Ibidem,p.250.
(732) SCHETTINI B.,Teoria e
metodologia della mediazione
familiare,op.cit.,1997,pp.59-60.
L’art155-sexiesdelcodicecivile
stabilisceche“ilgiudicedispone,
inoltre, l’audizione del figlio
minore che abbia compiuto gli
anni dodici e anche di età
inferiore
ove
capace
di
discernimento”.
(733) A tal proposito si rinvia
alla Raccomandazione n.9 (98)
sulla mediazione familiare,
adottatadalComitatodeiMinistri
il 12 gennaio 1998, nel corso
della616^riunionedeiDelegati.
(734) QUILICI M., Violenza e
superficialità:
due
comportamenti da abbattere
nell’interesse del minore, in
SchettiniB.(acuradi),op.cit.,p.
94.
(735)IMPRUDENTEA.,Funzione
dell’avvocato e proposte di
riforma. Ipotesi a confronto, in
SchettiniB.(acuradi),ibidem,p.
99.
(736)Cf.FinerReport,Reportof
the committee on one-parent
families, London, HMSO, Cmnd
5629,1974.
(737) Cf. PICCARDO C.,
Empowerment. Strategie di
sviluppo organizzativo centrate
sulla persona, RaffaelloCortina,
Milano1995.
(738) Cf. PARKINSON L.,La
mediazione familiare. Modelli e
strategie operative, Erickson,
Trento2003.
(739)Cf.Ibidem.
(740) Il mediatore si procurerà
di ricordare che le disposizioni
pattuite prefigurano obblighi da
assumere reciprocamente; essi,
recepiti in sede giurisdizionale
sotto forma di decreto di
omologazione, diverranno veri e
propri atti giuridici, la cui
inottemperanza può costituire
reato.
(741) BUSELLATO G., in
Schettini B. (a cura di),op. cit.,
pp.19-20.
(742) MORINEAU
J.,op.cit.,
pp.15-17.