DIARIO DI UNA SCHIAVA - L`IMMAGINE DELLA
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DIARIO DI UNA SCHIAVA - L`IMMAGINE DELLA
DIARIO DI UNA SCHIAVA Marzo 1859 Quest’anno il caldo è arrivato presto, qui in Virginia. Ma a me non dispiace. Finché fa caldo, devo fare aria al signorino William e alla mia padrona, Missis Lilly, durante le ore di studio. Stando lì a sventolare, ho imparato a leggere le parole. Ora capisco cosa c’è scritto su quello che trovo in giro da leggere: vecchi giornali, libri che sfoglio di nascosto. A volte mi spaventa sapere quello che so. Gli schiavi non dovrebbero sapere né leggere né scrivere, ma io so farlo. A Missis Lilly viene una crisi di nervi, se scopre che ho un diario come quello che lei tiene sul suo comodino. Non m’importa se il suo è foderato di raso e abbellito con nastri e perline, e il mio me lo sono fatta da sola, con fogli tirati fuori dalla spazzatura. È comunque un diario. Il mio. E voglio scriverci su ogni volta che ne ho l’occasione. Devo stare molto attenta che nessuno lo scopra, però, perché se il padrone viene a saperlo, un bel po’ di frustate non me le toglie nessuno. Ho sentito tante volte Massa Henley giurare che se sorprende i suoi schiavi a istruirsi ci scorticherà vivi! E il bello è che ha anche la legge dalla sua parte. Chiunque viene sorpreso a insegnare a uno schiavo nella Virginia può essere mandato in prigione. Sul serio! Mi domando perché i bianchi ci vogliono impedire a tutti i costi di conoscere le cose. Di che cosa hanno paura? Mattino dopo, prime luci del giorno. L’alba è un buon momento per scrivere, quando tutto è ancora immobile e silenzioso. Voglio dire a qualcuno di tutte le cose che ho imparato negli ultimi tre anni. Le parole hanno una loro magia. Ogni volta che leggo o scrivo una parola, mi fa venire in mente un’immagine. Come quando scrivo CASA e vedo la piantagione Belmont e tutte le persone che ci abitano. Vedo la Grande Casa, dove Massa Henley, Missis Lilly e William fanno la bella vita, con tutte le comodità. Vedo la cucina separata dalla casa, con sopra la soffitta dove dormo insieme a Zia Tee, Zio Heb e Hince. Vedo le Baracche, dove vivono le mie amiche, e oltre le loro capanne, i frutteti e i campi dove lavorano. Vedo Zia Tee che cucina davanti al focolare, e le stalle dove Hince si prende cura dei cavalli di Massa Henley, e i giardini e i prati che Zio Heb tiene così bene. CASA. Una piccola parola riesce da sola a farmi vedere tutto questo. Massa Hanley si crede il padrone di tutto, ma io non sono veramente sua. Ho imparato che non può dirmi che cosa pensare, e provare, e sapere. Mi vede ogni giorno, ma non può vedere che cosa c’è dentro la mia testa. Non può avere quello che ho dentro. Né lui, né nessun altro. P. C. Mc Kissack, L’immagine della libertà, Vero (V) o falso (F)? • La protagonista non sa né leggere né scrivere. • L’autrice scrive su un diario foderato di raso, con nastri e perline. • La legge puniva chi insegnava agli schiavi. • Secondo l’autrice le parole nascondono una piccola magia. Rispondi sul quaderno. • Che argomento affrontano queste pagine di diario? • Che cosa sente dentro di sé l’autrice? • Che cosa hai provato tu, leggendole? • Perché, secondo te, i bianchi non volevano che gli schiavi di colore imparassero a leggere e scrivere?