Reloaded Febbraio 2013

Transcript

Reloaded Febbraio 2013
Ambiente
Precari
Acque inquinate negli Iblei Chi sono gli esodati?
Elezioni
Dove andiamo
generazionezero.org
o
i
a
r
20
12
Migranti, giovani, precari, ambiente
b
b
e
F
Morte e arte: Pasolini
Disastro in Mali
Università allo sfascio
Sesso sicuro
Dio non lo
vuole
anno I n°8
Immagine di copertina di Alaskan Dude| Alcuni diritti riservati
| Per ricevere direttamente la nostra rivista, invia una mail a [email protected] | o visita il nostro sito:
http://www.generazionezero.org |
Reloaded
Migranti, giovani, precari, ambiente
Contenuti del numero
4.
Com’è bello far l’amore- Attilio
Occhipinti
6.
“Ce l’hai?”- Una piccola indagine- Attilio Occhipinti
7.
La contraccezione in ItaliaSimone Bellitto
9.
Intervista a Simona Zecchi
e Martina Di Matteo- Giulio
Pitroso
15.
Un cinema impossibile- Giulio
Pitroso
18.
Rubrica Ambiente: Acqua da
tutte le parti- Simone Lo Presti
19.
Rubrica Precari: Gli esodatiFederica Monello
21.
Rubrica Giovani: A Scordia un
palazzo per i giovani- Attilio
Occhipinti
23.
Rubrica Migranti: La guerra in
Mali- Giuseppe Cugnata
24.
Non ci resta che piangere- Sebastiano Cugnata
27.
Rubrica Satira: Vaticano 3.0
2|
Generazionezero Reloaded
Direttore Responsabile:
Giacomo Pisani;
Editore, Proprietario: Associazione Generazione Zero;
Direttore Editoriale:
Giulio Pitroso;
ViceDirettore Editoriale: Attilio Occhipinti;
Condirettore Editoriale: Simone Lo Presti;
Redazione: Simone Bellitto, Federica Monello, Sebastiano Cugnata, Giuseppe Cugnata;
Collaboratori:
Gianni Scifo;
Impaginazione e Grafica:
Gianni Scifo.
Per la copertina sono state usate immagini
disponibili sul web, di cui gli autori rimangono titolari di tutti i diritti, salvo dove
diversamente indicato.
Generazione Zero Reloaded:
download mensile dell’allegato dal sito di
Generazionezero.org
T
ESTATA REGISTRATA AL
TRIBUNALE DI RAGUSA N. 05/11
editoriale |
Come si fa a non parlare di…?
Lo scorso mese abbiamo
inaugurato il nuovo anno
con un dossier su alcuni
partiti italiani. Le curiosità,
i nomi, le controversie
giudiziarie e diverse altre
informazioni tutte raccolte
in una serie di schede, in
vista delle elezioni di questo
mese. Si è trattato di un
lavoro di ricerca, di dati da
confrontare, che informasse
su più punti e nella maniera
più cristallina possibile
riguardo allo stato attuale di
questi benedetti partiti che,
a breve, si daranno di nuovo
battaglia.
Entriamo in una nuova fase
(l’ennesima) della nostra
politica. Ormai ci siamo
quasi.
Dato che, quando si parla
di politica, si pensa spesso
a chi ce l’ha messo in quel
posto (scusate il francese),
automaticamente ci è venuto
in mente di proteggerci, di
preservare la nostra salute.
Protezione – preservare –
preservativo: l’associazione
di idee è cosa fatta. Uno,
due, tre ed eccovi una
nostra indagine sul sesso
sicuro.
Sì, forse questa parabola
dalla politica al sesso
non è molto efficace, ma
l’essersi occupati di un tema
così vicino a tutti noi, così
attuale, così discusso, è
scaturito proprio da questo
intimo e personale pensiero.
Il sesso tra i giovani, mentre
fra pochissimo si vota. Fate
l’amore, non fate la guerra,
si diceva.
E così questo mese
abbiamo pensato di aprire il
nostro numero di Reloaded
senza alcun riferimento
alle imminenti elezioni,
concentrandoci invece su un
altro argomento chiave della
nostra generazione. Uno
sguardo rivolto all’uso dei
contraccettivi, ai distributori
automatici di preservativi
nelle scuole, alla storia
dei contraccettivi in Italia
con, sullo sfondo, l’eterna
battaglia tra i sostenitori
e gli oppositori dei
metodi di contraccezione.
Sembrerebbe un ottimo
spunto per una sana
conversazione.
Come abbiamo fatto
lo scorso anno, anche
quest’anno continueremo
ad interessarci di quelle
categorie sociali che
compongono il grado
zero della generazione
del duemila: le difficoltà
dei precari, il mondo
dei migranti, la tristezza
dell’inquinamento.
Ci sono così tante cose da
raccontare, tante storie delle
quali parlare, mentre, giorno
dopo giorno, si staccano
i fogli che compongono
il calendario della nostra
generazione. Un occhio al
presente, difficile e incerto,
e un occhio al futuro, incerto
anch’esso, ma con qualche
sfumatura di speranza,
necessaria per andare
avanti, per poter scrivere,
per imporsi in questo mondo
complicato. Dobbiamo,
comunque, sempre qualcosa
al passato, soprattutto se si
tratta di un passato lontano,
che non abbiamo potuto
vivere, fatto di persone che
l’hanno segnato, al di là del
bene e del male. In questo
numero abbiamo voluto
dedicare alcune nostre
pagine alla figura di Pier
Paolo Pasolini. Del resto,
come si fa a non scrivere
qualcosa su Pasolini?
Scrittore, giornalista, poeta,
regista, intellettuale dai
tanti volti che ha influenzato
la cultura europea del
Novecento. Una personalità
controversa, che ha acceso
tanti di quei dibattiti che
ancora oggi ricorrono nelle
discussioni, sui libri, nei
servizi in tv in tarda serata.
Come si fa, appunto, a non
parlare di Pasolini? Come
si fa a non parlare di sesso
sicuro? Come si fa a non
parlare degli esodati? Come
si fa a non parlare dell’acqua
inquinata? Parliamone
allora.
Attilio Occhipinti
Generazionezero Reloaded | 3
Com’ è bello far
l’amore
L’abbiamo visto nei film,
l’abbiamo letto sulle riviste,
l’abbiamo sentito nelle
discussioni tra amici,
incuriositi e un po’ imbarazzati,
consapevoli del suo fascino,
rapiti dalla voglia di scoprirlo.
Sì, parliamo di sesso.
Una parolina magica che
ci fa chiudere gli occhi,
catapultandoci in un mondo
pieno di ricordi, fantasie,
voglie inappagate, desideri
mai rivelati e chissà quante
altre cose. Un’esperienza
chiave delle natura umana,
intrisa di emozione, carnale
e al tempo stesso colma di
passione interiore. L’unione
di due corpi, di due amanti,
due ragazzi che, magari,
aspettavano questo momento
da tempo e, ora, con i genitori
fuori città e la casa libera,
sono pronti a buttare al vento
ogni inibizione e a tuffarsi tra
le lenzuola. Come nei film
per adolescenti o nelle serie
televisive. Il cinema d’altronde
ci ha raccontato milioni di
scene come questa e noi
stiamo sempre lì, a guardare.
Fare l’amore si dice. Guardi
negli occhi il tuo partner,
stuzzicando la sua fantasia,
poi ti prepari a farti travolgere
dalla passione. Come è bello
far l’amore diceva la Carrà, ed
è bello davvero. Bellissimo.
4|
Generazionezero Reloaded
Le due facce
Quando si affronta un tema
come questo, di natura
così intima e dall’impatto
sociale molto forte, non si
può non parlare di sicurezza
del rapporto. L’altra faccia
del sesso. Un’analisi sul
fenomeno sessuale include di
conseguenza il “modo” in cui
si consuma il rapporto fisico
in questione, sia per motivi
sociologici, cioè di natura
puramente sondaggistica, sia
per motivi legati alla salute,
la trasmissione di malattie
veneree, per l’appunto.
Questioni che, naturalmente,
interessano il campo dell’etica
sociale, segnata dalla dialettica
tra chi è favorevole all’uso dei
contraccettivi e chi, invece, è
contrario.
Due posizioni che sono in
lotta perenne da tempo. Da
una parte la chiesa condanna
l’uso dei contraccettivi,
fermamente convinta che il
sesso debba avere una finalità
procreativa e non ricreativa,
motivo per cui l’atto sessuale
deve essere consumato solo
dopo il matrimonio; dall’altra
la posizione laica ritiene
che il sesso, essendo una
componente imprescindibile
della natura umana, può
essere praticato anche senza il
bisogno di sposarsi.
Lo scontro fra queste due
posizioni, che poi si ripresenta
fatalmente per altre questioni
affini, come l’aborto o la
gravidanza assistita, è un fatto
sociale e culturale di grande
interesse e di grande attualità.
D’altronde stiamo parlando
di sesso, del coito. Esiste
qualcosa che sia più attuale
di questo? Esiste qualcosa
che interessi più di questo?
Parlavamo di contraccettivi
comunque.
La contraccezione non è
qualcosa di nuovo o figlia di
questo secolo. Certamente
oggi rappresenta un tema
quasi banale: chiunque ha
un’idea di che cosa sia il
profilattico o la pillola. La
cosa curiosa è che il sesso
protetto è un’idea vecchia
di secoli. Già nell’antico
Egitto venivano utilizzati
dei tamponi da lasciare per
un certo periodo di tempo
nella vagina oppure, dopo il
rapporto, si raccomandava
una lavanda a base di
vino. Nell’epoca romana si
utilizzavano degli amuleti
o dei profilattici ricavati
dalle vesciche di animali (si
dice che anche Casanova
usasse questo antenato del
condom).
La storia dei contraccettivi
ha insomma un’antica
tradizione che, comunque,
conobbe una sorta di
arresto nel
periodo
medievale,
la possibilità
per via della
presenza
di installare
cristiana,
ormai
nelle scuole
dilagante,
nella vita
superiori i
di tutti i
distributori di
giorni. Dal
Rinascimento
profilattici,
in poi l’uso
di questi
metodi contracettivi fu più
incalzante, soprattutto in
risposta alla diffusione
delle malattie veneree
come la sifilide e, in
seguito, la sperimentazione
di nuove tecniche e
di nuovi strumenti per
combattere queste malattie
si intensificò, fino alla
realizzazione del profilattico
moderno, partorito da
un’idea del tedesco Julius
Fromm (a cavallo tra la fine
dell’800 e l’inizio del ‘900).
A partire dagli anni sessanta
del secolo scorso la pillola
anticoncezionale troverà
diffusione in tutto il mondo.
Preservativi e polemiche
Tornando al nostro tempo,
al nostro secolo, siamo
consapevoli del fatto che le
nuove generazioni, rispetto
a quelle di qualche decennio
fa, hanno conosciuto una
diffusione abbastanza larga
del fenomeno sessuale. La
rivoluzione sessuale, che ha
investito i paesi occidentali
tra gli anni sessanta e gli
anni settanta, ha dato il
proverbiale la all’effetto
domino che ha coinvolto la
caduta di determinati tabù,
svestendo così il sesso di
ogni connotazione impura e
profana. O almeno, in teoria,
questo è stato il tentativo.
E’ notizia infatti, di questi
ultimi giorni, la possibilità
di installare nelle scuole
superiori i distributori di
profilattici, con prezzi più
bassi rispetto a quelli delle
farmacie. Una proposta
avanzata e poi approvata
sia dal consiglio provinciale
di Roma, sia da quello di
Milano che ha diviso l’opinione
pubblica. Alcuni presidi si
sono mostrati favorevoli a
questa mozione, così come
i ragazzi delle scuole e
alcuni insegnanti, mentre
altri, soprattutto i genitori,
raccolti nell’associazione
di “categoria”, l’AGe
(Associazione italiana
genitori), hanno mosso pesanti
polemiche. L’idea che a scuola
si possano acquistare dei
preservativi è, secondo l’AGe,
inopportuna, in quanto significa
contraddire i doveri educativi
della scuola. L’associazione
dei genitori ha chiarito la sua
posizione, ritenendo che la
lotta a gravi malattie come
l’Aids non debba essere
combattuta così. Anzi, la
presenza di questi distributori
sarebbe causa di disagio e
imbarazzo per gli studenti
e la scuola in questo modo
porrebbe i ragazzi in situazioni
ambigue.
Una posizione di questo
genere è la prova che la
cultura che ruota attorno
al sesso tra i giovani,
all’educazione sessuale e,
cosa più importante, alla
prevenzione di gravi malattie
o di gravidanze inattese, è
ancora deficitaria. Il sesso
è un fatto storico, sociale e
culturale che ha visto una
sua evoluzione, una sua
trasformazione che riguarda
tutti noi, nessuno escluso. E’
strano pensare che nel 2013 si
possa frenare un processo di
tale portata con la repressione.
Reprimere a prescindere,
affermare che un distributore
automatico di preservativi sia
“sconveniente e fuori luogo
per un ambiente destinato
alla formazione”, sembra
contraddire del tutto l’idea
stessa di formazione. La
scuola è un’ambiente sociale,
fatto di relazioni, di insegnanti
e di studenti, ma soprattutto
di esseri umani che convivono
accomunati da una serie di
valori quali la democrazia,
la legalità, l’importanza di
Generazionezero Reloaded | 5
Attilio Occhipinti
Ce l’hai? Una piccola
indagine tra i
giovani
una buona istruzione. Ora,
pensare che la sessualità
e, soprattutto, i rischi che
questa può comportare a
causa dell’ignoranza sui
modi e sugli usi del sesso
protetto, non sia un valore
degno della formazione
scolastica sembra alquanto
anacronistico. La sessualità
ha raggiunto ai nostri giorni
una dignità ben definita, che
l’ha portata ad una centralità
di cui non si può non tenere
conto. Un distributore
automatico di preservativi
a scuola è il simbolo di una
svolta culturale, poiché tiene
conto di un fatto innegabile:
il sesso tra le giovani coppie.
Forse non è ancora sufficiente
per debellare il rischi che
un rapporto sessuale può
generare (non tutti usano
dei contraccettivi), ma è pur
sempre un passo in avanti.
Perché fare dei passi
indietro?
Spinti dalla curiosità, abbiamo voluto
fare una piccola indagine sociale.
Abbiamo infatti domandato a dieci
ragazzi e a dieci ragazze se usano o
meno dei contraccettivi.
Si tratta di giovani tra i diciotto e
i venticinque anni, attualmente
impegnati in un rapporto sentimentale
o da poco finito.
Particolare è il fatto che nessuno
ha mostrato imbarazzo alla
domanda “quando fai sesso usi dei
contraccettivi?”
Dalla nostra indagine è risultato che
su un campione di 10 ragazzi, 6
usano il profilattico, mentre gli altri
si affidano al coito interrotto (per
la serie “scherzi? E’ come farsi la
doccia con l’impermeabile!”); invece,
su 10 ragazze, 4 prendono o hanno
preso la pillola anticoncezionale e 2
affermano che il proprio ragazzo usa
il preservativo.
Si tratta solo di domandare e
rispondere, non c’è nessuna voglia di
giudicare: lo scopo di questa indagine
è puramente informativa. Un po’ di
curiosità e qualche numero.
Sono dati significativi? Sono da
buttare? Sta a voi rispondere.
Dalla nostra indagine
è risultato che su un
campione di 10 ragazzi,
6 usano il profilattico
6|
Generazionezero Reloaded
La contraccezione
in Italia
In Italia, nella penisola a forma di stivale,
affrontare certi temi è sempre stato
decisamente ostico. Un sostrato culturale
che ha avuto sempre la supervisione della
Chiesa Cattolica e delle associazioni ad
essa collegate, che siano movimenti religiosi
veri e propri o associazioni “civili” pro-life.
Ovviamente il tema della contraccezione
è stato uno degli argomenti più spinosi
nel nostro paese, soprattutto nelle decadi
passate o più vicine. In una nazione che della
famiglia e della procreazione all’interno del
matrimonio ha fatto il proprio vessillo, le radici
storiche del risentimento anti-contraccettivo
affondano molto nel passato. Nelle nazioni
egemoni dell’età degli Imperi già si parlava di
condom (termine inglese che indica il nostro
corrispettivo italiano profilattico) già dal 1717.
L’ondata di “pensiero contraccettivo” ebbe il
suo fiorire nella seconda metà dell’800, nelle
teorie sulla sovrappopolazione propinato da
Owen e Stuart Mill. Nella prima metà del ‘900
si ha la consacrazione di questo delicato tema
nell’opinione pubblica grazie agli studi sul
controllo delle nascite di Margareth Sanger,
che diede vita, assieme alla sorella Ethel, dopo
campagne politiche energiche ed un periodo
di carcerazione, alla International Planned
Parenthood Federation. Ricerche scientifiche
accurate, per la prima volta dunque, al fine
di realizzare un contraccettivo ormonale in
grado di soddisfare il bisogno di contenere una
crescita demografica, già negli anni precedenti
al secondo dopoguerra, divenuta insostenibile.
Muoveranno gli stessi passi, negli anni
successivi, in questa direzione paesi anche
aldilà della cortina di ferro, quali URSS e Cina
comunista. E in Italia?
Indietro tutta
Negli anni conclusivi dell’800 l’Italia era ancora
a metà fra la nostalgia borbonica e il liberalismo
monarchico della nuova indipendenza da
poco acquisita. Dopo lo sfacelo della prima
guerra mondiale arriverà il capitolo tragico
dell’avvento del fascismo. Il regime, ancorato
all’ideale di trasformazione autarchico, che
auspicava un ruolo centrale della “famiglia pura
italiana”, puniva con la reclusione la diffusione
di idee contro la procreazione. La situazione,
ovviamente, viene blindata in questo senso con
i patti di “non belligeranza” nei confronti della
Chiesa di Roma del 1929. Di certo, il paese che
cercava di rialzarsi dalle macerie, all’indomani
del secondo conflitto mondiale nel 1945,
non aveva ancora il potenziale per un nuovo
sguardo su queste realtà. Gli anni ’50, figli della
Democrazia Cristiana, non fecero altro che
inasprire questo senso di sdegno nei confronti
dell’amore “libero”. Basti considerare l’art. 553
del Codice Penale:
“Chiunque pubblicamente incita a pratiche
contro la procreazione e fa propaganda a
favore di essa è punito con la reclusione.”
Misura repressiva che verrà abolita dalla Corte
Costituzionale solo nel 1971. Ancora nel 1965,
Il Vaticano contrasta, con successo, la proposta
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di
dare assistenza ai paesi in via di sviluppo, in
tema di pianificazione familiare. Dio non voglia!
Generazionezero Reloaded | 7
Cambiamenti
Si respirerà una nuova ventata, infatti,
solamente negli anni successivi alla
contestazione sessantottina ed ai referendum
sul divorzio e sull’aborto. Dopo l’eliminazione
del reato di “propaganda anti-procreativa”
nel ’71, il 1975 è l’anno in cui nella nostra
penisola aprono i primi Consultori Pubblici e
Familiari, nei quali è possibile fare informazione
e prescrivere quel materiale semplicemente
bandito fino a qualche anno prima. Tre anni
dopo, nel 1978, viene per la prima volta,
regolamentata a norma di legge l’interruzione
volontaria di gravidanza. I decenni successivi,
dai rampanti anni ’80 fino ad oggi, saranno
sconquassati da varie emergenze mondiali
sanitarie, fra le quali quella più endemica è
quella relativa al virus HIV, o meglio conosciuto
col mortale nome di AIDS. Nel mondo dunque,
una tempesta di campagne di sensibilizzazione
sul tema porterà all’attenzione di tutti la
necessità di proteggere i rapporti sessuali
attraverso il profilattico. Il cattolicesimo,
scontato a dirsi, nonostante tutto, ne vieta
ancora categoricamente l’uso, da sostituirsi
con la necessità dell’astinenza sessuale prima
di aver conseguito il vincolo del matrimonio.
Incredibile a dirsi, ma sembrerebbe che altre
confessioni religiose, quali la Chiesa Evangelica
Valdese o i Testimoni di Geova non considerino
l’uso della guaina di lattice incriminata un
problema di natura etica. Il profilattico,
comunque sia, non è l’unico metodo per evitare
una gravidanza. Negli anni ’60 dagli Stati Uniti
arrivò la pillola anticoncezionale, divenuto in
Italia e nel mondo il metodo contraccettivo più
8|
Generazionezero Reloaded
utilizzato e più
sicuro, per la
consecuzione
dello scopo
prefisso, in
assoluto.
Altri metodi
conosciuti sono
il diaframma, il
cappuccio cervicale o la spirale intrauterina,
misure più invasive e meno efficaci della sopra
citata pillola. Per concludere la nostra analisi,
segnaliamo uno dei metodi più controversi, a
livello etico, di contraccezione: la cosiddetta
pillola del giorno dopo. La Chiesa Cattolica
considera l’assunzione della Pillola del Giorno
dopo quasi un succedaneo dell’aborto,
peccato gravissimo da “scontare” attraverso
il sacramento della Riconciliazione (?). Sono
nate iniziative, opinabili, nel mondo medico,
per la costituzione, nel 2006, di un codice
di deontologia medico, volto a preservare
un “obbligo morale” in difesa del proprio
sentimento di coscienza. Nascono così medici
e farmacisti obiettori. Il contraddittorio civile,
fortunatamente, è garantito, dal 2008, grazie
all’iniziativa dell’Associazione Luca Coscioni
in collaborazione con l’associazione Vita di
donna. Il nome del nuovo progetto è Soccorso
Civile - Pillola del giorno dopo, diretto a portare
immediatamente ausilio a “tutte quelle donne
cui è stata negata la prescrizione della
pillola del giorno dopo in una struttura
pubblica”.
Il percorso “anticoncezionale” italiano è una
vera e propria corsa ad ostacoli. Chissà se un
giorno una mentalità più aperta e dalle larghe
vedute garantirà un diritto pari che oltrepassi
le barriere di arretratezza culturale che ancora,
ci spiace dirlo, affollano l’opinione pubblica
nostrana.
Simone Bellitto
Simona Zecchi – Martina Di
Matteo “Viaggio nella Notte
all’Idroscalo”
Simona Z ecc h i e M art ina D i M at t eo sono coau t rici della recen t e
inc h iesta de I Q uaderni dell’O ra sul caso Pasolini
Perché parlare di Pasolini,
oggi?
Simona: Parlare di Pasolini,
occuparsi dei suoi scritti,
leggerli... non c’è mai un
tempo definito o ultimo per
interessarsi a lui e questo al di
là dei fatti legati all’indagine
tuttora aperta (la riaprì la
procura della Repubblica di
Roma nel 2010 sulla base
di nuove testimonianze che
l’avvocato Stefano Maccioni
con la collaborazione della
criminologa Simona Ruffini,
e soprattutto sulla spinta di
un’interpellanza parlamentare
da parte di Veltroni all’allora
Ministro Alfano, scaturita
dalle dichiarazioni di Marcello
Dell’Utri sull’Appunto 21 di
“Petrolio”). In merito invece
all’inchiesta e alla ricerca
della verità sulla sua morte,
nel passato giornalisti
più autorevoli hanno
già svolto importanti
inchieste sul tema. Alcuni
di loro sono presenti nel
numero 8 della rivista “I
Quaderni de l’Ora (edizioni
Ila Palma Palermo, 2012)
che ospita il nostro lavoro:
come Walter Rizzo, Giuseppe
Lo Bianco e Sandra
Rizza, lo stesso Gianni
Borgna (che insieme
a Carlo Lucarelli completò
un’inchiesta esaustiva sul
contesto che portò alla morte
di Pasolini). Nel numero,
poi, sono legati altri percorsi
già presenti nel libro di Lo
Bianco – Rizza “Profondo
nero” (Chiarelettere, 2009) che
vedono nella morte di Mattei
e nella scomparsa di Mauro
de Mauro un filo conduttore
con l’uccisione di Pasolini.
La nostra inchiesta rimane
però nelle strade romane
e più precisamente nella
borgata da cui comunque
spesso tutto parte e a cui tutto
torna… L’omicidio barbaro
di Pasolini conosce ad oggi
un’unica verità processuale
(quella che ha riconosciuto
come unico colpevole un
allora minorenne Pino Pelosi
la cui pena è ormai scontata).
Ma come spesso ci dimostra
questo nostro Paese, la
verità processuale non è
e non può essere l’unica,
specie se nel corso degli
anni (38 ormai) e, nonostante
precedenti inchieste aperte
e richiuse di fretta sul caso,
alcuni fatti in buona parte già
molto chiari allora sono stati
ritenuti irrilevanti, oppure,
come ritengo, dopo il lavoro
svolto insieme alla collega,
l’emersione di alcuni elementi
poteva risultare scomoda se
fosse uscita allora. Come lo
sarebbe tuttora.
Martina: Parlare di Pasolini
oggi vuol dire anche parlare
di un’intera epoca del nostro
Paese. È un tentativo di
recuperare anche la nostra
coscienza critica partendo da
uno degli episodi oscuri che
hanno segnato l’Italia degli
anni ‘70 e ’80. Il tentativo di
ristabilire una nuova verità,
se non processuale quanto
meno giornalistica, è utile per
poterci finalmente riappropriare
anche dell’immagine di
Pasolini in quanto intellettuale
e basta. Personalmente
credo che il mio desiderio sia
nato da un’urgenza narrativa
ambivalente: da un lato la
volontà di fare luce in una
storia fin troppo poco chiara,
anche con l’ingenuo bisogno
di ottenere un po’ di giustizia,
se così si può dire; dall’altra
l’amore per Pasolini in quanto
intellettuale e il bisogno di
provare a conoscere fino in
fondo la realtà da cui egli
stesso era circondato. Una
realtà che amava e che in
un modo o nell’altro è stata
artefice del suo assassinio.
Come si è sviluppata la
vostra inchiesta e da dove?
Generazionezero Reloaded | 9
Simona: Intanto mi hanno
spinto l’interesse sulle vere
motivazioni che hanno portato
a tendere un agguato a Pier
Paolo per poterlo aggredire
in un posto buio isolato e
in un contesto che avrebbe
infangato la sua memoria
(come tuttora accade) e la
curiosità su cosa e chi avrebbe
eventualmente ordinato la
sua morte vista la particolarità
di quel momento storico. Un
giorno a Roma nel 2010,
mentre presentavo un libro,
ho incontrato il testimone che
aveva appena fatto riaprire
l’inchiesta, Silvio Parrello,
conosciuto come “Pecetto” dal
nome che lo stesso Pasolini
gli diede in “Ragazzi di Vita”(il
romanzo-verità sulla borgata
romana di allora specchio
anche della povertà che
soffocava tutto il Paese a pochi
anni dalla fine della guerra).
In quel momento scrivevo
per una testata on line sulla
quale raccontai poi la storia
di Silvio poeta e pittore, e
su Pasolini stavo leggendo
e raccogliendo elementi di
cronaca, insieme ovviamente
a tutte le pubblicazioni
che riguardavano la storia
cercando di trarre un senso
dai fili intrecciati emersi sino
ad allora. Poi ho incontrato
Martina, che era invece da
tempo sul caso e per questo
l’avevo contattata. Abbiamo
così pensato di unire le forze
ripartendo solo ed unicamente
dai fatti senza basarci su tesi
già precostituite.
Nel novembre del 2011 feci un
servizio sul mensile “Nuovo
10 | Generazionezero Reloaded
Paese Sera” in merito al film
che sarebbe dovuto uscire di
lì a breve del regista Federico
Bruno e, parallelamente
addentrandomi nel lavoro
d’inchiesta, venni anche in
contatto con il musicista e
scrittore Guido Mazzon cugino
di Pier Paolo, tra i familiari
la persona più disponibile
a rispondere ad alcune
domande. L’unica controinchiesta cui a noi è parso
utile ricondurci e alla quale in
parte ci riferiamo nel nostro
lavoro è quella svolta, subito
dopo l’omicidio, da Oriana
Fallaci e il suo collaboratore
Mauro Volterra per l’Europeo
(Volterra morì dopo alcuni anni,
nel 1989, in circostanze per
noi poco chiare). In un certo
senso anche il lavoro di Marco
Tullio Giordana (film e libro
– “Pasolini, un delitto italiano”
- 1995) ha rappresentato un
po’ un riferimento. Ma il punto
fondamentale cui arrivammo
entrambe è stata la dinamica
sulle ore immediatamente
successive all’aggressione
finita in massacro, coperta
da vari buchi e ombre e
poco approfondita nei lavori
precedenti, dando per scontati
alcuni fatti che così scontati
non sono e non erano a
nostro parere: l’arresto del
Pelosi in contromano, il ruolo
di Giuseppe Mastini, alias
Johnny Lo Zingaro, che
attraverso altre testimonianze
sembra essere stato un po’
particolare nonostante la sua
giovane età allora, e inoltre la
dinamica del ritrovamento o
furto della macchina di Pelosi,
nebulosa e contraddittoria già
dalla lettura dei verbali.
Martina: Per me è stato
casuale. Avevo chiesto di
potermi laureare con una tesi
sulla sua ultima produzione
letteraria. Raccogliendo il
materiale mi sono imbattuta in
alcuni articoli sul suo omicidio
e in alcune pagine di atti
processuali del tempo. Poi
mi venne regalato “Profondo
Nero”, di Giuseppe Lo Bianco
e Sandra Rizza. Lì mi si è
aperto un mondo. Più leggevo
e raccoglievo materiale, ancora
con atteggiamento molto
didattico, più era come se
questa storia mi si attaccasse
addosso. Così quasi per gioco,
tre anni fa, chiesi all’avvocato
Nino Marazzita, avvocato
di parte civile del tempo, e a
Veltroni un’intervista. Quando
entrambi me le accordarono,
sono partita per Roma e ho
iniziato a lavorare all’inchiesta
riuscendo a sentire tutti i
personaggi della storia, da
Silvio Parrello a Dino Pedriali
(autore di alcune foto che
dovevano essere inserite in
“Petrolio”), Furio Colombo,
Gianni Borgna, Ninetto
Davoli, Pino Pelosi, e Guido
Calvi, che poi mi diede l’intero
fascicolo del processo che
mi ha permesso di studiare
a fondo l’inchiesta e provare
a riscriverla. Quando diverso
tempo dopo ho incontrato
Simona, avevo già fatto un
enorme lavoro e accumulato
molta stanchezza dovuta
anche al fatto di non riuscire a
mettere un punto. Più andavo
avanti più cercavo altro
materiale,
«Più andavo avanti più cercavo
non
altro materiale, non riuscivo a
riuscivo a
fermarmi perché era come se non
fermarmi
mi bastasse mai nulla di tutto
perché
quello a cui potevo arrivare»
era come
altra di qualcuno che aveva
se non mi bastasse mai nulla
interesse a spegnere quella
di tutto quello a cui potevo
voce corsara.
arrivare. In questo senso
il nostro incontro è stato
Martina: Questa è una
provvidenziale, perché insieme
risposta difficile. Sicuramente
siamo riuscite a essere più
io e Simona abbiamo raggiunto
efficienti. In più lavorare
i traguardi che ci eravamo
insieme a un’altra persona mi
preposte insieme, tra cui quello
ha aiutata a disciplinarmi un
fondamentale di riuscire a
po’ e a farmi accettare il fatto
riscrivere una verità sulla notte
che prima o poi avrei dovuto
del 2 novembre del 1975. Dirmi
chiudere questa inchiesta.
soddisfatta mi sembrerebbe
troppo definitivo. Per carattere
Siete soddisfatte del lavoro
sono incline alla maniacalità e
svolto su Pasolini?
probabilmente finché non sarò
certa che gli anni e il tempo
Simona: Ritengo che siamo
spesi su questa inchiesta
giunte a buon punto ma
abbiano una valenza oggettiva,
che il lavoro non sia ancora
non sentirò di aver concluso
finito. Siamo giunte a un
definitivamente questo
punto nodale fra gli elementi
percorso. La cosa di cui sono
e i personaggi coinvolti nel
realmente soddisfatta però,
bene e nel male in questa
e lo dico senza arroganza,
storia (quando di “bene” c’è
è il modo in cui ho lavorato.
però solo la volontà di alcune
So di essere stata onesta
persone che hanno conosciuto
durante tutto il mio percorso e
a Roma lo scrittore e che
di aver fatto un enorme sforzo
hanno fatto parte della sua
di comprensione verso ogni
vita o che hanno fatto, come il
persona che ho incontrato
professore e membro del CSM
anche se spesso è stato
Guido Calvi, parte della difesa
difficile. Non mi sono mai
del primo processo. Calvi
limitata a quello che sembrava
ha sempre creduto in un’altra
ovvio, ecco.
storia testimoniando per
primo sulle incongrue perizie
Come pensate di continuare
effettuate allora e sposando sin
il vostro percorso su
da subito la testimonianza del
Pasolini?
regista Sandro Citti (deceduto
nel 2005) sull’esistenza di
Simona: Beh, questo seppure
un’altra macchina simile a
fosse già tracciato non potrei
quella dell’intellettuale, e quindi
rivelarlo. Ciò che conta però
individuando già la presenza
è che il lavoro di autori e
di altre persone sul luogo
giornalisti può essere utile ad
del crimine, come del resto
altri come spunto o fonte per
la sentenza ha confermato
proseguire nella ricerca della
addebitando anche a “ignoti”
verità. Pasolini è “patrimonio”
il grave omicidio) e la mano
culturale e anche giornalistico
di tutti, gli unici che hanno
il dovere di rendere ufficiale
questa verità attraverso un
riscontro processuale però
sono inquirenti e magistratura.
I fatti che hanno portato alla
sua morte sono direttamente
proporzionali alla situazione
politica sociale ed economica
che sta attraversando il nostro
Paese e insieme frutto di
verità chiare storicamente
ma poco chiare ai nostri politici
attuali e passati.
Martina: Sto ultimando il mio
libro, che avrà in appendice
l’inchiesta con Simona.
Ho raccolto talmente tanto
materiale negli anni da sentire
il bisogno di mettere insieme
i pezzi e creare qualcosa di
definitivo, almeno per me.
Spesso si tende a trascurare
il fatto che quando si lavora a
un’inchiesta si ha a che fare
con delle persone, che hanno
delle storie. Nella maggior
parte dei casi quello che se
ne cava fuori è un enorme
quantitativo di dati ma per me
è stato differente, perché a un
tratto è diventato fondamentale
dare anche una voce e un
volto alle singole persone
che ho incontrato in questa
esperienza. E gettarsi in una
storia come questa in maniera
totalizzante vuol dire dover
fare i conti con le persone
che incontri e con i loro vissuti
anche quando è doloroso.
Probabilmente il modo più
giusto per mettere un punto è
quello di raccontare, oltre che
l’inchiesta, le storie che ho
incontrato lungo la strada di
Pasolini.
Intervista di Giulio Pitroso
Generazionezero Reloaded | 11
Un cinema
impossibile
I documentari in una
farsa grottesca
La storia di Pier Paolo Pasolini
è una storia di freni e censure,
di contraddizioni interne allo
stesso artista, ma anche e
principalmente di
contraddizioni italiane. Perché,
prima di essere ridotto a un
silenzio eterno, Pasolini fu
consumato dalla censura e
dall’autocensura. Non solo nei
film, ma anche nel
documentario. Il contesto in
cui voleva far emergere il
proprio genio non lo aiutava; i
soldi pubblici erano spesi per
finanziare altri tipi di pellicola.
E’ un quadro grottesco, che
fa il paio con la forbice
censoria dell’Italia
democristiana e cementizia
di quegli anni. Se ne può
parlare oggi con maggiore
distacco, quasi con il sorriso
12 |
Generazionezero Reloaded
sulle labbra, un sorriso isterico:
parliamo di una forma più
sottile e particolare di
bavaglio, conformista e
massificata.
Dal 1945 al 1957 sono
le case di produzione
più grosse a farla da
padrone, grazie ai
soldi pubblici. Astra,
Corona, Documento
Film, Edelweiss, INCOM
si assicurano “quasi
l’80% dei contributi
statali” (Bertozzi, Storia
del documentario
italiano, 2008,
Marsilio). Insomma,
un’autostrada aperta
verso conseguenze nefaste.
Le altre risorse principali,
del resto, le mette in campo
la politica di partito, Pci e Dc
principalmente, che vanno
a contendersi valori-cardine
dell’immaginario nazionale,
insistendo in particolare
sulla pace (vedi La colomba
contesa. Appunti di lavoro sul
pacifismo nella comunicazione
audiovisiva del PCI e della DC,
Mauro Morbidelli, in Bertozzi,
Schermi di pace). Così,
nonostante il Piano Marshall,
il sempregrigio Istituto Luce,
la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, si aprono spiragli
di condizionata libertà, in cui
possono agire, ad esempio,
Lizzani- si ricordi Modena città
dell’Emilia Rossa- e De Santis.
I documentari hanno, in
questo periodo, una rilevanza
strategica dal punto di vista
dell’educazione di massa,
ma anche una funzione di
complemento per l’industria
cinematografica: sono
spesso affiancati a una
pellicola, al cui inizio vengono
proiettati. Con il decreto n.
678 del 5 ottobre 1945 si
riserva al documentario
il 3% dell’introito lordo
dello spettacolo; la legge n.
379/1947 rafforza questo
meccanismo di controllo.
La legge Andreotti del ’49
aggiunge un altro 2% per
cortometraggi di eccezionale
valore tecnico e culturale.
Questo corso di cose porta a
un generale appiattimento dei
prodotti. Si apre un dibattito.
Sul tema dei finanziamenti
Lizzani si esprime su
Filmcritica nel 1951, chiarendo
che annullarli non sarebbe una
cosa buona: «è come dire:
per eliminare la speculazione,
eliminiamo il documentario.
Poiché i ladri rubano, aboliamo
il denaro!».
Formula 10
Si va così conformando
un sistema che è detto
“Formula 10”. I documentari
vengono prodotti su base
standardizzata, secondo un
meccanismo seriale- da qui il
nome di “formula”-, e la durata
viene rigidamente fissata sui
10 minuti, corrispondente
a un solo rullo di pellicola.
Questo procedimento
consolida, come ha modo
di notare Marco Bertozzi,
“l’associazione automatica
fra formato breve e film
documentario” (Storia del
documentario italiano)
nell’immaginario italiano.
Nel 1965, dopo una serie di
norme in materia, la 1213 del
4 novembre fissa un numero
annuo di 120 premi di qualità
di dieci, sette, cinque milioni
e mezzo di lire, purché il film
risulti proiettato in almeno
500 sale cinematografiche.
E, fin qui, il meccanismo non
rivela interamente la propria
natura. A un più attento esame,
emerge che i documentari
non vengono più proiettati, il
pubblico li fischia e “per un
tacito accordo fra produttori,
distributori ed esercenti- e
nell’apparente rispetto delle
leggi- vengono eliminati
dalla programmazione” (Ivi).
A livello artistico, lo scarto
estetico è impeditissimo: ci si
spende per essere graditi alle
commissioni ministeriali, non
per tirare fuori dei capolavori.
Si pensi, addirittura, che le
musiche finiscono a volte
per essere scritte senza
che i compositori vedano la
pellicola. La situazione forza
gli indipendenti a vendersi
per pochi spicci all’oligopolio
delle case produttrici. Così,
già nel ’49 Emilio Sereni,
onorevole, intellettuale e
partigiano, denuncia la bassa
qualità dei documentari italiani
nel discorso Per la difesa del
cinema italiano, in cui emerge
una chiara denuncia allo
sfruttamento patologico dei
fondi pubblici. Contro questo
magheggio intervengono
anche i documentaristi
dell’ANAC nel ’66 con Libro
bianco sul cortometraggio.
Una mentalità disarmante, fuori e dentro la Rai
peso, perché segnato dalla
firma di Joris Ivens. Si chiama
L’Italia non è un paese povero
e lo partorisce la mente di
Enrico Mattei. Collaborano,
Ivens con Hemingway e Renn
E la mentalità oscurantista e
grossolana regala delle
chicche da manicomio. Un
caso di grottesca
insoddisfazione da far cadere
le braccia è quello di Massimo
Sani, collaboratore Rai sul
luogo della tragedia di
Marcinelle dell’agosto ’56. Dei
262 morti della miniera di
carbone belga 136 sono
italiani. Le sue immagini
scompaiono, non vengono
proiettate e sono perdute per
sempre. Forse, sono troppo
forti. Potrebbe essere questa
la causa e il deterrente alla
visione di uno spettacolo
troppo crudo e verace? A pochi
anni da quando si sono gettate
le basi dell’Europa unita nella
Comunità Europea del
Carbone e dell’Acciaio, la
verità dei minatori italiani
sacrificati sull’altare del
progresso rappresenta un
boccone tanto amaro da
meritare l’oblio?
Ancora più sardonica e triste
è la storia di un documentario
concepito per la tv, di un certo
tra gli altri, Alberto Moravia,
Tinto Brass, i fratelli Taviani. A
prodotto finito, la Rai non vuole
mandarlo in onda. Troppo
crudo. Eppure non è un film
di denuncia. In sostanza “è
significativo che il problema,
per la dirigenza RAI, risieda
invece nelle immagini che
raffigurano al di fuori degli
stilemi folklorici (ma ben
lontane da procedimenti in stile
cinèma-verité) le condizioni
della popolazione meridionale”
(Maurizio Corbella, Musica
elettroacustica e cinema in
Italia negli anni Sessanta). Il
film verrà proiettato, seppur
sottoposto a mutilazioni e
rimodulazioni: ma si può
prendere uno dei più grandi
documentaristi di sempre,
Ivens, che ha lavorato con
Orson Wells e Hemingway
nella propaganda antifascista
durante la guerra civile in
Spagna e umiliarne tutto il
genio in questo modo? Sì.
Generazionezero Reloaded | 13
La rabbia
Come sorprendersi, se si premette tutto questo, quando si parla
delle censure a Pasolini? E’ questa pressione che lo spinge a
essere coautore di La rabbia, dove, insieme al conservatorissimo
Guareschi, costruisce un mostro bicefalo? O è solo l’idea del
produttore Gastone Ferranti di fare un film con una doppia
visione del mondo, che fa perdere a Pasolini ben 20 minuti di
girato? La rabbia è una pellicola disarmante, dove Guareschi
arriva a sostenere istanza assolutamente contrarie al suo
comprimario. Il film scompare pochi giorni dopo l’uscita in
sala nel ‘63.
La Cineteca di Bologna lo restaura e viene proiettato al Festival
del cinema di Roma del 2007. Da qui parte l’idea di recuperare
un film interamente e originariamente pasoliniano, che viene
presentato a Venezia nel 2008. Tatti Sanguineti e Giuseppe
Bertolucci sono gli alfieri di questa ricostruzione. Quest’ultimo
dichiara alla Gazzetta di Parma: “Guareschi è un autore che
ha avuto i suoi meriti. Ma qui il suo testo è insostenibile,
addirittura razzista. Una delle sue cose peggiori. Gli
abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo”. Scoppia una
polemica. Gli eredi di Guareschi chiedono e ottengono
le
dimissioni del regista dal Comitato nazionale per il
centenario della nascita di Giovannino Guareschi,
autore comunque apprezzato e promosso da
Bertolucci.
Per il resto, la storia di amore e odio,
di censure e conflitti di Pier Paolo
Pasolini è ben nota. Sa regalare
momenti di collaborazione con
la Rai, come in Appunti per un
film sull’India o La forma di
Orte, momenti di critica alla
televisione di massa, autocritica
e spinta al limiti dello scabroso nel
cinema di finzione. D’altronde, il genio
pasoliniano finisce per essere frustrato
anche post mortem, nel solco della solita
farsa italiana, quando il gesuita Della Vedova
imbratta i manifesti funebri del poeta con scritte
volgari.
Giulio Pitroso
14 |
Generazionezero Reloaded
HISTORY | Sights and Landscapes
Pier Paolo Pasolini
I tre volti di un genio
dimenticato
“L e masc h ere ripugnan t i c h e i giovani si me t t ono in faccia , rendendosi
laidi come vecc h ie pu t tane di una ingius ta iconografia , ricreano
ogge t t ivamen t e sulle loro fisionomie ciò c h e essi solo verbalmen t e
hanno condannat o per sempre . . . C io è la condanna radicale e
indiscriminata c h e essi hanno pronunciat o con t ro i loro padri ,
risusci tando nella loro anima t errori e conformismi e , nel loro aspe t t o
fisico, convenzionali tà e miserie c h e parevano superat e per sempre . . .”
(Pier Paolo Pasolini)
Di Pier Paolo Pasolini,
nel bene e nel male, si è
sempre parlato, argomentato
e discusso. Il più delle
volte senza cognizione di
causa. Certamente risulta
difficile tracciare un ampio
ed estemporaneo ritratto di
questo grande personaggio
della cultura italiana.
Per semplicità abbiamo
partizionato in tre sezioni la
vita, i dolori e le rivelazioni di
questo martire della logica
duplice, gretta ed ambigua
di un belpaese cristallizzato
nella sua ineluttabile
arretratezza.
15 |
Magazine First Edition
L’artista
Del Pasolini artista si sa quasi
tutto. Si è detto tutto ed il
contrario di tutto. Scrittore,
regista, poeta. Il suo è stato
uno sguardo intellettuale
trasversale sui difetti evidenti
dell’italianità nostra. La
of youth
battaglia 67%
di posizione
all’interno
delle logiche da guerra fredda
worldwide
ne è stata l’indegna
cornice.
Ha scandalizzato un’Italietta
love AND
EAT
bigotta, ipocrita
e materialista.
Ha svelato la faccia nascosta
tomatoes and
di una società perbenista, figlia
del consumismo e falsamente
apples SCHOOL
moralista. In evidenza è stata
messa l’inopinabile doppiezza
STUDY SHOWS
del boom economico,
del miracolo italiano: la
retrograda mentalità dei
nuovi arricchiti contrapposta
alla spaventosa miseria
delle masse, soprattutto
di quel sottoproletariato a
lui tanto caro, utilizzando
come campione quello delle
indigenti borgate romane.
Malessere che ha dipinto
con magistrale tocco in
svariati film, Accattone e La
ricotta su tutti. Uno sguardo
impietoso mai domo, che si
è profuso con costanza in
Uccellacci ed Uccellini, Porcile
ed in conclusione raggiunge
l’apoteosi a quel Salò o le
120 giornate di Sodomia che
attinge dal Marchese De
Sade per affondare gli artigli
Generazionezero Reloaded | 15
HISTORY | Sights and Landscapes
sulla consistenza feroce della
crudeltà umana. Un habitat,
un humus crudele. Deturpato,
inoltre, dai forti poteri. Il
tutto emerge, come se non
bastasse, dalle sue epiche
narrazioni dello smarrimento
indotto ai danni dei suoi amici
della bassa plebe, come
appare evidente nei romanzi
Ragazzi di vita e Una vita
violenta. Vita violenta(ta) dal
feroce potere d’acquisto delle
multinazionali dell’energia,
di cui lo scritto Petrolio è la
prova più evidente, come
vedremo anche più avanti.
Infine nelle sue nostalgiche
liriche che provano ad
affacciarsi, inutilmente, su un
mondo politico e civile che
oramai non esiste più. Le
ceneri di Gramsci ne sono
il lapalissiano postulato già
dal titolo. Un’opera, dunque,
multidimensionale, acuta e
profonda. L’unica risposta
della società “civile” a tutto
questo materiale divulgato con
cotanta cura è stata di terrore,
di accuse di propaganda
omosessuale e blasfema, di
becere intimidazioni. Processi
su processi, insensati ed
intentati ad arte, durante la sua
travagliata esistenza.
Il sociologo
Il potere. I suoi rapporti con
la criminalità organizzata e le
devianze dei servizi segreti.
Petrolio. I nuclei centrali del
Pasolini studioso e critico
della società partono da
questi spiacevoli presupposti.
Il suo sguardo è direzionato
sulle magagne del governo
e della burocrazia statale,
dandogli la veste di vero e
proprio sociologo della realtà.
Le sue Lettere Luterane, gli
16 |
Generazionezero
Magazine
First EditionReloaded
Scritti Corsari e la sua ultima
opera assoluta, Petrolio
appunto, un manifesto civile
e politico rimasto incompiuto
per svariati motivi quali la
morte e l’insabbiamento,
rappresentano ad hoc questo
ruolo intellettuale parallelo ed
allo stesso momento intrinseco
alla sua carriera di artista
vero e proprio. Le sue prese
di posizioni sono sempre
radicali, dure ed incisive. Mai
banali. Le invettive contro
l’efferato consumismo,
lo stragismo di stato e la
corruzione politica non cadono
nel vuoto, osteggiate dunque
molto duramente dal sistemastato. Sono gli anni di Piazza
Fontana, Piazza della Loggia,
della nascita del terrorismo
nero e di quello rosso. Gli
anni della contestazione
che, purtroppo, subiranno
degenerazioni inconciliabili con
la civiltà chiamate Ordine Nero
e Brigate Rosse. Momenti
in cui il nostro intellettuale
prenderà la dura ed ardua
posizione di schierarsi con
gli agenti di polizia, figli di
proletari e non con gli studenti,
figli della borghesia, durante
gli scontri violenti di piazza.
Ne emerge la conclusione
che Pier Paolo è una vera
e propria scheggia culturale
indomita. Le critiche nei suoi
confronti piovono da qualsiasi
schieramento. Da destra, da
67% of youth
centro e anche da sinistra,
da quella sinistra cui lui,
worldwide
nonostante tutto si sentiva di
appartenere. Quel comunismo
love AND EAT
italiano ancora atrocemente
succubetomatoes
dello stalinismo
and
e degli anni staliniani, che
nel secondo
dopoguerra,
apples
SCHOOL lo
espellerà dal Partito Comunista
Italiano per
condotta
indegna.
STUDY
SHOWS
Parafrasando, a causa della
sua omosessualità. Ci sarà
persino Palmiro Togliatti fra
i critici più convinti del suo
modus vitae e delle sue fatiche
letterarie e cinematografiche.
Questo inesplicabile diniego a
sinistra del valore pasoliniano
sarà forse la ferità più
aperta di quei tempi nel suo
cuore. Dall’altro lato della
barricata l’establishment
della Democrazia Cristiana,
ovviamente, ne sarà il
più belluino persecutore.
Saranno forse le sue critiche
all’apparato burocratico
dello stato, di cui la DC fu
capostipite, e le pesanti accuse
riportate in Petrolio a costargli
la vita?
La vittima
Il 2 novembre 1975 arriverà la
falce mortale a mieterne via in
modo tragico l’esistenza nei
pressi dell’idroscalo romano
di Ostia. Delitto passionale a
sfondo omosessuale. Sarà
questa la prima e per molti
anni unica ipotesi dietro al
disumano fatto di sangue
che coinvolgerà l’intellettuale.
Non ci soffermeremo sui
dettagli per non incorrere in
quel sensazionalismo del
sangue tanto riprovevole e
grandguignolesco. Unico
imputato e condannato fu
Giuseppe Pelosi, detto Pino.
Dovranno passare molti
decenni prima che questo
drammatico evento potrà
liberarsi da quell’insopportabile
alone che lo aveva relegato,
agli occhi dell’opinione
pubblica, purtroppo, ad una
“questione tra froci”. Le
lunghe ombre della criminalità
organizzata si allungheranno
minacciosamente su questo
caso, infittendone il mistero.
Chi furono i mandanti? Lo
Stato? La Mafia? Il campo
HISTORY | Sights and Landscapes
d’interesse e di studio
pasoliniano negli ultimi
anni della sua vita si era
insistentemente centrato su
casi scottanti. Il caso Enrico
Mattei, con la conseguente
“irresistibile ascesa” del suo
successore all’ENI, Eugenio
Cefis, che diverrà anche
padrone assoluto del colosso
Montedison. Il rapimento e lo
scomparsa, come polvere al
vento nel nulla, del giornalista
Mauro De Mauro, che,
guarda caso, stava indagando
da tempo sull’attentato
all’aeroplano in cui Mattei
trovò la morte. Tutto materiale
trovato nel libro Questo è
Cefis, L'altra faccia dell'onorato
presidente di Giorgio
Steimetz, che sarà quasi
una stampella per le accuse
sonanti rivolte allo stesso
Cefis nel suo Petrolio. Infine,
le ipotesi sulle stragi degli anni
precedenti. Fasciste le prime.
Alla ricerca di una verginità
antifascista le seguenti. Il tutto
diretto forse dagli uomini di
stato più in vista del momento,
Andreotti e Fanfani su tutti.
"IO SO, ma non lo posso
dimostrare" è una sorta di
epitaffio. Un’insegna scolpita
nel legno della croce cui
Pasolini stava per essere
inchiodato. Domande,
domande. Cui ancora non è
stata data risposta alcuna a
mezzo secolo di distanza.
“In tutta la mia vita non
ho mai esercitato un atto
di violenza, né fisica, né
morale. Non perché io sia
fanaticamente per la non
violenza. La quale, se è una
forma di auto-costrizione
ideologica, è anche essa
violenza. Non ho mai
esercitato nella mia vita
alcuna violenza, né fisica
17 |
Magazine First Edition
né morale, semplicemente
perché mi sono affidato
alla mia natura, cioè alla
mia cultura...”
(Pier Paolo Pasolini)
Pier Paolo Pasolini era tutto
questo e molto altro. Bardo
della verità nascosta. Cantore
del malaffare. Triste maschera
umiliata all’interno della
tragedia umana personale
che lo ha coinvolto. Un genio
dimenticato, uno di quei
personaggi le cui citazioni
sono di moda. Spesso a
sproposito e sulla bocca di chi
non dovrebbe. Questa è l’Italia,
verrebbe da dire, purtroppo.
Pasolini, però, avrebbe voluto
uno stivale diverso. Per
questo, le sue parole ed il
suo pensiero lo renderanno
comunque sempre attuale
ed immortale. In eterno.
Simone Bellitto
67% of youth
worldwide
love AND EAT
tomatoes and
apples SCHOOL
STUDY SHOWS
Generazionezero Reloaded | 17
Acqua da
tutte le
parti
Nelle ultime settimane la città
di Ragusa è stata colpita da
una grave piaga, di biblica
memoria, che ha precluso
l’utilizzo di quattro pozzi per
la distribuzione dell’acqua.
Alcune fonti parlano di
punizione divina contro i
ragusani, colpevoli di non
partecipare assiduamente
alle funzioni religiose;
tuttavia, pare più plausibile,
l’opinione che ricerca la
colpa nell’indifferenza delle
istituzioni, soprattutto dell’ex
Sindaco, Nello Dipasquale,
ora Consigliere Regionale, ai
continui richiami del Circolo
Legambiente Ragusa “Il
Carrubbo”, in principale modo
nella persona del biologo
Antonino Duchi. Ma quali sono i fatti?
Da alcuni anni, il Circolo
Legambiente Ragusa “Il
Carrubbo” ha continuamente
segnalato l’inquinamento
delle acque delle fonti di Cava
Misericordi e Oro dovuto
alle infiltrazioni dei liquami,
delle scorie delle aziende
agricole limitrofe, ma le
orecchie istituzionali erano ben
turate. Inoltre, il pluriennale
reinserimento della trota
macrostigma (una particolare
specie, tipica delle nostre
zone) è stato reso vano: il
pesce, votato alla sua funzione
sociale, ha segnalato, con
la morte dei suoi esemplari
(in foto), l’inquinamento delle
acque. Ma ancora niente.
Il caso scoppia un paio
di settimane fa, quando,
finalmente, si riscontra l’alto
livello di inquinamento delle
acque di quattro pozzi di
approvvigionamento della
città: «C’è il fallimento della
politica e dell’amministrazione
iblea, - si legge in una nota
del Circolo di Legambiente
Ragusa “Il Carrubbo”- che in
un colpo solo è riuscita a dare
il peggio di sé: incapacità (o
disinteresse) per una gestione
territoriale sostenibile, che
prevenisse il problema;
incapacità della gestione
delle risorse idriche, visto che
l’inquinamento si è presentato
e addirittura probabilmente
l’acqua inquinata per un
certo periodo è stata
immessa in
rete, cioè
fatta bere
ai cittadini
ragusani».
La città di
Ragusa si
è trovata di colpo a secco e i
cittadini non hanno potuto fare
altro che “comprare” camion di
acqua i quali, viste le enormi
richieste, non riuscivano a
coprire l’intera zona (quasi
tutta la città). «Siamo dovuti
ricorrere – dice un cittadino- a
questo espediente perché non
avevamo acqua nemmeno
per lavarci, per cucinare, per
niente. Abbiamo chiamato,
e pagato, cinque camion
d’acqua. Ora ho conservato
a
c
ri
tutte le ricevute, speriamo che
il Comune me li rimborsi». Nel
frattempo, i vari enti hanno
fatto controlli giornalieri sulla
salute dell’acqua, ma ancora
non è risultata potabile, con
rischi di salmonellosi per chi
l’avesse bevuta. Per questo,
infatti, il Commissario, M.
Rizza, non ha dato il via libera
all’apertura dei pozzi con
le dovute informazioni sulla
“impotabilità” dell’acqua, come
l’Asl aveva suggerito.
La soluzione momentanea
è stata quella di chiudere,
temporaneamente e con una
turnazione settimanale,
i pozzi delle altre zone
della città per fornire
l’acqua ai quartieri
prima irrorati dai quattro
pozzi inquinati. Tuttavia, la
situazione rimane critica,
«un disastro – continua la
nota di Legambiente- che è
forse il frutto più avvelenato
lasciato alla comunità iblea
dalla malagestione comunale:
una vera e propria bomba ad
orologeria che è deflagrata
quando alcuni dei principali
responsabili sono volati verso
altri lidi».
e
b
t
u
R
en
i
b
m
A
Simone Lo Presti
ca
i
br
Ru
Esodo: partenza volontaria
di un gruppo numeroso o
di una comunità dal proprio
paese per motivi economici,
politici, religiosi. Nella
storia si sono succeduti
quello ebraico, istriano,
nizzardo e palestinese.
Esodato è quindi colui che
compie l’azione appena
descritta. Ma recentemente
il termine ha esteso il suo
significato indicando un
altro tipo di esodati, quelli
della generazione zero.
Se i “vecchi esodati” nel
compiere il loro viaggio
portavano con sé le
speranze di futuri floridi, la
stessa cosa non possiamo
al momento dire per quelli
di nuova generazione. Ma
di chi stiamo parlando?
Esodato è il lavoratore
senza lavoro e senza
pensione in età compresa
tra i 50 e i 65 anni. Sono
lavoratori che hanno
volontariamente interrotto
il loro rapporto di lavoro,
per accordi di ristrutturazione
o crisi aziendali. Ma
conseguentemente alla riforma
pensionistica del 2011 non vi
rientrano per l’innalzamento
dell’età pensionabile a 62
anni e la modifica dei requisiti.
Rappresentano una fascia
sociale molto debole, data
la difficoltà di reperimento
di posti lavoro per i giovani.
Aggrava la loro condizione il
fatto che di solito sono padri
e madri di famiglia. Il decreto
emanato ne ha contati 65mila,
mentre l’Inps
Entro la fine
in un primo
momento
ha parlo
di febbraio
di 130mila
per poi
dovrebbero
dichiararne
390mila. I
arrivare le
provvedimenti
restanti 40mila di
salvaguardia
nei loro
missive ad
confronti
sono tre: il
altrettanti
decreto del 1
giugno 2012
esodati
con cui sono
stati “salvati” i
primi 65mila;
Gli esodati
ri
a
ec
r
p
Generazionezero Reloaded | 19
il
decreto 5 ottobre 2012 con cui
sono state stanziate le risorse
per altri 55mila lavoratori; infine
altri 10mila sono stati inseriti
nella legge di Stabilità. Sulla
carta ci sono 130.300 persone
tutelate a fronte dei 390mila.
Il 24 luglio del 2012 è stato
pubblicato sulla Gazzetta
ufficiale il primo decreto e gli
uffici provinciali dell’Inps hanno
tempo fino al 7 gennaio del
2013 per individuare gli aventi
diritto.
I comitati degli esodati hanno
lamentato due problemi. Il
primo sull’individuazione dei
65mila, affidata alle Direzioni
territoriali del lavoro che
hanno istituito un’apposita
commissione composta da due
loro funzionari e uno dell’Inps.
I comitati denunciano scarsa
trasparenza e invitano a fare
chiarezza. Anche perché,
dovendo “salvaguardare” solo
i primi 65 mila, la lista delle
priorità è quanto mai delicata. Il
secondo problema è il numero
delle domande. Quelle giunte
finora, infatti, e che riguardano
alcune categorie di lavoratori
(lavoratori esonerati, genitori
di disabili, esodati con
accordi individuali o collettivi)
sono circa il triplo rispetto
ai numeri preventivati. Per
quanto riguarda il decreto
del 5 ottobre, quello dei
55mila, manca l’emanazione
20 |
Generazionezero Reloaded
solo una piccola frazione, circa
un decimo dei lavoratori
coinvolti. Entro la fine di
febbraio dovrebbero arrivare
le restanti 40mila missive ad
altrettanti esodati, sistemando
così definitivamente il primo
plotone.
Pochi giorni fa Mauro Nori,
direttore generale dell’Inps,
ha dichiarato che nei
prossimi giorni prenderà il via
l’istruttoria degli altri 55mila
salvaguardati del secondo
decreto. Da dove sono stati
presi i fondi per salvaguardare
questi lavoratori? Per quanto
riguarda i primi 65mila i soldi
vengono dal risparmio ottenuto
con la riforma Fornero, circa
77miliardi. Le risorse per
la copertura del secondo
gruppo provengono dai tagli
della spending review ,
cioè dai tagli sulla spesa
delle amministrazioni. Il terzo
gruppo di esodati si inserisce
nella legge di Stabilità.
In conclusione il tetto di
copertura pensionistica per i
130 mila lavoratori vale sino
al 2020.
del decreto ministeriale
necessario all’avvio
della procedura di
salvaguardia.
La legge di Stabilità è, infine,
l’ultimo provvedimento
approvato e con la sua
votazione il governo Monti ha
rassegnato le dimissioni. La
legge ha previsto di stabilire
un diritto alla salvaguardia,
indipendente dai numeri, per
chi ha diritto alla pensione
entro il 2014. Ha spostato
di sei mesi il termine
dell’effettiva cessazione
di lavoro. Sul piano delle
Federica Monello
risorse, invece, è stato
istituito un fondo nel quale
confluiranno
le eventuali
il tetto di
eccedenze
messe a
copertura
bilancio per
gli esodati e
pensionistica
non utilizzate.
A fine gennaio
per i 130 mila
lo stesso
ministro, Elsa
lavoratori vale
Fornero, ha
dichiarato
sino al 2020.
che nei primi
di febbraio
sarebbe
stata inviata
la prima
tranche di
lettere ai 25mila ex lavoratori
con l’atteso trattamento
pensionistico. Questa è, però,
A Scordia un palazzo
per i giovani
Scordia, provincia di
Catania. In occasione della
nascita del Palazzo dei Beni
Comuni di Scordia, abbiamo
chiesto a Eugenio Russo
(Scordia Bene Comune) di
parlarci dei giovani scordiensi
e delle possibilità che questo
palazzo offrirà loro.
Com’è nata l’idea del palazzo
dei beni comuni? E’ stato
lungo l’iter che vi ha portato
fino all’inaugurazione?
L’idea del palazzo la portiamo
avanti da un annetto quasi,
in contemporanea con la
nascita di Scordia Bene
Comune(vedi manifesto http://
www.scordiabenecomune.
com/index.php/manifesto).
Ci siamo prefissati lo scopo
di creare, all’interno della
nostra comunità, degli spazi
fisici da poter destinare alla
libera espressione delle
culture e dei saperi in tutte
le sue sfaccettature (dal
teatro, alla lettura, dalla radio
radiorebeldescordia.com, alla
politica), sostituendoci, ad
un’amministrazione incapace
di pensare al ruolo della
cultura come perno centrale
per la crescita civile e sociale
di un’intera comunità. Non ti
nascondo che inizialmente,
sia per motivi economici
che tecnici, eravamo quasi
scoraggiati, ma fortunatamente
la partecipazione è stata molto
ampia e dividendoci i compiti
in base alle competenze, nel
giro di un mese siamo riusciti
a ristrutturare e “vestire” il
palazzo con tutta la nostra
creatività. Con l’aiuto di tutti i
compagni, amici e conoscenti
attraverso donazioni, non
solo economiche, ma anche
prettamente materiali come
sedie, divani, scrivanie ecc...
Siamo riusciti ad organizzare
una due giorni piena di eventi,
senza mai accantonare
l’attività politica. Secondo noi il
progetto del palazzo racchiude
in pieno il significato più nobile
della parola Politica cioè
partecipazione, difesa dei beni
comuni e della cultura.
I giovani sono una
risorsa necessaria e
importantissima per il nostro
Paese, ma come sappiamo
non stanno vivendo un
periodo storico esaltante.
Che ruolo hanno i giovani di
Scordia?
La disarmante sorpresa
scaturita della massiccia
risposta della comunità
scordiense, in occasione
dell’inaugurazione, è motivo
di orgoglio per tutti quelli
che come me hanno lottato
e speso ogni risorsa per la
realizzazione di quello che,
fino a qualche mese fa,
sembrava un miraggio per
la nostra realtà. Il degrado
culturale che ormai da molti
anni affligge l’Italia, e di
conseguenza anche il nostro
piccolo centro, adesso ha una
chance concreta di rivalsa.
Da adesso in poi Scordia ha
la possibilità di dar voce a
tutti i giovani come noi, che
vogliono fortemente dire la loro
ed esprimere al meglio le loro
capacità artistiche, politiche e
culturali, sino ad oggi rimaste
sopite per la mancanza
concreta di luoghi di Libera
espressione.
Secondo te il palazzo dei
beni comuni sarà al centro di
un nuovo rilancio giovanile
di Scordia? In che modo?
Credo fermamente che
il “Palazzo” sia un nuovo
centro di rilancio giovanile,
e sottolineo nuovo perché
basta tornare indietro di una
quindicina d’anni per scoprire
che tutto ciò era possibile. Con
questo mi riferisco agli anni
in cui personalità come Salvo
Basso (poeta, ex assessore
alla cultura di Scordia) e luoghi
come l’Arci Scordia attestarono
un fervore culturale da sempre
latente nella nostra comunità.
Intervista di Attilio Occhipinti
Generazionezero Reloaded | 21
Il fantasma
radioattivo di una
guerra
C’è una guerra, in Africa, che merita
di non essere raccontata dai media
occidentali. Una guerra che penetra
il deserto e chi lo abita, portandosi
dietro la solita carovana di deboli
ideologie e di enormi interessi
economici, per poi andare via, fuggire,
nascosta sotto il velo della sabbia
dello stesso deserto da cui è venuta,
lasciandosi alle spalle le solite vittime
e i soliti carnefici, a spartirsi le macerie
di un altro pezzo di storia del mondo
andata in frantumi. E’ la guerra del
Mali.
Un semi-Stato nell’ex Africa francese
Indipendente dalla Francia dal 1960, il paese
africano è stato sempre al centro di un’intensa
faida interna tra le varie fazioni politiche e tra le
numerose etnie, separate dai propri territori natii
e confinate entro i nuovi perimetri dettati dal
colonialismo di fine Ottocento. Faida sfociata,
da un lato, nel colpo di Stato del marzo scorso,
e, dall’altro, nell’inasprimento della rivolta dei
tuareg nella zona settentrionale del Paese,
in quell’area conosciuta sotto l’accezione
di “Azawad”, regione autoproclamatasi
indipendente, ma non riconosciuta dall’autorità
statale, nell’aprile dell’anno passato. L’Azawad,
l’enorme tavola desertica dai confini geometrici,
che prima sembrava non avere alcun ruolo
nella politica mondiale, si trova ad essere al
centro di un’operazione dalle dimensioni globali,
l’occhio di un ciclone che coinvolge almeno
tre fazioni militari: i gruppi indipendentisti e
laici, come l’MNLA (Movimento Nazionale
per la Liberazione dell’Azawad), alcune
formazioni islamiste, raggruppate in maniera
molto generica sotto la denominazione AQMI
(Al-Qaeda in Maghreb), e l’esercito francese,
coadiuvato dalle milizie dell’ECOWAS
(l’accordo tra i Paesi dell’Africa centrooccidentale), operante sotto l’egida dell’ONU.
Una sorta di stallo alla messicana, quello tra
le formazioni militari, con il MNLA in grado di
proclamare indipendente la regione, seppur
con una potenza militare minore rispetto a
quella degli avversari, per poi perdere la propria
autorità ed essere spodestato dai terroristi, che
della regione hanno fatto la propria roccaforte,
applicando alla lettera la legge coranica (con
tanto di amputazioni e velo per le donne),
disseminando un clima di terrore e
trasformando la zona in un fortino da
cui monitorare i traffici capillari di
armi, droga e uomini verso i
Paesi limitrofi, con i confini
indefiniti e inespugnabili
del deserto a fare
da sfondo alla
scena.
i
t
n
a
r
g
a
c
i
R
r
b
u
mi
Sabbia, uranio e migranti
A questo punto i motivi che
istigano il combattimento
tra gli indipendentisti e i
terroristi sembrerebbero
chiari: ma cosa spinge la
Francia ad entrare in scena?
Formalmente Hollande,
che di questa guerra ha
fatto il proprio trampolino
di lancio per spiccare
nuovamente il volo nei
sondaggi, in calo subito dopo le elezioni, ha
dichiarato che l’obbiettivo principale sia quello
di salvaguardare i 6mila cittadini francesi
residenti nel Paese saheliano e di “sostenere
le unità maliane nella lotta contro i terroristi”.
Motivi virtuosi, certo, ma troppo deboli per
schierare sul campo 4mila militari (con un costo
di missione che si aggira sui 70 milioni di euro).
Che cosa c’è, allora, di così importante in Mali?
Si dia il caso che il Paese europeo viva per
il 78% grazie all’energia prodotta da impianti
nucleari e che il sottosuolo maliano sia sede di
ingenti giacimenti di uranio, senza contare quelli
di petrolio e di oro. La paura di poter perdere
tali giacimenti, in favore delle lanciatissime
imprese orientali (su tutte quelle cinesi), ha
giocato, quindi, un ruolo fondamentale nella
volontà francese (ed europea) di porre le basi
per una nuova ondata di colonizzazione nell’ex
Africa Occidentale Francese, mascherata e
legalizzata, però, dalla “minaccia qaedista di
un nuovo Afghanistan”. Al tempo stesso anche
l’eventuale riconoscimento di un nuovo Stato
laico e democratico (tracciato e promosso dal
MNLA), avrebbe innescato la rivolta nei Paesi
confinanti, come il Niger (quarto Paese per
giacimenti di uranio), la Mauritania o l’Algeria,
considerati, ancora, come il giardino di casa
delle multinazionali. I poteri economicomilitari occidentali hanno, dunque, preferito
far procedere l’avanzata terrorista all’interno
della regione settentrionale, per poter poi
comodamente assestare la missione militare,
continuando a mantenere sotto
scacco la ricca e vasta zona, a
discapito dei più basilari diritti
civili per le popolazioni. Il risultato
dell’intera operazione è stato
l’esodo forzato di centinaia di
migliaia di abitanti verso i territori
limitrofi. Un dato, questo, che unito
alla certezza che l’occupazione
militare sarà piuttosto duratura, fa
presagire una strumentalizzazione
della situazione, a vantaggio
dei cartelli del traffico di vite umane. Alle
drammatiche circostanze, si aggiunge il
fatto che l’Europa, già posta alla gogna per
la cattiva amministrazione della questione
migratoria, ha risposto tagliando i fondi relativi
alle politiche di asilo, immigrazione e gestione
delle frontiere, che passano da 16 a 15 miliardi
per il bilancio 2014-2020 (basti pensare che
la sola spesa italiana per la difesa si aggira
attorno ai 20 miliardi all’anno, ndr). L’Europa,
quindi, già moralmente debitrice nei confronti
delle popolazioni africane, e complice nell’aver
fatto implicitamente incrementare i guadagni
delle organizzazioni criminali dei traffici di
vite, reinnescando ad ogni giro il processo di
migrazione clandestina, attraverso lo sporco
gioco dei respingimenti, ha appoggiato il
progetto di una nuova militarizzazione e neocolonizzazione di un’altra area del continente
africano. Soliti errori o mosse pianificate?
Giuseppe Cugnata
Generazionezero Reloaded | 23
Non ci resta che piangere
Niente di strano. Cosa volete
ci sia di inaspettato nel quadro
sugli ultimi dati riguardanti
le iscrizioni alle università
pubbliche? Cinquantottomila
(da 338.482 a 280.144)
le matricole che nel breve
lasso di tempo, tra l’inizio
degli anni zero al 2013,
sono venute a mancare
all’università pubblica. Vale a
dire un ateneo grande come
la Statale di Milano. Ai 58
membri del Cun, (Consiglio
Universitario Nazionale) va
il merito dell’indagine che ha
portato alla luce dati a dir poco
allarmanti.
Le cause e il prezzo da
pagare
Il Consiglio Universitario
rileva tra le cause scatenanti
la diaspora degli studenti,
in primo luogo, il disastroso
andamento dell’economia,
incapace di dare garanzie
sufficienti ad un neolaureato,
fatto ampiamente dimostrato
già pochi anni dopo la
riforma Berlinguer- Zecchino
varata dal centrosinistra
nel 2000, a seguito della
quale, l’Italia aveva già
registrato una riduzione
della quota di occupati tra i
laureati, in controtendenza
rispetto al complesso dei
paesi dell’Unione Europea,
bloccando la nostra nazione
al 34° posto (su 36) della
classifica dei paesi Ocse.
Tremonti e Gelmini, sono stati
successivamente i principali
complici dei crimini perpetrati
nei confronti del diritto allo
studio, attraverso la manovra
che in sei anni, ha fatto fuori
1195 corsi di laurea, 84
corsi triennali e 28 corsi
specialistici/magistrali, fino
24 | Generazionezero Reloaded
ad arrivare, quindi, ai giorni
nostri, infuocati da un dato
a dir poco sconcertante: il
taglio di 960 milioni di euro del
governo Berlusconi e i 300
della legge di stabilità voluto
da Monti che porteranno nel
2013 il default di almeno 20
atenei. I singoli atenei quindi,
non riusciranno, tramite la
quota annuale stanziata
dallo Stato per le università
statali, a far fronte alla spese
minime fisse. Stessa sorte
(ovviamente) non è toccata
alle università private,
debitrici da più di dieci anni
nei confronti di tutti i governi
intervallatisi in parlamento, da
D’Alema a Monti. Lo stesso
Monti, proclamandosi paladino
dell’austerity e dei tagli al
superfluo ha, prima della fine
del 2012, deliberatamente
dirottato 200 milioni di euro,
prelevati direttamente dalla
tasche di tutti i cittadini tramite
la spending rewiew, verso
le scuole private italiane (in
maggioranza cattoliche).
E il ciclo si ripete
L’emendamento in questione
è stato promosso dalla
parlamentare Simonetta
Rubinato (PD). Non c’è da
stupirsi che la stessa sorte
si ripete in modo ciclico da
più dei dieci anni, quando,
nel 2000, il governo D’Alema
bis, a seguito dei DM 261/98
ed il DM 279/99 (Ministero
della Pubblica istruzione
preseduto allora da Luigi
Berlinguer, Democratici di
Sinistra), e del testo unico
«concessione di contributi alle
scuole secondarie legalmente
riconosciute e pareggiate»
che li ha convertiti in legge,
ha costituito il presupposto
per la regolare concessione
di finanziamenti alle scuole
private, sancendo la completa
parificazione, anche e
soprattutto a livello economico,
di quest’ultime, con quelle
statali, non curandosi
minimamente dell’art. 33 Cost.
il quale dà il diritto “ad Enti
e privati di istituire scuole ed
istituti di educazione senza
oneri per lo Stato”.
Come se ciò non fosse già
grave, il governo Berlusconi IV
(Ministro dell’istruzione Letizia
Moratti), con il DM 27/2005 ha
apportato alcune modifiche
alla norme precedenti: non
si parla più di “concessione
di contributi”, ma di vera e
propria “partecipazione alle
spese delle scuole secondarie
paritarie”. Ora è proprio
Andrea Lenzi, presidente del
Cun, in una delle sue ultime
dichiarazioni, a chiedere
alla politica di rifinanziare le
università. Secondo Domenico
Pantaleo, segretario FlcCgil i dati del Cun «danno la
misura dell’impoverimento
culturale del paese». Dopo
la pubblicazione dei dati, è
proprio (udite, udite!) il PD,
infine a prendere parola
sulla questione, attribuendo
la colpa di questo disastro
a Berlusconi e al governo
Monti e impegnandosi nel
proporre una nuova legge sul
diritto allo studio. Gli studenti
di Link, denunciano indignati
l’aumento delle tasse di 283
milioni di euro in cinque anni,
mentre parlano di emergenza
nazionale i ragazzi dell’Udu.
Sebastiano Cugnata
Abbiamo perso la
rotta
«Sono stanca, davvero
incazzata. Scusate ragazzi
per il linguaggio, ma non
so cosa dire». Questa
sono le parole della mia
professoressa all’indomani
delle elezioni. Parole dette in
un’aula universitaria di Torino.
Parole che hanno riscontrato
un consenso immediato,
parafrasato con un annuire
generale, da parte di tutti noi
studenti.
Prima di pubblicare questo
numero di Reloaded, mi è
stato chiesto di scrivere un
pezzo d’opinione. Sapete, uno
di quei pezzi che ha in sé un
po’ i caratteri dello sfogo, un
po’ quelli dell’analisi personale
su un tema particolarmente
vicino alla nostra quotidianità.
Solitamente quando ci
cimentiamo nella scrittura di
un articolo o quando facciamo
un’inchiesta, ci preoccupiamo
di non calcare troppo la mano
su quelle che possono essere
le nostre opinioni in merito alla
faccenda trattata. Cerchiamo di
dare un nostro punto di vista,
ma con un certo distacco,
poiché il nostro obiettivo è di
informare nella maniera più
trasparente possibile, senza
utilizzare il giornale come
mezzo di diffusione per le
opinioni personali. Abbiamo
scelto da che parte stare, chi
ci legge da qualche tempo lo
sa bene, ma rivolgersi ai lettori
raccontando il fatto nella sua
onestà, è il nostro obiettivo
principale.
Ci sono però dei momenti in
cui scrivere diventa, più delle
altre volte e con più forza,
un’estensione di noi stessi.
Momenti in cui ci incazziamo
davvero tanto, tutto qua.
Pensiamo sempre che il futuro
sia lontano, soprattutto quando
si sta tra i banchi di scuola
o quando la sera ci beviamo
una birra con gli amici. Ci
dicono che siamo l’avvenire di
questo Paese e dell’Europa,
ma nel frattempo alcuni di noi
sono andati via, lontano, nella
speranza di un futuro migliore.
Mi chiedo se questi ragazzi un
giorno ritorneranno. Quando
poi davanti alla televisione
becchiamo un programma di
politica, magari lo guardiamo,
incuriositi dai tizi seduti su
quelle comode poltrone.
Sinceramente non è uno
spasso. Dopo Crozza di solito
cambiamo canale.
Queste elezioni ci hanno
lasciato l’amaro in bocca e
in cuor mio devo dire che
mi aspettavo dei risultati di
questo tipo, ma sicuramente
non di queste proporzioni. Lo
scontento del Paese legato ai
disastrosi governi, che si sono
succeduti in questi ultimi anni,
credevo fosse sufficiente a
far cambiare il vento. Il vento
invece è sempre lo stesso.
Eppure quanta rabbia c’era
nelle parole delle persone,
quanta stanchezza si leggeva
nei volti dei giovani, buttati a
studiare sui libri, consapevoli
della futura sconfitta dei loro
sforzi. Erano parole vuote?
Era una falsa stanchezza?
Non sembra vero che siamo
allo stesso punto di prima, e
forse siamo pure più indietro,
poiché eravamo consapevoli
del disastro. L’abbiamo vissuto
sulla nostra pelle e lo viviamo
tuttora.
Sento che il mio spirito è
fiacco. Provo ad arrabbiarmi,
ma ci riesco male. Tutto va
in malora e da troppi anni
camminiamo lungo un tunnel
che sembra non avere uscita.
Se riflettiamo un attimo sulla
nostra condizione che cosa
vediamo? Non so voi, ma io
vedo tanti miei coetanei che
sono emigrati per studiare o
per lavorare; vedo mio padre
che si spezza la schiena e
troppa gente, invece, neanche
suda, pensando che sia una
cosa normale; vedo mia madre
che mi domanda preoccupata
che cosa voglio fare dopo la
specialistica; vedo i miei amici
che non sanno che pesci
pigliare; sento i discorsi di
alcuni genitori che fanno fatica
a fare la spesa. Brucio allora
all’idea di una rivoluzione,
di un disgusto generale nei
confronti del nostro tempo. Poi
Generazionezero Reloaded | 25
però tutto tace. L’intenzionalità
verso il futuro è quanto di più
umano possa esserci nell’uomo
e la preoccupazione per il proprio
benessere e per quello degli
altri dovrebbe appartenerci,
ma così non sembra. Siamo
come una nave che ha perso la
rotta, costretta a navigare per
tanto tempo nella speranza di
ritrovare quella dannata direzione.
Il momento democratico per
eccellenza è rappresentato dalle
elezioni ed è qui che un popolo
sceglie una rotta da seguire. Il
momento della scelta è preceduto
dai mesi di campagna elettorale,
dai manifesti che ricoprono le città,
dalle interviste in televisione, dai
programmi politici dei partiti. Mi
chiedo se tutto questo sia servito a
qualcosa e mi chiedo da che cosa
sia dipeso un risultato elettorale
come questo. Quale rotta abbiamo
scelto? La nostra nave è davvero
così ingovernabile? Ci troviamo
in una situazione particolarmente
assurda. E’ stato bravo Berlusconi
o Bersani ha fatto una pessima
campagna elettorale? Che cosa
ha sbagliato Ingroia? Prendiamo
atto del boom del Movimento 5
stelle, che ha lasciato sicuramente
a bocca aperta molte persone. Ma
c’è ancora così tanta confusione,
per non parlare del “pareggio”
elettorale tra il Pdl e il Pd, con
Bersani che vorrebbe aprire a
Grillo e con il resto del partito di
centrosinistra che aprirebbe a
Berlusconi. Quali sono le nostre
colpe? Insomma, siamo stati noi
a votare, come al solito, del resto.
Una parte d’Italia ha ancora a
cuore il berlusconismo, un’altra
parte non crede abbastanza in
questo centrosinistra, un’altra
ancora dà fiducia al movimento
grillino, e Ingroia non ha convinto
tutti gli altri. Siamo completamente
spaccati e queste elezioni
puzzano d’inutilità, complice
un’oscena legge elettorale che
è il simbolo del fallimento della
democrazia. Ma noi forse ci
26 |
Generazionezero Reloaded
meritiamo tutto questo. Diciamolo chiaramente,
una grande parte di noi è vittima di una pigrizia
intellettuale inquietante. Ci secca riflettere, ci
secca leggere, ci secca informarci. Altro che
rotta, non ne siamo capaci. Quanto siamo
italiani…
La soluzione? Non saprei. L’augurio è sempre
lo stesso, quello cioè di cambiare, di avere i
mezzi e gli strumenti per operare delle scelte
consapevoli, di aver imparato ormai la lezione.
Siccome sono un romanticone, mi piace pensare
che a qualcuno importi di questo Paese. Noi
intanto continuiamo a fare il nostro, nella
speranza, sicuramente ingenua, che il vento
possa cambiare, che i miei amici possano
tornare dalla Germania o dalla Francia, e che
altri non partano, compreso il sottoscritto.
Attilio Occhipinti
Ru
vaticano
3.0
br
ic
a
sa
ti
r
a
A nc h e per la C h iesa è arrivat o il momen t o delle riforme in t erne . D opo
duemila anni di oscuran t ismo inin t erro t t o, le port e del Vat icano
si aprono al cambiamen t o. M olt i gli scenari possibili . L a C h iesa
comincer à a seguire la ragione , come nel rest o del mondo, sme t t endo
di credere alle s t orie t ramandat e da allevat ori di capre c h e vivevano
nel desert o africano duran t e la preist oria , oppure verranno apert e
le port e ad un nuovo, s t riscian t e oscuran t ismo ? E cco le principali
propos t e per un Vat icano finalmen t e rinnovat o.
Vaticano 3.0. Il Movimento
5 Stelle ha dimostrano
quanto internet sia
importante per conquistare
consenso e quanto sia
facile conquistarlo quando
il mondo è pieno di persone
che credono a tutto ciò
che sentono, il Vaticano ha
così incaricato un manipolo
di nerd di costruire un
social network ufficiale
del cattolicesimo. Il nome
è Paradise. Al posto del
classico “mi piace”, gli
utenti possono cliccare il
tasto “Ti Benedico” o “Ti
Scomunico”.
per andare incontro allo stato
dell’istruzione pubblica, che,
a causa dei tagli, non può
più permettersi di insegnare
alle giovani generazioni che
è la Terra a girare attorno
al sole. Si tornerà dunque
al più economico sistema
Tolemaico e chiunque
dimostrerà di conoscere la
tabellina del sei verrà tacciato
di stregoneria.
« A quanto pare, di
questi tempi, il potere
di rimettere i debiti è
più forte di quello di
rimettere i peccati. »
(Arcivescovo Gilday)
Gerusalemme. Da anni la
Terra Santa versa nel caos.
I più eminenti teologi hanno
stabilito che ciò può essere
risolto seguendo la tradizione
della Chiesa. Il nuovo Papa,
Purtroppo nella prima
settimana dalla messa
online del sito web, molti
minorenni sono già stati
molestati e, in risposta, il
Vaticano è stato costretto
ad alzare le spalle come fa
di solito.
Galileo. La makumba
condanna, già revocata,
verrà invece rinnovata,
F on t e d’ ispirazione per la riforma della c h iesa
cat t olica sar à la t rama de il Padrino
Generazionezero Reloaded | 27
appena eletto, indirà una nuova Crociata alla volta di Gerusalemme.
Babbo Natale. La Chiesa non ha mai confermato l’esistenza di Santa Claus,
ma nemmeno ha mai negato la cosa, temendo forse che molti leggessero i facili
parallelismi con altre figure miracolose, altrettanto risibili, ma più vicine all’ortodossia.
È così che Babbo Natale, da mascotte della Coca Cola, entrerà ufficialmente nel
novero dei santi di Santa Romana Chiesa, accanto a Padre Pio, Sant’Ermenegildo e
Sant’Ubalubatirulero.
IOR. La potente istituzione economica cambierà nome in “Terzo Mondo”. A chi
accuserà la Chiesa di non fare abbastanza per combattere la povertà dei paesi
sottosviluppati e di aver accumulato invece grandi ricchezze, i cardinali potranno
così rispondere: “Ma se abbiamo reso il Terzo Mondo ricchissimo!”. Folle esultanti si
raduneranno in piazza per festeggiare l’evento epocale.
Internazionale Immobiliare.
Ispirandosi alla trama del
Padrino parte terza, i cardinali
eleggeranno come nuovo Papa
un esponente della ‘Ndrangheta.
Il nuovo pontefice s’insedierà con
il nome di Totò Decimosesto e,
come primo atto, dietro consiglio
dell’ala più conservatrice del
Conclave, chiederà di cancellare
la Rivoluzione Francese dai libri
di scuola. Professori e maestri
elementari risponderanno:
“Cancellare che cosa?”
Matrimonio Gay. La nuova Chiesa consentirà il matrimonio tra esponenti dello stesso
sesso, ma a patto che i preti possano sposare minorenni, che non si tocchi l’esenzione
dall’Imu e si chiuda un occhio sulla mania di Toto XVI di dare fuoco alle persone o
scioglierle nell’acido. Particolare scalpore farà la notizia dell’enciclica De Mentula
Canis, nella quale ai sacerdoti sarà conferito il potere di sposare anche membri di
specie diverse, come i macachi e gli umani o come i cani e gli umani o come i politici
del Pdl e gli umani, a patto che ci sia sempre un sacerdote testimone dell’amplesso.
Gianni Scifo
28 |
Generazionezero Reloaded
Generazione Zero Reloaded:
download mensile dell’allegato dal sito di Generazionezero.org
TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI RAGUSA N. 05/11
Generazionezero Reloaded | 29