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IL POPOLO
UN LUOGO, UNA STORIA
Giovedì 18 aprile 2013
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Genocidio armeno Il 24 aprile ricorre la giornata della memoria
Giacomo Gorrini:
la testimonianza di un “giusto”
Nato a Molino dei Torti nel 1859, fu console di Trebisonda dal 1911 al 1915 dove assistette alla deportazione degli armeni
Il 9 novembre 2000 il Beato
Giovanni Paolo II pronunciava queste parole: “Il genocidio degli Armeni, che
ha dato inizio al secolo, è
stato il prologo agli orrori
che sarebbero seguiti. Due
guerre mondiali, innumerevoli conflitti regionali e
campagne di sterminio deliberatamente organizzate
che hanno tolto la vita a milioni di uomini”.
Durante la prima guerra
mondiale si compie, infatti,
nell’area dell’ex impero ottomano, in Turchia, il genocidio del popolo armeno, il
primo del ventesimo secolo.
Il governo dei Giovani
Turchi, preso il potere nel
1908, attua l’eliminazione
dell’etnia armena, presente
nell’area anatolica fin dal
VII secolo a.C.
Dalla memoria del popolo
armeno, ma anche nella stima degli storici, risulta che
perirono i due terzi degli armeni dell’Impero
Ottomano, circa un milione
e mezzo di persone. Molti
furono i bambini islamizzati e le donne inviate negli
harem.
La deportazione e lo sterminio del 1915 vennero
preceduti dai pogrom del
1894-96 voluti dal Sultano
Abdul Hamid II e da quelli
del 1909 attuati dal governo
dei Giovani Turchi.
Oggi gran parte di questo
fiero ed antico popolo si
trova disperso nel mondo,
dopo il “Metz Yeghèm”, il
“grande crimine”, ovvero
l’incarcerazione e l’eliminazione ad Instanbul di cinquecento armeni avvenuta
il 24 aprile del 1915.
A perenne memoria di questi tragici eventi,
nell’Armenia di oggi – una
nazione di circa 3 milioni e
mezzo di abitanti in un territorio poco più grande della Sicilia – una fiamma arde perennemente nel braciere del memoriale del genocidio, costruito nel 1967
sulla Collina delle rondini,
nel comprensorio di
Yerevan, la capitale, una
moderna città di oltre un
milione di abitanti. Dalla
collina lo sguardo abbraccia
la conca di Yerevan con a
sud l’imponente Monte
Ararat con i suoi cinquemila metri di altezza. Ogni anno qui giungono in molti,
sopravvissuti, parenti di
questi ultimi, pellegrini da
ogni parte del mondo, chi
per deporre un fiore, chi per
una preghiera all’unico
Dio, chi per ricordare in silenzio a cosa può arrivare
l’uomo quando dimentica la
sua vocazione al bene, tutti
per chiedere che non si raggiunga mai più un abisso
così profondo
e annichilente.
Lo scorso mese di ottobre
la nostra Diocesi si è fatta
idealmente pellegrina al
braciere del memoriale sulla Collina delle rondini, nei
volti e nelle persone dei settanta partecipanti al pellegrinaggio diocesano in terra
armena.
Nei loro ricordi è ancora viva l’emozione provata di
fronte a luoghi così carichi
di significato e di storia.
Anche i “nostri” hanno sostato dinanzi al braciere,
hanno visitato la stele alta
44 metri e hanno pregato
affinché questo “Grande
male” non abbia mai più a
ripetersi.
Ma non solo. L’avvicinarsi
dell’anniversario di “Metz
Yeghèm” non può non richiamarci al ricordo dei
“Giusti”, cioè di uomini e
donne che hanno trovato la
forza di opporsi al Male,
spesso pagando in prima
persona e con la vita.
Uno di questi appartiene alla nostra terra. Si tratta di
Giacomo Gorrini, nato a
Molino dei Torti nel 1859 e
morto a Roma nel 1950.
Il monumento a memoria di Giacomo Gorrini a Molino
Ha vissuto a lungo anche a
Voghera.
Compiuti gli studi letterari
segue dei corsi di perfezionamento a Firenze e a
Berlino, viene nominato direttore dell’Archivio del
Ministero degli Esteri ed è
considerato ad oggi il fondatore dell’Archivio
Diplomatico degli Affari
Esteri del Ministero italiano, in quanto ha promosso
la creazione di un archivio
centrale autonomo, una sorta di memoria storica dell’intera attività
diplomatica italiana.
Consegue una seconda laurea in giurisprudenza a
Napoli e a 35 anni è libero
docente in storia moderna a
Firenze e poi a Roma. Dal
1911 al 1915, data di inizio
della soluzione finale della
questione armena, è console di Trebisonda. È testimone oculare della deportazione e dei massacri degli armeni, ma l’entrata in guerra
dell’Italia contro la Turchia
lo costringe, nell’agosto del
1915, ad una fuga precipitosa.
Al quotidiano di Roma “Il
Messaggero”, il console
Giacomo Gorrini rilascia
un’intervista nella quale descrive con precisione, passione e grande partecipazione, le sue vicissitudini e
quelle del popolo armeno.
Diventa un testimone delle
immani sofferenze di quel
popolo da lui tanto amato.
L’intervista appare sul quotidiano il 25 agosto con il
titolo “Orrendi episodi di
ferocia musulmana contro
I pellegrini della nostra Diocesi al Memoriale del Genocidio, a Yerevan, durante il viaggio dello scorso ottobre
LE NOSTRE SEDI:
Servizi CISL
gli armeni”.
Dopo la fine della guerra,
con la disfatta degli Imperi
centrali, Gorrini riceve l’incarico di preparare uno studio sull’Armenia.
Presenterà il 14 novembre
1918 un “Memoriale”, base
di partenza per successivi
trattati internazionali.
Nel 1940 Gorrini pubblica
uno scritto sulla questione
armena con il titolo
“Testimonianze”, in un momento in cui il mondo è
scosso dalla catastrofe della
seconda guerra mondiale.
Ha accettato di rompere
quello che egli stesso definiva “lo scrupoloso silenzio
di anni”, mostrando di aver
continuato il suo silenzioso
colloquio con le vittime del
genocidio.
Suona come un’invocazione affinché agli armeni
venga assicurata una patria
stabile ed è carico della
consapevolezza che la giustizia internazionale prima
o poi avrebbe finito per imporsi riconoscendo agli armeni il loro statuto di vittime di un genocidio negato
e dimenticato.
Di lui parla Antonia Arslan
nel romanzo, da cui è stato
tratto il film di Paolo e
Vittorio Taviani, “La masseria delle allodole”. In
questo suo primo romanzo
la scrittrice di origini armene attinge alle memorie familiari per raccontare la tragedia di un popolo “mite e
fantasticante” e la struggente nostalgia per una patria e
una felicità perdute.
Il Comune di Padova ha inserito il nome di Gorrini nel
Giardino dei Giusti del
Mondo, accanto a uomini
del calibro di Giorgio
Perlasca e Giovanni
Palatucci.
Anche il suo paese natale
non lo ha dimenticato ed è
ancora viva la memoria di
quanto accaduto il 17 settembre 2009 quando
Molino dei Torti ha celebrato la figura del console
Giacomo Gorrini dedicandogli un monumento e intitolandogli una piazza
del paese.
Erano presenti cittadini e
autorità tra cui il Prefetto di
Alessandria, il Presidente
della Provincia, il Vicario
Generale della Diocesi di
Tortona Mons. Pier Giorgio
Pruzzi, il Console Onorario
della Repubblica
d’Armenia Pietro
Kuciukian, l’Ambasciatore
Plenipotenziario e
Straordinario della
Repubblica d’Armenia
Rouben Karapetian.
Marco Rezzani
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