Riflessioni d`autore
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Riflessioni d’autore Antonia Arslan, La masseria delle allodole Colognola ai Colli, 7 novembre 2014 Appunti da un incontro Perché ho scritto questo libro? Ho scritto questo libro per conoscere la complessità storica – soprattutto la questione armena - attraverso la narrativa che è il linguaggio che più mi appartiene. Sono contenta perché oggi sono alla 31esima edizione del mio romanzo tradotto in tutto il mondo (l’ultima traduzione in questi giorni è quella in finlandese!). E poi c’è il film prodotto dai fratelli Taviani nel 2007. Il lettore italiano ha accolto subito molto bene il libro non per me (ero infatti sconosciuta al pubblico) ma perché ha capito cosa voleva dirci oggi la tragedia narrata nelle pagine del romanzo: un genocidio di cui ancora oggi i Turchi faticano a riconoscerne cause e responsabilità. Scrivere su quanto accaduto è un atto di memoria che restituisce dignità agli scomparsi e permette di renderci più attenti, tutti, a ciò che il genocidio ha portato con sé. Ad esempio, saranno di Hitler le parole del ’39 “Noi possiamo fare tutto quello che vogliamo. Chi si ricorda oggi dello sterminio degli Armeni?”. Questa frase, pronunciata 5 volte nel corso del suo governo, è il segno che lui conosceva quanto era successo 25 anni prima in Turchia ma che la gente, in Europa, aveva già dimenticato. Hitler aveva partecipato come soldato tedesco alla Prima guerra mondiale al fianco di Austria e Turchia quindi i Tedeschi conoscevano quanto stava accadendo in Anatolia contro gli Armeni (molti Tedeschi vennero impiegati dai Turchi per costruire la ferrovia). E’ plausibile, quindi, che Hitler abbia preso spunto anche dallo sterminio armeno per sterminare in seguito gli Ebrei. Tanto, chi si sarebbe ricordato poi delle sue efferatezze? Invece né il genocidio armeno né la Shoah ebrea sono stati dimenticati (anche intellettuali turchi oggi studiano il genocidio armeno; due di loro che insegnano all’Università di Istanbul saranno a Padova a marzo 2015 in memoria del centenario del genocidio). Molti Armeni sono ancora in diaspora (solo 2.000 circa in Italia). La maggior parte sono emigrati in Russia (2 milioni), negli Stati Uniti (1 milione) e in Francia (mezzo milione). Di cosa parla il libro? Il libro racconta la storia di Sempad Arslanian agli inizi del ‘900. Lui pensava che il progresso scientifico avrebbe messo fine alla persecuzione degli Armeni invece lo sviluppo tecnologico in più occasioni velocizzò lo sterminio (soprattutto con l’evoluzione nei mezzi di comunicazione). Vicino a Sempad, nel piccolo paese dell’Anatolia, c’è Shushanìg (diminutivo che tradotto in italiano suonerebbe Susannina), moglie energica che comanda dolcemente il marito. Il fratello maggiore di Sempad era mio nonno (Yerwant) che era venuto in Italia a fine ‘800. Dei miei ricordi infantili porto con me l’immagine dell’auto rossa del nonno col suo monogramma sulle portiere YA (ho scoperto pochi anni fa che si trattava di una Isotta Fraschini). Il nonno, nel 1915, si preparava ad un viaggio di ritorno in Anatolia ma il 24 aprile di quell’anno, a Costantinopoli, iniziarono le uccisioni degli uomini armeni. Se mio nonno si fosse trovato là sarebbe morto, pur essendo da molto tempo cittadino italiano, perché era di sangue armeno. Ma non partì perché l’Italia entrò in guerra (si era segretamente alleata con la Triplice Intesa il 26 aprile 1915) e le frontiere vennero chiuse. Mio nonno non tornò più nei suoi luoghi natii. Cosa significa la parola genocidio? Non si tratta di strage né di pogrom. Genocidio è una parola nuova coniata da Lemkin1 nel ’44 per definire un crimine nuovo, pianificato dall’alto. Il papa Benedetto XV nel ’16 aveva parlato del dramma armeno dicendo che “quel popolo è condotto a distruzione”. Non usò la parola genocidio perché non esisteva ancora. Chi furono i responsabili del genocidio? Quello degli Armeni fu uno sterminio nazionale perpetrato dalle massime autorità politiche turche dell’epoca (il triumvirato del partito dei Giovani Turchi dell’Impero Ottomano: Enver, Ministro della Guerra; Djemal, Ministro della Marina; Talat, Ministro dell’Interno). Come avvenne il genocidio? Le donne e gli uomini ebbero destini diversi. I maschi tra i 12 e i 60 anni vennero uccisi subito. Le donne e i bambini furono deportati in Siria attraverso il deserto (subiranno 1 Raphael Lemkin (1900 –1959) è stato un avvocato polacco ebreo. È conosciuto per il suo lavoro contro il genocidio, (gr. genos : famiglia, tribù o razza; lat. –cidio: uccisione), parola coniata da Lemkin nel 1944 per descrivere quanto era appena accaduto agli Ebrei. vessazioni da parte di alcune tribù curde a cui i Turchi, in cambio del loro aiuto, avevano promesso parte del tesoro armeno). Arrivarono prima ad Aleppo ma poi nel deserto vennero uccisi o lasciati morire nei dintorni di Deir Ezzor, l’”Auschwitz” armena. Sarà affidata alle donne la salvezza della cultura armena risparmiando così molti simboli e oggetti alla distruzione come il Libro di Mush2 di cui racconto in un altro libro (1999). Gli Armeni che riuscirono a sopravvivere scapparono verso la Russia. Gli studenti della 1A del Liceo delle Scienze Umane, presenti numerosi all’incontro, hanno ringraziato la professoressa Arslan per gli approfondimenti offerti, utili per lettura del romanzo in classe. Si uniscono i genitori e i professori Franco Angelo e Maria Teresa Murari che hanno curato, insieme ad alcuni studenti, la stesura degli appunti. 2 Grande codice miniato delle Omelie di Mush, un volume del XV secolo talmente pesante che, dopo il genocidio del 1915, fu diviso a metà da due donne per poterlo trasportare in un luogo sicuro a costo di mille pericoli, nell’ostinata consapevolezza che preservando quelle immagini magnifiche e quei versi antichissimi si portava in salvo l’anima di un popolo. Il libro raggiunse Yerevan, dove venne ricomposto ed è oggi visibile nella grande biblioteca-museo del Matenadaran, il luogo della memoria armena. Curiosità: nella biblioteca, accanto al libro di Mush, è esposto anche il libro della Arslan.