san donato: un mercato a filiera corta in piazza

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san donato: un mercato a filiera corta in piazza
Settimana N° 108 (19-25 settembre 2011)
SAN DONATO: UN MERCATO A FILIERA CORTA IN PIAZZA SPADOLINI
Scritto da Davide Capalbo
È arrivato anche nel quartiere di San Donato un mercato settimanale a km0. È stato inaugurato giovedì 8
settembre e lo trovate ogni giovedì mattina, dalle 8 alle 13, in piazza Spadolini. Abbiamo chiesto al presidente del
Quartiere San Donato Simone Borsari e a Claudio Regnani, referente dell'associazione Produttori Agricoli
Emiliani, di parlarci di questa nuova iniziativa.
La settimana scorsa avete inaugurato questo nuovo mercato.
«Si tratta di un progetto nato dalla volontà di far incontrare, senza intermediari, produttori e consumatori. I
produttori vengono tutti dalla regione». O meglio, come ci rivela in seguito Claudio Regnani, quasi tutti dalla
provincia di Bologna, e due dal modenese.
Quali sono i vostri obiettivi?
«Gli obiettivi del Quartiere sono quelli di stimolare un consumo che tenga conto della stagionalità dei prodotti e
che contribuisca alla riscoperta dei prodotti tipici emiliani; creare rapporti di fiducia tra produttori e consumatori,
in virtù della trasparenza maggiore in un rapporto senza intermediari, da cui consegue anche una sensibile
convenienza economica del mercato a filiera corta; incentivare le colture a ridotto impatto ambientale; riempire,
infine, la nuova piazza Spadolini (un triangolo di verde tra via San Donato, via Salvini e via Garavaglia, ndr.) di
socialità, e farne, dopo i lavori di pulizia e rinnovamento degli scorsi mesi, un punto di incontro e di riferimento
per gli abitanti del quartiere».
Sono tutti nobili intenti.
«Credo che sia un'occasione per lo sviluppo ecosostenibile del territorio. Incentivare
questo tipo di esperienze è il giusto indirizzo per le politiche ambientali.»
Quanto ai produttori, per ora otto, e ai loro prodotti, il quartiere si è affidato
all'associazione temporanea d'impresa Produttori Agricoli Emiliani, con cui ha
sottoscritto una convenzione. Il loro referente è Claudio Regnani, che sono riuscito a
incontrare mentre smantellava la sua bancarella di ortaggi.
Che prodotti ci sono su queste bancarelle?
«Tutto quello che vendiamo qui è prodotto con il metodo della lotta integrata e
mediante l'impiego di insetti utili. Solo se è davvero necessario, ricorriamo a prodotti
come fitofarmaci, ma a basso impatto.»
Da dove vengono?
«L'associazione si chiama Produttori Agricoli Emiliani, ma siamo quasi tutti Bolognesi, quindi è davvero tutto a
km0. Io vengo da Borgo Panigale, gli altri quasi tutti dalla provincia: Pianoro, Castel Maggiore, Imola. Solo il
fioraio e Silvia, la ragazza della frutta, vengono dalla provincia di Modena, da Savignano e Montese.»
È da molto che siete insieme?
«L'associazione l'abbiamo creata l'anno scorso per poter partecipare al bando qui in San Donato, ma siamo
presenti già da tempo, almeno quattro di noi, in altri mercati. Il sabato siamo in via Azzo Gardino al mercato di
Slow Food, e il venerdì nel quartiere Reno in piazza Giovanni XXIII.»
Com'è il rapporto con i clienti?
«Ottimo. I clienti sanno che da noi possono trovare prodotti freschi e raccolti al giusto punto di maturazione. È il
vantaggio della filiera corta: noi non abbiamo merce raccolta prima del tempo o conservata in frigo. La nostra
merce dura di più di quella dei supermercati, e spesso i nostri clienti affezionati ce lo dicono, stupiti di non dover
buttare niente anche dopo una settimana. Questa è una soddisfazione personale che aggiunge valore al nostro
lavoro.»
CIVIS SÌ, CIVIS NO
Scritto da Giuseppe Fiordalisi
Da tempo le varie forze politiche dei diversi schieramenti si interrogano sull'effettiva utilità del Civis, il tram su
gomma che collegherà San Lazzaro di Savena al centro storico di Bologna. In questi ultimi giorni è iniziata
un'altra puntata di questa tormentata storia, già al centro di un'inchiesta giudiziaria.
Irisbus e Ccc hanno presentato ricorso contro il verdetto della commissione sicurezza che il primo giugno aveva
bocciato il tram su gomma, giudicando non sicura la guida ottica. In particolare la lunga relazione di
accompagnamento della commissione sicurezza specifica che si ritiene che per il progetto di Bologna l'utilizzo
della guida ottica lungo la linea non offra le garanzie di sicurezza e pertanto si ritiene opportuno consentire
l'utilizzo del veicolo Civis lungo la linea soltanto in modalità manuale.
Dunque il Civis diventerebbe un semplice filobus. Inoltre, nel documento si elencano anche tutte le anomalie
riscontrate dagli autisti di Atc che hanno sperimentato il mezzo, si parla del problema della visibilità della guida
centrale ma si riscontra il problema che la porta anteriore, oltre ad essere di dimensioni ridotte, è dotata di
meccanismo di apertura con tempi molto lunghi di apertura e chiusura.
La risposta di Iribus e Ccc non si è fatta attendere: già il 29 giugno scorso hanno presentato un ricorso al
Ministero dei Trasporti. Secondo il parere dell'Iribus e Ccc, la relazione della commissione sicurezza sarebbe
illegittima sotto vari aspetti. In particolar modo non sono rispettati i fondamentali principi di legittimità,
trasparenza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione proprio per queste ragioni si è deciso
di impugnare il ricorso per via amministrativa.
Nello stesso tempo non è mancata una replica da parte dell'Atc nei confronti dell'ati (associazione temporanea di
imprese) formata da Irisbus e Ccc. In una missiva firmata dal presidente dell'azienda Francesco Sutti, Atc afferma
che lo scenario delineatosi non può far escludere serie conseguenze sul piano contrattuale. L’Ati tuttavia considera
la relazione "illegittima" e dunque, respingono al mittente,ossia, l'Atc, ogni ventilata ipotesi di serie conseguenze
per inadempimento del contratto.
Questo nuovo tassello nell'odissea del Civis arriva mentre in Procura si attendono gli esiti degli ulteriori
accertamenti richiesti, per rogatoria in Francia per far chiarezza sulla vicenda della messa in strada dei Civis nella
città di Clermont Ferrand.
SE I CLUB SI TINGONO DI VERDE
Scritto da Alessandro Kostis
Quando pensiamo alle fonti inquinanti spesso ci vengono in mente grosse aziende manifatturiere o sconfinati poli
petrolchimici, tuttavia nel nostro computo mentale spesso dimentichiamo che anche l'industria del divertimento
contribuisce in maniera importante all'emissione di CO2.
Si pensi solo che uno studio realizzato da Edison ha evidenziato che nel 2009 in Italia si sono svolti più di 21mila
concerti di musica live che hanno prodotto oltre 1 milione e 600mila tonnellate di anidride carbonica; equivalente,
tanto per intenderci, al consumo medio annuale di oltre 300mila famiglie o a quello di 800mila auto che hanno
percorso 11mila kilometri ciascuna.
Per questo motivo il Centro Antartide e Legambiente, poco più di un anno fa, hanno pensato bene di lanciare il
progetto Green Club; iniziato con una serie di interventi al circolo Fuori Orario, in provincia di Reggio Emilia,
l'iniziativa si propone di creare una rete di consulenza per aiutare i locali notturni che desiderino migliorare le loro
performance in materia di risparmio energetico. "Ci proponiamo come coordinatori di un progetto di sostenibilità
dei locali, – chiarisce Sara Branchini del Centro Antartide – prima di tutto con un servizio di consulenza tecnica, e
cioè operando un primo sopralluogo per evidenziare le maggiori
criticità presenti, e, in secondo luogo, formulando una proposta per
risolverle. Ad esempio, con il Circolo Fuori Orario abbiamo ideato un
sistema che sfrutta il calore prodotto dalle griglie utilizzate per la
cottura di alimenti, per scaldare l'acqua".
Oltre a questo il Centro Antartide si occupa anche del piano di
comunicazione per aumentare la sensibilizzazione dei frequentatori dei
club: per esempio, attraverso delle "bici-generatori", - che saranno
presenti anche il 29 settembre al Robot Festival - i ragazzi possono
ricaricare il cellulare o il loro lettore mp3. "Si tratta ancora di una fase
embrionale dell'iniziativa, - continua Sara Branchini- tuttavia la
Regione ci ha appena elargito un finanziamento per altri tre progetti
pilota, tra cui anche la serata del 29 settembre a Palazzo Re Enzo, all'interno del Robot Festival". Durante questo
appuntamento, dedicato agli appassionati della musica elettronica, sarà infatti presente un sistema di raccolta
differenziata dei rifiuti "sensato", verranno installati dei riduttori di flusso nei bagni, e i bicchieri in cui verranno
servite le bevande saranno tutti realizzati in Mater-Bi (un tipo di bioplastica completamente biodegradabile).
Si tratterà quindi di una serata se non proprio a impatto zero, a impatto ridotto, che potrà essere da esempio per
altri eventi culturali del genere. Perché se è vero che con la cultura si mangia, (nonostante quello che ne pensi il
Ministro del Tesoro) è anche possibile che, in un futuro prossimo, non contribuisca nemmeno allo spreco delle
risorse a nostra disposizione.
ECOWEEK A MILANO: COSTRUIRE SOSTENIBILE
Scritto da Antonella Pascale
Torna Ecoweek, la settimana dedicata ai temi dell’ecologia e della sostenibilità a Milano dal 12 al 18 Settembre
2011. Dopo le esperienze di Atene, Cipro, Tel Aviv e Salonicco, anche Milano è stata protagonista dell’ambiente,
con un’agenda ricca di laboratori, conferenze pomeridiane e incontri con professionisti internazionali.
Ecoweek nasce dalla mente dell’architetto greco Elias Messinas, il quale da anni tenta di trovare una
conciliabilità, assolutamente possibile e dimostrata, tra sviluppo e sostenibilità ambientale. Si tratta di
un’organizzazione indipendente non governativa fondata in Grecia nel 2005, la cui mission è “rafforzare la
consapevolezza ambientale e il coinvolgimento delle persone, soprattutto i giovani, nella tutela dell’ambiente, del
green e nell’avvio di attività che promuovano la sostenibilità e l’innovazione”. L’organizzazione, ad oggi attiva in
Grecia, a Cipro e in Medio Oriente, ha fatto suo l’obiettivo di fermare i cambiamenti climatici cambiando le
abitudini e lo stile di vita, soprattutto dei paesi più ricchi e più inquinanti, come recita lo slogan scritto nel logo
“…habits change…climate change”.
Non solo. Ecoweek è anche una grande opportunità per i giovani professionisti di costruire degli edifici
ecologicamente sostenibili, per ascoltare e incontrare i migliori architetti del settore, per imparare dai migliori
ingegneri e esperti del settore, per allenarsi e fare esperienza nel modo di pensare, pianificare e progettare
“verde”. L’evento infatti prevede una partecipazione multidisciplinare, con architetti, designer, architetti del
paesaggio, sociologi, giovani professionisti e studenti universitari. Approccio imprescindibile per chi ritiene
necessario porre un cambio di rotta allo sviluppo divenuto ormai insostenibile.
L’edizione milanese ha avuto come titolo e tema "Urban Comminities
and Green Architecture" e s’è concentrato su cinque ambiti tematici:
urban sustainability, social sustainability, new building sustainability,
existing building sustainability e design sustainability. La formula è
quella del workshop settimanale in cui vengono attivati diversi gruppi
di progettazione guidati da professionisti e docenti universitari che
lavorano insieme.
“Il nostro scopo - spiega Elias Messinas - è promuovere i principi
dell’architettura sostenibile e del miglioramento delle prestazioni
energetiche di edifici, che consumano oltre il 40% dell’energia totale
prodotta. La progettazione sostenibile, basata sui principi di guadagno
solare passivo, scelta di materiali ecologici e coinvolgimento attivo della comunità, può comportare una notevole
riduzione della nostra dipendenza da fonti di energia non rinnovabili e diminuire l’emissione di CO 2
nell’atmosfera”.
L’evento si è svolto presso la facoltà di Architettura del Politecnico della città meneghina che, in vista dell’Expo
2015, è messa a dura prova con il significativo cambiamento del panorama edilizio, nell’organizzazione della
mobilità e nel disegno del paesaggio.
IMMAGINA CHE...TUTTI IN BICI!
Scritto da Olga Massari
Reduci da un fine settimana eccezionale grazie alla chiusura al traffico della T che speriamo si riproporrà molte
volte ancora vista anche e la gran risposta dei bolognesi, la settimana scorsa è stata avanzata un’altra proposta dal
settore Mobilità.
Tutti i dipendenti del comune, circa 5000, sono invitati ad effettuare i loro spostamenti , sia quelli da casa a lavoro
sia quelli di servizio ,in bici. L’assessore alla Mobilità Andrea Colombo pare avere le idee chiare: vuole
incentivare l’uso della bicicletta e dei mezzi pubblici. «Nel rispetto delle vigenti disposizioni per le uscite di
servizio, potranno utilizzare senza alcuna specifica autorizzazione biciclette normali o a pedalata assistita per gli
spostamenti dovuti ad esigenze di servizio, ad esempio per il trasferimento tra le sedi di piazza Maggiore e di
piazza Liber Paradisus o per la partecipazione a riunioni presso altri enti».
Per girare liberamente in centro città il Comune ha messo a disposizione dal 2005 il bike sharing , 184 biciclette
da noleggiare a titolo gratuito per studenti, residenti e personale del comune di Bologna, una flotta che sarà
arricchita da 30 biciclette elettriche. Da questo circolo virtuoso
sono esclusi, però, i turisti che non possono usufruire del servizio,
dando la sgradevole sensazione di inospitalità.. Inoltre la
manutenzione delle biciclette non è delle più accurate, alcune
hanno freni rotti o ruote sgonfie, il che rende pericoloso girare per
le vie cittadine.
La proposta dell’assessorato alla Mobilità è lodevole e siamo
sicuri che molti dipendenti aderiranno all’appello… speriamo
anche che l’impegno non diventi lettera morta, una di quelle cose
dette e mai realizzate. Perché, come abbiamo imparato in questi
due giorni di stop al traffico, i bolognesi e coloro che sono stati
adottati da questa città hanno voglia di riprendersi il centro.
SPAL: UN CALCIO FOTOVOLTAICO
Scritto da Filippo Piredda
Sin dall'inizio di questa crisi porca e "assassina" si disse che le energie rinnovabile potevano essere un
investimento per un futuro migliore certamente e per fare qualche soldo. Un esempio dell'assennatezza di questo
ragionamento viene dal calcio e dalla Spal di Ferrara e il suo progetto di campo solare.
In località Cassana, un'area industriale dismesse e quindi inutile di 31 ettari complessivi è stata trasformata in
parco fotovoltaico, ArsLab, in cui sono stati installati 4 campi di pannelli solari da 3.5 megawatt, in totale 14
megawatt, abbastanza per 7 mila famiglie della zona. La società di calcio entra nel gruppo di finanziatori che
l'hanno realizzato, con la collaborazione e l'appoggio politico di Comune e Provincia, e avrà quindi una quota dei
ricavi realizzati dalla vendita dell'energia elettrica prodotta. La
stima del presidente Cesare Butelli è di un ricavo netto di oltre
un milione di euro, che fieramente ha dichiarato al Fatto
Quotidiano "Per avere bilanci sani e non farsi tentare dal calcio
scommesse servono sistemi virtuosi e noi, nonostante fino alla
vigilia ci venisse rimproverato di fare solo propaganda, ci stiamo
provando".
Un'iniziativa singolare e originale, che non ha precedenti. Di
solito il calcio viene usato dai presidenti come hobby passionale,
dove i soldi si sputtanano, pardon vanno via facilmente, qui
invece il passo è diverso è costituisce un esempio in un mondo
dove squadre semi - pro faticano a sopravvivere tra debiti, solo
quest'anno 15 non ammesse al campionato, e altri scandali tipo il calcio scommesse. La Spal (per chi non lo
sapesse l'acronimo sta per Società Polisportiva Ars et Labor), ora gioca in prima divisione Lega Pro girone A, una
volta era chiama C1 A, ha vinto con il Viareggio 1 a 0 e dopo tre giornate è ottava con 4 punti. I risultati anche qui
arriveranno migliori.
GASTROSOFIE: LA FAVOLA DELL'OLTRE PO
Scritto da Alice Colantonio
Di un’allegra compagnia di viandanti al rientro da una soirée in gran spolvero amorosamente alcolico (lunga vita
agli sposi!), un po’ costretti dall’intraprendenza di due compagni avvinazzati, e tenacemente rassegnati alla nuova
avventura sensoriale. Non sapevano che questa volta al varco li attendevano Eugenio, Pigi e le vacche…
Lord Fisherman si presentò alla matinée in onore della partenza dell’amico dottor Messer Felicibus, con tono
mesto e distaccato. La nottata era passata tra festeggiamenti e calorosi brindisi, e di fronte al cauto metter le mani
avanti del nostro, che serio dichiarava “uagliù, io oggi non bevo!”, la compagnia rischiava seriamente di sfaldarsi.
Il rombo della Lanciaronzinantey richiamò tutti all’ordine: la sindachessa esotica si offrì come saldo bastone del
suo consunto compagno, e con la preziosa collaborazione dello sceicco El Mont, alla guida del puledro, e della
musa gustativa Lalla von Koticoren, i cinque (compresa la N narratrice) si misero in cammino col loro consueto
bradipico ritardo. Arriviamo Eugenio, arriviamo. Nonostante le curve da passo alpino (povero Fisher!).
Nonostante i tuoi vicini di casa non sappiano nemmeno della tua esistenza (eh, il Nord!). Arriviamo.
Eugenio è un ingegnere un po’ atipico. Ci fa entrare nella sua stalla, ci mostra le sue amiche, due eleganti
esemplari di vacche autoctone che al nostro arrivo scodinzolano vistosamente. “Guardate qua, che bel culo!”, e
tac! una bella pacca sul posteriore snello della signora che, come se nulla fosse, si volta quasi ad ammiccarci.
Vicino a lei due pigre esemplari di mora romagnola che sembrano non accorgersi della nostra presenza. Ed è
proprio in quel momento, quando
Eugenio ci sta spiegando del suo lavoro di recupero, del suo sforzo di salvaguardia dell’autenticità (parola abusata
in questi tempi, ma davanti a tanta schiettezza non ci sembra il caso di aprire polemiche autoreferenziali), che fa la
sua comparsa lo chef dei nostri sogni: Pigi, in arte Pigi, in salopette e parnanza per servirci, tagliolini all’uovo
fatte dalle sue manine fatate per l’occasione.
Ci sediamo a tavola. Non lo sapevamo, ma siamo invitati a pranzo. A seguire, quella carne che prima abbiamo
ammirato, ora servita in un piatto di commovente semplicità. Compare, finalmente, il ministro della tavola (noi,
per dover di cronaca e verità, a Rivanazzano, Pavia, ci eravamo andati essenzialmente per questo), il vino di
Eugenio: il Novecento 2004, 900 come il secolo che ne ha
favorito la luce, Barbera, Croatina e Uva Rara per un liquido
dalla profonda intensità. Noi schede non ne facciamo mai, ma
questo vino è così lungo, così teso e masticabile da apparire
troppo vero per essere vero.
Lord Fisherman riprende colore e si versa un altro bicchiere. Le
signore sono curiose e contente, El Mont farebbe qualsiasi cosa
piuttosto che rimettersi in strada. Salutiamo tutti (e tutte) con
gratitudine, consci che non aspetteremo sino a domani per
provare nostalgia (il viaggio lo trascorriamo parlando del
prossimo doveroso e ambito ritorno in queste terre).
Ogni riferimento a fatti ecc. ecc. più che verisimile direi che è altamente probabile. L’azienda agricola (in primis)
e vinicola si chiama Podere il Santo, e viene condotta dal signor Barbieri sopracitato e da sua moglie Sabina
Martinetti. Le bottiglie di questo vino, naturale perché rispettoso, sono veramente poche. Mi reputo una persona
fortunata.
Un ringraziamento speciale a Eugenio, persona di poche parole ma di sensibile pazienza. Grazie per averci
regalato una mattinata incantata.
(Le immagini che illustrano gli articoli sono prese da Flickr)