Calendario Aggiornato Esposizioni Brescia Luglio

Transcript

Calendario Aggiornato Esposizioni Brescia Luglio
BRESCIA
ESPOSIZIONI
LUGLIO
LUGLIO 2013
Infopoint Turismo Bresciatourism
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
MOSTRE NEI MUSEI CIVICI
& NEGLI SPAZI ESPOSITIVI DI BRESCIA
MUSEO SANTA GIULIA
L’ospite eccellente, le opere della Pinacoteca Tosio Martinengo in Santa Giulia
In coincidenza con l’avvio dei lavori in palazzo Martinengo da Barco – la storica sede della Pinacoteca Civica – è
stata inaugurata al Museo di Santa Giulia l’esposizione “L’ospite eccellente”. Si tratta di una ricca selezione di
dipinti appartenenti alle raccolte della Pinacoteca, temporaneamente ospitati presso il Museo della Città al fine di
garantirne la visione ai bresciani e ai visitatori provenienti da altre città attraverso un criterio espositivo che
valorizza le opere, ponendo in luce gli autori più significativi – tra i quali Raffaello, Moretto, Romanino, Savoldo
e Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto – e importanti artisti di interconnessione sulla via maestra dell’intenso
realismo che ha caratterizzato la pittura bresciana ed il collezionismo locale.
La mostra allestita a Santa Giulia consente di compiere un percorso virtuale attraverso la storia della pittura
bresciana – o eseguita a Brescia e per Brescia da importanti artisti italiani – a cominciare dal Tardogotico e fino
al pieno Settecento. Non mancano, naturalmente, i più noti capolavori ai quali è legata la fama della raccolta
cittadina: dal Cristo Redentore e dall’Angelo di Raffaello allo Stendardo di Orzinuovi di Vincenzo Foppa, dal Cristo e
l’Angelo di Moretto all’Adorazione dei Pastori di Lorenzo Lotto, dal Flautista del Savoldo allo straordinario nucleo
dei dipinti di Giacomo Ceruti, tra i quali spiccano tre tele appartenenti al cosiddetto Ciclo di Padernello.
Parallelamente, trovano posto nell’esposizione anche i Profeti del Moretto, il ciclo dipinto da Giulio e Antonio
Campi per palazzo della Loggia, e notevoli opere di genere del Seicento e del Settecento (paesaggi, marine e
nature morte). Accanto al taglio cronologico, particolare attenzione viene prestata all’approfondimento di alcuni
temi specifici, quali il ritratto (sia di grande che di piccolo formato, con belle miniature di scuola nord-europea e
italiana provenienti in gran parte dalla collezione di Paolo Tosio), la pittura devozionale e quella destinata a
ornare gli edifici ecclesiastici, con le grandi pale d’altare provenienti dalle chiese di San Barnaba (il polittico di
Vincenzo Civerchio e Francesco Napoletano) e di Sant’Eufemia (l’imponente Sacra conversazione dipinta da
Moretto) e con le due Natività di Moretto e Romanino. Le cento opere esposte a Santa Giulia trovano posto
accanto ad alcuni ambienti del complesso monastico che – sempre in connessione ai lavori di palazzo
Martinengo – sono stati destinati a deposito.
Nuove acquisizioni per i Musei di Brescia
Tre affreschi di Floriano Ferramola
I tre affreschi, provenienti da un palazzo cittadino, sono stati depositati, con non comune sensibilità culturale,
nei civici Musei dall’attuale proprietario. Ulteriori ricerche potranno meglio precisarne la provenienza e
l’attribuzione, riferibile tuttavia a Floriano Ferramola. L’ampia apertura paesistica, la tipologia dei volti
femminili, le modalità esecutive rimandano, in particolare, ai due cicli profani che il maestro bresciano eseguì nel
castello di Meano (1509-1512) e in palazzo Calini in città (1512-1518). Per consentire un diretto confronto, i tre
dipinti saranno esposti accanto a quelli staccati dallo stesso palazzo Calini (La caccia con il falcone, La nascita di
Adone). Le tre opere costituiscono un raro esempio di decorazione privata che si segnala, oltre che per le qualità
esecutive, per i significati connessi alla coeva cultura umanistica e alla riscoperta del mondo antico. Nei paesaggi,
cosparsi di edifici in rovina, si dispongono le personificazioni delle Virtù cardinali; la serie era in origine
completata dall’immagine perduta della Prudenza. Come pure indica la conformazione a lunetta, gli affreschi
erano probabilmente collocati entro gli archi perimetrali di un ambiente voltato a crociera. D’altra parte, questi
soggetti ben si adattavano alla decorazione di uno “studiolo” o di una biblioteca, richiamando, insieme ai
dettami della Fede, le prerogative individuali che, guidate dalla Ragione (Prudenza) e della Volontà
(Temperanza), raggiungono il bene dovuto a Dio e agli uomini (Giustizia), nonostante gli ostacoli (Fortezza).
2
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
“D’importanza grande e d’eccezionale rarità…”
Collezioni d’arte applicata dei Civici Musei di Brescia
In occasione della stampa del volume “Collezioni e Collezionisti. Arti applicate dei Civici Musei di Arte e Storia
di Brescia”, a cura di Elena Lucchesi Ragni e Antonio Benedetto Spada e realizzato grazie al contributo
dell’Associazione Amici dei Musei, viene esposta al pubblico presso il Museo di Santa Giulia una selezione di
oggetti di grande valore artistico e storico.
Il percorso espositivo consente di ammirare esemplari di rara bellezza provenienti dalla civiche raccolte di arti
applicate, la cui formazione si deve ai generosi lasciti di illuminati collezionisti e mecenati come Gabriele
Scovolo, Paolo Tosio, Camillo Brozzoni e Leopardo Martinengo da Barco.
Avori medievali, oreficerie sacre del Quattrocento, bronzetti rinascimentali, cammei di età neoclassica, il
prezioso medagliere sono espressione di creatività artistica e di sapienza tecnica, oltre che testimonianze di storia
del gusto. Per rarità, qualità e quantità degli esemplari, meritano particolare attenzione la serie delle maioliche
“istoriate”, in grado di documentare l’attività dei maggiori centri ceramici italiani del Cinquecento, e il gruppo
dei vetri di produzione muranese, straordinaria esemplificazione delle tecniche e delle tipologie dal XV al XVIII
secolo. Gli “oggetti d’arte” selezionati per questa occasione, insieme ai molti altri conservati da alcuni anni nei
depositi, costituiscono un patrimonio di straordinaria importanza che trova pochi confronti nei musei italiani.
Orari: da martedì a domenica dalle 10.30 alle 19.00 (chiusura biglietteria ore 18.00)
Ingresso: Intero € 10,00 - Ridotto € 7,50 (gruppi da 10 a 30 persone e convenzioni) - Ridotto € 5,50 (da 14 a 18
anni e sopra i 65 anni) - Scuole € 3,00 - Scuole con didattica € 4,50
MUSEO SANTA GIULIA, Via Musei 81/B, tel. 030 2977833/834, [email protected],
www.bresciamusei.com
CAPITOLIUM
Dall’8 marzo al 29 dicembre 2013
Il Capitolium riapre le porte del tempo
Impossibile perdere una emozione assolutamente unica: assistere al ritorno degli antichi Dei all’interno del loro
Capitolium, duemila anni dopo il loro primo ingresso. Accadrà a Brescia dove riapre il Capitolium, uno degli
edifici di età imperiale meglio conservati in Italia settentrionale.
A rendere eccezionale questa riapertura è non solo la bellezza, l’imponenza e l’importanza intrinseca del
monumento simbolo di Brescia ma il nuovo percorso museale che Francesca Morandini, curatore per
l’archeologia dei Civici Musei e Paola Faroni responsabile per l’edilizia monumentale del Comune di Brescia, in
team con Filli Rossi della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, hanno ideato. Ad
accompagnare il visitatore all’interno dell’antico Tempio, al cospetto di Giove, Giunone e Minerva saranno luci,
suoni e atmosfere ricreate da Studio Azzurro.
Varcati i nuovi portali in bronzo, il visitatore sarà accolto nella Cella Orientale del Tempio, da una installazione
di profonda suggestione evocativa, un vero e proprio racconto, fatto di voci, suoni e immagini.
L’installazione multimediale permetterà ai visitatori di conoscere ed esplorare il sito così come doveva
presentarsi in origine, valorizzando l’ambiente e consentendo di comprendere meglio il significato del tempio e
rendendo la visita indimenticabile. Ma a stupire ancora di più saranno gli ambienti restaurati e soprattutto ciò
che durante i restauri qui è emerso. Le novità sono infatti numerose e rilevanti; dai pavimenti originali in marmi
colorati del I secolo d. C., agli arredi dell’antico tempio, alla dettagliata sequenza stratigrafica, alla cronologia del
tempio stesso. Il Capitolium era il tempio principale di ogni città romana ed era il simbolo stesso della cultura di
Roma; in esso era attribuito il culto alla “triade capitolina” e cioè le principali divinità del pantheon latino: i già
citati Giove, Giunone e Minerva. Nello spazio antistante il tempio si radunavano i fedeli per le principali
cerimonie e venivano compiuti i sacrifici. I pavimenti originali in pregiati marmi policromi, le statue e gli arredi
di culto – che rientrano dopo un lungo periodo nella loro antica sede - godranno di nuove visuali e nello stesso
tempo saranno protetti e conservati. Nuovi portali in bronzo infatti, altamente tecnologici, permetteranno di
3
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
rivivere l‘atmosfera sacrale e solenne delle antiche aule di culto, garantendo anche un’ottimale situazione
microclimatica per la conservazione delle parti originarie del tempio. I resti archeologici di questo straordinario
complesso vennero portati in luce tra il 1823 e il 1826 quando i membri dell’Ateneo di Scienze Lettere e Arti,
grazie a una sottoscrizione pubblica, poterono affrontare scavi estensivi nell’area, partendo da un capitello che
affiorava in un giardino privato. La campagna di indagini fu di tale successo da indurre l’amministrazione ad
aprire all’interno del tempio, parzialmente ricostruito, il primo museo civico di Brescia, il Museo Patrio. Aveva,
in particolare, creato un’immensa emozione la scopertura di un tesoro occultato da una parete del tempio. Un
deposito di opere bronzee magnifiche qui nascoste forse per salvarle da scempi o per sottrarle alla fusione per
battere moneta. Erano i cosiddetti “grandi bronzi” di Brescia, esposti oggi in Santa Giulia: un insieme unico di
statue ed elementi di arredo in bronzo dell’edificio. Tra essi, oltre a ritratti di imperatori, cornici decorate,
frammenti di statue, emerge per bellezza e rarità la statua della Vittoria alata, capolavoro della bronzistica del
primo secolo dopo Cristo. Questa apertura costituisce la prima tappa di un intervento complessivo di recupero
dell’area, che includerà anche con successive aperture i recenti scavi archeologici e il santuario di età
repubblicana. L’intervento si pone in continuità con il recupero delle domus dell’Ortaglia e l’inserimento di
questo contesto nei percorsi di visita del Museo della città del marzo 2003, nel solco della tradizione
archeologica bresciana che, a partire dai provvedimenti del 1480 - per i quali vennero murate negli edifici
rinascimentali in piazza della Loggia le “lapidi iscritte” di età romana trovate in città-, dimostra la precoce
sensibilità della città nei confronti del suo antico passato.
Orari: dal 1 luglio al 30 settembre: venerdì- sabato-domenica dalle 11.00 alle 19.00 (ultimo ingresso ore 18.00)
Martedì-mercoledì-giovedì: ingresso alle 12.00 e alle 16.00. 15 agosto ore 11.00-19.00 (ultimo ingresso ore 18.00)
Dal 1 ottobre al 29 dicembre: venerdì- sabato-domenica dalle 10.00 alle 17.00 (ultimo ingresso ore 16.00)
Modalità di accesso: per visitare il Capitolium è necessaria la prenotazione. L'ingresso è a gruppi
Ingresso: Intero € 4,00 - Ridotto € 3,00 (dai 14 ai 18 anni e sopra i 65 anni; gruppi da 10 a 25 persone)
Area archeologica del Capitolium, Via Musei 57
MUSEO DIOCESANO
Dal 23 marzo al 30 luglio 2013
I disegni di Hokusai e Lo splendore dell'Oriente
Il famoso pittore e incisore giapponese e i tesori della Fondazione Mazzocchi
I disegni di Hokusai e Lo splendore dell'Oriente - Il famoso pittore e incisore giapponese e i tesori della
Fondazione Mazzocchi, per la prima volta saranno esposti al pubblico i tesori della collezione della Fondazione
Mazzocchi in collaborazione con il Comune di Coccaglio.Armature antiche e complete, katane del XVII secolo,
splendidi e-maki (dipinti su rotoli), dipinti su vetro, vasi, statuette in avorio, bracciali e orecchini e gli splenditi
dipinti su carta di riso raffiguranti il mondo fluttuante dell’Ukiyo-e. La mostra avrà il suo apice con i famosi
quaderni manga ("quaderni di pitture divertenti") di Hokusai. I quaderni esposti sono la prima edizione originale
del 1817. Essi sono una raccolta di schizzi dai soggetti più vari: paesaggi, soprannaturale, animali, flora e fauna.
Un viaggio tra mari in tempesta, montagne imponenti, samurai, volpi e tassi tramutati in umani.
La maniera grande – Dipinti del XVI secolo dalla Pinacoteca Tosio Martinengo
In occasione della chiusura per restauri della Pinacoteca Tosio Martinengo sono stati depositati presso il Museo
Diocesano diciassette dipinti di grandi dimensioni, per lo più destinati alle chiese della città e rappresentanti della
grande stagione della pittura bresciana del Cinquecento. Un percorso che dall’ultima maniera di Vincenzo Foppa
conduce alle prime prove di Moretto e Romanino, fino ai risultati della maturità dei due artisti, segnati
dall’incontro con i grandi del Rinascimento italiano, da Raffaello a Tiziano.
Quattro artisti per un concorso – Le tele del presbiterio di Santa Maria dei Miracoli
Nel piccolo scrigno rinascimentale, costruito sul finire dell’Ottocento forse su progetto di Bernardino da
Martinengo e decorato con le sculture del milanese Gasparo Cairano, si compie l’atto finale del percorso del
Manierismo bresciano e, insieme, si apre la strada alla nuova generazione. Quattro artisti sono designati per la
realizzazione delle tele che raffigurano altrettanti episodi della vita della Vergine: Tommaso Bona per la Natività
4
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
della Vergine, Pietro Maria Bagnadore l’Annunciazione, Grazio Cossali la Presentazione al Tempio e Pietro Marone
l’Assunzione. Le quattro tele testimoniano il passaggio al linguaggio della Controriforma e, con esso, alla stagione
che avrebbe dato i natali al movimento barocco. In occasione e per tutta la durata dei lavori di restauro delle
coperture del Santuario di Santa Maria dei Miracoli, le quattro tele del presbiterio sono esposte presso il Museo
Diocesano: un’occasione per conoscere meglio una delle stagioni più ricche e interessanti della pittura bresciana.
Orario: tutti i giorni, escluso mercoledì, dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00.
Ingresso: intero € 5, ridotto € 3. Ingresso gratuito per scolaresche.
Museo Diocesano, Via Gasparo da Salò 13, tel. 03040233
www.diocesi.brescia.it/museodiocesano - [email protected]
SALA SS FILIPPO E GIACOMO
Dal 12 al 28 luglio 2013
Giuliano Tomaino, “De Rerum Natura”
La prima personale bresciana di Giuliano Tomaino sfrutta l’opera del poeta Lucrezio come fil rouge di un
racconto simbolico fatto di suggestioni, che provengono dal mondo religioso e fiabesco.
Orari: da martedì a domenica dalle ore 15.30 alle 19.30.
Ingresso: libero.
Sala Ss. Filippo e Giacomo, Via delle Battaglie 61/A, tel. 03043018
BIBLIOTECA QUERINIANA
Dal 1 giugno al 30 luglio 2013
“Fumetto anch’io”
Mostra di tavole di fumetti delle classi prime della scuola media Mompiani, in collaborazione con la Scuola
Internazionale di Comics, Accademia delle arti Figurative e Digitali. Sala della Fontana, Biblioteca Queriniana.
Orari: da martedì a venerdì, dalle ore 8.45 alle 18.00; sabato, dalle 8.30 alle 12.30.
Ingresso: libero.
Biblioteca Civica Queriniana, Via Mazzini 1, tel. 0302978200/1
MUSEO NAZIONALE DELLA FOTOGRAFIA
Dal 6 giugno al 18 agosto 2013
Premiazione del 25° Concorso Nazionale Mille Miglia 2013
Giunto quest’anno alla sua 25° edizione, il Concorso Nazionale Mille Miglia raggiunge con questa edizione il
record di partecipanti provenienti da ogni parte d’Italia. Grandissimo successo per un concorso che affonda le
proprie radici nella nostra città, che vide la prima corsa partire proprio da qui il 26 marzo 1927. Ogni anno
moltissimi fotografi di tutta Italia partecipano al Concorso indetto dal Museo, mostrando istantanee di tutte le
tappe di questo affascinante percorso.
“Sei bellissima” di Galina Ermolaeva (Bielorussia)
La fotografa bielorussa presenta una serie di scatti rubati per le strade delle città che ha visitato, come frammenti
di pensieri delle donne, che ci raccontano la quotidianità del mondo femminile. Senza sapere di essere riprese, le
donne di questi scatti appaiono in tutta la loro naturalezza, con l’intensità e la forza o la leggerezza dei loro
sguardi.
5
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Orari: martedì-mercoledì-giovedì dalle 9.00 alle 12.00 / sabato e domenica dalle 16.00 alle 19.00
Ingresso: gratuito
Sala Mostre e Conferenze del Museo Nazionale della Fotografia, Contrada del Carmine 2/f ,
tel. 03049137, [email protected] - www.museobrescia.net
GALLERIE DI BRESCIA
MOSTRE INAUGURATE A D APRILE 2013
GALLERIA AGNELLINI ARTE MODERNA
Dal 6 aprile al 20 luglio 2013
Gli Angeli, la Pittura e il Novecento Italiano
Licini - De Chirico - Savinio - Sironi - Morandi - Fontana
L’esposizione, a cura di Dominique Stella, propone una lettura della pittura italiana del ‘900 a partire dalle opere
di Licini, Sironi, Morandi, De Chirico, Savinio e Fontana. Il pretesto sono gli Angeli di Licini, punto di partenza
di questa riflessione sul ’900 italiano, la cui diversità e ricchezza consente di affermare la sua importanza, spesso
minimizzata, nel confronto con i movimenti che si svilupparono contemporaneamente in Francia e Germania.
Non meno importanti, infatti, furono le correnti di pensiero che nacquero in quel periodo in Italia, come il
Futurismo (1909) e la Metafisica inventata da De Chirico e da Alberto Savinio o la forte impronta artisica che
lasciarono Licini o Morandi, le cui opere seppero sfidare la modernità insolente e intellettuale dell’epoca. Grande
influenza, inoltre, ebbe l’arte di Fontana, caratterizzata da una forza iconoclasta e quasi mistica.
La pittura in Italia appartiene alla tradizione più remota. Ogni epoca fu segnata da artisti fecondi, testimoni e
attori dell’evoluzione dei tempi, delle tecniche e delle mentalità. L’arte spesso precede gli sconvolgimenti
maggiori e in Italia il XX secolo si apre sulle esperienze divisioniste che nulla hanno da invidiare
all’impressionismo francese. La tecnica di scomposizione dei colori e della luce innova una forma di
rappresentazione accademica apportando effetti di luce e costruzione puntinisti che rivestono un carattere meno
scientifico di quello richiesto dall’esigenza francese. Infatti, meno attenti agli aspetti scientifici della tecnica, gli
artisti italiani favoriscono nelle loro opere il carattere simbolico e l’impegno sociale. Si ammetterà dunque che
una forte corrente rinnovatrice anima la scena artistica italiana in questo inizio di secolo che cambierà il mondo.
Gli italiani conservano questa sensibilità che lega la pittura al mondo della poesia e dell’immaginario
privilegiando l’arte piuttosto che decretando teorie; essi hanno saputo serbare un legame indefettibile con la
tradizione integrando le proteste e le rabbie di generazioni in cerca di rinnovamento. È in questo spirito che
operano Mario Sironi (1885- 1961), Giorgio de Chirico (1888- 1978), Alberto Savinio (1891- 1952), Osvaldo
Licini (1894- 1958) o Giorgio Morandi (1890- 1964) e più tardi Fontana (1899- 1968). Tutti appartengono a
questa epoca che scopre la modernità, caratterizzando lo spirito di un tempo segnato dalle guerre, dalle vittorie o
dalle sconfitte che sconvolgono per sempre il nostro universo. La consapevolezza degli artisti italiani di questa
epoca, di appartenere a un mondo esaltante ma anche effimero e instabile, conferisce una nostalgia indefinibile a
un’arte che rimane in disparte dalle polemiche estetiche ma sposa la causa di un sentire profondo, in favore di
un’arte eterna che rende anche conto della complessità dello spirito umano. Parigi rappresenta un polo di
attrazione nella vita di questi artisti; tre di loro (de Chirico, Savinio, Licini) vi soggiornano, mentre Morandi non
sfugge all’influenza di Matisse o Derain agli esordi della sua opera.
Orari: da martedì a sabato, 10.00-12.30 e 15.30-19.30.
Galleria Agnellini Arte Moderna, Via Soldini 6/A, tel. 0302944181
www.agnelliniartemoderna.it - [email protected]
6
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
GALLERIE DI BRESCIA
MOSTRE INAUGURATE A MAGGIO 2013
PACI CONTEMPORARY
Dal 18 maggio al 28 settembre 2013
Éric Rondepierre, “Enigma”
Paci Contemporary è lieta di presentare la prima mostra personale in Italia di Éric Rondepierre, artista francese
che fin dagli anni Novanta basa il proprio lavoro sul recupero di filmati d’epoca. «Rondepierre – in un modo
innovativo, che gli ha permesso di diventare uno tra i più apprezzati artisti francesi – seleziona e preleva frame
di film, li ingrandisce e li trasforma in fotografie, dove però rimane visibile la grana stessa della materia-film.
Salva questi frammenti di film dall’oblio e dona loro un altro corpo compiendo un gesto di metamorfosi, di
cambiamento di stato». I suoi lavori, dunque, non sono altro che fotogrammi cinematografici fissati in
immagine, dove però «paradossalmente la fissità fotografica, in questo modo ottenuta, non si trasforma in
un’immobilità temporale (…), ma si apre verso altre storie, verso un altro tempo, e in questo modo funziona
come un attivatore di immaginario. (…) Le opere di Rondepierre, nascono infatti da un’operazione analitica
sul linguaggio filmico e fotografico, ma al contempo si presentano cariche di una forza enigmatica e misteriosa».
Durante la mostra, avremo modo di conoscere il lavoro di questo artista, riconosciuto a livello internazionale, che vanta, tra le altre, esposizioni al MoMa di New York e al Centre Pompidou di Parigi-, attraverso alcune
opere tratte dalle sue serie più significative.
«Nella serie Précis de décomposition, dei primi anni Novanta, e poi in Moires (1996-1998), muovendosi tra
filmati anonimi degli inizi del secolo, Rondepierre sceglie e ingrandisce immagini alterate e corrose dal tempo o
dalle cattive condizioni di conservazione, come a voler analizzare con la lente d’ingrandimento gli effetti della
corruzione del supporto gelatinoso.»
Nella serie Diptyka, Rondepierre indaga gli effetti del montaggio, tagliando i fotogrammi delle bobine
cinematografiche, e invertendo la parte superiore e quella inferiore dell’immagine. Nella più recente serie DSL,
invece, analizza i disturbi visivi di film d’autore (Hitchcock, Lynch, Godard, Truffaut, Ophüls…) che spesso si
presentano quando dalla televisione vengono trasmessi attraverso lo schermo del computer.
Una voce più narrativa e forse meno analitica, Rondepierre assume nelle serie Partis communes (2005-07) e
Seuils (2008-09): «in queste ultime opere, infatti, l’autore amalgama assieme due medium: immagini d’archivio di
film muti d’inizio secolo e fotografie contemporanee scattate da lui stesso nel suo universo quotidiano. Il
risultato è costituito da immagini di grande fascino, che ci fanno incontrare personaggi d’altri tempi, mentre
paiono aggirarsi oggigiorno nel metrò di Parigi o tra strade e parchi affollati di visitatori.»
Infine, in Les Trente Étreintes (Trenta Abbracci) l’artista ha selezionato trenta fotogrammi (su oltre un migliaio)
di una sequenza in deterioramento della durata di circa un minuto: «l’oggetto filmico, immobilizzato dalla
fotografia ed elevato alla dignità di immagine, preserva una sorta di mistero profondo, irriducibile al livello
immediato della rappresentazione.»
Éric Rondepierre si configura come uno degli artisti sicuramente più interessanti e innovativi del panorama
artistico contemporaneo, inserendosi in quella proficua tendenza artistica, «capace di perturbare la visione
ponendosi volontariamente sulla linea di confine tra film e fotografia».
Sul lavoro di Éric Rondepierre hanno scritto, tra gli altri, Régis Durand (direttore del Centro Nazionale della
Fotografia e poi del Jeu de Paume, Parigi), Quentin Bajac (conservatore capo del dipartimento di fotografia del
Centro Pompidou di Parigi e neodirettore del dipartimento di fotografia del MoMA a New York) e Philippe
Dubois ( autore del celebre libro L’atto fotografico; docente di cinema e arte contemporanea presso l’Università
Parigi III). Le frasi tra virgolette sono citazioni tratte dal testo di Gigliola Foschi “Eric Rondepierre. Elogio della
metamorfosi”, che potrete trovare all’interno del catalogo dedicato alla mostra curata da Gigliola Foschi e
Giampaolo Paci.
7
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Orari: da martedì a sabato, ore 10.00-13.00 e 15.30-19.30.
Genere: arte contemporanea
Paci Contemporary, Via Trieste 48, tel. 030.2906352,
www.pacicontemporary.com - [email protected]
GALLERIA DELL’INCISIONE
Dal 19 maggio al 20 luglio 2013
Scultura italiana 1915-1945. Dal fascino del Liberty al recupero della classicità
In occasione della mostra “Scultura italiana 1915-1945. Dal fascino del Liberty al recupero della classicità”,
curata da Giovanna Caterina de Feo e Chiara Fasser., saranno esposti i lavori di una ventina di artisti attivi
nell’Italia centro-settentrionale fra il 1915 e il 1945, periodo di grande vitalità dell’arte italiana.
Con il progressivo scemare delle avanguardie storiche e l’insorgere di un contesto sociale e culturale
profondamente cambiato dagli sconvolgimenti della prima guerra mondiale e dall’affermarsi del movimento
fascista, gli artisti propongono nuove forme espressive che perverranno ad esiti formali non uniformi. Il
cosiddetto “ritorno all’ordine”, divulgato dalla rivista “Valori Plastici” di Mario Broglio, significa per le arti
visive un nuovo rapporto fra tradizione e modernità, nonché il recupero della sapienza tecnica e del mestiere.
Gli scultori guardano ai grandi maestri del passato e alla loro interpretazione dell’anatomia umana; la scultura
monumentale, che già conobbe grande slancio con la fine della prima guerra mondiale e la relativa celebrazione
della vittoria e degli eroi di guerra, ebbe molta fortuna anche sotto il regime fascista, che spesso la utilizzò per
celebrare i nuovi protagonisti e ideali di partito. Il fascismo, come gli altri regimi dittatoriali europei, non
mancherà di sfruttare l’arte a fini propagandistici, in molti casi col consenso, tacito o espresso, degli artisti stessi.
Tuttavia interpretare la ricerca artistica di questo periodo secondo una prospettiva ideologica significa
sottovalutarne la complessità storica, la validità e in molti casi l’eccellenza.
Tra i maggiori esponenti dell’arte del periodo emerge il milanese Adolfo Wildt (Milano 1868 – Milano 1931).
Artista quasi alchimista (è nota la paziente prassi cui sottoponeva la materia, rifinita con formule segrete note a
lui solo), Wildt è portatore di una cultura fortemente influenzata dalla Secessione e caratterizzata da complessi
simbolismi; la sua “Vittoria” (1919) in marmo e bronzo dà inizio, idealmente, al percorso della mostra.
Altra personalità di spicco è Libero Andreotti (Pescia 1875 – Firenze 1933), che aveva esordito qualche anno
prima, subendo anch’egli il fascino del Liberty; La scultura che si presenta, Maria e Maddalena dolenti ai lati
della croce, 1930, è uno dei tre bozzetti realizzati per la cappella Borletti a Milano eseguiti qualche tempo dopo
la conversione religiosa del 1921, e prelude a L’Annunciazione del 1931 oggi nella Galleria d’Arte Moderna di
Firenze. Lontano dall’esasperato linearismo di Wildt è Arturo Martini (Treviso 1889 – Milano 1947); di questo
grande autore si espongono oggi due terrecotte da stampo del 1927: “San Sebastiano” e “Le Collegiali”, una
deliziosa invenzione narrativa e poetica per raccontare il sentimento di complicità e amicizia di un gruppo di
adolescenti. Chi, invece, guarda alle opere del Rinascimento e del classicismo italiano è Arturo Dazzi (Carrara
1881 – Pisa 1966), grande manipolatore del marmo, attivo soprattutto tra Roma e la Toscana. La sua attenzione
verso il mondo classico si ritrova nell’opera in mostra, il bellissimo “Busto di bambino” (1920 ca.).
Coetaneo di Dazzi è il ferrarese Arrigo Minerbi (Ferrara 1881 – Padova 1960), attivo nell’Italia settentrionale:
anch’egli non sfugge al destino che muove molti di questi autori verso forme classicheggianti. In mostra un
bellissimo “Bambino in fasce”, quasi un Bambino Gesù, modulato su Masaccio, nel quale per la grande
attenzione imposta alla finitura della materia è evidente l’avvenuto incontro con Wildt. Anche Timo Bortolotti
(Darfo, Brescia 1884 – 1954), scultore oggi raramente presente nelle mostre d’arte, dopo i primi anni trascorsi a
Brescia, cresce nell’ambiente milanese di Wildt, Funi e Marussig. Di lui si presenta il bronzo “La risaiola” (1936),
in cui lo scultore sembra ritrovare l’antica matrice del verismo lombardo.
La vita rurale della campagna romana è al centro, invece, dell’ispirazione di Duilio Cambellotti (Roma 1876 –
1960), attivo a Roma e nell’Italia centro-meridionale, poliedrico artista, scultore, pittore, decoratore, ceramista,
architetto e scenografo, anch’egli proviene dall’area bistolfiana e dal gusto liberty; l’attività di scultore di
monumenti commemorativi è bene rappresentata dal “Guerriero del Tripode” (1919-1922), il modello definitivo
per il Monumento ai Caduti di Terracina realizzato in cera rossa e legno. Attilio Selva (Trieste 1888 – Roma
1970), è presente con la scultura Signora Mariuccia Carena (1920 ca), in bronzo e marmo cipollino. La scultura
8
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
era ritenuta dalla critica del suo tempo uno degli esempi più belli della ritrattistica di Selva, dove emerge il grande
talento nel coniugare la ricerca dell’interiorità del soggetto con la resa fisiognomica e la cura nell’esecuzione. Nel
vasto gruppo di scultori attivi a Roma tra le due guerre, quasi tutti provenienti da regioni diverse, oltre ai già
nominati Selva (da Trieste) e Dazzi (da Carrara) e all’errabondo Arturo Martini, si ricorda il veneziano Attilio
Torresini (Venezia 1884 – Roma 1961), certamente tra i più vicini alla svolta “purista” dei pittori della prima
fase della scuola romana. In mostra si espone la “Fanciulla dormiente” (1929 ca.) e la “Bagnante” (1939 ca.), una
spigliata figurina di donna la cui patina verde del bronzo è trattata come se fosse un oggetto di scavo.
L’ambiente transalpino è testimoniato in mostra da due maestri molto diversi tra loro: da Sevèr Werther
(Milano 1898 – 1940) con il bronzo Balilla (1930) esposto alla Biennale di Venezia nello stesso anno, e dal
cosmopolita Ernesto De Fiori (Roma 1884 – San Paolo del Brasile 1945) con un sentito “Autoritratto”, in cui,
invece, è evidente tanto il suo rifiuto per la deformazione espressionistica del soggetto, tanto l’interesse per
l’individuazione dell’anima del personaggio, in questo caso sé stesso.
Una menzione particolare meritano i “Due leoncini” di Felice Tosalli (Torino 1883 - 1958), scultore animalista
formatosi a Parigi e poi a Torino.
A questi importanti autori fanno da corollario altri, non meno noti ma un poco più giovani: Marino Marini
(Pistoia 1901 – Viareggio 1980) con un disegno che mostra una tematica cara all’artista: Cavallo e cavaliere
(1941), e il suo quasi coetaneo Francesco Messina (Linguaglossa, Catania, 1900 - Milano 1995) che, in questo
primo periodo, con il “Ritratto di bambino” si inserisce pienamente nel clima del “ritorno all’ordine”.
Chiude idealmente la mostra una “Vittoria” di Angelo Biancini (Castel Bolognese 1911 – 1988), nella quale è
ancora evidente il debito contratto con il proprio maestro Libero Andreotti (in particolare con la “Donna che
fugge”, 1920). Non è del tutto casuale, forse, che siano due opere di soggetto simile, una rappresentazione della
“Vittoria”, ad aprire e chiudere la mostra. Se è vero che il Vittorioso di una parte non è che lo Sconfitto
dell’altra, queste due opere possono essere prese a pieno titolo come rappresentative di un’epoca, e la “Vittoria”
di Wildt (classe 1868) e quella di Biancini (classe 1911) mostrano entrambe la traccia del cammino percorso
nell’arte e nella storia.
Orari: da martedì a domenica, dalle ore 17.00 alle 20.00.
Galleria dell’Incisione, Via Bezzecca 4, tel. 03030469, www.incisione.com - [email protected]
9
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
GALLERIE DI BRESCIA
MOSTRE INAUGURATE A GIUGNO 2013
GALLERIA MININI
Dal 5 giugno fino a settembre 2013
Roger Ballen
Ryan Mendoza
Paul P.
Il titolo è provvisorio (la mostra raccontata a Tommaso). L'esposizione e' "fatta come una casa", dove il riflesso
di noi stessi e' in bilico tra il sogno e la ragione, presenta fotografie e dipinti dei tre artisti.
Tommaso è un bellissimo bambino di appena sei mesi. Ha lo sguardo attento ed il sorriso tra-volgente. Suo
nonno Massimo ne conosce bene l’intelligenza precoce ed è convinto che gli si possa raccontare anche una
mostra d’arte, le opere esposte, le vite degli artisti, il come ed il perché. “Come una favola”, dice divertito
dall’ovvietà della cosa. E chiede a me di farlo. Io temo che sopravvaluti non poco le mie capacità, perché questa
è una mostra decisamente complessa.
Caro Tommaso, prima di tutto devi sapere che una mostra non è la femmina di un mostro, anche se, per essere
bella , qualcosa di mostruoso, cioè di fuori dal comune, lo deve avere. In verità, una mostra è una raccolta
curiosa di immagini strane, pensate dagli artisti. Adesso, per favore, non chiedermi per-ché gli artisti se le
inventino e perché la gente le voglia vedere, altrimenti la storia diventa troppo lunga e io mi ci perdo. Andiamo
avanti. Ci sono tre artisti, che si chiamano Roger Ballen, Ryan Mendoza e Paul P., riuniti appunto in una mostra.
Questi tre signori vengono da paesi lontani, hanno età e vite diverse e fanno opere molto differenti tra loro. Il
primo è un fotografo. Fa le immagini con un apparecchio che vede solamente in bianco e nero. Nelle sue
fotografie appaiono oggetti, maschere, disegni, animali, giocattoli, piante, fili di ferro, macchie sui muri, graffiti e
soprattutto personaggi che si confondono con tutto ciò. Ma la cosa particolare è che stanno sempre dentro una
stanza, come se fosse il loro unico spazio e non ci fosse nient’altro al di fuori. Se tu fossi meno perspicace, come
me ad esempio, cercherei di spiegartelo in modo più semplice e ti direi che si tratta di un universo claustrale, di
un Huis clos, nel quale l’isolamento della figura umana ci rinvia ad una zona profonda della nostra coscienza,
dove il riflesso di noi stessi è in bilico tra il sogno e la ragione, per nulla consolatorio, quindi autentico. Ma so
che non ce n’è alcun bisogno, l’hai già capito. Invece, quello che ti devo assolutamente raccontare è che Roger
Ballen è anche un geologo e che ha lavorato per tanto tempo nelle miniere in Sud Africa. Le miniere sono luoghi
sotterranei, fatti di gallerie e cunicoli che scendono verso il centro del nostro pianeta, attraversando strati di
minerali sempre diversi man mano che la profondità aumenta. Sono un po’ come la memoria della Terra perché
dentro ci si trova tutto quello che si è accumulato dalla notte dei tempi. Assomigliano mol-to al nostro cervello,
anche lui fatto di circuiti interminabili, nei quali ognuno di noi deposita le immagini della sua vita, quelle viste e
quelle inventate. Ecco, l’apparecchio fotografico del sig. Ballen, funziona come una trivella, che riporta alla luce i
ricordi, i sogni, le fantasticherie e gli incubi. E lui li guarda come quelle pietre grigie di fuori che, quando le
spacchi, dentro sono piene di disegni straordinari e sembrano delle pitture. Sono sicuro che, se tuo nonno
Massimo avesse pensato a questa mostra come ad una casa da costruire, avrebbe assegnato a lui il lavoro di
scavo e la realizzazione delle fondamenta, la parte interrata dove stanno le cantine. Appena sarai capace di
camminare, vedrai che meraviglia perdersi in una cantina, soprattutto quando è zeppa di vec-chi mobili, di
quadri impolverati, di bottiglie con le etichette misteriose, di pacchi di riviste dalle copertine sorprendenti, di
giocattoli rotti e, magari, in compagnia di un topo che ti sorride minac-cioso da sotto una scodella crepata. Un
po’ impaurito e un po’ eccitato, scoprirai cos’è il coraggio e proverai il brivido dell’immaginazione e dello
stupore. Da solo e a tu per tu con i tuoi pensieri. Mi sembra che siamo arrivati ad un primo punto. Diciamo che
questa è la storia di una mostra fatta come una casa. E forse le stiamo trovando anche un titolo un po’ meno
provvisorio. Il titolo potrebbe essere “La casa di Tommaso”(titolo non ancora definitivo). Nella casa di
Tommaso, la cantina è stata costruita da Roger Ballen come una miniera. E’ colorata con le infinite sfumature
10
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
del grigio, cioè in bianco e nero, come il Sud Africa. Vale a dire la cantina del Mondo, se si pensa che New York
sia l’attico. E’ un sotterraneo da visitare in solitudine, perché tutto quello che hai da vedere, sotto la polvere e tra
le tante immagini che lo affollano, in realtà è solo te stesso. Ovviamente, già si sente l’eco del tramestio che c’è al
piano di sopra. Gente che arriva, si siede, chiacchiera, si alza, beve, ride, riparte, c’è anche della musica. Certo, è
il piano terra, quello che si affaccia sulla strada dove tutti passano. Va e vieni. Dentro e fuori. Lì abita e lavora
Ryan Mendoza, scappato a Napoli, anche lui originario di New York. E’un pittore e quello è il suo studio. C’è
molto movimento, sua moglie, le amiche di sua moglie, le modelle, i modelli, però lui non si vede mai. Ma noi
siamo sicuri che c’è, infatti i suoi dipinti rappresentano proprio le persone che sono lì. Da sole, in coppia,
talvolta a figura intera, talvolta trasparenti. Guardano verso di lui, quasi si fossero accorte di essere spiate dal
buco della serratura. E forse è veramente così. Stanno dentro ai quadri e danno l’impressione di non poterne più
uscire. Avviluppate da un ambiente sovraccarico di luci e colori, di lampadari, tessuti, carte da parati, mobili e
soprammobili. Ma anche impigliate nello sguardo del pittore, che le divora dopo averle sorprese in un istante di
debolezza, come fa una pianta carnivora con gli insetti di cui si nutre. Crudele, eppure senza cattiveria, anzi con
la tene-rezza che si deve ad una preda mentre si dibatte pateticamente ancora un attimo prima di soccombere.
Vedi Tommaso, e lo dico molto più per chiarirmi le idee che per darti spiegazioni, è un po’ come se questo
artista guardasse il mondo dalla seggiola di un peepshow. Cioè un piccolissimo teatro privato nel quale, seduto
da una parte del vetro, lui osserva una bella ragazza che, dall’altra, si guadagna il prezzo del biglietto
dimenandosi ad arte per qualche minuto, prima che la luce si spenga. Quello che li unisce sono gli sguardi di lui,
quello che sembra separarli è la solitudine di ciascuno di loro, ma in realtà entrambi sono complici di uno stesso
progetto, che conoscono a memoria, e che consiste nel penetrare con gli occhi la vita degli altri, poi tutto
scompare dietro il vetro. Naturalmente, ti faccio grazia degli arabeschi linguistici sulla polisemia del verbo
penetrare e delle similitudini tra il lessico della pittura e quello dell’erotismo o, ancora, delle infinite rifles-sioni
possibili sulla tensione tra amore e morte nella genesi dell’opera d’arte. Tutte cose, queste, da riservare agli
eruditi che annoiano tanto anche Massimo. Quello che ci interessa davvero per la nostra storia è che al piano
terra di questa casa c’è la pittura di Ryan Mendoza perché i suoi quadri pieni di sensualità e sentimento sono
sguardi intensi, posati sui corpi desiderati e forse anche amati . Come per farli propri prima che la strada li’ fuori
se li ri-prenda. Come se la pittura fosse l’unico grimaldello capace di rompere il vetro tra lui e loro. E con questo
direi che la storia ha un secondo capitolo. La casa, che è una mostra, ha un piano terra con i colori ocra e rosa
delle strade di Napoli e dei suoi palazzi barocchi. Con gli incarnati densi delle ragazze, le forme sfuggenti dei
loro corpi acerbi. Adesso il titolo potrebbe essere “Tommaso esce di casa”(titolo da definire). Ed è molto
probabile che, in un futuro neanche tanto lontano, il turbamento provocato da uno sguardo insistito ti apra le
porte del mondo. Che poi si chiami amore o pittura, poco importa, è sicuramente il modo migliore per entrarci.
Questo piano della casa, naturalmente, si visita in due. L’ultimo piano è ovattato come il grande nord del
Canada, un paese dove non sono mai stato. Però, me lo immagino. Avvolto dal cielo e dalla neve, simile alla
Norvegia. Che è un altro paese dove non sono mai stato. Perché nella mia vita ho viaggiato molto, ma perlopiù
dentro casa mia. Mi sono spinto fino agli estremi confini settentrionali e conosco bene il sottotetto, il posto più
vicino alle nuvole, che altro non sono se non il riflesso celeste della neve. Quando ero appena più grande di te,
mi dicevo che se fossi stato un angelo avrei voluto vivere proprio lì, in solaio. Giusto per non allontanarmi
troppo dalla mia prima casa. Ed è molto probabile che gli angeli ci abitino per davvero, nei raggi di sole che
tagliano l’aria grigia entrando dagli abbaini. Così lontano dal brontolio tellurico della cantina e dal tumulto
mondano della strada, quello mi è sempre sembrato il luogo del silenzio e della meditazione, forse della
malinconia. Il solaio della casa di Tommaso è pieno di dipinti e incisioni di Paul P., pittore di origine canadese
che vive a Parigi. Ed io avrei una gran voglia di raccontarti quanto quelle piccole tele e quei fogli leggeri mi
ricordino le atmosfere sospese e quasi astratte di certi maestri del passato. I paesaggi freddi di Munch, la laguna
nebbiosa di Whistler, le vaporose figure di Sargent. Ma questo solo perché ho un’età alla quale è ormai
praticamente impossibile guardare i quadri senza pensare ad altri quadri. Errore di vecchiaia. La verità è che quei
corpi androgini, immersi nei colori bassi e nella luce cangiante dell’ora blu, rapiti dal richiamo di un altrove
lontano ed invisibile, sono quelli degli angeli. Proprio così, angeli, presenze disincarnate, spiriti lievi che stanno
tra la terra e il cielo, im-magini inafferrabili fatte di aria e di luce. Dipingere il loro ritratto significa inventarseli,
perché loro non si lasciano vedere nè tantomeno sono disposti a posare. Sono idee, figure della mente,
espresssioni dell’anima. E, se mi perdoni la sciocchezza, vanno colti al volo. Colla velocità del pensiero, come
dice Aristotele, un signore vecchio di duemila anni e più, perchè “l’anima non pensa mai senza un’immagine”.
Ecco, quelle figure e quei paesaggi sono proprio pensieri che ci fanno vedere quello che i nostri occhi non
vedono fino a quando non si chiudono, smettono di guardare fuori e si fissano su quel cielo che sta dentro di
11
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
noi. In silenzio. La storia della mostra volge al termine e con essa la visita della casa. Grazie a Paul P. abbiamo
anche un sottotetto, in apparenza deserto, ma in realtà colmo di cose da vedere. I suoi colori sono quelli
dell’acqua, dell’aria, delle nuvole, della neve, della luce, dell’alba e del tramonto. Colori del nord, sfumati e tenui.
Tra il bianco azzurrino del Canada ed il grigio piovoso di Parigi. A questo punto, il nostro titolo potrebbe essere
“La pittura è casa mentale”, ma finalmente io preferisco conservare “Il titolo è provvisorio”come titolo
definitivo, perché questa storia avrem-mo potuto intitolarla anche “La mente è cosa pittorica” o in cento altri
modi . Quello che mi sta a cuore, Tommaso, è che tu sappia che non me la sono inventata di sana pianta, ma
che mi è stata suggerita in parte da Massimo ed in parte da un signore francese che si chiama Gaston Bachelard,
mentre il titolo è opera del mio amico Corrado. Ma soprattutto, che d’ora in poi, puoi raccontarla anche tu e
come ti pare.
Orari: da lunedì a venerdì dalle ore 10.00 alle 19.30; sabato dalle ore 15.30 alle 19.30.
Galleria Minini, Via Apollonio 68, tel. 030383034
www.galleriaminini.it - [email protected]
ab/arTE GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Dal 8 giugno al 27 luglio 2013
Mimmo Rotella. Il décollage e il cinema
Un’accurata selezione degli “strappi” dai muri delle città di Roma, Milano e di Parigi, reinventati nei décollage, e
in particolare delle icone cinematografiche di Cinecittà e di Hollywood dalla metà del Novecento.
A
cura
e
presentazione
di
Andrea
Barretta.
Allestimento
di
Riccardo
Prevosti.
Un grande evento caratterizzato dall’aspetto culturale in questa mostra personale del maestro della Pop Art, e
rappresentante italiano del Nouveau Realisme, Mimmo Rotella (Catanzaro 1918 - Milano 2006), tra i più
apprezzati e richiesti artisti nel mercato internazionale. La mostra non vuole essere un’antologia, ma la proposta
di un’accurata selezione degli “strappi” dai muri delle città di Roma, Milano e di Parigi, reinventati nei décollage,
e in particolare delle icone cinematografiche di Cinecittà e di Hollywood dalla metà del Novecento, nella
fascinazione subita dall’artista dai cartelloni pubblicitari. Un’appropriazione che è espressione di una ricerca
oggettuale in cui erano coinvolti altri artisti importanti, come Robert Rauschenberg e Jim Dine, i francesi
Raymond Hains e Arman, ma sarà anche una sorta di ribellione - ispirandosi alla più antica tradizione
dell’Avanguardia Storica e, in particolare, al Dadaismo - subentrata dall’avvento dei nuovi media e dei volti degli
attori quali immagini simbolo dei film. All’inizio degli anni Cinquanta, al ritorno dal suo primo viaggio negli Stati
Uniti, Rotella racconta che non voleva più dipingere. “Avevo studiato tutti i grandi, da Picasso a Matisse. Da
Mirò a Pollock. Pensavo: tutto è stato fatto, ormai. Poi una mattina, uscendo dal mio piccolo studio di Roma,
vidi i muri della città tappezzati totalmente da questi manifesti strappati. Erano per lo più affissioni pubblicitarie
e locandine di film americani. Avevano una forza enorme, dei colori meravigliosi”. Seguiranno gli anni della
dolce vita romana seguita dalla bohème parigina, dove risiederà per molti anni, e l’affrontare la vita e l’arte a
gamba tesa. Nel 1958 l’incontro che gli cambierà la vita: conosce attraverso Giulio Turcato l’intellettuale Pierre
Restany che gli parla degli artisti del Nouveaux Realistes e dei décollage di Raymond Hains, di Francois
Dufrene, di Jacques Villeglé, già a lui vicini in un percorso di ricerca, tanto che poi il critico francese scriverà
della sua opera come “immagini-forza uscite dai muri di Roma” che sono “dotate, rispetto al loro stato
d’origine, di una super presenza demitizzante” diventate “più reali del mito che incarnano, più reali della realtà
che rappresentano”. Mimmo Rotella si soffermerà negli anni a venire sui modi di impadronirsi delle immagini
(ma anche do oggetti trovati ai mercatini) per introdurre l’artefatto, in questa mostra il manifesto
cinematografico, e lo ribalta in materia per l’arte: strappati e incollati uno sull’altro, e lacerati a lasciare immagini
e titoli come risultato di un’attenta estetica senza comunque assoggettarsi ai codici commerciali. Perché le sue
sono immagini tramutate in reinvenzioni che prendono dalla quotidianità, dalla strada come luogo di creatività, e
rendono “strappi” stratificati dai desideri di un diario visivo comune alla gente qualunque: do ut des, in una
metafora della vita liberata dal progresso e purificata dai prodotti di accrescimento civico. Così da questo
rapporto la genesi delle azioni che vedranno Mimmo Rotella strappare i manifesti dai muri come “sola
soddisfazione, l’unico mezzo per protestare contro una società che ha perso il gusto per il cambiamento e per le
12
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
favolose trasformazioni”, scriveva. Nel 1964 è invitato alla Biennale di Venezia e l’anno dopo alla Quadriennale
di Roma. Nel 1970 partecipa al Festival del Nuovo Realismo a Milano, durante il quale interviene su un muro di
manifesti lacerati in Piazza Formentini, insieme con Christo, Arman, César, Tinguely, Dufrêne, Raysse, Niki de
Saint Phalle, Spoerri. Ormai Mimmo Rotella codifica una sua cifra stilistica personale e internazionale, un
elemento d’identificazione, in un nuovo modo di interpretare spazio, colore e immagine andando con le sue
lacerazioni oltre la pittura per addentrarsi nella storia, tra informale, gestualità, pop e neorealismo. Tra le sue
ultime esposizioni è invitato nel 1994 al Guggenheim Museum di New York, poi nel 1996 al Museum of
Contemporary Art di Los Angeles, dove porta tutta la sua personalità artistica tra cinema e letteratura fra opere
uniche e multipli décollage.
Orari: da giovedì a sabato: 9.30-12.30 e 15.30-19.30.
Galleria d’arte moderna e contemporanea ab/arTE, Vicolo San Nicola 6, tel. 0303759779, [email protected]
FONDAZIONE BERARDELLI
Dal 26 giugno al 30 settembre 2013
6 stanze. Opere d'arte contemporanea della Collezione Rossetti
La Fondazione Berardelli di Brescia dedica il nuovo appuntamento espositivo ad un viaggio nella storia dell'arte
contemporanea attraverso le opere della Collezione Rossetti. In mostra sono visibili i lavori di alcuni dei
protagonisti della storia dell'arte del secolo passato che vengono presentati, in sei sale della Fondazione
Berardelli, attraverso un percorso che si propone di mettere in evidenza assonanze stilistiche e esperienze
comuni. Si parte nella prima sala con le avanguardie raccontate attraverso le opere di Man Ray, Filippo
Tommaso Marinetti, Marcel Duchamp e Joan Mirò. Di grande pregio sono le cinque opere grafiche estrapolate
dal volume Il Reale Assoluto, illustrate da Marcel Duchamp e Man Ray nel 1964.Nella seconda sala sono esposti
esempi della Pop art italiana, ben rappresentata da Mario Schifano e Franco Angeli, e della Pop art americana,
emblematizzata da due opere di Andy Wahrol. Di rilievo, inoltre, il manifesto firmato da Wahrol e Beuys Beuys
by Wahrol del 1980 e tre opere di Joseph Beuys: la famosa fotografia Fondazione per la rinascita dell'agricoltura
(65/75) del 1978, la stampa Amerikanischer Hasenzucker I e la lavagna Kunst = Kapital. Si prosegue nella terza
sala con la giustapposizione di opere di due importanti artisti che hanno usato il corpo come “strumento
pittorico vivente”, Hermann Nitsch e Shozo Shimamoto, esponenti l'uno dell'azionismo viennese e l'altro del
gruppo Gutaj. La quarta sala ospita vari artisti legati dall'interesse per le ricerche astrattiste: Antonio
Scaccabarozzi, Elio Marchegiani, Hans Jorg Glattfelder, Gualtiero Nativi e Arturo Vermi. Di quest'ultimo si
sono scelti dei lavori che dimostrano l'influenza della concezione spaziale del suo grande maestro: Lucio
Fontana. La quinta sala accoglie l'ironia dell'artista torinese Aldo Mondino a cui è stata dedicata una mostra in
concomitanza alla Biennale di Venezia di quest'anno. All'interno di questo viaggio che vuole raccontare alcuni
episodi memorabili dell'arte del Novecento non potevano mancare opere del Nouveau Réalisme. Sono presenti
in esposizione i primi lavori che giunsero in Italia di Arman e precisamente alla Galleria di Remo Pastori. Oltre
alle accumulazioni dell'artista francese, sono presenti: un'espansione di smalto su plexiglass di César, un dito in
bronzo dello stesso autore, una litografia di Christo e un collage su tela di Jean Tinguely. Nella sala che ospita
l'archivio della Fondazione, con ben 2600 volumi catalogati e disponibili alla consultazioni, si è deciso di
chiudere il percorso espositivo con un'opera dell'artista bresciano Guglielmo Achille Cavellini: Contiene opere
da distruggere del 1967 cassa n 163, 1967. Artisti presenti in mostra: Franco Angeli, Arman, Joseph Beuys,
Guglielmo Achille Cavellini, Cesar, Christo, Marcel Duchamp, Hans Jorg Glattfelder, Filippo Tommaso
Marinetti, Elio Marchegiani, Joan Mirò, Aldo Mondino, Gualtiero Nativi, Hermann Nitsch, Man Ray, Antonio
Scaccabarozzi, Mario Schifano, Shozo Shimamoto, Jean Tinguely, Arturo Vermi ed Andy Wahrol.
Orari: da martedì a sabato dalle 16.00 alle 19.00, altri orari su appuntamento. Chiuso ad agosto.
Genere: arte contemporanea
Fondazione Berardelli, Via Milano 107, tel. 030313888
www.fondazioneberardelli.org - [email protected]
13
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
GALLERIA AplusB
presso Palazzo Guaineri delle Cossere, contrada delle Cossere 22
Dal 27 giugno al 20 luglio 2013
Oltre il pensiero. Quattordici ricerche attraverso la materia
Mostra collettiva con gli artisti: Graziano Folata (Milano, 1982); Max Frintrop (Obenhauser, D, 1982); Silvia
Hell (Bolzano, 1983); Osamu Kobayashi (Columbia, SC, 1984); Marco Lampis (Cagliari, 1976); Marco La Rosa
(Brescia, 1979); Fancesca Longhini (Brescia, 1985); Luca Macauda (Modica, 1979); Davide Mancini Zanchi
(Urbino, 1986); Tiziano Martini (Soltau, 1983); Nicola Melinelli (Pescara, 1988); Paolo Meoni (Prato, 1969);
Nazzarena Poli Maramotti (Montecchio Emilia, 1987); Aural Tools (progetto oggettuale/sonoro curato da Attila
Faravelli, Milano).
Oltre il pensiero. Quattordici ricerche attraverso la materia è una mostra collettiva curata da AplsuB contemporary art. In
mostra verranno presentate alcune delle più interessanti ricerche svolte da giovani artisti in differenti ambiti
espressivi come pittura, scultura, installazione, fotografia, video e suono. Le opere dei quattordici artisti
contrasteranno con l'interno della struttura architettonica settecentesca caratterizzata dalla presenza di un tempo
che ha inciso e trasformato gli spazi in luoghi forse inospitali ma fortemente evocativi.
Palazzo Guaineri diventa teatro di un percorso espositivo la cui direzione d'insieme risulta parcellizzata nella
specificità poetica di ogni artista. Oltre il pensiero. Quattordici ricerche attraverso la materia è un dispositivo che
espone molteplici approcci che si ricompattano attraverso una linea rossa, fragile e sottintesa, che accomuna
gruppi di opere in modo labirintico all'interno dello spazio. L'insieme esprime il desiderio di esplorare parametri
espressivi diffusi e complementari. Oltre il pensiero. Quattordici ricerche attraverso la materia indaga e propone
riflessioni su questioni come il rapporto con il tempo, la complessità insita nella affermazione di una identità
culturale propria, la pulsione a ridisegnare confini e mondi anche partendo dall'errore e dallo scarto, attuare
spostamenti dall'ovvio al fine di trovare l'origine ed il senso di ciò che ci circonda quotidianamente, come i suoni
artificiali, oggetti o spazi architettonici, e di cui non siamo più in grado di decifrare l'essenza. Lo spettatore potrà
confrontarsi con l'installazione monumentale di Marco La Rosa, la scultura silenziosa di Marco Lampis,
Francesca Longhini e Graziano Folata, la pittura performativa di Tiziano Martini, Max Frintrop e Osamu
Kobayashi, ma anche la pittura analitica, con due direzioni del tutto diverse, di Nicola Melinelli e Luca Macauda,
quella inquieta ed esistenziale di Nazzarena Poli Maramotti, come dal tratto esistenziale è il video proposto da
Paolo Meoni. Presenti anche le operazioni ironiche di Davide Mancini Zanchi che interrogano lo statuto degli
oggetti d'arte, e le forme che problematizzano le convenzioni di lettura della realtà a cui siamo abituati di Silvia
Hell. Di particolare interesse è il progetto oggettuale/sonoro Aural Tools, presentato nel suo insieme per la
prima volta in questa occasione, che vede coinvolti il sound artist Attila Faravelli, Enrico Malatesta Matija
Schellander e altri il cui impegno è quello di indagare processi di produzione sonora attraverso oggetti e
dispositivi acustici che si relazionano con lo spazio ed il corpo in modo del tutto diverso rispetto a quello
convenzionale o alle esecuzioni dal vivo.
Orari: da giovedì a sabato, dalle ore 15.00 alle 19.00 o su appuntamento gli altri giorni.
AplusB Contemporary Art, Via Gabriele Rosa 22/a, tel. 3381324177 / 0305031203
aplusbcontemporaryart.wordpress.com - [email protected]
WAVE PHOTOGALLERY
Dal 28 giugno al 25 luglio 2013
Rolando Marini “Acque Interiori”
Wave Photogallery presenta la mostra “Acque Interiori”, dell'autore Rolando Marini.Una ricerca sullo spirito più
profondo delle acque del lago: ecco il lavoro di Rolando Marini. L'autore compie (e aiuta il pubblico a compierla
con lui) una riflessione tanto sulla fisicità quanto sulla spiritualità delle acque del lago Trasimeno.
14
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Finalmente visibile, lo spirito tanto ricercato dall'artista entra inevitabilmente a contatto con la parte più
profonda dell'animo umano, prima attraverso la sua macchina fotografica, poi, in un secondo momento,
attraverso gli occhi dello spettatore.
Rolando Marini (Perugia, 1955) si dedica alla fotografia dal 1975. Negli anni '80 ha partecipato a concorsi
fotografici nazionali con alcuni riconoscimenti, ma per oltre un decennio si è prevalentemente rivolto allo
studio, al perfezionamento delle tecniche di stampa in camera oscura, al reportage e al paesaggio con approccio
amatoriale. Dopo una lunga fase di inattività, nel 2006 ha cominciato a lavorare al progetto Scenari sul paesaggio
urbano dei centri storici umbri, con il quale ha realizzato le mostre di Perugia, Gubbio (PG) e Cervia (RA) nel
corso del 2009, patrocinate dalla Regione dell'Umbria e dai Comuni ospitanti. Nel 2011 comincia la
collaborazione con Antonio Manta, il più importante stampatore italiano di Fine Art fotografica: le stampe
curate dalla sua Bottega rispettano rigorosi criteri di durabilità, propri della conservazione museale, e sono
realizzate su carta di cotone al cento per cento. Nel luglio 2012 prende vita il progetto sul paesaggio dell'acqua,
denominato Acque interiori. Oltre a proseguire ed estendere l'indagine sul paesaggio e sulla luce, il lavoro ha la
peculiarità di essere realizzata con due diverse tecniche di post-produzione e di stampa: bianco/nero ad alto
contrasto e colore in crapping (stampa su carta velina increspata). Anche come docente universitario di
Sociologia della comunicazione di massa, ha di recente inserito la fotografia tra gli altri campi di studio, con una
ricerca sul fotogiornalismo d'inchiesta nei rotocalchi italiani.
Acque Interiori
Osservare e trasporre il paesaggio lacustre per rappresentare i significati del rapporto interiore tra uomo e acqua:
è questo il senso dell’indagine fotografica di Rolando Marini, che si propone ancora una volta al pubblico con
un nuovo rilevante lavoro. Dopo le mostre “Scenari” e “Città ideali”, esposte in numerose occasioni in Umbria
e in Italia, l’interesse di Marini per il paesaggio si sposta dalle città antiche italiane all’ambiente lacustre: la mostra
è infatti frutto di un lungo lavoro realizzato interamente sul Lago Trasimeno, che diviene però “pretesto” per
andare al di là e indagare più in profondità sul “paesaggio dell’acqua”, cioè sul paesaggio caratterizzato da ampi
specchi d’acqua, dove le presenze dell’attività umana si sono dislocate e sedimentate nel corso del tempo. Le
fotografie di Marini non vogliono catturare il bello che tutti vedono, ma vogliono invece esprimere il senso di
un rapporto intimo con l’ambiente acquatico, con la sua natura spirituale prima ancora che fisico-biologica o
geografica. L’autore propone, come nei precedenti lavori sui centri storici italiani, un’esperienza estetica del
paesaggio come tentativo non fugace di osservare, ascoltare soffermandosi, “immergersi” per attraversare un
itinerario di riflessione; un percorso che esercita l’artista e poi l’osservatore a essere aperto all’inatteso e al
superamento di ciò che è scontato. Insieme all’indagine fotografico-paesaggistica, “Acque interiori” sviluppa
anche un’investigazione di tipo etno-antropologico, un’indagine sottesa ma evidente per l’occhio attento, relativa
alla commistione tra aspetti dell’attività umana (pesca, navigazione) ed elemento naturale, nel processo di
conformazione del paesaggio. Il lavoro di ripresa è stato portato avanti nel corso degli anni 2009-2012,
accumulando una quantità ingente di fotogrammi, su cui però è stata effettuata una rigorosa selezione. Gli scatti
sono stati effettuati in tutte le stagioni, alla ricerca di variegati cromatismi e particolari controluce.
L’elaborazione e la stampa delle opere è stata affidata alla Bam (Bottega di Antonio Manta) di Montevarchi
(AR), un laboratorio specializzato nella fotografia Fine Art e famoso a livello internazionale. Le opere
fotografiche sono realizzate con tecniche e materiali di altissima qualità: in particolare, è proprio la Bam ad avere
sperimentato e realizzato opere fotografiche con la tecnica della carta velina increspata.
Nelle fotografie a colori di “Acque interiori” si evidenzia un’indagine cromatica che va a individuare quelle
atmosfere che maggiormente possono corrispondere a una tensione introspettiva, di dialogo tra l’animo umano
e il paesaggio. Nelle fotografie in bianconero si approfondisce la tendenza all’astrazione e qui l’immagine è
ridotta a segno grafico.
Dal 28 giugno al 25 luglio 2013
“TONKI - Schegge di Comunicazione”
Un'installazione con fotografie di Alberto Frigoli
Wave Photogallery presenta la mostra “TONKI - schegge di comunicazione”: mille Tonki (con mille, suggestive
fotografie scattate da Alberto Frigoli) sono i protagonisti di questa avvolgente installazione. Un connubio ideale:
immagini semplici, minimaliste, occhieggianti a Instagram e Lomografia, stampate direttamente su un foglio di
cartoncino trattato e fustellato che si trasforma in un quadro con tanto di cornice. Il tutto riciclato e riciclabile.
15
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
In occasione del finissage dell'esposizione (che si terrà giovedì 25 Luglio 2013) i Tonki verrano regalati al
pubblico. Riciclo e regalo: una benevola provocazione alla fineart in sintonia con i tempi duri.
Alberto Frigoli (Chiari, Brescia, 1949): una vita da imprenditore nel mondo della carta stampata ed una
infatuazione giovanile per la fotografia, mai sopita. Quasi cinquant'anni di scatti ed il cimento, ormai antico, con
la camera oscura, un paio di mostre e la pubblicazione di sue immagini in alcune edizioni, calendari etc.,
costituiscono il suo curriculum da fotografo. “Nessuna nostalgia per la camera oscura e la pellicola. Da quando
qualche santo ha inventato la macchina digitale e Photoshop non disdegno nessun artificio per raggiungere il
fine”.Propenso a tentare il nuovo, anti-perfezionista, lontano dalla “grande fotografia”, cerca espressioni
genuine e loquaci in dettagli apparentemente insignificanti.
TONKI – schegge di comunicazione
Schegge di comunicazione: dai graffiti della Valle Camonica alle insegne luminose di New York, attraversando
Italia, Egitto, Etiopia, Kenya, Tanzania, Zambia, Botswana, Uganda, Rwanda, Ecuador, Cuba e i Paesi in cui i
graffiti in senso lato hanno ancora attrattiva e capacità di comunicazione.
Scritte che rappresentano un'idea, una protesta, una proposta commerciale. Sono fatte di segni, scolpite nella
pietra, stese a pennello, (le più recenti) “sprayate”, e anche se spesso incomprensibili tutte esprimono un
pensiero. Colpisce l'ingenuità dei messaggi africani, dove prevalgono il colore e la lusinga commerciale, in
contrasto con gli slogan politici a Cuba o i cartelli di Occupy Wall Street, inno alla lotta sociale.
Le fotografie sono state scattate con le attrezzature più disparate: macchine analogiche, digitali, compatte o
IPhone. Il cartoncino “grezzo” del Tonki conferisce alle immagini una patina non riproducibile diversamente,
aggiungendo imperfezione alla riproduzione, quasi ad avvicinare le immagini al loro reale (che esso sia un muro
scrostato, una vecchia lamiera o un legno consunto). Tonki è un prodotto di wehang.it
Orari: da martedì a venerdì, 10.00-12.00 e 15.00-19.30; sabato, 15.00-19.30
Wave Photogallery, Via Trieste 32, tel. 0302943711
www.wavephotogallery.com – [email protected]
********
CORSO MAMELI
Dal 29 giugno al 31 agosto 2013
“In corso”
Una mostra in 32 negozi in Corso Mameli
32 negozi, 32 volti e 32 storie. Ecco i protagonisti di “In corso” una mostra diffusa che si può visitare entrando
nei negozi di Corso Mameli e attraverso queste istantanee scoprire il volto di una Brescia in cui la tradizione e il
nuovo convivono. Dai negozi storici dove di generazione in generazione vengono tramandati i segreti del
mestiere alle nuove attività, spesso specchio di un tessuto sociale che si va modificando. Una via-mondo che
questo progetto vuole presentare in tutta la sua ricchezza e vivacità, superando pregiudizi e paure. Una mostra
lontana dai luoghi comuni sociali ma anche geografici perché Corso Mameli è un luogo straordinario di incontro
e osservazione. I fotografi sono giovani studenti della LABA (Libera Accademia delle Belle Arti di Brescia)
Filippo Fumoso, Sudati Nicholas e Andrea Sandri coordinati dalla professoressa Giovanna Magri. Alla mostra si
accompagna un giornale che raccoglie testimonianze dei protagonisti della via. La grafica del giornale è stata
curata da Simone Moneta e Gaia Negri. Il progetto è stato voluto e sponsorizzato da Buonissimo L’Arcipelago
del Gusto per valorizzare la via in cui, dal dicembre 2010, propone le specialità e le eccellenze della tradizione
enogastronomica locale. “La scelta di sponsorizzare un’iniziativa di questo tipo – afferma Tommaso Martini –
nasce dalla volontà di trasmettere la ricchezza umana e culturale di una via che molto spesso viene descritta con
toni molto cupi. È un dato di fatto che in Corso Mameli sono circa una ventina i negozi che hanno abbassato le
saracinesche negli ultimi anni. Ma la via non è morta anzi, ha molte energie da esprimere, una tradizione da
conservare e allo stesso tempo i segni di un cambiamento globale che sono da cogliere come occasioni e non
con ostilità o paura”.
Info e orari: [email protected] 030 380894 int.1, www.laba.edu/alta_formazione.asp
brescia@ buonissimo-store.it, 030 2808245 , www.buonissimo-store.it
La mostra osserverà gli orari dei negozi che espongono le opere.
16
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
GALLERIE DI BRESCIA
MOSTRE INAUGURATE A LUGLIO
LUGLIO 2013
COLOSSI ARTE CONTEMPORANEA
Dal 4 al 30 luglio 2013
Inaugurazione giovedì 4 luglio, ore 16.30
La ricerca della materia perfetta
Come incasellare l'ispirazione artistica, espressione di un'individualità creativa e delle inclinazioni dell'anima,
all'interno di un'opera? Qual è l'unico modo per concretizzare l'ispirazione, per esprimere nella forma ideale
l'idea originaria che si agita nella mente dell'artista, per trasmettere al meglio l'impulso dell'animo che le da vita e
i contenuti che sono il suo fondamento?
Per esternare l'ispirazione è necessario passare attraverso l'uso di un materiale plasmato, modellato, dipinto,
intagliato, bruciato che la possa materializzare, darle una esistenza fenomenica, creando un linguaggio espressivo
unico e individuale; l'origine dell'ispirazione entra così in un contesto di realtà percettibile, in un contesto reale
attraverso la ricerca materia perfetta... È questo l'impulso che muove l'artista a cercare la tecnica più consona a
trasmetterla verso l'esterno. La storia dell'arte ci offre immagini esemplari per esprimere metaforicamente questo
concetto; pensiamo ai Prigioni di Michelangelo dove la forma del corpo, sublimazione della perfezione
dell'anatomia umana, sembra rappresentare una pulsione dello spirito, la forma originaria dell'idea che lotta per
estrinsecarsi nella pesantezza della materia inerme del marmo, per tradursi idealmente nella realtà, nella
concretezza del mondo. I personaggi dipinti a olio da Matteo Tenardi, per esempio, tentano costantemente di
emergere, attraverso un pertugio, da una realtà sconosciuta, da uno spazio asettico e uniforme. Il loro deciso
atto di volontà li porta ad affrancarsi e ad imporre la loro individualità, sottolineata dalla precisa figurazione
dell'artista che esprime tutto il carattere, l'emozione sprigionati dai loro tratti somatici individuali. Ecco allora
che la mostra collettiva si propone di sondare la profondità di questa ricerca della materia perfetta, dell'ideale
mezzo per la trasposizione dell'ispirazione artistica, del veicolo espressivo per esternare un impulso, un moto
dell'animo, un'idea, oppure semplicemente per riprodurre la realtà stessa.
Claudio Filippini rappresenta con lenticolare precisione inquadrature di realtà, particolari su cui l'attenzione
tende momentaneamente a focalizzarsi, attraverso la stesura del colore in sottili campiture di colore che sfidano
la resa documentaria del reale della riproduzione fotografica. Sempre utilizzando la pittura ad olio su carta o tela
e il collage di piccoli frammenti di carta, Enzo Forese rappresenta i suoi squarci lirici di paesaggi dolcemente
surreali con colori suadenti, definiti da contorni precisi dove accenni di folgoranti visioni poetiche si celano in
un vaso o sui picchi di una montagna; i suoi paesaggi dell'anima vengono sempre racchiusi in pochi centimetri
come se fossero miniature per ricordarci la fugacità dell'emozione che si prova osservando un paesaggio
attraverso una finestra e qui racchiuso nei contorni del quadro. Anche Bonomo Faita dipinge con una rapidità
simile allo schizzo, su supporti di cartone e carta, suggestioni momentanee, particolari nascosti per cogliere
l'emozione fugace che provocano: il fumo di una sigaretta si espande nel cielo, una casetta scampata
all'espansione edilizia delle metropoli emerge con la brillantezza dei suoi colori tra il grigiore dei grattacieli.
Anche Claus Larsen utilizza una tecnica antica come la pittura a olio, miscelando pigmenti naturali e tuorli
d'uovo per migliorare la resa cromatica dei colori, per rappresentare, con precisione scientifica, mondi tanto
fantastici quanto misteriosamente ambigui; qui, dietro a lussureggianti vegetazioni, si celano dettagli surreali che
innescano cortocircuiti di significato insospettabili nell'apparente ordine formale che domina nei suoi dipinti.
Ceroli, artista di importanza storica, lavora, sin dagli anni '60, con un materiale di origine naturale come il legno
intagliando sagome umane che si sovrappongono per creare un effetto di alternanza scenografica dei piani e di
fluidità temporale, come se il medesimo istante si prolungasse nel tempo; questo materiale viene così riletto in
senso tecnologico: la serialità di questa sovrapposizione ripropone una modalità tipica dei processi comunicativi
della cultura di massa e del linguaggio pubblicitario. Giorgio Tentolini lavora sull'evanescenza della figura
umana, i cui tratti anatomici emergono attraverso stratificazioni di un materiale dalla consistenza eterea come il
17
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
tulle oppure fa emergere i contrasti chiaroscurali incidendo la carta o il cartone. Francesca Pasquali, attraverso
materiali plastici di origine industriale, come le cannucce, il neoprene, il pvc, crea opere di ispirazione organica,
partendo dallo studio al microscopio ottico dei tessuti degli organismi vegetali e animali. Gli occhietti delle sue
cannucce, simili alle celllule o alle cellette degli alveari, lasciano intravedere lo sfondo dell'opera creando una
vibrazione ottica cinetica che attraversa tutta la sua superficie che la anima di un forte dinamismo interno;
talvolta, queste si raggruppano in sontuose volute, diramando i loro raggi di luce (Straws) in tutte le direzioni
possibili, come spighe di un campo di grano colpite da un'improvvisa folata di vento.
Michael Gambino ricostruisce la geografia del mondo sotto il segno di piccole farfalle dalle variegate sfumature
cromatiche applicate alla tela che stigmatizzano il ciclico riproporsi della natura, i cambiamenti globali all'interno
sia dei sistemi biologici che delle dinamiche economiche e sociali, regolati da uno schema logico di connessioni,
da un caos deterministico che Lorenz definì “teoria del caos”. L'”effetto farfalla” è l'espressione metaforica di
questa concatenazione di eventi, della forma del diagramma matematico che mostra la dipendenza sensibile dei
sistemi al cambiamento delle variabili iniziali. La farfalla diventa il tassello per la costruzione di un modello di
comportamento per tutti gli universi possibili e la sua grande risonanza a livello globale si espirme attraverso la
raffinata e meticolosa tecnica utilizzata dall'artista che intitola significativamente le sue opere “effetto farfalla”.
Ecco come diversi materiali e tecniche diventano il veicolo ideale per esprimere l'intenzione dell'artista: i nastri
di velluto intrecciati di Mimmo Iacopino ripropongono un'astrazione geometrica più concreta e voluminosa,
mentre l'alfabeto espressivo di Omar Hassan, street artista, composto da mille spruzzi di bomboletta
rappresenta la sintesi formale del gesto storico da cui nasce questa forma artistica.
Orari: da martedì a sabato, 10.00-12.00 e 15.00-19.00.
Colossi Arte Contemporanea, Corsia del Gambero 13, tel. 0303758583
www.colossiarte.it - [email protected]
L’Infopoint Turismo Comune di Brescia non si assume alcuna responsabilità per quanto riguarda eventuali
variazioni di programma. Per qualsiasi informazione vi preghiamo di contattarci.
Infopoint Turismo Stazione
Piazzale Stazione, 25122 Brescia
Tel. +39 030 8378559
[email protected]
Aperto tutti i giorni: 9.009.00-13.00 e 13.3013.30-17.30
Infopoint Turismo Piazza Duomo
Via Trieste 1, 25121 Brescia
Brescia
Tel. +39 030 2400357
[email protected]
Aperto tutti i giorni: 9.009.00-13.00 e 13.3013.30-17.30
18