UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA TECNICHE DI

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA TECNICHE DI
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
UNITÀ OPERATIVA INTEGRATA DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE NATURALI
DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIMICHE UNIPD
Corso di Laurea Magistrale in Scienza dei Materiali
TESI
TECNICHE DI ESTRAZIONE DEL
TECNEZIO-99m
DA TARGET DI MOLIBDENO METALLICO
Relatore:
Prof. Palmieri Vincenzo
Correlatore:
Prof. Duatti Adriano
Dott.ssa Boschi Alessandra
Laureanda: Martini Petra
Anno Accademico 2013/2014
2
SOMMARIO
1
2
INTRODUZIONE ALLA PROBLEMATICA ................................................................................... 5
1.1
LA CRISI DEL TECNEZIO ................................................................................................. 5
1.2
L'APPROCCIO STANDARD DA FISSIONE NUCLEARE......................................................... 9
1.3
IL POSSIBILE UTILIZZO DI ACCELERATORI DI PARTICELLE ......................................... 16
1.3.1
SEZIONI D’URTO E CARATTERISTICHE OTTIMALI DI IRRAGGIAMENTO .............. 16
1.3.2
STUDI DI IMAGING COMPARATIVI ........................................................................ 19
1.4
PRODUZIONE DEL TARGET .......................................................................................... 22
1.5
FONDAMENTI DI TEORIA .............................................................................................. 23
1.5.1
IL TECNEZIO ......................................................................................................... 23
1.5.2
IL DECADIMENTO RADIOATTIVO ......................................................................... 25
1.5.3
IL CICLOTRONE .................................................................................................... 28
1.5.4
LA COMPLESSAZIONE IN RADIOFARMACO .......................................................... 32
1.5.5
LA SOMMINISTRAZIONE E L’ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI ............................ 38
1.5.6
INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA E RADIOPROTEZIONE ............................... 42
LETTERATURA ...................................................................................................................... 45
TECNICHE DI PURIFICAZIONE ....................................................................................... 45
2.1
2.1.1
IL METODO CHATTOPADHYAY ............................................................................ 46
2.1.2
LA CROMATOGRAFIA AD ESTRAZIONE BIFASICA ACQUOSA ............................... 49
2.1.3
L’ESTRAZIONE CON SOLVENTE ORGANICO METILETILCHETONE ...................... 51
IL RECUPERO DEL MOLIBDENO-100 ............................................................................ 53
2.2
3
CONTROLLO QUALITÀ E TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE ............................................. 55
INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 55
CONTROLLO QUALITÀ ................................................................................................. 57
3.1
3.1.1
PUREZZA RADIONUCLIDICA ................................................................................. 57
3.1.2
PUREZZA RADIOCHIMICA ..................................................................................... 59
3.1.3
PUREZZA CHIMICA ............................................................................................... 59
3.1.4
IL PH ..................................................................................................................... 60
3.1.5
STERILITÀ ............................................................................................................. 60
3.2
TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE ............................................................................. 61
3.2.1
CALIBRATORE DI DOSE ........................................................................................ 61
3
4
3.2.2
SPETTROMETRIA γ CON RIVELATORE HPGe ........................................................ 62
3.2.3
TLC γ CROMATOGRAFIA....................................................................................... 66
PARTE SPERIMENTALE .......................................................................................................... 69
INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 69
4.1
LA TECNICA MEK MODIFICATA .................................................................................. 73
REALIZZAZIONE E OTTIMIZZAZIONE DEL MODULO SEMIAUTOMATIZZATO .......... 75
4.1.1
4.2
4.2.1
PRODUZIONE DEL TARGET .................................................................................... 87
4.2.2
L’IRRAGGIAMENTO ............................................................................................... 90
4.2.3
ESTRAZIONE E SEPARAZIONE DI TC-99m DAL TARGET ........................................ 91
4.3
5
TEST DEL MODULO ....................................................................................................... 87
ACQUISIZIONE DELLO SPETTRO GAMMA ................................................................... 102
4.3.1
ELABORAZIONE ED ANALISI DELLO SPETTRO GAMMA. .................................... 103
4.3.2
I CONTROLLI QUALITÀ ........................................................................................ 107
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ............................................................................................ 111
BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................ 115
4
1 INTRODUZIONE ALLA PROBLEMATICA
In questo capitolo introdurrò la problematica della crisi dei radioisotopi medici
a base di
99m
Tc dovuta all’attuale metodo di produzione del
fissione dell’Uranio altamente arricchito in
235
99
Mo, ottenuto tramite
U. I costi di installazione, di
adeguamento alle nuove norme di sicurezza, il successivo smaltimento delle scorie e lo
smantellamento dei reattori hanno messo a dura prova il Nucleare e così anche il
mondo dei radioisotopi medici. Tali problematiche stanno rendendo difficile la
distribuzione mondiale dei radiofarmaci a base di 99mTc rischiando, tra qualche anno, di
non poter sopperire al fabbisogno; da qui la necessità di sviluppare metodi alternativi di
99m
Tc e di fondare il progetto “APOTEMA” per
produzione diretta o indiretta di
studiare una potenziale produzione regionale di
99m
Tc mediante acceleratore di
particelle ai LNL INFN. Accennerò inoltre a come avviene attualmente la produzione di
tali radionuclidi reattivi partendo dall’Uranio.
1.1
LA CRISI DEL TECNEZIO
Il Tecnezio-99metastabile è un radioisotopo gamma emettitore impiegato
nell’85% delle applicazioni di diagnostica in Medicina Nucleare. Consente di ottenere
immagini di alta qualità degli organi indagati somministrando al paziente una bassa dose
di radioattività e soddisfa i principali requisiti necessari per essere considerato
radionuclide ideale. L’uso medico di procedure basate sul
99m
Tc è cresciuto
significativamente nell’ultimo decennio e si stima un’ulteriore incremento del 3-5%
annuo, in particolare nei paesi in via di sviluppo.
A causa della sua breve emivita, 6,01 ore, il
99m
Tc, per usi diagnostici negli
ospedali, necessita di essere prodotto in loco per consentirne la complessazione in
radiofarmaco, l’esecuzione dei controlli qualità, l’iniezione nel paziente e la raccolta
delle immagini. Attualmente il
99m
Tc viene estratto come prodotto di decadimento del
Molibdeno-99, che ha un’emivita di 66 ore, per mezzo di generatori compatti e
5
trasportabili che consentono di eluire dosi necessarie di radionuclide al bisogno (figura
1).
Figura 1 Schema della catena di approvvigionamento di 99Mo e successivo utilizzo ospedaliero.
[1]
Il fabbisogno mondiale di
99
Mo contenuto nel generatore
99
Mo/99mTc è
soddisfatto attualmente da cinque reattori nucleari che lo producono dalla fissione
dell’Uranio (tabella 1), il cosiddetto HEU (Highly Enriched Uranium), ad arricchimento
maggiore dell’80% in
235
U. Tali reattori sono tutti in funzione ormai da circa cinquanta
anni e dal 2006 quasi annualmente hanno subito chiusure per manutenzione, con una
drastica riduzione della disponibilità del radioisotopo. Il reattore SAFARI-1 (Sud
Africa), dal 2010 assicura la produzione industriale di 99Mo usando solo Uranio a basso
arricchimento LEU (Low Enriched Uranium), in cui la percentuale di
235
U non deve
superare il 20%. Questo al fine di eliminare il problema dell’utilizzo del HEU per scopi
militari ed impedire la proliferazione di armi nucleari.
6
Tabella 1 Reattori nucleari attivi [2]
Reattori
Locazione
Proprietà
Inizio
funzionamento
Previsione
spegnimento
NRU
Chalk River
(CAN)
AECL
1957
2009-2010
HFR
Petten (NED)
1961
2016
BR2
Mol (BEL)
1961
2016-2020
OSIRIS
Saclay (FRA)
1966
2014-2015
SAFARI-1
Pelindaba
(RSA)
1965
2030
European
Commission
Centre d’Etude de
L’Energie Nucléaire
Commissariat à l’Energie
Atomique
Nuclear Energy
Corporation of South
Africa
A livello mondiale, la disponibilità di
99
Mo e quindi di
99m
Tc, sta diminuendo
progressivamente. Per tale motivo dal 2009 la comunità scientifica internazionale ha
chiesto di individuare processi alternativi per produrre questo radioisotopo (figura 2). La
ricerca in questo ambito si sta muovendo verso la produzione diretta di
progenitore
99
99m
Tc o del suo
Mo mediante acceleratori di particelle in modo da provvedere al
fabbisogno del radioisotopo su scala regionale. [3]
Figura 2 Tre potenziali metodi di produzione di 99mTc mediante bombardamento protonico di
Mo.
7
Il
progetto
“APOTEMA”
(Accelerator-driven
Production
Of
TEchnetium/Molybdenum for medical Applications) di cui è responsabile il Dott. Juan
Esposito dei Laboratori Nazionali dell’INFN di Legnaro (LNL), a questo proposito,
intende esplorare la possibilità di produrre, mediante acceleratore, quantità sufficienti di
99m
Tc per le necessità diagnostiche della Regione Veneto. Tale progetto interdisciplinare
prevede la collaborazione tra diverse Università italiane ed i LNL, in particolare con la
seguente suddivisione dei compiti: l’Università di Padova in collaborazione con LNL è
impegnata nella produzione di targets metallici di
100
Mo e studi relativi alle cross-
section; l’Università di Ferrara nello sviluppo di un modulo semiautomatizzato per
l’estrazione e separazione del
99m
Tc dal target metallico; l’Università di Pavia nella
caratterizzazione del prodotto e recupero del molibdeno-100; l’Università di Milano
nell’irraggiamento del target con ciclotrone ad Ispra. La stessa attività di ricerca risulta
inoltre inserita in un “Coordinated Research Project” (CRP) dal titolo “Acceleratorbased Alternatives to Mo-99/Tc-99m production”, tra le Università ed Istituti
precedentemente citati e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA,
Vienna) assieme alla collaborazione di altri gruppi di ricerca in Europa e nel Mondo.
Lo scopo principale della presente tesi è quello di sviluppare un sistema semiautomatico
per il recupero in alta resa di 99mTcO4- pronto all’uso.
Merito dell’interdisciplinarietà di “APOTEMA” la Scienza dei Materiali è parte
fondamentale del progetto in tutto il suo sviluppo.
8
1.2
L'APPROCCIO STANDARD DA FISSIONE NUCLEARE
La fissione nucleare è un processo durante il quale il nucleo di un atomo si divide in due
o più frammenti, prodotti della fissione, ed altre particelle come sottoprodotti. La
fissione è perciò una forma di trasmutazione.
Le reazioni nucleari utilizzate a scopo bellico, la bomba atomica, sfruttano come
nucleo fissile l’Uranio-235 in quanto emette una quantità di neutroni sufficiente a
generare una reazione a catena incontrollata di fissione (divisione spontanea o indotta
del nucleo atomico di un elemento pesante in più frammenti).
L’Uranio arricchito è una miscela di isotopi dell’Uranio, che differisce
dall’Uranio naturale per un maggior contenuto dell’isotopo
235
U (concentrazione
superiore al 20%), ottenuto attraverso il processo di separazione isotopica. Nell’Uranio
naturale la percentuale di questo isotopo è, in peso, circa 0,711%, mentre la maggior
parte del materiale è composta quasi totalmente da 238U.
Gli isotopi dell’uranio vanno dal 226 al 240 (Figura 3).
Figura 3 I vari isotopi dell'Uranio
9
L’isotopo
238
U, presente dopo l’arricchimento dell’Uranio ed il riprocessamento
del combustibile esausto proveniente dai reattori nucleari, è noto come “Uranio
impoverito” ed è meno radioattivo anche rispetto all’uranio naturale.
La separazione degli isotopi è complessa in quanto il loro peso atomico è molto
simile. Si utilizzano impianti costituiti da centrifughe a stadi successivi identici, per una
produzione a concentrazioni sempre più elevate di
235
U (arricchimento sequenziale a
cascata, sistema meccanico o per centrifugazione di esafluoruro di Uranio (UF6)
gassoso).
Un metodo alternativo di arricchimento dell’Uranio è la diffusione termica, la
quale sfrutta il fatto che molecole gassose di UF6 contenenti
235
U sono più leggere e
diffondono verso la superficie calda mentre le molecole gassose più pesanti di
238
U
diffondono verso la superficie più fredda (metodo della diffusione gassosa di UF6).
Le reazioni di fissione producono isotopi radioattivi di vario genere (isotopi del
Molibdeno, del Tecnezio, dello Stronzio, dello Iodio, del Kripton, del Bario, etc…) oltre
ad alcuni nuclei ancora attivi e fissili. Fra i sottoprodotti vanno inclusi neutroni, fotoni
gamma e altri frammenti nucleari come le particelle α e β.
Tabella 2 Alcuni schemi di Fissione dell'Uranio e sottoprodotti
235
92U
+ 10n → 9037Rb + 14455Cs + 2 10n
235
92U
+ 10n → 8735Br + 14657La + 3 10n
235
92U
+ 10n → 7230Zn + 16062Sm + 4 10n
Come si nota dalle reazioni in Tabella 2, a partire da un neutrone iniziale si
produce un numero multiplo di neutroni: questi sono in grado di alimentare la fissione di
un numero crescente di nuclei di
235
U e, se questi ultimi sono presenti in quantità
corrispondente alla massa critica, si può avere una reazione a catena.
Attualmente la produzione di energia elettrica attraverso il nucleare è in via di
dismissione in alcuni paesi sviluppati a causa dei costi elevati, della gestione delle scorie
e della mancata accettazione dei rischi da parte dell’opinione pubblica, dati i recenti e
passati incidenti (Three Miles Island USA 1979, Chernobyl Ukraina 1986, Fukushima
10
Giappone 2011). I governi stanno accelerando i tempi di chiusura dei reattori nucleari
ancora in funzione anche a causa delle costose nuove norme di sicurezza. Un aumento
della sicurezza comporta necessariamente una crescita esponenziale dei costi di
costruzione. Questa è una delle cause che rende le centrali nucleari più moderne meno
competitive rispetto a quelle più vecchie e rispetto ad altre fonti energetiche.
Il problema delle scorie radioattive è probabilmente il più critico per l’industria
nucleare da fissione. Il processo di fissione sul combustibile (235/238U, Plutonio)
comporta la produzione di materiali radioattivi, come sottoprodotti, che rimangono tali
per lunghissimo tempo (tempo di decadimento) con il conseguente problema dello
smaltimento delle scorie. Per limitare questa problematica, vengono effettuati processi di
ritrattamento che consistono nella separazione di quegli elementi ancora fertili e fissili
quali U e Pu da quelle scorie inutilizzabili ad alta radiotossicità e grande persistenza
nell’ambiente, che devono necessariamente essere collocate in luoghi sicuri.
Attualmente le scorie vengono preventivamente solidificate, se liquide o gassose, e
confinate in appositi depositi. Se classificate a basso livello di radioattività sono poste in
depositi superficiali all’interno di barriere ingegneristiche. Al contrario, sono poste in
bunker sotterranei (deposito geologico) profondi e schermati in modo tale da evitare la
fuoriuscita di radioattività nell’ambiente esterno, se classificate a più alto livello di
radioattività.
Per quanto lo scopo principale della fissione nucleare dell’Uranio arricchito sia
quello energetico, i sottoprodotti generati vengono ampiamente sfruttati anche
nell’ambito della Medicina Nucleare. Numerosi radioisotopi così prodotti, emettitori di
radiazioni beta e gamma, dopo raffinati processi di decadimento radioattivo e
complessazione in specie chimiche specifiche, danno origine a radiofarmaci ambiti nella
diagnostica e nella terapia nucleare.
Tra gli isotopi prodotti dalla fissione nucleare troviamo il 99Mo, in misura pari al
6% in massa (Figura 4), radionuclide instabile genitore del
99m
Tc (Figura 5) grazie al
decadimento radioattivo con emissione di radiazione beta.
11
Figura 4 Resa di Mo-99 da fissione Uranio-235.[2]
Figura 5 Attuale approccio alla produzione di Tc99m: dalla fissione dell' 235U al decadimento
radioattivo del precursore 99Mo.
Un'importante invenzione che consentì a tutti gli ospedali di disporre del
99m
Tc,
che per la sua breve emivita necessita di essere prodotto in situ pronto per l’iniezione, è
il generatore
99
Mo/99mTc, sviluppato alla fine degli anni '50 al Brookhaven National
Laboratory. Il suo funzionamento si basa sul decadimento del 99Mo (Eβ-max = 1.36 MeV,
t1/2 = 66.0 h) in
99m
Tc, che avviene con un'efficienza dell'87% circa, mentre il secondo
prodotto di reazione è il
(figura 6)
12
99g
Tc, nel quale il
99
Mo può anche decadere direttamente
Figura 6 Modelli di decadimento del Mo99.
Le dimensioni di un tipico generatore di
99m
Tc sono circa 30x15x15 cm
(figura 7). Date le sue piccole dimensioni questo dispositivo risulta facilmente
trasportabile.
I componenti di tale dispositivo devono essere sterili, in modo da non contaminare la
soluzione finale che andrà iniettata nel paziente.
Un generatore trasportabile è composto da (figura 8):
-
Colonna di allumina sterile (resina a scambio ionico);
-
Contenitore di Piombo, di spessore di alcuni cm, per schermare da radiazioni β- e
γ durante il processo di decadimento;
-
Tubicini di collegamento, aghi e flaconcini;
-
Due alloggiamenti posti sulla parete superiore del generatore uno contenete
soluzione fisiologica e l’altro inizialmente “vuoto d’aria” e successivamente
contenente la soluzione finale.
13
Figura 7 Una versione commerciale del generatore in situ di Tc-99m.
Figura 8 A sinistra lo schema descrittivo di un Generatore, a destra il primo generatore di
99m
Tc. [4]
Il meccanismo di funzionamento è relativamente semplice: il 99Mo sotto forma di
molibdato,
99
MoO42 -, è assorbito in allumina acida (Al2O3). Quando il
forma pertecnetato
99
Mo decade
99m
TcO4- (con emissione β-), che per la sua singola carica è meno
strettamente legato all’allumina. La depressione provocata dall’inserimento del
flaconcino vuoto nell’apposito alloggiamento, facilita lo svuotamento del flaconcino
contenente soluzione fisiologica, la quale, attraversando la colonnina di allumina,
asporta solo il
99m
forma chimica di
Tc. Al termine dell’eluizione il radioisotopo sarà così ottenuto nella
99m
TcO4- nel flaconcino prima vuoto, pronto per essere utilizzato per
marcare i vari radiofarmaci. Dopo l’eluizione la colonna di allumina contiene solo 99Mo
14
che continuando a decadere a
99m
Tc rende possibile effettuare successive eluizioni.
(figura 9)
Un generatore di 99mTc è potenzialmente in grado di procurare dosi di radio farmaco per
diagnosi da pochi milligrammi di 99Mo.
Figura 9 Generazione percentuale di 99mTc da decadimento di 99Mo in funzione del tempo e del
numero di eluizioni sullo stesso campione. [2]
La prospettiva di una crisi di produzione di vari radioisotopi per uso medico ha
suscitato lo stimolo e la ricerca di metodi alternativi di approvvigionamento. Per quanto
riguarda la produzione di 99mTc la proposta è quella di ottenerlo anziché dal decadimento
radioattivo del 99Mo dal bombardamento protonico su bersagli di 100Mo.
15
1.3
IL POSSIBILE UTILIZZO DI ACCELERATORI DI PARTICELLE
1.3.1
SEZIONI D’URTO E CARATTERISTICHE OTTIMALI DI IRRAGGIAMENTO
Studi teorici preliminari sono stati effettuati dal responsabile del progetto APOTEMA
Dott. J. Esposito (INFN-LNL) [5] per stimare il numero finale di atomi, l’attività
disponibile nel target di 100Mo a EOB (End Of Bombardment) e ottimizzare le condizioni
di irraggiamento riducendo al minimo i radionuclidi contaminanti generati da tutti gli
altri isotopi presenti all’interno del target (tabella 3 e 4).
Tabella 3 Abbondanza isotopica percentuale nel target di molibdeno metallico.
16
Composizione isotopica del target
Abbondanza isotopica percentuale
Mo-100
99,05
Mo-98
0,54
Mo-97
0,07
Mo-96
0,11
Mo-95
0,10
Mo-94
0,05
Mo-92
0,08
Tabella 4 Isotopi del Niobio e del Tecnezio che potrebbero essere prodotti da reazioni nucleari
del tipo 100Mo(p,x)
Radionuclidi contaminanti con lunghi tempi di dimezzamento come 99gTc, 98Tc e
97g
Tc possono avere un impatto diretto sull’attività specifica del prodotto finale. Altri
isotopi presenti con emivita breve possono influire sulla purezza isotopica (IP) e sulla
purezza radionuclidica (RNP) del prodotto finale.
In primo luogo la stima dell’attività specifica del
dal target di
100
Mo passando per la produzione di
99
99m
Tc prodotto indirettamente,
Mo e successivo decadimento
radioattivo, risulta essere inferiore di un fattore 104 rispetto a quella fornita dagli attuali
generatori, mentre con il metodo diretto
100
Mo(p,2n)99mTc le attività specifiche del
prodotto sono simili a quelle fornite da generatore. Per questo motivo la ricerca si è
concentrata sulla produzione diretta di 99mTc.
Per mezzo di modelli nucleari teorici è stato possibile simulare, a diverse
condizioni di irraggiamento, la funzione cross-section.
17
Figura 10 Funzioni di eccitazione 100Mo(p,2n)99mTc sperimentali misurate negli ultimi
vent'anni.
Dalla figura 10, in cui sono raccolti i dati disponibili in letteratura relativi agli
studi di sezione d’urto, si può notare che nel range di energia compresa tra 5 e 50 MeV
vi è un singolo picco centrato attorno a 15 MeV e stimato avere intensità compresa tra i
200-300 mb (1barn=10-24cm2).
Per minimizzare la produzione di contaminanti sono state studiate le funzioni di
eccitazione teoriche relative alle reazioni 100Mo(p,x) per gli isotopi addizionali.
Figura 11 Funzioni di eccitazione 100Mo(p,pxn)xxTc teoriche.[6]
18
Dalla figura 11 si nota che solo i contaminanti a lunga vita
possono essere prodotti da
100
99g
Tc,
98
Tc e
97g
Tc
Mo fino a 25 MeV. Nella stessa figura sono anche riportate
100
Mo(p,2n)99gTc
le valutazioni sperimentali della funzione di eccitazione di
nell’intervallo di energia compreso tra 8-18 MeV.
Questo studio ha permesso di definire come range operativo ottimale di energia
per la produzione diretta di
99m
Tc da acceleratore, quello compreso tra 15 e 20 MeV a
500µA. In particolare si è visto che, se i tempi di irraggiamento non superano le 3 ore, IP
e RNP, alcune ore dopo EOB, sono vicine a quelle relative al
99m
Tc prodotto da
generatore. Anche l’attività specifica a EOB, utilizzando un fascio protonico da 15-20
MeV, è simile a quella derivabile da generatore ossia di circa 106 Ci/g,
1.3.2
STUDI DI IMAGING COMPARATIVI
La proposta alternativa alla produzione di
99m
Tc da generatore
99
Mo/99mTc, che
prevede l’utilizzo di Molibdeno prodotto da fissione, è quella di utilizzare l’acceleratore
di particelle per bombardare con un fascio di protoni ad alta potenza un target di
100
Mo,
reperibile in metallo o ossido, secondo la reazione nucleare:
100
Mo(p, 2n)99mTc.
L’uso degli acceleratori di particelle è già ampiamente sfruttato nella produzione di
radionuclidi per la diagnostica PET come
18
F e si tratterebbe solo di ottimizzare i
parametri di lavorazione per amplificarlo ai radioisotopi come il 99mTc.
In uno studio di comparazione effettuato da un gruppo di ricerca canadese [7] il
99m
Tc, prodotto per mezzo del ciclotrone, è stato testato in vivo su cavie sane (figura 12)
per valutarne la purezza e l’efficienza: in una è stato iniettato il radiofarmaco con
99m
Tc
prodotto per mezzo del ciclotrone, nell’altra quello prodotto dal generatore. La purezza
dei radionuclidi prodotti con ciclotrone
99m
Tc è stata rivelata essere >>99,99%, come
valutato dalla spettroscopia gamma.
Osservando le immagini dei ratti, ottenute dopo la somministrazione endovenosa,
si è potuto distinguere nei modelli di distribuzione del
99m
Tc la zona tiroidea, posta in
19
evidenza da
99m
Tc-pertecnetato, lo scheletro con
99m
Tc-MDP, il cuore con
99m
Tc-MIBI
(paragrafo 1.5.4). Non si è notata alcuna differenza tra i modelli di distribuzione del
99m
Tc prodotto tramite ciclotrone e quelli del 99mTc prodotto dal generatore.
I risultati dei test di controllo qualità e la somministrazione in vivo supportano il
concetto che il 99mTc prodotto da ciclotrone è adatto per la preparazione di radiofarmaci.
Figura 12 Scintigrafia planare di 2 cavie sane dopo 2 ore dall'iniezione di diversi radiofarmaci
a base di tecnezio prodotto via ciclotrone (immagine destra) e da generatore 99Mo/99mTc
(immagine sinistra).
Oltre ad un confronto qualitativo come quello appena esposto è possibile fare un
confronto quantitativo tra il
99
99m
Tc prodotto tramite ciclotrone e tramite generatore
Mo/99mTc (tabella 5). Tale confronto si basa sulle caratteristiche tecniche della
produzione e sui passaggi immediatamente successivi per l’estrazione dal materiale
“genitore”.
20
Tabella 5 Confronto 99mTc prodotto tramite ciclotrone e tramite generatore.
Cyclotron-Produced
99m
99
Mo/99mTc Generator-Produced
Tc
99m
Tc
Da 100Mo isotopo sintetico
Da 99Mo isotopo sintetico da fissione nucleare
di uranio arricchito
T1/2=1019anni
T1/2=65,94 ore
Reazione nucleare100Mo(p,2n)99mTc
99
Mo/99mTc
Decadimento β-
Decadimento β-
Ciclotrone TR-19
Generatore trasportabile
Target piccoli, dischi di 6 mm di diametro
(110-153 mg 100Mo sinterizzato (99,54%) su
un supporto di Tantalio
Il target viene bombardato per 1,5-3h con
protoni 15-20 MeV
Dopo il bombardamento studio di metodiche
di estrazione e separazione del 99mTc dal target
metallico
Mo viene eluito nella colonna di allumina del
generatore con 3ml di soluzione salina
(fisiologica)
Viene estratto il Tc sottoforma di pertecnetato
(99mTcO4-) eluito in 5ml di una soluzione di
bromuro tetrabutilammonio in dicloro metano
È stato stimato che il tasso di produzione del
99m
Tc, 0,6 GBq/μA/h a 24 MeV,
indica che possono essere prodotti in due cicli di bombardamenti di 6 h a 500 μA fino a
2,75 TBq di 99mTc utilizzando un ciclotrone ad energia media.
Assumendo una perdita del 15% di
99m
Tc durante il processo radiochimico,
un’iniezione di 0,9 GBq di attività media su paziente, la quantità finale sarebbe
sufficiente a preparare 800 dosi di radio farmaci (fabbisogno giornaliero per una
popolazione di 5-7 milioni di individui).
Tali risultati preliminari lasciano supporre che la produzione del
99m
Tc tramite
ciclotrone potrebbe permettere una fornitura di radiofarmaci sufficiente a soddisfare il
fabbisogno regionale ad un costo contenuto.[8]
21
1.4
PRODUZIONE DEL TARGET
Un vantaggio dell’utilizzo di questa tecnica per la produzione di
nella reperibilità in metallo o ossido del
100
99m
Tc risiede
Mo arricchito al 99,05% e ad un prezzo
conveniente.
Vengono utilizzati principalmente piccoli targets, dischi di 6 mm di diametro,
composti da un supporto di Tantalio sul quale vengono depositati 110-153 mg di
100
Mo
sinterizzato con diversi metodi [9]:
-
Backing;
-
Electroplating: è una tecnica di placcatura in cui ioni metallici in soluzione
vengono spostati e depositati, grazie all’intervento di un campo elettrico, su un
elettrodo in bagno chimico;
-
Sintering: è un metodo utilizzato per formare un materiale a partire dalla polvere.
Essa si basa sul processo di diffusione atomica;
-
Ion beam sputtering: è una tecnica di sputtering attuata con un cannone a ioni
operante in ultra alto vuoto in grado di accelerare ioni;
-
HIP hot isostatic pressing: processo di produzione utilizzato per ridurre la
porosità dei metalli. Si lavora a temperature e pressioni elevate;
-
Thermal spray method: è una tecnica di rivestimento in cui materiali fusi
vengono spruzzati, vaporizzati su una superficie.
Ultimamente sono state applicate nuove tecniche di placcatura elettrochimica per
la produzione rivestimenti di 100Mo su una vasta gamma di materiali. Rivestimenti delle
dimensioni >30μm sono stati depositati su supporti di Tantalio, Rame, Alluminio etc..
raggiungendo circa l’85% della densità teorica. Il supporto più utilizzato è quello in Ta.
È importante selezionare il materiale giusto su cui far aderire il bersaglio di Ta rivestito
di
100
Mo e anche capire quale sia la miglior tecnica da adottare. Il porta campione deve
essere costituito da un materiale che non venga attivato dal bombardamento protonico,
che non si surriscaldi troppo facilmente e che non contamini il materiale attivo. Tra i
vari metodi di connessione accenniamo alla brasatura (ausilio di materiale d’apporto che
penetra per capillarità tra i materiali da assemblare), e all’utilizzo di paste d’argento che
vengono stese tra il porta campione e il supporto e ne consentono un’ottima adesione.
22
Questi metodi devono essere il grado di tenere il target aderente al supporto e di essere
efficaci anche in presenza di ultra alto vuoto UHV.
1.5
FONDAMENTI DI TEORIA
1.5.1
IL TECNEZIO
Il Tecnezio è l’elemento chimico di numero atomico 43 della tavola periodica ed
è il primo nella storia ad essere prodotto artificialmente (figura 13). Appartiene al settimo
gruppo della serie di transizione e ha configurazione elettronica [Kr]4d65s1, massa
atomica 98,9063.
Figura 13 Il Tecnezio.
Mendeleev, quando dispose gli elementi in quella che tuttora è nota come la
tavola periodica, predisse l’esistenza di un elemento che doveva seguire il manganese
lungo il gruppo secondo la logica della ripetitività delle proprietà. Gli diede il nome di
Ekamanganese. Solo nel 1937 Carlo Perrier ed Emilio Segrè nei laboratori di Fisica
dell’Università di Palermo riuscirono ad isolare del
97
Tc da un campione di Molibdeno
sottoposto a bombardamento con deuteroni nel ciclotrone dell’Università di Berkeley.
Oggi vari isotopi del tecnezio vengono ricavati artificialmente in reattori nucleari come
sottoprodotti di fissione dell’Uranio-235/238, isolandoli mediante cromatografia a
scambio ionico dalle scorie radioattive.
Il Tecnezio non ha isotopi stabili, se ne conoscono 25 le cui masse atomiche
variano da 86 a 118 unità di massa atomica e sono tutti radioattivi. L’essere
23
energeticamente instabili fa sì che tali isotopi vengano classificati come radionuclidi. Il
tempo che trascorre affinché un nucleo instabile decada ad uno più stabile e il tipo di
emissione di radiazione provocata dal decadimento sono caratteristici per ogni
radionuclide (tabella 6). Si definisce “emivita” o tempo di dimezzamento il tempo che
deve trascorrere affinché metà dei nuclei di un dato radionuclide vada incontro a
decadimento.
I tempi di dimezzamento associati ad ogni isotopo del tecnezio sono molto
diversi tra loro: essi spaziano dall'ordine dei microsecondi (es.
migliaia di anni (es.
97
Tc,
98
Tc,
99
86m
Tc) alle centinaia di
Tc). Vi sono anche diversi stati metastabili,
97m
Tc,
95m
Tc, 99mTc.
Tabella 6 Emivita e decadimento radioattivo dei diversi isotopi del Tecnezio. [10]
24
1.5.2
IL DECADIMENTO RADIOATTIVO
Gli isotopi instabili decadono spontaneamente attraverso uno o una
combinazione di sei processi per raggiungere la stabilità: fissione spontanea, emissione
di particelle α (nuclei di 4He, 2 protoni e 2 neutroni), β- (1 elettrone e 1 antineutrino), β+
(1 positrone), transizione isomerica con emissione di raggi γ o per cattura elettronica. Il
decadimento radioattivo avviene secondo la seguente reazione
[X  Y + particella (e/o fotone)]
che trasforma il nuclide instabile (genitore) X nel nuclide meno instabile o stabile
(figlio) Y per mezzo dell’emissione di fotoni o particelle più fotoni. Se il decadimento
radioattivo avviene per emissione di particelle o per cattura elettronica cambia il numero
atomico del radionuclide (es:
), se avviene per emissione di
raggi γ il numero atomico non cambia e il prodotto del decadimento è un isomero del
nuclide instabile di partenza con uguale numero atomico e massa atomica, ciò che varia
è lo stato energetico (es: nel decadimento dalla forma metastabile a quella stabile dello
stesso isotopo
). Il decadimento β-, β+ e cattura elettronica possono
trasformare il nuclide genitore in uno stato isomerico del nuclide figlio il quale a sua
volta decade allo stato fondamentale per mezzo della transizione isomerica con
emissione di raggi γ pari alla differenza tra i due stati energetici. L’ energia del fotone
gamma è caratteristica per ogni radionuclide e può assumere solo livelli discreti di
energia. Quando gli stati isomerici hanno vita lunga (T1/2 da una frazione di picosecondi
a molti anni), si possono definire stati metastabili come il 99mTc (figura 14).
25
Figura 14 Schema di decadimento del 99mTc
In tutti i processi di decadimento l’energia, la massa e la carica dei radionuclidi
devono essere conservate.
Questi tipi di emissioni vengono sfruttate nella Medicina Nucleare a scopo
diagnostico e terapeutico in base al tipo di radiazione. Incorporando il radionuclide in
apposite molecole trasportatrici è possibile dare origine a farmaci radio marcati o
radiofarmaci. [4]
L’ attività di una sostanza radioattiva rappresenta il numero di decadimenti subiti
nell’unità di tempo e si definisce come
dove con N(t) è indicato il numero di nuclei presenti all’istante t e con
la costante di
decadimento ossia la probabilità di disintegrazione nell’unità di tempo per un singolo
atomo radioattivo. La costante di decadimento è relazionata all’emivita secondo la
seguente relazione:
L’attività può essere anche indotta mediante irraggiamento di un nucleo stabile con
particelle neutre o cariche (reazione nucleare) e in tal caso essa si calcola a partire
dall’equazione:
26
dove con I si indica l’intensità del fascio (flusso di particelle), con n il numero di nuclei
nel bersaglio per unità di volume, con σ la sezione d’urto della reazione in gioco, con t il
tempo di irraggiamento e con V il volume di interazione.
L’attività di un radionuclide si misura, nel sistema internazionale di misura SI, in
Becquerel (Bq) dove 1 Bq equivale a 1 disintegrazione al secondo perciò
dimensionalmente equivale a [s-1]. L’attività del radionuclide si misura anche in Curie
(Ci): 1 Ci equivale a 3,7*1010 Bq o meglio a 37 GBq.
In una preparazione radiofarmaceutica è sempre presente un po’ di farmaco
“freddo”, cioè non radioattivo, che prende il nome di carrier. Diventa perciò necessario
riferire la quantità di radioisotopo (Ci) presente nel radiofarmaco all’unità di massa. È
questa l’Attività Specifica che viene espressa come Ci su mole o grammo di prodotto.
Nel caso di isotopi a breve emivita, come il
99m
Tc, il carrier si viene a formare
per decadimento del radioisotopo nel corso della sintesi dell’estrazione del radionuclide
dal target di partenza e della sintesi del radiofarmaco. Nel caso del 99mTc si parla dunque
di campioni non carrier-added (N.C.A) intendendo che durante la preparazione non è
stato aggiunto intenzionalmente del carrier. L’aggiunta intenzionale del carrier è dovuta
alla necessità di aumentare la quantità dell’isotopo da complessare in radio farmaco per
facilitarne la sintesi. [11]
27
1.5.3
IL CICLOTRONE
Il ciclotrone è un acceleratore circolare di particelle elettricamente cariche
(normalmente ioni leggeri) che utilizza la presenza di campo elettrico per fornire
l’accelerazione e di campo magnetico per fornire la direzione alle particelle. La
traiettoria percorsa dalle particelle è una spirale (figura 15) [12].
Figura 15 Schema descrittivo del funzionamento del ciclotrone.
Il funzionamento del ciclotrone si basa sull’applicazione di una corrente alternata
ad alta frequenza ed alta tensione, in associazione con un campo magnetico
perpendicolare.
L’apparato consiste in una camera da vuoto circolare (< 10-6 mbar) (figura 16)
all’interno della quale sono posti i due elettrodi cavi a forma di D (chiamati dees)
accostati l’uno all’altro dalla parte piatta. Essi necessitano di un sistema di
raffreddamento al loro intorno in quanto la collisione di eventuali particelle spurie ne
provoca un notevole riscaldamento. La ricerca, per tale motivo, è indirizzata verso
l’ottimizzazione della traiettoria del fascio per aver meno perdita possibile di intensità e
migliorare il surriscaldamento degli elettrodi.
28
La camera è posta tra le espansioni polari di un magnete, in modo che il campo
attraversi il piano su cui giacciono gli elettrodi, ossia perpendicolare al piano di
movimento. Le pareti del ciclotrone sono schermate con il Piombo per evitare la
fuoriuscita di radiazioni nella tutela del personale di laboratorio.
Figura 16 Schematizzazione del nucleo del ciclotrone.
Quando
una
particella
viene
introdotta
tangenzialmente
alla
camera,
ortogonalmente al campo magnetico, essa viene deviata e mantenuta su un orbita
circolare per effetto della forza di Lorentz [12]:
.
Applicando un’opportuna differenza di potenziale
alternata
ad alta frequenza, detta radiofrequenza, tra i due elettrodi le particelle subiscono
un’accelerazione ogni volta che passano nello spazio tra essi, acquistando energia
cinetica
.
La forza centripeta che trattiene le particelle nella traiettoria circolare è generata
dal campo magnetico trasversale per effetto della forza di Lorentz. Accelerando, il
diametro dell’orbita aumenta fino a quando il fascio non fuoriesce tangenzialmente dal
bordo del dispositivo.
Essendo la velocità angolare:
29
allora vale anche la relazione:
dall’equazione della forza di Lorentz. Essendo m la massa dello ione, q la carica dello
ione e v la sua velocità, eguagliando le due equazioni, possiamo ricavare r ossia il raggio
dell’orbita e dedurre che esso è direttamente proporzionale alla quantità di moto mv delle
particelle:
La frequenza di rivoluzione νc (frequenza di ciclotrone) di una particella di carica
q in un campo magnetico con vettore induzione
(supposto costante), di modulo B, è
pari a
ovvero un incremento della velocità determina un aumento del raggio dell’orbita, ma
non ha alcun effetto sulla frequenza orbitale o sul periodo
, essa dipende
soltanto dal campo magnetico applicato.
La condizione di funzionamento è che il tempo t impiegato a percorrere mezzo
giro di circonferenza sia uguale al semiperiodo di radiofrequenza (campo elettrico
trasversale con frequenza multipla della frequenza di rotazione) [13]:
La pulsazione ωrf della radiofrequenza, detta pulsazione di ciclotrone, deve
essere uguale alla velocità angolare degli ioni.
Quando il pacchetto di particelle raggiunge l’energia voluta, che corrisponde ad
un orbita ben definita di raggio Rest (raggio di estrazione), il fascio viene deviato dal
30
sistema di estrazione e inviato contro un bersaglio, nel quale avrà luogo la reazione
nucleare desiderata (figura 17 e 18).
Figura 17 Illustrazione di un Ciclotrone.
Figura 18 Traiettoria del fascio protonico all'interno del ciclotrone. [14]
31
1.5.4
LA COMPLESSAZIONE IN RADIOFARMACO
Il tecnezio si presenta prevalentemente sottoforma di anione pertecnetato [TcO4]in cui il tecnezio ha numero di ossidazione +7, che forma composti di diversa natura
cristallina con diversi metalli.
L’anione pertecnetato [99mTcO4]- viene selettivamente captato dalle cellule della
tiroide e viene dunque usato come agente diagnostico per questo particolare organo.
Il motivo di tale selezione è conseguenza del fatto che l’anione pertecnetato
simula le proprietà dello ione ioduro I- per dimensione e carica. Per questo viene
riconosciuto dalla stessa proteina che trasporta lo ione ioduro e accumulato nel tessuto
tiroideo con un’efficienza addirittura superiore a I-.
Per indirizzare più specificamente il tecnezio verso siti differenti all'interno
dell'organismo è necessario complessare il metallo in maniera tale da condizionarne le
proprietà chimico-fisiche. La molecola complessa funge da trasportatore di radioattività
e da agente selettore in quanto permette al radiofarmaco di non interagire durante il
tragitto dal punto di iniezione con altri tessuti e di riconoscere selettivamente il tessuto
di interesse in cui deve depositarsi. Per sviluppare l’affinità selettiva della specie
chimica ospitante si lavora sulla capacità di interagire con qualche processo biofisico o
biomolecolare che avviene nel sito del bersaglio. La specie biologicamente attiva può
essere una macromolecola di origine biologica, come una proteina, o di origine sintetica,
come un peptide, alla quale viene legato il radionuclide in modo da non alterarne le
proprietà biologiche originarie.
Un complesso è il prodotto della formazione di un legame tre un atomo o ione
centrale e dei leganti coordinati che possono essere atomi, ioni o molecole.
Il composto coordinante lega un numero di leganti superiore al suo numero di
ossidazione. Il numero di legami esistenti tra composto coordinante e leganti è detto
numero di coordinazione. Il caso più comune è la coordinazione ottaedrica (figura 19) in
cui il numero di coordinazione è pari a 6.
32
Figura 19 Orientazione dei leganti e degli orbitali d di uno ione metallico di transizione in
coordinazione ottaedrica: a) orientazione dei leganti rispetto agli assi cartesiani; b) il piano x-y
di uno ione metallico di transizione.
Tabella 7 Stati di ossidazione del Tecnezio. [15]
Stato di ossidazione
Core
7+
TcO4-
6+
TcN3+
5+
Tc O3+ , Tc O34+ , Tc N2+ , TcS3+ , TcNR3+
4+
Tc 4+ , Tc P24+ , TcO(OH)+ , Tc(OH)22+
3+
Tc P33+ , Tc3+
2+
Tc2+
1+
Tc+ , Tc(CNR)6+ , Tc(CO)3+
0
Tc , Tc2
1-
Tc
Esistono complessi di coordinazione semplici, i cosiddetti composti essenziali del
Tc, il cui destino all'interno dell'organismo è determinato sia dalle caratteristiche
chimico-fisiche (carica, dimensioni, stabilità e lipofilicità) che dalle interazioni con i
componenti biologici e complessi di coordinazione caratterizzati da un legante con
particolari caratteristiche biologiche in grado di coordinare stabilmente il metallo (es.
peptidi, anticorpi, molecole a tropismo recettoriale). In questo caso si parla di
33
radiofarmaci marcati con Tc, dove la marcatura deve ovviamente garantire
l'inalterazione delle proprietà biologiche.
Il seguente elenco mette in evidenza i radiofarmaci a base di 99mTc più comuni ed
il loro ruolo all’interno della diagnostica in Medicina Nucleare.
-
99m
Tc-sestaMIBI(più comunemente chiamato Cardiolite) per lo studio della
perfusione miocardica (figura 20);
Figura 20 Struttura del complesso 99mTc-sestamibi.
-
Tc-MDP metil difosfonati, vengono chemisorbiti sulle ossa per evidenziarne
lesioni;
-
99m
Tc-pirofosfato e
99m
Tc-glucarato sono traccianti per la localizzazione di
infarto miocardico;
-
99m
Tc-DTPA, distile-triammino-oentacetico, è un tracciante per studi di
ventilazione polmonare;
-
34
Radiofarmaci per l’apparato urinario (figura 21);
Figura 21 di strutture chimiche di radiofarmaci per l'apparato urinario.
-
quando il
99m
Tc è chimicamente legato a esametazina HMPAO il farmaco è in
grado di attraversare la barriera emato-encefalica e il flusso, attraverso i vasi del
cervello, permette di ottenere un imaging del flusso ematico cerebrale (figura 22);
Figura 22 A sinistra: 99mTc -D,D-HMPAO; a destra: Tc-99m-L,L-HMPAO; legante: esa-metilpropilen-ammino-ossima (tetradentato, possiede quattro atomi in grado di coordinare il
metallo).
35
La complessazione del radioisotopo in radiofarmaco viene effettuata in situ, una
volta eluita una dose dal generatore trasportatile, mediante l’utilizzo di un "technetium
instant kits”
Figura 23 Technetium instant KIT.
Il "technetium instant kits" (figura 23) fu introdotto in ambito medico nel 1968.
Esso consiste nella maggior parte dei casi in un liofilizzato di agente riducente e legante
contenuto all’interno di una fiala sterile preparata dalle case farmaceutiche. L’anione
pertecnetato in soluzione fisiologica, ovvero l’eluato prodotto dal generatore
trasportabile, viene fatto reagire all’interno della fiala con agente riducente e legante
dando luogo alla formazione del radiofarmaco finale. Le case farmaceutiche mettono a
disposizione diversi tipi di kit per la produzione di diversi radioarmaci in base alle
caratteristiche del legante che reagirà con il tecnezio.
Un generico Kit contiene al suo interno una soluzione composta da [4]:
-
Agente riducente in grado di sottrarre gli atomi di ossigeno che circondano
l’atomo di Tc nell’anione in quanto, ad eccezione del pertecnetato, tutti gli altri
radiofarmaci del tecnezio contengono il metallo in uno stato di ossidazione
inferiore a +7, e questo risulta indispensabile per la complessazione. Tra gli
agenti riducenti più utilizzati vi sono il cloruro di stagno (SnCl2), usato
generalmente per preparare complessi di Tc(V) e Tc(I), e alcuni borani (BnHm)
impiegati
invece
prevalentemente
organometallici di Tc(I);
36
per
la
preparazione
di
complessi
-
Legante o agente complessante che darà vita al radio farmaco coordinandosi con
il metallo;
-
Eccipienti antiossidanti, tamponi, agenti solubilizzanti la cui funzione è quella di
garantire oltre alla stabilità dei complessi finali, una maggiore velocità e resa di
reazione.
Al kit in provetta sterile viene aggiunto direttamente l’eluato contenete il
pertecnetato. Tramite semplice riscaldamento si attiva la reazione che porta
all'ottenimento del prodotto desiderato in alta resa e purezza, senza necessità di ricorrere
a complicati metodi di sintesi e purificazione.
È necessario, prima della somministrazione del radiofarmaco al paziente,
effettuare i controlli qualità richiesti dalla farmacopea, un codice farmaceutico che
fornisce disposizioni tecnico-scientifiche ed amministrative relative ai requisiti di qualità
delle sostanze ad uso farmaceutico, le caratteristiche che i medicinali preparati debbono
avere, elenca composizione qualitativa, quantitativa e il metodo di preparazione di ogni
farmaco.
37
LA SOMMINISTRAZIONE E L’ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI
1.5.5
I radiofarmaci del 99mTc costituiscono una delle classi più importanti di traccianti
per la diagnostica SPECT (Tomografia ad Emissione di Fotone Singolo) [16]. Esso
viene usato per scintigrafie scheletriche, renali, cerebrali, tiroidee, funzionalità epatica.
La scintigrafia rientra tra i principali procedimenti d’indagine in vivo che trovano
impiego in medicina nucleare. Essa consiste nella rappresentazione visiva della
distribuzione di materiali radioattivi all’interno di organi o di strutture del corpo umano,
al fine di ottenere informazioni morfologiche e funzionali utilizzabili a scopo
diagnostico. La funzione della sostanza marcata in scintigrafia è quella di rendere visibili
le strutture in cui essa si accumula, tramite emissione di radiazioni rilevabili mediante
vari tipi di apparecchiature. Per questo tipo di indagine è richiesta la partecipazione
attiva dell’organismo, in vivo.
I radiofarmaci vengono somministrati direttamente al paziente, per via orale o
endovenosa, in media un’iniezione contiene 0,9 GBq di attività.
Il
99m
Tc è un isomero γ emettitore con picco monoenergetico che si attesta
attorno ai 140 keV con efficienza di emissione pari all’87.7%. La sua emivita è di 6,01
ore, il che significa che 93,7% di esso decade a
99g
Tc in 24 ore per riarrangiamento dei
nucleoni nel suo nucleo consentendo all’energia di essere emessa sottoforma di raggio
gamma.
I fotoni gamma sono in grado di attraversare i tessuti dell’organismo senza essere
assorbiti in modo significativo perché non interagiscono fortemente con la materia. Per
questo motivo vengono utilizzati nuclidi emettitori di raggi gamma a scopo diagnostico
nella Medicina Nucleare. Attraverso il rilevamento della radiazione per mezzo di una
gamma camera è possibile ottenere un’immagine diagnostica dei tessuti interessati
dell’organismo dopo una decina di minuti dalla somministrazione del radiofarmaco.
La gamma camera è un rivelatore di fotoni gamma, ne assorbe l’energia e la
trasforma in impulsi elettrici. Ogni volta che la gamma camera rivela una radiazione
38
viene prodotto un impulso. Gli impulsi vengono digitalizzati e tutte le informazioni
vengono registrate e memorizzate da un calcolatore elettronico [17].
La Gamma camera è costituita da:
-
un collimatore, una lastra di materiale assorbente in cui sono praticati canali
paralleli tra loro e disposti con il proprio asse perpendicolare al piano della lastra
così da permettere il passaggio attraverso i fori solo ai fasci incidenti
perpendicolarmente alla lastra, mentre i restanti vengono assorbiti. La lunghezza
e la larghezza dei fori determina la definizione dell’immagine. Si possono avere
collimatori con geometrie diverse;
-
Rilevatore di scintillazione, che converte i raggi in scintille di bassa intensità
(cristallo, Ioduro di sodio attivato al Tallio), i raggi gamma entrano nel cristallo e
seguono una serie di interazioni Compton. L’energia gamma viene trasmessa a
un elettrone tramite energia cinetica. Attraverso impurezze del Tallio si generano
lampi di luce prodotti in sequenza;
-
Fotomoltiplicatori che convertono fotoni di luce in un fascio di elettroni di
numero variabile. Il funzionamento del fotomoltiplicatore si basa principalmente
sull’effetto fotoelettrico e sull’emissione secondaria (elettromoltiplicazione). Un
fotomoltiplicatore è costituito da un fotocatodo, un sistema di focalizzazione e
accelerazione, uno stadio moltiplicatore di corrente composto da elettrodi
(dinodi) che utilizza il fenomeno dell’emissione secondaria di elettroni e un
anodo. Si produce una cascata di elettroni che vengono trattati come impulsi di
corrente elettrica. Il numero di impulsi elettrici al secondo è direttamente
proporzionale al numero di fotoni gamma incidenti, cioè al numero di
radionuclidi decaduti.
Per tomografia (dal greco témnó, tagliare, o tómos, nel senso di "strato", e
gráphó, scrivere) si intende la tecnica spettroscopica mirata alla rappresentazione del
corpo umano o di campioni a strati, in contrapposizione alla radiografia convenzionale,
che dispone sulla superficie bidimensionale della lastra tutto lo spessore del corpo o
oggetto. La tomografia trova impiego soprattutto in medicina, ma anche in archeologia,
39
chimica e scienza dei materiali. Essa si basa sulla rivelazione in vivo delle radiazioni
emesse da particolari radioisotopi, introdotti come elementi traccianti nel sistema
fisiologico sotto indagine. Le tomografie ad emissione di positroni o di fotone singolo
sono tecniche diagnostiche non invasive utilizzate nella ricerca clinica per indagini di
fisiologia, di biochimica dei tessuti e di farmacologia. Esse sfruttano processi di
emissione di fotoni da parte dei radionuclidi diversi. In entrambi il rilevatore dei fotoni
gamma è costituito da una gamma camera. La Tomografia ad Emissione di Fotone
Singolo (SPECT) ha lo scopo di produrre una mappa di distribuzione di radioisotopi i
quali emettono un singolo fotone gamma a causa della transizione isomerica (come il
99m
Tc). [16]
Vi sono due tipi di SPECT, a seconda dell’orientamento del rilevatore che produce le
immagini tomografiche: longitudinale e trasversale.
La SPECT longitudinale è stata la prima tecnica utilizzata per produrre
tomografie in medicina nucleare. Essa consiste in una gamma camera fissa con un
collimatore puntiforme e si basa sul fatto che solo un piano, quello a distanza focale,
produce un immagine netta sul rilevatore.
Nel caso della SPECT trasversale, il rilevatore è costituito da una gamma camera
rotante, fornita di un collimatore in piombo a fori paralleli, montata su una testa mobile,
che ruota intorno al paziente, producendo una serie di distribuzioni di intensità dei fotoni
gamma emessi in piani trasversali.
Il sistema di rivelazione (tomografo SPECT figura 24) è costituito da un
rivelatore rotante intorno al paziente per registrare le radiazioni emesse nelle molteplici
direzioni angolari.
Per ognuna delle molteplici posizioni della gamma camera attorno al paziente
durante l’esecuzione dell’esame SPECT, la rivelazione di un numero elevato di
radiazioni e il riconoscimento del punto da cui le radiazioni sono state emesse dal corpo
del paziente, porta alla formazione di una immagine di distribuzione del tracciante
radioattivo (immagine scintigrafica). Le immagini scintigrafiche non sono tuttavia
immagini tomografiche (immagini di sezioni corporee), in quanto sono ottenute
registrando le radiazioni emesse dal corpo del paziente senza informazioni sulla
profondità del punto da cui sono state emesse. Per ottenere immagini tomografiche
40
(figura 25), le singole immagini scintigrafiche, registrate dalla gamma camera nelle
diverse posizioni angolari attorno al paziente, vengono elaborate da complessi algoritmi
matematici di ricostruzione che forniscono le immagini di distribuzione del
radiotracciante secondo piani di sezione assiale (ovvero perpendicolari all'asse
corporeo).
Le sezioni assiali possono essere rielaborate mediante calcolatore elettronico e
organizzate in sezioni sagittali, coronali o secondo l'orientamento desiderato, mediante
tecniche di interpolazione (figura 26).
Figura 24 Strumento per analisi SPECT e tomografo SPECT a Gammacamera rotante. [16]
Figura 25 Schema di formazione di immagini SPECT.
Figura 26 Sezioni transassiali del cuore ricavate tramite la tecnica SPECT-imaging.
41
Imaging e studi funzionali ricavate per mezzo dell’analisi SPECT con
99m
Tc
permettono di rilevare

metabolismo cerebrale

demenza Alzheimer

demenze vascolari

perfusione miocardica

funzionalità renale

ipo e iper-tiroidismo

imaging del fegato, cistifellea, reni, scheletro

(…)
Le somministrazioni non causano danni in quanto le dosi impiegate sono
minime, 200-2000 MBq ossia 5.4-54 mCi, e i radioisotopi impiegati hanno tossicità ed
energia molto bassa. Inoltre i nuclidi hanno tempi di vita media piuttosto ridotti e nel
radiofarmaco sono generalmente presenti quantità di atomi inattivi che diminuiscono
l'attività specifica del prodotto. L’eliminazione dal corpo del paziente avviene entro
qualche giorno dalla somministrazione.
I radiofarmaci, a seconda della loro natura chimico-fisica, vengono eliminati con
l'espirazione, per escrezione renale o per trasporto mucociliare fino all'apparato
gastroenterico. La dose di radiazioni assorbita dai polmoni è bassa e così anche la dose
di radiazioni assorbita dalle gonadi e dal corpo intero.
1.5.6
INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA E RADIOPROTEZIONE
Ci sono diverse modalità di interazione radiazione elettromagnetica con materia
la cui probabilità dipende dal numero atomico del mezzo assorbente e dall’energia del
fotone incidente:
42
-
1 eV–100 keV effetto fotoelettrico,
-
100 keV–1 MeV effetto Compton,
-
1,022 MeV in poi produzione di coppia.
Nel caso dei raggi gamma a 140 keV, emessi dal
99m
Tc agganciato all’organo
bersaglio, è dominante l’effetto Compton che provoca una lieve attenuazione del
segnale. [18] Il fenomeno può essere descritto dalla meccanica classica come un urto
elastico tra due particelle, un fotone ed un elettrone. Quando un fotone colpisce un
elettrone gli cede parte della propria energia sottoforma di energia cinetica, inducendone
dunque la diffusione. Il fotone stesso viene “scatterato” a causa della collisione ma con
angolo diverso rispetto alla direzione incidente ed energia inferiore. Infatti vale la
seguente equazione
dove h è la costante di Plank
è l’energia cinetica guadagnata dall’elettrone. Nell’urto si deve conservare il
e
momento
,
. Dunque assumendo la quantità di moto iniziale
dell’elettrone pari a zero possiamo descrivere graficamente l’effetto Compton:
Figura 27 a) Lo scattering di un fotone da parte di un elettrone è chiamato effetto Compton.
L'energia e il momento si conservano e come risultato il fotone scatterato ha una minore
energia del fotone incidente. b) Diagramma vettoriale dei momenti e delle loro componenti.
L’effetto dello scattering Compton è rilevabile, come vedremo nel capitolo 3, per
mezzo della spettrometria gamma.
Il numero di fotoni che, nell’attraversare uno spessore x di un dato materiale non
hanno subito interazioni, è espresso da una funzione esponenziale del tipo:
dove
è il coefficiente di attenuazione lineare, che dipende dall’energia del
fotone incidente e dal tipo di materiale attraversato. Il coefficiente di attenuazione
43
lineare tiene conto dell’energia rimossa dal fascio primario, di quella trasferita agli
elettroni fotoelettrici e Compton e dell’energia trasportata da fotoni Compton.
Il principio di riduzione dell’intensità della radiazione dell’effetto Compton viene
sfruttato in questo ambito per la radioprotezione dell’operatore esposto a radiazioni
ionizzanti. Si usa come schermo uno spessore di materiale pesante, solitamente Piombo.
Lo spessore può variare in funzione dell’energia della radiazione e si definisce SEV,
Spessore EmiValente o HVL (Half Value Layer), lo spessore necessario per ridurre
l’intensità della radiazione al 50%.
[19] La grandezza fisica utilizzata per quantificare l’interazione tra radiazioni e
materia è la dose assorbita. Tuttavia gli effetti biologici delle radiazioni non dipendono
solo dalla dose assorbita ma anche dal tipo di radiazione e dal tessuto colpito dalla
radiazione in quanto i tessuti hanno diversa radio-resistenza. Si definiscono quindi oltre
alla dose assorbita la dose equivalente e la dose efficace:
-
Dose Assorbita: energia media depositata dalla radiazione in un elemento di
volume
di
massa
unitaria.
Si
misura
in
Gray
(Gy)
o
in
rad:
1Gy=100rad, 1Gy= 1J/Kg
-
Dose Equivalente: oltre a considerare l’energia depositata tiene conto anche della
diversa radio tossicità delle radiazioni. Si ottiene moltiplicando la dose assorbita
per un fattore di ponderazione che dipende dal tipo di radiazione. Si misura in
Sievert (Sv) o in rem: 1Sv=100rem. wR=1 per fotoni ed elettroni
-
Dose Efficace: tiene conto della diversa radiosensibilità dei tessuti. Si ottiene
moltiplicando la dose equivalente per un fattore di ponderazione che dipende
dall’organo o tessuto. Si misura in Sievert (Sv) o in rem: 1Sv=100rem. wT=0.01
ossa e pelle, wT=0,2 gonadi
La dose efficace è la grandezza di riferimento per la valutazione degli effetti
biologici di natura stocastica ossia induzioni di tumori e danni genetici.
44
2 LETTERATURA
Da quando la produzione di
99m
Tc ha subito un forte calo, a causa del
contemporaneo spegnimento di alcuni dei grandi reattori coinvolti nella produzione di
99
Mo per il fabbisogno mondiale, i ricercatori di diverse parti del mondo si sono
impegnati nello studio di metodi alternativi di produzione arricchendo la letteratura di
pubblicazioni di carattere interdisciplinare finalizzate a impedire il ripetersi di una crisi
99m
globale di radiofarmaci a base di
Tc. Lo scopo di questo capitolo è quello di
riassumere e raggruppare i lavori di ricerca salienti che hanno rappresentato il punto di
partenza di questo progetto.
Tutti i metodi di produzione di
99m
Tc alternativi devono non solo mantenere valori
standard accettabili di purezza radiochimica, chimica e radionuclidica, possibilmente
secondo la farmacopea vigente, ma deve anche permettere l’accesso al
99m
Tc senza
richiedere sostanziali cambi di infrastrutture nella comunità sanitaria. Va dimostrata
l’equivalenza farmaceutica di
99m
TcO4- ottenuto con i metodi alternativi con quello
ottenuto da generatore.
2.1
TECNICHE DI PURIFICAZIONE
La colonna di allumina del generatore trasportabile viene caricata con
alta attività specifica, prodotto da fissione neutronica termica di
235
U. Il
99
99
Mo, ad
Mo a medio-
bassa attività specifica (7,4-14,8 MBq/g equivalente a 200-400 mCi/g) ottenuto dalla
reazione nucleare
98
Mo(n,γ)99Mo, non può essere usato per questo proposito dal
momento che sarebbe necessaria una grande colonna di allumina per adsorbire 2 g di
molibdeno (capacità fino a 20 mg di Mo per g di allumina) necessario per la
preparazione di un generatore contenente circa 18.5 GBq (500mCi) di
99
Mo [20]. Una
grande colonna di allumina richiede grandi volumi di eluizione riducendo di molto la
concentrazione di pertecnetato in fisiologica a valori troppo bassi per usi farmacologici.
Per tale motivo la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di metodologie alternative di
45
estrazione e separazione a partire da 99Mo o da
100
Mo che portassero alla produzione di
concentrazioni ragionevoli di pertecnetato e sullo studio delle caratteristiche di purezza e
resa del prodotto.
In letteratura sono riportati diversi esempi di metodi che portano all’ottenimento
di 99mTc in fisiologica alternativi al generatore:
-
Metodo Chattopadhyay
-
ABEC (cromatografia di estrazione bifasica acquosa)
-
Estrazione con solvente MEK (metiletilchetone) e cromatografia a colonna
Lo studio e l’approfondimento di queste tecniche è di fondamentale importanza
per lo sviluppo di nuovi metodi di estrazione e separazione del 99mTc.
2.1.1
IL METODO CHATTOPADHYAY
È una procedura semplice e non costosa per la separazione diretta di
99m
TcO4- da
Na99MoO4 (molibdato di sodio) attraverso una colonna scambiatore anionico Dowex
1x8 in tandem con una colonna di allumina (100-200 mesh) eluendo il 99mTcO4- con una
soluzione molto diluita di TetraButilAmmonioBromuro TBAB (figura 28). [20] [21]
Figura 28 Struttura chimica del TetraButilAmmonioBromuro TBAB.
Come fonte di
99m
Tc si usa
99
Mo a bassa attività specifica (7,4-18,5 GBq ossia
200-500 mCi) prodotto per attivazione neutronica di
98
Mo attraverso la reazione
nucleare 98Mo(n,γ)99Mo. Il molibdato (200 mCi/g) viene aggiunto a 10-30 mL di NaOH
5N e la soluzione viene quindi collocata in un vial. La soluzione viene fatta passare
attraverso una colonna (14x1 mm) contenente 25 mg di Dowex 1x8 e raccolta
nuovamente in una vial (figura 29). Questa colonna ha lo scopo di trattenere il
pertecnetato mentre il molibdato la attraversa. Il giorno seguente la soluzione di
46
molibdato viene nuovamente fatta passare attraverso la colonna Dowex ma nel verso
opposto in modo tale che tutto il pertecnetato formatosi per decadimento dal 99Mo venga
trattenuto sulla colonna. La colonna viene lavata con 5 mL di soluzione salina. Il
tecnezio viene eluito dalla colonna mediante 5 mL di TBAB (1 mg sciolto in 5 mL di
cloruro di metilene CH2Cl2). Il meccanismo di estrazione di
99m
TcO4- con TBAB
avviene attraverso la formazione di una coppia ionica tra Bu4N+ e
99m
TcO4-, il cui
rilascio dal forte scambiatore anionico viene facilitato dal solvente organico. L’eluato
viene poi fatto passare attraverso una colonna di allumina neutra (1,5 g) che ha lo scopo
di trattenere
99m
TcO4- ed eliminare il solvente organico. La colonna di allumina viene
asciugata mediante una pompa da vuoto e lavata con 2 ml di acqua milliQ. In fine il
99m
TcO4- viene eluito dalla colonna di allumina con 3-5 ml di soluzione fisiologica.
Figura 29 Diagramma schematico della tecnica di separazione CHATTOPADHYAY.
La procedura completa richiede circa 20 minuti e la resa media è all’incirca del
90%. Il pH della soluzione finale è 5-6, la quantità di 99Mo è circa del 10-4% e la purezza
radiochimica (RCP) è >99%.
Dopo la marcatura di alcuni composti, mediante KIT, usando il pertecnetato
ottenuto mediante il metodo Chattopadhyay, la purezza radiochimica rientra nel range
93-98%; i residui di alluminio e molibdeno sono stati testati con metodo colorimetrico e
risultano <10 ppm. Il contenuto di cloruro di metilene è < 66 µg e di TBAB < 200 µg.
47
Il metodo CHATTOPADHYAY può essere usato anche a partire da un target
metallico di
100
Mo precedentemente irraggiato per 1,5-3 h con un fascio di protoni a
15,5-17 MeV.
Il target dopo il bombardamento viene dissolto in HCl 1N in presenza di H2O2
(25%) per produrre le specie chimiche 99mTcO4- e 99/100MoO42-. (figura 30) [22]
Figura 30 Estrazione del Tc-99m dal target di Mo-100 dopo bombardamento con fascio
protonico.
Alla soluzione viene aggiunto idrossido di sodio e viene fatta passare attraverso
una colonna a scambio ionico Dowex-1 (25mg) (figura 31) per separare
materiale del bersaglio
100
Mo. Successivamente il
99m
99m
Tc dal
Tc viene eluito dalla colonna con
TBAB 1mg/5ml di cloruro di metilene. La forma chimica del
99m
Tc isolato con questo
metodo è identica a quella ottenuta dal generatore trasportabile.
Figura 31 Separazione del Tc99m dagli altri prodotti di reazione per mezzo di una colonna a
scambio ionico.
La resa di separazione è stimata circa al 90%.
48
2.1.2
LA CROMATOGRAFIA AD ESTRAZIONE BIFASICA ACQUOSA
La cromatografia ad estrazione bifasica acquosa (ABEC) è un metodo che
consente l’automatizzazione di un modulo per la separazione e purificazione del
pertecnetato prodotto da ciclotrone. Il target metallico di molibdeno arricchito al 97,39%
in
100
Mo irraggiato a 18,5MeV con un fascio protonico a 10µA/h
100
Mo(p,2n)
99m
Tc
viene sciolto a 60°C in perossido di idrogeno (10mL) [23]. La soluzione ottenuta viene
filtrata attraverso un filtro di polietilene e poi viene aggiunto dell’idrossido di potassio
(KOH 20 mL, 5N). La soluzione così ottenuta viene fatta passare attraverso il modulo
(figura 32).
Questo metodo prevede l’utilizzo di una colonna ad estrazione bifasica in fase
solida (SPE) resina-ABEC 2000 (100-200 mesh) che immobilizza il pertecnetato e
permette al molibdato di passare oltre in un vial. E’ stato infatti dimostrato [22] che
TcO4- e MoO42- possono essere efficacemente separati, anche per soluzioni di molibdato
a bassa attività specifica, utilizzando sistemi bifasici acquosi a base di polietilenglicole
(PEG-ABS). Tali sistemi ABS si formano quando anioni di sali caratterizzati da elevate
energie libere di idratazione di Gibbs (-ΔGhyd), quali OH- (-439 kJ/mol), SO42- (1080kJ/mol), CO32-(-1315kJ/mol), PO43-(-2765kJ/mol) preferiscono interagire con
l’acqua abbandonando la fase PEG. In questo sistema bifasico, in particolare ad elevate
concentrazioni saline, l’anione il TcO4- (-∆Ghyd -251kJ/mol) risulta più affine per la fase
ricca di PEG e povera di sali, mentre il MoO42- preferisce la fase acquosa ad elevata
concentrazione salina. Le corrispondenti resine cromatrografiche ad estrazione bifasica
acquose (ABEC), che si basano sullo stesso principio, risultano quindi estremamente
utili per separare TcO4- e MoO42-. Il pertecnetato, trattenuto quindi selettivamente sulla
resina PEG derivatizzata, viene eluito dalla colonna ABEC mediante acqua milliQ e
viene trasferito su una piccola colonna a scambio cationico per neutralizzare ogni base
residua dalla colonna ABEC e assicurare che il pertecnetato venga trattenuto dalla
successiva colonna di allumina. Quest’ultima viene lavata con acqua milliQ prima
dell’eluizione con soluzione fisiologica. L’utilizzo di acqua per l’eluizione dalla colonna
ABEC è un vantaggio rispetto al precedente metodo Chattopadhyay in quanto evita
l’utilizzo di solventi organici difficili da rimuovere completamente dal prodotto finale
49
aumentandone così la purezza. Il tempo impiegato per portare a termine la purificazione
è all’incirca di 30 minuti. Il pertecnetato finale ottenuto dal processo ABEC è privo di
impurezze radionuclidiche. Tali impurezze, presenti dopo il bombardamento non hanno
dunque affinità per la resina ABEC e la attraversano direttamente fino alla vial Waste (di
scarto). La resa di separazione è stimata circa al 90%.
Figura 32 A sinistra schematizzazione del modulo di purificazione ABEC, SCX= strong cation
exchange. A destra immagine del modulo di purificazione automatico.
Tale tecnica era stata studiata per l’impiego in medicina nucleare del 188Re. Per la
separazione del perennato (ReO4-) dal tungstato (WO42-) inizialmente non è possibile
sfruttare il meccanismo coinvolto in un generatore trasportabile
99
Mo/99mTc in quanto
per l’adsorbimento del nuclide genitore sulla colonna di allumina nel generatore,
molibdato o tungstato, è necessaria una elevata attività specifica [24]. Il
del
188
188
W, genitore
Re, non è ricavabile come prodotto ad alta attività specifica della fissione, ma è
solitamente prodotto da irraggiamento neutronico di
186
WO2 per mezzo della reazione
nucleare (n,γ). Grazie alle proprietà chimiche del tecnezio simili a quelle del renio,
appartengono entrambi al settimo gruppo della tavola periodica, è stato possibile
adattare la procedura ABEC alla produzione di
attività specifica.
50
99m
Tc partendo da Molibdeno a bassa
2.1.3
L’ESTRAZIONE CON SOLVENTE ORGANICO METILETILCHETONE
Figura 33 Struttura chimica del MetilEtilChetone (MEK).
Questo metodo prevede la separazione di
99m
Tc dall’ossido di molibdeno (VI)
MoO3 naturale, precedentemente irraggiato con fascio neutronico secondo la reazione
nucleare
98
Mo(n,γ)99Mo, mediante estrazione con solvente MetilEtilChetone MEK
(figura 33) [25]. L’irraggiamento dell’ossido di molibdeno porta alla formazione anche di
101
Mo (T1/2=14,6 min) oltre a 99Mo (T1/2=66 h). Il decadimento β- dei due isotopi di Mo
porta alla formazione rispettivamente di
La presenza di
101
101
Tc (T1/2=14,2 min) e di
99m
Tc (T1/2=6,01 h).
Tc potrebbe influire negativamente con l’investigazione radiologica
del radiofarmaco finale, per evitare ciò il campione di MoO3 irraggiato viene raffreddato
per alcune ore per permettere il decadimento dell’isotopo 101Tc.
Il target MoO3 (80-85g) irraggiato viene dissolto in 600 mL di NaOH 6N a 60°C
e 1 mL di H2O2 3%. La soluzione viene sottoposta ad agitazione per 10 min e ad essa
vengono aggiunti 200 mL di MEK contenente 1 mL di H2O2 al 3% e sottoposto il tutto
nuovamente ad agitazione per circa 5 min. Si attende un tempo sufficiente per consentire
alla fase organica di separarsi da quella acquosa. Il pertecnetato è affine alla fase
organica e si raccoglie in essa mentre il molibdato, altre impurezze e sottoprodotti sono
affini alla fase acquosa consentendo così un’efficace separazione (figura 34). La fase
organica viene trasferita, passando attraverso una colonna di silice, che ha lo scopo di
trattenere eventuale residuo acquoso, all’evaporatore rotante. Il solvente MEK evapora
in pochi minuti lasciando nel pallone un precipitato bianco. Viene ripetuta l’intera
procedura di estrazione ed evaporazione per altre due volte ed infine il precipitato viene
ripreso con 10-20 mL di soluzione fisiologica sterile e trasferita, attraverso un filtro
sterile, in una vial all’interno di un contenitore in piombo.
Questa tecnica consente la produzione quotidiana di 50 GBq di
99m
Tc ad alta
attività specifica da 99Mo a bassa attività specifica.
51
Figura 34 Diagramma dell'apparato usato per l'estrazione con solvente MEK di 99mTc.
Ventisette anni dopo la pubblicazione di cui sopra, la tecnica di separazione con
solvente MEK è stata ripresa e modificata. [26] Il nuovo apparato prevede l’utilizzo di
una colonna di allumina basica, per rimuovere tracce di
99
Mo dalla fase organica, e
connessa in tandem una colonna di allumina acida per trattenere il
99m
Tc lasciando
passare il solvente organico per ovviare all’evaporazione del MEK (figura 35). La
procedura viene ripetuta due volte a distanza di 24 ore per consentire a gran parte del
99
Mo di decadere a
99m
Tc. La resa di produzione di questa tecnica varia dall’85 al 95%
inoltre consente di ottenere elevata purezza radionuclidica, radiochimica e chimica.
Figura 35 Diagramma di purificazione di 99mTc mediante estrazione con solvente MEK.
52
2.2
IL RECUPERO DEL MOLIBDENO-100
99m
La produzione diretta di
nucleare
100
Tc da ciclotrone avviene per mezzo della reazione
Mo(p,2n)99mTc. Per ottenere un’elevata purezza radionuclidica è necessario
100
usare molibdeno altamente arricchito in
Mo e porre molta attenzione al profilo di
impurezze isotopiche di molibdeno del target. I target in ossido di molibdeno sono stati
sostituiti da target metallici in quanto, la bassa conducibilità termica dell’ossido limita
l’intensità di corrente applicabile al target mentre per target metallici è necessario
un’elevata potenza di irraggiamento per la produzione in larga scala di
99m
Tc. Inoltre
l’uso di target metallici diminuisce la possibilità di perdite di materiale per fusione o
evaporazione. Per l’elevato costo del
per recuperare e riciclare il
100
100
Mo risulta indispensabile studiare una tecnica
Mo dopo l’estrazione del
99m
Tc [27]. Un metodo per
recuperare il 100Mo è la purificazione ammonio molibdato basata sulla selezione accurata
degli ioni introdotti durante la dissoluzione del target e basificazione. Dopo il recupero è
necessaria la conversione a
100
Mo metallico mediante la riduzione a idrogeno
dell’ammonio molibdato ad alta temperatura.
Mediante spettrometria di massa al plasma con accoppiamento induttivo ICP-MS
è possibile misurare la composizione isotopica del target di
100
Mo metallico riciclato e
confrontarla con un nuovo target. È possibile anche determinare la purezza
radionuclidica del 99mTc prodotto dal target riciclato.
La tecnica ABEC consente un elevato recupero di
100
Mo ad alta purezza
radiochimica. Per testare la tecnica di riciclaggio è stato svolto un processo di estrazione
e purificazione con il metodo ABEC come descritto nel paragrafo 2.1.2 ma utilizzando
(NH4)2CO3 3M per basificare la soluzione iniziale. È stato scelto (NH4)2CO3 per due
motivi. In primo luogo è importante la formazione dell’anione bi-negativo CO42affinché sia compatibile con la resina ABEC, in secondo luogo si limita la volatilità dei
sali di molibdeno per mezzo dell’ammonio e si facilita la purificazione evaporativa
(liofilizzazione) dell’ammonio molibdato.
Per isolare il molibdeno dalla soluzione di scarto della precedente estrazione è
necessario farla passare attraverso una colonna di circa 4g di resina ABEC 2000
precondizionata. Vengono poi fatti passare attraverso la colonna 5 mL di (NH4)2CO3 3M
53
e la soluzione uscente viene fatta passare attraverso un filtro 0.22µm ed infine la
soluzione di
100
Mo ammonio molibdato viene liofilizzata. La polvere di ammonio
molibdato isolata viene divisa in tre barche di tungsteno. La riduzione da ammonio
molibdato a molibdeno metallico a elevate temperature è un processo a tre step:
decomposizione dell’ammonio molibdato a ossido di molibdeno (VI) MoO3, riduzione a
idrogeno da MoO3 a MoO2 ed infine riduzione a idrogeno da MoO2 a Mo metallico. La
conversione da MoO3 a MoO2 è un processo esotermico, e un aumento eccessivo di
temperatura locale potrebbe causare la volatilizzazione di MoO3. È dunque necessario
limitare la concentrazione di gas H2 durante il primo step di riduzione e mantenere un
gradiente di temperatura decrescente.
Con questa tecnica è possibile recuperare l’87% del
100
Mo e nel campione finale
non vi è traccia di prodotti intermedi della riduzione. La purezza radionuclidica del
99m
Tc prodotto dal target riciclato differisce da quella del
nuovo solo per la presenza nel primo di
181
Re e
182m
99m
Tc prodotto da un target
Re. Tale sorgente di renio è attribuita
alla contaminazione delle barche di tungsteno durante il processo di riduzione. Non sono
state trovate significative differenze nei controlli qualità e nella biodistribuzione di due
radiofarmaci marcati con
Il riciclaggio di
100
99m
Tc uno ottenuto da 100Mo riciclato e l’alto da
Mo nuovo.
Mo è dunque possibile grazie all’equivalenza verificata nei parametri
di imaging e biodistribuzione.
54
100
3 CONTROLLO QUALITÀ E TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE
La validità commerciale del 99mTc prodotto da ciclotrone come alternativa al generatore
dipende da più fattori: rese di produzione, riciclaggio di
100
Mo, attività specifica,
purezza radiochimica, purezza chimica e purezza radionuclidica. In particolare possono
essere presenti radioisotopi del Tc che non possono essere chimicamente separati e che
rimangono nella soluzione finale interferendo nell’acquisizione dell’immagine
diagnostica. Al momento non essendo a disposizione nella Farmacopea Europea una
monografie specifica sul pertecnetato di sodio ottenuto da acceleratore, le monografie
sulla purezza del 99mTc prodotto da Mo-99 (sia ottenuto da fissione dell’uranio che non)
rappresentano linee guida per la stima della purezza richiesta del
99m
Tc da fonti
alternative. Lo scopo di questo capitolo è dunque quello di inquadrare le attuali linee
guida della Farmacopea e di approfondire le tecniche e la strumentazione usate per
effettuare i Controlli Qualità (QC) sul 99mTc da noi prodotto.
INTRODUZIONE
Le “Norme di Buona Preparazione dei Radiofarmaci per Medicina Nucleare"
(NBP-MN) pubblicate in G.U. n.168 del 21 luglio 2005, parte integrante dell’Edizione
corrente della Farmacopea italiana, e recentemente entrate in vigore, stabiliscono che il
primo eluato raccolto dal generatore deve essere scartato per minimizzare la presenza di
99g
Tc e le eluizioni successive devono esser fatte ad intervalli non superiori alle 24h [28].
Il 99Tc deriva sia dal decadimento del 99mTc con tempo di dimezzamento (t1/2) di 6,02 ore
secondo la reazione: 99mTc  99Tc + γ, sia (per circa 13%) dal decadimento del 99Mo
99
Tc + β- . Ciò significa che con il trascorrere del tempo aumenta la quantità di 99Tc che
si ritrova sulla colonna e successivamente nell’eluato del generatore sotto forma di
specie chimica [99TcO4]-. Quest'ultima è esattamente identica al [99mTcO4]- con la quale
può competere per la formazione del radiofarmaco finale.
55
Dalla monografia della Farmacopea Europea [29] si evince che nel prodotto
finale da generatore non meno del 95% della radioattività deve corrispondere a
percentuale di radioattività relativa al
99
99m
Tc, la
Mo deve essere ≤ 0.1% rispetto al totale
calcolato alla data e all’ora della somministrazione. In Farmacopea viene in particolare
indicato che:
-
la soluzione deve essere chiara e incolore;
-
il pH deve essere compreso nell’intervallo tra 4,0 e 8,0;
-
la quantità di alluminio presente nella soluzione finale non deve superare i 5ppm;
-
Purezza radionuclidica: I-131 a 0.365 MeV deve essere < 5 10-3% della
radioattività totale, Mo-99 a 0.181-0.740-0.778 MeV <0.1%, Ru-103 a 0,497 <5
10-3%, St-89 emissione β a 1.492 MeV <6 10-5%, St-90 e Y-90 emissione β
rispettivamente a 0.546 e 2.284 MeV <6 10-6%, γ-emettitori <0.01% e αemettitori <10-7%;
-
Purezza radiochimica: lo ione pertecnetato deve essere presente minimo al 95%
della radioattività totale dovuta al 99mTc.
Rispetto alla monografia precedente quella inerente alla produzione di
99m
Tc
partendo da 99Mo non prodotto mediante fissione [30] presenta differenze nella purezza
radionuclidica: Mo-99 a 0.181-0.740-0.778 MeV <0.1% della radioattività totale e altri
γ-emettitori <0.01%.
56
3.1
CONTROLLO QUALITÀ
Non essendoci attualmente una monografia nella Farmacopea Europea che
stabilisca Le NBP-MN e i QC necessari per la produzione di
99m
Tc da ciclotrone e
seguente metodo di estrazione e purificazione adottato, non tutte le tecniche da noi
utilizzate per i QC appartengono a quelle raccomandate e per far fronte a nuove
tipologie di impurezze probabilmente presenti nell’eluato finale, risulta inevitabile
l’utilizzo di tecniche differenti, non ancora approvate, come per esempio il Molibdenum
Test [28].
Il primo dei QC è l’ispezione visiva degli eluati che viene effettuato estraendo i
flaconi dagli appositi contenitori schermati. L’operazione deve essere eseguita
all’interno di una cella adeguatamente schermata per la manipolazione di radio farmaci.
3.1.1
PUREZZA RADIONUCLIDICA
La purezza radionuclidica (espressa in %) viene definita come la frazione di
radioattività del radionuclide desiderato rispetto alla radioattività totale ed è determinata
mediante spettroscopia a raggi γ usando un detector di germanio iperpuro HPGe
(paragrafo 3.2.2) [11]. La presenza nel preparato da iniettare di radionuclidi diversi da
quello richiesto comporta una dose inutile al paziente, può interferire con la qualità delle
immagini e determinare errori di misurazione in vivo. Non è richiesta una purezza
assoluta, la preparazione però deve essere sufficientemente pura per l’uso che se ne deve
fare.
Nel caso di
99m
Tc prodotto da ciclotrone le impurezze radionuclidiche sono
dovute a reazioni nucleari indesiderate sul target e sulle componenti del target stesso
(tabella 3 e 8).
La presenza di isotopi stabili del molibdeno nel target metallico arricchito in
100
Mo provoca la produzione di radioisotopi diversi dal 99mTc [31].
57
Tabella 8 Prodotti di attivazione delle reazioni prodotte da protoni sugli isotopi stabili del
molibdeno.
Radionuclide Canali di Reazione
93
94
95
96
97
99
99
92
95
96
94
Mo(p,2n)
95
Mo(p,3n)
94
Mo(p,n)
95
Mo(p,2n)
96
Mo(p,3n)
95
Mo(p,n)
96
Mo(p,2n)
97
Mo(p,3n)
96
Mo(p,n)
97
Mo(p,2n)
98
Mo(p,3n)
97
Mo(p,n)
98
Mo(p,2n)
93m
Tc+
Tc
Tc+94mTc
Tc+95mTc
96m
Tc+
Tc
97m
Tc+
Tc
Tc+99mTc
Mo
100
Mo(p,2n)
100
Mo(p,d)
Decay of 99m+gNb
94
Mo(p,3He)
95
Mo(p,α)
96
Mo(p,2n)
97
Mo(p,3He)
98
Mo(p,α)
97
Mo(p,2n)
98
Mo(p,3He)
92m
Nb+
Nb
Nb+95mNb
Nb
100
98
97
99
58
97m
Nb+
Nb
Nb+99mNb
Mo(p,αn)
Mo(p,2p)
100
Mo(p,α)
100
Mo(p,2p)
Nello spettro gamma deve essere idealmente presente solo il picco a 140 keV del
99m
Tc,
che permette quindi il riconoscimento del radionuclide; ogni altro picco gamma
dovrebbe essere sostanzialmente trascurabile.
Inoltre l'eventuale presenza nella preparazione radiofarmaceutica di una miscela
di radiofarmaci di
99m
Tc e
99g
Tc chimicamente identici, quindi di un eccesso di
99g
Tc,
potrebbe essere responsabile di un valore di purezza radiochimica inferiore allo standard
richiesto per alcuni preparati radiofarmaceutici. Infatti il
99g
Tc presente in soluzione
potrebbe consumare i reagenti di reazione, in particolare l'agente riducente (SnCl2),
sottraendoli al
99m
Tc. Come conseguenza nella soluzione potrebbe rimanere [99mTcO4]-
non reagito o si potrebbero formare sottoprodotti radioattivi non utili per la realizzazione
di quella specifica indagine diagnostica. [28]
3.1.2
PUREZZA RADIOCHIMICA
La purezza radiochimica può essere definita come la percentuale della attività
totale presente attribuibile al prodotto nella forma chimica desiderata con il radionuclide
prescelto. Per il controllo della purezza radiochimica del pertecnetato di sodio
Na99mTcO4 viene utilizzata la tecnica di radiocromatografia su carta, radio-TLC
(paragrafo 3.2.3).
Le impurezze radiochimiche comportano un aumento di dose al paziente,
possono degradare la qualità dell’immagine e portare anche ad informazioni non corrette
poiché si possono accumulare in sedi diverse da quelle del radiofarmaco. Come indicato
dalla Farmacopea Europea il limite di purezza radiochimica è 95%.
3.1.3
PUREZZA CHIMICA
[11] Valutare la purezza chimica vuol dire accertare l’assenza di composi chimici
indesiderati. La purezza chimica viene espressa in percentuale. La purezza chimica
dell’eluato deve essere garantita allo scopo di evitare reazioni avverse ed effetti tossici
nel soggetto iniettato, inoltre i contaminanti possono competere con i meccanismi di
59
trasporto e con il legame del radiofarmaco a enzimi o recettori interferendo con
l’efficacia delle procedure diagnostiche.
Per la determinazione della purezza chimica si applicano dei metodi di confronto
con standards. Ciò è ottenuto mediante metodi cromatografici.
3.1.4
IL PH
L’eluato di un generatore è di per sé una preparazione iniettabile; idealmente
dovrebbe avere un pH il più possibile vicino a quello fisiologico, fra 7 e 8. La
Farmacopea richiede che gli eluati abbiano valori di pH che rientrano entro un intervallo
fra 4 e 8. Poiché il Molibdeno è adsorbito sull’allumina in ambiente acido, gli eluati
mediamente possiedono pH lievemente acido (4.5 - 6). Il controllo è stato eseguito
utilizzando cartine indicatrici.
3.1.5
STERILITÀ
Con il termine sterilità si intende l’assenza di microorganismi nella preparazione.
Dato il tempo di dimezzamento molto breve del
99m
Tc, e in generale dei radionuclidi
utilizzati in Medicina Nucleare a scopo diagnostico, e l’instabilità al calore, la
sterilizzazione dell’eluato o della soluzione da iniettare mediante autoclave non è
praticabile. In genere la sterilizzazione è ottenuta mediante filtrazione su filtri da 0,22
µm. Al fine di verificare la sterilità dei preparati vengono utilizzati test di crescita
batterica. Questi test, che dovranno essere effettuati in condizioni routinarie per
l’impiego dei radiofarmaci sui pazienti, non sono stati predisposti nel presente lavoro di
tesi.
60
3.2
TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE
La rivelazione delle radiazioni è possibile sfruttando le interazioni che esse
hanno con la materia.
3.2.1
CALIBRATORE DI DOSE
Il calibratore di dose è un rivelatore a gas, esso viene impiegato per determinare
l’attività di radionuclidi noti.
È costituito da una camera di misura, elettronica di misura e supporto per il
campione. La camera di misura cilindrica, detta anche camera a ionizzazione “a
pozzetto”, è provvista di una schermatura al piombo dello spessore di 1 cm all’interno
della quale è posizionato un elettrodo collettore, immerso in un gas di riempimento
(tipicamente argon) pressurizzato. La radiazione ionizza il gas e le cariche libere
vengono raccolte dall’elettrodo. Tale strumento è tarato per eseguire misure su diversi
isotopi, il sistema elettronico consente di applicare un opportuno fattore correttivo per
ciascun radionuclide di interesse, in modo da mostrare direttamente il risultato in termini
di attività.
Il supporto in plastica consente di misurare campioni sotto diverse forme come
flaconi o siringhe. Lo strumento è realizzato in modo da rendere confrontabili fra loro
misure effettuate su campioni anche geometricamente differenti[32] [17].
61
3.2.2
SPETTROMETRIA γ CON RIVELATORE HPGe
La spettrometria γ si avvale di un rivelatore a semiconduttore: HPGe (High Purity
Germanium) ossia un diodo al germanio di elevata purezza (tabella 9). [17]
Tabella 9 Caratteristiche principali di Germanio semiconduttore.
Caratteristiche principali
Materiale semiconduttore: Germanio
Numero atomico
32
Peso atomico
72,60
Mobilità elettroni a 77K
3,6 104 [cm2/Vs]
Mobilità lacune a 77K
4,2 104 [cm2/Vs]
Energia per coppia elettrone-lacuna a 77K
2,96 [eV]
L’interazione tra la radiazione incidente e il semiconduttore comporta il rilascio
di energia da parte della radiazione inducendo l’eccitazione degli elettroni alla banda di
conduzione lasciando una lacuna nella banda di valenze, che, con l’elettrone, costituirà
una coppia elettrone-lacuna. La creazione di coppie avviene ogni volta che l’energia
rilasciata dalla radiazione è sufficiente per superare il gap energetico esistente tra la
banda di valenza e quella di conduzione, che tipicamente per i semiconduttori è di circa
1 eV.
A seguito di tale “salto”, applicando un opportuno campo al semiconduttore,
entrambe le bande contribuiscono alla conduzione: elettroni in banda di conduzione e
lacune in banda di valenza sono in grado di migrare verso gli elettrodi di segno
opportuno. Si forma così una corrente proporzionale al numero di coppie formate e
quindi all'energia della radiazione.
Questa tecnica consente di rivelare la presenza di radioisotopi γ-emettitori nei campioni
e risalire al radionuclide emettitore associando l’energia caratteristica del fotone γ
monocromatico emesso in seguito ad un decadimento radioattivo. Quindi la
spettrometria gamma è un metodo di analisi che consente la determinazione qualitativa e
quantitativa dei radionuclidi γ-emettitori presenti nel campione di interesse.
62
Un rivelatore al germanio per spettrometria viene fabbricato a partire da
policristalli di germanio, in un primo momento riducendo la concentrazione di
impurezze mediante la cosiddetta raffinazione a zone, e successivamente procedendo
con la crescita del cristallo secondo il metodo Czochralski (figura 36).
Figura 36 Schematizzazione del metodo di crescita Czochralski.
I cristalli così prodotti vengono lavorati fino ad una perfetta forma cilindrica; il bordo di
una delle superfici di base viene arrotondato in modo da diminuire il tempo di raccolta
delle cariche. Nell’altra superficie, invece, viene ricavato un foro. Infine la realizzazione
degli elettrodi avviene mediante diffusione di litio ed impianto di ioni di boro. Il cristallo
viene a questo punto ricoperto da uno strato protettivo amorfo. Il rivelatore è contenuto
in una camera da vuoto detta criostato, con lo scopo di isolare termicamente il cristallo
di germanio. Il criostato infatti si trova immerso in un dewar contenente azoto liquido
alla temperatura di 77K.
L’acquisizione di una misura di spettrometria gamma porta alla registrazione
dell’andamento della frequenza di conteggio in funzione dell’energia delle radiazioni
incidenti sul rivelatore.
I picchi dello spettro gamma derivano dall’assorbimento fotoelettrico, impulsi prodotti
dall’assorbimento totale dell’energia dei fotoni gamma del campione in analisi, per tale
motivo sono detti anche fotopicchi. Oltre all’effetto fotoelettrico possono intervenire
nella registrazione dello spettro anche interazioni per effetto Compton e, se l’energia dei
63
fotoni è superiore a 1,022 MeV, anche le interazioni per produzione di coppie seguite
dal completo assorbimento dell’energia dell’elettrone e del positrone prodotti.
In prima approssimazione la forma di un picco di assorbimento totale può essere
descritto mediante una distribuzione gaussiana caratterizzata da un centroide
corrispondente all’energia del fotone incidente, in realtà i picchi non sono perfettamente
simmetrici, ma presentano una coda più pronunciata dalla parte delle energie calanti,
inoltre, per l’interpolazione dei dati sperimentali, bisogna distinguere il contributo del
fondo, ovvero i conteggi dovuti alla radiazione cosmica ed ai radionuclidi presenti nei
materiali costituenti il rivelatore e le strutture circostanti.
Possono interferire nella lettura dello spettro anche i seguenti segnali:
-
Il continuo Compton: la parte iniziale della curva in prossimità di un
fotopicco, ad energie inferiori rispetto all’energia dei gamma incidenti, è una
funzione continua dovuta ad impulsi di rivelazione relativi ad eventi
Compton, interazioni in cui i fotoni incidenti hanno ceduto una piccola
energia all’elettrone colpito e subito quindi una diffusione ad un angolo
molto piccolo. Il punto di flesso che conclude tale prolungato pianerottolo è
la cosiddetta spalla Compton, corrispondente alle interazioni dei fotoni con
massima cessione di energia all’elettrone di rinculo e quindi con un fotone
risultante deflesso ad angolo di massima diffusione
-
.
i picchi di fuga: per energia dei fotoni superiore a 1,022 MeV, aumenta la
probabilità di produzione di coppie elettrone/positrone portando alla
registrazione di impulsi nello spettro detti picchi di fuga. L’annichilazione
avviene con produzione di due fotoni a 0,511 MeV. Uno od entrambi
possono sfuggire dal rivelatore senza essere assorbiti. In presenza di picchi ad
energia elevata è quindi bene controllare l’eventuale riscontro di picchi di
fuga singola e doppia, al fine di evitarne l’erronea attribuzione ad altri
radionuclidi.
-
Picchi di somma: si verifica quando un radionuclide con schema di
decadimento complesso prevede l’emissione di due fotoni gamma diversi in
istanti ravvicinati, tali da poter essere considerati sostanzialmente coincidenti.
I due fotoni possono dunque essere rivelati simultaneamente e si manifestano
64
come picchi inattesi di difficile identificazione. L’energia del picco risulta
uguale alla somma delle energie dei due picchi mentre l’intensità di
conteggio registrata in tali picchi dipende dall’efficienza di rivelazione del
sistema alle energie caratteristiche dei picchi componenti.
-
Somma casuale di eventi: consiste nella produzione di picchi di somma che
sono dovuti all’impilamento degli impulsi dovuto ad una frequenza di
conteggio troppo elevata rispetto ai tempi di trattamento degli impulsi da
parte della catena elettronica di analisi.
La caratteristica principale dei rivelatori al germanio è la loro eccellente
risoluzione energetica. L’efficienza di rivelazione, altra caratteristica fondamentale, può
essere [17]
-
Assoluta
-
Intrinseca
;
.
Queste due grandezze sono legate tra loro da un fattore puramente geometrico, l’angolo
solido Ω tra sorgente e rivelatore:
con A superficie del rivelatore che si affaccia alla sorgente, r la distanza tra sorgente e
l’elemento di superficie dA ed α è l’angolo tra la normale a dA e la sorgente.
65
3.2.3
TLC γ CROMATOGRAFIA
Per determinare la purezza radiochimica dell’eluato finale ci si avvale di una
tecnica basata sulla cromatografia su strato sottile TLC (Thin Layer Chromatography),
che consente la separazione dell’eluato nelle diverse fasi, specie chimiche, costituenti.
Viene prelevata una adeguata quantità di campione da analizzare e posizionata a
1 cm dalla base di una lastrina di 2 cm di larghezza e 10 cm di lunghezza. Lo sviluppo
cromatografico viene effettuato ponendo la lastrina verticalmente all’interno di una
camera cromatografica precedentemente saturata con la fase mobile. Si lascia adsorbire
la fase mobile fino a raggiungere un’altezza di 7 cm sulla lastra, momento in cui viene
fermata la corsa cromatografica rimuovendo la lastrina dalla camera stessa. (figura 37)
Una volta asciugata la lastra TLC, ponendola in prossimità di uno schermo (in
un’apposita cassetta in piombo e lontano da fonti di luce) costituito da materiale sottile e
flessibile con depositato, su un solo lato, un sottile strato di BaFBr:Eu2+ (fosforo)
sottoforma di cristalli fotosensibili, è possibile imprimere sullo schermo stesso
un’immagine latente della radioattività. Lo scopo è quello di individuare e misurare la
distribuzione dell’attività nel campione. Lo schermo viene avvolto attorno ad un
tamburo girevole con lo strato sensibile rivolto verso l'esterno. Il tamburo viene
posizionato nell’apposito alloggiamento dello scanner, l'immagine latente viene rilevata
dalle ottiche del sistema per creare una immagine ad alta risoluzione digitalizzata.
L'immagine viene quindi visualizzata sullo schermo per l'analisi.
Il rilevamento dell’immagine avviene sfruttando il fenomeno della luminescenza
foto-stimolabile: il cristallo assorbe l'energia emessa dal radioisotopo e l’Eu2+ viene
ionizzato a Eu3+ liberando elettroni. La successiva esposizione alla luce proveniente dal
laser a lunghezza d’onda 633 nm (Rosso) induce il rilascio di fotoni a circa 390 nm, che
vengono rilevati dal fotomoltiplicatore ad elevata efficienza e su un ampio intervallo
dinamico. L’intensità della luce emessa è proporzionale alla quantità di attività nel
campione.
Elaborando l’immagine è possibile misurare la purezza radiochimica del
composto calcolando il Relative front Rf (figura 38). Un controllo di qualità positivo
66
prevede che sia garantita l’iniettabilità se la marcatura avviene generalmente con almeno
il 95% di resa radiochimica.
Figura 37 Rappresentazione schematica dell'analisi TLC, sviluppo cromatografico.
Figura 38 Metodo di determinazione della purezza radiochimica calcolando il Relative front Rf.
67
68
4
PARTE SPERIMENTALE
In questo capitolo espongo il lavoro sperimentale effettuato. In particolare esso
riguarda la messa a punto di una strategia automatizzabile di estrazione e
purificazione di Tc-99m da target di Mo-100 precedentemente irraggiato per
bombardamento protonico con ciclotrone. Inizialmente tale strategia è stata studiata e
sviluppata presso l’Università di Ferrara, simulando la produzione di Tc-99m
utilizzando piccoli quantitativi di pertecnetato eluito da generatore in presenza di
molibdato di sodio. Sviluppato il sistema semi-automatico di estrazione e purificazione
del tecnezio, sono stati effettuati tre tests direttamente su campione metallico di Mo100, precedentemente irraggiato, per testare l’efficienza e la riproducibilità del modulo
e la purezza del pertecnetato così ottenuto. Questi esperimenti sono stati condotti
presso i laboratori LENA di Pavia. Per completezza nel capitolo verrà anche descritta
la procedura di preparazione dei targets di Mo-100 effettuata presso i laboratori
INFN-LNL di Legnaro (PD) e le caratteristiche di irraggiamento dei campioni stessi
con ciclotrone realizzato a Milano (Ispra). Il capitolo si conclude con la descrizione dei
controlli di qualità effettuati sulle soluzioni di pertecnetato prodotto.
INTRODUZIONE
Lo scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di sviluppare un modulo semiautomatico per l’estrazione, separazione e purificazione di
irraggiamento di un target metallico arricchito in
100
99m
Tc ottenuto da
Mo con fascio protonico per mezzo
di un ciclotrone. Come anticipato nel capitolo introduttivo il lavoro svolto si inserisce
nel
cosiddetto
progetto
APOTEMA
(Accelerator-driven
Production
Of
TEchnetium/Molybdenum for medical Applications) che ha come obiettivo principale
quello di studiare e realizzare un nuovo metodo di produzione di
99m
Tc mediante
acceleratore, al fine di produrre quantità sufficienti di 99mTc per le necessità diagnostiche
territoriali.
69
La prima fase del progetto ha visto i Laboratori Nazionali di Legnaro (PD) INFN
impegnati nello studio teorico relativo le rese di produzione e la purezza del campione a
EOB (End of Bombardment) al fine di verificare l’efficacia della produzione mediante
ciclotrone e ottimizzare le condizioni di irraggiamento; raggiunti risultati soddisfacenti è
stato possibile studiare, presso l’Università di Ferrara, un metodo per l’estrazione del
99m
Tc dal target bombardato. Dopo un accurato studio della letteratura, presso i
laboratori LENA (PV) e i laboratori della sezione di Diagnostica per Immagini
dell'Università di Ferrara, sono stati testati i principali metodi di estrazione (capitolo 2) e
valutato quale fosse il metodo più adeguato agli standard di tempo, resa, purezza e
radioprotezione dell’attuale metodo di approvvigionamento mediante generatore.
I punti chiave che sono stati presi in considerazione per lo sviluppo della
metodica di estrazione e purificazione sono i seguenti:
-
Presenza di un target metallico;
-
Ottenere un prodotto ad alta attività specifica concentrato in fisiologica
secondo gli standard per la somministrazione richiesti dalla Farmacopea;
-
Mancanza di una monografia specifica di Farmacopea che fornisca le
indicazioni su quale debba essere la purezza del prodotto finale e sui limiti
delle impurezze.
Alcuni esperimenti preliminari sono stati effettuati al fine di testare alcuni tra i
metodi di separazione riportati in letteratura, la cromatografia ABEC, il metodo
Chattopadhyay e l’estrazione con solvente MEK, adattati alle condizioni imposte dal
target metallico. Questi esperimenti svoltisi in parte a Pavia nei laboratori LENA e in
parte all'Università di Ferrara, hanno consentito di individuare la metodica MEK come la
più efficace in termini di resa di attività e purezza del prodotto finale.
La metodica MEK riportata in letteratura, è applicata principalmente su target di
ossido di molibdeno (VI) il quale, dopo irraggiamento neutronico, consente la
formazione indiretta di
99m
Tc per decadimento radioattivo del
99
Mo beta emettitore
(T1/2=66h). Il target viene solubilizzato con idrossido di sodio NaOH e acqua ossigenata
H2O2; successivamente il pertecnetato formatosi viene separato dal molibdato non ancora
decaduto miscelando la soluzione acquosa con MEK, agitando e attendendo la
70
separazione delle fasi organica ed acquosa. La fase organica contenente il pertecnetato
viene trasferita su una colonna di silice, utilizzata per eliminare eventuali residui acquosi
contenenti molibdato, che potrebbero essere rimasti inglobati nella fase organica, ed
eliminata per mezzo di un evaporatore rotante. Il pertecnetato di sodio così ottenuto
viene poi ripreso con soluzione fisiologica.
Tale metodo, per essere applicabile ad un target metallico, necessita di alcune
modifiche. In primo luogo occorre solubilizzare il target metallico di
con fascio protonico che ha permesso la produzione diretta di
100
Mo irraggiato
99m
Tc (T1/2=6.01h) per
mezzo della reazione nucleare 100Mo(p,2n)99mTc. La produzione diretta del 99mTc implica
la necessità di operare la separazione, estrazione e purificazione del prodotto nel minor
tempo possibile e con strumentazione compatta, semplice, sterile e che consenta
un’adeguata radioprotezione per l’operatore. Il breve tempo di decadimento del
radionuclide prodotto per via diretta richiede inoltre che tutte queste operazioni vengano
effettuate in situ, nell’ospedale o struttura dove avviene la somministrazione o al
massimo ad una distanza compatibile quale un territorio regionale.
Inizialmente è stato quindi necessario verificare l'applicabilità della metodica
MEK partendo dal target metallico di Mo-100. Un esperimento preliminare è stato infatti
realizzato presso i laboratori LENA di Pavia in collaborazione con l'Università di Ferrara
trattando un target metallico di Mo-100, precedentemente irraggiato con fascio protonico
ad ISPRA, al fine di ottenere una bassa attività per scopi di ricerca.
Le caratteristiche del target sono riportate in tabella 10, le misure di attività sono state
effettuate mediante spettrometria γ con rivelatore HPGe in dotazione al laboratorio.
Tabella 10 Caratteristiche del target preirraggiato ad ISPRA.
Attività
Peso della targhetta
750 kBq
28,9 mg
Il target è stato posto in becher di vetro da 25 mL e sciolto con 2 mL di acido
nitrico HNO3 concentrato (65%) e 1 mL di acido cloridrico HCl concentrato (32%); la
71
soluzione ottenuta è stata posta sulla piastra riscaldante (figura 39) e portata a secco
(circa 30 minuti).
Figura 39 Scioglimento del target metallico con HNO3 e HCl a caldo.
Il residuo è stato solubilizzato con 10 mL di NaOH 6 N e 1 mL di H2O2 3%. La
soluzione, trasferita in un imbuto separatore contenente 5 mL di MEK (99,5% Carlo
Erba), è stata agitata manualmente. Dopo alcuni minuti si osserva la separazione della
fase acquosa dalla fase organica (la fase acquosa per la quale il molibdato ha maggior
affinità, più densa, rimane nella parte inferiore dell’imbuto separatore mentre, la fase
organica per la quale il pertecnetato ha maggior affinità, meno densa, rimane nella parte
superiore dell’imbuto separatore). La fase acquosa è stata separata dalla fase organica
(figura 40) e ritrattata nello stesso modo per altre due volte in modo tale da estrarre tutto
il pertecnetato dalla fase acquosa utilizzando in totale 15 mL di MEK.
Figura 40 Separazione delle fasi, acquosa ed organica, in imbuto separatore.
72
La fase organica è stata poi fatta passare attraverso una colonna di silice (3 cc e
precedentemente posta in stufa a 130°C per 3 ore e condizionata con 3 mL di MEK) al
fine di rimuovere eventuali residui acquosi contenenti molibdato che potrebbero essere
stati erroneamente prelevati con il MEK.
La soluzione organica è stata portata a secco e il pertecnetato è stato ripreso con
fisiologica. La resa di recupero del 99mTc è risultata circa 80%.
I risultati ottenuti indicano che la procedura può essere applicata anche per
separare
99m
Tc da target metallico di molibdeno. Occorre ottimizzare i vari passaggi ed
in particolare modificare la procedura per evitare le fasi di evaporazione dei solventi,
che risultano critiche dal punto di vista della radioprotezione dell'operatore, e
l'agitazione manuale dell'imbuto separatore, non applicabile in condizioni di
manipolazione di elevate attività di 99mTc (GBq).
4.1
LA TECNICA MEK MODIFICATA
La tecnica MEK è stata scelta come punto di partenza per lo sviluppo di un
metodo di estrazione e separazione di
99m
Tc da un target metallico di
100
Mo a bassa
attività specifica. L’obiettivo è stato quello di ottimizzare la metodica descritta per
renderla compatibile con le necessità ospedaliere di produzione e somministrazione, per
quanto riguarda la quantità di prodotto ottenibile, qualità, purezza, velocità di
produzione, dimensioni del sistema, radioprotezione per l’operatore e, non meno
importante, costi di produzione.
I punti critici della metodica MEK adattata al target metallico sono i seguenti:
-
L’utilizzo di acido per la dissoluzione del target: implica l’evaporazione
dell’acido stesso per ottenere il target sotto forma di polvere di ossido
-
L’agitazione manuale dell’imbuto separatore contenente le due fasi: tale
operazione deve essere ripetuta più volte incrementando il tempo per portare
a termine il processo. È un metodo poco preciso che induce facilmente a
compiere errori e non a norma dal punto di vista radioprotezionistico;
73
-
L’evaporazione del solvente organico: l’utilizzo di un evaporatore rotante
non consentirebbe l’impiego di adeguati dispositivi per la radioprotezione
oltre a prolungare i tempi di preparazione del radiofarmaco
-
La radioprotezione: un metodo manuale di produzione non rientra nelle
norme radioprotezionistiche.
È risultato quindi indispensabile studiare modifiche utili a risolvere i punti critici
descritti.
Innanzitutto è stata studiata la solubilità del target metallico in ambiente non acido ed è
stato trovato che lo stesso target può essere sciolto direttamente in pochi mL di H2O2
concentrata a caldo evitando così il passaggio dell'evaporazione della soluzione acida e
la ripresa del residuo con idrossido di sodio necessario ai fini della applicabilità del
metodo con metiletilchetone.
Per ovviare all’evaporazione del solvente organico, dopo l’attraversamento della
colonna di silice, abbiamo pensato di sfruttare l'affinità del pertecnetato per l'allumina
acida e il successivo scambio anionico con soluzione fisiologica. In particolare facendo
attraversare il metiletilchetone contenente il pertecnetato su una colonna di allumina
acida Al2O3, lo stesso anione tetraossigenato viene trattenuto in colonna mentre il
solvente organico può essere raccolto in un’vial di scarto (waste).
Per aumentare l’accuratezza dell’estrazione, l’affidabilità, la riproducibilità delle
operazioni, per rispondere alle norme di radioprotezione indispensabili per la
salvaguardia dell’operatore e dell’ambiente, per ottimizzare i tempi del processo etc., lo
sviluppo di un modulo automatizzato che possa, indipendentemente dall’operatore,
portare a termine il processo è la chiave di volta per lo sviluppo di un metodo di
estrazione e separazione competitivo.
Moduli di sintesi di radiofarmaci automatizzati e semiautomatizzati sono da tempo
presenti sul mercato. L’automazione ha portato a sviluppi importanti nella Medicina
Nucleare fino allo stato dell’arte ossia processi on-line veloci, semplici, affidabili e che
consentono minori perdite, mentre sviluppi futuri prevedono la miniaturizzazione dei
sistemi automatizzati al fine di diminuire gli ingombri, i volumi dei reagenti, l’usura
delle componenti, i tempi e aumentare le rese. [33]
74
Per automatizzare un processo è necessario avere una perfetta conoscenza
dell’esecuzione manuale del processo stesso. Stabilita la procedura di esecuzione si può
passare alla semi-automatizzazione ottimizzandola mediante test preliminari con
bassissima attività. Per sviluppare un modulo completamente automatizzato è necessaria
poi una computerizzazione del sistema predisponendo una timing-list (un elenco
temporale di comandi che il programma deve eseguire) e disporre di sistemi di feedback
per il controllo remoto del modulo.
4.1.1
REALIZZAZIONE E OTTIMIZZAZIONE DEL MODULO SEMIAUTOMATIZZATO
Sviluppata la metodica MEK modificata, adattata alle condizioni imposte dal
target metallico, è stato sviluppato un modulo semiautomatizzato che consente di
riprodurre il processo in modo semplice e schematico. Per la realizzazione del modulo
semiautomatizzato sono state utilizzate: valvole manuali rotative a tre vie, tubi di diverso
diametro, fittings e siringhe. Il materiale di cui è costituita la componentistica deve
essere appropriato: deve avere eccellenti proprietà di resistenza fisica e chimica, deve
essere a tenuta di solventi organici quali chetoni, resistente alle radiazioni e
sterilizzabile. I materiali che meglio si prestano a questo tipo di utilizzo sono polimeri
(figura 41) come il teflon (PTFE) ed il polietereterchetone (PEEK).
Figura 41 Formula chimica de politetrafluoroetilene (PTFE) e polietereterchetone (PEEK).
All’interno di un modulo semiautomatizzato, per miscelare una soluzione
mediante agitazione, è stato inserito un agitatore rotante. Esso sostituisce l’agitazione
manuale dell'imbuto separatore, riduce la probabilità di compiere errori da parte
dell’operatore mantenendolo in sicurezza e consente di ottimizzare la separazione grazie
al controllo elettronico per mezzo del quale è possibile modulare tempo e velocità.
75
È stato così realizzato un primo modulo (figura 42) costruito seguendo i passaggi
della tecnica MEK modificata e costituito da:
-
Sette valvole manuali a tre vie (Vn, 1≤n≤7) di cui V1,2,3 non a tenuta di
chetoni (plastica normale) e V4,5,6,7 a tenuta di chetoni. Tale differenza è
dovuta al passaggio attraverso le varie componenti, da un punto del modulo
in poi, del solvente organico MEK;
-
Una colonna di silice, SiO2;
-
Una colonna di allumina acida, Al2O3;
-
Cinque vials di vetro da 25 mL con rispettivo tappo: due vials per le soluzioni
di scarto, una vial per la soluzione iniziale (B1), una vial per miscelare MEK
e soluzione iniziale (BMEK), una vial per contenere l’eluato finale;
-
Un agitatore rotante;
-
Tre siringhe da 10 mL inserite nel modulo, più altre siringhe fuori dal modulo
(una siringa con MEK puro, una con acqua milliQ di lavaggio e una con
soluzione fisiologica);
-
Tubi di diverse lunghezze e fittings per connettere i tubi alle valvole e
siringhe;
-
Cinque filtri sterilizzatori, utilizzati come sfiato;
-
Quattro contenitori di piombo per le vials per schermare la radioattività;
-
Pinze e supporti;
-
Supporto in plexiglas verticale con fori di dimensione apposita per bloccare
le valvole al supporto.
76
Figura 42 Modulo di estrazione (1) Tc-99m da target di Mo-100 metallico con tecnica di
separazione MEK.
Il principio di funzionamento è il seguente: con S1, attraverso V1, si preleva da
B1 la soluzione iniziale del target sciolto in acqua ossigenata e idrossido di sodio; con
S1, attraverso V1, V2 e V3, si trasferisce la soluzione iniziale in BMEK, già contenente il
solvente MEK; si agita e si attende il tempo necessario alla separazione delle fasi; per
mezzo di S1, attraverso V3,V2 e V1, si preleva la fase acquosa da BMEK; la fase acquosa
viene trasferita a Waste1 da S1 attraverso V1 e V2; con S2, attraverso V3, V4 e V5, si
preleva da BMEK la fase organica; da S2 la fase organica viene fatta passare attraverso
V5, la colonna di silice, V6, la colonna di allumina, V7 per finire nel Waste2; per mezzo
di S2, attraverso V5, si fa passare del MEK puro attraverso la colonna di silice fino al
Waste2; si inietta con S3 dell’acqua attraverso V6 e la colonna di allumina fino al
Waste2; infine si eluisce il pertecnetato trattenuto sulla colonna di allumina con
soluzione fisiologica dalla siringa S3, e raccogliendo l'eluato attraverso V7 nella vial
FINE.
Il modulo è stato testato solo nel suo meccanismo di funzionamento simulando
con acqua e metiletilchetone i vari passaggi.
77
A partire da questo primo modulo sono stati effettuati esperimenti a freddo, senza
radioattività, per ottimizzarne le dimensioni, la lunghezza dei tubi, il numero di valvole
ecc.. al fine di ridurre il tempo di processamento, ridurre le perdite per adesione della
soluzione alle componenti e per minimizzare il contatto dell’operatore con la soluzione
radioattiva.
L’evoluzione del modulo è rappresentata nelle figure 42, 43 e 45.
Il secondo modulo (figura 43 e 44) è costituito da:
-
Quattro valvole manuali a tre vie (Vn, 1≤n≤4) di cui V1 non a tenuta di
chetoni e V2,3,4 a tenuta di chetoni;
-
Una colonna di silice, SiO2;
-
Una colonna di allumina acida, Al2O3;
-
Quattro vials di vetro da 25 mL con rispettivo tappo: Waste, B1, BMEK e
FINE;
-
Un agitatore rotante;
-
Tre siringhe da 10 mL inserite nel modulo, più altre siringhe fuori dal modulo
(una siringa con MEK puro, una con acqua milliQ di lavaggio e una con
soluzione fisiologica);
-
Tubi di diverse lunghezze e fittings per connettere i tubi alle valvole e
siringhe;
-
Quattro filtri sterilizzatori;
-
Tre contenitori di piombo;
-
Pinze e supporti
-
Supporto in plexiglas verticale con fori di dimensione apposita per bloccare
le valvole al supporto.
78
Figura 43 Modulo di estrazione (2) Tc-99m da target di Mo-100 metallico con tecnica di
estrazione MEK.
Figura 44 Foto del modulo (2).
Il principio di funzionamento è il seguente: con S1, attraverso V1, si preleva da
B1 la soluzione iniziale; con S1, attraverso V1, si inietta la soluzione iniziale in BMEK,
già contenente il solvente MEK; si agita e si attende il tempo necessario alla separazione
delle fasi; per mezzo di S2, attraverso V2, si preleva direttamente la fase organica da
BMEK che viene fatta passare attraverso la colonna di silice, la valvola V3, la colonna di
allumina, V4 per finire nel Waste; per mezzo di S2, attraverso la valvola V2, viene fatto
79
passare 1 mL di MEK puro attraverso la colonna di silice fino al Waste; successivamente
si procede con il lavaggio della colonna di allumina con acqua utilizzando la siringa S3,
che viene inviata al Waste dopo passaggio per la valvola V3 e la colonna di allumina
stessa; infine il pertecnetato trattenuto sulla colonna di allumina viene eluito con
soluzione fisiologica in S3 e raccolto attraverso la valvola V4 nella vial FINE.
Il terzo modulo (figura 45 e 46) è costituito da:
-
Due valvole manuali a tre vie di cui V1 non a tenuta di chetoni e V2 a tenuta
di chetoni;
-
Una colonna di silice, SiO2;
-
Una colonna di allumina acida, Al2O3;
-
Quattro vials di vetro da 25 mL con rispettivo tappo: Waste, B1, BMEK e
FINE;
-
Una vial contenente 1 mL di MEK puro non connessa al modulo;
-
Un agitatore rotante;
-
Due siringhe da 10 mL inserite nel modulo, più altre siringhe fuori dal
modulo (una con acqua milliQ di lavaggio e una con soluzione fisiologica);
-
Tubi di diverse lunghezze e fittings per connettere i tubi alle valvole e
siringhe;
80
-
Quattro filtri sterilizzatori;
-
Tre contenitori di piombo;
-
Pinze e supporti;
-
Supporto in plexiglas orizzontale.
Figura 45 Modulo di estrazione (3) Tc-99m da target di Mo-100 metallico con tecnica di
estrazione MEK.
Figura 46 Foto del modulo (3).
81
Il principio di funzionamento è il seguente: con S1, attraverso V1, si preleva da
B1 la soluzione iniziale e attraverso V1 la si inietta in BMEK, già contenente il solvente
MEK; si agita e si attende il tempo necessario alla separazione delle fasi; per mezzo di
S2, attraverso la colonna di silice e la valvola V2, si preleva direttamente la fase
organica da BMEK; da S2 attraverso V2 si carica la colonna di allumina e il solvente
organico contenente materiale di scarto viene convogliato nel Waste; per mezzo di S2 si
preleva il MEK puro facendolo passare attraverso la colonna di silice e V2, e lo si
trasferisce al Waste facendolo passare attraverso la colonna di allumina; utilizzando la
siringa S2 e attraverso la valvola V2 viene fatta passare H2O attraverso la colonna di
allumina e convogliata nel Waste; infine il pertecnetato trattenuto sulla colonna di
allumina viene eluito con soluzione fisiologica utilizzando la siringa S2; l’eluato viene
convogliato nella vial FINE.
Il terzo modulo è stato ulteriormente testato, con bassa attività cercando di
simulare le condizioni iniziali del target sciolto in acqua ossigenata e idrossido di sodio,
con lo scopo di verificarne l’efficienza, massimizzare il recupero e la purezza dell’eluato
finale, analizzare le perdite di attività, ottimizzare i passaggi, le lunghezze dei tubi,
prendere confidenza con il modulo e con i tempi del processo.
In totale sono stati eseguiti quindici esperimenti variando di volta in volta i
volumi dei solventi, le condizioni iniziali, la modalità di estrazione ecc.
In particolare sono stati usati:
-
circa 75 mg di molibdato di sodio bi-idrato sottoforma (Na2MoO4 . 2H2O),
introducendo così nella soluzione iniziale di simulazione circa l’equivalente
quantità di molibdeno derivata dallo scioglimento di un target metallico di
circa 30 mg;
-
acqua ossigenata concentrata H2O2 30%;
-
idrossido di sodio NaOH 6N in volume variabile da ottimizzare tenendo
presente che per la dissoluzione e ossidazione del molibdeno metallico a
molibdato per un target di circa 30 mg il volume di idrossido di sodio utile
affinché tutto il molibdeno si ossidi a molibdato di sodio è di circa 4 mL;
-
pertecnetato di sodio in fisiologica da generatore pochi µL sufficiente per
avere bassa attività per verificare la resa dell’eluato finale.
82
Il metodo di simulazione appena descritto introduce in soluzione un eccesso di
sali dovuto all’utilizzo di molibdato di sodio anziché molibdeno metallico. Per ovviare a
tale inconveniente, che simulerebbe male le condizioni di partenza dell’esperimento da
target metallico, sono stati effettuati alcuni esperimenti partendo da una soluzione
iniziale così composta:
-
circa 75 mg di Na2MoO4 . 2H2O
-
1 mL di NaOH
-
5 mL di H2O milliQ
-
1 mL di H2O2
nel tentativo di evitare la formazione di sali precipitati che ostacolano il processo di
separazione ed estrazione. Altri esperimenti sono stati realizzati senza l’aggiunta di
molibdato di sodio alla soluzione iniziale. L’eccesso di sali nella soluzione iniziale
impedisce infatti una buona visione della linea di separazione tra la fase organica a
quella acquosa al momento dell’estrazione e successivamente implica la saturazione
delle colonne a scambio ionico non consentendone il corretto funzionamento. Nei casi in
cui i sali hanno ostacolato la buona riuscita dell’esperimento si rilevava un’ingente
perdita di attività nel Waste.
Oltre a variare le condizioni iniziali cercando di simulare al meglio le condizioni
iniziali dell’esperimento con target metallico, si sono variati i volumi di solvente MEK,
di acqua di lavaggio, di fisiologica, numero di colonne e combinazioni di questi con lo
scopo di ottimizzare il recupero di 99mTc all’uscita dal modulo.
In tabella 11 sono riportati i principali esperimenti eseguiti nel laboratorio di
Radiochimica dell’Università di Ferrara (Dipartimento di Morfologia, Chirurgia e
Medicina Sperimentale, sezione di Diagnostica per Immagini).
83
Tabella 11Raccolta ed analisi dati di alcuni esperimenti preliminari per l'ottimizzazione del
modulo.
Per effettuare le misure di attività si è utilizzato un contatore a pozzetto in dotazione al
laboratorio (ISODOSE, L’ACN). I valori riportati in tabella non sono corretti per il
tempo di decadimento.
Si preleva un’aliquota di circa 50 µl di pertecnetato di sodio eluito da generatore
e se ne misura l’attività mediante il contatore a pozzetto; si prepara la soluzione iniziale
secondo le condizioni scelte e si procede con l’esecuzione del processo di estrazione e
separazione mediante il modulo; terminate tutte le operazioni si procede con la
misurazione dell’attività nell’eluato finale e nelle varie componenti del modulo.
Considerazioni generali sull’esperimento consentono di apportare modifiche alle
procedure per gli esperimenti successivi per ottimizzare di volta in volta la resa finale.
Come si può vedere dalla tabella 11, i tests realizzati hanno portato a scegliere
l’utilizzo di un’unica estrazione con 5 mL di MEK seguita da lavaggio della colonna di
silice con 1 mL di MEK puro dimostrando l’efficacia dell’unica estrazione che consente
84
di perdere nella vial BMEK tra il 4 e il 10 % di attività. Questo valore dipende molto
dalla precisione dell’operatore nel prelevare la fase organica dalla linea di separazione
tra le fasi, punto critico della procedura. A tal proposito si è studiato quale metodo fosse
migliore tra eliminare prima la fase acquosa prelevandola attraverso un tubo capillare
posizionato alla base della vial, o prelevare la fase organica immergendo il tubo capillare
al livello del ginocchio di separazione, lasciando nella vial la fase acquosa. In questo
caso è stato valutato se fosse conveniente lasciare alcune gocce di fase organica nella
vial con la fase acquosa, perdendo parte dell’attività ma guadagnandoci in purezza, o
prelevare tutta la fase organica rischiando di aspirare anche parte della fase acquosa
massimizzando il recupero di attività da
99m
Tc ma a scapito della purezza dell’eluato
finale a causa del molibdato raccolto. Dopo alcuni tests si è convenuto che il migliore
compromesso è quello di lasciare un po’ di fase organica nella vial BMEK preferendo
l'aumento della purezza dell’eluato alla resa finale e considerando il fatto che è sempre
possibile effettuare una seconda estrazione in caso di necessità.
Un aspetto fondamentale della procedura è il passaggio di aria per raccogliere
tutta l’attività intrappolata tra un’operazione e un’altra in tubi e connessioni. In tal modo
è possibile minimizzare le perdite di attività, ottimizzare la purezza dell’eluato e
prevenire il deterioramento delle componenti del modulo.
Nel corso dei quindici esperimenti con radioattività si è valutata la possibilità di
introdurre nel modulo una seconda colonna di allumina acida (figura 47), in tandem con
la prima, per trattenere più pertecnetato possibile. Dagli esperimenti è emerso infatti che
utilizzando una sola colonna di allumina parte dell’attività raggiungeva il Waste e veniva
dunque persa. Questo accade probabilmente a causa di un effetto di saturazione della
colonna di allumina in presenza di sali che erroneamente venivano prelevati insieme alla
fase organica, impedendo al pertecnetato di adsorbire su di essa. Con l’aggiunta della
seconda colonna si minimizzano le perdite di attività. La modifica appena descritta ha
comportato però un aumento del volume di fisiologica che necessariamente deve essere
utilizzata per eluire quantitativamente il pertecnetato. L'eluizione di pertecnetato dalle
due colonne effettuata con 5 mL di soluzione fisiologica comportava la perdita di circa il
10% dello stesso rimanendo intrappolato nella seconda colonna. Poiché un aumento
eccessivo di volume di soluzione fisiologica per l’eluizione andrebbe a scapito
85
dell’attività specifica del prodotto finale, ossia il pertecnetato sarebbe troppo diluito e
non accettabile per scopi diagnostici, si è deciso di eluire con 6 mL di soluzione
fisiologica. Tale scelta non compromette l’attività specifica dell’eluato finale e consente
di perdere nella seconda colonna di allumina circa il 7% di attività. Tale soluzione
risulta essere comunque migliore della perdita del 30% di attività nel Waste che abbiamo
avuto utilizzando una sola colonna di allumina. È importante tenere in considerazione
che la soluzione di partenza da noi utilizzata simula le condizioni che avremo trattando
poi il taget metallico. In particolare non dovrebbe esserci un eccesso di sali nella
soluzione iniziale per cui potrebbe essere necessario modificare ulteriormente il modulo
in itinere.
Figura 47 Modulo di estrazione (4) Tc-99m da target di Mo-100 metallico con tecnica di
separazione MEK.
L’ultimo esperimento (N°15) ha portato ai risultati migliori, recuperando il 73%
dell’attività iniziale. In tale test sono stati utilizzati 6mL di soluzione fisiologica per
l'eluizione delle colonne di allumina. Le perdite maggiori si sono osservate nel residuo
della vial BMEK (11% dell'attività iniziale), parametro ottimizzabile con l’esperienza
dell’operatore. Nel Waste è stato perso solo l’1% dell’attività. Il lavaggio della colonna
86
di Silice con 1 mL di MEK puro si è dimostrato fondamentale per recuperare quella
percentuale di attività che in un primo momento rimane intrappolata nella colonna di
Silice per adsorbimento aspecifico del pertecnetato.
Dati i risultati soddisfacenti si è scelta come definitiva la configurazione ed i
volumi utilizzati nell’esp. N°15.
4.2
TEST DEL MODULO
Presso l’Università di Ferrara è stato studiato e costruito un modulo
semiautomatizzato per la separazione, estrazione e purificazione del
metallico di
100
99m
Tc da target
Mo; tale modulo è stato ottimizzato in tutte le sue parti e in tutti i
passaggi del processo secondo la metodica di estrazione con solvente MEK adattata al
caso specifico. Le condizioni necessarie per la buona riuscita della separazione sono le
seguenti:
-
Modulo n°4 con due colonne di allumina;
-
Per la soluzione iniziale: 1 mL di H2O2, 4 mL di NaOH;
-
Per l’estrazione: 5 mL di MEK
-
Per i lavaggi: 1 mL di MEK puro, 10 mL di H2O milliQ;
-
Per l’eluizione: 6 mL di soluzione fisiologica.
Questo modulo deve essere testato a partire da target metallico per valutarne l’efficienza
nelle condizioni reali.
4.2.1
PRODUZIONE DEL TARGET
La produzione del target è stata effettuata a Legnaro presso i LNL INFN dal Dott.
Massimo Loriggiola.
Il materiale di partenza è una polvere metallica di molibdeno arricchita in
100
Mo
al 99,05% con caratteristiche fornite dalla ditta di produzione ISOFLEX. La polvere
viene compattata in pellet di 5 mm di diametro ad alta pressione
87
Il pellet viene portato a temperatura di fusione mediante un evaporatore a
cannone elettronico (figura 48). L’apparato sperimentale è costituito da: sistema di
pompaggio (pompa turbo molecolare e pompa rotativa) collegato ad una camera da
vuoto, un filamento di tungsteno dal quale, per effetto termoionico, viene prodotto un
fascio di elettroni e che funge da catodo connesso al terminale negativo di un generatore
di tensione, un crogiolo di rame, che funge da anodo, dove si trova il materiale da
fondere/evaporare, sistema di raffreddamento del crogiolo. Il fascio di elettroni prodotto
trasferisce energia cinetica sotto forma di energia termica attraverso gli urti con gli atomi
del bersaglio. In base all’energia del fascio con questa tecnica si possono raggiungere
temperature pari a 3500°C.
Il Molibdeno è un metallo difficilmente laminabile e per tale motivo durante il
processo di fusione è necessario l’intervento di tecniche di purificazione e lavaggio
introducendo nell’atmosfera di vuoto un gas, azoto, che facilita questo processo.
Ottenuta la sfera metallica si procede alla laminazione mediante un laminatoio a
freddo interponendo il molibdeno tra due foils di acciaio per evitare in contatto diretto
con il rullo (figura 49). Tale processo viene ripetuto diverse volte fino ad ottenere lo
spessore desiderato. La tecnica della laminazione a freddo garantisce uniformità dello
spessore al 20% e consente di ottenere un foil planare.
Questo metodo di produzione non introduce impurezze nel campione per cui la
purezza del target finale è quella certificata dalla ditta di produzione della polvere
metallica. Le principali impurezze che potrebbero compromettere la buona riuscita del
campione sono la presenza di silicio e di idrogeno che possono infragilire il foil.
Sono stati prodotti foils planari dello spessore di 25 mg/cm2.
88
Figura 48 Evaporatore a cannone elettronico usato per la produzione del target di Mo-100.
Figura 49 Laminatoio a freddo, foto e schema di funzionamento, usato per la produzione del
target di Mo-100.
89
4.2.2
L’IRRAGGIAMENTO
Tre targets (foglioline) di molibdeno arricchito in
100
Mo, separati da foils di
alluminio, sono stati irraggiati presso il ciclotrone JRC di ISPRA (VA), dal Dott. Simone
Manenti, con un fascio protonico ad una energia iniziale pari a 18.0 MeV. (figura 50 e
Tabella 12)
L’obiettivo di questo irraggiamento è quello di produrre bassa attività di
99m
Tc (≈
2 MBq per singolo foglietto), sufficiente a verificare il funzionamento del modulo messo
a punto, per mezzo della reazione nucleare 100Mo(p,2n)99mTc che ha luogo sul bersaglio.
Figura 50 Schema di irraggiamento dei tre foils di Mo-100.
Tabella 12 Caratteristiche di irraggiamento dei tre foils di Mo-100.
90
Energia iniziale
18.0 ± 0.2 MeV
Corrente erogata
~110 nA
Durata richiesta
60 min
Carica integrata
3862·10-7 C
L’energia persa nell’attraversare i target di molibdeno è pari a:
-
Mo-A: da 17.91 MeV a 17.53 MeV
-
Mo-B: da 17.44 MeV a 17.09 MeV
-
Mo-C: da 16.99 MeV a 16.65 MeV
Tali perdite di energia classificano i target come “sottili”.
L’attività di 99mTc, misurata all’EOB
-
Mo-A ≈2.9 MBq
-
Mo-B ≈2.6 MBq
-
Mo-C ≈2.3 MBq
4.2.3
ESTRAZIONE E SEPARAZIONE DI TC-99m DAL TARGET
Il campione irraggiato è stato trasferito per mezzo di vettore autorizzato dal JRC
di Ispra presso i laboratori LENA a Pavia (Responsabile Prof. Andrea Salvini) dove sono
stati effettuati tre tests di estrazione/purificazione di tecnezio dal target. Gli esperimenti
sono stati realizzati dai ricercatori dell'università di Ferrara in collaborazione con
l'università di Pavia.
Il campione è stato smontato (figura 51) e le tre targhette di molibdeno sono state pesate
separatamente e mediante spettrometro γ con rilevatore HPGe, in dotazione al
laboratorio, ne è stata misurata l’attività. La risoluzione del rivelatore utilizzato è di
1,7 keV a 1330 keV.
91
Figura 51 a) Campione contenente le tre targhette di molibdeno sovrapposte; b) target B
isolato; c) il target viene pesato.
Le caratteristiche dei tre target sono riportate nella seguente tabella 13
Tabella 13 Caratteristiche dei tra target: spessore, peso, attività.
Target
Spessore [mg/cm^2]
Peso [mg]
Attività [MBq]
MoA
24.60
31
2.9
MoB
22.67
31.4
2.6
MoC
21.25
26.9
2.3
Figura 52 Spettro gamma del target A metallico acquisito mediante spettrometro gamma con
rivelatore HPGe ed elaborato mediante programma Gamma Vision®. In ordinata conteggi, in
ascissa Energia in keV
92
Il modulo utilizzato per la separazione radiochimica dei target Mo-A e Mo-B è il
seguente (figura 53), come descritto nel capitolo 4.1.1.
Figura 53 Schema e foto del modulo di estrazione (4).
TARGET A
Il modulo è stato preparato inserendo negli appositi alloggiamenti le vial BMEK
(contenente 5 mL di MEK), MEKpuro (contenente 1 mL di MEK), “Waste”, “Fine”, le
siringe e le colonnine Sep-Pak.
Il target è stato prelevato mediante una pinzetta ed inserito nella vial B1, è stato
aggiunto 1 mL di H2O2 (30%) ed è stato portato alla temperatura di circa 50°C per
mezzo di una piastra riscaldante. Dopo 5 minuti si osserva solo una parziale dissoluzione
del target, per tale motivo è stato aggiunto 1 ulteriore mL di H2O2. Dopo 15 minuti il
target risulta completamente sciolto e tutto il molibdeno metallico è stato ossidato a
MoO3 dalla reazione di ossido riduzione:
La soluzione così ottenuta è stata portata a temperatura ambiente e
successivamente sono stati aggiunti 4 mL di NaOH 6N, 1 mL alla volta.
93
L’aggiunta di NaOH consente la trasformazione dell’ossido di molibdeno (VI) a
molibdato di sodio e la formazione di alcuni polimolibdati, [Mo7O24]6-, [Mo8O26]4-. In
soluzione acquosa infatti ioni molibdato e polimolibdati sono in rapido equilibrio, che
dipende dal pH e dalla concentrazione di molibdeno. In particolare a pH > 7 prevale la
specie MoO42-, mentre per pH inferiori (tra 3 e 6) prevalgono i polimolibdati, E’noto
invece che a pH < 0,9 precipita l’ossido di molibdeno. [34]
L’aggiunta graduale di idrossido di sodio provoca in un primo momento la
formazione di una soluzione di color rosso intenso tendente al marrone che,
all’aumentare del volume di NaOH, tende a schiarire fino a tornare limpida. Il colore
intenso della soluzione può essere attribuito alla formazione di perossidi di molibdato
che si formano in eccesso di acqua ossigenata. [35]
La vial B1 è stata quindi inserita nel modulo e utilizzando la siringa S1 la
soluzione è stata prelevata da B1 attraverso la valvola V1. Mettendo in connessione S1 e
BMEK, ruotando V1, la soluzione viene quindi trasferita nella vial BMEK contenente
5mL di MEK. Si osserva la precipitazione di una fase simile ad un gel che ha ostruito
alcuni tubi e la valvola V1. Dopo aver trasferito solo una parte della soluzione iniziale
nella vial BMEK, si nota la formazione di una fase gel all’interfaccia tra la fase acquosa
(sottostante) e la fase organica (sovrastante) e una continua produzione di bolle di
ossigeno dalla fase acquosa, dovuta presumibilmente alla dissociazione dell’acqua
ossigenata (figura 54).
Tali bolle vengono inglobate nell’ interfaccia delle due fasi, aumentandone il
volume. L’agitazione della vial ha permesso di eliminare parzialmente le bolle e di
estrarre il pertecnetato nella fase MEK. Dopo aver atteso la separazione delle due fasi (2
minuti circa), la fase organica è stata prelevata lentamente utilizzando la siringa S2
(figura 53). In questo modo il MEK contenente il pertecnetato, mediante la valvola V2,
attraversa la colonna di SiO2, utilizzata al fine di trattenere eventuale fase acquosa
(contenente molibdato) accidentalmente prelevata da BMEK. La valvola V2 viene poi
connessa alle due colonne di allumina e la soluzione contenente pertecnetato viene
94
lentamente pompata dalla siringa S2 attraverso le colonne per essere poi convogliata
nella vial Waste. Il pertecnetato in questo modo viene adsorbito sulle colonne di
allumina acida. Successivamente, utilizzando la siringa S2, viene prelevato 1mL di MEK
dalla vial MEK puro, al fine di recuperare eventuale pertecnetato che per adsorbimento
aspecifico potrebbe essere rimasto sulla colonna di silice. La soluzione viene quindi
portata attraverso le colonne di allumina nel Waste. Dopo ogni operazione i tubi e le
colonne sono state flussate con aria. Le colonne vengono poi “lavate” con 20 mL di H2O
e il pertecnetato eluito nella vial “Fine” con 6 mL di soluzione fisiologica.
Il tempo impiegato per la procedura completa risulta 56 minuti. In tabella 14 sono
riportati i dati percentuali (decay correct) riferiti ai conteggi in [cps] di 99mTc (figura 55),
misurati con lo spettrometro HPGe in dotazione al laboratorio.
Tabella 14 Percentuali di attività decay correct delle componenti del modulo nell'esperimento
relativo al target A.
Componente
[cps]
Tc-99m
TARGET Mo-A
4062
100%
Fine (pertecnetato in fisiologica)
1938
53%
Residuo in BMEK (fase acquosa)
200
5%
Residuo in B1
28
1%
SiO2
6
0%
n.1 Al2O3
24
1%
n. 2 Al2O3
311
9%
WASTE
4
0%
bacchetta vetro
24
1%
altro
-
31%
95
Figura 54 Separazione delle fasi in vial BMEK con formazione di fase intermedia.
Figura 55 Sezione di spettro gamma Target A dell'eluato finale (pertecnetato in fisiologica),
evidenziato in rosso a sx picco del 99mTc, con relativi dati, e a dx del 100Mo. In ordinata conteggi,
in ascissa Energia in keV
96
TARGET B
Al fine di evitare la formazione della fase gel che nel trattamento del target Mo-A
ha portato all’otturazione della valvola V1 nel modulo, e non ha permesso di ottenere
una buona separazione della fase acquosa (NaOH) e della fase organica (MEK), il
trattamento del target Mo-B è stato effettuato utilizzando la stessa procedura
precedentemente descritta ma utilizzando un solo mL di H2O2 per l’attacco del metallo.
La soluzione è stata inoltre e scaldata a 100°C per 13min dopo aver aggiunto 4 mL di
NaOH 6N alla soluzione contenete il target sciolto. La soluzione da opalescente diventa
limpida (figura 56).
Figura 56 Attacco in H2O2 del target Mo-B: a) target in H2O2; b) target sciolto in H2O2 a caldo;
c) soluzione opalescente dopo l’aggiunta di NaOH; d) soluzione limpida dopo riscaldamento
della soluzione c).
Dopo aver atteso una decina di minuti per lasciar raffreddare la soluzione a
contatto con ghiaccio, la separazione del pertecnetato è stata effettuata come descritto
per il target A (figura 57).
Figura 57 Separazione limpida delle fasi acquosa e organica nella vial BMEK.
97
Il tempo impiegato per la procedura completa risulta 45 minuti.
Dall’analisi degli spettri gamma acquisiti utilizzando il rivelatore HPGe (figura
58) e tenendo conto del fattore di calibrazione successivamente determinato è possibile
ricavare quanto riportato nella tabella 15.
Figura 58 Spettro gamma e Sezioni di spettro gamma Target B dell'eluato finale (pertecnetato in
fisiologica), evidenziati in rosso i picchi del 99mTc, 100Mo e 97Nb, con relativi dati. In ordinata
conteggi, in ascissa Energia in keV.
98
Laddove nella tabella è riportato il simbolo “<MAR” è da intendersi che il picco
non distinguibile dal fondo nello spettro. Come spiegato nel paragrafo 4.3.1 in questi
casi si fa riferimento al Minimo di Attività Rivelabile MAR (paragrafo 4.3.1), al di sotto
del quale il picco non è rivelabile.
Tabella 15 Valori di attività decay correct per la separazione Mo-B.
Tc-99m
Mo-99
Nb-97
Target Mo-B
2.377±0.004 MBq
0.111±0.007MBq
0.0037±0.0005MBq
Fine (pertecnetato in fisiologica)
(69.5 ± 0.2) %
< MAR
<MAR
Residuo in BMEK (fase acquosa)
(4.02 ± 0.04) %
(80.8 ± 4.9) %
(81.7 ± 4.9) %
Residuo in B1
(0.93 ± 0.02) %
(1.5 ± 0.8) %
(1.9 ± 0.9) %
SiO2
(0.18 ± 0.01) %
(8.1 ± 1.7) %
(4.0 ± 1.1) %
n.1 Al2O3
(0.49 ± 0.01) %
< MAR
< MAR
n.2 Al2O3
(8.42 ± 0.06) %
< MAR
< MAR
Waste
(4.76 ± 0.04) %
< MAR
< MAR
TOTALE
(88.3 ± 0.2) %
(90.5 ± 6.4) %
(87.7 ± 5.1) %
TARGET C
Al fine di ottimizzare la procedura di separazione precedentemente illustrata il
modulo è stato modificato eliminando una delle due colonne di allumina. In figura 59 è
riportato lo schema e una foto del modulo utilizzato per il trattamento del target Mo-C
(paragrafo 4.1.1).
La procedura applicata è la stessa precedentemente descritta per il trattamento del
target Mo-B.
In figura 60 è riportato un dettaglio relativo alla separazione delle due fasi (NaOH
e MEK), dopo il trasferimento dalla vial B1 alla vial “BMEK” della soluzione acquosa
contenente il target sciolto.
99
Figura 59 Schema e foto del modulo di estrazione (5) rielaborato per il trattamento del target
Mo-C.
Vial BMEK
Figura 60 Dettaglio della procedura di separazione.
Il tempo impiegato per la procedura completa risulta 35 minuti.
Dall’analisi degli spettri gamma acquisiti utilizzando il rivelatore HPGe (figura
61) e tenendo conto del fattore di calibrazione successivamente determinato è possibile
ricavare quanto riportato nella tabella 16.
100
Figura 61 Spettro gamma e Sezioni di spettro gamma Target C dell'eluato finale (pertecnetato in
fisiologica), evidenziati in rosso i picchi del 99mTc, 100Mo e 97Nb, con relativi dati. In ordinata
conteggi, in ascissa Energia in keV.
101
Tabella 16 Valori di attività decay correct per la separazione Mo-C.
Tc-99m
Mo-99
Nb-97
Target Mo-C
1.673±0.004MBq
0.080±0.006MBq
0.0090±0.0006MBq
Fine (pertecnetato in fisiologica)
(79.9 ± 0.3) %
< MAR
< MAR
Residuo in BMEK (fase acquosa)
(5.5 ± 0.1) %
(74.7 ± 6.7) %
(70.9 ± 7.)5 %
Residuo in B1
(1.26 ± 0.03) %
(3.8 ± 1.2) %
(1.1 ± 0.7) %
SiO2
(0.25 ± 0.01) %
(13.6 ± 2.4) %
(14.6 ± 2.8) %
Al2O3
(0.39 ± 0.01) %
< MAR
< MAR
WASTE
(0.28 ± 0.01) %
< MAR
< MAR
TOTALE
(88.7 ± 0.3) %
(92.1 ± 7.2) %
(86.6 ± 8.1) %
4.3
ACQUISIZIONE DELLO SPETTRO GAMMA
L’attività dei differenti campioni e la valutazione della purezza radionuclidica
dell’eluato finale contenente pertecnetato (paragrafo 4.3.2) è stata determinata
utilizzando lo spettrometro HPGe in dotazione al laboratorio. A tale scopo inizialmente è
stata determinata la curva di calibrazione sperimentale in efficienza del rivelatore,
utilizzando isotopi di attività nota (sorgente standard certificata) ad una distanza
campione rivelatore di 23cm. La calibrazione dello spettrometro in energia, tramite una
o più sorgenti standard di emissione γ nota, permette di associare ad ogni canale
dell’istogramma ottenuto con spettroscopia γ l’energia di interazione del fotone. [35]
In figura 62 è riportata un esempio di curva in efficienza.
102
Figura 62 Curva di efficienza di un rivelatore per radiazione gamma.
L’interpretazione della curva di efficienza è la seguente: a bassissime energie i
fotoni riescono a superare lo strato non sensibile che avvolge il rivelatore solo in misura
molto modesta; mano a mano che l’energia cresce, aumenta anche il numero di fotoni
che riesce a raggiungere il volume sensibile e cresce, corrispondentemente, l’efficienza.
Tale effetto continua fino a che si raggiunge un largo massimo dell’efficienza (nella
regione fra i 100 ed i 150 keV). In seguito, continuando a crescere l’energia, i fotoni che
sono in grado di sfuggire dal rivelatore senza interagire o senza essere completamente
fermati aumentano progressivamente e l’efficienza cala di conseguenza. [17]
4.3.1
ELABORAZIONE ED ANALISI DELLO SPETTRO GAMMA.
Per l’elaborazione ed analisi di uno spettro gamma si è utilizzato il programma
GammaVision® (ORTEC) e fogli di lavoro Excel. Nel programma GammaVision,
prima di procedere con l’analisi, è necessario caricare la curva di efficienza e le
cosiddette librerie di radionuclidi. Queste ultime sono delle compilazioni di dati
caratteristici dei radionuclidi: nome del radionuclide, il tempo di dimezzamento, energia
103
percentuale di emissione per i principali picchi gamma del radionuclide ed
eventualmente altri valori particolari (figura 63 e tabella 17).
Figura 63 Esempio di libreria di radionuclidi. In particolare le caratteristiche del 99mTc. [36]
Tabella 17 Emissioni gamma caratteristiche dei principali radionuclidi presenti nel target di
Mo-100 metallico.
104
Nuclide
En [keV]
BR (%)
T1/2 [ore]
Tc-99m
140,5
87,7
6,01
Mo-99
181,1
6,08
66
Nb-97
657,9
98,5
1,20
Tc-94
871
100
4,88
Tc-93
1363
65,8
2,75
Per effettuare un analisi mirata dello spettro in questione è necessario effettuare
una valutazione a priori, mediante studi fisici di cross-section (paragrafo 1.3.1), di quali
radionuclidi potrebbero essere presenti nel campione in modo tale da evitare falsi
riconoscimenti basati sull’erronea attribuzione a tale radionuclide di uno o più picchi
emessi da radionuclidi di origine naturale che risultano casualmente avere emissioni di
energia coincidente.
Una ispezione visiva dello spettro permette di riconoscere immediatamente la presenza
di picchi che siano chiaramente distinti rispetto al fondo.
Selezionando un picco il programma fornisce informazioni come:
-
Il baricentro del picco in keV
-
La larghezza a mezza altezza FWHM
-
Il riferimento alla libreria ossia il radionuclide che possiede emissione
energetica coincidente con la posizione del picco in esame
-
La Gross Area, ossia l’area totale del picco
-
La Net Area, ossia l’area del picco alla quale è stata tolta l’area relativa al
fondo, con relativo errore.
-
Gross count rate, ossia l’intensità del picco in conteggi per secondo (cps).
È così possibile attribuire ciascun picco univocamente ad un radionuclide ottenendo
un’analisi qualitativa del campione e quantitativa andando a calcolare l’attività di
ciascun radionuclide.
In generale l’attività è calcolata tramite una equazione del tipo:
dove
è l’area netta del picco calcolata dal programma in conteggi, è il tempo
di misura (nel caso in esame è stato impostato un tempo di misura pari a 100 secondi),
è l’efficienza di picco al valore di energia in questione (relativo alla curva di
efficienza precedentemente caricata nel programma),
è la frequenza di emissione del
picco gamma detta anche yield (resa) o Branching Ratio (BR) tabulata nella libreria di
105
riferimento. All’attività così calcolata è associato un errore calcolato per propagazione
dell’errore sull’area netta del picco fornito dal programma GammaVision.
L’ispezione visiva può portare a conclusioni errate di due diversi tipi:
-
si può escludere un segnale che viene ritenuto appartenente al fondo quando
invece era un segnale da considerare;
-
si può considerare segnale da considerare una misura eseguita superiore al
fondo quando invece apparteneva al fondo stesso.
Si fa dunque riferimento alla minima attività rivelabile MAR o MDA
(dall’inglese minimum detectable activity) del sistema di misura che prende in
considerazione, a numeratore al posto dell’area netta, un conteggio pari al livello critico
di rivelazione, ossia quel livello tale che, se superato, il segnale può essere considerato
come significativamente diverso dal fondo.
I valori di attività calcolati dai conteggi forniti dallo spettro gamma elencati nelle
tabelle relative agli esperimenti effettuati in questo lavoro di tesi (paragrafo 4.2.3) sono
da considerarsi corretti per il tempo di decadimento (decay correct). Ciò significa che ai
valori di attività A(0), calcolati a partire dall’intensità del picco in conteggi, deve essere
applicata la formula
per tenere in considerazione che nel tempo trascorso tra una misurazione e la successiva
parte dell’attività è stata persa per decadimento radioattivo. Tenendo conto che la
costante di decadimento λ per il
trascorso tra le due acquisizioni.
106
99m
Tc è pari a 3,2·10-5 [s-1] e inserendo in t il tempo
4.3.2
I CONTROLLI QUALITÀ
PUREZZA RADIONUCLIDICA
In tabella 18 sono riportati i valori di purezza radionuclidica determinati nella
soluzione fisiologica finale contenete il pertecnetato.
Tabella 18 Valori di purezza radionuclidica in percentuale delle soluzioni finali contenenti
pertecnetato.
Mo-A
Mo-B
Mo-C
AMo-99/ ATc-99m < MAR
AMo-99/ ATc-99m < MAR
AMo-99/ ATc-99m < MAR
ANb-97/ ATc-99m < MAR
ANb-97/ ATc-99m < MAR
ANb-97/ ATc-99m < MAR
ATc-93g/ ATc-99m = (0.15 ± 0.03) %
ATc-93g/ ATc-99m = (0.11 ± 0.03)%
ATc-93g/ ATc-99m = (0.11 ± 0.03)%
ATc-94g/ ATc-99m = (0.23 ± 0.03) %
ATc-94g/ ATc-99m = (0.20 ± 0.03) %
ATc-94g/ ATc-99m = (0.17 ± 0.02) %
DETERMINAZIONE DELLA PUREZZA CHIMICA
-
Il pH delle soluzioni finali, determinato utilizzando cartine tornasole ACIDAL
Vetrotecnica, -Padova (5-5,5) con passo 0.5, e PEHANON Mackerey-Nagel
Germany (5,2-6,8) con passo 0,2 risulta 4,5-5 (figura 64);
-
Il contenuto di molibdeno nelle soluzioni finali, determinato utilizzando il test
“MERCKOQUANT MOLIBDENO 5-250 MG/L”, è sempre risultato <5ppm.
(figura 65);
-
Il contenuto di alluminio, determinato con il test colorimetrico TEC-CONTROL
ALUMINIUM BREAKTHRU (BIODEX), è sempre risultato<5ppm (valore
indicato in Farmacopea) (figura 66);
-
Il contenuto di MEK è stato determinato mediante gascromatografia. Per
effettuare questa analisi è stato utilizzato un iniettore Agilent-Pal H6500-CTC,
gascromatografo Agilent Gc 6850 Series II Network e detector a spettrometria di
massa (MS) Agilent Mass Selective Detector 5973 Network. I campioni sono
stati diluiti in fisiologica e aliquotati. Per effettuare le analisi ad ogni aliquota è
stataaggiunta la matrice (NaCl in H2O milliQ) e lo standard (Fluorobenzene).
Il contenuto di MEK nei tre campioni è risultato <0.009% (v/v).
107
Figura 64 Determinazione del pH delle soluzioni finali contenenti pertecnetato.
Figura 65 Determinazione del molibdeno delle soluzioni finali contenenti pertecnetato.
Figura 66 Determinazione di alluminio delle soluzioni finali contenenti pertecnetato
108
DETERMINAZIONE DELLA PUREZZA RADIOCHIMICA
La determinazione della purezza radiochimica del pertecnetato è stata effettuata
utilizzando:
-
Carta Whatman 1
-
Fase mobile MeOH:H2O (8:2)
-
Cromatografo “Cyclone Plus Storage Phosphor System”
-
Software optiquant ™
La purezza radiochimica del 99mTcO4-, è sempre risultata 100% (figura 67).
Figura 67 Determinazione della purezza radiochimica mediante cromatografia TLC delle
soluzioni finali contenenti pertecnetato.
109
110
5
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
In questo capitolo riassumo i risultati del lavoro sperimentale svolto facendo in
particolare alcune considerazioni sulla purezza ed efficienza dell’eluato ottenuto
mediante il modulo da noi creato. Accenno alcune problematiche relative a tale metodo
di produzione di Tc-99m e gli sviluppi e studi futuri. Infine spiego come la Scienza dei
Materiali può essere di supporto alla medicina nucleare.
Lo scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di sviluppare un metodo semi
automatico per l’estrazione di
99m
100
Tc da target metallico di
Mo. Di estrema attualità
infatti è lo studio di produzione alternativa di questo importante radionuclide, utilizzato
per più dell’85% negli studi diagnostici medico nucleari, a seguito della crisi mondiale
che ha visto una drammatica riduzione del suo radionuclide genitore
99
Mo prodotto
mediante reattore nucleare. Tali reattori in funzione ormai da oltre cinquanta anni hanno
recentemente subito molteplici chiusure per manutenzione, con una drastica riduzione
della disponibilità del radioisotopo 99Mo.
La ricerca in questo ambito si sta muovendo, infatti, verso la produzione diretta
di
99m
Tc o del suo progenitore
99
Mo mediante l’impiego di acceleratori di particelle in
modo da provvedere al fabbisogno del radioisotopo su scala regionale. L’interessante
proposta che sembra aver maggior possibilità di sviluppo futuro è quella dell’utilizzo del
ciclotrone e al momento gli sviluppi attuali di tale tecnologia permettono la produzione
diretta di 99mTc preferendola a quella indiretta dal 99Mo. Questo perché il 99mTc, prodotto
dal decadimento radioattivo del 99Mo da ciclotrone, possiede attività specifica più bassa
rispetto a quello prodotto dal generatore
99
Mo/99mTc. Il
invece, risulta essere confrontabile con
99m
Tc
prodotto direttamente,
quello prodotto dal metodo attualmente
impiegato nella diagnostica medico nucleare.
A conferma dell’importanza ed attualità del progetto è la recente approvazione da
parte della European Pharmacopoeia Commission dell’elaborazione di una monografia
specifica per il pertecnetato di sodio per iniezione prodotto da ciclotrone.
111
Il lavoro sperimentale di cui mi sono in particolar modo occupata si inserisce in
un progetto interdisciplinare che prevede la collaborazione tra l’università di Padova,
Ferrara , Milano, Pavia ed i Laboratori Nazionali di Legnaro dell’Istituto Nazionale di
Fisica Nucleare (LNL-INFN) con lo scopo di preparare targets metallici arricchiti in
100
Mo, studiare i metodi di produzione più efficaci per produrre
99m
Tc in seguito a
bombardamento protonico e sviluppare metodi si estrazione/purificazione di tecnezio dal
target idonei per la preparazione di radiofarmaci utilizzabili in clinica.
Merito dell’interdisciplinarietà del progetto la Scienza dei Materiali è parte
fondamentale del lavoro in tutto il suo sviluppo, non solo per la scelta di materiali
opportuni per la costruzione del target e del supporto per il bombardamento, nonché per
i metodi produzione e deposizione, per lo studio di metodi di raffreddamento di
quest’ultimo e per studio della geometria e caratteristiche fisiche del fascio
protonico, ma anche per lo studio delle tecniche di estrazione del metallo dal target e
della successiva purificazione. In particolare il presente lavoro ha permesso di
sviluppare un metodo automatizzabile che permette di ottenere pertecnetato di sodio in
soluzione fisiologica con standard di purezza paragonabili a quelli attualmente ottenuti
mediante generatore di 99Mo/99mTc.
La procedura ottimizzata prevede la solubilizzazione del target metallico in H2O2
concentrata a caldo e la successiva basificazione con NaOH 6N. Il pertecnetato di sodio
così ottenuto viene estratto dalla soluzione acquosa, contenente anche molibdato di
sodio e altri sottoprodotti, utilizzando MEK. Abbiamo appurato che è sufficiente una
sola estrazione con 5 mL di MEK, che avviene dopo agitazione vigorosa, per separare
quantitativamente e selettivamente il [99mTcO4Na]. La soluzione organica contenente il
radionuclide viene ulteriormente purificata utilizzando una colonna di silice e una
colonna di allumina acida. L’impiego di una sola colonna di allumina ha consentito di
recuperare anche l’8% di attività che rimaneva sulla seconda colonna utilizzata negli
esperimenti preliminari, con volume di eluizione pari a 6 mL di soluzione fisiologica.
Il modulo permette di ottenere in circa 35 minuti il prodotto in resa di circa
l’80% (decay correct) rispetto all’attività iniziale. La purezza del prodotto finale rientra
pienamente nei parametri indicati dalla Farmacopea per il pertecnetato ottenuto da
generatore.
112
Tale metodo può essere integralmente automatizzato ed utilizzato con controllo
remoto per permettere un’adeguata protezione per l’operatore. Studi futuri saranno
rivolti alla preparazione dei radiofarmaci maggiormente utilizzati per le indagini
scintigrafiche e relativi studi sugli animali nonché alla ingegnerizzazione del modulo e
recupero del Mo-100.
113
114
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118
RINGRAZIAMENTI
Questo lavoro è stato svolto nell’ambito del gruppo di lavoro LARAMED (progetto di un
laboratorio per la produzione di radionuclidi per la medicina presso il ciclotrone dei
LNL dell’INFN di Legnaro) a cui i miei relatori afferiscono e che, raggruppando ai LNL
dell’INFN competenze nazionali diversificate nel campo della scienza dei materiali,
della biofisica, della radiochimica e della Medicina Nucleare, cerca di dare una
risposta a quello che potrà essere un’emergenza nei prossimi anni.
Il lavoro è stato per me particolarmente appassionante perché mi ha consentito di
applicare le competenze in Scienza dei Materiali, acquisite in questi anni, all’ambito
medico, per il quale ho sempre avuto una particolare sensibilità.
A tal proposito ringrazio il Professor Palmieri, mio relatore, per avermi fatto scoprire il
mondo della ricerca sui radiofarmaci e per avermi introdotto, con il consenso del
Direttore LNL INFN Giovanni Fiorentini e il Dott. Juan Esposito, nel progetto
APOTEMA al quale sono affezionata, essendo stato argomento anche della mia tesi
triennale, e di avermi dato la possibilità di contribuire attivamente a parte della
realizzazione dello stesso. Voglio ringraziarlo in particolar modo per il preziosissimo
supporto psicologico.
Ringrazio il Professor Duatti Adriano e la Dottoressa Alessandra Boschi, miei
correlatori, e tutto il gruppo di Ferrara del reparto Diagnostica per immagini, in
particolar modo il Prof. Giganti, la Dottoressa Licia, la Dottoressa Micole, la
Dottoressa Gaia Pupillo ed il Signor Rodolfo.
Ci tengo a sottolineare che la Dottoressa Alessandra è stata mio punto di riferimento e
modello in questi mesi, il suo sostegno, la sua disponibilità e gentilezza mi sono state
d’aiuto per affrontare con calma e serenità questo momento importante.
Ringrazio il gruppo di Pavia: Prof. Andrea Salvini, Dottoressa Lucilla Strada ed in
particolar modo ringrazio il Dott. Michele Prata per la disponibilità, pazienza e
supporto datomi.
Ringrazio, della sezione di Milano, Simone Manenti e della sezione INFN LNL il Dott.
Massimo Loriggiola e la Dott.ssa Silvia Martin.
Ringrazio i Professori Claudio Pascali e Stefano Boschi, relatori al Master
Universitario di II Livello a Ferrara in “Scienza e Tecnologia dei Radiofarmaci”.
119