UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA TECNICHE DI
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA UNITÀ OPERATIVA INTEGRATA DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE NATURALI DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIMICHE UNIPD Corso di Laurea Magistrale in Scienza dei Materiali TESI TECNICHE DI ESTRAZIONE DEL TECNEZIO-99m DA TARGET DI MOLIBDENO METALLICO Relatore: Prof. Palmieri Vincenzo Correlatore: Prof. Duatti Adriano Dott.ssa Boschi Alessandra Laureanda: Martini Petra Anno Accademico 2013/2014 2 SOMMARIO 1 2 INTRODUZIONE ALLA PROBLEMATICA ................................................................................... 5 1.1 LA CRISI DEL TECNEZIO ................................................................................................. 5 1.2 L'APPROCCIO STANDARD DA FISSIONE NUCLEARE......................................................... 9 1.3 IL POSSIBILE UTILIZZO DI ACCELERATORI DI PARTICELLE ......................................... 16 1.3.1 SEZIONI D’URTO E CARATTERISTICHE OTTIMALI DI IRRAGGIAMENTO .............. 16 1.3.2 STUDI DI IMAGING COMPARATIVI ........................................................................ 19 1.4 PRODUZIONE DEL TARGET .......................................................................................... 22 1.5 FONDAMENTI DI TEORIA .............................................................................................. 23 1.5.1 IL TECNEZIO ......................................................................................................... 23 1.5.2 IL DECADIMENTO RADIOATTIVO ......................................................................... 25 1.5.3 IL CICLOTRONE .................................................................................................... 28 1.5.4 LA COMPLESSAZIONE IN RADIOFARMACO .......................................................... 32 1.5.5 LA SOMMINISTRAZIONE E L’ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI ............................ 38 1.5.6 INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA E RADIOPROTEZIONE ............................... 42 LETTERATURA ...................................................................................................................... 45 TECNICHE DI PURIFICAZIONE ....................................................................................... 45 2.1 2.1.1 IL METODO CHATTOPADHYAY ............................................................................ 46 2.1.2 LA CROMATOGRAFIA AD ESTRAZIONE BIFASICA ACQUOSA ............................... 49 2.1.3 L’ESTRAZIONE CON SOLVENTE ORGANICO METILETILCHETONE ...................... 51 IL RECUPERO DEL MOLIBDENO-100 ............................................................................ 53 2.2 3 CONTROLLO QUALITÀ E TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE ............................................. 55 INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 55 CONTROLLO QUALITÀ ................................................................................................. 57 3.1 3.1.1 PUREZZA RADIONUCLIDICA ................................................................................. 57 3.1.2 PUREZZA RADIOCHIMICA ..................................................................................... 59 3.1.3 PUREZZA CHIMICA ............................................................................................... 59 3.1.4 IL PH ..................................................................................................................... 60 3.1.5 STERILITÀ ............................................................................................................. 60 3.2 TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE ............................................................................. 61 3.2.1 CALIBRATORE DI DOSE ........................................................................................ 61 3 4 3.2.2 SPETTROMETRIA γ CON RIVELATORE HPGe ........................................................ 62 3.2.3 TLC γ CROMATOGRAFIA....................................................................................... 66 PARTE SPERIMENTALE .......................................................................................................... 69 INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 69 4.1 LA TECNICA MEK MODIFICATA .................................................................................. 73 REALIZZAZIONE E OTTIMIZZAZIONE DEL MODULO SEMIAUTOMATIZZATO .......... 75 4.1.1 4.2 4.2.1 PRODUZIONE DEL TARGET .................................................................................... 87 4.2.2 L’IRRAGGIAMENTO ............................................................................................... 90 4.2.3 ESTRAZIONE E SEPARAZIONE DI TC-99m DAL TARGET ........................................ 91 4.3 5 TEST DEL MODULO ....................................................................................................... 87 ACQUISIZIONE DELLO SPETTRO GAMMA ................................................................... 102 4.3.1 ELABORAZIONE ED ANALISI DELLO SPETTRO GAMMA. .................................... 103 4.3.2 I CONTROLLI QUALITÀ ........................................................................................ 107 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ............................................................................................ 111 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................ 115 4 1 INTRODUZIONE ALLA PROBLEMATICA In questo capitolo introdurrò la problematica della crisi dei radioisotopi medici a base di 99m Tc dovuta all’attuale metodo di produzione del fissione dell’Uranio altamente arricchito in 235 99 Mo, ottenuto tramite U. I costi di installazione, di adeguamento alle nuove norme di sicurezza, il successivo smaltimento delle scorie e lo smantellamento dei reattori hanno messo a dura prova il Nucleare e così anche il mondo dei radioisotopi medici. Tali problematiche stanno rendendo difficile la distribuzione mondiale dei radiofarmaci a base di 99mTc rischiando, tra qualche anno, di non poter sopperire al fabbisogno; da qui la necessità di sviluppare metodi alternativi di 99m Tc e di fondare il progetto “APOTEMA” per produzione diretta o indiretta di studiare una potenziale produzione regionale di 99m Tc mediante acceleratore di particelle ai LNL INFN. Accennerò inoltre a come avviene attualmente la produzione di tali radionuclidi reattivi partendo dall’Uranio. 1.1 LA CRISI DEL TECNEZIO Il Tecnezio-99metastabile è un radioisotopo gamma emettitore impiegato nell’85% delle applicazioni di diagnostica in Medicina Nucleare. Consente di ottenere immagini di alta qualità degli organi indagati somministrando al paziente una bassa dose di radioattività e soddisfa i principali requisiti necessari per essere considerato radionuclide ideale. L’uso medico di procedure basate sul 99m Tc è cresciuto significativamente nell’ultimo decennio e si stima un’ulteriore incremento del 3-5% annuo, in particolare nei paesi in via di sviluppo. A causa della sua breve emivita, 6,01 ore, il 99m Tc, per usi diagnostici negli ospedali, necessita di essere prodotto in loco per consentirne la complessazione in radiofarmaco, l’esecuzione dei controlli qualità, l’iniezione nel paziente e la raccolta delle immagini. Attualmente il 99m Tc viene estratto come prodotto di decadimento del Molibdeno-99, che ha un’emivita di 66 ore, per mezzo di generatori compatti e 5 trasportabili che consentono di eluire dosi necessarie di radionuclide al bisogno (figura 1). Figura 1 Schema della catena di approvvigionamento di 99Mo e successivo utilizzo ospedaliero. [1] Il fabbisogno mondiale di 99 Mo contenuto nel generatore 99 Mo/99mTc è soddisfatto attualmente da cinque reattori nucleari che lo producono dalla fissione dell’Uranio (tabella 1), il cosiddetto HEU (Highly Enriched Uranium), ad arricchimento maggiore dell’80% in 235 U. Tali reattori sono tutti in funzione ormai da circa cinquanta anni e dal 2006 quasi annualmente hanno subito chiusure per manutenzione, con una drastica riduzione della disponibilità del radioisotopo. Il reattore SAFARI-1 (Sud Africa), dal 2010 assicura la produzione industriale di 99Mo usando solo Uranio a basso arricchimento LEU (Low Enriched Uranium), in cui la percentuale di 235 U non deve superare il 20%. Questo al fine di eliminare il problema dell’utilizzo del HEU per scopi militari ed impedire la proliferazione di armi nucleari. 6 Tabella 1 Reattori nucleari attivi [2] Reattori Locazione Proprietà Inizio funzionamento Previsione spegnimento NRU Chalk River (CAN) AECL 1957 2009-2010 HFR Petten (NED) 1961 2016 BR2 Mol (BEL) 1961 2016-2020 OSIRIS Saclay (FRA) 1966 2014-2015 SAFARI-1 Pelindaba (RSA) 1965 2030 European Commission Centre d’Etude de L’Energie Nucléaire Commissariat à l’Energie Atomique Nuclear Energy Corporation of South Africa A livello mondiale, la disponibilità di 99 Mo e quindi di 99m Tc, sta diminuendo progressivamente. Per tale motivo dal 2009 la comunità scientifica internazionale ha chiesto di individuare processi alternativi per produrre questo radioisotopo (figura 2). La ricerca in questo ambito si sta muovendo verso la produzione diretta di progenitore 99 99m Tc o del suo Mo mediante acceleratori di particelle in modo da provvedere al fabbisogno del radioisotopo su scala regionale. [3] Figura 2 Tre potenziali metodi di produzione di 99mTc mediante bombardamento protonico di Mo. 7 Il progetto “APOTEMA” (Accelerator-driven Production Of TEchnetium/Molybdenum for medical Applications) di cui è responsabile il Dott. Juan Esposito dei Laboratori Nazionali dell’INFN di Legnaro (LNL), a questo proposito, intende esplorare la possibilità di produrre, mediante acceleratore, quantità sufficienti di 99m Tc per le necessità diagnostiche della Regione Veneto. Tale progetto interdisciplinare prevede la collaborazione tra diverse Università italiane ed i LNL, in particolare con la seguente suddivisione dei compiti: l’Università di Padova in collaborazione con LNL è impegnata nella produzione di targets metallici di 100 Mo e studi relativi alle cross- section; l’Università di Ferrara nello sviluppo di un modulo semiautomatizzato per l’estrazione e separazione del 99m Tc dal target metallico; l’Università di Pavia nella caratterizzazione del prodotto e recupero del molibdeno-100; l’Università di Milano nell’irraggiamento del target con ciclotrone ad Ispra. La stessa attività di ricerca risulta inoltre inserita in un “Coordinated Research Project” (CRP) dal titolo “Acceleratorbased Alternatives to Mo-99/Tc-99m production”, tra le Università ed Istituti precedentemente citati e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA, Vienna) assieme alla collaborazione di altri gruppi di ricerca in Europa e nel Mondo. Lo scopo principale della presente tesi è quello di sviluppare un sistema semiautomatico per il recupero in alta resa di 99mTcO4- pronto all’uso. Merito dell’interdisciplinarietà di “APOTEMA” la Scienza dei Materiali è parte fondamentale del progetto in tutto il suo sviluppo. 8 1.2 L'APPROCCIO STANDARD DA FISSIONE NUCLEARE La fissione nucleare è un processo durante il quale il nucleo di un atomo si divide in due o più frammenti, prodotti della fissione, ed altre particelle come sottoprodotti. La fissione è perciò una forma di trasmutazione. Le reazioni nucleari utilizzate a scopo bellico, la bomba atomica, sfruttano come nucleo fissile l’Uranio-235 in quanto emette una quantità di neutroni sufficiente a generare una reazione a catena incontrollata di fissione (divisione spontanea o indotta del nucleo atomico di un elemento pesante in più frammenti). L’Uranio arricchito è una miscela di isotopi dell’Uranio, che differisce dall’Uranio naturale per un maggior contenuto dell’isotopo 235 U (concentrazione superiore al 20%), ottenuto attraverso il processo di separazione isotopica. Nell’Uranio naturale la percentuale di questo isotopo è, in peso, circa 0,711%, mentre la maggior parte del materiale è composta quasi totalmente da 238U. Gli isotopi dell’uranio vanno dal 226 al 240 (Figura 3). Figura 3 I vari isotopi dell'Uranio 9 L’isotopo 238 U, presente dopo l’arricchimento dell’Uranio ed il riprocessamento del combustibile esausto proveniente dai reattori nucleari, è noto come “Uranio impoverito” ed è meno radioattivo anche rispetto all’uranio naturale. La separazione degli isotopi è complessa in quanto il loro peso atomico è molto simile. Si utilizzano impianti costituiti da centrifughe a stadi successivi identici, per una produzione a concentrazioni sempre più elevate di 235 U (arricchimento sequenziale a cascata, sistema meccanico o per centrifugazione di esafluoruro di Uranio (UF6) gassoso). Un metodo alternativo di arricchimento dell’Uranio è la diffusione termica, la quale sfrutta il fatto che molecole gassose di UF6 contenenti 235 U sono più leggere e diffondono verso la superficie calda mentre le molecole gassose più pesanti di 238 U diffondono verso la superficie più fredda (metodo della diffusione gassosa di UF6). Le reazioni di fissione producono isotopi radioattivi di vario genere (isotopi del Molibdeno, del Tecnezio, dello Stronzio, dello Iodio, del Kripton, del Bario, etc…) oltre ad alcuni nuclei ancora attivi e fissili. Fra i sottoprodotti vanno inclusi neutroni, fotoni gamma e altri frammenti nucleari come le particelle α e β. Tabella 2 Alcuni schemi di Fissione dell'Uranio e sottoprodotti 235 92U + 10n → 9037Rb + 14455Cs + 2 10n 235 92U + 10n → 8735Br + 14657La + 3 10n 235 92U + 10n → 7230Zn + 16062Sm + 4 10n Come si nota dalle reazioni in Tabella 2, a partire da un neutrone iniziale si produce un numero multiplo di neutroni: questi sono in grado di alimentare la fissione di un numero crescente di nuclei di 235 U e, se questi ultimi sono presenti in quantità corrispondente alla massa critica, si può avere una reazione a catena. Attualmente la produzione di energia elettrica attraverso il nucleare è in via di dismissione in alcuni paesi sviluppati a causa dei costi elevati, della gestione delle scorie e della mancata accettazione dei rischi da parte dell’opinione pubblica, dati i recenti e passati incidenti (Three Miles Island USA 1979, Chernobyl Ukraina 1986, Fukushima 10 Giappone 2011). I governi stanno accelerando i tempi di chiusura dei reattori nucleari ancora in funzione anche a causa delle costose nuove norme di sicurezza. Un aumento della sicurezza comporta necessariamente una crescita esponenziale dei costi di costruzione. Questa è una delle cause che rende le centrali nucleari più moderne meno competitive rispetto a quelle più vecchie e rispetto ad altre fonti energetiche. Il problema delle scorie radioattive è probabilmente il più critico per l’industria nucleare da fissione. Il processo di fissione sul combustibile (235/238U, Plutonio) comporta la produzione di materiali radioattivi, come sottoprodotti, che rimangono tali per lunghissimo tempo (tempo di decadimento) con il conseguente problema dello smaltimento delle scorie. Per limitare questa problematica, vengono effettuati processi di ritrattamento che consistono nella separazione di quegli elementi ancora fertili e fissili quali U e Pu da quelle scorie inutilizzabili ad alta radiotossicità e grande persistenza nell’ambiente, che devono necessariamente essere collocate in luoghi sicuri. Attualmente le scorie vengono preventivamente solidificate, se liquide o gassose, e confinate in appositi depositi. Se classificate a basso livello di radioattività sono poste in depositi superficiali all’interno di barriere ingegneristiche. Al contrario, sono poste in bunker sotterranei (deposito geologico) profondi e schermati in modo tale da evitare la fuoriuscita di radioattività nell’ambiente esterno, se classificate a più alto livello di radioattività. Per quanto lo scopo principale della fissione nucleare dell’Uranio arricchito sia quello energetico, i sottoprodotti generati vengono ampiamente sfruttati anche nell’ambito della Medicina Nucleare. Numerosi radioisotopi così prodotti, emettitori di radiazioni beta e gamma, dopo raffinati processi di decadimento radioattivo e complessazione in specie chimiche specifiche, danno origine a radiofarmaci ambiti nella diagnostica e nella terapia nucleare. Tra gli isotopi prodotti dalla fissione nucleare troviamo il 99Mo, in misura pari al 6% in massa (Figura 4), radionuclide instabile genitore del 99m Tc (Figura 5) grazie al decadimento radioattivo con emissione di radiazione beta. 11 Figura 4 Resa di Mo-99 da fissione Uranio-235.[2] Figura 5 Attuale approccio alla produzione di Tc99m: dalla fissione dell' 235U al decadimento radioattivo del precursore 99Mo. Un'importante invenzione che consentì a tutti gli ospedali di disporre del 99m Tc, che per la sua breve emivita necessita di essere prodotto in situ pronto per l’iniezione, è il generatore 99 Mo/99mTc, sviluppato alla fine degli anni '50 al Brookhaven National Laboratory. Il suo funzionamento si basa sul decadimento del 99Mo (Eβ-max = 1.36 MeV, t1/2 = 66.0 h) in 99m Tc, che avviene con un'efficienza dell'87% circa, mentre il secondo prodotto di reazione è il (figura 6) 12 99g Tc, nel quale il 99 Mo può anche decadere direttamente Figura 6 Modelli di decadimento del Mo99. Le dimensioni di un tipico generatore di 99m Tc sono circa 30x15x15 cm (figura 7). Date le sue piccole dimensioni questo dispositivo risulta facilmente trasportabile. I componenti di tale dispositivo devono essere sterili, in modo da non contaminare la soluzione finale che andrà iniettata nel paziente. Un generatore trasportabile è composto da (figura 8): - Colonna di allumina sterile (resina a scambio ionico); - Contenitore di Piombo, di spessore di alcuni cm, per schermare da radiazioni β- e γ durante il processo di decadimento; - Tubicini di collegamento, aghi e flaconcini; - Due alloggiamenti posti sulla parete superiore del generatore uno contenete soluzione fisiologica e l’altro inizialmente “vuoto d’aria” e successivamente contenente la soluzione finale. 13 Figura 7 Una versione commerciale del generatore in situ di Tc-99m. Figura 8 A sinistra lo schema descrittivo di un Generatore, a destra il primo generatore di 99m Tc. [4] Il meccanismo di funzionamento è relativamente semplice: il 99Mo sotto forma di molibdato, 99 MoO42 -, è assorbito in allumina acida (Al2O3). Quando il forma pertecnetato 99 Mo decade 99m TcO4- (con emissione β-), che per la sua singola carica è meno strettamente legato all’allumina. La depressione provocata dall’inserimento del flaconcino vuoto nell’apposito alloggiamento, facilita lo svuotamento del flaconcino contenente soluzione fisiologica, la quale, attraversando la colonnina di allumina, asporta solo il 99m forma chimica di Tc. Al termine dell’eluizione il radioisotopo sarà così ottenuto nella 99m TcO4- nel flaconcino prima vuoto, pronto per essere utilizzato per marcare i vari radiofarmaci. Dopo l’eluizione la colonna di allumina contiene solo 99Mo 14 che continuando a decadere a 99m Tc rende possibile effettuare successive eluizioni. (figura 9) Un generatore di 99mTc è potenzialmente in grado di procurare dosi di radio farmaco per diagnosi da pochi milligrammi di 99Mo. Figura 9 Generazione percentuale di 99mTc da decadimento di 99Mo in funzione del tempo e del numero di eluizioni sullo stesso campione. [2] La prospettiva di una crisi di produzione di vari radioisotopi per uso medico ha suscitato lo stimolo e la ricerca di metodi alternativi di approvvigionamento. Per quanto riguarda la produzione di 99mTc la proposta è quella di ottenerlo anziché dal decadimento radioattivo del 99Mo dal bombardamento protonico su bersagli di 100Mo. 15 1.3 IL POSSIBILE UTILIZZO DI ACCELERATORI DI PARTICELLE 1.3.1 SEZIONI D’URTO E CARATTERISTICHE OTTIMALI DI IRRAGGIAMENTO Studi teorici preliminari sono stati effettuati dal responsabile del progetto APOTEMA Dott. J. Esposito (INFN-LNL) [5] per stimare il numero finale di atomi, l’attività disponibile nel target di 100Mo a EOB (End Of Bombardment) e ottimizzare le condizioni di irraggiamento riducendo al minimo i radionuclidi contaminanti generati da tutti gli altri isotopi presenti all’interno del target (tabella 3 e 4). Tabella 3 Abbondanza isotopica percentuale nel target di molibdeno metallico. 16 Composizione isotopica del target Abbondanza isotopica percentuale Mo-100 99,05 Mo-98 0,54 Mo-97 0,07 Mo-96 0,11 Mo-95 0,10 Mo-94 0,05 Mo-92 0,08 Tabella 4 Isotopi del Niobio e del Tecnezio che potrebbero essere prodotti da reazioni nucleari del tipo 100Mo(p,x) Radionuclidi contaminanti con lunghi tempi di dimezzamento come 99gTc, 98Tc e 97g Tc possono avere un impatto diretto sull’attività specifica del prodotto finale. Altri isotopi presenti con emivita breve possono influire sulla purezza isotopica (IP) e sulla purezza radionuclidica (RNP) del prodotto finale. In primo luogo la stima dell’attività specifica del dal target di 100 Mo passando per la produzione di 99 99m Tc prodotto indirettamente, Mo e successivo decadimento radioattivo, risulta essere inferiore di un fattore 104 rispetto a quella fornita dagli attuali generatori, mentre con il metodo diretto 100 Mo(p,2n)99mTc le attività specifiche del prodotto sono simili a quelle fornite da generatore. Per questo motivo la ricerca si è concentrata sulla produzione diretta di 99mTc. Per mezzo di modelli nucleari teorici è stato possibile simulare, a diverse condizioni di irraggiamento, la funzione cross-section. 17 Figura 10 Funzioni di eccitazione 100Mo(p,2n)99mTc sperimentali misurate negli ultimi vent'anni. Dalla figura 10, in cui sono raccolti i dati disponibili in letteratura relativi agli studi di sezione d’urto, si può notare che nel range di energia compresa tra 5 e 50 MeV vi è un singolo picco centrato attorno a 15 MeV e stimato avere intensità compresa tra i 200-300 mb (1barn=10-24cm2). Per minimizzare la produzione di contaminanti sono state studiate le funzioni di eccitazione teoriche relative alle reazioni 100Mo(p,x) per gli isotopi addizionali. Figura 11 Funzioni di eccitazione 100Mo(p,pxn)xxTc teoriche.[6] 18 Dalla figura 11 si nota che solo i contaminanti a lunga vita possono essere prodotti da 100 99g Tc, 98 Tc e 97g Tc Mo fino a 25 MeV. Nella stessa figura sono anche riportate 100 Mo(p,2n)99gTc le valutazioni sperimentali della funzione di eccitazione di nell’intervallo di energia compreso tra 8-18 MeV. Questo studio ha permesso di definire come range operativo ottimale di energia per la produzione diretta di 99m Tc da acceleratore, quello compreso tra 15 e 20 MeV a 500µA. In particolare si è visto che, se i tempi di irraggiamento non superano le 3 ore, IP e RNP, alcune ore dopo EOB, sono vicine a quelle relative al 99m Tc prodotto da generatore. Anche l’attività specifica a EOB, utilizzando un fascio protonico da 15-20 MeV, è simile a quella derivabile da generatore ossia di circa 106 Ci/g, 1.3.2 STUDI DI IMAGING COMPARATIVI La proposta alternativa alla produzione di 99m Tc da generatore 99 Mo/99mTc, che prevede l’utilizzo di Molibdeno prodotto da fissione, è quella di utilizzare l’acceleratore di particelle per bombardare con un fascio di protoni ad alta potenza un target di 100 Mo, reperibile in metallo o ossido, secondo la reazione nucleare: 100 Mo(p, 2n)99mTc. L’uso degli acceleratori di particelle è già ampiamente sfruttato nella produzione di radionuclidi per la diagnostica PET come 18 F e si tratterebbe solo di ottimizzare i parametri di lavorazione per amplificarlo ai radioisotopi come il 99mTc. In uno studio di comparazione effettuato da un gruppo di ricerca canadese [7] il 99m Tc, prodotto per mezzo del ciclotrone, è stato testato in vivo su cavie sane (figura 12) per valutarne la purezza e l’efficienza: in una è stato iniettato il radiofarmaco con 99m Tc prodotto per mezzo del ciclotrone, nell’altra quello prodotto dal generatore. La purezza dei radionuclidi prodotti con ciclotrone 99m Tc è stata rivelata essere >>99,99%, come valutato dalla spettroscopia gamma. Osservando le immagini dei ratti, ottenute dopo la somministrazione endovenosa, si è potuto distinguere nei modelli di distribuzione del 99m Tc la zona tiroidea, posta in 19 evidenza da 99m Tc-pertecnetato, lo scheletro con 99m Tc-MDP, il cuore con 99m Tc-MIBI (paragrafo 1.5.4). Non si è notata alcuna differenza tra i modelli di distribuzione del 99m Tc prodotto tramite ciclotrone e quelli del 99mTc prodotto dal generatore. I risultati dei test di controllo qualità e la somministrazione in vivo supportano il concetto che il 99mTc prodotto da ciclotrone è adatto per la preparazione di radiofarmaci. Figura 12 Scintigrafia planare di 2 cavie sane dopo 2 ore dall'iniezione di diversi radiofarmaci a base di tecnezio prodotto via ciclotrone (immagine destra) e da generatore 99Mo/99mTc (immagine sinistra). Oltre ad un confronto qualitativo come quello appena esposto è possibile fare un confronto quantitativo tra il 99 99m Tc prodotto tramite ciclotrone e tramite generatore Mo/99mTc (tabella 5). Tale confronto si basa sulle caratteristiche tecniche della produzione e sui passaggi immediatamente successivi per l’estrazione dal materiale “genitore”. 20 Tabella 5 Confronto 99mTc prodotto tramite ciclotrone e tramite generatore. Cyclotron-Produced 99m 99 Mo/99mTc Generator-Produced Tc 99m Tc Da 100Mo isotopo sintetico Da 99Mo isotopo sintetico da fissione nucleare di uranio arricchito T1/2=1019anni T1/2=65,94 ore Reazione nucleare100Mo(p,2n)99mTc 99 Mo/99mTc Decadimento β- Decadimento β- Ciclotrone TR-19 Generatore trasportabile Target piccoli, dischi di 6 mm di diametro (110-153 mg 100Mo sinterizzato (99,54%) su un supporto di Tantalio Il target viene bombardato per 1,5-3h con protoni 15-20 MeV Dopo il bombardamento studio di metodiche di estrazione e separazione del 99mTc dal target metallico Mo viene eluito nella colonna di allumina del generatore con 3ml di soluzione salina (fisiologica) Viene estratto il Tc sottoforma di pertecnetato (99mTcO4-) eluito in 5ml di una soluzione di bromuro tetrabutilammonio in dicloro metano È stato stimato che il tasso di produzione del 99m Tc, 0,6 GBq/μA/h a 24 MeV, indica che possono essere prodotti in due cicli di bombardamenti di 6 h a 500 μA fino a 2,75 TBq di 99mTc utilizzando un ciclotrone ad energia media. Assumendo una perdita del 15% di 99m Tc durante il processo radiochimico, un’iniezione di 0,9 GBq di attività media su paziente, la quantità finale sarebbe sufficiente a preparare 800 dosi di radio farmaci (fabbisogno giornaliero per una popolazione di 5-7 milioni di individui). Tali risultati preliminari lasciano supporre che la produzione del 99m Tc tramite ciclotrone potrebbe permettere una fornitura di radiofarmaci sufficiente a soddisfare il fabbisogno regionale ad un costo contenuto.[8] 21 1.4 PRODUZIONE DEL TARGET Un vantaggio dell’utilizzo di questa tecnica per la produzione di nella reperibilità in metallo o ossido del 100 99m Tc risiede Mo arricchito al 99,05% e ad un prezzo conveniente. Vengono utilizzati principalmente piccoli targets, dischi di 6 mm di diametro, composti da un supporto di Tantalio sul quale vengono depositati 110-153 mg di 100 Mo sinterizzato con diversi metodi [9]: - Backing; - Electroplating: è una tecnica di placcatura in cui ioni metallici in soluzione vengono spostati e depositati, grazie all’intervento di un campo elettrico, su un elettrodo in bagno chimico; - Sintering: è un metodo utilizzato per formare un materiale a partire dalla polvere. Essa si basa sul processo di diffusione atomica; - Ion beam sputtering: è una tecnica di sputtering attuata con un cannone a ioni operante in ultra alto vuoto in grado di accelerare ioni; - HIP hot isostatic pressing: processo di produzione utilizzato per ridurre la porosità dei metalli. Si lavora a temperature e pressioni elevate; - Thermal spray method: è una tecnica di rivestimento in cui materiali fusi vengono spruzzati, vaporizzati su una superficie. Ultimamente sono state applicate nuove tecniche di placcatura elettrochimica per la produzione rivestimenti di 100Mo su una vasta gamma di materiali. Rivestimenti delle dimensioni >30μm sono stati depositati su supporti di Tantalio, Rame, Alluminio etc.. raggiungendo circa l’85% della densità teorica. Il supporto più utilizzato è quello in Ta. È importante selezionare il materiale giusto su cui far aderire il bersaglio di Ta rivestito di 100 Mo e anche capire quale sia la miglior tecnica da adottare. Il porta campione deve essere costituito da un materiale che non venga attivato dal bombardamento protonico, che non si surriscaldi troppo facilmente e che non contamini il materiale attivo. Tra i vari metodi di connessione accenniamo alla brasatura (ausilio di materiale d’apporto che penetra per capillarità tra i materiali da assemblare), e all’utilizzo di paste d’argento che vengono stese tra il porta campione e il supporto e ne consentono un’ottima adesione. 22 Questi metodi devono essere il grado di tenere il target aderente al supporto e di essere efficaci anche in presenza di ultra alto vuoto UHV. 1.5 FONDAMENTI DI TEORIA 1.5.1 IL TECNEZIO Il Tecnezio è l’elemento chimico di numero atomico 43 della tavola periodica ed è il primo nella storia ad essere prodotto artificialmente (figura 13). Appartiene al settimo gruppo della serie di transizione e ha configurazione elettronica [Kr]4d65s1, massa atomica 98,9063. Figura 13 Il Tecnezio. Mendeleev, quando dispose gli elementi in quella che tuttora è nota come la tavola periodica, predisse l’esistenza di un elemento che doveva seguire il manganese lungo il gruppo secondo la logica della ripetitività delle proprietà. Gli diede il nome di Ekamanganese. Solo nel 1937 Carlo Perrier ed Emilio Segrè nei laboratori di Fisica dell’Università di Palermo riuscirono ad isolare del 97 Tc da un campione di Molibdeno sottoposto a bombardamento con deuteroni nel ciclotrone dell’Università di Berkeley. Oggi vari isotopi del tecnezio vengono ricavati artificialmente in reattori nucleari come sottoprodotti di fissione dell’Uranio-235/238, isolandoli mediante cromatografia a scambio ionico dalle scorie radioattive. Il Tecnezio non ha isotopi stabili, se ne conoscono 25 le cui masse atomiche variano da 86 a 118 unità di massa atomica e sono tutti radioattivi. L’essere 23 energeticamente instabili fa sì che tali isotopi vengano classificati come radionuclidi. Il tempo che trascorre affinché un nucleo instabile decada ad uno più stabile e il tipo di emissione di radiazione provocata dal decadimento sono caratteristici per ogni radionuclide (tabella 6). Si definisce “emivita” o tempo di dimezzamento il tempo che deve trascorrere affinché metà dei nuclei di un dato radionuclide vada incontro a decadimento. I tempi di dimezzamento associati ad ogni isotopo del tecnezio sono molto diversi tra loro: essi spaziano dall'ordine dei microsecondi (es. migliaia di anni (es. 97 Tc, 98 Tc, 99 86m Tc) alle centinaia di Tc). Vi sono anche diversi stati metastabili, 97m Tc, 95m Tc, 99mTc. Tabella 6 Emivita e decadimento radioattivo dei diversi isotopi del Tecnezio. [10] 24 1.5.2 IL DECADIMENTO RADIOATTIVO Gli isotopi instabili decadono spontaneamente attraverso uno o una combinazione di sei processi per raggiungere la stabilità: fissione spontanea, emissione di particelle α (nuclei di 4He, 2 protoni e 2 neutroni), β- (1 elettrone e 1 antineutrino), β+ (1 positrone), transizione isomerica con emissione di raggi γ o per cattura elettronica. Il decadimento radioattivo avviene secondo la seguente reazione [X Y + particella (e/o fotone)] che trasforma il nuclide instabile (genitore) X nel nuclide meno instabile o stabile (figlio) Y per mezzo dell’emissione di fotoni o particelle più fotoni. Se il decadimento radioattivo avviene per emissione di particelle o per cattura elettronica cambia il numero atomico del radionuclide (es: ), se avviene per emissione di raggi γ il numero atomico non cambia e il prodotto del decadimento è un isomero del nuclide instabile di partenza con uguale numero atomico e massa atomica, ciò che varia è lo stato energetico (es: nel decadimento dalla forma metastabile a quella stabile dello stesso isotopo ). Il decadimento β-, β+ e cattura elettronica possono trasformare il nuclide genitore in uno stato isomerico del nuclide figlio il quale a sua volta decade allo stato fondamentale per mezzo della transizione isomerica con emissione di raggi γ pari alla differenza tra i due stati energetici. L’ energia del fotone gamma è caratteristica per ogni radionuclide e può assumere solo livelli discreti di energia. Quando gli stati isomerici hanno vita lunga (T1/2 da una frazione di picosecondi a molti anni), si possono definire stati metastabili come il 99mTc (figura 14). 25 Figura 14 Schema di decadimento del 99mTc In tutti i processi di decadimento l’energia, la massa e la carica dei radionuclidi devono essere conservate. Questi tipi di emissioni vengono sfruttate nella Medicina Nucleare a scopo diagnostico e terapeutico in base al tipo di radiazione. Incorporando il radionuclide in apposite molecole trasportatrici è possibile dare origine a farmaci radio marcati o radiofarmaci. [4] L’ attività di una sostanza radioattiva rappresenta il numero di decadimenti subiti nell’unità di tempo e si definisce come dove con N(t) è indicato il numero di nuclei presenti all’istante t e con la costante di decadimento ossia la probabilità di disintegrazione nell’unità di tempo per un singolo atomo radioattivo. La costante di decadimento è relazionata all’emivita secondo la seguente relazione: L’attività può essere anche indotta mediante irraggiamento di un nucleo stabile con particelle neutre o cariche (reazione nucleare) e in tal caso essa si calcola a partire dall’equazione: 26 dove con I si indica l’intensità del fascio (flusso di particelle), con n il numero di nuclei nel bersaglio per unità di volume, con σ la sezione d’urto della reazione in gioco, con t il tempo di irraggiamento e con V il volume di interazione. L’attività di un radionuclide si misura, nel sistema internazionale di misura SI, in Becquerel (Bq) dove 1 Bq equivale a 1 disintegrazione al secondo perciò dimensionalmente equivale a [s-1]. L’attività del radionuclide si misura anche in Curie (Ci): 1 Ci equivale a 3,7*1010 Bq o meglio a 37 GBq. In una preparazione radiofarmaceutica è sempre presente un po’ di farmaco “freddo”, cioè non radioattivo, che prende il nome di carrier. Diventa perciò necessario riferire la quantità di radioisotopo (Ci) presente nel radiofarmaco all’unità di massa. È questa l’Attività Specifica che viene espressa come Ci su mole o grammo di prodotto. Nel caso di isotopi a breve emivita, come il 99m Tc, il carrier si viene a formare per decadimento del radioisotopo nel corso della sintesi dell’estrazione del radionuclide dal target di partenza e della sintesi del radiofarmaco. Nel caso del 99mTc si parla dunque di campioni non carrier-added (N.C.A) intendendo che durante la preparazione non è stato aggiunto intenzionalmente del carrier. L’aggiunta intenzionale del carrier è dovuta alla necessità di aumentare la quantità dell’isotopo da complessare in radio farmaco per facilitarne la sintesi. [11] 27 1.5.3 IL CICLOTRONE Il ciclotrone è un acceleratore circolare di particelle elettricamente cariche (normalmente ioni leggeri) che utilizza la presenza di campo elettrico per fornire l’accelerazione e di campo magnetico per fornire la direzione alle particelle. La traiettoria percorsa dalle particelle è una spirale (figura 15) [12]. Figura 15 Schema descrittivo del funzionamento del ciclotrone. Il funzionamento del ciclotrone si basa sull’applicazione di una corrente alternata ad alta frequenza ed alta tensione, in associazione con un campo magnetico perpendicolare. L’apparato consiste in una camera da vuoto circolare (< 10-6 mbar) (figura 16) all’interno della quale sono posti i due elettrodi cavi a forma di D (chiamati dees) accostati l’uno all’altro dalla parte piatta. Essi necessitano di un sistema di raffreddamento al loro intorno in quanto la collisione di eventuali particelle spurie ne provoca un notevole riscaldamento. La ricerca, per tale motivo, è indirizzata verso l’ottimizzazione della traiettoria del fascio per aver meno perdita possibile di intensità e migliorare il surriscaldamento degli elettrodi. 28 La camera è posta tra le espansioni polari di un magnete, in modo che il campo attraversi il piano su cui giacciono gli elettrodi, ossia perpendicolare al piano di movimento. Le pareti del ciclotrone sono schermate con il Piombo per evitare la fuoriuscita di radiazioni nella tutela del personale di laboratorio. Figura 16 Schematizzazione del nucleo del ciclotrone. Quando una particella viene introdotta tangenzialmente alla camera, ortogonalmente al campo magnetico, essa viene deviata e mantenuta su un orbita circolare per effetto della forza di Lorentz [12]: . Applicando un’opportuna differenza di potenziale alternata ad alta frequenza, detta radiofrequenza, tra i due elettrodi le particelle subiscono un’accelerazione ogni volta che passano nello spazio tra essi, acquistando energia cinetica . La forza centripeta che trattiene le particelle nella traiettoria circolare è generata dal campo magnetico trasversale per effetto della forza di Lorentz. Accelerando, il diametro dell’orbita aumenta fino a quando il fascio non fuoriesce tangenzialmente dal bordo del dispositivo. Essendo la velocità angolare: 29 allora vale anche la relazione: dall’equazione della forza di Lorentz. Essendo m la massa dello ione, q la carica dello ione e v la sua velocità, eguagliando le due equazioni, possiamo ricavare r ossia il raggio dell’orbita e dedurre che esso è direttamente proporzionale alla quantità di moto mv delle particelle: La frequenza di rivoluzione νc (frequenza di ciclotrone) di una particella di carica q in un campo magnetico con vettore induzione (supposto costante), di modulo B, è pari a ovvero un incremento della velocità determina un aumento del raggio dell’orbita, ma non ha alcun effetto sulla frequenza orbitale o sul periodo , essa dipende soltanto dal campo magnetico applicato. La condizione di funzionamento è che il tempo t impiegato a percorrere mezzo giro di circonferenza sia uguale al semiperiodo di radiofrequenza (campo elettrico trasversale con frequenza multipla della frequenza di rotazione) [13]: La pulsazione ωrf della radiofrequenza, detta pulsazione di ciclotrone, deve essere uguale alla velocità angolare degli ioni. Quando il pacchetto di particelle raggiunge l’energia voluta, che corrisponde ad un orbita ben definita di raggio Rest (raggio di estrazione), il fascio viene deviato dal 30 sistema di estrazione e inviato contro un bersaglio, nel quale avrà luogo la reazione nucleare desiderata (figura 17 e 18). Figura 17 Illustrazione di un Ciclotrone. Figura 18 Traiettoria del fascio protonico all'interno del ciclotrone. [14] 31 1.5.4 LA COMPLESSAZIONE IN RADIOFARMACO Il tecnezio si presenta prevalentemente sottoforma di anione pertecnetato [TcO4]in cui il tecnezio ha numero di ossidazione +7, che forma composti di diversa natura cristallina con diversi metalli. L’anione pertecnetato [99mTcO4]- viene selettivamente captato dalle cellule della tiroide e viene dunque usato come agente diagnostico per questo particolare organo. Il motivo di tale selezione è conseguenza del fatto che l’anione pertecnetato simula le proprietà dello ione ioduro I- per dimensione e carica. Per questo viene riconosciuto dalla stessa proteina che trasporta lo ione ioduro e accumulato nel tessuto tiroideo con un’efficienza addirittura superiore a I-. Per indirizzare più specificamente il tecnezio verso siti differenti all'interno dell'organismo è necessario complessare il metallo in maniera tale da condizionarne le proprietà chimico-fisiche. La molecola complessa funge da trasportatore di radioattività e da agente selettore in quanto permette al radiofarmaco di non interagire durante il tragitto dal punto di iniezione con altri tessuti e di riconoscere selettivamente il tessuto di interesse in cui deve depositarsi. Per sviluppare l’affinità selettiva della specie chimica ospitante si lavora sulla capacità di interagire con qualche processo biofisico o biomolecolare che avviene nel sito del bersaglio. La specie biologicamente attiva può essere una macromolecola di origine biologica, come una proteina, o di origine sintetica, come un peptide, alla quale viene legato il radionuclide in modo da non alterarne le proprietà biologiche originarie. Un complesso è il prodotto della formazione di un legame tre un atomo o ione centrale e dei leganti coordinati che possono essere atomi, ioni o molecole. Il composto coordinante lega un numero di leganti superiore al suo numero di ossidazione. Il numero di legami esistenti tra composto coordinante e leganti è detto numero di coordinazione. Il caso più comune è la coordinazione ottaedrica (figura 19) in cui il numero di coordinazione è pari a 6. 32 Figura 19 Orientazione dei leganti e degli orbitali d di uno ione metallico di transizione in coordinazione ottaedrica: a) orientazione dei leganti rispetto agli assi cartesiani; b) il piano x-y di uno ione metallico di transizione. Tabella 7 Stati di ossidazione del Tecnezio. [15] Stato di ossidazione Core 7+ TcO4- 6+ TcN3+ 5+ Tc O3+ , Tc O34+ , Tc N2+ , TcS3+ , TcNR3+ 4+ Tc 4+ , Tc P24+ , TcO(OH)+ , Tc(OH)22+ 3+ Tc P33+ , Tc3+ 2+ Tc2+ 1+ Tc+ , Tc(CNR)6+ , Tc(CO)3+ 0 Tc , Tc2 1- Tc Esistono complessi di coordinazione semplici, i cosiddetti composti essenziali del Tc, il cui destino all'interno dell'organismo è determinato sia dalle caratteristiche chimico-fisiche (carica, dimensioni, stabilità e lipofilicità) che dalle interazioni con i componenti biologici e complessi di coordinazione caratterizzati da un legante con particolari caratteristiche biologiche in grado di coordinare stabilmente il metallo (es. peptidi, anticorpi, molecole a tropismo recettoriale). In questo caso si parla di 33 radiofarmaci marcati con Tc, dove la marcatura deve ovviamente garantire l'inalterazione delle proprietà biologiche. Il seguente elenco mette in evidenza i radiofarmaci a base di 99mTc più comuni ed il loro ruolo all’interno della diagnostica in Medicina Nucleare. - 99m Tc-sestaMIBI(più comunemente chiamato Cardiolite) per lo studio della perfusione miocardica (figura 20); Figura 20 Struttura del complesso 99mTc-sestamibi. - Tc-MDP metil difosfonati, vengono chemisorbiti sulle ossa per evidenziarne lesioni; - 99m Tc-pirofosfato e 99m Tc-glucarato sono traccianti per la localizzazione di infarto miocardico; - 99m Tc-DTPA, distile-triammino-oentacetico, è un tracciante per studi di ventilazione polmonare; - 34 Radiofarmaci per l’apparato urinario (figura 21); Figura 21 di strutture chimiche di radiofarmaci per l'apparato urinario. - quando il 99m Tc è chimicamente legato a esametazina HMPAO il farmaco è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e il flusso, attraverso i vasi del cervello, permette di ottenere un imaging del flusso ematico cerebrale (figura 22); Figura 22 A sinistra: 99mTc -D,D-HMPAO; a destra: Tc-99m-L,L-HMPAO; legante: esa-metilpropilen-ammino-ossima (tetradentato, possiede quattro atomi in grado di coordinare il metallo). 35 La complessazione del radioisotopo in radiofarmaco viene effettuata in situ, una volta eluita una dose dal generatore trasportatile, mediante l’utilizzo di un "technetium instant kits” Figura 23 Technetium instant KIT. Il "technetium instant kits" (figura 23) fu introdotto in ambito medico nel 1968. Esso consiste nella maggior parte dei casi in un liofilizzato di agente riducente e legante contenuto all’interno di una fiala sterile preparata dalle case farmaceutiche. L’anione pertecnetato in soluzione fisiologica, ovvero l’eluato prodotto dal generatore trasportabile, viene fatto reagire all’interno della fiala con agente riducente e legante dando luogo alla formazione del radiofarmaco finale. Le case farmaceutiche mettono a disposizione diversi tipi di kit per la produzione di diversi radioarmaci in base alle caratteristiche del legante che reagirà con il tecnezio. Un generico Kit contiene al suo interno una soluzione composta da [4]: - Agente riducente in grado di sottrarre gli atomi di ossigeno che circondano l’atomo di Tc nell’anione in quanto, ad eccezione del pertecnetato, tutti gli altri radiofarmaci del tecnezio contengono il metallo in uno stato di ossidazione inferiore a +7, e questo risulta indispensabile per la complessazione. Tra gli agenti riducenti più utilizzati vi sono il cloruro di stagno (SnCl2), usato generalmente per preparare complessi di Tc(V) e Tc(I), e alcuni borani (BnHm) impiegati invece prevalentemente organometallici di Tc(I); 36 per la preparazione di complessi - Legante o agente complessante che darà vita al radio farmaco coordinandosi con il metallo; - Eccipienti antiossidanti, tamponi, agenti solubilizzanti la cui funzione è quella di garantire oltre alla stabilità dei complessi finali, una maggiore velocità e resa di reazione. Al kit in provetta sterile viene aggiunto direttamente l’eluato contenete il pertecnetato. Tramite semplice riscaldamento si attiva la reazione che porta all'ottenimento del prodotto desiderato in alta resa e purezza, senza necessità di ricorrere a complicati metodi di sintesi e purificazione. È necessario, prima della somministrazione del radiofarmaco al paziente, effettuare i controlli qualità richiesti dalla farmacopea, un codice farmaceutico che fornisce disposizioni tecnico-scientifiche ed amministrative relative ai requisiti di qualità delle sostanze ad uso farmaceutico, le caratteristiche che i medicinali preparati debbono avere, elenca composizione qualitativa, quantitativa e il metodo di preparazione di ogni farmaco. 37 LA SOMMINISTRAZIONE E L’ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI 1.5.5 I radiofarmaci del 99mTc costituiscono una delle classi più importanti di traccianti per la diagnostica SPECT (Tomografia ad Emissione di Fotone Singolo) [16]. Esso viene usato per scintigrafie scheletriche, renali, cerebrali, tiroidee, funzionalità epatica. La scintigrafia rientra tra i principali procedimenti d’indagine in vivo che trovano impiego in medicina nucleare. Essa consiste nella rappresentazione visiva della distribuzione di materiali radioattivi all’interno di organi o di strutture del corpo umano, al fine di ottenere informazioni morfologiche e funzionali utilizzabili a scopo diagnostico. La funzione della sostanza marcata in scintigrafia è quella di rendere visibili le strutture in cui essa si accumula, tramite emissione di radiazioni rilevabili mediante vari tipi di apparecchiature. Per questo tipo di indagine è richiesta la partecipazione attiva dell’organismo, in vivo. I radiofarmaci vengono somministrati direttamente al paziente, per via orale o endovenosa, in media un’iniezione contiene 0,9 GBq di attività. Il 99m Tc è un isomero γ emettitore con picco monoenergetico che si attesta attorno ai 140 keV con efficienza di emissione pari all’87.7%. La sua emivita è di 6,01 ore, il che significa che 93,7% di esso decade a 99g Tc in 24 ore per riarrangiamento dei nucleoni nel suo nucleo consentendo all’energia di essere emessa sottoforma di raggio gamma. I fotoni gamma sono in grado di attraversare i tessuti dell’organismo senza essere assorbiti in modo significativo perché non interagiscono fortemente con la materia. Per questo motivo vengono utilizzati nuclidi emettitori di raggi gamma a scopo diagnostico nella Medicina Nucleare. Attraverso il rilevamento della radiazione per mezzo di una gamma camera è possibile ottenere un’immagine diagnostica dei tessuti interessati dell’organismo dopo una decina di minuti dalla somministrazione del radiofarmaco. La gamma camera è un rivelatore di fotoni gamma, ne assorbe l’energia e la trasforma in impulsi elettrici. Ogni volta che la gamma camera rivela una radiazione 38 viene prodotto un impulso. Gli impulsi vengono digitalizzati e tutte le informazioni vengono registrate e memorizzate da un calcolatore elettronico [17]. La Gamma camera è costituita da: - un collimatore, una lastra di materiale assorbente in cui sono praticati canali paralleli tra loro e disposti con il proprio asse perpendicolare al piano della lastra così da permettere il passaggio attraverso i fori solo ai fasci incidenti perpendicolarmente alla lastra, mentre i restanti vengono assorbiti. La lunghezza e la larghezza dei fori determina la definizione dell’immagine. Si possono avere collimatori con geometrie diverse; - Rilevatore di scintillazione, che converte i raggi in scintille di bassa intensità (cristallo, Ioduro di sodio attivato al Tallio), i raggi gamma entrano nel cristallo e seguono una serie di interazioni Compton. L’energia gamma viene trasmessa a un elettrone tramite energia cinetica. Attraverso impurezze del Tallio si generano lampi di luce prodotti in sequenza; - Fotomoltiplicatori che convertono fotoni di luce in un fascio di elettroni di numero variabile. Il funzionamento del fotomoltiplicatore si basa principalmente sull’effetto fotoelettrico e sull’emissione secondaria (elettromoltiplicazione). Un fotomoltiplicatore è costituito da un fotocatodo, un sistema di focalizzazione e accelerazione, uno stadio moltiplicatore di corrente composto da elettrodi (dinodi) che utilizza il fenomeno dell’emissione secondaria di elettroni e un anodo. Si produce una cascata di elettroni che vengono trattati come impulsi di corrente elettrica. Il numero di impulsi elettrici al secondo è direttamente proporzionale al numero di fotoni gamma incidenti, cioè al numero di radionuclidi decaduti. Per tomografia (dal greco témnó, tagliare, o tómos, nel senso di "strato", e gráphó, scrivere) si intende la tecnica spettroscopica mirata alla rappresentazione del corpo umano o di campioni a strati, in contrapposizione alla radiografia convenzionale, che dispone sulla superficie bidimensionale della lastra tutto lo spessore del corpo o oggetto. La tomografia trova impiego soprattutto in medicina, ma anche in archeologia, 39 chimica e scienza dei materiali. Essa si basa sulla rivelazione in vivo delle radiazioni emesse da particolari radioisotopi, introdotti come elementi traccianti nel sistema fisiologico sotto indagine. Le tomografie ad emissione di positroni o di fotone singolo sono tecniche diagnostiche non invasive utilizzate nella ricerca clinica per indagini di fisiologia, di biochimica dei tessuti e di farmacologia. Esse sfruttano processi di emissione di fotoni da parte dei radionuclidi diversi. In entrambi il rilevatore dei fotoni gamma è costituito da una gamma camera. La Tomografia ad Emissione di Fotone Singolo (SPECT) ha lo scopo di produrre una mappa di distribuzione di radioisotopi i quali emettono un singolo fotone gamma a causa della transizione isomerica (come il 99m Tc). [16] Vi sono due tipi di SPECT, a seconda dell’orientamento del rilevatore che produce le immagini tomografiche: longitudinale e trasversale. La SPECT longitudinale è stata la prima tecnica utilizzata per produrre tomografie in medicina nucleare. Essa consiste in una gamma camera fissa con un collimatore puntiforme e si basa sul fatto che solo un piano, quello a distanza focale, produce un immagine netta sul rilevatore. Nel caso della SPECT trasversale, il rilevatore è costituito da una gamma camera rotante, fornita di un collimatore in piombo a fori paralleli, montata su una testa mobile, che ruota intorno al paziente, producendo una serie di distribuzioni di intensità dei fotoni gamma emessi in piani trasversali. Il sistema di rivelazione (tomografo SPECT figura 24) è costituito da un rivelatore rotante intorno al paziente per registrare le radiazioni emesse nelle molteplici direzioni angolari. Per ognuna delle molteplici posizioni della gamma camera attorno al paziente durante l’esecuzione dell’esame SPECT, la rivelazione di un numero elevato di radiazioni e il riconoscimento del punto da cui le radiazioni sono state emesse dal corpo del paziente, porta alla formazione di una immagine di distribuzione del tracciante radioattivo (immagine scintigrafica). Le immagini scintigrafiche non sono tuttavia immagini tomografiche (immagini di sezioni corporee), in quanto sono ottenute registrando le radiazioni emesse dal corpo del paziente senza informazioni sulla profondità del punto da cui sono state emesse. Per ottenere immagini tomografiche 40 (figura 25), le singole immagini scintigrafiche, registrate dalla gamma camera nelle diverse posizioni angolari attorno al paziente, vengono elaborate da complessi algoritmi matematici di ricostruzione che forniscono le immagini di distribuzione del radiotracciante secondo piani di sezione assiale (ovvero perpendicolari all'asse corporeo). Le sezioni assiali possono essere rielaborate mediante calcolatore elettronico e organizzate in sezioni sagittali, coronali o secondo l'orientamento desiderato, mediante tecniche di interpolazione (figura 26). Figura 24 Strumento per analisi SPECT e tomografo SPECT a Gammacamera rotante. [16] Figura 25 Schema di formazione di immagini SPECT. Figura 26 Sezioni transassiali del cuore ricavate tramite la tecnica SPECT-imaging. 41 Imaging e studi funzionali ricavate per mezzo dell’analisi SPECT con 99m Tc permettono di rilevare metabolismo cerebrale demenza Alzheimer demenze vascolari perfusione miocardica funzionalità renale ipo e iper-tiroidismo imaging del fegato, cistifellea, reni, scheletro (…) Le somministrazioni non causano danni in quanto le dosi impiegate sono minime, 200-2000 MBq ossia 5.4-54 mCi, e i radioisotopi impiegati hanno tossicità ed energia molto bassa. Inoltre i nuclidi hanno tempi di vita media piuttosto ridotti e nel radiofarmaco sono generalmente presenti quantità di atomi inattivi che diminuiscono l'attività specifica del prodotto. L’eliminazione dal corpo del paziente avviene entro qualche giorno dalla somministrazione. I radiofarmaci, a seconda della loro natura chimico-fisica, vengono eliminati con l'espirazione, per escrezione renale o per trasporto mucociliare fino all'apparato gastroenterico. La dose di radiazioni assorbita dai polmoni è bassa e così anche la dose di radiazioni assorbita dalle gonadi e dal corpo intero. 1.5.6 INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA E RADIOPROTEZIONE Ci sono diverse modalità di interazione radiazione elettromagnetica con materia la cui probabilità dipende dal numero atomico del mezzo assorbente e dall’energia del fotone incidente: 42 - 1 eV–100 keV effetto fotoelettrico, - 100 keV–1 MeV effetto Compton, - 1,022 MeV in poi produzione di coppia. Nel caso dei raggi gamma a 140 keV, emessi dal 99m Tc agganciato all’organo bersaglio, è dominante l’effetto Compton che provoca una lieve attenuazione del segnale. [18] Il fenomeno può essere descritto dalla meccanica classica come un urto elastico tra due particelle, un fotone ed un elettrone. Quando un fotone colpisce un elettrone gli cede parte della propria energia sottoforma di energia cinetica, inducendone dunque la diffusione. Il fotone stesso viene “scatterato” a causa della collisione ma con angolo diverso rispetto alla direzione incidente ed energia inferiore. Infatti vale la seguente equazione dove h è la costante di Plank è l’energia cinetica guadagnata dall’elettrone. Nell’urto si deve conservare il e momento , . Dunque assumendo la quantità di moto iniziale dell’elettrone pari a zero possiamo descrivere graficamente l’effetto Compton: Figura 27 a) Lo scattering di un fotone da parte di un elettrone è chiamato effetto Compton. L'energia e il momento si conservano e come risultato il fotone scatterato ha una minore energia del fotone incidente. b) Diagramma vettoriale dei momenti e delle loro componenti. L’effetto dello scattering Compton è rilevabile, come vedremo nel capitolo 3, per mezzo della spettrometria gamma. Il numero di fotoni che, nell’attraversare uno spessore x di un dato materiale non hanno subito interazioni, è espresso da una funzione esponenziale del tipo: dove è il coefficiente di attenuazione lineare, che dipende dall’energia del fotone incidente e dal tipo di materiale attraversato. Il coefficiente di attenuazione 43 lineare tiene conto dell’energia rimossa dal fascio primario, di quella trasferita agli elettroni fotoelettrici e Compton e dell’energia trasportata da fotoni Compton. Il principio di riduzione dell’intensità della radiazione dell’effetto Compton viene sfruttato in questo ambito per la radioprotezione dell’operatore esposto a radiazioni ionizzanti. Si usa come schermo uno spessore di materiale pesante, solitamente Piombo. Lo spessore può variare in funzione dell’energia della radiazione e si definisce SEV, Spessore EmiValente o HVL (Half Value Layer), lo spessore necessario per ridurre l’intensità della radiazione al 50%. [19] La grandezza fisica utilizzata per quantificare l’interazione tra radiazioni e materia è la dose assorbita. Tuttavia gli effetti biologici delle radiazioni non dipendono solo dalla dose assorbita ma anche dal tipo di radiazione e dal tessuto colpito dalla radiazione in quanto i tessuti hanno diversa radio-resistenza. Si definiscono quindi oltre alla dose assorbita la dose equivalente e la dose efficace: - Dose Assorbita: energia media depositata dalla radiazione in un elemento di volume di massa unitaria. Si misura in Gray (Gy) o in rad: 1Gy=100rad, 1Gy= 1J/Kg - Dose Equivalente: oltre a considerare l’energia depositata tiene conto anche della diversa radio tossicità delle radiazioni. Si ottiene moltiplicando la dose assorbita per un fattore di ponderazione che dipende dal tipo di radiazione. Si misura in Sievert (Sv) o in rem: 1Sv=100rem. wR=1 per fotoni ed elettroni - Dose Efficace: tiene conto della diversa radiosensibilità dei tessuti. Si ottiene moltiplicando la dose equivalente per un fattore di ponderazione che dipende dall’organo o tessuto. Si misura in Sievert (Sv) o in rem: 1Sv=100rem. wT=0.01 ossa e pelle, wT=0,2 gonadi La dose efficace è la grandezza di riferimento per la valutazione degli effetti biologici di natura stocastica ossia induzioni di tumori e danni genetici. 44 2 LETTERATURA Da quando la produzione di 99m Tc ha subito un forte calo, a causa del contemporaneo spegnimento di alcuni dei grandi reattori coinvolti nella produzione di 99 Mo per il fabbisogno mondiale, i ricercatori di diverse parti del mondo si sono impegnati nello studio di metodi alternativi di produzione arricchendo la letteratura di pubblicazioni di carattere interdisciplinare finalizzate a impedire il ripetersi di una crisi 99m globale di radiofarmaci a base di Tc. Lo scopo di questo capitolo è quello di riassumere e raggruppare i lavori di ricerca salienti che hanno rappresentato il punto di partenza di questo progetto. Tutti i metodi di produzione di 99m Tc alternativi devono non solo mantenere valori standard accettabili di purezza radiochimica, chimica e radionuclidica, possibilmente secondo la farmacopea vigente, ma deve anche permettere l’accesso al 99m Tc senza richiedere sostanziali cambi di infrastrutture nella comunità sanitaria. Va dimostrata l’equivalenza farmaceutica di 99m TcO4- ottenuto con i metodi alternativi con quello ottenuto da generatore. 2.1 TECNICHE DI PURIFICAZIONE La colonna di allumina del generatore trasportabile viene caricata con alta attività specifica, prodotto da fissione neutronica termica di 235 U. Il 99 99 Mo, ad Mo a medio- bassa attività specifica (7,4-14,8 MBq/g equivalente a 200-400 mCi/g) ottenuto dalla reazione nucleare 98 Mo(n,γ)99Mo, non può essere usato per questo proposito dal momento che sarebbe necessaria una grande colonna di allumina per adsorbire 2 g di molibdeno (capacità fino a 20 mg di Mo per g di allumina) necessario per la preparazione di un generatore contenente circa 18.5 GBq (500mCi) di 99 Mo [20]. Una grande colonna di allumina richiede grandi volumi di eluizione riducendo di molto la concentrazione di pertecnetato in fisiologica a valori troppo bassi per usi farmacologici. Per tale motivo la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di metodologie alternative di 45 estrazione e separazione a partire da 99Mo o da 100 Mo che portassero alla produzione di concentrazioni ragionevoli di pertecnetato e sullo studio delle caratteristiche di purezza e resa del prodotto. In letteratura sono riportati diversi esempi di metodi che portano all’ottenimento di 99mTc in fisiologica alternativi al generatore: - Metodo Chattopadhyay - ABEC (cromatografia di estrazione bifasica acquosa) - Estrazione con solvente MEK (metiletilchetone) e cromatografia a colonna Lo studio e l’approfondimento di queste tecniche è di fondamentale importanza per lo sviluppo di nuovi metodi di estrazione e separazione del 99mTc. 2.1.1 IL METODO CHATTOPADHYAY È una procedura semplice e non costosa per la separazione diretta di 99m TcO4- da Na99MoO4 (molibdato di sodio) attraverso una colonna scambiatore anionico Dowex 1x8 in tandem con una colonna di allumina (100-200 mesh) eluendo il 99mTcO4- con una soluzione molto diluita di TetraButilAmmonioBromuro TBAB (figura 28). [20] [21] Figura 28 Struttura chimica del TetraButilAmmonioBromuro TBAB. Come fonte di 99m Tc si usa 99 Mo a bassa attività specifica (7,4-18,5 GBq ossia 200-500 mCi) prodotto per attivazione neutronica di 98 Mo attraverso la reazione nucleare 98Mo(n,γ)99Mo. Il molibdato (200 mCi/g) viene aggiunto a 10-30 mL di NaOH 5N e la soluzione viene quindi collocata in un vial. La soluzione viene fatta passare attraverso una colonna (14x1 mm) contenente 25 mg di Dowex 1x8 e raccolta nuovamente in una vial (figura 29). Questa colonna ha lo scopo di trattenere il pertecnetato mentre il molibdato la attraversa. Il giorno seguente la soluzione di 46 molibdato viene nuovamente fatta passare attraverso la colonna Dowex ma nel verso opposto in modo tale che tutto il pertecnetato formatosi per decadimento dal 99Mo venga trattenuto sulla colonna. La colonna viene lavata con 5 mL di soluzione salina. Il tecnezio viene eluito dalla colonna mediante 5 mL di TBAB (1 mg sciolto in 5 mL di cloruro di metilene CH2Cl2). Il meccanismo di estrazione di 99m TcO4- con TBAB avviene attraverso la formazione di una coppia ionica tra Bu4N+ e 99m TcO4-, il cui rilascio dal forte scambiatore anionico viene facilitato dal solvente organico. L’eluato viene poi fatto passare attraverso una colonna di allumina neutra (1,5 g) che ha lo scopo di trattenere 99m TcO4- ed eliminare il solvente organico. La colonna di allumina viene asciugata mediante una pompa da vuoto e lavata con 2 ml di acqua milliQ. In fine il 99m TcO4- viene eluito dalla colonna di allumina con 3-5 ml di soluzione fisiologica. Figura 29 Diagramma schematico della tecnica di separazione CHATTOPADHYAY. La procedura completa richiede circa 20 minuti e la resa media è all’incirca del 90%. Il pH della soluzione finale è 5-6, la quantità di 99Mo è circa del 10-4% e la purezza radiochimica (RCP) è >99%. Dopo la marcatura di alcuni composti, mediante KIT, usando il pertecnetato ottenuto mediante il metodo Chattopadhyay, la purezza radiochimica rientra nel range 93-98%; i residui di alluminio e molibdeno sono stati testati con metodo colorimetrico e risultano <10 ppm. Il contenuto di cloruro di metilene è < 66 µg e di TBAB < 200 µg. 47 Il metodo CHATTOPADHYAY può essere usato anche a partire da un target metallico di 100 Mo precedentemente irraggiato per 1,5-3 h con un fascio di protoni a 15,5-17 MeV. Il target dopo il bombardamento viene dissolto in HCl 1N in presenza di H2O2 (25%) per produrre le specie chimiche 99mTcO4- e 99/100MoO42-. (figura 30) [22] Figura 30 Estrazione del Tc-99m dal target di Mo-100 dopo bombardamento con fascio protonico. Alla soluzione viene aggiunto idrossido di sodio e viene fatta passare attraverso una colonna a scambio ionico Dowex-1 (25mg) (figura 31) per separare materiale del bersaglio 100 Mo. Successivamente il 99m 99m Tc dal Tc viene eluito dalla colonna con TBAB 1mg/5ml di cloruro di metilene. La forma chimica del 99m Tc isolato con questo metodo è identica a quella ottenuta dal generatore trasportabile. Figura 31 Separazione del Tc99m dagli altri prodotti di reazione per mezzo di una colonna a scambio ionico. La resa di separazione è stimata circa al 90%. 48 2.1.2 LA CROMATOGRAFIA AD ESTRAZIONE BIFASICA ACQUOSA La cromatografia ad estrazione bifasica acquosa (ABEC) è un metodo che consente l’automatizzazione di un modulo per la separazione e purificazione del pertecnetato prodotto da ciclotrone. Il target metallico di molibdeno arricchito al 97,39% in 100 Mo irraggiato a 18,5MeV con un fascio protonico a 10µA/h 100 Mo(p,2n) 99m Tc viene sciolto a 60°C in perossido di idrogeno (10mL) [23]. La soluzione ottenuta viene filtrata attraverso un filtro di polietilene e poi viene aggiunto dell’idrossido di potassio (KOH 20 mL, 5N). La soluzione così ottenuta viene fatta passare attraverso il modulo (figura 32). Questo metodo prevede l’utilizzo di una colonna ad estrazione bifasica in fase solida (SPE) resina-ABEC 2000 (100-200 mesh) che immobilizza il pertecnetato e permette al molibdato di passare oltre in un vial. E’ stato infatti dimostrato [22] che TcO4- e MoO42- possono essere efficacemente separati, anche per soluzioni di molibdato a bassa attività specifica, utilizzando sistemi bifasici acquosi a base di polietilenglicole (PEG-ABS). Tali sistemi ABS si formano quando anioni di sali caratterizzati da elevate energie libere di idratazione di Gibbs (-ΔGhyd), quali OH- (-439 kJ/mol), SO42- (1080kJ/mol), CO32-(-1315kJ/mol), PO43-(-2765kJ/mol) preferiscono interagire con l’acqua abbandonando la fase PEG. In questo sistema bifasico, in particolare ad elevate concentrazioni saline, l’anione il TcO4- (-∆Ghyd -251kJ/mol) risulta più affine per la fase ricca di PEG e povera di sali, mentre il MoO42- preferisce la fase acquosa ad elevata concentrazione salina. Le corrispondenti resine cromatrografiche ad estrazione bifasica acquose (ABEC), che si basano sullo stesso principio, risultano quindi estremamente utili per separare TcO4- e MoO42-. Il pertecnetato, trattenuto quindi selettivamente sulla resina PEG derivatizzata, viene eluito dalla colonna ABEC mediante acqua milliQ e viene trasferito su una piccola colonna a scambio cationico per neutralizzare ogni base residua dalla colonna ABEC e assicurare che il pertecnetato venga trattenuto dalla successiva colonna di allumina. Quest’ultima viene lavata con acqua milliQ prima dell’eluizione con soluzione fisiologica. L’utilizzo di acqua per l’eluizione dalla colonna ABEC è un vantaggio rispetto al precedente metodo Chattopadhyay in quanto evita l’utilizzo di solventi organici difficili da rimuovere completamente dal prodotto finale 49 aumentandone così la purezza. Il tempo impiegato per portare a termine la purificazione è all’incirca di 30 minuti. Il pertecnetato finale ottenuto dal processo ABEC è privo di impurezze radionuclidiche. Tali impurezze, presenti dopo il bombardamento non hanno dunque affinità per la resina ABEC e la attraversano direttamente fino alla vial Waste (di scarto). La resa di separazione è stimata circa al 90%. Figura 32 A sinistra schematizzazione del modulo di purificazione ABEC, SCX= strong cation exchange. A destra immagine del modulo di purificazione automatico. Tale tecnica era stata studiata per l’impiego in medicina nucleare del 188Re. Per la separazione del perennato (ReO4-) dal tungstato (WO42-) inizialmente non è possibile sfruttare il meccanismo coinvolto in un generatore trasportabile 99 Mo/99mTc in quanto per l’adsorbimento del nuclide genitore sulla colonna di allumina nel generatore, molibdato o tungstato, è necessaria una elevata attività specifica [24]. Il del 188 188 W, genitore Re, non è ricavabile come prodotto ad alta attività specifica della fissione, ma è solitamente prodotto da irraggiamento neutronico di 186 WO2 per mezzo della reazione nucleare (n,γ). Grazie alle proprietà chimiche del tecnezio simili a quelle del renio, appartengono entrambi al settimo gruppo della tavola periodica, è stato possibile adattare la procedura ABEC alla produzione di attività specifica. 50 99m Tc partendo da Molibdeno a bassa 2.1.3 L’ESTRAZIONE CON SOLVENTE ORGANICO METILETILCHETONE Figura 33 Struttura chimica del MetilEtilChetone (MEK). Questo metodo prevede la separazione di 99m Tc dall’ossido di molibdeno (VI) MoO3 naturale, precedentemente irraggiato con fascio neutronico secondo la reazione nucleare 98 Mo(n,γ)99Mo, mediante estrazione con solvente MetilEtilChetone MEK (figura 33) [25]. L’irraggiamento dell’ossido di molibdeno porta alla formazione anche di 101 Mo (T1/2=14,6 min) oltre a 99Mo (T1/2=66 h). Il decadimento β- dei due isotopi di Mo porta alla formazione rispettivamente di La presenza di 101 101 Tc (T1/2=14,2 min) e di 99m Tc (T1/2=6,01 h). Tc potrebbe influire negativamente con l’investigazione radiologica del radiofarmaco finale, per evitare ciò il campione di MoO3 irraggiato viene raffreddato per alcune ore per permettere il decadimento dell’isotopo 101Tc. Il target MoO3 (80-85g) irraggiato viene dissolto in 600 mL di NaOH 6N a 60°C e 1 mL di H2O2 3%. La soluzione viene sottoposta ad agitazione per 10 min e ad essa vengono aggiunti 200 mL di MEK contenente 1 mL di H2O2 al 3% e sottoposto il tutto nuovamente ad agitazione per circa 5 min. Si attende un tempo sufficiente per consentire alla fase organica di separarsi da quella acquosa. Il pertecnetato è affine alla fase organica e si raccoglie in essa mentre il molibdato, altre impurezze e sottoprodotti sono affini alla fase acquosa consentendo così un’efficace separazione (figura 34). La fase organica viene trasferita, passando attraverso una colonna di silice, che ha lo scopo di trattenere eventuale residuo acquoso, all’evaporatore rotante. Il solvente MEK evapora in pochi minuti lasciando nel pallone un precipitato bianco. Viene ripetuta l’intera procedura di estrazione ed evaporazione per altre due volte ed infine il precipitato viene ripreso con 10-20 mL di soluzione fisiologica sterile e trasferita, attraverso un filtro sterile, in una vial all’interno di un contenitore in piombo. Questa tecnica consente la produzione quotidiana di 50 GBq di 99m Tc ad alta attività specifica da 99Mo a bassa attività specifica. 51 Figura 34 Diagramma dell'apparato usato per l'estrazione con solvente MEK di 99mTc. Ventisette anni dopo la pubblicazione di cui sopra, la tecnica di separazione con solvente MEK è stata ripresa e modificata. [26] Il nuovo apparato prevede l’utilizzo di una colonna di allumina basica, per rimuovere tracce di 99 Mo dalla fase organica, e connessa in tandem una colonna di allumina acida per trattenere il 99m Tc lasciando passare il solvente organico per ovviare all’evaporazione del MEK (figura 35). La procedura viene ripetuta due volte a distanza di 24 ore per consentire a gran parte del 99 Mo di decadere a 99m Tc. La resa di produzione di questa tecnica varia dall’85 al 95% inoltre consente di ottenere elevata purezza radionuclidica, radiochimica e chimica. Figura 35 Diagramma di purificazione di 99mTc mediante estrazione con solvente MEK. 52 2.2 IL RECUPERO DEL MOLIBDENO-100 99m La produzione diretta di nucleare 100 Tc da ciclotrone avviene per mezzo della reazione Mo(p,2n)99mTc. Per ottenere un’elevata purezza radionuclidica è necessario 100 usare molibdeno altamente arricchito in Mo e porre molta attenzione al profilo di impurezze isotopiche di molibdeno del target. I target in ossido di molibdeno sono stati sostituiti da target metallici in quanto, la bassa conducibilità termica dell’ossido limita l’intensità di corrente applicabile al target mentre per target metallici è necessario un’elevata potenza di irraggiamento per la produzione in larga scala di 99m Tc. Inoltre l’uso di target metallici diminuisce la possibilità di perdite di materiale per fusione o evaporazione. Per l’elevato costo del per recuperare e riciclare il 100 100 Mo risulta indispensabile studiare una tecnica Mo dopo l’estrazione del 99m Tc [27]. Un metodo per recuperare il 100Mo è la purificazione ammonio molibdato basata sulla selezione accurata degli ioni introdotti durante la dissoluzione del target e basificazione. Dopo il recupero è necessaria la conversione a 100 Mo metallico mediante la riduzione a idrogeno dell’ammonio molibdato ad alta temperatura. Mediante spettrometria di massa al plasma con accoppiamento induttivo ICP-MS è possibile misurare la composizione isotopica del target di 100 Mo metallico riciclato e confrontarla con un nuovo target. È possibile anche determinare la purezza radionuclidica del 99mTc prodotto dal target riciclato. La tecnica ABEC consente un elevato recupero di 100 Mo ad alta purezza radiochimica. Per testare la tecnica di riciclaggio è stato svolto un processo di estrazione e purificazione con il metodo ABEC come descritto nel paragrafo 2.1.2 ma utilizzando (NH4)2CO3 3M per basificare la soluzione iniziale. È stato scelto (NH4)2CO3 per due motivi. In primo luogo è importante la formazione dell’anione bi-negativo CO42affinché sia compatibile con la resina ABEC, in secondo luogo si limita la volatilità dei sali di molibdeno per mezzo dell’ammonio e si facilita la purificazione evaporativa (liofilizzazione) dell’ammonio molibdato. Per isolare il molibdeno dalla soluzione di scarto della precedente estrazione è necessario farla passare attraverso una colonna di circa 4g di resina ABEC 2000 precondizionata. Vengono poi fatti passare attraverso la colonna 5 mL di (NH4)2CO3 3M 53 e la soluzione uscente viene fatta passare attraverso un filtro 0.22µm ed infine la soluzione di 100 Mo ammonio molibdato viene liofilizzata. La polvere di ammonio molibdato isolata viene divisa in tre barche di tungsteno. La riduzione da ammonio molibdato a molibdeno metallico a elevate temperature è un processo a tre step: decomposizione dell’ammonio molibdato a ossido di molibdeno (VI) MoO3, riduzione a idrogeno da MoO3 a MoO2 ed infine riduzione a idrogeno da MoO2 a Mo metallico. La conversione da MoO3 a MoO2 è un processo esotermico, e un aumento eccessivo di temperatura locale potrebbe causare la volatilizzazione di MoO3. È dunque necessario limitare la concentrazione di gas H2 durante il primo step di riduzione e mantenere un gradiente di temperatura decrescente. Con questa tecnica è possibile recuperare l’87% del 100 Mo e nel campione finale non vi è traccia di prodotti intermedi della riduzione. La purezza radionuclidica del 99m Tc prodotto dal target riciclato differisce da quella del nuovo solo per la presenza nel primo di 181 Re e 182m 99m Tc prodotto da un target Re. Tale sorgente di renio è attribuita alla contaminazione delle barche di tungsteno durante il processo di riduzione. Non sono state trovate significative differenze nei controlli qualità e nella biodistribuzione di due radiofarmaci marcati con Il riciclaggio di 100 99m Tc uno ottenuto da 100Mo riciclato e l’alto da Mo nuovo. Mo è dunque possibile grazie all’equivalenza verificata nei parametri di imaging e biodistribuzione. 54 100 3 CONTROLLO QUALITÀ E TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE La validità commerciale del 99mTc prodotto da ciclotrone come alternativa al generatore dipende da più fattori: rese di produzione, riciclaggio di 100 Mo, attività specifica, purezza radiochimica, purezza chimica e purezza radionuclidica. In particolare possono essere presenti radioisotopi del Tc che non possono essere chimicamente separati e che rimangono nella soluzione finale interferendo nell’acquisizione dell’immagine diagnostica. Al momento non essendo a disposizione nella Farmacopea Europea una monografie specifica sul pertecnetato di sodio ottenuto da acceleratore, le monografie sulla purezza del 99mTc prodotto da Mo-99 (sia ottenuto da fissione dell’uranio che non) rappresentano linee guida per la stima della purezza richiesta del 99m Tc da fonti alternative. Lo scopo di questo capitolo è dunque quello di inquadrare le attuali linee guida della Farmacopea e di approfondire le tecniche e la strumentazione usate per effettuare i Controlli Qualità (QC) sul 99mTc da noi prodotto. INTRODUZIONE Le “Norme di Buona Preparazione dei Radiofarmaci per Medicina Nucleare" (NBP-MN) pubblicate in G.U. n.168 del 21 luglio 2005, parte integrante dell’Edizione corrente della Farmacopea italiana, e recentemente entrate in vigore, stabiliscono che il primo eluato raccolto dal generatore deve essere scartato per minimizzare la presenza di 99g Tc e le eluizioni successive devono esser fatte ad intervalli non superiori alle 24h [28]. Il 99Tc deriva sia dal decadimento del 99mTc con tempo di dimezzamento (t1/2) di 6,02 ore secondo la reazione: 99mTc 99Tc + γ, sia (per circa 13%) dal decadimento del 99Mo 99 Tc + β- . Ciò significa che con il trascorrere del tempo aumenta la quantità di 99Tc che si ritrova sulla colonna e successivamente nell’eluato del generatore sotto forma di specie chimica [99TcO4]-. Quest'ultima è esattamente identica al [99mTcO4]- con la quale può competere per la formazione del radiofarmaco finale. 55 Dalla monografia della Farmacopea Europea [29] si evince che nel prodotto finale da generatore non meno del 95% della radioattività deve corrispondere a percentuale di radioattività relativa al 99 99m Tc, la Mo deve essere ≤ 0.1% rispetto al totale calcolato alla data e all’ora della somministrazione. In Farmacopea viene in particolare indicato che: - la soluzione deve essere chiara e incolore; - il pH deve essere compreso nell’intervallo tra 4,0 e 8,0; - la quantità di alluminio presente nella soluzione finale non deve superare i 5ppm; - Purezza radionuclidica: I-131 a 0.365 MeV deve essere < 5 10-3% della radioattività totale, Mo-99 a 0.181-0.740-0.778 MeV <0.1%, Ru-103 a 0,497 <5 10-3%, St-89 emissione β a 1.492 MeV <6 10-5%, St-90 e Y-90 emissione β rispettivamente a 0.546 e 2.284 MeV <6 10-6%, γ-emettitori <0.01% e αemettitori <10-7%; - Purezza radiochimica: lo ione pertecnetato deve essere presente minimo al 95% della radioattività totale dovuta al 99mTc. Rispetto alla monografia precedente quella inerente alla produzione di 99m Tc partendo da 99Mo non prodotto mediante fissione [30] presenta differenze nella purezza radionuclidica: Mo-99 a 0.181-0.740-0.778 MeV <0.1% della radioattività totale e altri γ-emettitori <0.01%. 56 3.1 CONTROLLO QUALITÀ Non essendoci attualmente una monografia nella Farmacopea Europea che stabilisca Le NBP-MN e i QC necessari per la produzione di 99m Tc da ciclotrone e seguente metodo di estrazione e purificazione adottato, non tutte le tecniche da noi utilizzate per i QC appartengono a quelle raccomandate e per far fronte a nuove tipologie di impurezze probabilmente presenti nell’eluato finale, risulta inevitabile l’utilizzo di tecniche differenti, non ancora approvate, come per esempio il Molibdenum Test [28]. Il primo dei QC è l’ispezione visiva degli eluati che viene effettuato estraendo i flaconi dagli appositi contenitori schermati. L’operazione deve essere eseguita all’interno di una cella adeguatamente schermata per la manipolazione di radio farmaci. 3.1.1 PUREZZA RADIONUCLIDICA La purezza radionuclidica (espressa in %) viene definita come la frazione di radioattività del radionuclide desiderato rispetto alla radioattività totale ed è determinata mediante spettroscopia a raggi γ usando un detector di germanio iperpuro HPGe (paragrafo 3.2.2) [11]. La presenza nel preparato da iniettare di radionuclidi diversi da quello richiesto comporta una dose inutile al paziente, può interferire con la qualità delle immagini e determinare errori di misurazione in vivo. Non è richiesta una purezza assoluta, la preparazione però deve essere sufficientemente pura per l’uso che se ne deve fare. Nel caso di 99m Tc prodotto da ciclotrone le impurezze radionuclidiche sono dovute a reazioni nucleari indesiderate sul target e sulle componenti del target stesso (tabella 3 e 8). La presenza di isotopi stabili del molibdeno nel target metallico arricchito in 100 Mo provoca la produzione di radioisotopi diversi dal 99mTc [31]. 57 Tabella 8 Prodotti di attivazione delle reazioni prodotte da protoni sugli isotopi stabili del molibdeno. Radionuclide Canali di Reazione 93 94 95 96 97 99 99 92 95 96 94 Mo(p,2n) 95 Mo(p,3n) 94 Mo(p,n) 95 Mo(p,2n) 96 Mo(p,3n) 95 Mo(p,n) 96 Mo(p,2n) 97 Mo(p,3n) 96 Mo(p,n) 97 Mo(p,2n) 98 Mo(p,3n) 97 Mo(p,n) 98 Mo(p,2n) 93m Tc+ Tc Tc+94mTc Tc+95mTc 96m Tc+ Tc 97m Tc+ Tc Tc+99mTc Mo 100 Mo(p,2n) 100 Mo(p,d) Decay of 99m+gNb 94 Mo(p,3He) 95 Mo(p,α) 96 Mo(p,2n) 97 Mo(p,3He) 98 Mo(p,α) 97 Mo(p,2n) 98 Mo(p,3He) 92m Nb+ Nb Nb+95mNb Nb 100 98 97 99 58 97m Nb+ Nb Nb+99mNb Mo(p,αn) Mo(p,2p) 100 Mo(p,α) 100 Mo(p,2p) Nello spettro gamma deve essere idealmente presente solo il picco a 140 keV del 99m Tc, che permette quindi il riconoscimento del radionuclide; ogni altro picco gamma dovrebbe essere sostanzialmente trascurabile. Inoltre l'eventuale presenza nella preparazione radiofarmaceutica di una miscela di radiofarmaci di 99m Tc e 99g Tc chimicamente identici, quindi di un eccesso di 99g Tc, potrebbe essere responsabile di un valore di purezza radiochimica inferiore allo standard richiesto per alcuni preparati radiofarmaceutici. Infatti il 99g Tc presente in soluzione potrebbe consumare i reagenti di reazione, in particolare l'agente riducente (SnCl2), sottraendoli al 99m Tc. Come conseguenza nella soluzione potrebbe rimanere [99mTcO4]- non reagito o si potrebbero formare sottoprodotti radioattivi non utili per la realizzazione di quella specifica indagine diagnostica. [28] 3.1.2 PUREZZA RADIOCHIMICA La purezza radiochimica può essere definita come la percentuale della attività totale presente attribuibile al prodotto nella forma chimica desiderata con il radionuclide prescelto. Per il controllo della purezza radiochimica del pertecnetato di sodio Na99mTcO4 viene utilizzata la tecnica di radiocromatografia su carta, radio-TLC (paragrafo 3.2.3). Le impurezze radiochimiche comportano un aumento di dose al paziente, possono degradare la qualità dell’immagine e portare anche ad informazioni non corrette poiché si possono accumulare in sedi diverse da quelle del radiofarmaco. Come indicato dalla Farmacopea Europea il limite di purezza radiochimica è 95%. 3.1.3 PUREZZA CHIMICA [11] Valutare la purezza chimica vuol dire accertare l’assenza di composi chimici indesiderati. La purezza chimica viene espressa in percentuale. La purezza chimica dell’eluato deve essere garantita allo scopo di evitare reazioni avverse ed effetti tossici nel soggetto iniettato, inoltre i contaminanti possono competere con i meccanismi di 59 trasporto e con il legame del radiofarmaco a enzimi o recettori interferendo con l’efficacia delle procedure diagnostiche. Per la determinazione della purezza chimica si applicano dei metodi di confronto con standards. Ciò è ottenuto mediante metodi cromatografici. 3.1.4 IL PH L’eluato di un generatore è di per sé una preparazione iniettabile; idealmente dovrebbe avere un pH il più possibile vicino a quello fisiologico, fra 7 e 8. La Farmacopea richiede che gli eluati abbiano valori di pH che rientrano entro un intervallo fra 4 e 8. Poiché il Molibdeno è adsorbito sull’allumina in ambiente acido, gli eluati mediamente possiedono pH lievemente acido (4.5 - 6). Il controllo è stato eseguito utilizzando cartine indicatrici. 3.1.5 STERILITÀ Con il termine sterilità si intende l’assenza di microorganismi nella preparazione. Dato il tempo di dimezzamento molto breve del 99m Tc, e in generale dei radionuclidi utilizzati in Medicina Nucleare a scopo diagnostico, e l’instabilità al calore, la sterilizzazione dell’eluato o della soluzione da iniettare mediante autoclave non è praticabile. In genere la sterilizzazione è ottenuta mediante filtrazione su filtri da 0,22 µm. Al fine di verificare la sterilità dei preparati vengono utilizzati test di crescita batterica. Questi test, che dovranno essere effettuati in condizioni routinarie per l’impiego dei radiofarmaci sui pazienti, non sono stati predisposti nel presente lavoro di tesi. 60 3.2 TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE La rivelazione delle radiazioni è possibile sfruttando le interazioni che esse hanno con la materia. 3.2.1 CALIBRATORE DI DOSE Il calibratore di dose è un rivelatore a gas, esso viene impiegato per determinare l’attività di radionuclidi noti. È costituito da una camera di misura, elettronica di misura e supporto per il campione. La camera di misura cilindrica, detta anche camera a ionizzazione “a pozzetto”, è provvista di una schermatura al piombo dello spessore di 1 cm all’interno della quale è posizionato un elettrodo collettore, immerso in un gas di riempimento (tipicamente argon) pressurizzato. La radiazione ionizza il gas e le cariche libere vengono raccolte dall’elettrodo. Tale strumento è tarato per eseguire misure su diversi isotopi, il sistema elettronico consente di applicare un opportuno fattore correttivo per ciascun radionuclide di interesse, in modo da mostrare direttamente il risultato in termini di attività. Il supporto in plastica consente di misurare campioni sotto diverse forme come flaconi o siringhe. Lo strumento è realizzato in modo da rendere confrontabili fra loro misure effettuate su campioni anche geometricamente differenti[32] [17]. 61 3.2.2 SPETTROMETRIA γ CON RIVELATORE HPGe La spettrometria γ si avvale di un rivelatore a semiconduttore: HPGe (High Purity Germanium) ossia un diodo al germanio di elevata purezza (tabella 9). [17] Tabella 9 Caratteristiche principali di Germanio semiconduttore. Caratteristiche principali Materiale semiconduttore: Germanio Numero atomico 32 Peso atomico 72,60 Mobilità elettroni a 77K 3,6 104 [cm2/Vs] Mobilità lacune a 77K 4,2 104 [cm2/Vs] Energia per coppia elettrone-lacuna a 77K 2,96 [eV] L’interazione tra la radiazione incidente e il semiconduttore comporta il rilascio di energia da parte della radiazione inducendo l’eccitazione degli elettroni alla banda di conduzione lasciando una lacuna nella banda di valenze, che, con l’elettrone, costituirà una coppia elettrone-lacuna. La creazione di coppie avviene ogni volta che l’energia rilasciata dalla radiazione è sufficiente per superare il gap energetico esistente tra la banda di valenza e quella di conduzione, che tipicamente per i semiconduttori è di circa 1 eV. A seguito di tale “salto”, applicando un opportuno campo al semiconduttore, entrambe le bande contribuiscono alla conduzione: elettroni in banda di conduzione e lacune in banda di valenza sono in grado di migrare verso gli elettrodi di segno opportuno. Si forma così una corrente proporzionale al numero di coppie formate e quindi all'energia della radiazione. Questa tecnica consente di rivelare la presenza di radioisotopi γ-emettitori nei campioni e risalire al radionuclide emettitore associando l’energia caratteristica del fotone γ monocromatico emesso in seguito ad un decadimento radioattivo. Quindi la spettrometria gamma è un metodo di analisi che consente la determinazione qualitativa e quantitativa dei radionuclidi γ-emettitori presenti nel campione di interesse. 62 Un rivelatore al germanio per spettrometria viene fabbricato a partire da policristalli di germanio, in un primo momento riducendo la concentrazione di impurezze mediante la cosiddetta raffinazione a zone, e successivamente procedendo con la crescita del cristallo secondo il metodo Czochralski (figura 36). Figura 36 Schematizzazione del metodo di crescita Czochralski. I cristalli così prodotti vengono lavorati fino ad una perfetta forma cilindrica; il bordo di una delle superfici di base viene arrotondato in modo da diminuire il tempo di raccolta delle cariche. Nell’altra superficie, invece, viene ricavato un foro. Infine la realizzazione degli elettrodi avviene mediante diffusione di litio ed impianto di ioni di boro. Il cristallo viene a questo punto ricoperto da uno strato protettivo amorfo. Il rivelatore è contenuto in una camera da vuoto detta criostato, con lo scopo di isolare termicamente il cristallo di germanio. Il criostato infatti si trova immerso in un dewar contenente azoto liquido alla temperatura di 77K. L’acquisizione di una misura di spettrometria gamma porta alla registrazione dell’andamento della frequenza di conteggio in funzione dell’energia delle radiazioni incidenti sul rivelatore. I picchi dello spettro gamma derivano dall’assorbimento fotoelettrico, impulsi prodotti dall’assorbimento totale dell’energia dei fotoni gamma del campione in analisi, per tale motivo sono detti anche fotopicchi. Oltre all’effetto fotoelettrico possono intervenire nella registrazione dello spettro anche interazioni per effetto Compton e, se l’energia dei 63 fotoni è superiore a 1,022 MeV, anche le interazioni per produzione di coppie seguite dal completo assorbimento dell’energia dell’elettrone e del positrone prodotti. In prima approssimazione la forma di un picco di assorbimento totale può essere descritto mediante una distribuzione gaussiana caratterizzata da un centroide corrispondente all’energia del fotone incidente, in realtà i picchi non sono perfettamente simmetrici, ma presentano una coda più pronunciata dalla parte delle energie calanti, inoltre, per l’interpolazione dei dati sperimentali, bisogna distinguere il contributo del fondo, ovvero i conteggi dovuti alla radiazione cosmica ed ai radionuclidi presenti nei materiali costituenti il rivelatore e le strutture circostanti. Possono interferire nella lettura dello spettro anche i seguenti segnali: - Il continuo Compton: la parte iniziale della curva in prossimità di un fotopicco, ad energie inferiori rispetto all’energia dei gamma incidenti, è una funzione continua dovuta ad impulsi di rivelazione relativi ad eventi Compton, interazioni in cui i fotoni incidenti hanno ceduto una piccola energia all’elettrone colpito e subito quindi una diffusione ad un angolo molto piccolo. Il punto di flesso che conclude tale prolungato pianerottolo è la cosiddetta spalla Compton, corrispondente alle interazioni dei fotoni con massima cessione di energia all’elettrone di rinculo e quindi con un fotone risultante deflesso ad angolo di massima diffusione - . i picchi di fuga: per energia dei fotoni superiore a 1,022 MeV, aumenta la probabilità di produzione di coppie elettrone/positrone portando alla registrazione di impulsi nello spettro detti picchi di fuga. L’annichilazione avviene con produzione di due fotoni a 0,511 MeV. Uno od entrambi possono sfuggire dal rivelatore senza essere assorbiti. In presenza di picchi ad energia elevata è quindi bene controllare l’eventuale riscontro di picchi di fuga singola e doppia, al fine di evitarne l’erronea attribuzione ad altri radionuclidi. - Picchi di somma: si verifica quando un radionuclide con schema di decadimento complesso prevede l’emissione di due fotoni gamma diversi in istanti ravvicinati, tali da poter essere considerati sostanzialmente coincidenti. I due fotoni possono dunque essere rivelati simultaneamente e si manifestano 64 come picchi inattesi di difficile identificazione. L’energia del picco risulta uguale alla somma delle energie dei due picchi mentre l’intensità di conteggio registrata in tali picchi dipende dall’efficienza di rivelazione del sistema alle energie caratteristiche dei picchi componenti. - Somma casuale di eventi: consiste nella produzione di picchi di somma che sono dovuti all’impilamento degli impulsi dovuto ad una frequenza di conteggio troppo elevata rispetto ai tempi di trattamento degli impulsi da parte della catena elettronica di analisi. La caratteristica principale dei rivelatori al germanio è la loro eccellente risoluzione energetica. L’efficienza di rivelazione, altra caratteristica fondamentale, può essere [17] - Assoluta - Intrinseca ; . Queste due grandezze sono legate tra loro da un fattore puramente geometrico, l’angolo solido Ω tra sorgente e rivelatore: con A superficie del rivelatore che si affaccia alla sorgente, r la distanza tra sorgente e l’elemento di superficie dA ed α è l’angolo tra la normale a dA e la sorgente. 65 3.2.3 TLC γ CROMATOGRAFIA Per determinare la purezza radiochimica dell’eluato finale ci si avvale di una tecnica basata sulla cromatografia su strato sottile TLC (Thin Layer Chromatography), che consente la separazione dell’eluato nelle diverse fasi, specie chimiche, costituenti. Viene prelevata una adeguata quantità di campione da analizzare e posizionata a 1 cm dalla base di una lastrina di 2 cm di larghezza e 10 cm di lunghezza. Lo sviluppo cromatografico viene effettuato ponendo la lastrina verticalmente all’interno di una camera cromatografica precedentemente saturata con la fase mobile. Si lascia adsorbire la fase mobile fino a raggiungere un’altezza di 7 cm sulla lastra, momento in cui viene fermata la corsa cromatografica rimuovendo la lastrina dalla camera stessa. (figura 37) Una volta asciugata la lastra TLC, ponendola in prossimità di uno schermo (in un’apposita cassetta in piombo e lontano da fonti di luce) costituito da materiale sottile e flessibile con depositato, su un solo lato, un sottile strato di BaFBr:Eu2+ (fosforo) sottoforma di cristalli fotosensibili, è possibile imprimere sullo schermo stesso un’immagine latente della radioattività. Lo scopo è quello di individuare e misurare la distribuzione dell’attività nel campione. Lo schermo viene avvolto attorno ad un tamburo girevole con lo strato sensibile rivolto verso l'esterno. Il tamburo viene posizionato nell’apposito alloggiamento dello scanner, l'immagine latente viene rilevata dalle ottiche del sistema per creare una immagine ad alta risoluzione digitalizzata. L'immagine viene quindi visualizzata sullo schermo per l'analisi. Il rilevamento dell’immagine avviene sfruttando il fenomeno della luminescenza foto-stimolabile: il cristallo assorbe l'energia emessa dal radioisotopo e l’Eu2+ viene ionizzato a Eu3+ liberando elettroni. La successiva esposizione alla luce proveniente dal laser a lunghezza d’onda 633 nm (Rosso) induce il rilascio di fotoni a circa 390 nm, che vengono rilevati dal fotomoltiplicatore ad elevata efficienza e su un ampio intervallo dinamico. L’intensità della luce emessa è proporzionale alla quantità di attività nel campione. Elaborando l’immagine è possibile misurare la purezza radiochimica del composto calcolando il Relative front Rf (figura 38). Un controllo di qualità positivo 66 prevede che sia garantita l’iniettabilità se la marcatura avviene generalmente con almeno il 95% di resa radiochimica. Figura 37 Rappresentazione schematica dell'analisi TLC, sviluppo cromatografico. Figura 38 Metodo di determinazione della purezza radiochimica calcolando il Relative front Rf. 67 68 4 PARTE SPERIMENTALE In questo capitolo espongo il lavoro sperimentale effettuato. In particolare esso riguarda la messa a punto di una strategia automatizzabile di estrazione e purificazione di Tc-99m da target di Mo-100 precedentemente irraggiato per bombardamento protonico con ciclotrone. Inizialmente tale strategia è stata studiata e sviluppata presso l’Università di Ferrara, simulando la produzione di Tc-99m utilizzando piccoli quantitativi di pertecnetato eluito da generatore in presenza di molibdato di sodio. Sviluppato il sistema semi-automatico di estrazione e purificazione del tecnezio, sono stati effettuati tre tests direttamente su campione metallico di Mo100, precedentemente irraggiato, per testare l’efficienza e la riproducibilità del modulo e la purezza del pertecnetato così ottenuto. Questi esperimenti sono stati condotti presso i laboratori LENA di Pavia. Per completezza nel capitolo verrà anche descritta la procedura di preparazione dei targets di Mo-100 effettuata presso i laboratori INFN-LNL di Legnaro (PD) e le caratteristiche di irraggiamento dei campioni stessi con ciclotrone realizzato a Milano (Ispra). Il capitolo si conclude con la descrizione dei controlli di qualità effettuati sulle soluzioni di pertecnetato prodotto. INTRODUZIONE Lo scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di sviluppare un modulo semiautomatico per l’estrazione, separazione e purificazione di irraggiamento di un target metallico arricchito in 100 99m Tc ottenuto da Mo con fascio protonico per mezzo di un ciclotrone. Come anticipato nel capitolo introduttivo il lavoro svolto si inserisce nel cosiddetto progetto APOTEMA (Accelerator-driven Production Of TEchnetium/Molybdenum for medical Applications) che ha come obiettivo principale quello di studiare e realizzare un nuovo metodo di produzione di 99m Tc mediante acceleratore, al fine di produrre quantità sufficienti di 99mTc per le necessità diagnostiche territoriali. 69 La prima fase del progetto ha visto i Laboratori Nazionali di Legnaro (PD) INFN impegnati nello studio teorico relativo le rese di produzione e la purezza del campione a EOB (End of Bombardment) al fine di verificare l’efficacia della produzione mediante ciclotrone e ottimizzare le condizioni di irraggiamento; raggiunti risultati soddisfacenti è stato possibile studiare, presso l’Università di Ferrara, un metodo per l’estrazione del 99m Tc dal target bombardato. Dopo un accurato studio della letteratura, presso i laboratori LENA (PV) e i laboratori della sezione di Diagnostica per Immagini dell'Università di Ferrara, sono stati testati i principali metodi di estrazione (capitolo 2) e valutato quale fosse il metodo più adeguato agli standard di tempo, resa, purezza e radioprotezione dell’attuale metodo di approvvigionamento mediante generatore. I punti chiave che sono stati presi in considerazione per lo sviluppo della metodica di estrazione e purificazione sono i seguenti: - Presenza di un target metallico; - Ottenere un prodotto ad alta attività specifica concentrato in fisiologica secondo gli standard per la somministrazione richiesti dalla Farmacopea; - Mancanza di una monografia specifica di Farmacopea che fornisca le indicazioni su quale debba essere la purezza del prodotto finale e sui limiti delle impurezze. Alcuni esperimenti preliminari sono stati effettuati al fine di testare alcuni tra i metodi di separazione riportati in letteratura, la cromatografia ABEC, il metodo Chattopadhyay e l’estrazione con solvente MEK, adattati alle condizioni imposte dal target metallico. Questi esperimenti svoltisi in parte a Pavia nei laboratori LENA e in parte all'Università di Ferrara, hanno consentito di individuare la metodica MEK come la più efficace in termini di resa di attività e purezza del prodotto finale. La metodica MEK riportata in letteratura, è applicata principalmente su target di ossido di molibdeno (VI) il quale, dopo irraggiamento neutronico, consente la formazione indiretta di 99m Tc per decadimento radioattivo del 99 Mo beta emettitore (T1/2=66h). Il target viene solubilizzato con idrossido di sodio NaOH e acqua ossigenata H2O2; successivamente il pertecnetato formatosi viene separato dal molibdato non ancora decaduto miscelando la soluzione acquosa con MEK, agitando e attendendo la 70 separazione delle fasi organica ed acquosa. La fase organica contenente il pertecnetato viene trasferita su una colonna di silice, utilizzata per eliminare eventuali residui acquosi contenenti molibdato, che potrebbero essere rimasti inglobati nella fase organica, ed eliminata per mezzo di un evaporatore rotante. Il pertecnetato di sodio così ottenuto viene poi ripreso con soluzione fisiologica. Tale metodo, per essere applicabile ad un target metallico, necessita di alcune modifiche. In primo luogo occorre solubilizzare il target metallico di con fascio protonico che ha permesso la produzione diretta di 100 Mo irraggiato 99m Tc (T1/2=6.01h) per mezzo della reazione nucleare 100Mo(p,2n)99mTc. La produzione diretta del 99mTc implica la necessità di operare la separazione, estrazione e purificazione del prodotto nel minor tempo possibile e con strumentazione compatta, semplice, sterile e che consenta un’adeguata radioprotezione per l’operatore. Il breve tempo di decadimento del radionuclide prodotto per via diretta richiede inoltre che tutte queste operazioni vengano effettuate in situ, nell’ospedale o struttura dove avviene la somministrazione o al massimo ad una distanza compatibile quale un territorio regionale. Inizialmente è stato quindi necessario verificare l'applicabilità della metodica MEK partendo dal target metallico di Mo-100. Un esperimento preliminare è stato infatti realizzato presso i laboratori LENA di Pavia in collaborazione con l'Università di Ferrara trattando un target metallico di Mo-100, precedentemente irraggiato con fascio protonico ad ISPRA, al fine di ottenere una bassa attività per scopi di ricerca. Le caratteristiche del target sono riportate in tabella 10, le misure di attività sono state effettuate mediante spettrometria γ con rivelatore HPGe in dotazione al laboratorio. Tabella 10 Caratteristiche del target preirraggiato ad ISPRA. Attività Peso della targhetta 750 kBq 28,9 mg Il target è stato posto in becher di vetro da 25 mL e sciolto con 2 mL di acido nitrico HNO3 concentrato (65%) e 1 mL di acido cloridrico HCl concentrato (32%); la 71 soluzione ottenuta è stata posta sulla piastra riscaldante (figura 39) e portata a secco (circa 30 minuti). Figura 39 Scioglimento del target metallico con HNO3 e HCl a caldo. Il residuo è stato solubilizzato con 10 mL di NaOH 6 N e 1 mL di H2O2 3%. La soluzione, trasferita in un imbuto separatore contenente 5 mL di MEK (99,5% Carlo Erba), è stata agitata manualmente. Dopo alcuni minuti si osserva la separazione della fase acquosa dalla fase organica (la fase acquosa per la quale il molibdato ha maggior affinità, più densa, rimane nella parte inferiore dell’imbuto separatore mentre, la fase organica per la quale il pertecnetato ha maggior affinità, meno densa, rimane nella parte superiore dell’imbuto separatore). La fase acquosa è stata separata dalla fase organica (figura 40) e ritrattata nello stesso modo per altre due volte in modo tale da estrarre tutto il pertecnetato dalla fase acquosa utilizzando in totale 15 mL di MEK. Figura 40 Separazione delle fasi, acquosa ed organica, in imbuto separatore. 72 La fase organica è stata poi fatta passare attraverso una colonna di silice (3 cc e precedentemente posta in stufa a 130°C per 3 ore e condizionata con 3 mL di MEK) al fine di rimuovere eventuali residui acquosi contenenti molibdato che potrebbero essere stati erroneamente prelevati con il MEK. La soluzione organica è stata portata a secco e il pertecnetato è stato ripreso con fisiologica. La resa di recupero del 99mTc è risultata circa 80%. I risultati ottenuti indicano che la procedura può essere applicata anche per separare 99m Tc da target metallico di molibdeno. Occorre ottimizzare i vari passaggi ed in particolare modificare la procedura per evitare le fasi di evaporazione dei solventi, che risultano critiche dal punto di vista della radioprotezione dell'operatore, e l'agitazione manuale dell'imbuto separatore, non applicabile in condizioni di manipolazione di elevate attività di 99mTc (GBq). 4.1 LA TECNICA MEK MODIFICATA La tecnica MEK è stata scelta come punto di partenza per lo sviluppo di un metodo di estrazione e separazione di 99m Tc da un target metallico di 100 Mo a bassa attività specifica. L’obiettivo è stato quello di ottimizzare la metodica descritta per renderla compatibile con le necessità ospedaliere di produzione e somministrazione, per quanto riguarda la quantità di prodotto ottenibile, qualità, purezza, velocità di produzione, dimensioni del sistema, radioprotezione per l’operatore e, non meno importante, costi di produzione. I punti critici della metodica MEK adattata al target metallico sono i seguenti: - L’utilizzo di acido per la dissoluzione del target: implica l’evaporazione dell’acido stesso per ottenere il target sotto forma di polvere di ossido - L’agitazione manuale dell’imbuto separatore contenente le due fasi: tale operazione deve essere ripetuta più volte incrementando il tempo per portare a termine il processo. È un metodo poco preciso che induce facilmente a compiere errori e non a norma dal punto di vista radioprotezionistico; 73 - L’evaporazione del solvente organico: l’utilizzo di un evaporatore rotante non consentirebbe l’impiego di adeguati dispositivi per la radioprotezione oltre a prolungare i tempi di preparazione del radiofarmaco - La radioprotezione: un metodo manuale di produzione non rientra nelle norme radioprotezionistiche. È risultato quindi indispensabile studiare modifiche utili a risolvere i punti critici descritti. Innanzitutto è stata studiata la solubilità del target metallico in ambiente non acido ed è stato trovato che lo stesso target può essere sciolto direttamente in pochi mL di H2O2 concentrata a caldo evitando così il passaggio dell'evaporazione della soluzione acida e la ripresa del residuo con idrossido di sodio necessario ai fini della applicabilità del metodo con metiletilchetone. Per ovviare all’evaporazione del solvente organico, dopo l’attraversamento della colonna di silice, abbiamo pensato di sfruttare l'affinità del pertecnetato per l'allumina acida e il successivo scambio anionico con soluzione fisiologica. In particolare facendo attraversare il metiletilchetone contenente il pertecnetato su una colonna di allumina acida Al2O3, lo stesso anione tetraossigenato viene trattenuto in colonna mentre il solvente organico può essere raccolto in un’vial di scarto (waste). Per aumentare l’accuratezza dell’estrazione, l’affidabilità, la riproducibilità delle operazioni, per rispondere alle norme di radioprotezione indispensabili per la salvaguardia dell’operatore e dell’ambiente, per ottimizzare i tempi del processo etc., lo sviluppo di un modulo automatizzato che possa, indipendentemente dall’operatore, portare a termine il processo è la chiave di volta per lo sviluppo di un metodo di estrazione e separazione competitivo. Moduli di sintesi di radiofarmaci automatizzati e semiautomatizzati sono da tempo presenti sul mercato. L’automazione ha portato a sviluppi importanti nella Medicina Nucleare fino allo stato dell’arte ossia processi on-line veloci, semplici, affidabili e che consentono minori perdite, mentre sviluppi futuri prevedono la miniaturizzazione dei sistemi automatizzati al fine di diminuire gli ingombri, i volumi dei reagenti, l’usura delle componenti, i tempi e aumentare le rese. [33] 74 Per automatizzare un processo è necessario avere una perfetta conoscenza dell’esecuzione manuale del processo stesso. Stabilita la procedura di esecuzione si può passare alla semi-automatizzazione ottimizzandola mediante test preliminari con bassissima attività. Per sviluppare un modulo completamente automatizzato è necessaria poi una computerizzazione del sistema predisponendo una timing-list (un elenco temporale di comandi che il programma deve eseguire) e disporre di sistemi di feedback per il controllo remoto del modulo. 4.1.1 REALIZZAZIONE E OTTIMIZZAZIONE DEL MODULO SEMIAUTOMATIZZATO Sviluppata la metodica MEK modificata, adattata alle condizioni imposte dal target metallico, è stato sviluppato un modulo semiautomatizzato che consente di riprodurre il processo in modo semplice e schematico. Per la realizzazione del modulo semiautomatizzato sono state utilizzate: valvole manuali rotative a tre vie, tubi di diverso diametro, fittings e siringhe. Il materiale di cui è costituita la componentistica deve essere appropriato: deve avere eccellenti proprietà di resistenza fisica e chimica, deve essere a tenuta di solventi organici quali chetoni, resistente alle radiazioni e sterilizzabile. I materiali che meglio si prestano a questo tipo di utilizzo sono polimeri (figura 41) come il teflon (PTFE) ed il polietereterchetone (PEEK). Figura 41 Formula chimica de politetrafluoroetilene (PTFE) e polietereterchetone (PEEK). All’interno di un modulo semiautomatizzato, per miscelare una soluzione mediante agitazione, è stato inserito un agitatore rotante. Esso sostituisce l’agitazione manuale dell'imbuto separatore, riduce la probabilità di compiere errori da parte dell’operatore mantenendolo in sicurezza e consente di ottimizzare la separazione grazie al controllo elettronico per mezzo del quale è possibile modulare tempo e velocità. 75 È stato così realizzato un primo modulo (figura 42) costruito seguendo i passaggi della tecnica MEK modificata e costituito da: - Sette valvole manuali a tre vie (Vn, 1≤n≤7) di cui V1,2,3 non a tenuta di chetoni (plastica normale) e V4,5,6,7 a tenuta di chetoni. Tale differenza è dovuta al passaggio attraverso le varie componenti, da un punto del modulo in poi, del solvente organico MEK; - Una colonna di silice, SiO2; - Una colonna di allumina acida, Al2O3; - Cinque vials di vetro da 25 mL con rispettivo tappo: due vials per le soluzioni di scarto, una vial per la soluzione iniziale (B1), una vial per miscelare MEK e soluzione iniziale (BMEK), una vial per contenere l’eluato finale; - Un agitatore rotante; - Tre siringhe da 10 mL inserite nel modulo, più altre siringhe fuori dal modulo (una siringa con MEK puro, una con acqua milliQ di lavaggio e una con soluzione fisiologica); - Tubi di diverse lunghezze e fittings per connettere i tubi alle valvole e siringhe; - Cinque filtri sterilizzatori, utilizzati come sfiato; - Quattro contenitori di piombo per le vials per schermare la radioattività; - Pinze e supporti; - Supporto in plexiglas verticale con fori di dimensione apposita per bloccare le valvole al supporto. 76 Figura 42 Modulo di estrazione (1) Tc-99m da target di Mo-100 metallico con tecnica di separazione MEK. Il principio di funzionamento è il seguente: con S1, attraverso V1, si preleva da B1 la soluzione iniziale del target sciolto in acqua ossigenata e idrossido di sodio; con S1, attraverso V1, V2 e V3, si trasferisce la soluzione iniziale in BMEK, già contenente il solvente MEK; si agita e si attende il tempo necessario alla separazione delle fasi; per mezzo di S1, attraverso V3,V2 e V1, si preleva la fase acquosa da BMEK; la fase acquosa viene trasferita a Waste1 da S1 attraverso V1 e V2; con S2, attraverso V3, V4 e V5, si preleva da BMEK la fase organica; da S2 la fase organica viene fatta passare attraverso V5, la colonna di silice, V6, la colonna di allumina, V7 per finire nel Waste2; per mezzo di S2, attraverso V5, si fa passare del MEK puro attraverso la colonna di silice fino al Waste2; si inietta con S3 dell’acqua attraverso V6 e la colonna di allumina fino al Waste2; infine si eluisce il pertecnetato trattenuto sulla colonna di allumina con soluzione fisiologica dalla siringa S3, e raccogliendo l'eluato attraverso V7 nella vial FINE. Il modulo è stato testato solo nel suo meccanismo di funzionamento simulando con acqua e metiletilchetone i vari passaggi. 77 A partire da questo primo modulo sono stati effettuati esperimenti a freddo, senza radioattività, per ottimizzarne le dimensioni, la lunghezza dei tubi, il numero di valvole ecc.. al fine di ridurre il tempo di processamento, ridurre le perdite per adesione della soluzione alle componenti e per minimizzare il contatto dell’operatore con la soluzione radioattiva. L’evoluzione del modulo è rappresentata nelle figure 42, 43 e 45. Il secondo modulo (figura 43 e 44) è costituito da: - Quattro valvole manuali a tre vie (Vn, 1≤n≤4) di cui V1 non a tenuta di chetoni e V2,3,4 a tenuta di chetoni; - Una colonna di silice, SiO2; - Una colonna di allumina acida, Al2O3; - Quattro vials di vetro da 25 mL con rispettivo tappo: Waste, B1, BMEK e FINE; - Un agitatore rotante; - Tre siringhe da 10 mL inserite nel modulo, più altre siringhe fuori dal modulo (una siringa con MEK puro, una con acqua milliQ di lavaggio e una con soluzione fisiologica); - Tubi di diverse lunghezze e fittings per connettere i tubi alle valvole e siringhe; - Quattro filtri sterilizzatori; - Tre contenitori di piombo; - Pinze e supporti - Supporto in plexiglas verticale con fori di dimensione apposita per bloccare le valvole al supporto. 78 Figura 43 Modulo di estrazione (2) Tc-99m da target di Mo-100 metallico con tecnica di estrazione MEK. Figura 44 Foto del modulo (2). Il principio di funzionamento è il seguente: con S1, attraverso V1, si preleva da B1 la soluzione iniziale; con S1, attraverso V1, si inietta la soluzione iniziale in BMEK, già contenente il solvente MEK; si agita e si attende il tempo necessario alla separazione delle fasi; per mezzo di S2, attraverso V2, si preleva direttamente la fase organica da BMEK che viene fatta passare attraverso la colonna di silice, la valvola V3, la colonna di allumina, V4 per finire nel Waste; per mezzo di S2, attraverso la valvola V2, viene fatto 79 passare 1 mL di MEK puro attraverso la colonna di silice fino al Waste; successivamente si procede con il lavaggio della colonna di allumina con acqua utilizzando la siringa S3, che viene inviata al Waste dopo passaggio per la valvola V3 e la colonna di allumina stessa; infine il pertecnetato trattenuto sulla colonna di allumina viene eluito con soluzione fisiologica in S3 e raccolto attraverso la valvola V4 nella vial FINE. Il terzo modulo (figura 45 e 46) è costituito da: - Due valvole manuali a tre vie di cui V1 non a tenuta di chetoni e V2 a tenuta di chetoni; - Una colonna di silice, SiO2; - Una colonna di allumina acida, Al2O3; - Quattro vials di vetro da 25 mL con rispettivo tappo: Waste, B1, BMEK e FINE; - Una vial contenente 1 mL di MEK puro non connessa al modulo; - Un agitatore rotante; - Due siringhe da 10 mL inserite nel modulo, più altre siringhe fuori dal modulo (una con acqua milliQ di lavaggio e una con soluzione fisiologica); - Tubi di diverse lunghezze e fittings per connettere i tubi alle valvole e siringhe; 80 - Quattro filtri sterilizzatori; - Tre contenitori di piombo; - Pinze e supporti; - Supporto in plexiglas orizzontale. Figura 45 Modulo di estrazione (3) Tc-99m da target di Mo-100 metallico con tecnica di estrazione MEK. Figura 46 Foto del modulo (3). 81 Il principio di funzionamento è il seguente: con S1, attraverso V1, si preleva da B1 la soluzione iniziale e attraverso V1 la si inietta in BMEK, già contenente il solvente MEK; si agita e si attende il tempo necessario alla separazione delle fasi; per mezzo di S2, attraverso la colonna di silice e la valvola V2, si preleva direttamente la fase organica da BMEK; da S2 attraverso V2 si carica la colonna di allumina e il solvente organico contenente materiale di scarto viene convogliato nel Waste; per mezzo di S2 si preleva il MEK puro facendolo passare attraverso la colonna di silice e V2, e lo si trasferisce al Waste facendolo passare attraverso la colonna di allumina; utilizzando la siringa S2 e attraverso la valvola V2 viene fatta passare H2O attraverso la colonna di allumina e convogliata nel Waste; infine il pertecnetato trattenuto sulla colonna di allumina viene eluito con soluzione fisiologica utilizzando la siringa S2; l’eluato viene convogliato nella vial FINE. Il terzo modulo è stato ulteriormente testato, con bassa attività cercando di simulare le condizioni iniziali del target sciolto in acqua ossigenata e idrossido di sodio, con lo scopo di verificarne l’efficienza, massimizzare il recupero e la purezza dell’eluato finale, analizzare le perdite di attività, ottimizzare i passaggi, le lunghezze dei tubi, prendere confidenza con il modulo e con i tempi del processo. In totale sono stati eseguiti quindici esperimenti variando di volta in volta i volumi dei solventi, le condizioni iniziali, la modalità di estrazione ecc. In particolare sono stati usati: - circa 75 mg di molibdato di sodio bi-idrato sottoforma (Na2MoO4 . 2H2O), introducendo così nella soluzione iniziale di simulazione circa l’equivalente quantità di molibdeno derivata dallo scioglimento di un target metallico di circa 30 mg; - acqua ossigenata concentrata H2O2 30%; - idrossido di sodio NaOH 6N in volume variabile da ottimizzare tenendo presente che per la dissoluzione e ossidazione del molibdeno metallico a molibdato per un target di circa 30 mg il volume di idrossido di sodio utile affinché tutto il molibdeno si ossidi a molibdato di sodio è di circa 4 mL; - pertecnetato di sodio in fisiologica da generatore pochi µL sufficiente per avere bassa attività per verificare la resa dell’eluato finale. 82 Il metodo di simulazione appena descritto introduce in soluzione un eccesso di sali dovuto all’utilizzo di molibdato di sodio anziché molibdeno metallico. Per ovviare a tale inconveniente, che simulerebbe male le condizioni di partenza dell’esperimento da target metallico, sono stati effettuati alcuni esperimenti partendo da una soluzione iniziale così composta: - circa 75 mg di Na2MoO4 . 2H2O - 1 mL di NaOH - 5 mL di H2O milliQ - 1 mL di H2O2 nel tentativo di evitare la formazione di sali precipitati che ostacolano il processo di separazione ed estrazione. Altri esperimenti sono stati realizzati senza l’aggiunta di molibdato di sodio alla soluzione iniziale. L’eccesso di sali nella soluzione iniziale impedisce infatti una buona visione della linea di separazione tra la fase organica a quella acquosa al momento dell’estrazione e successivamente implica la saturazione delle colonne a scambio ionico non consentendone il corretto funzionamento. Nei casi in cui i sali hanno ostacolato la buona riuscita dell’esperimento si rilevava un’ingente perdita di attività nel Waste. Oltre a variare le condizioni iniziali cercando di simulare al meglio le condizioni iniziali dell’esperimento con target metallico, si sono variati i volumi di solvente MEK, di acqua di lavaggio, di fisiologica, numero di colonne e combinazioni di questi con lo scopo di ottimizzare il recupero di 99mTc all’uscita dal modulo. In tabella 11 sono riportati i principali esperimenti eseguiti nel laboratorio di Radiochimica dell’Università di Ferrara (Dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale, sezione di Diagnostica per Immagini). 83 Tabella 11Raccolta ed analisi dati di alcuni esperimenti preliminari per l'ottimizzazione del modulo. Per effettuare le misure di attività si è utilizzato un contatore a pozzetto in dotazione al laboratorio (ISODOSE, L’ACN). I valori riportati in tabella non sono corretti per il tempo di decadimento. Si preleva un’aliquota di circa 50 µl di pertecnetato di sodio eluito da generatore e se ne misura l’attività mediante il contatore a pozzetto; si prepara la soluzione iniziale secondo le condizioni scelte e si procede con l’esecuzione del processo di estrazione e separazione mediante il modulo; terminate tutte le operazioni si procede con la misurazione dell’attività nell’eluato finale e nelle varie componenti del modulo. Considerazioni generali sull’esperimento consentono di apportare modifiche alle procedure per gli esperimenti successivi per ottimizzare di volta in volta la resa finale. Come si può vedere dalla tabella 11, i tests realizzati hanno portato a scegliere l’utilizzo di un’unica estrazione con 5 mL di MEK seguita da lavaggio della colonna di silice con 1 mL di MEK puro dimostrando l’efficacia dell’unica estrazione che consente 84 di perdere nella vial BMEK tra il 4 e il 10 % di attività. Questo valore dipende molto dalla precisione dell’operatore nel prelevare la fase organica dalla linea di separazione tra le fasi, punto critico della procedura. A tal proposito si è studiato quale metodo fosse migliore tra eliminare prima la fase acquosa prelevandola attraverso un tubo capillare posizionato alla base della vial, o prelevare la fase organica immergendo il tubo capillare al livello del ginocchio di separazione, lasciando nella vial la fase acquosa. In questo caso è stato valutato se fosse conveniente lasciare alcune gocce di fase organica nella vial con la fase acquosa, perdendo parte dell’attività ma guadagnandoci in purezza, o prelevare tutta la fase organica rischiando di aspirare anche parte della fase acquosa massimizzando il recupero di attività da 99m Tc ma a scapito della purezza dell’eluato finale a causa del molibdato raccolto. Dopo alcuni tests si è convenuto che il migliore compromesso è quello di lasciare un po’ di fase organica nella vial BMEK preferendo l'aumento della purezza dell’eluato alla resa finale e considerando il fatto che è sempre possibile effettuare una seconda estrazione in caso di necessità. Un aspetto fondamentale della procedura è il passaggio di aria per raccogliere tutta l’attività intrappolata tra un’operazione e un’altra in tubi e connessioni. In tal modo è possibile minimizzare le perdite di attività, ottimizzare la purezza dell’eluato e prevenire il deterioramento delle componenti del modulo. Nel corso dei quindici esperimenti con radioattività si è valutata la possibilità di introdurre nel modulo una seconda colonna di allumina acida (figura 47), in tandem con la prima, per trattenere più pertecnetato possibile. Dagli esperimenti è emerso infatti che utilizzando una sola colonna di allumina parte dell’attività raggiungeva il Waste e veniva dunque persa. Questo accade probabilmente a causa di un effetto di saturazione della colonna di allumina in presenza di sali che erroneamente venivano prelevati insieme alla fase organica, impedendo al pertecnetato di adsorbire su di essa. Con l’aggiunta della seconda colonna si minimizzano le perdite di attività. La modifica appena descritta ha comportato però un aumento del volume di fisiologica che necessariamente deve essere utilizzata per eluire quantitativamente il pertecnetato. L'eluizione di pertecnetato dalle due colonne effettuata con 5 mL di soluzione fisiologica comportava la perdita di circa il 10% dello stesso rimanendo intrappolato nella seconda colonna. Poiché un aumento eccessivo di volume di soluzione fisiologica per l’eluizione andrebbe a scapito 85 dell’attività specifica del prodotto finale, ossia il pertecnetato sarebbe troppo diluito e non accettabile per scopi diagnostici, si è deciso di eluire con 6 mL di soluzione fisiologica. Tale scelta non compromette l’attività specifica dell’eluato finale e consente di perdere nella seconda colonna di allumina circa il 7% di attività. Tale soluzione risulta essere comunque migliore della perdita del 30% di attività nel Waste che abbiamo avuto utilizzando una sola colonna di allumina. È importante tenere in considerazione che la soluzione di partenza da noi utilizzata simula le condizioni che avremo trattando poi il taget metallico. In particolare non dovrebbe esserci un eccesso di sali nella soluzione iniziale per cui potrebbe essere necessario modificare ulteriormente il modulo in itinere. Figura 47 Modulo di estrazione (4) Tc-99m da target di Mo-100 metallico con tecnica di separazione MEK. L’ultimo esperimento (N°15) ha portato ai risultati migliori, recuperando il 73% dell’attività iniziale. In tale test sono stati utilizzati 6mL di soluzione fisiologica per l'eluizione delle colonne di allumina. Le perdite maggiori si sono osservate nel residuo della vial BMEK (11% dell'attività iniziale), parametro ottimizzabile con l’esperienza dell’operatore. Nel Waste è stato perso solo l’1% dell’attività. Il lavaggio della colonna 86 di Silice con 1 mL di MEK puro si è dimostrato fondamentale per recuperare quella percentuale di attività che in un primo momento rimane intrappolata nella colonna di Silice per adsorbimento aspecifico del pertecnetato. Dati i risultati soddisfacenti si è scelta come definitiva la configurazione ed i volumi utilizzati nell’esp. N°15. 4.2 TEST DEL MODULO Presso l’Università di Ferrara è stato studiato e costruito un modulo semiautomatizzato per la separazione, estrazione e purificazione del metallico di 100 99m Tc da target Mo; tale modulo è stato ottimizzato in tutte le sue parti e in tutti i passaggi del processo secondo la metodica di estrazione con solvente MEK adattata al caso specifico. Le condizioni necessarie per la buona riuscita della separazione sono le seguenti: - Modulo n°4 con due colonne di allumina; - Per la soluzione iniziale: 1 mL di H2O2, 4 mL di NaOH; - Per l’estrazione: 5 mL di MEK - Per i lavaggi: 1 mL di MEK puro, 10 mL di H2O milliQ; - Per l’eluizione: 6 mL di soluzione fisiologica. Questo modulo deve essere testato a partire da target metallico per valutarne l’efficienza nelle condizioni reali. 4.2.1 PRODUZIONE DEL TARGET La produzione del target è stata effettuata a Legnaro presso i LNL INFN dal Dott. Massimo Loriggiola. Il materiale di partenza è una polvere metallica di molibdeno arricchita in 100 Mo al 99,05% con caratteristiche fornite dalla ditta di produzione ISOFLEX. La polvere viene compattata in pellet di 5 mm di diametro ad alta pressione 87 Il pellet viene portato a temperatura di fusione mediante un evaporatore a cannone elettronico (figura 48). L’apparato sperimentale è costituito da: sistema di pompaggio (pompa turbo molecolare e pompa rotativa) collegato ad una camera da vuoto, un filamento di tungsteno dal quale, per effetto termoionico, viene prodotto un fascio di elettroni e che funge da catodo connesso al terminale negativo di un generatore di tensione, un crogiolo di rame, che funge da anodo, dove si trova il materiale da fondere/evaporare, sistema di raffreddamento del crogiolo. Il fascio di elettroni prodotto trasferisce energia cinetica sotto forma di energia termica attraverso gli urti con gli atomi del bersaglio. In base all’energia del fascio con questa tecnica si possono raggiungere temperature pari a 3500°C. Il Molibdeno è un metallo difficilmente laminabile e per tale motivo durante il processo di fusione è necessario l’intervento di tecniche di purificazione e lavaggio introducendo nell’atmosfera di vuoto un gas, azoto, che facilita questo processo. Ottenuta la sfera metallica si procede alla laminazione mediante un laminatoio a freddo interponendo il molibdeno tra due foils di acciaio per evitare in contatto diretto con il rullo (figura 49). Tale processo viene ripetuto diverse volte fino ad ottenere lo spessore desiderato. La tecnica della laminazione a freddo garantisce uniformità dello spessore al 20% e consente di ottenere un foil planare. Questo metodo di produzione non introduce impurezze nel campione per cui la purezza del target finale è quella certificata dalla ditta di produzione della polvere metallica. Le principali impurezze che potrebbero compromettere la buona riuscita del campione sono la presenza di silicio e di idrogeno che possono infragilire il foil. Sono stati prodotti foils planari dello spessore di 25 mg/cm2. 88 Figura 48 Evaporatore a cannone elettronico usato per la produzione del target di Mo-100. Figura 49 Laminatoio a freddo, foto e schema di funzionamento, usato per la produzione del target di Mo-100. 89 4.2.2 L’IRRAGGIAMENTO Tre targets (foglioline) di molibdeno arricchito in 100 Mo, separati da foils di alluminio, sono stati irraggiati presso il ciclotrone JRC di ISPRA (VA), dal Dott. Simone Manenti, con un fascio protonico ad una energia iniziale pari a 18.0 MeV. (figura 50 e Tabella 12) L’obiettivo di questo irraggiamento è quello di produrre bassa attività di 99m Tc (≈ 2 MBq per singolo foglietto), sufficiente a verificare il funzionamento del modulo messo a punto, per mezzo della reazione nucleare 100Mo(p,2n)99mTc che ha luogo sul bersaglio. Figura 50 Schema di irraggiamento dei tre foils di Mo-100. Tabella 12 Caratteristiche di irraggiamento dei tre foils di Mo-100. 90 Energia iniziale 18.0 ± 0.2 MeV Corrente erogata ~110 nA Durata richiesta 60 min Carica integrata 3862·10-7 C L’energia persa nell’attraversare i target di molibdeno è pari a: - Mo-A: da 17.91 MeV a 17.53 MeV - Mo-B: da 17.44 MeV a 17.09 MeV - Mo-C: da 16.99 MeV a 16.65 MeV Tali perdite di energia classificano i target come “sottili”. L’attività di 99mTc, misurata all’EOB - Mo-A ≈2.9 MBq - Mo-B ≈2.6 MBq - Mo-C ≈2.3 MBq 4.2.3 ESTRAZIONE E SEPARAZIONE DI TC-99m DAL TARGET Il campione irraggiato è stato trasferito per mezzo di vettore autorizzato dal JRC di Ispra presso i laboratori LENA a Pavia (Responsabile Prof. Andrea Salvini) dove sono stati effettuati tre tests di estrazione/purificazione di tecnezio dal target. Gli esperimenti sono stati realizzati dai ricercatori dell'università di Ferrara in collaborazione con l'università di Pavia. Il campione è stato smontato (figura 51) e le tre targhette di molibdeno sono state pesate separatamente e mediante spettrometro γ con rilevatore HPGe, in dotazione al laboratorio, ne è stata misurata l’attività. La risoluzione del rivelatore utilizzato è di 1,7 keV a 1330 keV. 91 Figura 51 a) Campione contenente le tre targhette di molibdeno sovrapposte; b) target B isolato; c) il target viene pesato. Le caratteristiche dei tre target sono riportate nella seguente tabella 13 Tabella 13 Caratteristiche dei tra target: spessore, peso, attività. Target Spessore [mg/cm^2] Peso [mg] Attività [MBq] MoA 24.60 31 2.9 MoB 22.67 31.4 2.6 MoC 21.25 26.9 2.3 Figura 52 Spettro gamma del target A metallico acquisito mediante spettrometro gamma con rivelatore HPGe ed elaborato mediante programma Gamma Vision®. In ordinata conteggi, in ascissa Energia in keV 92 Il modulo utilizzato per la separazione radiochimica dei target Mo-A e Mo-B è il seguente (figura 53), come descritto nel capitolo 4.1.1. Figura 53 Schema e foto del modulo di estrazione (4). TARGET A Il modulo è stato preparato inserendo negli appositi alloggiamenti le vial BMEK (contenente 5 mL di MEK), MEKpuro (contenente 1 mL di MEK), “Waste”, “Fine”, le siringe e le colonnine Sep-Pak. Il target è stato prelevato mediante una pinzetta ed inserito nella vial B1, è stato aggiunto 1 mL di H2O2 (30%) ed è stato portato alla temperatura di circa 50°C per mezzo di una piastra riscaldante. Dopo 5 minuti si osserva solo una parziale dissoluzione del target, per tale motivo è stato aggiunto 1 ulteriore mL di H2O2. Dopo 15 minuti il target risulta completamente sciolto e tutto il molibdeno metallico è stato ossidato a MoO3 dalla reazione di ossido riduzione: La soluzione così ottenuta è stata portata a temperatura ambiente e successivamente sono stati aggiunti 4 mL di NaOH 6N, 1 mL alla volta. 93 L’aggiunta di NaOH consente la trasformazione dell’ossido di molibdeno (VI) a molibdato di sodio e la formazione di alcuni polimolibdati, [Mo7O24]6-, [Mo8O26]4-. In soluzione acquosa infatti ioni molibdato e polimolibdati sono in rapido equilibrio, che dipende dal pH e dalla concentrazione di molibdeno. In particolare a pH > 7 prevale la specie MoO42-, mentre per pH inferiori (tra 3 e 6) prevalgono i polimolibdati, E’noto invece che a pH < 0,9 precipita l’ossido di molibdeno. [34] L’aggiunta graduale di idrossido di sodio provoca in un primo momento la formazione di una soluzione di color rosso intenso tendente al marrone che, all’aumentare del volume di NaOH, tende a schiarire fino a tornare limpida. Il colore intenso della soluzione può essere attribuito alla formazione di perossidi di molibdato che si formano in eccesso di acqua ossigenata. [35] La vial B1 è stata quindi inserita nel modulo e utilizzando la siringa S1 la soluzione è stata prelevata da B1 attraverso la valvola V1. Mettendo in connessione S1 e BMEK, ruotando V1, la soluzione viene quindi trasferita nella vial BMEK contenente 5mL di MEK. Si osserva la precipitazione di una fase simile ad un gel che ha ostruito alcuni tubi e la valvola V1. Dopo aver trasferito solo una parte della soluzione iniziale nella vial BMEK, si nota la formazione di una fase gel all’interfaccia tra la fase acquosa (sottostante) e la fase organica (sovrastante) e una continua produzione di bolle di ossigeno dalla fase acquosa, dovuta presumibilmente alla dissociazione dell’acqua ossigenata (figura 54). Tali bolle vengono inglobate nell’ interfaccia delle due fasi, aumentandone il volume. L’agitazione della vial ha permesso di eliminare parzialmente le bolle e di estrarre il pertecnetato nella fase MEK. Dopo aver atteso la separazione delle due fasi (2 minuti circa), la fase organica è stata prelevata lentamente utilizzando la siringa S2 (figura 53). In questo modo il MEK contenente il pertecnetato, mediante la valvola V2, attraversa la colonna di SiO2, utilizzata al fine di trattenere eventuale fase acquosa (contenente molibdato) accidentalmente prelevata da BMEK. La valvola V2 viene poi connessa alle due colonne di allumina e la soluzione contenente pertecnetato viene 94 lentamente pompata dalla siringa S2 attraverso le colonne per essere poi convogliata nella vial Waste. Il pertecnetato in questo modo viene adsorbito sulle colonne di allumina acida. Successivamente, utilizzando la siringa S2, viene prelevato 1mL di MEK dalla vial MEK puro, al fine di recuperare eventuale pertecnetato che per adsorbimento aspecifico potrebbe essere rimasto sulla colonna di silice. La soluzione viene quindi portata attraverso le colonne di allumina nel Waste. Dopo ogni operazione i tubi e le colonne sono state flussate con aria. Le colonne vengono poi “lavate” con 20 mL di H2O e il pertecnetato eluito nella vial “Fine” con 6 mL di soluzione fisiologica. Il tempo impiegato per la procedura completa risulta 56 minuti. In tabella 14 sono riportati i dati percentuali (decay correct) riferiti ai conteggi in [cps] di 99mTc (figura 55), misurati con lo spettrometro HPGe in dotazione al laboratorio. Tabella 14 Percentuali di attività decay correct delle componenti del modulo nell'esperimento relativo al target A. Componente [cps] Tc-99m TARGET Mo-A 4062 100% Fine (pertecnetato in fisiologica) 1938 53% Residuo in BMEK (fase acquosa) 200 5% Residuo in B1 28 1% SiO2 6 0% n.1 Al2O3 24 1% n. 2 Al2O3 311 9% WASTE 4 0% bacchetta vetro 24 1% altro - 31% 95 Figura 54 Separazione delle fasi in vial BMEK con formazione di fase intermedia. Figura 55 Sezione di spettro gamma Target A dell'eluato finale (pertecnetato in fisiologica), evidenziato in rosso a sx picco del 99mTc, con relativi dati, e a dx del 100Mo. In ordinata conteggi, in ascissa Energia in keV 96 TARGET B Al fine di evitare la formazione della fase gel che nel trattamento del target Mo-A ha portato all’otturazione della valvola V1 nel modulo, e non ha permesso di ottenere una buona separazione della fase acquosa (NaOH) e della fase organica (MEK), il trattamento del target Mo-B è stato effettuato utilizzando la stessa procedura precedentemente descritta ma utilizzando un solo mL di H2O2 per l’attacco del metallo. La soluzione è stata inoltre e scaldata a 100°C per 13min dopo aver aggiunto 4 mL di NaOH 6N alla soluzione contenete il target sciolto. La soluzione da opalescente diventa limpida (figura 56). Figura 56 Attacco in H2O2 del target Mo-B: a) target in H2O2; b) target sciolto in H2O2 a caldo; c) soluzione opalescente dopo l’aggiunta di NaOH; d) soluzione limpida dopo riscaldamento della soluzione c). Dopo aver atteso una decina di minuti per lasciar raffreddare la soluzione a contatto con ghiaccio, la separazione del pertecnetato è stata effettuata come descritto per il target A (figura 57). Figura 57 Separazione limpida delle fasi acquosa e organica nella vial BMEK. 97 Il tempo impiegato per la procedura completa risulta 45 minuti. Dall’analisi degli spettri gamma acquisiti utilizzando il rivelatore HPGe (figura 58) e tenendo conto del fattore di calibrazione successivamente determinato è possibile ricavare quanto riportato nella tabella 15. Figura 58 Spettro gamma e Sezioni di spettro gamma Target B dell'eluato finale (pertecnetato in fisiologica), evidenziati in rosso i picchi del 99mTc, 100Mo e 97Nb, con relativi dati. In ordinata conteggi, in ascissa Energia in keV. 98 Laddove nella tabella è riportato il simbolo “<MAR” è da intendersi che il picco non distinguibile dal fondo nello spettro. Come spiegato nel paragrafo 4.3.1 in questi casi si fa riferimento al Minimo di Attività Rivelabile MAR (paragrafo 4.3.1), al di sotto del quale il picco non è rivelabile. Tabella 15 Valori di attività decay correct per la separazione Mo-B. Tc-99m Mo-99 Nb-97 Target Mo-B 2.377±0.004 MBq 0.111±0.007MBq 0.0037±0.0005MBq Fine (pertecnetato in fisiologica) (69.5 ± 0.2) % < MAR <MAR Residuo in BMEK (fase acquosa) (4.02 ± 0.04) % (80.8 ± 4.9) % (81.7 ± 4.9) % Residuo in B1 (0.93 ± 0.02) % (1.5 ± 0.8) % (1.9 ± 0.9) % SiO2 (0.18 ± 0.01) % (8.1 ± 1.7) % (4.0 ± 1.1) % n.1 Al2O3 (0.49 ± 0.01) % < MAR < MAR n.2 Al2O3 (8.42 ± 0.06) % < MAR < MAR Waste (4.76 ± 0.04) % < MAR < MAR TOTALE (88.3 ± 0.2) % (90.5 ± 6.4) % (87.7 ± 5.1) % TARGET C Al fine di ottimizzare la procedura di separazione precedentemente illustrata il modulo è stato modificato eliminando una delle due colonne di allumina. In figura 59 è riportato lo schema e una foto del modulo utilizzato per il trattamento del target Mo-C (paragrafo 4.1.1). La procedura applicata è la stessa precedentemente descritta per il trattamento del target Mo-B. In figura 60 è riportato un dettaglio relativo alla separazione delle due fasi (NaOH e MEK), dopo il trasferimento dalla vial B1 alla vial “BMEK” della soluzione acquosa contenente il target sciolto. 99 Figura 59 Schema e foto del modulo di estrazione (5) rielaborato per il trattamento del target Mo-C. Vial BMEK Figura 60 Dettaglio della procedura di separazione. Il tempo impiegato per la procedura completa risulta 35 minuti. Dall’analisi degli spettri gamma acquisiti utilizzando il rivelatore HPGe (figura 61) e tenendo conto del fattore di calibrazione successivamente determinato è possibile ricavare quanto riportato nella tabella 16. 100 Figura 61 Spettro gamma e Sezioni di spettro gamma Target C dell'eluato finale (pertecnetato in fisiologica), evidenziati in rosso i picchi del 99mTc, 100Mo e 97Nb, con relativi dati. In ordinata conteggi, in ascissa Energia in keV. 101 Tabella 16 Valori di attività decay correct per la separazione Mo-C. Tc-99m Mo-99 Nb-97 Target Mo-C 1.673±0.004MBq 0.080±0.006MBq 0.0090±0.0006MBq Fine (pertecnetato in fisiologica) (79.9 ± 0.3) % < MAR < MAR Residuo in BMEK (fase acquosa) (5.5 ± 0.1) % (74.7 ± 6.7) % (70.9 ± 7.)5 % Residuo in B1 (1.26 ± 0.03) % (3.8 ± 1.2) % (1.1 ± 0.7) % SiO2 (0.25 ± 0.01) % (13.6 ± 2.4) % (14.6 ± 2.8) % Al2O3 (0.39 ± 0.01) % < MAR < MAR WASTE (0.28 ± 0.01) % < MAR < MAR TOTALE (88.7 ± 0.3) % (92.1 ± 7.2) % (86.6 ± 8.1) % 4.3 ACQUISIZIONE DELLO SPETTRO GAMMA L’attività dei differenti campioni e la valutazione della purezza radionuclidica dell’eluato finale contenente pertecnetato (paragrafo 4.3.2) è stata determinata utilizzando lo spettrometro HPGe in dotazione al laboratorio. A tale scopo inizialmente è stata determinata la curva di calibrazione sperimentale in efficienza del rivelatore, utilizzando isotopi di attività nota (sorgente standard certificata) ad una distanza campione rivelatore di 23cm. La calibrazione dello spettrometro in energia, tramite una o più sorgenti standard di emissione γ nota, permette di associare ad ogni canale dell’istogramma ottenuto con spettroscopia γ l’energia di interazione del fotone. [35] In figura 62 è riportata un esempio di curva in efficienza. 102 Figura 62 Curva di efficienza di un rivelatore per radiazione gamma. L’interpretazione della curva di efficienza è la seguente: a bassissime energie i fotoni riescono a superare lo strato non sensibile che avvolge il rivelatore solo in misura molto modesta; mano a mano che l’energia cresce, aumenta anche il numero di fotoni che riesce a raggiungere il volume sensibile e cresce, corrispondentemente, l’efficienza. Tale effetto continua fino a che si raggiunge un largo massimo dell’efficienza (nella regione fra i 100 ed i 150 keV). In seguito, continuando a crescere l’energia, i fotoni che sono in grado di sfuggire dal rivelatore senza interagire o senza essere completamente fermati aumentano progressivamente e l’efficienza cala di conseguenza. [17] 4.3.1 ELABORAZIONE ED ANALISI DELLO SPETTRO GAMMA. Per l’elaborazione ed analisi di uno spettro gamma si è utilizzato il programma GammaVision® (ORTEC) e fogli di lavoro Excel. Nel programma GammaVision, prima di procedere con l’analisi, è necessario caricare la curva di efficienza e le cosiddette librerie di radionuclidi. Queste ultime sono delle compilazioni di dati caratteristici dei radionuclidi: nome del radionuclide, il tempo di dimezzamento, energia 103 percentuale di emissione per i principali picchi gamma del radionuclide ed eventualmente altri valori particolari (figura 63 e tabella 17). Figura 63 Esempio di libreria di radionuclidi. In particolare le caratteristiche del 99mTc. [36] Tabella 17 Emissioni gamma caratteristiche dei principali radionuclidi presenti nel target di Mo-100 metallico. 104 Nuclide En [keV] BR (%) T1/2 [ore] Tc-99m 140,5 87,7 6,01 Mo-99 181,1 6,08 66 Nb-97 657,9 98,5 1,20 Tc-94 871 100 4,88 Tc-93 1363 65,8 2,75 Per effettuare un analisi mirata dello spettro in questione è necessario effettuare una valutazione a priori, mediante studi fisici di cross-section (paragrafo 1.3.1), di quali radionuclidi potrebbero essere presenti nel campione in modo tale da evitare falsi riconoscimenti basati sull’erronea attribuzione a tale radionuclide di uno o più picchi emessi da radionuclidi di origine naturale che risultano casualmente avere emissioni di energia coincidente. Una ispezione visiva dello spettro permette di riconoscere immediatamente la presenza di picchi che siano chiaramente distinti rispetto al fondo. Selezionando un picco il programma fornisce informazioni come: - Il baricentro del picco in keV - La larghezza a mezza altezza FWHM - Il riferimento alla libreria ossia il radionuclide che possiede emissione energetica coincidente con la posizione del picco in esame - La Gross Area, ossia l’area totale del picco - La Net Area, ossia l’area del picco alla quale è stata tolta l’area relativa al fondo, con relativo errore. - Gross count rate, ossia l’intensità del picco in conteggi per secondo (cps). È così possibile attribuire ciascun picco univocamente ad un radionuclide ottenendo un’analisi qualitativa del campione e quantitativa andando a calcolare l’attività di ciascun radionuclide. In generale l’attività è calcolata tramite una equazione del tipo: dove è l’area netta del picco calcolata dal programma in conteggi, è il tempo di misura (nel caso in esame è stato impostato un tempo di misura pari a 100 secondi), è l’efficienza di picco al valore di energia in questione (relativo alla curva di efficienza precedentemente caricata nel programma), è la frequenza di emissione del picco gamma detta anche yield (resa) o Branching Ratio (BR) tabulata nella libreria di 105 riferimento. All’attività così calcolata è associato un errore calcolato per propagazione dell’errore sull’area netta del picco fornito dal programma GammaVision. L’ispezione visiva può portare a conclusioni errate di due diversi tipi: - si può escludere un segnale che viene ritenuto appartenente al fondo quando invece era un segnale da considerare; - si può considerare segnale da considerare una misura eseguita superiore al fondo quando invece apparteneva al fondo stesso. Si fa dunque riferimento alla minima attività rivelabile MAR o MDA (dall’inglese minimum detectable activity) del sistema di misura che prende in considerazione, a numeratore al posto dell’area netta, un conteggio pari al livello critico di rivelazione, ossia quel livello tale che, se superato, il segnale può essere considerato come significativamente diverso dal fondo. I valori di attività calcolati dai conteggi forniti dallo spettro gamma elencati nelle tabelle relative agli esperimenti effettuati in questo lavoro di tesi (paragrafo 4.2.3) sono da considerarsi corretti per il tempo di decadimento (decay correct). Ciò significa che ai valori di attività A(0), calcolati a partire dall’intensità del picco in conteggi, deve essere applicata la formula per tenere in considerazione che nel tempo trascorso tra una misurazione e la successiva parte dell’attività è stata persa per decadimento radioattivo. Tenendo conto che la costante di decadimento λ per il trascorso tra le due acquisizioni. 106 99m Tc è pari a 3,2·10-5 [s-1] e inserendo in t il tempo 4.3.2 I CONTROLLI QUALITÀ PUREZZA RADIONUCLIDICA In tabella 18 sono riportati i valori di purezza radionuclidica determinati nella soluzione fisiologica finale contenete il pertecnetato. Tabella 18 Valori di purezza radionuclidica in percentuale delle soluzioni finali contenenti pertecnetato. Mo-A Mo-B Mo-C AMo-99/ ATc-99m < MAR AMo-99/ ATc-99m < MAR AMo-99/ ATc-99m < MAR ANb-97/ ATc-99m < MAR ANb-97/ ATc-99m < MAR ANb-97/ ATc-99m < MAR ATc-93g/ ATc-99m = (0.15 ± 0.03) % ATc-93g/ ATc-99m = (0.11 ± 0.03)% ATc-93g/ ATc-99m = (0.11 ± 0.03)% ATc-94g/ ATc-99m = (0.23 ± 0.03) % ATc-94g/ ATc-99m = (0.20 ± 0.03) % ATc-94g/ ATc-99m = (0.17 ± 0.02) % DETERMINAZIONE DELLA PUREZZA CHIMICA - Il pH delle soluzioni finali, determinato utilizzando cartine tornasole ACIDAL Vetrotecnica, -Padova (5-5,5) con passo 0.5, e PEHANON Mackerey-Nagel Germany (5,2-6,8) con passo 0,2 risulta 4,5-5 (figura 64); - Il contenuto di molibdeno nelle soluzioni finali, determinato utilizzando il test “MERCKOQUANT MOLIBDENO 5-250 MG/L”, è sempre risultato <5ppm. (figura 65); - Il contenuto di alluminio, determinato con il test colorimetrico TEC-CONTROL ALUMINIUM BREAKTHRU (BIODEX), è sempre risultato<5ppm (valore indicato in Farmacopea) (figura 66); - Il contenuto di MEK è stato determinato mediante gascromatografia. Per effettuare questa analisi è stato utilizzato un iniettore Agilent-Pal H6500-CTC, gascromatografo Agilent Gc 6850 Series II Network e detector a spettrometria di massa (MS) Agilent Mass Selective Detector 5973 Network. I campioni sono stati diluiti in fisiologica e aliquotati. Per effettuare le analisi ad ogni aliquota è stataaggiunta la matrice (NaCl in H2O milliQ) e lo standard (Fluorobenzene). Il contenuto di MEK nei tre campioni è risultato <0.009% (v/v). 107 Figura 64 Determinazione del pH delle soluzioni finali contenenti pertecnetato. Figura 65 Determinazione del molibdeno delle soluzioni finali contenenti pertecnetato. Figura 66 Determinazione di alluminio delle soluzioni finali contenenti pertecnetato 108 DETERMINAZIONE DELLA PUREZZA RADIOCHIMICA La determinazione della purezza radiochimica del pertecnetato è stata effettuata utilizzando: - Carta Whatman 1 - Fase mobile MeOH:H2O (8:2) - Cromatografo “Cyclone Plus Storage Phosphor System” - Software optiquant ™ La purezza radiochimica del 99mTcO4-, è sempre risultata 100% (figura 67). Figura 67 Determinazione della purezza radiochimica mediante cromatografia TLC delle soluzioni finali contenenti pertecnetato. 109 110 5 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI In questo capitolo riassumo i risultati del lavoro sperimentale svolto facendo in particolare alcune considerazioni sulla purezza ed efficienza dell’eluato ottenuto mediante il modulo da noi creato. Accenno alcune problematiche relative a tale metodo di produzione di Tc-99m e gli sviluppi e studi futuri. Infine spiego come la Scienza dei Materiali può essere di supporto alla medicina nucleare. Lo scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di sviluppare un metodo semi automatico per l’estrazione di 99m 100 Tc da target metallico di Mo. Di estrema attualità infatti è lo studio di produzione alternativa di questo importante radionuclide, utilizzato per più dell’85% negli studi diagnostici medico nucleari, a seguito della crisi mondiale che ha visto una drammatica riduzione del suo radionuclide genitore 99 Mo prodotto mediante reattore nucleare. Tali reattori in funzione ormai da oltre cinquanta anni hanno recentemente subito molteplici chiusure per manutenzione, con una drastica riduzione della disponibilità del radioisotopo 99Mo. La ricerca in questo ambito si sta muovendo, infatti, verso la produzione diretta di 99m Tc o del suo progenitore 99 Mo mediante l’impiego di acceleratori di particelle in modo da provvedere al fabbisogno del radioisotopo su scala regionale. L’interessante proposta che sembra aver maggior possibilità di sviluppo futuro è quella dell’utilizzo del ciclotrone e al momento gli sviluppi attuali di tale tecnologia permettono la produzione diretta di 99mTc preferendola a quella indiretta dal 99Mo. Questo perché il 99mTc, prodotto dal decadimento radioattivo del 99Mo da ciclotrone, possiede attività specifica più bassa rispetto a quello prodotto dal generatore 99 Mo/99mTc. Il invece, risulta essere confrontabile con 99m Tc prodotto direttamente, quello prodotto dal metodo attualmente impiegato nella diagnostica medico nucleare. A conferma dell’importanza ed attualità del progetto è la recente approvazione da parte della European Pharmacopoeia Commission dell’elaborazione di una monografia specifica per il pertecnetato di sodio per iniezione prodotto da ciclotrone. 111 Il lavoro sperimentale di cui mi sono in particolar modo occupata si inserisce in un progetto interdisciplinare che prevede la collaborazione tra l’università di Padova, Ferrara , Milano, Pavia ed i Laboratori Nazionali di Legnaro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (LNL-INFN) con lo scopo di preparare targets metallici arricchiti in 100 Mo, studiare i metodi di produzione più efficaci per produrre 99m Tc in seguito a bombardamento protonico e sviluppare metodi si estrazione/purificazione di tecnezio dal target idonei per la preparazione di radiofarmaci utilizzabili in clinica. Merito dell’interdisciplinarietà del progetto la Scienza dei Materiali è parte fondamentale del lavoro in tutto il suo sviluppo, non solo per la scelta di materiali opportuni per la costruzione del target e del supporto per il bombardamento, nonché per i metodi produzione e deposizione, per lo studio di metodi di raffreddamento di quest’ultimo e per studio della geometria e caratteristiche fisiche del fascio protonico, ma anche per lo studio delle tecniche di estrazione del metallo dal target e della successiva purificazione. In particolare il presente lavoro ha permesso di sviluppare un metodo automatizzabile che permette di ottenere pertecnetato di sodio in soluzione fisiologica con standard di purezza paragonabili a quelli attualmente ottenuti mediante generatore di 99Mo/99mTc. La procedura ottimizzata prevede la solubilizzazione del target metallico in H2O2 concentrata a caldo e la successiva basificazione con NaOH 6N. Il pertecnetato di sodio così ottenuto viene estratto dalla soluzione acquosa, contenente anche molibdato di sodio e altri sottoprodotti, utilizzando MEK. Abbiamo appurato che è sufficiente una sola estrazione con 5 mL di MEK, che avviene dopo agitazione vigorosa, per separare quantitativamente e selettivamente il [99mTcO4Na]. La soluzione organica contenente il radionuclide viene ulteriormente purificata utilizzando una colonna di silice e una colonna di allumina acida. L’impiego di una sola colonna di allumina ha consentito di recuperare anche l’8% di attività che rimaneva sulla seconda colonna utilizzata negli esperimenti preliminari, con volume di eluizione pari a 6 mL di soluzione fisiologica. Il modulo permette di ottenere in circa 35 minuti il prodotto in resa di circa l’80% (decay correct) rispetto all’attività iniziale. La purezza del prodotto finale rientra pienamente nei parametri indicati dalla Farmacopea per il pertecnetato ottenuto da generatore. 112 Tale metodo può essere integralmente automatizzato ed utilizzato con controllo remoto per permettere un’adeguata protezione per l’operatore. Studi futuri saranno rivolti alla preparazione dei radiofarmaci maggiormente utilizzati per le indagini scintigrafiche e relativi studi sugli animali nonché alla ingegnerizzazione del modulo e recupero del Mo-100. 113 114 BIBLIOGRAFIA [1] COVIDIEN, Production and supply of molybdenum-99-IAEA [2] J.Esposito LNL, (2011), “APOTEMA project proposal” [3] J.Esposito LNL, (2011) Proposta di esperimento CSN5 INFN Periodo 2012-2014 Progetto Apotema, proposta di esperimento dal Gruppo 5 INFN [4] Alessandra Boschi, 2012-2013 Radionuclides Producted by generators, Lezioni Master in “Surface Treaments for industrial applications”, [5] J. Esposito, G. Vecchi, G. Pupillo, A. Taibi, L. Uccelli, A. Boschi, M. 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Il lavoro è stato per me particolarmente appassionante perché mi ha consentito di applicare le competenze in Scienza dei Materiali, acquisite in questi anni, all’ambito medico, per il quale ho sempre avuto una particolare sensibilità. A tal proposito ringrazio il Professor Palmieri, mio relatore, per avermi fatto scoprire il mondo della ricerca sui radiofarmaci e per avermi introdotto, con il consenso del Direttore LNL INFN Giovanni Fiorentini e il Dott. Juan Esposito, nel progetto APOTEMA al quale sono affezionata, essendo stato argomento anche della mia tesi triennale, e di avermi dato la possibilità di contribuire attivamente a parte della realizzazione dello stesso. Voglio ringraziarlo in particolar modo per il preziosissimo supporto psicologico. Ringrazio il Professor Duatti Adriano e la Dottoressa Alessandra Boschi, miei correlatori, e tutto il gruppo di Ferrara del reparto Diagnostica per immagini, in particolar modo il Prof. Giganti, la Dottoressa Licia, la Dottoressa Micole, la Dottoressa Gaia Pupillo ed il Signor Rodolfo. Ci tengo a sottolineare che la Dottoressa Alessandra è stata mio punto di riferimento e modello in questi mesi, il suo sostegno, la sua disponibilità e gentilezza mi sono state d’aiuto per affrontare con calma e serenità questo momento importante. Ringrazio il gruppo di Pavia: Prof. Andrea Salvini, Dottoressa Lucilla Strada ed in particolar modo ringrazio il Dott. Michele Prata per la disponibilità, pazienza e supporto datomi. Ringrazio, della sezione di Milano, Simone Manenti e della sezione INFN LNL il Dott. Massimo Loriggiola e la Dott.ssa Silvia Martin. Ringrazio i Professori Claudio Pascali e Stefano Boschi, relatori al Master Universitario di II Livello a Ferrara in “Scienza e Tecnologia dei Radiofarmaci”. 119