1 n. 12 febbraio/maggio 2015 La «Chiave Nera» di Domenico

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1 n. 12 febbraio/maggio 2015 La «Chiave Nera» di Domenico
n. 12 febbraio/maggio 2015
La «Chiave Nera» di Domenico Cantatore: appunti sul disegno
di Orazio Lovino
Scrivere sul disegno […] non è cosa facile. Si può riuscire troppo vaghi o forse troppo presuntuosi, si può
sorvolare o forzare il significato di un gesto tanto leggero! (Leonardo Sinisgalli, 1947)
Sottesa al catalogo artistico di Domenico Cantatore (1906–1998),1 pittore figurativo della
generazione di mezzo del XX secolo, è una copiosa produzione grafica – nell'accezione
disegnativa – mai stata oggetto di un'accurata indagine critica. Salvo qualche sporadica
eccezione, come per le pagine relative ai disegni parigini del 1932 e un'interessante
pubblicazione sui d'après a cura di Luigi Cavallo,2 i disegni di Cantatore, hanno sofferto di
scarsa attenzione in recensioni, articoli, saggi e cataloghi dedicati all'artista pugliese, pur
non peccando d'inferiorità, né qualitativa né gerarchica, rispetto alle più note opere
pittoriche.
Pertanto, con la speranza di porsi a premessa di futuri approfondimenti, il saggio che
si viene a scrivere muove dalla convinzione che occorra gettare luce su tale momento
creativo, poco frequentato, di Cantatore, considerando ch'egli è «un grafico per definizione
profonda»3 e che solo con «la Chiave Nera»4 – così il poeta Raffaele Carrieri, storico amico
del pittore, definiva il suo disegno – si possa intendere l'intera sua opera pittorica. Si
tenterà, dunque, pur senza pretese di esaustività, di fornire una panoramica sull'esercizio
grafico di Cantatore, espressosi nelle tre categorie di disegno contemporaneo teorizzate da
Crispolti e Pratesi, ovvero il disegno di ricerca e progettuale, «prossimo e inerente al livello
di “diario” grafico», il disegno da esposizione, «compiuto, più pulito e accurato» che
conserva, però, «la valenza semantica e la rappresentatività di tensione creativa» e, infine,
il disegno per illustrazione.5 Con l'ausilio di alcuni esempi, poco noti o inediti, si cercherà
di analizzare la produzione grafica di Cantatore, cogliendone origini ed evoluzioni e
cercando di dimostrarne il valore paradigmatico nell'opera dell'artista, essendo talvolta
stato un medium privilegiato per sperimentare o per assecondare ricerche linguisticotematiche, solo più tardi riproposte sulla tela.6
1
Dopo una breve formazione come garzone presso la bottega di un anziano pittore
decoratore di stanze7 nel suo paese natio, Ruvo di Puglia, Domenico Cantatore scoprì
l'«amore per il disegno» e realizzò i suoi primi fogli tra i dieci e i dodici anni, quando poté
disporre, grazie a una concessione del municipio, di un improvvisato atelier nel refettorio
dell'ex-convento dei frati Cappuccini, occupato, ai primi decenni del Novecento, dalla
«gente più diseredata del luogo, barboni e pazzi, alcolizzati».8 È noto, da un suo racconto
autobiografico, che in questo «laboratorio di sogni» era solito ritrarre, anche in cambio di
qualche moneta, i poveri che vi risiedevano e farli assistere alle proiezioni con una
«rudimentale lanterna magica» di alcuni disegni compiuti su lastre di vetro, tra cui una
serie dedicata alla Via Crucis.9
Dopo tale velleitario, ma significativo, episodio, Cantatore si stabilisce nel 1924 a
Milano e prosegue la sua formazione nel pieno clima di recupero plastico-figurativo,
anticipato, in Italia, dalla Metafisica dechirichiana e perseguito, con espliciti riferimenti
alla tradizione Tre e Quattrocentesca, da gruppi artistici come Valori Plastici (1918-21),
diretto dal pittore Mario Broglio, e Novecento (1922-29), coordinato dalla scrittrice
Margherita Sarfatti. Se le poetiche figurative saranno, nei dipinti del nostro, presto
debitrici delle istanze novecentiste, «tra i miti di Carrà e gli spettri di Morandi»,10 i disegni
prima degli anni Trenta accuseranno ancora reminiscenze “realiste”: in Vecchia Pugliese11
(1928) o in Ritratto di signora12 (1929) [fig. 1a], permane non ancora sopito l'interesse
nella resa veridica del dato fisiognomico, come traspare sia dal volto consunto da gravi
linee di rughe dell'anziana che dalla testina composta e levigata della giovane donna,
benché, in quest'ultima, predisposizioni al sintetismo delle forme emergono nel caschetto
ridotto a liste.
Non datato, ma attribuibile al 1928 circa – anno in cui Cantatore tiene una personale
al Circolo artistico di Palazzo Fizzarotti a Bari –, è il ritratto a pastello nero, oggi disperso,
del poeta armeno Hrand Nazariantz [fig. 1b], il quale, in tale occasione, gli presentò
Raffaele Carrieri, poeta tarantino e fraterno amico del pittore.13 Rispetto ai due precedenti
fogli, il disegno presenta atmosfere arcane inedite per Cantatore, che si giustificano con il
soggetto ritratto, esponente della poesia simbolista armena: la testa maudite di Nazariantz,
ad occhi chiusi come raccolto in meditazione, è sospesa in un alone luminoso e non può
che rievocare il capo del Battista in L'Apparition (1976) di Moreau o le varie tête d'Orphée
care al simbolismo franco-belga.
A Milano, patendo la povertà, il freddo e la fame, Cantatore proseguì con ardore la
2
sua ricerca linguistica, disegnando bricchi, caffettiere e sedie, e ritraendo gli amici poeti, in
gran parte meridionali come lui, con cui condivideva speranze e nostalgie – tra questi
Carrieri, Arturo Tofanelli, Alfonso Gatto e Leonardo Sinisgalli.
Nel 1932 giunse a Parigi, ove trascorse diversi mesi formandosi sui maestri della
pittura moderna affini alle sue sensibilità – Cézanne, Matisse, Picasso del periodo blu e del
periodo neoclassico, il tardo Modigliani. Durante il soggiorno parigino, in cui conobbe e
frequentò diversi pittori e intellettuali, tra cui Massimo Campigli, Mario Tozzi, Alberto
Martini e Filippo de Pisis, realizzò, oltre alle prime incisioni grazie agli strumenti forniti
dal pittore Francesco Cristofanetti, un gran numero di disegni in fogli sciolti: «Ero riuscito
nella trasferta francese con l'aiuto di un amico pugliese che credeva nel mio talento. Mi
aveva sovvenzionato il viaggio e mi gratificava di un modesto mensile. A Parigi costava
poco frequentare la Grande Chaumière; ci stavo lunghe ore a disegnare con la modella che
era a disposizione di tutti, una donna corpulenta e attempata».14 La scoperta della pittura
moderna fu un vero trauma per Cantatore, il quale metabolizzò la crisi dapprima
eseguendo soltanto disegni e poi, rientrato a Milano a fine anno, scrivendo e pubblicando
racconti.
Nel capoluogo lombardo il corpus grafico parigino, ritraente tristi e solitarie figure
femminili, viene subito apprezzato dalla Galleria Il Milione (fondata nel 1930) –
«Cantatore retour de Paris ci ha portato un pacco di disegni, troppo interessanti perché
trascuriamo di darne qui un saggio agli amatori»15 – ed ivi esposto nel dicembre del 1934.
Nel catalogo della mostra, Gatto compie un ritratto dell'artista e commenta la sua opera
grafica: «Basterebbero questi disegni a dare prova del temperamento e della volontà
estrema in cui Cantatore si definisce. Questo suo mondo di grande tristezza umana e di
persuaso sollievo nella bontà, indugia nel suo idillio, in un tempo remoto, quasi nel mito
dell'ordine. Nessun estro […] ma l'intesa sempre visibile di una unità e di una conclusa
elezione sul sentimento. Così nelle figure Cantatore trova il suo mondo di disagio per
inclinarlo alla persuasa tranquillità della sua malinconia, con un disegno continuo che rare
volte decade nel tratto. Le figure sono semplificate ad una povertà delusa, ad un giudizio: e
la semplicità dei mezzi, nuovi e antichi insieme, svela questo patire. Cantatore ha un suo
destino da compiere, intero: tra lui e la sua opera si scorge un patto di dura volontà».16
Sinisgalli, nel medesimo “bollettino”, elogia il timbro lirico e la compiutezza del segno di
ogni foglio: «Figure atteggiate nei gesti a una perplessità che vorremmo dire mitologica,
serrate nel loro solco, resistenti e distratte. Il disegno di Cantatore è poetico, […] ha una
nascita mentale né veloce (come è quello degli illustratori compreso Cocteau), né
3
decorativo (come è perfino Matisse). È un disegno concluso in una sua monotona unità,
privo di dettagli […]. Gli basta spostare un arto per scoprire un'architettura imprevista del
corpo umano. Il corpo è qui a fare da sostegno alla luce, a fare da sedia al sangue».17
A corredare tali critiche positive interviene Edoardo Persico che, raccontando la
«malinconica e taciturna» inaugurazione al Milione sull'Italia Letteraria, apprezzò in
Cantatore, e nel gruppo di giovani poeti, artisti e intellettuali presenti, «la capacità di
credere nel privilegio della propria solitudine», «l'aspirazione alla libertà, il proposito di
coerenza» e l'attitudine europeista data dai riferimenti a «Modigliani o Pascin […] sentiti
come destino del pittore europeo, [a] Picasso o Matisse come inflessibilità morale».18 Si
guardino, ad esempio, Nudo femminile seduto19 [fig. 2a] e Nudo seduto20 [fig. 2b], in cui la
sintetica calligrafia di Cantatore risente, nella linea concisa che racchiude senza orpelli o
chiaroscuri (salvo qualche eccezione) i corpi delle modelle, dei disegni di Modì e di Pascin.
Nel 1935 Francesco Càllari, critico teatrale e cinematografico, in una recensione sulla
II Quadriennale d'Arte Nazionale a Roma, cita Cantatore come disegnatore «che guarda
ammaliato le cose, le rigenera e le vitalizza a suo modo, astraendole dalla forma o
deformandole o sintetizzandole in pure linearità».21 Benché non sono noti i fogli esposti,
forse alcuni esemplari parigini (l'artista non è neanche registrato nel catalogo della
mostra), essi non erano stilisticamente dissimili, essendo le parole di Càllari concordi con
quelle di Gatto e Sinisgalli.
Il rientro da Parigi, come accennato, comportò una crisi artistica in Cantatore:
realizzava e distruggeva le sue tele – «cento volte l'acquaragia passò come un fiume
rabbioso su quei tentativi»22 dirà Salvatore Quasimodo, suo fedele e storico amico –, e
andava interiorizzando le lezioni pittoriche apprese in Francia, mentre, per guadagnarsi da
vivere, pubblicava pregevoli racconti e qualche cronaca sportiva.23
Nel catalogo cantatoriano, pertanto, nuove opere grafiche ricompaiono dal '38 circa,
quando il pittore si avvicina alla rivista “Corrente” (1938-40) e riprende a dipingere nudi in
interni spogli, ritratti e nature morte con un originale lessico figurativo (non definitivo) che
amalgama la volumetria delle donne neo-attiche di Picasso con le sensibilità cromatiche di
Carrà e Rosai e l'«astrazione contemplativa» di Morandi.24 Anche su carta si affermava un
nuovo registro linguistico, ovvero una maggiore padronanza del tratto, più sciolto e sicuro,
che si concede anche piccoli virtuosismi calligrafici: sui fogli a china, oltre a nudi di
modelle, figurano amici, poeti e artisti, tutti fedeli habitués dei caffè Savini, Tre Marie,
Craja e Tantal, e di via Rugabella, «piccolo Montparnasse, il quartiere degli artisti […] fra
corso Roma e corso Italia» scoperto da De Chirico al rientro da Parigi.25 Tra questi
4
ricordiamo, otre ai già noti ritratti di Leonardo Sinisgalli (1938), Caterina Lelj (1938) e
Alfonso Gatto (1939),26 altri poco conosciuti: il Ritratto di Lucio Fontana27 (1938 circa)
[fig. 3a] e il Ritratto di Enrico Emanuelli28 (1940-41). Il primo è stato rintracciato dallo
scrivente nel numero del gennaio 1939 della rivista “Domus”, nella cui sezione di
esposizioni mensili era citata la mostra di ceramiche di Fontana presso Il Milione, con
annesso il ritratto dello scultore. Seduto a un tavolo, forse del caffé Craja, con un minuto
pacchetto verosimilmente da pasticceria, lo scultore è raffigurato con uno sguardo venato
di pensieri, quasi mesto, e ricorda nella posa e nella composizione “tratteggiata” il Ritratto
del dottor Gachet (1890) di Van Gogh.29 Nel secondo disegno, invece, l'effigie del poeta
novarese, colto di tre quarti con fonte di luce a sinistra, è composta da rapidi tratti e da una
nube chiaroscurale che incornicia il mezzobusto, riproponendo l'atmosfera pittorica che si
respira nei dipinti contemporanei (vedasi ad esempio Ritratto di uomo del 1940-41).30
Si accennava, poc'anzi, a nudi di modelle in contesti domestici, che popolano i carnet
di Cantatore in questi anni, oltre che le tele ampiamente apprezzate dalla critica, dai
collezionisti (tra cui Alberto Della Ragione, Enrico Mattei, Alberto Mondadori) e anche da
alcuni colleghi (come Carrà e Mafai, i quali possedevano sue opere nelle loro collezioni
private):31 un esemplare, Donna nuda del 1938 [fig. 3b], è conservato presso l'Accademia
di Belle Arti di Firenze, la cui raccolta di disegni del Novecento, costituita per volere
dell'allora direttore Felice Carena, fu oggetto di una mostra nel 1984. Il foglio venne, in tale
occasione, correttamente letto come testimonianza milanese dell'eredità di Carrà, di cui
Cantatore «fruga […] le pieghe imbronciate, i silenzi pieni di cruccio».32
A questi anni risale anche un gruppo di cinque o sei fogli del 1939, pressoché ignoti,
eseguiti su «una piccola spiaggia dell'Adriatico»33 e ritraenti attrezzature marine: soggetti,
pertanto, totalmente estranei all'iconografia cantatoriana, che riprovano, tuttavia, come il
disegno goda di un ruolo d'elezione nell'opera dell'artista, il quale affida ad esso momenti
intimi e poetici della propria osservazione. L'unico a farne menzione fu Sinisgalli in un
breve articolo – ove ne furono pubblicati due, tra cui Disegno (1939) [fig. 3c] –,
definendoli un «dono tutto particolare» di «immagini indimenticabili» che rammentavano
le «macchine di Leonardo», «certi trofei dei surrealisti» o le «sculture di Picasso».34 Egli
scriveva, profeticamente, che si trattava di «documenti senza storia» nell'opera di
Cantatore, ma «per la loro densa virtù, assai cari» agli amanti della poesia.35
Dalla seconda metà degli anni Quaranta fino ai primi anni del decennio successivo, le
opere di Cantatore vedono coniugare la sempre sottesa lezione cézanniana con una
graduale freschezza tonale e con una sintesi geometrica d'influsso neocubista, diffusa nel
5
dopoguerra dal Fronte Nuovo delle Arti (1946-50). Portavoce di tali novità, che
accompagnano il costituirsi di una delle prime serie pittoriche dell'artista –36 le Donne in
interno – è il foglio a pastello Studio per Donna di schiena (1947) [fig. 4a], strutturato per
blocchi e per salde linee di contorno, oltre a Vecchia seduta37 (1948), il cui soggetto
anticipatore della tematica Gente del Sud è senza dubbio modellato sulla figura della
madre. Il disegno pertanto riesce, nella limpida chiarezza del tratto, a dare enfasi a quella
gabbia strutturale composta di segmenti netti che contraddistingue, da tale momento in
poi, la produzione dell'artista, dedita ad esprimere le mutazioni compositive su un
personale repertorio iconografico.
Alla soglia degli anni Cinquanta, dunque, la maturità di Cantatore, ormai dotato di un
codificato, valido e originale vocabolario pittorico, elaborato in lunghi anni di studio e
sperimentazioni, viene celebrata dalla critica e riconosciuta con l'assegnazione della
cattedra di pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera.38 Intanto l'esercizio grafico medita,
ancor prima che quello pittorico, sul tema delle Odalische – nome dato da Carrieri alla
serie di donne giunoniche in riposo, «Turchia nostrana dal forte odore pecorino»39 – come
testimonia Nudo di donna sdraiata40 [fig. 4b], pregevole schizzo del 1954, poi rielaborato
su una tela nota con il nome di Odalisca:41 si tratta di una tipica figura cantatoriana,
formosa e melanconica, sdraiata su un divano accennato da un ghirigoro d'inchiostro.
Come nei disegni parigini di lontana memoria, l'unica sostanza di cui si compone il foglio è
un «disegno lungo e affilato», ovvero una linea di «ben chiara individualità di curve che si
rispondono e rimbalzano in una espansione che ha una sua contenuta esuberanza».42 Nei
disegni su carta, e anche per talune figure femminili, Cantatore adotterà alcune soluzioni
acquerellate, conferendo un gusto più fluido e vibrante ai contorni che strutturano il
soggetto, come prova il Nudo di donna43 [fig. 4c], disegno a inchiostro acquerellato del
1959.
La scelta di esprimersi anche attraverso il disegno ricorrendo al colore, come nel
foglio appena citato, è da ricondurre al viaggio in Spagna del 1956, il quale diede avvio a un
rinnovamento sia stilistico che tematico nell'opera di Cantatore, rispettivamente
l'esplosione cromatica della tavolozza in seguito alla (ri)scoperta dei vivi colori meridionali
e il costituirsi della serie Gente del Sud. Pure in tal caso, a manifestare in primis tali novità
fu un gruppo di disegni e acquarelli spagnoli, parzialmente pubblicati in El Cigarillo,44
volume a tiratura limitata delle edizioni Scheiwiller, insieme a poesie spagnole di Carrieri,
il quale girava la penisola iberica nello stesso periodo. Dirà il poeta tarantino: «Un paio
d'anni fa [Cantatore] si spinse fino alla Spagna e l'attraversò tutta da Barcellona a Toledo,
6
da Malaga a Siviglia. Ero sulle stesse strade senza saperlo né incontrarlo: una volta nei
pressi di Gerona quasi lo sfiorai in un cortile dove un asino attendeva da qualche secolo.
Cantatore dipinse con quest'asino un capolavoro e lo intitolò Asino di Gerona».45
L'opera cui Carrieri si riferisce dipende da un disegno dal titolo A Barcelona (1956)
[fig. 5a] presente, oltre al nucleo di schizzi eseguiti durante una corrida, tra le ventun
tavole inserite nel volumetto: tale foglio, che presenta un contadino seduto in prossimità di
un ciuco bardato è, a ragion veduta, considerabile un tacito manifesto per il filone tematico
Gente del Sud, ovvero la mitologia di figure contadine dai volti scolpiti dal sole e dal lavoro,
sedute
immobili,
con
fissità
ieratica,
sull'uscio
di
case
calcinate,
paragonate
frequentemente dalla critica alla scultura romanica pugliese. Saggi di queste figure – topoi
dell'opera cantatoriana – che «guardano dentro di sé e fuori di sé […] in una indifferenza
che anche il dolore, il pianto, la fame assumono un che di remoto, di antico»,46 sono dei
bozzetti a pastello o a inchiostro, spesso preparatori per esiti pittorici su tela, come Gruppo
di donne (1962).47 Si noti come sia sempre distinguibile la solida linea di contorno,
«rabesco 'cloissonné'» dirà Russoli,48 che rimane pertanto indelebile nelle opere di
Cantatore, indipendentemente dal supporto e dalla tecnica, anche in seguito alla
commissione nel 1959 di una vetrata con quattro storie di Santa Caterina per la chiesa di
San Domenico a Siena.49
In seguito al viaggio spagnolo, dunque, Cantatore adotta come dato stilistico
invariabile il binomio disegno e colore, pur non arrestando l'evoluzione del suo linguaggio
artistico (grazie anche a continue sperimentazioni tecniche, come l'incisione o il mosaico)
attraverso i suoi soggetti, i quali hanno per lui mero valore di «pretesto, che tuttavia può
costituire uno stimolo importante nella memoria delle cose».50 Un gruppo di circa trenta
esemplari grafici, sia inchiostri che guazzi ad acquarello di vario tema eseguiti tra gli anni
Sessanta e Settanta, verrà raccolto in un brogliaccio a cura di Raffaele Carrieri, il quale
scriverà un testo fondamentale per una rivalutazione critica dei disegni di Cantatore: «I
grandi disegnatori del XX Secolo – parlo degli italiani – dopo Boccioni, De Chirico, Marini,
Sironi, Morandi cominciano a scarseggiare? […] Non credo […] i buoni disegnatori non
mancano; bastano due esempi: Guttuso e Cantatore. […] Cantatore non ha imparato a
disegnare da nessuno. Una vocazione spontanea e determinante. Chi impara da sé deve
compiere una pesante interminabile fatica. Disegnare è come apprendere a vedere, a
distinguere, a capire ed esprimere ogni apparenza dell'universo: il visibile e l'invisibile. […]
Il suo disegno è cresciuto con gli anni, si è maturato, rinforzato […]. Disegnare per lui è
scavare, far uscire dall'ombra ciò che deve vivere».51 Tali parole di Carrieri, che collocano
7
Cantatore tra i grandi maestri del disegno italiano del Novecento, sarebbero sufficienti ad
esaurire ogni discorso sulla produzione grafica dell'artista pugliese, tanto più se si
considera l'autorevolezza dello scrittore, tra i primi ad intendersi, nella critica d'arte
italiana, del disegno novecentesco, come testimonia il suo libro Il disegno italiano
contemporaneo52 (1945), considerato un punto di partenza per qualsiasi analisi critica
sulla grafica del secolo scorso.53
Tuttavia, non mancano altri spunti che consentono di proseguire questa succinta indagine
sul disegno di Domenico Cantatore: oltre a Odalische, Paesaggi, Gente del Sud e Nature
morte, tra i suoi fogli compaiono sovente i d'après, occasioni di studio e di confronto con i
maestri antichi e moderni che si traducono, superando la sterile operazione della copia, in
singolari episodi creativi. Tale esercizio veniva da lui promosso durante gli anni
d'insegnamento a Brera, essendo consapevole che «un artista non può fare udire la sua
voce originale se prima non si è consolidato nello studio, in una complessa osmosi con i
modelli classici» e che solo «sullo sfondo di una palingenesi artistica si possono proiettare
le più valide e nuove esperienze».54 Per nostra fortuna, diversi d'après grafici, in gran parte
datati agli anni Settanta, sono stati raccolti da Luigi Cavallo nel volume Cantatore. Da
Maestri antichi (1977), in cui vediamo rilette dalla china dell'artista opere di Grünewald,
Frans Hals, Cosmé Tura, Michelangelo o Van der Weyden, solo per citarne alcuni. Oltre
all'importanza del d'après come educazione e pratica artistica, è significativo il valore
aggiunto che tale esercizio implica al suo disegno, qui inteso come «ricerca della possibile
verità riflessa nel dramma dei personaggi, centro di proiezioni di stati d'animo intensi e
contrastanti, scambio continuo tra la visione antica e quella odierna», e alla sua opera che
si rinnova fertilmente «al calore dei maestri antichi».55 Un saggio di questi disegni è il
d'après de La romería de san Isidoro (1975) [fig. 5b] di Goya – artista prediletto da
Cantatore, la cui corposa e preziosa serie di oli d'après indurrà il poeta andaluso Rafael
Alberti a definirlo «Goya sonámbulo de Italia»56 – in cui si vedono reinterpretate le figure,
alla luce degli stilemi cantatoriani, come confratelli in processione o contadini pugliesi.
Esaurito il breve sguardo sui disegni di ricerca e da esposizione – riprendendo la già
adottata categorizzazione di Crispolti e Pratesi –, occorre, prima di concludere, soffermarsi
sul disegno per illustrazione, che in Cantatore ha una vita breve57 ma interessante per le
chiavi di lettura ch'esso fornisce all'interpretazione della sua opera grafica. I soli volumi a
esser corredati di suoi disegni sono, non a caso, edizioni di poeti, primi critici ed estimatori
della sua arte: Poesie (1938) di Leonardo Sinisgalli, Il portico dei poeti (1941), preziosa
8
raccolta di dodici poesie (Luzi, Quasimodo, Bertolucci ecc.), Il fiore delle Georgiche (1944),
con traduzioni di Quasimodo, il già citato El Cigarillo (1956) con poesie di Carrieri, La
Divina Commedia illustrata da artisti italiani contemporanei (1965), Il Gioco della
Memoria (1973) di Sebastiano Grasso e Guida sentimentale di Milano (1988) di Alfonso
Gatto.58 A tale elenco si aggiungono le varie edizioni dei suoi racconti59 illustrate da
numerosi fogli ad inchiostro o a matita, che rappresentano un nucleo imprescindibile per
la conoscenza della sua produzione disegnativa. Cantatore, dunque, scegliendo di dare
immagine a tali momenti letterari intimi – le pagine autobiografiche o i versi dei suoi amici
poeti – ricorre al disegno, da lui ritenuto il «mezzo più semplice per esprimersi» e il solo
capace di racchiudere «in essenza le qualità dell'artista»:60 tale scelta, per chi, come
Cantatore, ha percorso l'intera esperienza umana e artistica sulla «navicella precaria della
poesia» con gli «amici scrittori come lui venuti al nord senz'altra guarnizione che la
speranza», va debitamente letta come un'ennesima conferma del ruolo privilegiato del
medium grafico.61
A fronte di quanto prospettato si può, infine, convenire con Cavallo, il quale
descriveva Cantatore «grafico per definizione profonda», i cui disegni «sono di una precisa
evidenza poetica, hanno quel tanto di favoloso che lascia mistero all'inseguita realtà, hanno
quel tanto di fragile che consente la lettura narrativa senza stuccare».62 Nel disegno,
dunque, Cantatore, sin dai primissimi e acerbi esperimenti nel convento del suo paese
natale fino ai fogli eseguiti negli ultimi anni della sua vita, ha lasciato traccia delle sue
sperimentazioni, dei suoi interessi intimi, di appunti di viaggio, delle sue ricerche
linguistiche e tematiche; non da meno, ha dato vita a fogli compiuti, che si distinguono per
una «bravura disegnativa»63, per un singolare magistero grafico e per il loro intrinseco
sentimento lirico, tanto da adattarsi comodamente come illustrazione per volumi ed
edizioni di poesie.
Si è potuto, benché con un esiguo numero di esempi e in maniera concisa per ovvie
ragioni editoriali, dimostrare come tali carte dell'artista pugliese siano tutt'altro che un
aspetto minore della sua opera: anzi, come ha notato Budigna, in esse traspaiono «una
freschezza ed un'intensità espressive, una lievità di strutture e di luce, esaltate dalla
immediatezza, dalla rapidità dell'esecuzione, che le situano proprio nel punto e nel
momento sorgivi dell'emozione poetica: alla radice del rapporto dell'artista con la
realtà».64 In quanto «controcanto dei grandi dipinti a olio, dei mosaici, delle vetrate»,65
con i disegni si può comodamente leggere l'intero catalogo cantatoriano: «Con la chiave
9
nera si possono aprire tutte le sue forme, superfici e profondità, il dritto e rovescio di
ciascuna immagine».66
Tale indagine sul cospicuo, e ancora insondato, nucleo grafico di Cantatore si
conclude, come si era aperta in esergo, con la consapevolezza che disquisire sul disegno
non è cosa semplice, rischiando di rivelarsi presuntuosi, superficiali o troppo rigorosi
nell'imporre, talvolta, vincolanti chiavi di lettura. D'altronde, non si può che essere
d'accordo con Sinisgalli, il quale concludeva il suo saggio sul disegno italiano
contemporaneo con le seguenti parole: «Si possono raccogliere dallo studio di un disegno
molti frutti, innegabilmente. Ma è ormai pericoloso fissare dei metodi o imporre delle
categorie. L'analisi filologica, o storica, o stilistica non basta, come non basta a spiegarci il
mistero di un bel verso. C'è un residuo delle nostre misure incalcolabile».67
Si ringraziano Paola Del Gobbo e Carla Chiaradia Cantatore, moglie dell'artista, per la gentile concessione
dell'autorizzazione alla riproduzione delle opere inedite.
Immagini:
1. Domenico Cantatore: a) Ritratto di signora, 1928; b) Ritratto di Hrand Nazariantz,
1928 ca
2. Domenico Cantatore: a) Nudo femminile seduto, 1932; b) Nudo seduto, 1932
3. Domenico Cantatore: a) Ritratto di Lucio Fontana, 1938 circa; b) Donna nuda, 1938;
c) Disegno, 1939
4. Domenico Cantatore: a) Studio per Donna di schiena, 1947; b) Nudo di donna
sdraiata, 1954; c) Nudo di donna, 1959
5. Domenico Cantatore: a) A Barcelona, 1965, b) La romer ì a de san Isidoro (da Goya),
1975
Per un'analisi approfondita su Domenico Cantatore si rimanda a Luigi Cavallo (a cura di), Cantatore.
Mostra antologica, (catalogo della mostra, Ascoli Piceno, Palazzo dei Capitani, 12 luglio – 5 ottobre 1997),
Fiesole (FI), 1997, con bibliografia precedente.
2 La bibliografia sui disegni di Cantatore si riduce a: Disegni di Domenico Cantatore, (catalogo della mostra,
Milano, Galleria Il Milione, 6 dicembre – 20 gennaio 1934), Bollettino della Galleria del Milione, n. 33,
Milano, 1934; Leonardo Sinisgalli, “Due disegni di Domenico Cantatore”, Domus, n. 141, settembre 1939, p.
51; Armando Scamperle, Orfeo Tamburi (a cura di), Il disegno italiano contemporaneo, L'Athena, Roma,
1947, pp. 26-27; Raffaele Carrieri, Inchiostri e guazzi di Cantatore. Brogliaccio di Raffaele Carrieri,
Dell'Orso, Milano, 1973; Luigi Cavallo, Cantatore. Da maestri antichi, Raffaele Bandini, Milano, 1977; idem,
“I disegni di Cantatore”, Origini, n. 19, giugno 1993, pp. 8-9. Compaiono alcuni disegni di Cantatore in due
cataloghi di mostre, privi di schede di catalogo, ma utili per la conoscenza visiva di tali fogli: Domenico Toto,
Carmelo Cipriani (a cura di), Echi dal Novecento Pugliese. Omaggio a Domenico Cantatore (catalogo della
mostra, Ruvo di Puglia (BA), Ex Convento dei Domenicani, 26 luglio – 9 agosto 2008), Levante, Bari, 2008;
idem, Nel segno del tratto. Disegni del Novecento Pugliese, (catalogo della mostra, Ruvo di Puglia (BA), Ex
Convento dei Domenicani, 10-20 settembre 2009), Centro Stampa, Terlizzi (BA), 2009.
3 Luigi Cavallo, “I disegni di Cantatore”, cit., p. 8.
4 Raffaele Carrieri, Inchiostri e guazzi di Cantatore, cit., s.p.
5 Enrico Crispolti, Mauro Pratesi, “Invito al disegno italiano contemporaneo”, in L'arte del disegno nel
Novecento italiano, Laterza, Roma, 1990, pp. 1-10.
6 Si escludono, da tale analisi, gli acquarelli, sia per le qualità più pittoriche che grafiche, sia per l'abbondante
produzione critica presente in merito.
7 Si veda il racconto “Il pittore di stanze” in Domenico Cantatore, Il pittore di stanze, Luciano Ferriani,
1
10
Milano, 1960, pp. 31-39.
Domenico Cantatore in Incisioni originali italiane e straniere dell'800 e moderne. Acquerelli e disegni,
catalogo n. 212, Libreria Antiquaria Prandi, Reggio Emilia, 1995, pp. I-III.
9 Idem, “Il convento dei poveri”, in Il Bacio e altre storie, Antonio Pellicani, Roma, 1968, pp. 85-89.
10 Leonardo Sinisgalli, “Domenico Cantatore”, Ferrania, n. 5, maggio 1948, p. 30.
11 Riprodotta in Carmelo Cipriani, Domenico Toto (a cura di), Echi del Novecento pugliese, cit., p. 89.
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Per i crediti fotografici si rimanda a Capitolium Art, Eredità Calcaterra. Arte moderna e
contemporanea,(catalogo dell'asta n. 140, Brescia, 15-16 giugno 2010), Brescia, 2010, lotto n. 15.
13
Cfr. Raffaele Carrieri, Ritratti a mano libera, Bandini, Milano, 1977, pp. 20-21. Il rapporto tra Nazariantz e
Cantatore è ancora da indagare; è nota una poesia dedicata dall'autore armeno al pittore, dal titolo “Magia,
fuoco paradisiaco implacabile e lento” (cfr. Domenico Cofano, “Sulle vie pugliesi dell'occulto”, in Rino
Caputo, Nicola Longo (a cura di), Raccolta di scritti per Andrea Gareffi, Roma, 2013, p. 520; idem, Il
crocevia occulto. Lucini, Nazariantz e la cultura del primo Novecento, Schena, Fasano (BR) 1990, p. 29).
14 Domenico Cantatore in Incisioni originali italiane e straniere, cit., p. II.
15 Ernesto Pisani (catalogo della mostra, Milano, Galleria Il Milione, 27 dicembre 1932 – 10 gennaio 1933),
Bollettino della Galleria del Milione, n. 5, Milano, 1932, s.p.
16 Alfonso Gatto, “Ritratto di Cantatore”, in Disegni di Domenico Cantatore, cit., s.p.
17 Leonardo Sinisgalli, “Disegni di Cantatore”, in Disegni di Domenico Cantatore, cit., s.p.
18 Edoardo Persico, cit. in Luigi Cavallo, Cantatore, cit., pp. 42-43.
19 Già collezione Sebastiano Timpanaro, ora conservato presso il Museo della Grafica, Palazzo Lanfranchi,
Pisa, inv. 03235. Cfr. Gigetta Dalli Regoli (a cura di), Omaggio a Timpanaro. Opere dal Gabinetto Disegni e
Stampe dell'Università di Pisa, (catalogo della mostra, Pisa, Palazzo Lanfranchi, 24 novembre 2001 – 20
gennaio 2002), Plus, Pisa, p. 74, cat. 63.
20 Riprodotta in Il Portico dei Poeti, Scheiwiller, Milano, 1941.
21 Francesco Càllari, cit. in Luigi Cavallo, Cantatore, cit., p. 43.
22 Salvatore Quasimodo, “Ritratto di Cantatore”, in Luigi Carluccio, Cantatore, cit., p. 53.
23 Tra il 1935 e il 1939 scriverà racconti autobiografici per “L'Ambrosiano” e “Corriere Padano” – poi raccolti
e pubblicati in diverse edizioni (cfr. nota 59) – e articoli sportivi per “Lo Sport illustrato”, periodico
quindicinale della “Gazzetta dello Sport” (cfr. Luigi Cavallo, Cantatore, cit., p. 195).
24 Sergio Solmi, Domenico Cantatore, Artisti d'oggi n. 3, Documento, Roma, 1942, p. 16.
25 Vi vivevano, oltre a Cantatore che si trasferisce nel 1934, Aldo Salvadori, Piero Bottoni, Marino Marini,
Filippo de Pisis, Leonardo Sinisgalli, Gabriele Mucchi e Pompeo Borra. Tra gli assidui frequentatori Raffaele
Carrieri, Alfonso Gatto, Salvatore Quasimodo, Arturo Tofanelli, Fiorenzo Tomea, Francesco Messina e
Alberto Mondadori (cfr. Domenico Cantatore, “Quartiere Rugabella”, in Piccolo archivio, Antonio Pellicani,
Roma, 1987, pp. 73-75).
26 Per i ritratti di Leonardo Sinisgalli e Caterina Lelj cfr. Carmelo Cipriani, Domenico Toto (a cura di), Echi
dal Novecento Pugliese, cit., pp. 90-91. Il ritratto di Gatto è riprodotto in Alfonso Gatto, Guida sentimentale
di Milano, Scheiwiller, Milano, 1988.
27 Riprodotto in Domus, n. 133, gennaio 1939, p. 41.
28 Conservato presso la Collezione Nino Zucchelli, GAMeC, Bergamo.
29 La posa con cui è ritratto Fontana è indubbiamente da contestualizzare in un caffè milanese. Si pensa possa
essere in particolare il Craja poiché è noto essere stato frequentato dall'artista negli anni Trenta (cfr.
Alessandra Ponente, “Lucio Fontana” in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 48, 1997; ed. cons.
http://www.treccani.it/enciclopedia/lucio-fontana_(Dizionario-Biografico)). Benché Cantatore dichiari di
aver guardato anche a Van Gogh durante la sua esperienza parigina del 1932 (cfr. Domenico Cantatore in
Cantatore. Opera grafica, Biblioteca Comunale, Ruvo di Puglia (BA), 1987, p. 27), è probabile che abbia
conosciuto il dipinto Le docteur Paul Gachet tramite riproduzioni, essendo la seconda versione dell'opera
entrata nelle collezioni nazionali francesi solo nel 1949 (ora Musée d'Orsay).
30 Riprodotto in Luigi Cavallo, Cantatore, cit., p. III, cat. 3.
31 «Quando espose di nuovo da Barbaroux, nel '39, […] Carrà, visitò la mostra, e tanto gli piacque da offrire a
Cantatore uno scambio di quadri», Libero Bigiaretti in Cantatore, (catalogo della mostra, Ivrea (TO), Centro
Culturale Olivetti, 16 giugno – 15 luglio 1967), Centro Culturale Olivetti, Ivrea (TO), 1967, s.p.
Nel 1941 Alberto Della Ragione acquistò dalla Galleria Genova, Genova, in occasione di una personale di
Cantatore, l'olio Natura Morta (ora Museo Novecento, Firenze) e due disegni, forse venduti dal collezionista
più tardi e oggi in ubicazione ignota, che furono esposti alla Mostra delle collezioni d'arte contemporanea, dal
10 al 31 agosto presso Cortina d'Ampezzo (cfr. Luigi Cavallo, Cantatore, cit., p. 47). Nella collezione di
Alberto Mondadori erano conservati un disegno del 1939 e un olio, Figura in nero, del 1941, entrambi oggi in
ubicazione ignota, riprodotti in Sergio Solmi, Domenico Cantatore, cit., tavv. 5, 20.
32 Renzo Federici (a cura di), Disegni nella collezione dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, (catalogo della
mostra, Firenze, Accademia di Belle Arti, 10-28 dicembre 1984), Lef, Firenze, 1984, pp. 20-21.
33 Leonardo Sinisgalli, “Due disegni di Cantatore”, in Domus, settembre 1939, n. 141, pp. 50-51.
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Ibidem.
Ibidem.
36 L'opera di Cantatore è in gran parte costituita, dalla fine degli anni Quaranta sino alla sua morte, da grandi
filoni tematici: Donne nell'interno, Odalische, Gente del Sud, Paesaggi/Cieli marchigiani, Tronchi, Perdoni.
Attraversano inoltre tutto il suo catalogo artistico, tanto da poter considerarle serie, le Nature morte e i
Ritratti, cui si aggiungono i D'après e la serie cristologica.
37 Riprodotta in Raffaele Carrieri, Cantatore, 1960, All' Insegna del Pesce d'Oro, Milano, tav. 26.
38 Cantatore ricoprirà la cattedra di Pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera dal 1950 al 1976.
39 Raffaele Carrieri, Cantatore, cit., p. 19.
40 Per i crediti fotografici si rimanda ad Antonina, Arte moderna e contemporanea, (catalogo dell'asta, Roma,
10 dicembre 2013), Roma, 2013, lotto n. 71.
41 Il dipinto relativo, archiviato presso la Galleria Il Mappamondo al n. 218, è noto come Odalisca ed è stato
attribuito in recenti cataloghi d'asta al 1938 circa. Tale datazione è decisamente errata alla luce di quanto
eseguiva l'artista in quegli anni. Si potrebbe ipotizzare che il soggetto sia stato concepito nel 1938, ma la
presenza del disegno del 1954 indurrebbe a postdatare la tela a quest'anno.
42 Marco Valsecchi, Cantatore, Luigi Maestri, Roma, 1968, p. 18; Guglielmo Pacchioni, cit. in Luigi Cavallo,
Cantatore, cit., p. 58.
43 Per i crediti fotografici si rimanda a Babuino, Dipinti, sculture e disegni, (catalogo dell'asta, Roma, 19
dicembre 2012), Roma, 2012, lotto n. 94.
44 Raffaele Carrieri, Domenico Cantatore, El Cigarillo. Viaggio in Spagna, All'Insegna del Pesce d'Oro,
Milano, 1956.
45 Raffaele Carrieri, Cantatore, cit., p. 20.
46 Leonardo Sciascia, in Franco Russoli (a cura di), Cantatore (catalogo della mostra, Milano, Rotonda di via
Besana, maggio-giugno 1976), Electa, Milano, 1976, p. 24.
47 Riprodotto in Luigi Carluccio, Cantatore, La Rosa & Baralis, Torino-Parigi, 1977, p. 65.
48 Franco Russoli (a cura di), Cantatore, cit., p. 5.
49 Cfr. Vetrate per la Basilica di San Domenico a Siena. Cantatore, Clerici, Quarone, Saetti, (catalogo della
mostra, Roma, Palazzo Venezia, 18 aprile – 10 maggio 1959), Istituto Grafico Tiberino, Roma, 1959.
50 Fabrizia Triaca-Fabrizi, “Cantatore uomo e artista”, Vita e Pensiero, n. 4, aprile 1991, p. 273.
51 Raffaele Carrieri, Inchiostri e guazzi di Cantatore, cit., s.p.
52 Idem, Il disegno italiano contemporaneo, Damiani, Milano, 1945.
53 Cfr. Enrico Crispolti, Mauro Pratesi (a cura di), L'arte del disegno italiano contemporaneo, cit., p. 9.
54 Domenico Cantatore, cit. in Luigi Cavallo, Cantatore. Da maestri antichi, cit., p. X.
55 Ivi, p. XIII e p. XVII.
56 Rafael Alberti, in Raffaele Carrieri, Luigi Cavallo, Domenico Cantatore da Goya, Antonio Pellicani, Roma,
1990, p. 9.
57 Cantatore abbandonerà, in seguito, nell'illustrazione, il disegno a favore di una tecnica sorella, l'incisione.
58 Leonardo Sinisgalli, Poesie, Cavallino, Venezia, 1938 (con sei disegni di Cantatore); Il Portico dei Poeti, cit.
(con dodici disegni parigini di Cantatore. Due di essi, a p. 18 e p. 15, erano nella collezione di Vanni
Scheiwiller, ed è probabile che anche gli altri siano appartenuti all'editore); Virgilio, Il fiore delle Georgiche,
Gentile, Milano, 1944 (con quattro disegni di Cantatore); Sebastiano Grasso, Il giuoco della memoria,
Giannotta, Catania, 1973 (con un disegno e un'incisione di Cantatore); Alfonso Gatto, Guida sentimentale di
Milano, cit., (con quattro disegni di Cantatore).
59 Domenico Cantatore, Il pittore di stanze, Garotto, Milano, 1944; idem, Il pittore di stanze, Fiumara,
Milano, 1951; idem, Il pittore di stanze, Luciano Ferriani, Milano, 1960; idem, Ritorno al paese, Adriatica,
Bari, 1966; idem, Piccolo archivio, Antonio Pellicani, Roma, 1987; idem, Il pittore di stanze, Piero Lacaita,
Manduria (TA), 1987; idem, Il bacio e altre storie, Antonio Pellicani, Roma, 1988.
60 Domenico Cantatore, cit. in Armando Scamperle, Orfeo Tamburi (a cura di), Il disegno italiano
contemporaneo, cit., p. 26.
61 Luigi Cavallo in Voci di poeti per Cantatore, Bandini, Milano, 1988, p. 10.
62 Luigi Cavallo, “I disegni di Cantatore”, cit., p. 8
63 Libero Bigiaretti in Cantatore, cit., s.p.
64 Luciano Budigna, in Acquarelli di Domenico Cantatore, (catalogo della mostra, Milano, Galleria Gian
Ferrari, 24 febbraio – marzo 1962), Galleria Gian Ferrari, Milano, 1962, pp. 1-2.
65 Ibidem.
66 Raffaele Carrieri, Cantatore, cit., p. 19.
67 Leonardo Sinisgalli, in Armando Scamperle, Orfeo Tamburi (a cura di), Il disegno italiano contemporaneo,
cit., p.12.
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